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del popolo<br />

la Voce<br />

un testo<br />

e un regista<br />

toni CaFiero e DraMMa itaLiano:<br />

Per Dire Di 8 (CoMPLiCate)Donne e un<br />

(risoLViBiLe) Mistero<br />

un CaFFÈ Con<br />

Toni Cafiero<br />

DraMMa itaLiano Maggio uDinese reCensioni Carnet PaLCosCeniCo<br />

8 donne e un mistero Da Marte<br />

per far ridere<br />

Il cartellone del mese<br />

2|3 4 5 6|7 8<br />

Attore, regista teatrale,<br />

scenografo, docente,<br />

giramondo, europeo ed<br />

europeista<br />

Una commedia noire grottesca<br />

con un pizzico di farsa e cinema<br />

Lezione del professore Paolo<br />

Migone<br />

la Voce<br />

del popolo<br />

Sinceramente bugiardi<br />

Fiona<br />

Gipsy<br />

Nascosto dove c’è più<br />

luce<br />

palcoscenico<br />

www.edit.hr/lavoce<br />

Anno 9 • n. 74<br />

martedì, 7 maggio 2013


del popolo<br />

martedì, 7 maggio 2013 2 palcoscenico<br />

la Voce<br />

UN CAFFÈ CON...<br />

di Bruno Bontempo<br />

TONI CAFIERO<br />

Abbiamo incontrato Toni Cafiero alla vigilia della sua terza collaborazione con il<br />

Dramma Italiano di Fiume: dopo Goldoni Terminus del 2007 e Brutta del 2009, in<br />

aprile ha curato la regia dell’accattivante commedia noir 8 donne e un mistero, del<br />

francese Robert Thomas. Attore, regista teatrale, scenografo, docente, giramondo europeo<br />

ed europeista, per nascita e per orientamento, le origini di Cafiero sono a metà veneziane<br />

(di padre) e metà svedesi (di madre): nato nel Paese scandinavo, è cresciuto a Venezia,<br />

si è formato a Parigi, ha seguito i corsi di Scenografia all’Accademia delle Belle Arti di<br />

Bologna. Dopo una breve carriera di attore si è dedicato alla regia e all’insegnamento, vive<br />

e lavora soprattutto in Spagna e Francia, non ama lavorare in Italia, per il semplice fatto<br />

che non condivide il modo italiano d’intendere il teatro. È presente invece sulla scena di<br />

Romania, Estonia, Russia, Portogallo, Austria, Norvegia, Croazia nonché Usa, Marocco<br />

e Algeria fuori dai confini d’Europa. Nella veste di docente lo troviamo all’Institut del<br />

Teatre di Barcellona, allo Stabile di Torino, all’Accademia “Nico Pepe” di Udine, all’Ecole<br />

du Théâtre National de Chaillot a Parigi, alla New York University, alla Real Escuela de<br />

