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Agnello delle isole delizia sopraffina - Edit

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<strong>Agnello</strong> <strong>delle</strong> <strong>isole</strong><br />

<strong>delizia</strong> sopraffi na<br />

Anche preparare<br />

una frittata<br />

è un’arte<br />

Asparago bianco<br />

candida<br />

delicatezza<br />

Pagina 3<br />

Quiche Lorraine<br />

e Pasqualina:<br />

torte salate<br />

come spuntino<br />

Pagina 6<br />

L’aroma<br />

e il profumo<br />

inebriante<br />

della vaniglia<br />

Dipendenza<br />

da dolci simile<br />

a quella<br />

da sigarette<br />

L’ANTIPASTO<br />

di Fabio Sfi ligoi<br />

Gli organizzatori del festival enologico<br />

“Vinistra” hanno avuto un’idea<br />

brillante e a mio avviso azzeccatissima:<br />

il 15 aprile il Palasport “Žatika”<br />

(quello costruito a Parenzo per i Mondiali<br />

di pallamano e tristemente noto per alcuni<br />

casi di legionella) ospiterà la prima edizione<br />

di un “Mondo di Malvasia”. Si tratta<br />

di una rassegna dedicata interamente<br />

alla specie d’uva (e di vino) maggiormente<br />

diffusa nella penisola istriana e anche<br />

in altre parti del mondo. L’intenzione è<br />

quella di raccogliere a Parenzo il maggior<br />

numero di tipi di vino Malvasia e in questo<br />

senso gli organizzatori hanno inoltrato<br />

gli inviti di partecipazione a circa 700 produttori<br />

sparsi in tutto il mondo e in diversi<br />

continenti. Come obiettivo un “Mondo di<br />

Malvasia” vuole promuovere specifi cità,<br />

caratteristiche e qualità di un vino che sotto<br />

lo stesso nome nasconde facce e sfumature<br />

differenti che in effetti ne rappresentano<br />

la maggior ricchezza. Inoltre la rassegna<br />

servirà a conoscere trend e metodologie<br />

di preparazione diverse, ottimo banco<br />

di prova per uno scambio di esperienze<br />

indispensabili per garantire alla Malvasia<br />

un’ulteriore crescita a tutte le latitudini.<br />

Come sarà un importante banco di prova<br />

per i produttori istriani: dopo aver conquistato<br />

il mercato nazionale (nel 1998 la<br />

Malvasia è stata proclamata miglior sorta<br />

autoctona in Croazia, un anno più tardi<br />

DEL POPOLO<br />

cucina<br />

www.edit.hr/lavoce Anno V • n. 41 • Sabato, 28 marzo 2009<br />

Pagina 2 Alla scoperta di un mondo di Malvasia<br />

Pagina 7<br />

Pagina 8<br />

le è stato assegnato il titolo di miglior vino<br />

bianco), ora lo step seguente è far breccia<br />

a livello internazionale, cosa molto più diffi<br />

cile, nonostante l’eccelsa qualità del prodotto<br />

e i continui progressi che si registrano<br />

grazie anche all’etichetta IQ (Istrian<br />

Quality), una vera e propria garanzia di<br />

bontà. Un “Mondo di Malvasia”, alla<br />

fi ne, si propone con forza per far diventare<br />

l’Istria un punto di riferimento importante<br />

per produttori, esperti e consumatori<br />

amanti di questo vino le cui radici affondano<br />

nella notte dei tempi. La premiazione<br />

<strong>delle</strong> migliori Malvasie è prevista per il 29<br />

aprile in occasione della 16.esima edizione<br />

di “Vinistra”. Da segnalare anche domani<br />

e lunedì a Capodistria l’undicesimo festival<br />

“Malvasia, il gusto raffi nato del Mediterraneo<br />

2009”, presso Palazzo Pretorio e<br />

nella sede dell’Università del Litorale.<br />

L’origine della Malvasia è legata ad un<br />

luogo chiamato Monembasia posto nel sud<br />

della Grecia, nel Poloponneso per la precisione,<br />

e il cui nome venne storpiato in<br />

Monovaxia e poi in Malvasia. I Veneziani<br />

conquistarono questi territori, produttori<br />

di vini di qualità eccelsa, a metà del<br />

1200 e trasferirono i vitigni, per aumentarne<br />

la produzione, nell’isola di Creta,<br />

chiamata allora Candia e che occupavano<br />

già all’epoca della quinta crociata. Quei<br />

territori furono dominati dai Veneziani<br />

fi no alla metà del XVII secolo e l’attivi-<br />

tà di coltivazione <strong>delle</strong> viti, della produzione<br />

e dell’esportazione dei vini di Malvasia<br />

non ebbe sosta. Il commercio cessò a causa<br />

<strong>delle</strong> invasioni turche e al declino della<br />

Repubblica Veneziana. Il vino comunque<br />

era ricercato per la sua gran qualità,<br />

un vino “esotico”, non importava se fosse<br />

bianco o rosso, dolce o secco, aromatico o<br />

neutro: era semplicemente Malvasia. Perfi<br />

no le osterie della Serenissima, dove ne<br />

avveniva la mescita, erano chiamate Malvasie.<br />

Ancora oggi Venezia ospita tra la<br />

suggestiva toponomastica il termine Malvasia.<br />

I primi cenni sulla coltivazione di<br />

Malvasia in Istria risalgono al 1891 quando<br />

alcuni campioni vennero portati alla<br />

fi era vinicola di Zagabria. Nel 1900, in un<br />

articolo fi rmato F. Blasig dedicato alla<br />

vendemmia, alla Malvasia vengono collegati<br />

i territori di Pirano e Pedena. Una prima,<br />

ma breve, descrizione della Malvasia è<br />

stata realizzata nel 1913 da D. Libutti nell’articolo<br />

“Cenni su alcuni vitigni indigeni<br />

coltivati in Istria” pubblicato su “L’Istria<br />

Agricola”. Scrive Libutti. “È una specie<br />

d’uva dalle buone proprietà, va consigliata<br />

per la coltivazione”. Non ci sono, però,<br />

cenni sulle prospettive future per questa<br />

sorta d’uva. Libutti supponeva che in<br />

Istria si coltivassero diverse specie di Malvasia,<br />

ma non ha specifi cato quali.<br />

Segue a pagina 3


2 cucina<br />

UOVA<br />

È ritenuto un piatto semplice, ma non sempre è così...<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

L’arte di preparare una frittata<br />

di Fabio Sfi ligoi<br />

in tutte le sue forme, è il grande protagonista in cucina<br />

in questo periodo dell’anno che tra poco più di una decina di<br />

L’uovo,<br />

giorni ci porterà al culmine <strong>delle</strong> festività pasquali. Una <strong>delle</strong><br />

forme più antiche di preparare l’uovo è la frittata: le uova in fi n dei<br />

conti rappresentavano uno degli alimenti principali già fi n dalle prime<br />

civiltà e nel tempo lo sono sopravvissute in tutte le culture. Le frittate<br />

inoltre sono spesso sottovalutate perchè ritenute un piatto troppo semplice,<br />

mentre invece possono essere realizzate con ingredienti particolari<br />

e rappresentare una portata di sicuro effetto. In particolar modo in<br />

questo periodo dell’anno quando con il fi orire della primavera (sigh,<br />

più lento del previsto dopo un inverno brutto e freddo) ci fa trovare nei<br />

campi dell’Istria gustose erbe (tarassaco, cicoria, asparagi selvatici, fi -<br />

nocchietto, scalogno selvatico, salvia, timo...) capaci di trasformare la<br />

nostra frittata in piatto ricco di profumi ed essenze aromatiche.<br />

Preparare una frittata non è proprio così semplice come sembra.<br />

Troppo riduttivo pensare a sbattere un paio d’uova, buttarci dentro<br />

quello “che trovo in frigorifero” e quindi versare in tutto in padella<br />

a friggere. Anche la preparazione della frittata deve seguire alcune<br />

regole, la prima <strong>delle</strong> quali è la scelta <strong>delle</strong> materie prime. Al primo<br />

posto va messa le freschezza <strong>delle</strong> uova che andrete ad usare. Chi<br />

bazzica in cucina conosce benissimo i metodi per verifi care la bontà<br />

di un uovo. Ricordiamo una prova credo nota a tutti che consiste nel<br />

versare l’uovo in un recipiente contenente dell’acqua salata. Se un<br />

uovo è fresco, questo scenderà velocemente sul fondo. Se l’uovo tende<br />

ad andare verso la superfi cie o addirittura se vi galleggia, allora è<br />

da scartare. Nella vostra scelta preferite le uova più piccole. Sarebbe<br />

bene anche che, nel preparare la frittata, vengano usate uova a temperatura<br />

ambiente. Come condimenti della frittata nella maggior parte<br />

dei casi vengono usati burro e olio, possibilmente extravergine d’oliva.<br />

Per quanto riguarda il primo è bene versare il composto della frittata<br />

quando ha assunto un color nocciola. Nel secondo caso, invece,<br />

il punto giusto è quando l’olio EVO diventa ben caldo. Qualcuno usa<br />

anche lo strutto, pronto per le uova quando è sciolto del tutto. Da non<br />

sottovalutare il ruolo della padella di cottura: è preferibile che questa<br />

sia anti-aderente.<br />

E veniamo ora alla preparazione. Quando si sbattono le uova è<br />

consigliabile non far prendere schiuma al composto. Lavoratelo fi nché<br />

l’albume e il tuorlo non saranno un tutt’uno e fi no a che non si sarà<br />

sciolto il sale. Ci sono a questo punto diversi trucchi per rendere la<br />

frittata più morbida o più delicata e variano a seconda <strong>delle</strong> tradizioni<br />

