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del popolo<br />

martedì, 7 maggio 2013 2 palcoscenico<br />

la Voce<br />

UN CAFFÈ CON...<br />

di Bruno Bontempo<br />

TONI CAFIERO<br />

Abbiamo incontrato Toni Cafiero alla vigilia della sua terza collaborazione con il<br />

Dramma Italiano di Fiume: dopo Goldoni Terminus del 2007 e Brutta del 2009, in<br />

aprile ha curato la regia dell’accattivante commedia noir 8 donne e un mistero, del<br />

francese Robert Thomas. Attore, regista teatrale, scenografo, docente, giramondo europeo<br />

ed europeista, per nascita e per orientamento, le origini di Cafiero sono a metà veneziane<br />

(di padre) e metà svedesi (di madre): nato nel Paese scandinavo, è cresciuto a Venezia,<br />

si è formato a Parigi, ha seguito i corsi di Scenografia all’Accademia delle Belle Arti di<br />

Bologna. Dopo una breve carriera di attore si è dedicato alla regia e all’insegnamento, vive<br />

e lavora soprattutto in Spagna e Francia, non ama lavorare in Italia, per il semplice fatto<br />

che non condivide il modo italiano d’intendere il teatro. È presente invece sulla scena di<br />

Romania, Estonia, Russia, Portogallo, Austria, Norvegia, Croazia nonché Usa, Marocco<br />

e Algeria fuori dai confini d’Europa. Nella veste di docente lo troviamo all’Institut del<br />

Teatre di Barcellona, allo Stabile di Torino, all’Accademia “Nico Pepe” di Udine, all’Ecole<br />

du Théâtre National de Chaillot a Parigi, alla New York University, alla Real Escuela de<br />