Madrid...<br />

Di fronte a così tanti incroci, ti<br />

consideri un apolide o semplicemente<br />

un cittadino del mondo, anzi, meglio<br />

ancora, d’Europa?<br />

Sì, mi sento un po’ come dovrebbe<br />

essere l’Europa adesso, l’Europa di tutti,<br />

insomma, dove la gente possa condivide<br />

speranze e conoscenze, e non sia solo<br />

un’Unione economica.<br />

L’edificio dell’UE, oggi, scricchiola<br />

pericolosamente...<br />

Il problema è che per superare la<br />

crisi ci vuole più Europa, non meno<br />

Europa. Finora siamo arrivati solo a fare<br />

un’organizzazione economica, e non<br />

l’abbiamo neanche finita. La gente non lo<br />

capisce e ce l’ha con l’UE. Ma il sogno dei<br />

padri fondatori delle nostre repubbliche,<br />

anche di quella ex comunista qua da voi,<br />

era il sogno di un’Europa diversa, non<br />

certo questa che abbiamo oggi. Non sono<br />

contrario all’allargamento dell’Unione,<br />

però certi Paesi sono entrati solo perché<br />

a qualcuno faceva comodo, non perché<br />

erano maturi. Poi c’è il modello della<br />

Germania, che è riuscita a integrare tutti<br />

quelli che lavoravano dall’altra parte<br />

eppure è ancora la maggiore potenza<br />

economica continentale. Ciò vuol dire<br />

che integrare i più deboli è possibile, ma<br />

chi ha di più deve togliersi dei privilegi.<br />

Bisogna trovare il modo di arrivare a<br />

un’Europa più equa e solidale...<br />

Dalla politica alla cultura, dalla cultura<br />

alla politica. Come hanno inciso,<br />

nelle varie realtà teatrali del Vecchio<br />

continente che tu frequenti, questi anni<br />

di crisi?<br />

In Germania la crisi non ha toccato il<br />

settore cultura, in particolare i teatri,<br />

in Francia per ora li ha solo sfiorati, la<br />

Spagna invece già ne risente un po’. Prima<br />

di venire a Fiume ho lavorato a Bucarest.<br />

In Romania, per ora, i teatri resistono,<br />

forse perché il potere non si è ancora<br />

organizzato e la televisione al momento<br />

non ha un ruolo strategico, in termini<br />

di modello culturale, con il quale poter<br />

sostituire il teatro. Forse è solo questione<br />

di tempo, ma spero che nel frattempo ci<br />

sia questo rinnovamento che non vedo<br />

ancora ma che auspico da tempo.<br />

Oltre che in Romania, recentemente hai<br />

lavorato pure in Norvegia, due Paesi<br />

che in Europa sono agli antipodi nella<br />

classifica delle nazioni più ricche. Come<br />

si colloca la cultura nelle diverse realtà<br />

che conosci più da vicino?<br />

In Norvegia non si pongono il problema<br />

perché il problema non sussiste. Quello<br />

scandinavo è il paese più ricco al mondo,<br />

dove la cultura, il teatro, sono la normalità<br />

e i tagli a questo settore non vengono<br />

neanche presi in considerazione. Le risorse<br />

ci sono e quindi tutto è più facile. Però è<br />

stupido ridurre la questione della cultura<br />

a un discorso di denaro. I finanziamenti<br />

destinati all’offerta culturale dovrebbero<br />

essere considerati come un investimento,<br />

non denaro speso. La Romania è in una<br />

posizione diametralmente opposta ma la<br />

cultura è ancora un valore. Anche perché<br />

se gli cominci a tagliare il teatro, a parte<br />

che ci sono dei registi bravissimi, non è<br />

che gli rimane proprio un gran che, voglio<br />

dire... In Croazia è un po’ come in Italia.<br />

L’economia cavalca l’onda del turismo e la<br />

cultura è una spesa che esula dalle scelte<br />

di ogni governo. E poi d’estate, in qualche<br />

campeggio, in qualche spiaggia, basta<br />

mettere un’orchestrina, uno zumba zumba<br />

e i turisti sono contenti...<br />

Chiude il teatro, non l’affare<br />

Quando eri venuto a fare la prima regia<br />

al DI, nel 2007, lamentavi il fatto che<br />

nel teatro italiano non c’era spazio per<br />

il rinnovamento. A distanza di qualche<br />

anno, è cambiato qualcosa nel rapporto<br />

della società con il teatro, con la<br />

cultura italiana nella sua globalità?<br />

L’impatto è peggiorato, evidentemente.<br />

Quando si comincia a tagliare, non si<br />

torna più indietro. Non ho mai visto<br />

un teatro chiudere e riaprire, una volta<br />

chiuso, è chiuso per sempre. Ho visto,<br />

invece, costruire supermercati nei teatri,<br />

ma non ho mai visto un teatro costruito in<br />

un ex supermercato.<br />

Oggi, in Italia, il dialogo è difficile<br />

anche sui più cruciali temi politici,<br />

economici, sociali, immaginarsi su<br />

quelli che riguardano la cultura... Come<br />

e quando credi che l’Italia potrà uscire<br />

da questa impasse?<br />

Guarda, se mi avessi fatto questa domanda<br />

due mesi fa, mi avresti trovato entusiasta<br />

di questo nuovo movimento dei grillini.<br />

Beh, adesso non lo sono già più. Penso a<br />

cosa ne è venuto fuori da queste ultime<br />

elezioni italiane, penso al centrodestra<br />

capeggiato da Berlusconi e da tutti i<br />

suoi avvocati, perché alla fin fine tutti<br />

i parlamentari italiani del centrodestra<br />

sono avvocati e non c’è un economista,<br />

non c’è gente della società civile. No, sono<br />

avvocati pagati dai contribuenti italiani<br />

per trovare gli escamotage con cui salvare<br />

Berlusconi. Quindi la parentesi si chiude.<br />

Anche nel centrosinistra, sicuramente,<br />

c’è una serie di personaggi ambigui, non<br />

è quello il punto. Il punto è che però alla<br />

testa del centrosinistra c’è un signore che<br />

si chiama Bersani, con una squadra di<br />

persone oneste, anzi, persone per bene<br />

(l’intervista è stata fatta prima delle<br />

vicende legate all’elezione del presidente e<br />

al mandato per il nuovo governo di larghe<br />

intese affidato a Letta, nda). Qual’è la<br />

grande scoperta? Che essere persone per<br />

bene e oneste non è più un valore. E allora<br />

la tua domanda mi mette molto in crisi<br />

perché questi valori, che dovrebbero essere<br />

tenuti sempre davanti a tutti, dalla gente<br />

normale, dalla gente che va a votare, non<br />

vengono riconosciuti. Nessuno dice che<br />

Bersani e il centrosinistra non sono onesti,<br />

dicono sì, è una persona brava e onesta, ma<br />

non lo votano. E allora già ti posso dire<br />

che Berlusconi, il quale due mesi e mezzo


del popolo<br />

la Voce<br />

fa poteva sparire dalla faccia della politica,<br />

tra 4-5 mesi sarà lì e vincerà ancora le<br />

elezioni... Tu mi parli di speranza, ma<br />

sinceramente non la vedo, perché questi<br />

nuovi arrivati, i grillini, con tutta la loro<br />

freschezza, la loro onestà, non hanno<br />

capito che la politica è una cosa molto<br />

più complicata e complessa e non basta il<br />

cuore.<br />

Tu sei a Fiume per la terza volta negli<br />

ultimi sei anni. Quali cambiamenti hai<br />

notato in questo arco di tempo?<br />

Non ho visto dei fondamentali<br />

cambiamenti, e dico per fortuna,<br />

perché in questi tempi negli altri Paesi<br />

cambiamenti ci sono stati, ma in peggio.<br />

In questi momenti non cambiare può<br />

essere una forma di resistenza, deve<br />

essere visto come un merito. Ma adesso<br />

davanti alle porte dell’Europa, per la<br />

Croazia ci sono nuove possibilità. La<br />

prima è di vedere l’adesione all’UE come<br />

un trampolino, come un’occasione. E<br />

non si può più pensare in termini Fiume,<br />

Trieste, Roma, ma Fiume, Trieste, Roma,<br />

Parigi, Amsterdam, cioè in termini di<br />

Europa. Quindi, se le minoranze ci sono,<br />

sono minoranze europee, e Fiume vale<br />

quanto un altro gruppo minoritario che<br />

sta dall’altra parte del Mediterraneo.<br />

Questa è la grande possibilità, la grande<br />

sfida, quella dell’apertura, del discorso tra<br />

persone diverse, di culture diverse. Ma se<br />

invece si vuole restare in disparte, isolati,<br />

si perde tutto.<br />

E il Dramma Italiano?<br />

C’è un grande passo da fare, anche di<br />

mentalità, di concezione artistica, e sono<br />

d’accordo con Laura Marchig. Non si può<br />

pensare che la compagnia della minoranza<br />

italiana debba fare solo testi italiani.<br />

L’Italia è grande e io che sono veneziano<br />

ho ben poco da spartire con un siciliano.<br />

Sento molto più vicine le persone che<br />

vivono in Istria o in alcune parti della<br />

Croazia e della Slovenia. Che poi pure<br />

l’Italia è fatta di tante minoranze, questa<br />

è la realtà. Minoranze o maggioranze,<br />

sempre nell’espressione positiva del<br />

termine. Quindi, in prospettiva credo<br />

che Fiume, e soprattutto l’Istria, con<br />

tutte le sue bellezze del territorio,<br />

architettoniche e storiche, che non sono<br />

da poco, potrebbe diventare veramente<br />

una capitale all’interno dell’Europa. E in<br />

questo contesto, la Comunità Nazionale<br />

Italiana dovrebbe venir usata come spinta<br />

verso l’Europa. Se invece sarà ridotta a<br />

riserva, saranno guai. Perché per le riserve<br />

a poco a poco i recinti te li fanno sempre<br />

più piccoli, non c’è niente da fare.<br />

Il teatro vive al presente<br />

Voltiamo pagina. Nelle note di<br />

intenzione di “8 donne e un mistero”<br />

scrivi che “Il tempo del teatro è il<br />

presente, inutile cercare nuove chiavi<br />