di famiglia. In casa nostra è d’uso aggiungere un po’ d’acqua minerale<br />

per renderla più alta. Altri preferiscono aggiungerci del latte o della<br />

panna liquida da cucina per ottenere un gusto delicato (un cucchiaio<br />

scarso per ogni uovo usato). Un altro segreto è quello di montare gli<br />

albumi a neve a parte e unirli poi ai rossi sbattuti. Qualcuno, per dare<br />

maggior consistenza, aggiunge un po’ di farina. Un errore, in questo<br />

modo la frittata si rovina e anche se usata in presenza minima, la farina<br />

può dare fastidio al momento dell’assaggio.<br />

É consigliabile preparare la frittata con tutti gli ingredienti a freddo.<br />

Una volta versato il composto nella padella ben calda, questa va<br />

coperta, abbassando il fuoco al minimo. La frittata va girata quando la<br />

parte superiore si presenta ben soda, nel farlo aiutatevi con un piatto.<br />

È pronta quando entrambe le parti sono dorate. Volendo si può appoggiarla<br />

su della carta assorbente in modo da farle perdere il grasso. Uno<br />

dei grandi vantaggi della frittata è rappresentato dal fatto che può venir<br />

consumata calda, tiepida e fredda.<br />

Le frittate si possono fare anche in forno. In questo caso è fondamentale<br />

stufare le verdure che useremo, mentre alle uova che andremo<br />

a sbattere aggiungeremo un po’ di latte, sale, formaggio grana e pecorino.<br />

Spalmate d’olio una teglia non molto grande, e versate le uova<br />

composte, infornate fi no a che la frittata non avrà una bella crosticina<br />

dorata. La teglia non deve essere grande, altrimenti la frittata verrà<br />

bassa, invece usando una media, verrà fuori una “frittorta”.<br />

Frittata con cipolle<br />

Ingredienti:<br />

otto uova<br />

quattro cucchiai di olio<br />

extravergine d’oliva<br />

due grosse cipolle affettate<br />

e poco rosolate<br />

due cucchiai di pane<br />

ammollato nel latte<br />

due cucchiai di parmigiano<br />

prezzemolo, erba cipollina<br />

basilico (a piacere)<br />

sale e pepe<br />

La frittata di cipolle, una <strong>delle</strong> più classiche, cambia decisamente<br />

di sapore a seconda del grado di rosolatura e del rapporto uova/<br />

cipolle.<br />

Mescolate il pane con il parmigiano, le uova sbattute, i profumi,<br />

sale e pepe. Aggiungete le cipolle. Nella padella mettete due<br />

cucchiali d’olio e una volta caldo versate il composto. Appena la<br />

frittata comincia a solidifi care scuotete leggermente la padella per<br />

staccarla. A questo punto potete voltare la frittata facendola saltare<br />

o capovolgendola su un piatto. Ponete un po’ di olio nel tegame e<br />

fate rapprendere anche dall’altra parte.<br />

Frittata con spinaci e patate<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

150 grammi di spinaci<br />

100 grammi di patate<br />

un po’ di burro<br />

tre cucchiai di olio extravergine d’oliva<br />

una cucchiaiata di prezzemolo<br />

Frittata con ricotta<br />

e prosciutto crudo<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

due cucchiai di olio<br />

150 grammi di ricotta<br />

100 grammi di prosciutto crudo a listerelle<br />

due cucchiaiate colme di parmigiano grattugiato<br />

Si riduce in granelli la ricotta schiacciandola<br />

con una forchetta, si uniscono gli altri componenti<br />

e si procede come al solito. Appena la frittata<br />

comincia a solidifi care scuotete leggermente la<br />

padella per staccarla. A questo punto potete voltare<br />

la frittata facendola saltare o capovolgendola<br />

su un piatto grande. Ponete un po’ di olio nel<br />

tegame e fate rapprendere anche dall’altra parte.<br />

Eseguite tutto a calore vivo, la frittata deve essere<br />

dorata all’esterno, morbida all’interno e non impegnata<br />

di grasso. Servite calda o tiepida.<br />

(le ricette sono state tratte dal libro “In principio<br />

fu... l’uovo” di Daniela Mosena, Francesco<br />

Gottardi e Sostene Schena)<br />

un cucchiaino di maggiorana<br />

sale e pepe<br />

Lessate (ma non troppo) le patate e tagliatele a<br />

fettine; mettetele in padella dove avete fatto sciogliere<br />

un cucchiaio di burro e poco sale. Lessate<br />

ora gli spinaci in poca acqua salata; strizzateli e<br />

fateli insaporire in padella con un po’ di burro e<br />

un po’ di sale.<br />

In una terrina sbattete le uova (con sale e pepe<br />

a seconda del vostro gusto); aggiungete gli spinaci,<br />

le patate, il trito di prezzemolo e maggiorana e<br />

mescolate. Scaldate nella padella metà della dose<br />

dell’olio e quando sarà calda aggiungetevi il composto.<br />

Appena la frittata comincia a solidifi care<br />

scuotete leggermente la padella per staccarla. A<br />

questo punto potete voltare la frittata facendola<br />

saltare o capovolgendola su un piatto grande. Ponete<br />

un po’ di olio nel tegame e fate rapprendere<br />

anche dall’altra parte.<br />

Frittata con frutti di mare<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

due cucchiai di olio extravergine d’oliva<br />

600 grammi di telline<br />

500 grammi di vongole<br />

400 grammi di cozze (pedoci)<br />

due fette di pan carrè<br />

prezzemolo, aglio<br />

un po’ di vino bianco secco<br />

pepe e sale<br />

Fate aprire i frutti di mare in una padella con<br />

poco olio ed un aggiunta di prezzemolo solo alla<br />

fi ne. Si consiglia in questo caso l’aggiunta di<br />

vino.<br />

Sgusciare i frutti di mare e porli su un colino<br />

perché rimangano asciutti. In un po’ del liquido rilasciato<br />

dall’apertura dei frutti di mare far ammollare<br />

due fette di pan carrè. Strizzarle bene e ridurla<br />

in una pasta omogenea. Unire il tutto e procedere<br />

come al solito: appena la frittata comincia a solidifi<br />

care scuotete leggermente la padella per staccarla.<br />

Voltate la frittata facendola saltare o capovolgendola<br />

su un piatto grande. Ponete un po’ di<br />

olio nel tegame e fate rapprendere anche dall’altra<br />

parte. Eseguite tutto a calore vivo, la frittata deve<br />

essere dorata all’esterno, morbida all’interno.


