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La voce del Popolo - Edit

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Martedì, 4 marzo 2008<br />

meno un uomo squarciato, sangue<br />

sparso e altre amenità, lo spettacolo<br />

non rende. Cos’è successo nel pubblico<br />

e in particolare in quello giovane,<br />

secondo te?<br />

I giovani hanno bisogno di vedere<br />

queste cose. Un tempo si guardavano<br />

i fi lm western, poi le generazioni<br />

successive hanno preferito<br />

l’horror, fi lone che continua ancora.<br />

Mostrare <strong>del</strong> sangue a teatro paradossalmente<br />

ha un effetto tre volte<br />

superiore che al cinema. Nel cinema<br />

si nota la fi nzione, a teatro nudità e<br />

sangue hanno un effetto troppo forte.<br />

Credo che i giovani di oggi abbiano<br />

bisogno di emozioni eccessive. C’è<br />

un fi lm “Trenta giorni al buio”, un<br />

tremendo fi lm su vampiri, veramente<br />

splatter, che sta andando alla grande.<br />

Pensavo che questa tendenza fi -<br />

nisse con gli anni ’80 invece imperversa<br />

ancora.<br />

Al teatro ci si scandalizza infatti<br />

<strong>del</strong> nudo che invece vediamo con indifferenza<br />

ogni giorno sulle copertine<br />

dei giornali.<br />

Il teatro mantiene questa situazione<br />

di scatola chiusa e di rapporto<br />

strettissimo tra platea ed attore, per<br />

cui sia la nudità sia il sangue sono<br />

troppo forti. Per inciso ricordo un<br />

Tito Andronico, di <strong>La</strong>via se non sbaglio,<br />

di una decina di anni fa, che<br />

venne censurato perché si tagliava in<br />

scena una mano e ne usciva <strong>del</strong> sangue.<br />

Al cinema abbiamo un codice di<br />

lettura, sappiamo che è pellicola e la<br />

guardiamo con più distacco.<br />

Scrivendo<br />

il palcoscenico<br />

Torniamo a te, tra un musical e<br />

l’altro hai proposto spettacoli che ti<br />

descrivono meglio, scritti da te: “In-<br />

dossare una <strong>voce</strong>”, “Far fi nta di essere<br />

G” spettacolo su Gaber e altri.<br />

“Indossare una <strong>voce</strong>” è andato in<br />

scena l’anno scorso grazie all’Associazione<br />

Internazionale <strong>del</strong>l’Operetta<br />

di Trieste e al Teatro Rossetti, l’ho<br />

scritto mentre a Firenze facevo “Sogno<br />

di un mattino di primavera” con<br />

Piezzi e Lombardi, è stata un’esperienza<br />

interessante. Un recital dove<br />

proponevo una ventina di testi, scelti<br />

liberamente da me, anche un po’ ricercati.<br />

In “Far fi nta di essere G”<br />

abbiamo preso i testi di Gaber meno<br />

impegnati, eravamo troppo giovani<br />

per metterci a discettare sul comunismo<br />

e temevamo che qualcuno ci<br />

chiedesse che cosa ne sapevamo noi<br />

di quello che era stato. Abbiamo reso<br />

pertanto al pubblico un Gaber brillante,<br />

in una dimensione sempre attuale.<br />

E abbiamo avuto l’approvazione<br />

di Sandro Luporini che è stato<br />

il coautore di Gaber.<br />

Però avete rivisitato anche il<br />

quartetto Cetra, che credo nessun<br />

giovane oggi conosca. Come mai<br />

voi trentenni avete fatto un’operazione<br />

<strong>del</strong> genere?<br />

<strong>La</strong> televisione e il teatro <strong>del</strong>l’epoca,<br />

“Studio uno” e “Senza<br />

rete”, quelle trasmissioni lì insomma,<br />

sono un esempio di perfezione<br />

tecnica dal punto di vista coreografi<br />

co, canoro e registico. Avevano indubbiamente<br />

tempi più lunghi di<br />

preparazione e più mezzi a disposizione.<br />

Le parodie di Verde e Falqui,<br />

che scrivevano per i Cetra, erano affascinanti:<br />

il Conte di Monte Cristo,<br />

la fanciulla <strong>del</strong> West... Abbiamo voluto<br />

fare la stessa cosa con musiche<br />

nostre, grazie al supporto di Virgilio<br />

Savona e la moglie Lucia (ndr. i<br />

due Cetra superstiti), due menti eccelse,<br />

giovani e vivacissime. All’interno<br />

<strong>del</strong>lo spettacolo che abbiamo<br />

allestito c’è la storia <strong>del</strong>l’Otello di<br />

Shakespeare in cui abbiamo utilizzato<br />

musiche moderne mettendo<br />

però gli stessi ingredienti che facevano<br />

grande quel varietà. E abbiamo<br />

avuto molto successo, soprattutto<br />

in Emilia Romagna.<br />

A scuola da Lebreton<br />

<strong>La</strong> tua formazione è a tutto tondo,<br />

reciti, balli, canti, fai il mimo,<br />

il mangiafuoco. Che cosa ti aspetti<br />

per il futuro, quali sono le tue aspirazioni?<br />