di lettura, non c’è nessuna porta da<br />

aprire”. Eppure l’idea di trovare una<br />

nuova chiave di lettura dei classici oggi<br />

è assai diffusa tra i registi. Tu, i classici,<br />

come li preferisci?<br />

Non so come dovrebbero andare messi in<br />

scena, ma la questione è un’altra. Il teatro<br />

è l’unica arte che si sviluppa nel presente,<br />

mentre tutte le altre, per alcuni versi,<br />

si dispiegano nel passato o nel futuro.<br />

Dimenticare questo significa dimenticare<br />

lo specifico dell’arte teatrale, con il<br />

rischio di perdere di vista quella che è la<br />

più autentica forma d’arte drammatica,<br />

e l’unica rimasta, la recitazione. Nel<br />

cinema, come abbiamo potuto ben<br />

vedere, abbiamo grandi registi, come<br />

Fellini stesso, che hanno lavorato, e molti<br />

continuano a lavorare, con dilettanti<br />

o amateur. Perché nel film puoi fare il<br />

montaggio, che nel teatro non c’è, sul<br />

palcoscenico tutto succede in live, errori,<br />

grazie, pene, gioie...<br />

Nel tuo teatro la fisicità, il gesto<br />

e la ricerca svolgono un ruolo<br />

fondamentale. È stato così anche per “8<br />

donne e un mistero”.<br />

Assolutamente sì. Con una stilizzazione<br />

dei personaggi, intanto, vedendoli più<br />

come forma di maschera o archetipica,<br />

ben lontano dal naturalismo, dal realismo.<br />

Anche tu, come l’autore del pezzo,<br />

Robert Thomas, ti sei divertito a<br />

mettere alla berlina le piccole ipocrisie<br />

della nostra “rispettabile” società.<br />

Ma questa piéce va vista come un<br />

condensato dell’universo femminile<br />

oppure riproduce meramente questa<br />

situazione molto particolare in cui<br />

vengono a trovarsi i personaggi di 8<br />

donne e un mistero?<br />

Non mi permetterei mai di andare a<br />

sondare un tipo di materia come può<br />

essere l’assassinio di un uomo. No, 8<br />

donne e un mistero è una commedia,<br />

quindi non c’è un’indagine sulla psicologia<br />

femminile. C’è invece quello sui motori<br />

della nostra società, del potere, che<br />

molto spesso fanno leva sulla paura. E<br />

per paura, come ci ha insegnato anche<br />

Michael Moore, la gente consuma, va nei<br />

supermercati, compera in abbondanza,<br />

cibo soprattutto. Abbiamo la crisi<br />

economica in tutta Europa, eppure i<br />

centri commerciali fioriscono. Posso<br />

anche capire che siano dei soldi sporchi<br />

che vengono investiti in queste strutture,<br />

ma la gente ci va, con un atteggiamento,<br />

un comportamento che corrisponde al<br />

desiderio di dimenticare la paura che<br />

viene seminata intorno a noi. La paura di<br />

perdere il lavoro, la paura di chi il lavoro<br />

l’ha già perso e quindi ne deve cercare un<br />

altro, la paura di non essere all’altezza,<br />

di essere impotente e quindi di perdere<br />

certi attributi. C’è poi la paura delle donne<br />

di non essere sufficientemente belle,<br />

magre, alte. E siamo di fronte a un vissuto<br />

fenomenico, generale, della paura, che<br />

è insita nell’animo umano, ma quando il<br />

potere ne fa uso, i risultati si traducono<br />

in commercio. Denaro, quindi. E questa<br />

commedia non può che parlare con un<br />

denominatore che lega queste donne, un<br />

discorso di interesse, quindi un discorso<br />

di soldi. In questo caso sono donne, ma il<br />

motore di ricerca visualizza risultati che<br />

sono uguali per tutti.<br />

Ci vogliono le doti, ma vince la via più<br />

facile<br />

Tu lavori pure come docente. Quanto<br />

e come è cambiato l’atteggiamento dei<br />

giovani aspiranti attori oggi, rispetto a<br />

dieci o vent’anni fa?<br />

È cambiato molto perché adesso la<br />

televisione e il cinema, ma soprattutto la<br />

televisione, danno molte opportunità di<br />

lavoro. Ma cinema e tv non richiedono<br />

grande professionalità, anzi, prediligono<br />

una buona dose di amatorismo, nel senso<br />

buono del termine. E quindi una certa<br />

spontaneità, che è molto più ricercata<br />

e premiata che non le doti dell’attore<br />

professionale, indispensabili invece a<br />

teatro. Però c’è un problema. A parte<br />

che facendo teatro in genere non diventi<br />

ricco, in questi tempi rischi proprio di<br />

martedì, 7 maggio 2013<br />

palcoscenico 3<br />

non arrivare a fine mese. Il problema dei<br />

giovani, per chiunque voglia fare il medico<br />

o l’attore, sono le scelte in funzione di<br />

dove potranno poi sviluppare la loro vita<br />

lavorativa, farsi una famiglia e continuare<br />

un discorso professionale. Così il teatro<br />

perde peso e quando gli aspiranti attori<br />

devono scegliere, preferiscono le vie più<br />

facili e più corte ed è difficile convincerli<br />

che il palcoscenico promuove anche altri<br />

e più alti valori. Lo sentono, ma poi, come<br />

dire, c’è la pagnotta a cui pensare...<br />

Hai fatto molte regie nel campo<br />

dell’opera lirica, Stravinsky, Rossini,<br />

Mozart, Gluck, Donizzetti, Hans Krasa,<br />

ma nessuna di Verdi...<br />

Non l’ho fatto perché non me l’hanno<br />

offerto, sto aspettando...<br />

E se ti venisse offerto, sceglieresti<br />

un allestimento tradizionale oppure,<br />

seguendo i mutamenti dei gusti, ti<br />

sentiresti autorizzato a promuovere<br />

una rilettura registica?<br />

Non lo so, ma penso che ogni opera abbia<br />

il suo messaggio e la sua sincerità. Quindi<br />

devi individuare quello che l’autore voleva<br />

trasmettere e seguire quella traccia, non<br />

sostituirti all’opera. Rispetto al teatro,<br />

dove il senso deve essere portato alla<br />

luce, quando lavori con la lirica hai un<br />

vantaggio, la musica. Che è l’arte per<br />

eccellenza, alla quale tutte le altre forme<br />

d’arte cercano di assomigliare. E quindi<br />

basta mettersi all’ascolto di cosa sta<br />

dicendo l’autore con la partitura, non<br />

certo con il libretto, e mettere questi<br />

valori in correlatività con la singola<br />

opera. Dunque, io non ho una chiave di<br />

lettura per il signor Verdi, che ha scritto<br />

più cose, in epoche diverse, con messaggi<br />

diversi. Che ogni volta vanno affrontate<br />

in maniera diversa. Poi tutto deve essere<br />

al servizio del pensiero di fondo che<br />

l’autore voleva trasmettere. Se ci vuole<br />

un rinnovamento, ci vuole. Non è più<br />

possibile affrontare un testo del teatro<br />

musicale come un oggetto del passato,<br />

non si può certo presentare una cosa come<br />

se fosse di un’altra epoca, la regia deve<br />

sempre essere in linea col tempo, con<br />

l’opera, con il teatro di oggi.<br />

Rivisitare senza paura<br />

Dunque, tu non sei contrario alle<br />

rivisitazioni registiche innovative, in<br />

chiave contemporanea?<br />

Non bisogna avere troppe paure, anche<br />

perché è cosa nota che all’epoca, metà<br />

delle opere hanno subito cambiamenti<br />

e tagli dell’ultima ora al momento<br />

dell’esordio, con arie che venivano<br />

sostituite a pochi giorni dalla prima, in<br />

funzione di chi era il cantante prescelto.<br />

Gli autori dell’epoca manipolavano il<br />

testo come fanno i drammaturghi adesso,<br />

non è mica un mistero. Lo stesso Verdi<br />

ha cambiato delle arie dipendentemente<br />

da chi avrebbe cantato alla prima, quindi<br />

adeguava lo spettacolo all’individualità<br />

del personaggio che il pubblico veniva a<br />

vedere. E allora, se l’autore stesso faceva<br />

questi interventi, non vedo perché non<br />

si possa fare la stessa cosa noi oggi.<br />

Il problema non è tanto cambiare per<br />

cambiare, ma è cambiare seguendo il<br />

segno dell’opera, il segno della musica.<br />

E sappiamo benissimo che molte volte i<br />

libretti sono solo dei pretesti. All’interno<br />

si trovano spesso delle contraddizioni,<br />

escono lettere che non ricompaiono più,<br />

non si capisce come un personaggio abbia<br />

avuto quell’informazione là e simili. Ne<br />

è pieno Rossini, dal Barbiere di Siviglia<br />

a Cenerentola. L’arte dell’opera è un’arte<br />

musicale, l’arte del canto, è quello che<br />

domina. Tutto il resto viene in secondo<br />

piano, regia, scene, costumi e libretto. È<br />

musica e bisogna seguire la logica della<br />

musica.<br />

Parlando di trucco, scene e costumi,<br />

dicevi di aver trovato un’altissima<br />

professionalità nelle maestranza e nei<br />

laboratori del Teatro Zajc di Fiume.<br />

Hanno un artigianato, un savoir-faire,<br />

che sono autentiche ricchezze, di cui alla<br />

volte ci si dimentica. Se questi mestieri,<br />

queste esperienze non verranno trasmesse<br />

opportunamente ai giovani, in futuro<br />

per le produzioni teatrali saranno guai<br />

seri. Capisco che qui, come in tantissimi<br />

altri teatri stabili, è difficile mantenere<br />

queste strutture mastodontiche. Che<br />

però andrebbero considerate alla stregua<br />

dei servizi pubblici, come gli ospedali,<br />

le farmacie. È sbagliato paragonarle al<br />

turismo, all’archeologia. No, la cultura<br />

dovrebbero metterla nello stesso ministero<br />

della sanità. Così ci si ricorderebbe che ha<br />

una funzione altrettanto salutare, anche<br />

se cura altre cose, che non sono dei corpi.