Sabato, 28 marzo 2009<br />

SPECIALITÀ Viene raccolto quando si trova ancora sotto terra<br />

Asparago bianco,<br />

candida delicatezza<br />

Negli anni scorsi, più o meno in questo periodo,<br />

abbiamo dato ampio spazio sia all’asparago<br />

coltivato, quello che riconosciamo sotto<br />

alla denominazione “verde”, sia all’asparago selvatico,<br />

forse il top fra tutti per il suo sapore intenso. In<br />

questo numero andiamo a completare la trilogia proponendovi<br />

l’asparago bianco, prodotto che giunge assai<br />

raramente sulle nostre bancarelle, ma che può venir<br />

acquistato anche nei supermarket della vicina Italia.<br />

Del resto il Friuli è uno dei maggiori produttori di<br />

questo prelibato ortaggio. Un’altra zona nota a livello<br />

mondiale per l’asparago bianco è quella di Bassano<br />

del Grappa (Veneto).<br />

L’assenza di colorazione, caratteristica fondamentale<br />

dell’asparago bianco, deriva dal particolare metodo<br />

di coltivazione della pianta dalla quale l’asparago<br />

viene raccolto quando ancora si trova sotto il cumulo<br />

Tortino di patate<br />

e asparagi bianchi<br />

Ingredienti:<br />

200 grammi di asparagi bianchi<br />

200 grammi di patate<br />

quattro uova<br />

un dl di panna<br />

80 grammi di grana padano<br />

sale e pepe<br />

Per la vellutata:<br />

150 grammi di asparagi<br />

50 grammi di burro<br />

50 grammi di farina<br />

sale, semi di papavero<br />

Un antipasto caldo, di semplice esecuzione,<br />

fragrante e croccante grazie alla presenza <strong>delle</strong><br />

patate, ben legato dalla morbidezza della vellutata.<br />

Sbucciate, lavate e affettate molto sottilmente<br />

le patate; lavate e spellate gli asparagi e tagliate<br />

anch’essi molto fi nemente.<br />

Disponente entrambe le verdure, alternando a<br />

strati, in stampini di alluminio precedentemente<br />

imburrati e coprite il tutto con un composto, detto<br />

in gergo appareil, ottenuto sbattendo le uova con<br />

la panna e il grana grattugiato; salate e pepate. Infornate<br />

i tortini a 160° per 40’.<br />

Confezionate intanto la vellutata: mondate e<br />

spellate gli asparagi, tagliateli a tronchetti e bolliteli<br />

per 15’. In una casseruola fate fondere il burro,<br />

aggiungetevi la farina e gli asparagi bolliti e<br />

frullati. Amalgamate il tutto e fi ltrate infi ne al colino.<br />

Versate a specchio su ciascun piatto la vellutata<br />

di asparagi, sformatevi al centro un tortino<br />

e guarnite infi ne coi semi di papavero.<br />

Nidi di crespelle con<br />

asparagi caramellati<br />

Ingredienti:<br />

quattro crespelle dolci<br />

200 grammi di frutti di bosco a piacere<br />

100 grammi di asparagi bianchi<br />

120 grammi di zucchero<br />

succo di limone<br />

brandy<br />

Ottime anche per un buffet, queste crespelle<br />

propongono in maniera vincente il contrasto tra i<br />

dolci e morbidi frutti di bosco e le croccanti e dolci-amare<br />

note degli asparagi.<br />

Confezionate le crespelle. Saltate in padella i<br />

frutti di bosco, precedentemente mondati, lavati e<br />

ben asciugati, con il brandy e un po’ di zucchero.<br />

Togliete quindi dal fuoco e lasciate intiepidire.<br />

Nel frattempo sciogliete lo zucchero in una<br />

padella nella quale caramellerete gli asparagi<br />

mondati e tagliati a tocchetti; fate raggiungere al<br />

caramello la temperatura di 120°, quindi spegnete<br />

il fuoco. Servite disponendo in ciascun piatto<br />

una crespella nella quale adagerete un cucchiaio<br />

di frutti di bosco e gli asparagi caramellati.<br />

di terra con cui gli agricoltori hanno ricoperto all’inizio<br />

della primavera le asparagiaie. Questa tecnica consente<br />

all’asparago bianco di mantenere quel delicato<br />

sapore che lo contraddistingue, mentre gli amanti dei<br />

gusti più marcati sanno di trovare negli asparagi verdi<br />

quei sapori decisi che solo la luce del sole riesce a<br />

infondere ai germogli raccolti dopo la loro fuoriuscita<br />

dal terreno. Gli asparagi bianchi vengono raccolti a<br />

mano, tagliandoli alla base con un apposito coltello.<br />

Quindi vengono refrigerati in acqua e sono commercializzati<br />

in mazzi legati manualmente tra loro con un<br />

succhione di salìce chiamato “stroppa”. I turioni (le<br />

punte, per intenderci) dell’asparago bianco sono di<br />

forma allungata, di colore bianco-rosato, ben formati,<br />

dritti, interi, con apice serrato. Al consumo i turioni<br />

non devono mostrarsi vuoti, né spaccati, né pelati,<br />

né spezzati. Devono inoltre presentare bassa fi brosità<br />

e devono essere teneri, in quanto non sono ammessi i<br />

turioni con principi di lignifi cazione.<br />

Delicatezza e fragranza dell’asparago bianco permettono<br />

al consumatore di gustarlo in tutta la loro lunghezza.<br />

Proprio per la sua qualità e delicatezza è altamente<br />

deperibile e quindi va conservato in maniera<br />

corretta e consumato entro pochi giorni dal raccolto.<br />

Per mantenerne inalterate le pregiate caratteristiche,<br />

occorre osservare alcune avvertenze come l’immersione<br />

in acqua a una temperatura tra i 6 e gli 8 gradi<br />

per rallentare l’ossidazione. Meglio anche evitare<br />

l’esposizione prolungata alla luce e all’aria. Gli asparagi<br />

bianchi se sono freschi si spezzano ma non si piegano.<br />

L’asparago bianco si può cucinare in vari modi<br />

e sarà sempre un pasto regale, basti pensare che i dogi<br />

di Venezia ne avevano provviste nelle loro mense, da<br />

questo si suppone che lo gustassero piacevolmente.<br />

Comunque i veneti consigliano che il modo migliore<br />

per gustare l’asparago bianco sia quello di cucinarlo<br />

nel modo più semplice cioè un giusto bollore in acqua<br />

e una salsa all’uovo perché è così che vuole la tradizione.<br />

In un altra preparazione sugli asparagi bianchi<br />

lessati viene versarto un composto fatto con del burro<br />

fuso e del pangrattato. Ma l’asparago bianco è particolarmente<br />

adatto in abbinamento a risotti, minestre,<br />

paste e insalate.<br />

Citazioni storiche<br />

Bassano e il suo<br />

«dono più gradito»<br />

Lombatina di agnello con panur<br />

alle erbette e charlotte all’asparago bianco<br />

Ingredienti:<br />

4 carré d’agnello<br />

30 grammi di prezzemolo<br />

10 grammi di erba cipollina<br />

50 grammi di aglio<br />

50 grammi di pinoli<br />

50 grammi di pane in cassetta<br />

sale e pepe<br />

olio<br />

Per la charlotte:<br />

300 grammi di asparagi bianchi già<br />

cotti<br />

150 grammi di uova<br />

100 grammi di mascarpone<br />

30 grammi di grana padano<br />

300 grammi di asparagi sottili<br />

Tostate le ossa di agnello in forno<br />

per circa 15’; mettetele quindi in<br />

una casseruola con carota, sedano e<br />

scalogni precedentemente mondati<br />

e tritati fi nemente e bagnate il tutto<br />

con il vino rosso; lasciate che il vino<br />

Dalla prima pagina<br />

cucina 3<br />

La Serenissima stimava l’asparago cibo nobile in quanto se ne<br />

trova traccia nella contabilità di banchetti offerti ad ospiti di gran riguardo<br />

già nel primo Cinquecento. Dal Seicento lo si coltivava diffusamente<br />

negli Orti di Terraferma. I padri, in viaggio per il Concilio<br />

della Controriforma di Trento (1545-1563), transitando da Bassano,<br />

ebbero modo di gustare il prodotto locale e ci fu chi, tra loro,<br />

lasciò scritto dei suoi pregi dietetici. In una leggenda trascritta si racconta<br />

che San Antonio da Padova aveva portato dall’Africa sementi<br />

di asparago. Recatosi a Bassano per ammansire il tiranno Ezzelino,<br />

concludeva positivamente l’incontro. Tornando verso Padova, percorrendo<br />

la strada che congiungeva Bassano a Rosà, cospargeva tra<br />

le siepi le sementi che rendono tuttora quella terra come la più indicata<br />

e feconda per la coltura del turione.<br />

In un famoso dipinto del pittore veneziano Giovambattista Piazzetta<br />

(1682-1754) “La Cena di Emmaus” - Claveleur Museum of Art<br />

- è ben visibile il piatto di asparagi preparato secondo la tradizionale<br />

ricetta bassanese: “Sparasi e ovi, sale e pevare, oio e aseo” (asparagi<br />

e uova, sale e pepe, olio e aceto). Nel 1847 il prof. Terrazzi, in “Alcuni<br />

cenni dell’Agronomia e della Industria Bassanese”, descrivendo le<br />

qualità <strong>delle</strong> produzioni agricole locali, affermava “gli asparagi bassanesi<br />

sì candidi, sì buoni, sì saporosi, non vogliono essere altrimenti<br />

lodati; sono il dono più bello e gradito della nuova stagione”.<br />

evapori e versatevi infi ne dell’acqua<br />

fredda. Fate bollire a fuoco dolce per<br />

circa 3 ore; a cottura ultimata fi ltrate<br />

la salsa, aggiustatela di sale e tenetela<br />

da parte.<br />

In una casseruola con dell’olio rosolate<br />

il carrè d’agnello; salate, pepate<br />

e passatelo quindi nella panur che<br />

avrete ottenuto frullando il prezzemolo,<br />

l’erba cipollina, l’aglio, i pinoli tostati<br />

e il pane in cassetta e mettete a<br />

cuocere in forno a 180° per 8’.<br />

Confezionate infi ne la charlotte.<br />

Frullate con il cutter il mascarpone, le<br />

uova, il grana grattugiato e gli asparagi<br />

bolliti; salate, pepate e versate il<br />

composto così ottenuto in stampini<br />

precedentemente imburrati e rivestiti<br />

con gli asparagi sottili; cuocete a vapore<br />

per 25’ a 85°. Servite disponendo<br />

su ciascun piatto una charlotte e il<br />

carré d’agnello scaloppato e nappato<br />

con salsa.<br />

All’uva coltivata nel Parentino ha<br />

dato il nome di “Malvasia bianca”. Venendo<br />

ai tempi moderni dal 1946 al 1957<br />

Vitolović ha effettuato un’accurata ricerca<br />

ampelografi ca in Istria descrivendo<br />

198 specie d’uva, <strong>delle</strong> quali 91 autoctone.<br />

È giunto alla conclusione che<br />

in Istria viene coltivata solo quel tipo di<br />

Malvasia descritto da Libutti, con tre sottospecie:<br />

Malvasia grande (“vela”), Malvasia<br />

piccola e Malvasia dal grappolo<br />

scosso. La prima era la più diffusa, molto<br />

più rare le ultime due. Le ricerche vennero<br />

incentrate sulla Malvasia grande che<br />

Vitolović denominò Malvasia Istriana.<br />

Elencare oggi tutti i vitigni chiamati<br />

Malvasia sarebbe un compito diffi cile.<br />

Descriverli ancor più. Un esempio: quale<br />

relazione c’è tra la Malvasia di Candia,<br />

la Malvasia del Chianti e le Malvasie di<br />

Casorzo, di Castelnuovo Don Bosco o<br />

<strong>delle</strong> Lipari? Le prime due danno vini<br />

secchi, le altre vini dolci. Ma le varietà<br />

sono innumerevoli come la Malvasia di<br />

Madeira conosciuta come Malsmey, oppure<br />

la Malvasia Nera coltivata in Alto<br />

Adige, ma anche e soprattutto in Puglia.<br />

In Corsica c’è la Malvoise, vicino, anche<br />

la Sardegna ha una sua Malvasia. In<br />

Portogallo si coltiva la Malvasia Rey per<br />

produrre il White Port. Per non parlare<br />

della vasta diffusione della Malvasia nei<br />

vigneti californiani. Discreta la coltivazione<br />

anche nelle Isole Canarie, in Grecia<br />

nelle <strong>isole</strong> Paros e Syros e in Germania<br />

(Malvasier). Chissà, magari ne assaggeremo<br />

qualcuna tra poco più di due<br />

settimane a Parenzo, magari abbinata ad<br />

antipasti, primi piatti, formaggi, pesci di<br />

scoglio, salumi, ma anche carni bianche<br />

e cacciagione...