Non si ha mai fi nito di imparare<br />

e pertanto continuo a studiare, a<br />

fare corsi di canto e di danza. Mi ha<br />

preso con sé Yves Lebreton, un grande<br />

mimo, inizierò a studiare con lui<br />

ad aprile. Credo che questa espressione<br />

corporea potrà avere un grosso<br />

sviluppo in futuro. Non mi vergogno<br />

a dirlo, facevo il mimo in Piazza<br />

Maggiore a Bologna per mantenermi<br />

agli studi.<br />

Sono generosi i Bolognesi?<br />

Si soprattutto dopo la messa <strong>del</strong>la<br />

domenica, erano molto carini e<br />

rapiti dagli oggetti e dalle pantomime<br />

che esibivamo. Fare il mimo da<br />

forte esigenza è diventata un’esperienza<br />

molto formativa che avrà sicuramente<br />

sviluppo nella mia preparazione<br />

futura.<br />

<strong>La</strong> cosa che ti ha dato più soddisfazione?<br />

Il Premio Nazionale Sandro Massimini,<br />

ricevuto nel dicembre 2006<br />

dall’Associazione <strong>del</strong>l’Operetta, è<br />

stata la conferma di un impegno, un<br />

piccolo carico in più da portare nello<br />

zaino, da tenere in mente e confermare<br />

ogni anno, se non altro per<br />

rispetto a chi è stato così gentile da<br />

assegnarmelo.<br />

ANTEPRIMA<br />

palcoscenico 3<br />

Riva i druxi<br />

<strong>La</strong> nostra<br />

storia amara<br />

iva i druxi» di Mi-<br />

«Rlan Rakovac (premio<br />

“Marin Držić” 2006) in scena<br />

grazie agli sforzi congiunti <strong>del</strong><br />

Lo spettacolo<br />

è coproduzione<br />

<strong>del</strong> Dramma<br />

Italiano e <strong>del</strong><br />

Teatro Popolare<br />

Istriano di Pola<br />

Dramma Italiano di Fiume e<br />

<strong>del</strong> teatro Popolare Istriano di<br />

Pola. Uno spettacolo compatto,<br />

una sorta di “prima volta”<br />

<strong>del</strong> Dramma Italiano che ancora<br />

non ha messo in scena un<br />

pezzo parlato in croato. A detta<br />

di <strong>La</strong>ura Marchig, sta venendo<br />

fuori uno spettacolo moderno,<br />

equilibrato, nuovo dal punto di<br />

vista scenografi co.<br />

“Non so se Gordana Jeromela<br />

Kaić ed io ce ne rendiamo<br />

ben conto, ma quello che<br />

abbiamo compiuto decidendo<br />

di coprodurre uno spettacolo<br />

come “’Riva i druxi”, è pro-<br />

A Fiume,<br />

rappresentazioni<br />

il 15, 17 e<br />

18 marzo alle<br />

19,30; matinée<br />

il 17 marzo<br />

alle ore 12<br />

babilmente un passo storico.<br />

Non solo perché per la prima<br />

volta due realtà teatrali geografi<br />

camente vicine, e a mio<br />

avviso complementari, come<br />

il Dramma Italiano <strong>del</strong> Teatro<br />

Nazionale Croato di Fiume<br />

e il Teatro di Pola, hanno fi -<br />

nalmente avviato un concreto<br />

progetto di collaborazione, ma<br />

perché hanno voluto farlo puntando<br />

su un testo come “Riva i<br />

druxi” e su uno scrittore come<br />

Milan Rakovac che è simbolo<br />

di un percorso intellettuale<br />

passato <strong>del</strong>l’iniziale diffi denza<br />

nei confronti <strong>del</strong>l’altro, alla<br />

sua piena accettazione e comprensione.<br />

Non casuale è la<br />

scelta <strong>del</strong> regista <strong>La</strong>ry Zappia<br />

che unisce al talento e al gusto<br />

estetico assolutamente vicino<br />

a quelle che sono le linee <strong>del</strong>la<br />

cultura e <strong>del</strong> teatro contempo-<br />

<strong>La</strong> «prima»<br />

a Pola il 6<br />

marzo alle ore<br />

20; repliche<br />

il 7 e l’8 alle<br />

20, matinée<br />

il 7 marzo<br />

alle ore 12<br />

raneo, il suo personale senso di<br />

appartenza a due culture, quella<br />

croata e quella italiana, e il<br />

suo considerarsi comunque o<br />

forse soprattutto, cittadino <strong>del</strong><br />

mondo.”<br />

“Riva i druxi” è, a conti fatti<br />

“un modo per parlare di esodi,<br />

interiori ed esteriori, collettivi<br />

e personali, multietnici<br />

e uninazionali, per parlare di<br />

noi recuperando bran<strong>del</strong>li di<br />

memoria che incolleremo insieme<br />

in un album di ricordi<br />

usando una curiosa colla in cui<br />

vari idiomi si mescolano e in<br />

cui più voci danno vita a un,<br />

comunque, comprensibilissimo<br />

e suggestivo canto polifonico.”<br />

Insomma, nell’accezione<br />

migliore <strong>del</strong> termine, il mismas<br />

culturale e linguistico <strong>del</strong><br />

tempo e dei luoghi.

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