del popolo<br />

4 la Voce<br />

martedì, 7 maggio 2013 del popolo<br />

la Voce<br />

DRAMMA ITALIANO<br />

di Carla Rotta<br />

8 DONNE<br />

E UN MISTERO<br />

LA cOMMEDIA NOIRE DI RObERT ThOMAS cONDITA DI<br />

gROTTEScO, fARSA, MUSIcAL/bALLETTO E cINEMA.<br />

pARTIcOLARMENTE SUggESTIvE LE ScENE: UNA cASA<br />

ARMADIO pRIgIONIERA DI RAgNATELE<br />

Una commedia noire per il Dramma<br />

Italiano. “8 Donne e un mistero”<br />

di Robert Thomas, testo diventato<br />

anche (celebre) film musicale per la<br />

regia di Françoise Ozon e un cast très<br />

important: Catherine Deneuve, Fanny<br />

Ardant, Isabelle Huppert, Virginie<br />

Ledoyen, Emmanuelle Beart e così<br />

magnificando. La regia teatrale porta<br />

invece la firma di Toni Cafiero.<br />

Sul palco tutto comincia come da copione<br />

(è il caso di dirlo), in un ambiente noire<br />

fin da subito. Siamo in una decadente<br />

villa di campagna, isolata, scricchiolante,<br />

sommersa dalla neve. Abitata da otto<br />

donne e un uomo, che in essa, e nel<br />

momento nel quale si assiste alla<br />

commedia, ha finito la sua vita terrena.<br />

Morto assassinato nel suo letto. Chiamare<br />

la polizia è la prima cosa da fare, ma non<br />

si può: i fili del telefono sono tagliati.<br />

Uscire dalla villa e andare personalmente<br />

al commissariato? Sì, sarebbe la seconda<br />

cosa da fare. Ma non si può nemmeno<br />

questo: il cancello è bloccato. Le cose si<br />

complicano.<br />

Restano così isolate, ostaggi di una<br />

situazione insostenibile, otto donne:<br />

figlie, madri, mogli, cognate, suocere,<br />

amanti... insomma, sono incatenate con<br />

catene multiple e incrociate, pesanti e<br />

ingombranti. Ma la situazione insostenibile<br />

non è solo quella del non poter comunicare<br />

con l’esterno, è quella della comunicazione<br />

interna. Somma, sottrai, dividi, moltiplica,<br />

la conclusione è univoca: l’assassina è una<br />

di loro. Ed allora, rifacendo i conti, ci si<br />

ritrova sì con otto donne, ma anche con<br />

un’assassina. L’atmosfera si fa pesante di<br />

sospetti, male parole, rinfacci.<br />

Gaby è rimasta vedova. Ma tanto, prima<br />

che il marito passasse a miglior vita (e<br />

per come è Gaby, sul fatto che la vita<br />

sarebbe stata migliore non nutriamo<br />

dubbio alcun), voleva andarsene con<br />

l’amante. Socio del marito, peraltro.<br />

Suzon, la figlia, in effetti non è sua<br />

figlia, pur essendo nata nel matrimonio<br />

(complimenti Gaby!). Non bastasse,<br />

è incinta del presunto padre, fresco<br />

di accoltellamento. Augustine, sorella<br />

racchia di Gaby, ha sognato e sospirato<br />

l’amore con e per il defunto cognato, dopo<br />

aver tarpato le ali per assistere la madre<br />

(Mamy, donna impersonata da un attore:<br />

Giuseppe Nicodemo). C’è la domestica<br />

Chanel, invaghita della sorella del defunto,<br />

Pierrette. Una tipa che raccomandiamo.<br />

E c’è Luoise, la cameriera, amante<br />

dell’assassinato. Ed infine Catherine, la<br />

figlia fragile, che nessuno vede ma che<br />

tutto vede e sente.<br />

Insomma, dopo un sacco e una sporta di<br />

veleno sparso a fuoco incrociato, tutto<br />

crolla sulle spalle di Catherine, che ha<br />

sentito tutte le storie di amantinaggio,<br />

soldi, illeciti, tresche ed altro e che in<br />

accordo con il padre vuole fare confessare<br />

a quel po’ po’ di donne per niente gentili.<br />

Inscena l’omicidio, così il padre potrà<br />

sentire quello che le abitanti della casa,<br />

sdoganate dalla sua presenza si diranno<br />

senza freni. Il mistero della prima morte<br />

diventa così un’ecatombe: il morto, vivo<br />

e nauseato dalla verità, ucciderà tutte.<br />

Svelato il mistero, restano otto donne. Ma<br />

in quali condizioni!<br />

Un noire noire? No. Un pezzo giocato<br />

su stratificazioni, tanto che c’è il teatro<br />

teatro, il grottesco, la farsa, il musical/<br />

balletto, il cinema con il video finale, da<br />

film muto, con le scene... velocizzate (e<br />

graffiate) e i fumetti.<br />

Le scene sono semplicemente ottime:<br />

una casa/armadio con porte e porticine<br />

disturbate da fitte ragnatele con la coda<br />

lunga. Stanze nelle quali da tempo<br />

nessuno mette(va) piede, come facciamo<br />

noi con i cassetti dell’anima, quelli che<br />

lasciamo chiusi perché affrontare quello<br />

che vi abbiamo riposto chiede fatica e forse<br />

qualche lacrima.<br />

I personaggi sono forse un po’ troppo<br />

caratterizzati. La cameriera si scopre<br />

bugiarda, ma forse non serviva il naso<br />

lungo. Catherine ascolta e origlia, ma lo<br />

avevamo capito anche senza le orecchie<br />

che la fanno assomigliare più alla cugina<br />

di Topolino... Forse eccessivi, ma vabbé<br />

che grottesco è grottesco anche quel paio<br />

di fondoschiena... grotteschi. Enormi.<br />

deformi. Forse c’erano troppe cose da<br />

leggere. Come dire, troppa carne sul fuoco<br />

e qualche bordo allora può bruciacchiare.<br />

In effetti, la cosa è un po’ strana. In ogni<br />

singolo elemento la messinscena è da<br />

lode. Nell’insieme (opinione personale<br />

personalissima) a lasciare un po’ così non<br />

è un qualcosa che manca, ma un qualcosa<br />

di troppo. Con tutti i complimenti del<br />

caso al regista, Toni Cafiero, a Giuseppe<br />

Nicodemo (Mamy), Elvia Nacinovich<br />

(Gaby), Miriam Monica (Catherine), Elena<br />

Brumini (Suzon), Anastazija Balaž Lečić<br />

(Augustine), Alida Delcaro (Chanel),<br />

Sabina Salamon (Louise) e Rosanna<br />

Bubola (Pierrette). E a Stefano Katunar<br />

(scene), Sandra Dekanić (costumi), Vlaho<br />

Prohaska (musiche), Martino Sesnić<br />

(video)