4<br />

Sabato, 28 marzo 2009 cucina<br />

ASPETTANDO PASQUA<br />

Uno tra i piatti tradizionali per le festività<br />

di Pasqua, è senza dubbio l’agnello,<br />

un tipo di carne di facile digestione e di<br />

alto valore nutritivo, con basso contenuto calorico.<br />

La sua particolarità è data dal fatto che<br />

può essere cucinato in mille modi diversi. Naturalmente,<br />

come per tutte le altre pietanze e<br />

per tutti gli altri tipi carne, c’è “carne e carne”<br />

o, per la precisione “agnello e agnello”. Dalle<br />

nostre parti, la più rinomata e conosciuta è<br />

quella proveniente dalle <strong>isole</strong> di Cherso e Lussino<br />

legate per antonomasia, oltre a tutte le sue<br />

caratteristiche turistiche, appunto alla carne<br />

d’agnello. Per sapere qualcosa di più in questo<br />

senso, abbiamo incontrato due persone che “di<br />

agnelli se ne intendono”: Zvonko Šalov, proprietario<br />

e cuoco nel ristorante “Poljana”, situato<br />

nell’omonimo campeggio lussignano, e<br />

il macellaio Ivan Burić di Lussinpiccolo. I loro<br />

greggi, sono disseminati in varie zone dell’isola<br />

ma anche negli isolotti circostanti ossia nelle<br />

aree di Palzol, Oruida, Canidole (Srakane),<br />

Stivan, Plata, Srem, Orlez e Krčina.<br />

Per quale motivo l’agnello isolano è ritenuto<br />

il migliore?<br />

“Ma è presto detto, esordisce Šalov. Principalmente<br />

per il fatto che le pecore (e quindi<br />

gli agnelli) non vivono al chiuso in qualche<br />

stalla. Sono sempre all’aperto, in natura<br />

– come se fossero bestie selvatiche. La specifi<br />

cità della nostra isola, che si nutrono con un<br />

migliaio di tipi di erbe tra le quali tantissime<br />

aromatiche e mediche… Non va dimenticato<br />

il fatto che considerate le caratteristiche del<br />

terreno vicino al mare, le erbe sono ricoperte<br />

di salsedine. Farò un esempio, nell’isolotto<br />

di Palazol, non c’è acqua. Le pecore, quindi,<br />

bevono quella marina, infi ltratasi tra le rocce.<br />

Gli ovini, quindi, sono sani sotto tutti i punti<br />

di vista visto che non bisogna nemmeno dimenticare<br />

il clima mediterraneo che è molto<br />

importante.<br />

Non vorrei togliere nulla alla carne di<br />

agnello dalle altre parti del Paese, quale quella<br />

della Lika ad esempio, ma l’isolana ha anche<br />

un odore e, di conseguenza, un sapore del<br />

tutto particolare. Si tratta di caratteristiche<br />

imparagonabili. Vorrei soffermarmi un attimo<br />

sul fatto che le nostre pecore bevono acqua<br />

marina. Succede molto spesso che quelle<br />

adulte, che hanno raggiunto anche i dieci anni<br />

e quindi destinate unicamente al macello,<br />

hanno le interiora come se fossero… agnellini<br />

di un anno. Il principale motivo è appunto<br />

l’acqua che non è quella potabile o stagnante,<br />

piena di batteri”.<br />

Quando la carne d’agnello è più prelibata?<br />

“Senza dubbio, quello di un agnellino tra<br />

il mese e mese e mezzo fi no ai sei mesi di vita<br />

anche se la sua qualità non viene meno se si<br />

tratta di un esemplare più anziano per tutte<br />

le caratteristiche citate più sopra”, afferma<br />

Zvonko Šalov.<br />

“Mi sia permesso di aggiungere – interviene<br />

Ivan Burić – che la gente, in primo luogo<br />

gli stranieri, hanno riconosciuto la qualità<br />

della carne d’agnello isolana. Quest’ultimi,<br />

non si lasceranno sicuramente ingannare…<br />

i ‘nostri’ agnellini non hanno la carne<br />

grassa. La vendita in macelleria? Mah, non è<br />

che vada proprio bene… Forse manca anche<br />

l’abitudine”.<br />

Veniamo ora alla parte più… “interessante”<br />

per il palato e per i buongustai. In<br />

quanti e in quali modi si può preparare la<br />

carne d’agnello?<br />

“Ma in… mille maniere. Ai ferri, allo<br />

spiedo, lesso, goulasch, fritta e chi più ne ha<br />

più ne metta. In poche parole: secondo i gusti<br />

e le abitudini…”<br />

Quali parti dell’agnello sono le migliori<br />

e come possono venire utlizzate in cucina?<br />

“A mio avviso – dice Burić– la parte migliore<br />

è quella anteriore dove ci sono più ossa<br />

ma ci sono coloro che preferiscono più carne.<br />

Lo ripeto, i gusti son gusti… I veri buongustai<br />

pretendono più carne anche se le costole<br />

non vanno da meno. Gli ossicini sono così<br />

piccoli da poter fare degli… stecchini”.<br />

Vediamo più da vicino le varie parti dell’agnello<br />

e per che cosa sono consigliate.<br />

Bracioline d’agnello: vengono ricavate<br />

dal lombo degli animali giovani, il cui dorso<br />

è abbastanza piccolo<br />

Il collo: il collo è ben venato di grasso<br />

ed è per questo motivo che durante la cottura<br />

questi pezzi rimangono molto sugosi e<br />

saporiti<br />

Costata d’agnello: è il nome dato a questo<br />

taglio inglese ricavato dall’intero pezzo di<br />

braciola, ma senza l’ultima costola. Questo<br />

pezzo è delizioso arrostito, ma attenzione: il<br />

grasso deve essere eliminato dopo la cottura.<br />

Bracioline di carrè d’agnello: molto<br />

buone da scottare in padella o alla griglia.<br />

Lonza: è molto buona d’arrostire intera.<br />

Tagliata in tranci è eccellente fatta scottata in<br />

padella o alla griglia.<br />

Il petto d’agnello: è uno dei tagli di questa<br />

carne più a buon mercato. Con o senza<br />

osso, può essere arrostito o grigliato. Disossato<br />

può essere utilizzato per arrosti arrotolati.<br />

Coscia d’agnello: può essere preparato<br />

in diversi modi. Intero, disossato, tagliato in<br />

tranci, arrosto, brasato, bollito o grigliato.<br />

Punta di petto d’agnello: ideale da cuocere<br />

alla griglia o da farcire.<br />

Coscia aperta: possono essere separati<br />

o anche essere tagliati in pezzi più piccoli.<br />

Attenzione , dopo la cottura il grasso va<br />

eliminato.<br />

Pancetta: da essa si ricava un’ottima carne<br />

arrotolata, che si può utilizzare come arrosto<br />

o grigliare in tranci.<br />

Posteriore con punta intero: se si arrostisce<br />

bisogna poi conoscere bene l’anatomia<br />

dell’agnello per poterlo tagliare correttamente.<br />

Spalla dell’agnello: costituisce al massimo<br />

il 17 o 18 p.c. del peso complessivo della bestia.<br />

Vista la taglia esile dell’animale raramente<br />

viene tagliata.<br />

L’agnello “sacrifi cale” è, da tempo immemorabile,<br />

la cifra distintiva <strong>delle</strong> tavole<br />

pasquali. La Pasqua greca non è concepibile<br />

senza il mitico “arnì sto souvla”,<br />

agnello intero arrostito allo spiedo, la<br />

cui cottura, lentissima, accompagnata da<br />

canti e danze tradizionali, occupa tutto il<br />

giorno di resurrezione. “Christos anésti”,<br />

“Cristo è risorto” inneggia il popolo greco,<br />

infi lzando fragranti bocconi di tenerissimo<br />

“agnus dei” cotto a puntino. È così che il<br />

dramma divino diviene teatro profano, pittoresco<br />

boccascena carnascialesco. Le sacre<br />

are trasformate, secondo i dettami di<br />

una laica, godereccia liturgia, in banchetti<br />

dionisiaci dominati più dal pathos che dalla<br />

pietas mistica. Il cibo diviene così indispensabile<br />

mezzo per conquistare il paradiso.<br />

Nei rituali pasquali, in modo particolare,<br />

l’alimentazione si viene ad intrecciare<br />

continuamente con la mitologia, pagana,<br />

cristiana o ebraica che sia. Lo stesso sacrifi<br />

cio dell’agnello attraversa, trasversalmente,<br />

tutte le cu Da quella mesopotamica<br />

alla greca, dalla cristiana alla<br />

giudaica e fenicia, il sangue dell’animale<br />

sacrifi cato ha, insieme, un valore purifi -<br />

catorio e propiziatorio. “Ecco l’agnello di<br />

Dio – esclama Giovanni il Battista – ecco<br />

colui che lava i peccati del mondo”, riferendosi<br />

al Gesù “sotiros”, al Gesù salvatore<br />

dell’umanità. Tra gli animali domestici,<br />

l’agnello era quello che maggiormente rispondeva<br />

ai canoni sacrifi cali, così mansueto<br />

e senza difese, senza artigli e senza<br />

corni, era ritenuto l’ideale per gli altari<br />

votivi.<br />

La festività pasquale ha tutte le caratteristiche<br />

<strong>delle</strong> mediterranee feste di primavera,<br />

plasmate, infl uenzate dal dramma<br />

di “morte-rinascita” insito nelle leggi<br />

Spalla di taglia maggiore: possono essere<br />

tagliate a livello dell’articolazione ed è ottimo<br />

arrostite o brasate.<br />

Cosciotto d’agnello: è molto magro. Delizioso<br />

se arrostito e speziato con erbe aromatiche.<br />

Le frattaglie<br />

La testa: non ha interesse a eccezione per<br />

i tagli di guanciale.<br />

Cervella: si deteriorano molto velocemente<br />

e si consumano soprattutto arrostite.<br />

Lingua: è di grande qualità. Nella maggior<br />

parte dei casi viene cotta o talvolta conservata<br />

salata.<br />

Animelle: sono il timo dell’animale, una<br />

ghiandola costituita da tessuto connettivo<br />

molle e delicato ed apprezzata sia per il sapore<br />

assai gustoso sia per la facile digeribilità.<br />

Sono deliziose se arrostite.<br />

Cuore: è eccellente da saltare in padella.<br />

Prima di cucinarlo bisogna eliminare minuziosamente<br />

ogni residuo di sangue.<br />

Fegato: ottimo da saltare in padella o d’arrostire<br />

allo spiedo.<br />

Torniamo ai modi di preparare la carne<br />

d’agnello. Alle specialità insomma…<br />

“Ma ecco. Nel mio ristorante offro l’agnello<br />

allo spiedo, sotto la campana , in guazzetto,<br />

ma anche un piatto che, in questo periodo,<br />

va per la maggiore: sugo di agnello con asparagi<br />

e fusi (oppure ‘šurlice’). Naturalmente si<br />

tratta di asparagi selvatici. Noi a Lussinpiccolo,<br />

tramite la Comunità turistica, prepariamo<br />

mensilmente specialità diverse che vengono<br />

offerte nei vari ristoranti. Ultimo nell’ordine,<br />

l’agnello al rosmarino….”.<br />

Usi e tradizioni<br />

Agnus Dei, cibo<br />

simbolo della Pasqua<br />

di Madre Natura. Pensiamo al mito, fortemente<br />

radicato nella cultura mediterranea,<br />

del Dio che muore e rinasce, come<br />

l’anatolico Attis o il fenicio Adone: due<br />

divinità perite di morte violenta, dal cui<br />

sangue versato risorgerà la vita. L’analogia<br />

con il mitologema salvifi co della<br />

Pasqua cristiana è quasi impressionante.<br />

Sarà proprio sul retaggio di questi antichissimi<br />

culti agrari che il popolo ebraico<br />

indirà la festa di Pesah, coincidente,<br />

come le Adonie (celebranti dal resurrezione<br />

del dio Adone), con il primo plenilunio<br />

successivo all’equinozio primaverile.<br />

Una festività che celebra, dunque,<br />

il passaggio dall’inverno alla primavera<br />

(la parola “pesah” vuol dire “passare oltre”).<br />

Come tutti i riti di passaggio, anche<br />

la Pesah era caratterizzata da offerte e<br />

sacrifi ci al dio, tra cui l’immolazione degli<br />

agnelli appena nati. Un’usanza, questa,<br />

ripresa e cristianizzata nell’Antico<br />

Testamento. Il libro dell’Esodo fa chiaro<br />

riferimento al sacrifi cio di “un agnello<br />

maschio, nato nell’anno”, da immolare<br />

al quattordici del mese di nisan, ossia<br />

dopo l’equinozio di primavera, tra marzo<br />

e aprile. “In questa notte ne mangeranno<br />

la carne arrostita al fuoco: la mangeranno<br />

con azzimi ed erbe amare” scandisce<br />

il Signore a Mosé e ad Aronne. Da allora,<br />

saranno questi i cibi rituali della cena<br />

pasquale ebraica o “haggadah”. Il sangue<br />

dell’agnello sacrifi cato, contrassegnando<br />

le abitazioni degli ebrei, segnerà<br />

la salvezza del popolo d’Israele in terra<br />

d’Egitto. A proposito dell’”agnus dei”, il<br />

Signore si raccomanda di non spezzarne<br />

alcun osso, ma di arrostirlo intero “con<br />

la testa, le gambe, le viscere”. Mai la parola<br />

di Dio sarà più esplicita di così in<br />

campo culinario.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

A Lussinpiccolo con due esperti in materia: Zvonko Šalov, proprietario e cuoco nel ristorante «Poljana», e il macellaio Ivan Burić<br />

