TURIDDU 30 ANNI DOPO (di Guido Gerosa, Storia ... - Misteri d'Italia
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figghiu <strong>di</strong> lu zù Michelangelo»; Domenico Di Pretti, che con i fratelli<br />
Cucinella e Vincenzo Sapienza assaltò la sezione comunista <strong>di</strong> Borgetto e che<br />
ora fa il pastore a Montelepre, in mezzo a molta miseria. Francesco Paolo<br />
Motisi appena uscito dal carcere si è trasferito a Genova, sede pre<strong>di</strong>letta da<br />
molti <strong>di</strong> questi ex protagonisti. Francesco Abbate è nella Legione straniera.<br />
Vito Mazzola, già cassiere della banda, che ebbe spesso Giuliano ospite in<br />
casa sua, celato in un rifugio occultato da cacche <strong>di</strong> animali, è uno dei pastori<br />
più ricchi <strong>di</strong> Montelepre. È considerato uno dei massimi testimoni sul fatto<br />
che a Cippi, a fine aprile 1947, si svolse una riunione tra Giuliano, Antonino<br />
Terranova, Frank Mannino, i fratelli Genovese, Pisciotta, Sciortino e<br />
Badalamenti e che in quell'occasione Giuliano <strong>di</strong>sse agli amici che bisognava<br />
svolgere «l'incarico» <strong>di</strong> Portella delle Ginestre. Né si sbottonano Giacomo<br />
Lombardo, il cugino <strong>di</strong> Giuliano, che con la moglie gestisce un negozio <strong>di</strong><br />
alimentari a Palermo, o l'avvocaticchio <strong>di</strong> Castelvetrano, Gregorio De Maria,<br />
che ospitò il ban<strong>di</strong>to per sei mesi nella sua casa ma che sostiene <strong>di</strong> avere<br />
scambiato con lui ogni giorno solo poche parole sui cibi che desiderava per i<br />
pasti. De Maria sottolinea fatalisticamente: «Sono stato vittima della mafia,<br />
alla quale non si può <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>re pena la morte».<br />
Questa presenza oscura e incombente e allucinante della mafia è il leit motiv<br />
della leggenda <strong>di</strong> Giuliano, viva e incomprensibile dopo trent'anni. È la mafia<br />
che cuce le bocche a triplo filo, che sigilla i cuori in un segreto che perdura<br />
oltre la morte. Pino Maretta, l'uomo che forse convinse Giuliano ad andare a<br />
Castelvetrano, scuote la testa: «Avrei tante cose da <strong>di</strong>re, ma finiranno con me<br />
nella tomba». Lui e Ignazio Miceli e Domenico Albano e Nitto Minasela<br />
ebbero probabilmente un ruolo'1 nel mandare il re <strong>di</strong> Montelepre in contro<br />
al suo destino. Ma nessuno <strong>di</strong> essi può parlare. Patti <strong>di</strong> sangue conclusi<br />
trent'anni fa legano questi uomini a una in<strong>di</strong>ssolubile fedeltà. Si sa che<br />
l'allora colonnello Luca aveva arrestato Pino Maretta e lo rilasciò solo quando<br />
questi gli fece «la promessa <strong>di</strong> procurargli cose buone». Giuseppe Cucinella,<br />
scarcerato dopo 23 anni, <strong>di</strong>ce: «Non parliamo del passato, sono solo un<br />
malato». Pietro Lo Bello, panettiere del forno <strong>di</strong> Castelvetrano vicino alla casa<br />
del De Maria, ringrazia ancora oggi dopo trent'anni il cielo, che suggerì a lui<br />
e ai suoi due garzoni <strong>di</strong> non farsi vedere quando sentì trambusto quella<br />
notte. «Se avessi; guardato dentro; quel cortile, forse mi avrebbero ucciso».Il<br />
capitano Perenze ha vissuto in questi ultimi anni a Portici, facendo il<br />
consulente <strong>di</strong> un centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> religiosi: recentemente si è spostato spesso<br />
tra Napoli e Bari. È fedele anche lui al giuramento del silenzio. Il generale<br />
Paolantonio ha parlato solo con l'Antimafia, ma si fa strada sempre <strong>di</strong> più la<br />
convinzione che nell'Operazione Giuliano egli sia stato il numero uno, ancora<br />
più importante <strong>di</strong> Luca: è un valoroso militare, che si è fatto le ossa in Africa,<br />
è molto astuto e avrebbe infinite cose da raccontare. Ma probabilmente anche