del popolo<br />

palcoscenico la Voce<br />

martedì, 7 maggio 2013 5<br />

MAGGIO UDINESE «MI VEN DI RIDI»<br />

DA MARTE PER FAR RIDERE<br />

GlI UOMINI SONO INFANTIlI, PIGRI, AbITUDINARI<br />

E SEqUENzIAlI. lE DONNE SONO MUlTITASkING,<br />

MUlTIFUNzIONAlI, IN cONTINUA EVOlUzIONE,<br />

PIÙ SENSIbIlI, cURIOSE.<br />

qUANDO lEGGONO UN lIbRO PORTANO A TERMINE<br />

lA lETTURA. GlI UOMINI PREFERIScONO FERMARSI<br />

AllA PREFAzIONE<br />

Paolo Migone, comico e cabarettista, si è fatto conoscere dal vasto<br />

pubblico grazie agli sketch nello show di Canale 5 “Zelig”, a partire<br />

dal 2000. È lo scienziato pazzo dall’occhio nero, quello che mette in<br />

scena la quotidianità, estremizzandola, ma non troppo. Nato a San<br />

Paolo del Brasile il 23 giugno 1958, da madre piemontese e padre<br />

genovese, è cresciuto a Livorno; ha svolto svariati corsi di teatro.<br />

Ha frequentato la scuola di Philippe Blancher e di Yves Lebreton.<br />

Ha creato un personaggio dal tipico occhio nero e dalla visione<br />

pessimistica delle cose che vanno dalla vita di coppia alla frenetica<br />

vita della metropoli milanese, alle ingiustizie della società italiana.<br />

Nel 2012 ha vinto il Delfino d’oro alla carriera come miglior<br />

cabarettista dell’anno (Festival nazionale adriatica cabaret).<br />

donna è il cubo di<br />

Rubik; l’uomo le mani che “La<br />

lo maneggiano e non ci<br />

capiscono nulla.”<br />

Questa la battuta finale dello show,<br />

una frase enigmatica (ma non troppo)<br />

per sintetizzare lo spettacolo proposto<br />

giorni fa da Paolo Migone al Teatro<br />

Nuovo Giovanni da Udine, primo<br />

appuntamento della Rassegna comica<br />

del Maggio udinese “Mi ven di ridi”.<br />

“Gli uomini vengono da Marte, le donne<br />

da Venere”, adattamento teatrale del<br />

best seller di John Gray, lo possiamo<br />

catalogare come cento minuti di one<br />

man show oppure – e sicuramente –<br />

come cento minuti di risate. Di quelle<br />

sincere, esplosive, che sgorgano dal<br />

profondo del nostro essere. Sarà<br />

perché le situazioni proposte ci toccano<br />

da vicino, perché in tutto quello<br />

che il comico livornese ha messo in<br />

scena ci ritroviamo pienamente. Un<br />

mondo, dunque, che ci è noto eccome;<br />

situazioni che nella maggior parte dei<br />

casi abbiamo vissuto un po’ tutti e<br />

continuiamo ancora a cozzarci contro:<br />

è la vita di coppia, una quotidianità<br />

illustrata attraverso le principali<br />

differenze di funzionamento tra uomo<br />

e donna, tenendo presente pure il<br />

confronto generazionale.<br />

La scena è semplice, per non dire<br />

scarna. Quanto basta. Una cattedra<br />

universitaria, una sedia, uno sgabello…<br />

e lui, lo scienziato con il camice bianco,<br />

da professore sapientone, con il keynote<br />

e il telecomando che avvia immagini<br />

sulla lavagna luminosa, per una lezione<br />

universitaria.<br />

“Ma la cosa buona è che non interrogo.<br />

Spiego e basta”, puntualizza il<br />

“professore”. Si muove in sintonia<br />

con le luci, con i suoni, non a caso,<br />

anche se a volte sembra che vada<br />

improvvisando. Oltre a mutare accento<br />

e parlata, sembra danzare sulla scena.<br />

Ma... a fare che cosa? A imitare e a<br />

mimare le varie situazioni coniugali che<br />

descrive, estrapolate, appunto, dal best<br />

seller dello psicoterapeuta americano,<br />

che ha venduto oltre 50 milioni di<br />

copie ed è stato tradotto in quaranta<br />

lingue. Sfoggiando il suo solito muso<br />

lungo, un po’ stralunato, gli occhi pesti<br />

(non risalta l’occhio nero, come siamo<br />

abituati a vederlo a “Zelig”). A tratti si<br />

muove quasi come un cartone animato.<br />

Migone traduce lo psicologo a modo<br />

suo, immergendo le verità in tanta<br />

comicità e raccontandole con quello<br />

spirito ironico e, a volte, anche un po’<br />

amaro. E racconta del rapporto tra<br />

uomo e donna - argomento sempre<br />

attuale che non sembra debba avere<br />

scadenze - e di come, nonostante i<br />

tempi, non sia cambiato di una virgola,<br />

ambedue sempre arroccati nelle loro<br />

posizioni. Giuste! E mette in luce gli<br />

aspetti assurdi e gli errori commessi<br />

da entrambi i sessi nel corso del loro<br />

“viaggio insieme”.<br />

Lo spettacolo illustra tanti momenti<br />

che dovrebbero far comprendere l’altro<br />

sesso, in modo scherzoso e ironico,<br />

con situazioni che spesso diventano<br />

fonte di discordia; errori che vengono<br />

illustrati secondo le teorie di Grey, ma<br />

sempre in modo esilarante e spassoso.<br />

E nessuna verità è assoluta. Il risultato<br />

è un’incomunicabilità che non vede<br />

sbocco, ma non perché vogliamo che sia<br />

così: tutto ciò deriva dalle irrimediabili<br />

differenze fra i due sessi. Perché l’uomo<br />

arriva da Marte e la donna da Venere!<br />

Da parte sua, il comico offre nel suo<br />

spettacolo buoni consigli alle coppie<br />

per aiutarle a superare le avversità,<br />

comprendersi senza irritarsi, a<br />

rapportarsi a vicenda, evitando di fare<br />

battaglie inutili. In poche parole, a<br />

comprendere l’incomprensibile!<br />

Ma... per quale dei due sessi tifa<br />

veramente? Nella maggior parte dei<br />

casi presenta l’uomo come “vittima”.<br />

“Noi siamo molto infantili, molto pigri,<br />

abitudinari, sequenziali – afferma<br />

Migone -. Se dici all’uomo di mettere a<br />

scaldare l’acqua sul fuoco, lui lo farà:<br />

metterà la pentola con l’acqua sul gas e<br />

aspetterà immobile davanti al fornello,<br />

finché vedrà l’acqua bollire! La donna,<br />

in quel tempo, farà altre dieci cose. E<br />

si dimenticherà dell’acqua! La donna<br />

è… multitasking, multifunzionale, in<br />

continua evoluzione. Le donne sono<br />

esseri più evoluti, più sensibili; curiose.<br />

Loro portano a termine la lettura del<br />

libro che leggono. Noi ci fermiamo alla<br />

prefazione…”<br />

Non per niente Migone, lo scienziato,<br />

ci tiene a ricordare: “L’87 per cento<br />

della persona che ami è acqua. Dunque,<br />

quando ci litighi è comi se litighi con<br />

due taniche di 25 litri. È tempo perso!”.<br />

Soluzione: ridi che ti passa? Non passa,<br />

ma almeno finché ridi ti ricarichi. E con<br />

Paolo Migone è stato un divertimento<br />

puro!<br />

Ardea Stanišić


del popolo<br />

martedì, 7 maggio 2013 6 palcoscenico<br />

la Voce<br />

RECENSIONE<br />

di Emanuela Masseria<br />

SINCERAMENTE<br />

BUGIARDI<br />

Erano gli anni ‘60 di una disinvolta<br />

Inghilterra, sulle soglie di un<br />

cambiamento epocale, quelli di<br />

“Relatively speaking” di Alan Ayckbourn,<br />

ed oggi sono gli anni 10’ di una confusa<br />

Italia, quelli di “Sinceramente bugiardi” di<br />

Piergiorgio Piccoli. Il che si può accordare<br />

perfettamente, visto che ormai i costumi<br />

potrebbero essere ampiamente parificati<br />

in entrambe le nazioni. Sul palco del<br />

Kulturni dom di Gorizia è andata in<br />

scena una versione moderna e ancora<br />

attuale di una tipica e famosa commedia<br />

degli equivoci, incentrata su tradimenti,<br />

bugie e finti conformismi che diventano<br />

luogo ideale dove seppellire varie virtù.<br />

Lo spettacolo è un classico del teatro<br />

contemporaneo, opera di uno dei migliori<br />

autori nel suo genere, Alan Ayckbourn,<br />

drammaturgo contemporaneo inglese.<br />

Per questa nuova versione ha lavorato<br />

la compagnia NAUTILUS di Vicenza. I<br />

protagonisti sono i componenti di due<br />

coppie – una matura e disincantata,<br />

l’altra giovane e acerba – le cui vicende<br />

si intersecano in un frizzante crescendo<br />

di esili bugie, involontarie verità,<br />

malintesi, scappatelle e colpi di scena,<br />

sempre contenuti nei limiti di una satira<br />

che non diviene mai caricaturale. A fare<br />

la differenza è la declinazione inglese<br />

dell’essere in bilico tra rigidità borghese<br />

e ammissione plateale del vizio, tra<br />

distacco ironico e accessi di follia, pur di<br />

riportare i vari intrecci ad un ipotetico<br />

equilibrio. Emergerà alla fine il quadro<br />

contraddittorio di una borghesia che in<br />

privato si accontenta, che sceglie il male<br />

minore, sia agli inizi che nel proseguire<br />

della vita di coppia, quasi sempre piena<br />

di compromessi e funzionante solo<br />

attraverso particolari stratagemmi.<br />

Buona la sinergia degli attori in scena,<br />

che tuttavia riescono meglio nella parte<br />

comica in alcuni casi, a volte meno<br />

nella parti dove è richiesta una verve<br />

tagliente e introspettiva. Nel complesso,<br />

alcuni picchi sono innegabili, a partire<br />

dell’esordire sulle scene di Ginny<br />

(Daniela Padovan), vestito giallo e<br />

capello biondo liscio, giovane ma già<br />

professionista nell’elaborazione di tresche.<br />

L’ambientazione è allegra, carica di quella<br />

energia colorata degli anni ‘60, tra forme<br />

geometriche e nuance acide e plastificate.<br />

L’aspirante marito di Ginny, Greg (Daniele<br />

Berardi) è un tipo geloso, non troppo<br />

avvenente, insicuro e sulle tracce di<br />

una misteriosa presenza maschile che<br />

proprio non gli torna. D’altronde, Ginny<br />

fin dal primo incontro aveva capito che<br />

Greg non era esattamente un Adone,<br />

ma, carica di disincanto, si era lasciata<br />

sedurre da questo giovane un po’ goffo<br />

e dalle doti mediocri. In apertura i due<br />

giovani discutono animatamente nel<br />

loro salotto. Lei si sta preparando ad<br />

un weekend fuori casa, cercando di<br />

ignorare le lamentele del compagno. La<br />

scusa ufficiale è che Ginny deve andare<br />