Erbe, sale e clima: i tre segreti dell’agnello isolano<br />

di Silvano Silvani<br />

Il macellaio Ivan Burić assieme all’aiutante<br />

Zvonko Šalov con una <strong>delle</strong> cuoche del ristorante “Poljana”<br />

Alcune tra la moltitudine di ricette per preparare la carne d’agnello<br />

Guazzetto d’agnello alla Belej<br />

con asparagi e fusi<br />

Ingredienti per quattro persone: 1 kg di agnello,<br />

mezzo kg di cipolla, 2 dcl di vino bianco, concentrato<br />

di pomodoro, 2 cucchiai di farina, sale e pepe q.b., un<br />

rametto di rosmarino, 2 foglie d’alloro, 1 dcl di olio<br />

d’oliva, 1 dcl di olio di semi, mezzo kg di fusi, asparagi.<br />

Preparazione: tagliare la carne d’agnello a pezzeti; tritare<br />

la cipolla e farla soffriggere nell’olio. Quando imbiondisce,<br />

aggiungere la carne e dopo un paio di minuti<br />

aggiungere la farina, il concentrato di pomodoro, le foglie<br />

di alloro e gli altri ingredienti. Cospargere il tutto con<br />

l’olio e con il vino e cuocere per una ventina di minuti.<br />

Aggiungere gli asparagi e lasciare fi no a quando diventano<br />

teneri. Servire con i fusi precedentemente lessati.<br />

<strong>Agnello</strong> con piselli<br />

Ingredienti per 4 persone: 700<br />

grammi di agnello disossato, 450<br />

grammi di piselli (freschi o surgelati),<br />

70 grammi di pancetta, prezzemolo<br />

q.b., 4 spicchi d’aglio, una<br />

cipolla, 400 grammi di pelati, 200<br />

grammi di patate, olio d’oliva, sale,<br />

pepe.<br />

Preparazione: preparare il “pesto”<br />

con la pancetta sminuzzata e l’aglio.<br />

In una pentola, scaldare l’olio d’oliva<br />

e aggiungere la cipolla sminuzzata, salare<br />

e fare imbiondire. Aggiungere la<br />

carne tagliata a pezzetti. Mescolare i<br />

pelati (senza sugo) e il pesto, peperare<br />

e cucinare per una quarantina di minuti<br />

a fuoco lento aggiungendo un po’<br />

d’acqua. Indi, aggiungere il sugo dei<br />

pomodori, le patate tagliate a fettine e,<br />

quando ammorbidiscono, aggiungere i<br />

piselli. Cucinare ancora un paio di minuti<br />

e servire. <strong>Agnello</strong> lesso<br />

<strong>Agnello</strong> arrosto<br />

con patate<br />

Ingredienti: carne d’agnello, sale<br />

q.b., carote, sedano, cipolla, rosmarino,<br />

patate.<br />

Preparazione: tagliare la carne a dadi,<br />

salarla e soffriggerla. Aggiungere le carote<br />

affettate, il sedano, la cipolla e il rosmarino.<br />

Aggiungere le patate tagliate a<br />

pezzi e cospargere di tanto in tanto con il<br />

sugo. Arrostire per circa un’ora.<br />

Finora abbiamo parlato di piatti “classici”.<br />

Ci saranno, probabilmente, anche altri.<br />

Quelli che solitamente vengono preparati<br />

esclusivamente per uso domestico nel<br />

rispetto di tradizioni…<br />

“Certamente. Un’antica specialità paesana,<br />

d’antichissima tradizione, è il cosiddetto<br />

‘udić’. Di che si tratta? Una volta mangiata<br />

la carne, le ossa rimaste vengono fate bollire<br />

nell’acqua nella quale si aggiunge la polenta<br />

che deve restare molto liquida tanto da man-<br />

<strong>Agnello</strong> allo spiedo<br />

Preparazione:<br />

cospargere<br />

con abbondante<br />

sale l’agnello<br />

intero e lasciare<br />

insaporire per<br />

alcune ore. “Girarlo”<br />

vicino ad<br />

un abbondante<br />

brace (senza<br />

fumo) ottenuta<br />

dal legno di<br />

quercia per almeno<br />

tre ore.<br />

Guazzetto d’agnello<br />

Frittata con “prosciutto” d’agnello<br />

Ingredienti: mezzo kg di carne, una carota,<br />

una cipolla, radice di sedano, pomodori,<br />

una testa piccola di cappuccio, qualche foglia<br />

d’alloro, un piccolo porro, 4 spicchi d’aglio,<br />

un piccolo cucchiaio di chiodi di garofano, un<br />

rametto di rosmarino, un piccolo cucchiaio di<br />

pepe in grano, foglie di prezzemolo, sale.<br />

Preparazione: mettere la carne in una padella<br />

e coprirla con acqua fredda. Aggiungere le carote<br />

tagliate a fettine, le foglie di prezzemolo e sedano,<br />

l’alloro, gli spicchi d’aglio e il concentrato di pomodoro. Salare. Cuocere a<br />

fuoco lento per circa un minuto. Nel frattempo, coprire i pomodori con acqua bollente,<br />

toglierli, sbuccrali e tagliarli in piccoli pezzetti. Nell’olio, soffriggere l’aglio<br />

e quando imbiondisce aggiungere i pomodori. Salare e pepare. Quando la carne<br />

ammorbidisce, toglierla e tagliarla a pezzettini. Servire con patate salate.<br />

giarla con il cucchiaio. Semplicissimo da un<br />

gusto molto particolare. Non va nemmeno dimenticato<br />

il latte di pecora. Una volta fatta la<br />

ricotta è ideale per una buona ‘polenta alla<br />

Belej’. Forse sarò soggettivo, visto che mia<br />

moglie è di Belej, ma si tratta di una specialità<br />

sotto tutti i punti di vista. La polenta viene<br />

tagliata a fette e tra di esse si pongono <strong>delle</strong><br />

fette di ricotta. Potrei continuare con un altro<br />

piatti forse un po’ insoliti ma che sono ugualmente<br />

ricercati. Mi riferisco alle frattaglie e<br />

<strong>Agnello</strong> sotto la campana<br />

Ingredienti: 2 kg di agnello, 2 kg di<br />

patate, cipolla, rosmarino, foglie di alloro,<br />

strutto, olio d’oliva, sale e pere q.b.<br />

Preparazione: lavare la carne, asciugarla<br />

e tagliarla in due o tre pezzi. Soffregarla<br />

col sale e metterla nel recipiente inferiore<br />

unto della campana. Accerchiarla di patate<br />

tagliate a metà e di cipolla tagliata a fette.<br />

Aggiungere i rametti di rosmarino, le foglie<br />

di lauro, il sale, il pepe, versare l’olio<br />

e coprire con la campana. Rincalzare con<br />

la brace ed arrostire sul focolare un’ ora e<br />

mezzo - due.<br />

5<br />

specialmente alla trippa. Annualmente, durante<br />

la stagione, noi macelliamo dai trecento<br />

ai quattrocento agnelli e la trippa… sparisce<br />

subito”.<br />

E per fi nire. Esiste anche il “prosciutto”<br />

d’agnello?<br />

“Certo che esiste. Viene prodotto in quantità<br />

minime ed è prettamente per uso domestico.<br />

Lo si produce dalla coscia, nel modo usato<br />

per fare quelli ‘veri’, ossia di maiale. Particolarmente<br />

saporito con una buona frittata”...