Madrid...<br />

Di fronte a così tanti incroci, ti<br />

consideri un apolide o semplicemente<br />

un cittadino del mondo, anzi, meglio<br />

ancora, d’Europa?<br />

Sì, mi sento un po’ come dovrebbe<br />

essere l’Europa adesso, l’Europa di tutti,<br />

insomma, dove la gente possa condivide<br />

speranze e conoscenze, e non sia solo<br />

un’Unione economica.<br />

L’edificio dell’UE, oggi, scricchiola<br />

pericolosamente...<br />

Il problema è che per superare la<br />

crisi ci vuole più Europa, non meno<br />

Europa. Finora siamo arrivati solo a fare<br />

un’organizzazione economica, e non<br />

l’abbiamo neanche finita. La gente non lo<br />

capisce e ce l’ha con l’UE. Ma il sogno dei<br />

padri fondatori delle nostre repubbliche,<br />

anche di quella ex comunista qua da voi,<br />

era il sogno di un’Europa diversa, non<br />

certo questa che abbiamo oggi. Non sono<br />

contrario all’allargamento dell’Unione,<br />

però certi Paesi sono entrati solo perché<br />

a qualcuno faceva comodo, non perché<br />

erano maturi. Poi c’è il modello della<br />

Germania, che è riuscita a integrare tutti<br />

quelli che lavoravano dall’altra parte<br />

eppure è ancora la maggiore potenza<br />

economica continentale. Ciò vuol dire<br />

che integrare i più deboli è possibile, ma<br />

chi ha di più deve togliersi dei privilegi.<br />

Bisogna trovare il modo di arrivare a<br />

un’Europa più equa e solidale...<br />

Dalla politica alla cultura, dalla cultura<br />

alla politica. Come hanno inciso,<br />

nelle varie realtà teatrali del Vecchio<br />

continente che tu frequenti, questi anni<br />

di crisi?<br />

In Germania la crisi non ha toccato il<br />

settore cultura, in particolare i teatri,<br />

in Francia per ora li ha solo sfiorati, la<br />

Spagna invece già ne risente un po’. Prima<br />

di venire a Fiume ho lavorato a Bucarest.<br />

In Romania, per ora, i teatri resistono,<br />

forse perché il potere non si è ancora<br />

organizzato e la televisione al momento<br />

non ha un ruolo strategico, in termini<br />

di modello culturale, con il quale poter<br />

sostituire il teatro. Forse è solo questione<br />

di tempo, ma spero che nel frattempo ci<br />

sia questo rinnovamento che non vedo<br />

ancora ma che auspico da tempo.<br />

Oltre che in Romania, recentemente hai<br />

lavorato pure in Norvegia, due Paesi<br />

che in Europa sono agli antipodi nella<br />

classifica delle nazioni più ricche. Come<br />

si colloca la cultura nelle diverse realtà<br />

che conosci più da vicino?<br />

In Norvegia non si pongono il problema<br />

perché il problema non sussiste. Quello<br />

scandinavo è il paese più ricco al mondo,<br />

dove la cultura, il teatro, sono la normalità<br />

e i tagli a questo settore non vengono<br />

neanche presi in considerazione. Le risorse<br />

ci sono e quindi tutto è più facile. Però è<br />

stupido ridurre la questione della cultura<br />

a un discorso di denaro. I finanziamenti<br />

destinati all’offerta culturale dovrebbero<br />

essere considerati come un investimento,<br />

non denaro speso. La Romania è in una<br />

posizione diametralmente opposta ma la<br />

cultura è ancora un valore. Anche perché<br />

se gli cominci a tagliare il teatro, a parte<br />

che ci sono dei registi bravissimi, non è<br />

che gli rimane proprio un gran che, voglio<br />

dire... In Croazia è un po’ come in Italia.<br />

L’economia cavalca l’onda del turismo e la<br />

cultura è una spesa che esula dalle scelte<br />

di ogni governo. E poi d’estate, in qualche<br />

campeggio, in qualche spiaggia, basta<br />

mettere un’orchestrina, uno zumba zumba<br />

e i turisti sono contenti...<br />

Chiude il teatro, non l’affare<br />

Quando eri venuto a fare la prima regia<br />

al DI, nel 2007, lamentavi il fatto che<br />

nel teatro italiano non c’era spazio per<br />

il rinnovamento. A distanza di qualche<br />

anno, è cambiato qualcosa nel rapporto<br />

della società con il teatro, con la<br />

cultura italiana nella sua globalità?<br />

L’impatto è peggiorato, evidentemente.<br />

Quando si comincia a tagliare, non si<br />

torna più indietro. Non ho mai visto<br />

un teatro chiudere e riaprire, una volta<br />

chiuso, è chiuso per sempre. Ho visto,<br />

invece, costruire supermercati nei teatri,<br />

ma non ho mai visto un teatro costruito in<br />

un ex supermercato.<br />

Oggi, in Italia, il dialogo è difficile<br />

anche sui più cruciali temi politici,<br />

economici, sociali, immaginarsi su<br />

quelli che riguardano la cultura... Come<br />

e quando credi che l’Italia potrà uscire<br />

da questa impasse?<br />

Guarda, se mi avessi fatto questa domanda<br />

due mesi fa, mi avresti trovato entusiasta<br />

di questo nuovo movimento dei grillini.<br />

Beh, adesso non lo sono già più. Penso a<br />

cosa ne è venuto fuori da queste ultime<br />

elezioni italiane, penso al centrodestra<br />

capeggiato da Berlusconi e da tutti i<br />

suoi avvocati, perché alla fin fine tutti<br />

i parlamentari italiani del centrodestra<br />

sono avvocati e non c’è un economista,<br />

non c’è gente della società civile. No, sono<br />

avvocati pagati dai contribuenti italiani<br />

per trovare gli escamotage con cui salvare<br />

Berlusconi. Quindi la parentesi si chiude.<br />

Anche nel centrosinistra, sicuramente,<br />

c’è una serie di personaggi ambigui, non<br />

è quello il punto. Il punto è che però alla<br />

testa del centrosinistra c’è un signore che<br />

si chiama Bersani, con una squadra di<br />

persone oneste, anzi, persone per bene<br />

(l’intervista è stata fatta prima delle<br />

vicende legate all’elezione del presidente e<br />

al mandato per il nuovo governo di larghe<br />

intese affidato a Letta, nda). Qual’è la<br />

grande scoperta? Che essere persone per<br />

bene e oneste non è più un valore. E allora<br />

la tua domanda mi mette molto in crisi<br />

perché questi valori, che dovrebbero essere<br />

tenuti sempre davanti a tutti, dalla gente<br />

normale, dalla gente che va a votare, non<br />

vengono riconosciuti. Nessuno dice che<br />

Bersani e il centrosinistra non sono onesti,<br />

dicono sì, è una persona brava e onesta, ma<br />

non lo votano. E allora già ti posso dire<br />

che Berlusconi, il quale due mesi e mezzo

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