a trovare i suoi, poco lontano da Londra,<br />

ma è chiaro fin da subito che vuole<br />

tenere lontano Greg da questo progetto,<br />

nonostante siano prossimi al matrimonio<br />

(dopo tre settimane di relazione) e non ci<br />

sia stata nessuna presentazione ufficiale<br />

con i genitori di lei. Qui si insedia un<br />

piccola dramma, che alla fine chiuderà<br />

anche lo spettacolo, attraverso l’entrata<br />

in scena di un paio di ciabatte di origine<br />

sconosciuta. Queste vengono trovate<br />

sotto il letto da Greg, che proprio non<br />

si motiva queste calzature numero 44,<br />

visto che lui porta il 40. Facendo le<br />

valigie e tergiversando annoiata, Ginny<br />

non darà una vera e propria spiegazione.<br />

Quel che è peggio è che nel mentre<br />

suona per l’ennesima volta il telefono.<br />

La risposta di Ginny non convince per<br />

niente Greg, che trova che la fidanzata<br />

risponde sempre con strani monosillabi<br />

alle numerose telefonate di quel periodo.<br />

La tensione va poi in crescendo quando<br />

salta fuori un bigliettino con un indirizzo:<br />

“Villa dei Salici - Pendon di Sotto -<br />

Buckinghamshire”. Ginny si affretta<br />

ad attribuire l’appunto all’imminente<br />

visita alla casa dei propri genitori, pur<br />

mangiandosi di nascosto poco dopo il<br />

foglietto incriminato. La faccenda inizierà<br />

a complicarsi molto di più alla partenza<br />

di Ginny.<br />

Lo scenario intanto cambia, siamo in<br />

un esterno giorno tipicamente inglese,<br />

dove spunta la coppia agèe formata<br />

da Sheila (Gigliola Zoroni) e Philip<br />

(Carlo Properzi Curti). La relazione<br />

matrimoniale, disincantata e vissuta,<br />

tra due dei protagonisti, costituisce il<br />

contraltare di quella che unisce gli altri<br />

due personaggi, Greg e Ginny, giovani<br />

fidanzati alle prese con le scaramucce di<br />

un rapporto ancora acerbo. Hanno però<br />

una cosa in comune: anche Philip è geloso<br />

della moglie e delle numerose lettere che<br />

riceve “anche al sabato e alla domenica”.<br />

Ma ormai gli anni sono passati, e nei<br />

momenti di tensione Philip ricorre all’orto<br />

e alla ricerca del suo annaffiatoio, più<br />

interessato a far dire alla moglie la verità<br />

per puntiglio che per reale passionalità.<br />

In questo Sheila è determinante, con<br />

quella sua aria fredda e insieme svagata,<br />

un gran punto forte dello spettacolo<br />

insieme allo stesso Philip, che è comunque<br />

un’ottima spalla per tutti i personaggi<br />

“sinceramente bugiardi”per l’occasione.<br />

Il suo ruolo è determinante anche perché<br />

pian piano si scopre che lui in realtà è<br />

l’amante di Ginny, ignaro di quel che sta<br />

RECENSIONE<br />

fIONA<br />

Trieste. Politeama Rossetti. Sala<br />

Bartoli. Sulla scena c’è Sandro,<br />

un uomo che ha realizzato<br />

un reality show di grande successo.<br />

Lo spettacolo televisivo porta i suoi<br />

partecipanti a gesti estremi; tra questi<br />

sesso tra la belloccia del programma<br />

e un paraplegico in sedia a rotelle.<br />

Sandro è sposato con Lena, che conosce<br />

sin dai tempi dell’università. Lei<br />

insegna Storia Bizantina, è una donna<br />

tosta, impegnata. I due hanno adottato<br />

una bimba, Fiona, scoprendo poi che<br />

è autistica. Disagio e disperazione<br />

provocano in Sandro una lacerazione<br />

così grande da farlo diventare un pazzo<br />

criminale: confezionare una bomba<br />

leggendo le istruzioni da un manuale<br />

tratto da Internet, tanto è così che<br />

tutti i terroristi del mondo lavorano,<br />

metterla in un panciotto della bambina,<br />

posizionarla poi in un supermercato<br />

e attendere che esploda da qualche<br />

parte, come accadde veramente<br />

con l’Unabomber di qualche anno<br />

fa, che per un lungo periodo sparse<br />

devastazioni in una certa area del<br />

Nordest. Di quest’ultima scena scorrono<br />

le immagini su un video e il regista<br />

lascia allo spettatore di intendere se la<br />

bomba verrà veramente lasciata lì, se lo<br />

scoppio avverrà, se è tutta una finzione<br />

COMMEDIA DEGlI EqUIvOCI, UN ClASSICO DEl TEATRO<br />

CONTEMPORANEO, PER METTERE A NUDO TRADIMENTI,<br />

BUGIE E fINTI CONfORMISMI: COSTUMI AMPlIAMENTE<br />

PARIfICATI IN TUTTE lE GEOGRAfIE<br />

per succedere. Mentre è tranquillo nel suo<br />

orto, si presenta sulla porta di casa Greg<br />

e trova Sheila, che con grande cortesia<br />

lo fa entrare, pur non sapendo chi sia in<br />

realtà. Greg si presenta a Villa dei salici<br />

pensando di fare una gradita sorpresa<br />

a Ginny. Scambiandolo per un amico di<br />

Philip, fa le dovute presentazioni al marito<br />

e poi li lascia soli per andare a preparare<br />

il pranzo. A quel punto Greg penserà di<br />

fare una proposta di matrimonio ufficiale<br />

a quello che pensa sia il padre di Ginny, il<br />

quale, del tutto all’oscuro della situazione,<br />

crede che il giovane sia l’amante segreto<br />

della moglie. Con grande contegno,<br />

Philip spiegherà di non aver niente in<br />

contrario a cedere la moglie per una<br />

convivenza, ma mette in chiaro che un<br />

matrimonio è fuori discussione, anche<br />

per via delle ristrettezza economiche<br />

di Rossana Poletti<br />

mentale o se nel teatro è realtà.<br />

Voi penserete che questa storia<br />

così drammatica, così condensata<br />

di tante disastrose situazioni<br />

attuali, che Mauro Covacich ha ben<br />

descritto nel suo romanzo edito da<br />

Einaudi, sia chiaramente visibile e<br />

comprensibile nello spettacolo allestito<br />

in sala Bartoli, produzione del Teatro<br />

Stabile del Friuli Venezia Giulia<br />

per la regia di Andrea Liberovici.<br />

Non è così. Ci si mettono quaranta<br />

minuti per comprendere almeno in<br />

parte la storia che Orlando Cinque<br />

cerca faticosamente di raccontare.<br />

Infatti Cinque è il protagonista<br />

Sandro, che racconta di sé, del suo<br />

programma, della sua famiglia, di<br />

Fiona: spezzoni di libro, pezzi di<br />

narrazione, incastonati da apparizioni<br />

della moglie, interpretata da Irene<br />

Serine, che compare in riquadri sulle<br />

pareti laterali, che si illuminano e<br />

permettono di vedere le figure in<br />

trasparenza. Altre volte si odono voci e<br />

dialoghi: la belloccia che viene istigata<br />

a fare sesso col ragazzo infermo. “Dai<br />

sarà la tua fortuna per un bel pezzo,<br />

potrai fare altre cose ben pagate,<br />

avrai visibilità e ti chiameranno per<br />

spettacoli più importanti, sarà il tuo<br />

trampolino di lancio” e altre cose così.<br />

Altri colleghi di Sandro discutono<br />

sull’opportunità di mandare in video<br />

sempre la stessa scena estrema: chi<br />

dissente, chi conferma l’importanza,<br />

la validità, chi semplicemente predice<br />

il successo dell’operazione. E ancora<br />

appare anche lei in trasparenza: la<br />

belloccia, la giovane attrice Caterina<br />

Luciani, con i suoi bei seni e le sue<br />

di Greg. Ma se questo primo equivoco<br />

lentamente si dipana, irrompe poi nel<br />

terzetto Ginny, intenzionata a svelare a<br />

Sheila la sua relazione con Philip. Si può<br />

solo immaginare la sua reazione quando<br />

invece si troverà di fronte Greg. Tra<br />

battute e situazioni paradossali, Philip<br />

riuscirà a fingersi il padre di lei, mentre<br />

gli altri due si trovano via via in una serie<br />

di dialoghi sempre più assurdi e al limite<br />

della ragionevolezza. Lo spettacolo si<br />

chiude con Sheila e Philip che rimangono<br />

soli con la valigia dimenticata di Ginny.<br />

Aprendola si rovesceranno a terra un<br />

gran numero di ciabatte, come ultimo<br />

indizio rivelatorio sulla natura della<br />

proprietaria e di come andranno a finire<br />

certe relazioni. Divertente insomma, ma<br />

probabilmente solo per gli attori, i registi<br />

e gli spettatori.<br />

fattezze, che mostrerà anche davanti<br />

alla scena, ben visibile non mediata<br />

da scure trasparenze delle quinte.<br />

D’altronde si suppone abbia fatto sesso<br />

con un paraplegico, cosa volete che<br />

sia un po’ di nudo qua e là, è la logica<br />

dell’oggi, della donna che si fa strada<br />

vendendo un po’ così e un po’ colì il<br />

proprio corpo.<br />

Andrea Liberovici si sarà<br />

probabilmente innamorato dell’idea di<br />

biomeccanica teatrale di Mejerchol’d,<br />

dell’attore marionetta che agisce<br />

rigorosamente sotto “dettatura”,<br />

svuotato di ogni personale sensibilità<br />

e interpretazione, dedito solo alla<br />

riproduzione della volontà di chi<br />

dirige. Assistiamo così ad uno<br />

spettacolo frantumato, per troppo<br />

tempo incomprensibile, che ingenera<br />

fastidio. Innegabile che potesse essere<br />

proprio questa la volontà di Liberovici,<br />

infastidire per meglio far sentire il<br />

“fastidio”, scusate il bisticcio di parole,<br />

del vivere d’oggi, la pesantezza di un<br />

mondo troppo complesso che, sotto le<br />

apparenze di successo e rispettabilità,<br />

nasconde disagio e devianza. Chissà!<br />

Le scene sono di Irene Novello, un<br />

tavolo abbastanza sfasciato, una luce<br />

sovrastante, un pentolino d’alluminio<br />

sul quale cade una goccia d’acqua, una<br />

tortura cinese. Gli arnesi del mestiere<br />

del terrorista. Tutto attorno nero e buio:<br />

le luci sono di Paolo Giovannazzi e il<br />

suono di Carlo Turretta, ogni tanto un<br />

aereo ci sorvola, col rombo assordante<br />

dei caccia americani che stazionano alla<br />

base di Aviano, un rumore assordante<br />

che ti entra dentro e ti squarcia<br />

orecchie e petto.