6 cucina<br />

IDEE Bella stagione, è tempo di passeggiate e magari anche pic-nic<br />

Primavera e Pasqua: tempo di gite<br />

fuori porta, tempo di scampagnate<br />

e passeggiate, tempo di pic-nic...<br />

Non volendo andar a spendere in trattorie<br />

e ristoranti, vista anche l’aria (di crisi)<br />

che tira, è quindi consigliabile portarsi<br />

dietro qualche spuntino. In questo numero<br />

vi consigliamo le torte salate che hanno<br />

il pregio di poter essere preparate in<br />

anticipo e consumate anche fredde. Inoltre<br />

si prestano benissimo per consumare<br />

gli avanzi del giorno prima o magari per<br />

svuotare il frigorifero da quei fastidiosi rimasugli<br />

di “un po’ di tutto”.<br />

La mossa più semplice, e soprattutto<br />

più veloce, per confezionare una torta salata<br />

è quella di acquistare un rotolo di pasta<br />

già pronta, fresca o surgelata. In questo<br />

senso l’industria alimentare ha fatto<br />

grossi progressi e i prodotti in commercio<br />

sono affi dabili, buoni e anche già stesi. Il<br />

che signifi ca facilitare il compito a chiunque<br />

si appresti a cucinare. Certo le paste<br />

pronte tolgono un po’ di piacere a chi ama<br />

avere proprio “le mani in pasta” e magari<br />

vanno a limitare le possibilità di dare<br />

anche alla pasta un tocco personale. Per<br />

questi restano indispensabili le ricette dalla<br />

pasta brisée e della pasta sfoglia.<br />

La pasta brisée è un impasto friabile<br />

di farina e burro, ideale per rivestire i ripieni<br />

per le torte salate a base d’uovo o<br />

formaggio. Con aggiunta di zucchero la<br />

brisée serve anche nella pasticceria dolce.<br />

La pasta sfoglia è una preparazione<br />

abbastanza complessa adatta a pasticceria<br />

dolce o salata. Prevede un tempo piuttosto<br />

lungo di lavorazione, durante il quale<br />

si formano <strong>delle</strong> sfoglie che conferiscono<br />

alla sfoglia elasticità e leggerezza. Esiste<br />

anche la pasta fi llo (dal greco “sfoglia”):<br />

molto sottile e dalla cottura breve.<br />

Ingredienti:<br />

Per la pasta:<br />

250 grammi di farina più quella necessaria<br />

per stendere la sfoglia<br />

un uovo<br />

140 grammi di burro.<br />

Per la copertura:<br />

175 grammi di pancetta affumicata<br />

30 grammi di burro<br />

quattro uova<br />

un bicchiere di panna<br />

pepe, sale, noce moscata<br />

Disponete la farina a fontana sulla spianatoia e spolverizzatela<br />

di sale; nell’incavo centrale mettete l’uovo e il burro a pezzetti.<br />

Lavorate gli ingredienti fi no ad ottenere una pasta omogenea.<br />

Formate un panetto e lasciatelo riposare per 10 minuti.<br />

Intanto imburrate lo stampo con 16-20 g di burro.<br />

Ora stendete la pasta sulla spianatoia infarinata, in una sfoglia<br />

larga a suffi cienza per rivestire il fondo e le pareti della tortiera.<br />

Adagiate la pasta nello stampo, premendola sul fondo per<br />

farla aderire bene; poi ripiegate tutt’intorno quella in eccedenza,<br />

formando un cordoncino, che pizzicherete con le dita Pungete la<br />

pasta con i rebbi di una forchetta, quindi copritela e tenetela in<br />

frigorifero per 3-4 ore.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

Torte salate, spuntino di primavera<br />

Preparare il ripieno<br />

I ripieni per le torta salate hanno<br />

come base uova o ricotta. Quelle<br />

a base d’uovo sono le quiche: vere e<br />

proprie frittate che cuociono in forno,<br />

arricchite con formaggio e prosciutto.<br />

Le torte a base di ricotta richiamano la<br />

Pasqualina con erbette, spinaci o carciofi<br />

, mescolati a un impasto di ricotta,<br />

parmigiano grattugiato, erbe aromatiche<br />

e un fi lo d’olio extravergine d’oliva.<br />

Ma come succede spesso in cucina<br />

anche nel caso <strong>delle</strong> torte salate tutto e<br />

lasciato all’inventiva di chi cucina. Vi<br />

presentiamo le ricette <strong>delle</strong> due torte<br />

salate più famose.<br />

Torta Pasqualina<br />

Ingredienti:<br />

200 grammi di farina<br />

cinque cucchiai di olio extravergine<br />

500 grammi di carciofi<br />

250 grammi di ricotta<br />

10 grammi di burro<br />

mezza cipolla affettata<br />

uno scalogno affettato<br />

due cucchiai di succo di limone<br />

quattro uova<br />

due cucchiai di grana grattugiato<br />

sale, pepe nero<br />

Mescolate la farina con il sale e disponetela a fontana. Versate<br />

al centro un cucchiaio d’olio, mezzo bicchiere d’acqua e impastate<br />

gli ingredienti fi no a ottenere un composto ben omogeneo.<br />

Dividetelo in quattro pezzi, copritelo con un canovaccio inumidito<br />

e lasciatelo riposare per un’ora.<br />

Nel frattempo lavate i carciofi sotto l’acqua corrente.<br />

Eliminate le punte e le foglie più dure, tagliateli in quattro<br />

parti e fateli bollire per circa 20 minuti a fuoco dolce in acqua<br />

leggermente salata e con l’aggiunta di qualche goccia di limone.<br />

Quando saranno teneri, scolateli e rosolateli insieme a un trito di<br />

cipolla e scalogno in due cucchiai d’olio. In seguito salate gli ingredienti,<br />

travasateli in una terrina e mescolateli insieme con la<br />

ricotta, il grana, un uovo, sale e pepe. Lavorate con il mattarello<br />

Quiche Lorraine<br />

Torta campagnola Torta di spinaci e formaggio<br />

Ingredienti:<br />

400 grammi di pasta sfoglia surgelata<br />

sei patate<br />

150 grammi di fontina<br />

150 grammi di salsiccia<br />

quattro spicchi d’aglio<br />

un cucchiaio di prezzemolo tritato<br />

un po’ di paprica dolce<br />

un uovo<br />

sale<br />

Scongelate la pasta sfoglia. Lessate le patate<br />

con la buccia in acqua salata; quando saranno<br />

cotte, scolatele, lasciatele raffreddare un po’, poi<br />

sbucciatele e tagliatele a fettine.<br />

Tagliate a fette sottili il formaggio e la salsiccia<br />

privata del budello. Stendete la pasta sfoglia e<br />

ricavatene due dischi, di cui uno più grande dell’altro.<br />

Adagiate quest’ultimo in uno stampo, alternandoli,<br />

formaggio, salsiccia, un pizzico di<br />

prezzemolo, di aglio tritato e qualche pizzico di<br />

paprica.<br />

Coprite la torta con l’altro disco, pizzicate con<br />

le dita i bordi tutt’intorno in modo da saldarli alla<br />

pasta sottostante. Pennellate la pasta con l’uovo<br />

sbattuto e mettete a cuocere in forno caldo a<br />

180°C per circa 40 minuti.<br />

Servire calda.<br />

Ingredienti:<br />

125 grammi di farina<br />

un pizzico di senape in polvere<br />

un uovo<br />

30 dl di latte<br />

25 grammi di burro fuso<br />

olio di semi, sale<br />

Per la farcia:<br />

450 grammi di spinaci surgelati tritati<br />

220 grammi di ricotta<br />

220 grammi di formaggio emmenthal<br />

220 grammi di formaggi caprini<br />

due pezzi di pasta fi no a ottenere due dischi sottili. Foderate con<br />

il primo una teglia precedentemente unta, oliatene la superfi cie<br />

e poi sovrapponetene il secondo disco. Distribuite il ripieno in<br />

un solo strato uniforme, formando tre fossette. In ognuna di esse<br />

metterete un pezzetto di burro e un uovo intero crudo, badando a<br />

non rompere il tuorlo. Preparate con la rimanente pasta altri due<br />

dischi. Adagiate il primo sul ripieno, oliatelo e sistematevi sopra<br />

il secondo.<br />

Premete leggermente l’ultimo disco di pasta lungo il bordo e<br />

ripiegate verso l’interno la pasta eccedente.<br />

Scaldate il forno a 200° e cuocete la torta pasqualina per<br />

un’ora. Potete servirla ancora calda o a temperatura ambiente.<br />

Al momento opportuno, mettete la pancetta sul tagliere, liberatela<br />

della cotenna e tagliatela a striscioline.<br />

Fate scaldare sul fuoco una padella di ferro e ponetevi le striscioline<br />

di pancetta, che dovranno buttare tutto il loro grasso.<br />

Poi levate la pancetta dal recipiente, eliminate il grasso e<br />

asciugate la padella con una carta assorbente. Fate fondere, nella<br />

stessa padella, il burro e gettatevi di nuovo le strisce di pancetta:<br />

lasciatele tostare, quindi levatele dal fuoco.<br />

Disponete le strisce di pancetta sulla base di pasta.<br />

Rompete le uova in una terrina e stemperatele con la panna,<br />

sbattendo con una frusta; poi insaporitele con abbondante pepe<br />

e con un pochino di noce moscata grattugiata. Rovesciate lentamente<br />

il miscuglio sulla pancetta e introducete la quiche in forno,<br />

lasciandola cuocere per 45 minuti a circa 200 gradi.<br />

mezzo litro di panna da cucina<br />

tre uova<br />

un pizzico di noce moscata<br />

due cucchiai di formaggio parmigiano grattugiato<br />

sale e pepe<br />

Accendete il forno a 180 gradi. Setacciate la farina, la senape<br />

in polvere e il sale in una ciotola.<br />

Aggiungete poco per volta l’uovo sbattuto e il latte, mescolando<br />

fi no a ottenere una crema densa e morbida. Unite il<br />

burro fuso e mescolate ancora. Lasciate riposare. Preparate la<br />

farcia: fate sgelare gli spinaci in un padellino, per dieci minuti,<br />

mescolando spesso. Schiacciateli ed eliminate l’acqua in<br />

eccesso. Aggiungete la ricotta, i caprini, 150 g di emmenthal<br />

grattugiato, la panna e le uova sbattute. Salate, pepate, profumate<br />

con la noce moscata e mescolate bene. Ungete leggermente<br />

con olio dì semi una padella antiaderente di 18 cm di<br />

diametro. Versatevi impasto suffi ciente a coprirne il fondo<br />

con uno strato sottile. Cuocete per uno o due minuti a fuoco<br />

medio fi nché la crespella sarà dorata da un lato, quindi rigiratela<br />

e cuocete per altri due minuti sull’altro lato.<br />

Ripetete con il resto dell’impasto e fate otto crespelle.<br />

Sistemate una crespella su una teglia leggermente unta e<br />

distribuitevi sopra un poco della crema di spinaci. Coprite<br />

con un’altra crespella e proseguite a strati fi no a esaurimento<br />

degli ingredienti. Cospargete l’ultima crespella con il parmigiano<br />

e il resto dell’emmenthal grattugiati e cuocete in forno<br />

per quindici minuti.


Sabato, 28 marzo 2009<br />

SPEZIE<br />

È senza dubbio la più usata nella realizzazione di dolci<br />

Vaniglia, profumo e aroma<br />

inebrianti<br />

La vaniglia, con il suo aspetto candido e il suo profumo inebriante<br />

è uno degli aromi più utilizzati in cucina per la realizzazione dei<br />

dolci. Forse non tutti sanno che la vaniglia è in realtà una varietà<br />

di orchidea che, rispetto alle altre specie, viene coltivata non a fi ni<br />

ornamentali ma esclusivamente per la produzione della famosa spezia<br />

dall’aroma dolce e la profumazione intensa. Originaria del Messico,<br />

è coltivata in tutte le regioni tropicali (le <strong>isole</strong> Mauritius, le Comore,<br />

le Seychelles e l’Indonesia), in Africa e in Oceania; ma quella più<br />

pregiata (la vaniglia Bourbon) proviene dall’isola della Reunion e dal<br />

Madagascar (il maggior produttore mondiale).<br />

La pianta ha foglie carnose di color verde scuro e, per tutta l’estate,<br />

produce dei bellissimi fi ori di colore giallo molto grandi, la cui durata,<br />

però, non supera i due giorni; ma sono proprio i suoi frutti, comunemente<br />

detti baccelli, quelli che vengono utilizzati per aromatizzare<br />

le nostre portate. Occorrono 3 anni prima che una pianta fi orisca ma,<br />

se ben curata, continuerà poi a produrre fi ori per almeno altri 10 anni,<br />

con una media di 100 baccelli per anno.<br />

Tartellette al caffè<br />

e alla vaniglia Arance alla vaniglia<br />

Ingredienti:<br />

130 grammi di burro<br />

130 grammi di zucchero<br />

130 grammi di farina<br />

due cucchiaini di lievito<br />

due uova<br />

poche gocce di essenza di vaniglia<br />

due cucchiaini di latte<br />

due cucchiaini di caffè solubile<br />

Per la glassa:<br />

un cucchiaino di caffè solubile<br />

180 grammi di zucchero a velo<br />

chicchi di caffè di cioccolato<br />

Accendete il forno a 190 gradi.<br />

Preparate 16 pirrottini di carta<br />

per cottura in forno. Lavorate<br />

il burro (che deve essere a temperatura<br />

ambiente) con lo zucchero<br />

poi unite la farina, il lievito<br />

e le uova. Mescolate bene e<br />

dividete il composto in due par-<br />

Per la pasta:<br />

100 grammi di burro<br />

70 grammi di zucchero<br />

un pizzico di sale<br />

un baccello di vaniglia<br />

un uovo<br />

un tuorlo d’uovo<br />

una punta di lievito<br />

200 grammi di farina<br />

otto cucchiai di latte magro<br />

Per decorare:<br />

40 grammi di cioccolata<br />

Per la pasta: mescolate insieme<br />

il burro a temperatura<br />

ambiente, lo zucchero, il sale e<br />

il baccello di vaniglia fi no ad<br />

ottenere un composto cremoso.<br />

Sbattete l’uovo ed il tuorlo incorporandoli<br />

alla farina setacciata<br />

con il lievito e al latte.<br />

ti: a una mescolate la vaniglia<br />

e il latte, all’altra incorporate il<br />

caffè diluito con due cucchiaini<br />

di acqua calda. Distribuite i due<br />

composti a piccole cucchiaiate<br />

nei pirrottini e mescolateli poco<br />

per creare un effetto marmorizzato.<br />

Usate uno stecco o la lama<br />

di un coltello.<br />

Cuocete nel forno per 15-<br />

20 minuti. Quando i dolcetti<br />

saranno ben cresciuti e dorati,<br />

fateli raffreddare distribuendoli<br />

su una gratella. Per la glassa<br />

sciogliete il caffè solubile in 2<br />

cucchiai di acqua calda e unitevi<br />

zucchero a velo suffi ciente<br />

a formare una glassa che veli il<br />

dorso di un cucchiaino. Decorate<br />

ogni tartelletta con un poco di<br />

glassa e disponete al centro un<br />

chicco di caffè di cioccolato.<br />

Lasciate riposare mezz’ora prima<br />

di servire.<br />

Biscottini alla vaniglia<br />

Con una siringa da pasticciere<br />

dalla bocchetta a forma<br />

di stella, strizzate la pasta ottenendo<br />

dei biscotti che disporrete<br />

su una teglia rivestita di carta<br />

da forno. Cuoceteli per circa 20<br />

minuti a 200 gradi in forno già<br />

caldo. Una volta cotti toglieteli<br />

subito dalla teglia e fateli raffreddare.<br />

Fondete la cioccolata a bagnomaria<br />

e riempite con essa un<br />

imbuto di pergamena e decorate<br />

i biscotti.<br />

Suggerimento: i biscotti<br />

sono ottimi appena sfornati.<br />

Se volete conservarli, metteteli<br />

nel congelatore: all’occorrenza<br />

li potrete scongelare in<br />

un attimo.<br />

con whisky<br />

Ingredienti:<br />

otto arance<br />

400 grammi di zucchero semolato<br />

una confezione panna<br />

un baccello di vaniglia<br />

whisky<br />

Con un coltello affi latissimo sbucciate le arance<br />

togliendo, nel fare questa operazione, contemporaneamente<br />

alla buccia, anche la pellicina che<br />

riveste gli spicchi. A lavoro ultimato le arance<br />

dovranno riuscire completamente pelate.<br />

Senza aprirle asportate anche la pellicina<br />

bianca che è tra uno spicchio e l’altro.<br />

Via via che le arance sono pronte mettetele<br />

in una terrina facendo un solo strato. Ponete sul<br />

fuoco in una casseruolina circa mezzo litro di acqua,<br />

il baccello di vaniglia e 300 grammi di zucchero<br />

sempre mescolando fate alzare il bollore,<br />

poi abbassate il fuoco e lasciate bollire lo sciroppo<br />

per circa dieci minuti. Aggiungetevi allora un<br />

bicchiere circa di whisky, mescolate, versate tutto<br />

sulle arance e tenetele al fresco per circa due<br />

ore. Nel frattempo, con un coltellino asportate<br />

alla metà abbondante <strong>delle</strong> scorze d’arance che vi<br />

sono rimaste tutta la pellicina bianca, poi tagliate<br />

quanto vi rimane a striscioline, mettetele in una<br />

casseruolina, copritele d’acqua, ponete sul fuoco<br />

e lasciate bollire per circa dieci minuti. Immergete<br />

poi le scorzette in acqua fredda corrente e lasciatele<br />

raffreddare. Solo allora rimettetele nella<br />

casseruolina, unite il restante zucchero e una cucchiaiata<br />

circa del liquido nel quale sono immerse<br />

le arance, ponete il recipiente sul fuoco e lasciatevelo,<br />

mescolando di tanto in tanto con una forchetta,<br />

sino a che le scorzette si sono caramellate<br />

e ben rivestite di zucchero (non devono indurirsi<br />

molto), quindi stendetele su un piatto e lasciatele<br />

raffreddare.<br />

Mettete in frigorifero anche una coppa grande<br />

(o <strong>delle</strong> coppette individuali) che userete per servire<br />

le arance ai commensali. Poco prima di portarle<br />

in tavola montate la panna e mettetela in una<br />

ciotola. Sistemate le arance nella coppa, irroratele<br />

con lo sciroppo rimasto nel recipiente (meno<br />

la vaniglia) distribuite sulle arance le scorzette<br />

candite e servite accompagnando con la panna<br />

montata.<br />

cucina 7<br />

Varietà<br />

Ci sono molte varietà di vaniglia ma la più conosciuta<br />

e senz’altro la vaniglia Bourbon. I lunghi<br />

baccelli della Vaniglia Bourbon dell’isola<br />

Reunion, sono di una qualità eccezionale. La tecnica<br />

di trasformazione della vaniglia Bourbon è<br />

molto complessa; al fi ne di evitare la perdita dell’olio<br />

essenziale, è richiesta al produttore una lunga<br />

esperienza. Si sposa perfettamente con la cannella,<br />

l’anice, il chiodo di garofano, lo zenzero...<br />

Come scegliere<br />

Il baccello della vaniglia deve essere nero,<br />

morbido e di aroma intenso.<br />

Conservazione<br />

Un consiglio per acquistare i baccelli di vaniglia:<br />

se sono di qualità devono poter essere attorcigliati<br />

intorno a un dito senza danneggiarsi.<br />

Vanno poi conservati in un vaso di vetro chiuso<br />

ermeticamente, possibilmente al buio e mai<br />

in frigorifero. E come maneggiarli? Se la ricetta<br />

prevede l’uso di un baccello intero, affi nché sprigioni<br />

tutto il suo sapore bisogna inciderlo per il<br />

lungo con un coltello. In altri casi bisogna usare<br />

i semini interni al baccello che si ricavano (dopo<br />

l’incisione per il lungo) raschiandoli via con un<br />

coltellino affi lato. Con il baccello privo di semini<br />

si può aromatizzare lo zucchero usato per il caffè<br />

ponendolo direttamente all’interno della zuccheriera<br />

o del barattolo.<br />

Proprietà<br />

La vaniglia ha proprietà stimolanti ed antisettiche,<br />

è altamente afrodisiaca ed è da molti considerata<br />

la più deliziosa tra tutte le spezie. Alla<br />

vaniglia vennero presto attribuite virtù afrodisiache,<br />

sia per le origini esotiche che esponendo altre<br />

tesi. La vaniglia si affermò come nutrimento<br />

eccitante soprattutto nel ‘700, quando con la<br />

cioccolata divenne di gran moda. Nel secolo successivo,<br />

gli studiosi ne identifi carono le proprietà<br />

stimolanti ed antisettiche che agivano su stomaco<br />

e organismo.<br />

Secondo studi più recenti la vaniglia agirebbe<br />

anche da antidepressivo per la presenza di molecole<br />

molto affi ni ai feromoni umani.<br />

Curiosità<br />

Gli Aztechi usavano le stecche di vaniglia per<br />

aromatizzare il loro “cibo degli dei”, la cioccolata,<br />

ed in seguito alla scoperta <strong>delle</strong> Americhe gli<br />

Spagnoli introdussero l’aroma di questa orchidea<br />

in Europa.<br />

Cosmesi<br />

C’è chi ama il borotalco e chi no, ma una polvere<br />

assorbente è un vero toccasana quando il<br />

caldo diventa inclemente. Questa ricetta serve a<br />

produrre in casa un borotalco tutto naturale profumato<br />

alla vaniglia. Questo talco è ottimo per<br />

addolcire e lenire la pelle, essendo molto delicato.<br />

Il profumo di vaniglia e quello di arancio dolce<br />

aiutano a rilassarsi e liberano la mente dagli<br />

infl ussi negativi dello stress.<br />

Ingredienti:<br />

una confezione di amido di mais<br />

due stecche intere di vaniglia<br />

due gocce di olio essenziale di arancio dolce<br />

due gocce di olio essenziale di vaniglia<br />

Mettete in un contenitore l’amido di mais, poi<br />

aggiungete gli oli essenziali e mescolate bene il<br />

tutto. In seguito aggiungete le stecche di vaniglia<br />

immergendole bene nell’amido; chiudete il coperchio<br />

e lasciate riposare il talco per tre settimane.<br />

Otterrete un talco leggermente profumato e<br />

delicato sulla pelle, grazie alla sua composizione<br />

naturale ed essenziale. Usatelo dopo la doccia o<br />

dopo il bagno sulla pelle appena asciugata: la vostra<br />

pelle risulterà asciutta, vellutata e profumata<br />

perché il talco assorbe l’umidità residua che rimane<br />

sul corpo anche dopo averlo asciugato.