del popolo<br />

la Voce<br />

RECENSIONE<br />

GIPSY<br />

Trieste. Politeama Rossetti. Vaudeville,<br />

chi è costui? Genere teatrale nato<br />

in Francia a fine Settecento, nel<br />

quale alla commedia leggera in prosa si<br />

alternano strofe cantate su arie conosciute.<br />

Dall’Europa crebbe di popolarità,<br />

diffondendosi anche nel Nord America a<br />

cavallo tra ‘800 e ‘900, finché l’avvento<br />

del film sonoro e della radio ne obliarono<br />

la fama. Così recitano in sintesi più o<br />

meno le enciclopedie. Loretta Goggi, nella<br />

sua ultima impresa teatrale, racconta di<br />

Gypsy, artista americana realmente esistita,<br />

che visse ed operò nell’epoca in cui il<br />

vaudeville era appunto alla fine. La Goggi<br />

interpreta l’ingombrante figura di Rose,<br />

madre di due giovani, che istruisce fin da<br />

piccole affinchè diventino grandi artiste.<br />

Lo fa con cipiglio fiero ed un’invadenza<br />

proverbiale, che la farà cacciare spesso<br />

e volentieri dai palcoscenici di mezza<br />

America, convinta di essere l’unica in<br />

grado di far fare grande teatro alle figlie,<br />

riuscendo invece a produrre mediocri<br />

spettacoli per modesti teatri di periferia.<br />

È una donna, Rose, che avrebbe voluto<br />

essere una diva, aveva enormi ambizioni,<br />

che in realtà non è mai riuscita a<br />

soddisfare, riversando sulle bambine tutto<br />

il furore possibile. Delle due sorelle, June,<br />

la prima, abbandonerà la madre molto<br />

RECENSIONE<br />

martedì, 7 maggio 2013<br />

palcoscenico 7<br />

di Rossana Poletti<br />

IN GIRO PER<br />

tEatRI SullE alI<br />

dEll’ambIzIONE alla<br />

RICERCa dEll’aPPlauSO<br />

presto, allettata dall’offerta di un importate<br />

produttore che la farà realmente diventare<br />

una brava attrice. La seconda, Louise,<br />

non è mai stata particolarmente al centro<br />

dell’attenzione di Rose. Non le sembra<br />

sufficientemente glamour, non vede il<br />

talento che cela sotto gli abiti maschili e<br />

un atteggiamento remissivo. In difficoltà<br />

con il loro spettacolo, la combriccola,<br />

composta da Rose e Herbie, un manager<br />

perennemente innamorato di lei, la piccola<br />

Louise e pochi altri giovani, approda in<br />

teatri sempre più malfamati; fino all’ultimo<br />

dove, per alcuni fortuiti motivi, Louise<br />

scoprirà di avere talento per il burlesque,<br />

diventando così la famosa Gypsy Rose Lee,<br />

la regina dello spogliarello. Gypsy come gli<br />

zingari, girovagando da un teatro all’altro<br />

alla ricerca dell’applauso, portando musica<br />

e divertimento al pubblico. Loretta Goggi<br />

è come e più del solito grandissima sul<br />

palcoscenico, forse troppo ampio per una<br />

scenografia alquanto contenuta, proprio da<br />

vaudeville. Sfoggia una splendida forma<br />

e propone una voce lievemente arrochita<br />

che aggiunge sostanza al personaggio in<br />

cui è calata, circondata da un nutrito cast<br />

giovane. Della commedia musicale ciò che<br />

brilla di meno in realtà sono le musiche.<br />

Stephen Sondheim, compositore e<br />

commediografo americano è ricordato per<br />

di Emanuela Masseria<br />

NaSCOStO dOVE C’È PIÙ luCE<br />

L’ultimo lavoro, comico e biografico,<br />

di Gioele Dix, ti conquista facilmente<br />

sul piano emozionale, ma riesce<br />

a solleticare anche la mente senza che<br />

questa sia la sua primaria ambizione. Ed<br />

è un grande pregio, perché sulla scena<br />

l’autore è capace di divertire la platea e poi<br />

di farla pensare a grandi temi senza sforzi<br />

né forzature. Queste le prime impressioni<br />

raccolte dopo “Nascosto dove c’è più luce”,<br />

testo scritto e interpretato da Gioele Dix<br />

e andato in scena a Gorizia come unica<br />

data regionale. Tanti i registri toccati da un<br />

personaggio che si guarda indietro e che<br />

a 57 anni può permettersi di raccontare<br />

le proprie idiosincrasie, includendo quello<br />

che ama e quello che proprio non sopporta<br />

più. Un diario di annotazioni e memorie,<br />

in bilico fra verità romanzate e bugie più<br />

che plausibili. Cronache esilaranti e amare,<br />

in perenne altalena fra riso e pianto, fra<br />

minuzie e massimi sistemi.<br />

“Nascosto dove c’è più luce” è uno<br />

spettacolo in cui il flusso ininterrotto dei<br />

pensieri del protagonista si trasforma<br />

a vista nel copione di una commedia,<br />

perché “è il frastuono dell’esistenza a<br />

generare sempre le battute migliori”.<br />

Sulla scena concretamente astratta di<br />

Francesca Pedrotti, le musiche e i suoni a<br />

volte celestiali, a volte metallici di Savino<br />

Cesario e l’elegante disegno di luci di<br />

Carlo Signorini contribuiscono al nuovo<br />

progetto teatrale di Gioele Dix. Il palco è<br />

un luogo abbastanza scarno, che sembra<br />

tornar utile come schermo introspettivo<br />

dal quale escono vari personaggi che Dix<br />

interpreta, costruiti e decostruiti nella sua<br />

storia personale. In questo ci potrebbe<br />

essere la prospettiva di vita di ognuno<br />

di noi, se si pensa alle personalità che<br />

abbiamo vissuto nelle diverse stagioni<br />

della vita o a quelle che abbiamo solo<br />

tratteggiato in certi periodi, sfumate o<br />

abbandonate magari per circostanze<br />

esterne, individuali, collettive. Quindi di<br />

Gioele Dix possiamo riconoscere il tipico<br />

esempio di milanese, nato e cresciuto<br />

con “le radici nel cemento”, ma anche il<br />

bambino allevato in una famiglia ebraica,<br />

che deve averlo abituato a pensare in un<br />

certo modo, con quel brio ironico, un po’<br />

psicoanalitico e un po’ religioso, e quindi<br />

ricco di contrasti e di garbata intelligenza.<br />

Un’origine singolare da trasformare in<br />

mezzosangue urbano, di corsa tra orride<br />

famiglie con Suv e labrador, e amici che<br />

decantano le virtù del vivere in campagna<br />

(ovvero dove in navigatore non potrebbe<br />

mai arrivare, secondo Dix). Continuando<br />

a ricordare la sua performance emerge poi<br />

l’uomo di mezza età, che deve aver spesso<br />

combattuto con le taglie dei suoi abiti,<br />

mai troppo stabili. Tuttavia, Gioele fin da<br />

quando era piccolo veniva probabilmente<br />

considerato un bel bambino, divenuto<br />

poi un uomo sicuro di sé, (ad eccezione<br />

forse di quelle sue piccole questioni<br />

di vestibilità delle giacche). E sempre<br />

pensando alla sua infanzia, si comprende,<br />

nel suo monologo, che la sua passione per<br />

il teatro deve essergli anche venuta da<br />

quella nonna che tanto amava l’America<br />

con i suoi attori, di cui spesso narrava<br />

le gesta artistiche, i nomi e i cognomi.<br />

Una nonna che, a quanto pare, credeva<br />

in lui, come attore e come persona,<br />

fin dalla più tenera età. Ci sono poi le<br />

interpretazioni dell’attore inesperto, nella<br />

prima giovinezza, ma anche dell’attore<br />

in generale, da cui parte il concetto di<br />

“Nascosto dove c’è più luce”, cioè un modo<br />

per dipingere qualcuno che sembra un<br />

amante del pubblico e del palco, ma che<br />

invece in fondo si autotutela, scomparendo<br />

nei panni di un altro. Infine, rimane la<br />

traccia tipica di chi racconta la nostra<br />

vita a due, con i due opposti dell’uomo<br />

che lascia e che viene lasciato. Un ruolo<br />

che, qualche decennio alle spalle, è<br />

abbastanza probabile che ognuno di noi<br />

abbia interpretato. Qui, dove si ride un<br />

i suoi memorabili successi, come Sweeney<br />

Todd, per aver scritto i versi di West Side<br />

Story, per le musiche di innumerevoli<br />

film, tra cui Tempo d’estate, trasformato<br />

in musical poi con il titolo Do I hear a<br />

Waltz?, per le musiche della farsa Dolci<br />

vizi al foro, e ancora per tanti musical di<br />

grande successo a Broadway, che però non<br />

sono mai approdati in Italia. Un grande<br />

musicista che però in questo titolo non<br />

riesce, a mio avviso, ad esprimere appieno<br />

il suo grande talento, o forse e anche<br />

scrivendo una tipologia musicale, tipica<br />

degli States, che incontra relativamente<br />

po’ meno, almeno in natura, vengono in<br />

soccorso le battute più ciniche e mature, di<br />

cui in fondo se ne sente il bisogno, in un<br />

contesto velato da saggezza e esperienza,<br />

romantiche vette e meno ispirate cadute.<br />

Certo che l’amore, una volta digerito e<br />

divenuto ricordo lontano, diventa proprio<br />

un posto sicuro dove sdrammatizzare.<br />

Rimane però da descrivere la parte più<br />

importante, il rapporto con il suo angelo<br />

custode. Questo perché, non troppo oltre<br />

l’inizio, sulla scena spunta un’eccelsa<br />

quanto giovanissima Cecilia Delle Fratte,<br />

eterea bellezza dai capelli di un biondo<br />

il nostro gusto italico. Potrebbe essere<br />

questo il motivo per cui una buona<br />

fioritura di suoi successi non è mai<br />

approdata dalle nostre parti, limitando la<br />

nostra conoscenza di Sondheim ai motivi<br />

di successo più che alle estese colonne<br />

sonore.<br />

L’impegno di Loretta Goggi resta comunque<br />

meritevole per lo sforzo di portare sulle<br />

scene un musical che, contrariamente a<br />

quanto si pensa generalmente, affronta<br />

tematiche complesse e non divertenti, se<br />

non per qualche spunto, e per la qualità del<br />

suo impegno e lavoro.<br />

rinascimentale. Il suo ruolo è quello<br />

incerto del dire e non dire, con argentina<br />

freschezza, al suo “protetto”, come mai<br />

si trovi a parlare proprio con lei, che<br />

ha dell’impertinente e dell’ingenuo. Lo<br />

strano essere soprannaturale ha in ogni<br />

caso lo scopo di raccogliere dati e fargli<br />

fare un percorso a ritroso nell’esistenza.<br />

Qui la spalla del protagonista se la cava<br />

egregiamente, da esordiente, nel suo<br />

personaggio, che brilla con una certa<br />

mancanza di umorismo che potrebbe<br />

applicarsi con efficacia agli angeli, nel caso<br />

esistessero.


del popolo<br />

martedì, 7 maggio 2013 8 palcoscenico<br />

la Voce<br />

CARNET PALCOSCENICO<br />

CROAZIA ITALIA<br />

FIUME<br />

Teatro Nazionale Ivan de Zajc<br />

• 8, 9, 19 maggio ore 19.30<br />

Il violinista sul tetto di J. Bock. Regia Ozren Prohić.<br />

Interpreti Bojan Šober, Olivera Baljak, Andreja Blagojević,<br />

Leonora Surian, Vivien Galletta, Elena Brumini, Miriam Monica,<br />

Arija Rizvić, Lara Grdinić, Biljana Torić, Dario Bercich, Saša<br />

Matovina, Voljen Grbac, Nenad Vukelić, Anton T. Plešić, Marijan<br />

Padavić, Zdenko Botić, Mensur Puhovac, Anđelka Rušin,<br />

Marijana Prohaska, Bruno Nacinovich, Sergej Kiselev, Dmitri<br />

Andrejčuk, Krunoslav Marić<br />

• 14 e 15 maggio ore 19.30<br />

La moscheta di Angelo Beolco – Ruzante. Regia Davor<br />

Mojaš<br />

• 17 maggio ore 19.30<br />

Turbofolk di e regia Oliver Frljić. Interpreti Anastazija Balaž<br />

Lečić, Olivera Baljak, Andreja Blagojević, Alen Liverić<br />

Jelena Lopatić Jasmin Mekić, Dražen Mikulić, Damir Orlić, Tanja<br />

Smoje<br />

• 18, 20, 21 e 22 maggio ore 19.30<br />

Sogno di una notte di mezza estate di W.<br />

Shakespeare. Regia Josip Torbarina. Interpreti Damir Orlić, Tanja<br />

Smoje, Zdenko Botić, Igor Kovač, Jasmin Mekić, Jelena Lopatić,<br />

Aleksandra Stojaković, Nika Mišković, Dražen Mikulić, Alen<br />

SLOVENIA<br />

CAPODISTRIA<br />

Teatro Cittadino<br />

• 15, 16, 17, 18, 22, 23 e 25 maggio ore 21<br />

Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni. Regia<br />

Kokan Mladenović. Interpreti Gorazd Žilavec, Maruša Kink,<br />

Danijel Malalan, Gregor Geč, Ajda Toman, Rok Matek, Mojca<br />

Fatur, Igor Štamulak, Blaž Popovski<br />

del popolo<br />

la Voce<br />

Caporedattore responsabile<br />

Errol Superina<br />

Anno 9 /n. 74 / martedì, 7 maggio 2013<br />

IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina<br />

inpiupalcoscenico@edit.hr<br />

Edizione PALCOSCENICO<br />

Progetto editoriale Silvio Forza<br />

Redattore esecutivo<br />

Carla Rotta<br />

Impaginazione<br />

Željka Kovačić<br />

Collaboratori<br />

Bruno Bontempo, Emanuela Masseria, Rossana Poletti, Daniela Rotta<br />

Stoiljković, Ardea Stanišić<br />

Foto: Dražen Šokčević, Patrizia Chiepolo Mihočić, Siti teatro<br />

Liverić, Denis Brižić, Andreja Blagojević, Biljana Torić, Giuseppe<br />

Nicodemo<br />

• 25 maggio ore 19.30<br />

La tempesta di Aleksander Nikolajevič Ostrovski. Regia<br />

Jernej Lorenci. Interpreti Jožica Avbeli, Matej Puc, Nika<br />

Rozman, Barbara Ribnikar, Boris Ostan, Primož Pirnat, Jaka<br />

Lah, Janez Starina, Jette Ostan Vejrup, Maja Boh Hočevar,<br />

Boris Kerč<br />

• 29 e 31 maggio ore 19.30<br />

Nabucco di Giuseppe Verdi. Regia Ozren Prohić. Interpreti<br />

Yury Nechaev, Voljen Grbac, Ivica Čikeš, Gabriela<br />

Georgieva, Kristina Kolar, Siniša Štork, Sergej Kiselev, Milica<br />

Marelja<br />

POLA<br />

Teatro cittadino<br />

• 9 maggio ore 20.30<br />

Nozze piccolo borghesi di Bertolt Brecht. Regia Dražen<br />

Ferenčina. Interpreti Oriana Kunčić, Žarko Potočnjak, Franka<br />

Klarić, Janko Popović- Volarić, Antonio Franić, Vinko Štefanac,<br />

Helena Minić, Mirna Medaković, Robert Ugrina<br />

• 13 maggio ore 20<br />

Le nozze di Figaro di Pierre-Augustin Caron de<br />

Beaumarchais. Regia Róbert Alföldi. Interpreti Alen Liverić,<br />

Tanja Smoje, Jasmin Mekić, Anastazija Balaž Lečić, Igor Kovać,<br />

Olivera Baljak,<br />

Denis Brizić, Davor Jureško, Aleksandra Stojaković, Andreja<br />

Blagojević, Damir Orlić<br />

• 17 maggio ore 20.30<br />

Mistero buffo di Dario Fo. Interprete Valter Roša<br />

• 24, 25 e 28 maggio ore 20.30; maggio ore 20.30 e 27 e 28<br />

maggio ore 12.30<br />

La locandiera di Carlo Goldoni. Regia Jasminko Balenović.<br />

Interpreti Robert Ugrina, Teodor Tiani, Denis Brizić, Lana Gojak,<br />

Luka Juričić, Franjo Tončinić, Elena Orlić, Romina Vitasović<br />

TRIESTE<br />

Politeama Rossetti<br />

Eventi speciali<br />

• 7 e 9 maggio ore 21<br />

Chiamatemi Italo. Italo Svevo<br />

di e regia Lino Marrazzo. Interpreti Sara<br />

Alzetta, Lorenzo Acquaviva<br />

Musical & grandi eventi<br />

• 10, 11, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21,<br />

22, 23, 24 e 25 maggio ore 20.30; 11,<br />

12, 18, 19, 25 e 26 maggio ore 16<br />

Priscilla la regina del deserto<br />

tratto dal “The Adventures of Priscilla<br />

Queen of the Desert” di Stephan Elliott<br />

e Allan Scott. Regia Simon Phillips.<br />

Interpreti Simone Leonardi, Antonello<br />

Angiolillo, Mirko Ranù, Nicola Ciulla,<br />

Elena Nieri, Loredana Fadda, Martina<br />

Pezzoli, Giada D’Auria, Elisa Musso,<br />

Andrea Rossi, Valeria Belleudi, Pedro<br />

Antonio Batista Gonzalez, Luca<br />

Buttiglieri, Gianluca Briganti, Giuseppe<br />

Galizia, Salvatore Maione, Diego<br />

Capitani, Matteo Faieta, José Antonio<br />

GIUGNO<br />

QQQTeatro cittadino - Pola<br />

• 6 giugno ore 20.30<br />

Lo spazzacamino di Mirko Kelek. Regia e interprete<br />

Ljubomir Kerekeš<br />

QQQPoliteama Rossetti - Trieste<br />

Ciclo: Eventi speciali<br />

• 12 giugno ore 21<br />

Pinkover the wall show di Pinkover. Interpreti<br />

• 14 giugno ore 21<br />

Steve Vai e Evolution Tempo Orchestra.<br />

Interpreti Steve Vai & Evolution Tempo Orchestra<br />

di Carla Rotta e Daniela R. Stoiljković<br />

Dominguez, Thomas Signorelli, Marco<br />

Di Palma e Claudia Dell’Utri<br />

Teatro lirico<br />

Giuseppe Verdi<br />

• 10, 14, 17 e 21 maggio ore 20.30; 11 e<br />

19 maggio ore 15.30<br />

Tosca di Giacomo Puccini. Direttore<br />

Renato Renzetti. lnterpreti Alexia<br />

Voulgaridou, Alisa Zinovjeva, Roberto<br />

Frontali, Alberto Mastromarino,<br />

Alejandro Roy, Mario Malagnini,<br />

Gabriele Sagona, Paolo Rumez, Nicola<br />

Pamio, Christian Starinieri, Giuliano<br />

Pelizon, Giovanni Palumbo, Emma<br />

Orsini, Erica Benedetti<br />

• 28, 29, 30 e 31 maggio ore 20.30; 31<br />

maggio ore 15<br />

Apollo balletto su musica di Igor<br />

Stravinski. Direttore Diego Dino Ciacci<br />

La tragedia di Salomé balletto<br />

su musica di Florent Schmitt (in<br />

collaborazione con il Teatro Mariinskij di<br />

San Pietroburgo)<br />

Teatro Orazio Bobbio<br />

Stagione conclusa

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