8 cucina<br />

IL RISTORANTE DEL MESE<br />

Orsera, al Trošt buoni cibi<br />

e un bellissimo panorama<br />

di Sostene Schena<br />

Nel momento in cui Ivan<br />

Trošt è riuscito a comperare<br />

i muri di quel ristorante<br />

in cui aveva lavorato da<br />

gestore per tanti anni, ha deciso<br />

di cambiagli il nome. Il motivo<br />

non è mai stato chiaro comunque<br />

è sintomatico che abbia voluto<br />

dargli il suo cognome. Per<br />

il cliente dovrebbe assumere una<br />

signifi cato positivo. Tenere alto<br />

il buon nome della famiglia e,<br />

naturalmente, della buona cucina<br />

è l’obiettivo che Ivan e la moglie<br />

Gracijela si sono proposti con<br />

passione fi n dall’inizio e quindi<br />

mettere in gioco il proprio nome<br />

non è stato un problema.<br />

D’altronde la felice posizione<br />

su quel belvedere, su quella<br />

specie di radura davanti a quella<br />

selva di alberi e fuoribordo richiedono<br />

una cucina che valga la<br />

pena di fermarsi anche per chi<br />

Tesi di studiosi neozelandesi<br />

Dipendenza da dolci<br />

simile a quella da sigarette<br />

I dolci possono dare una vera<br />

dipendenza fi sica. Questo almeno<br />

sostiene una ricerca neozelandese,<br />

secondo la quale i dolci<br />

agirebbero in modo non molto<br />

diverso, per esempio, dalle sigarette.<br />

Per Simon Thornley,<br />

ricercatore del servizio di salute<br />

pubblica regionale di Aukland,<br />

“i carboidrati fortemente<br />

trasformati, come taluni fi occhi<br />

d’avena, i dolci e le brioche aumentano<br />

rapidamente la quantità<br />

di zucchero nel sangue, e ciò<br />

stimola le stesse aree del cervello<br />

che sono coinvolte dalla dipendenza<br />

da nicotina e da altre<br />

droghe”.<br />

Molti di coloro che hanno<br />

problemi di obesità, secondo i<br />

ricercatori, non sarebbero quindi<br />

solo “avidi” di dolci, ma, letteralmente,<br />

dipendenti. “I tossicodipendenti<br />

- spiega Thornley<br />

- non riescono a fermarsi perché,<br />

anche se sono consci <strong>delle</strong><br />

conseguenze negative del loro<br />

comportamento, hanno un bisogno<br />

fi sico <strong>delle</strong> sostanze da cui<br />

dipendono. Esattamente come<br />

fanno molti fra coloro che mangiano<br />

troppi dolci”. Lo scienziato<br />

si spinge a proporre iniziative<br />

di salute pubblica analoghe<br />

a quelle messe in campo contro<br />

il tabagismo, a partire da scritte<br />

sulle confezioni di dolciumi che<br />

avvertano sui potenziali rischi.<br />

Le conclusioni dei ricercatori<br />

neozelandesi sarebbero<br />

corroborate dai studi condotti<br />

all’Università di Princeton<br />

(USA), dove sono stati “creati”<br />

veri e propri topi “zucchero-di-<br />

pendenti”, che soffrono fi sicamente<br />

se si sottrae loro il dolce,<br />

e si riprendono rapidamente<br />

quando hanno di nuovo a disposizione<br />

lo zucchero. In un altro<br />

studio, questa volta su “umani”<br />

sono state offerte a un gruppo di<br />

donne in sovrappeso due bevande<br />

che sembravano identiche,<br />

con il medesimo sapore, ma solo<br />

una conteneva carboidrati e zuccheri,<br />

mentre l’altra aveva alcune<br />

proteine. Chiedendo alle donne<br />

come si sentissero, il gruppo<br />

che ha avuto la bevanda zuccherata<br />

si è dichiarato notevolmente<br />

più allegro di quello che aveva<br />

quella “proteica”. “Il modo<br />

in cui queste donne si sono<br />

comportate in risposta ai carboidrati<br />

è simile a modelli che<br />

vediamo nel tossicodipendenti”,<br />

spiega il capo dei ricercatori<br />

Bonnie Spring, professore di<br />

medicina preventiva all’Università<br />

di Chicago. Ma l’aspetto più<br />

affascinante e inesplorato della<br />

ricerca riguarda il collegamento<br />

tra gli effetti dell’aumento dello<br />

zucchero nel sangue e gli effetti<br />

del fumo. Pompare rapidamente<br />

lo zucchero nel sangue provoca<br />

cambiamenti in vari ormoni e<br />

sostanze chimiche, tra cui l’insulina<br />

e un aminoacido del cervello.<br />

Questo crea più benessere<br />

di quello creato nel cervello dalla<br />

serotonina. Che è la sostanza<br />

sollecitata dalla nicotina. Ecco<br />

perchè, secondo gli scienziati,<br />

mangiare dolci può dare un temporaneo<br />

sollievo se ci si sente irritabili<br />

e nervosi, proprio come<br />

fumare una sigaretta.<br />

arriva dal mare. E allora ecco che<br />

anche la carta dei vini (il menù che<br />

dovremmo chiedere per primo una<br />

volta risolto il problema: carne o<br />

pesce?) è abbondante e rappresentativa:<br />

oltre a tutti i nomi conosciuti<br />

dei produttori croati, troviamo<br />

presenti anche alcuni vini francesi,<br />

australiani, sudafricani e…<br />

perfi no italiani più o meno noti…<br />

ma buoni.<br />

A tre metri dal mare troverete<br />

naturale l’offerta di tutte le specialità<br />

dell’Adriatico, a cominciare<br />

dall’astice (500 kune al chilo,<br />

vale a dire 70 euro circa), al pesce<br />

di prima qualità al forno (290), alla<br />

pasta ai frutti di mare (veramente<br />

buona e a buon prezzo (45-70 kn)<br />

al branzino al sale, cotto sotto la<br />

peka (meglio comunque prenotare!).<br />

Tutto preparato nel miglior<br />

dei modi come sa fare lo chef<br />

Željko Brajković.<br />

Ma Ivan Trošt ha pensato anche<br />

a coloro che a Orsera ci stan-<br />

L’albergo Le Meridien Lav a Spalato ha ospitato<br />

la Conferenza europea dell’Associazione mondiale<br />

Federcuochi. All’iniziativa hanno aderito i cuochi<br />

di una ventina di Paesi che oltre ai lavori previsti<br />

dal programma hanno potuto conoscere le bellezze<br />

di Spalato e della Dalmazia nonché le tradizioni del<br />

patrimonio culinario regionale e nazionale.<br />

Dopo i discorsi introduttivi di Damir Crleni,<br />

presidente della Federcuochi croata, e Srečko<br />

Koklič (Slovenia), responsabile del settore Sud<br />

Europa dell’organizzazione, la parola è stata presa<br />

dall’islandese Gissur Gudmundsson, a capo della<br />

WACS. Il suo discorso si è incentrato soprattutto<br />

sul progetto “Food Waste and Safety” che si pone<br />

come obiettivo di sfruttare al massimo gli ingredienti<br />

usati nei locali di ristorazione e la riduzione<br />

del cibo da buttare dopo la preparazione e la consumazione<br />

dei piatti. Il problema della fame nei Paesi<br />

in via di sviluppo è un problema da considerare<br />

e la WACS, con i suoi 8 milioni di membri in tutto<br />

Anno V / n. 41 del 28 marzo 2009<br />

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />

IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina<br />

Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat<br />

edizione: CUCINA<br />

Redattore esecutivo: Fabio Sfi ligoi / Impaginazione: Tiziana Raspor<br />

Collaboratori: Sostene Schena e Silvano Silvani<br />

Foto: Goran Žiković e archivio.<br />

Il supplemento esce con il sostegno fi nanziario della Regione Istriana, Assessorato<br />

alla Comunità nazionale italiana e altri gruppi etnici.<br />

no per parecchi giorni e, alla fi ne,<br />

si stufano anche di mangiare sempre<br />

e soltanto pesce; e così c’è anche<br />

una grande varietà di piatti di<br />

carne: dal fi letto alla tartara (110)<br />

al piatto di carne mista alla griglia,<br />

varia e suffi ciente, per il giusto<br />

prezzo di 45 kune. I vari fi letti<br />

(magari con contorno di pasta,<br />

prosciutto e funghi tanto da costituire<br />

un piatto unico) non costano<br />

molto di più di una pizza.<br />

Se vi piace l’agnello, la porchetta<br />

o il capretto… dovete solo ordinare<br />

prima con una telefonata: il caminetto<br />

è sempre in funzione ma<br />

- come - si sa la migliore <strong>delle</strong> cotture<br />

è quella lenta!<br />

Per fi nire i frutti di stagione:<br />

asparagi, tartufi , erbe sono ingredienti<br />

che compaiono abitualmente<br />

nel menu. Dopo l’immancabile<br />

dessert (palacinche a volontà) ecco<br />

arrivarvi un ottimo “pelinkovac”<br />

della casa omaggio per farvi uscire<br />

con la bocca ancora buona.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano<br />

con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004<br />

La nostra<br />

pagella<br />

Ambiente 91<br />

Atmosfera 88<br />

Servizio 85<br />

Qualità 84<br />

Vino 84<br />

Prezzo 80<br />

Rapporto q/p 88<br />

Giudizio fi nale 89<br />

La scheda<br />

Nome: Trošt. Località: Orsera.<br />

Gestione: Ivan Trošt.<br />

Indirizzo: Obala M. Tita 1a –<br />

52450 Orsera<br />

Tipo di locale: ristorante.<br />

Coperti: 150 all’interno 200 in<br />

terrazza.<br />

Aperto dalle 10 alle 24. Chiuso:<br />

mai. Ferie: mai.<br />

Sito Internet: www.restorantrost.hr<br />

Numeri di telefono: +385-52<br />

445197; fax+385-52- 441107.<br />

Lingue parlate: italiano, inglese,<br />

tedesco.<br />

Pagamento: anche con credit<br />

card (tutte).<br />

Prenotazione: consigliabile.<br />

Distanze: 10 km da Parenzo;<br />

28 da Rovigno; 43 da Pola, 82<br />

da Rabuiese, 90 da Abbazia.<br />

Per arrivarci: da Trieste seguite<br />

la direzione Pola. A Baderna<br />

voltate a destra verso Parenzo e<br />

prima di entrare in città girate a<br />

sinistra; altri 9 km e siete a Orsera.<br />

Scendete al porto e girate a<br />

sinistra fi n dove potete arrivare,<br />

cioè proprio sotto il Trošt. Nella<br />

buona stagione qualche diffi -<br />

coltà per trovare un parcheggio.<br />

Se arrivate da Pola o Rovigno<br />

alla fi ne della salita che trovate<br />

dopo il canale di Leme girate a<br />

sinistra per poco più di 10 chilometri.<br />

Tema il recupero dei cibi<br />

Conferenza della WACS a Spalato<br />

il mondo, è convinta di poter fare importanti passi<br />

avanti e dare il proprio contributo a migliorare la<br />

situazione. (fas)

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