Libro 1.indb - Trentino Salute
Libro 1.indb - Trentino Salute
Libro 1.indb - Trentino Salute
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
Strumenti per la formazione 3
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Comunicazione pubblica<br />
e marketing sociale<br />
per la sicurezza<br />
e la salute sul lavoro<br />
PARTE I<br />
A CURA DI VITTORIO CURZEL<br />
EDIZIONI PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO<br />
ASSESSORATO ALLE POLITICHE PER LA SALUTE<br />
Trento 2005<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
© copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento, 2005<br />
Collana<br />
Strumenti per la formazione - 3<br />
Assessorato alle Politiche per la <strong>Salute</strong><br />
Servizio Innovazione e formazione per la salute<br />
Via Gilli, 4 – 38100 Trento<br />
tel. 0461/494037, fax 0461/494073<br />
e-mail: sif.salute@provincia.tn.it<br />
www.trentinosalute.net<br />
Comunicazione pubblica e marketing sociale<br />
per la sicurezza e la salute sul lavoro. Parte I<br />
A cura di Vittorio Curzel<br />
Impaginazione: Mario Querin<br />
ISBN 88-7702-124-1<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Presentazione<br />
Il Decreto legislativo n.626 del 1994 e le successive norme di settore hanno<br />
certamente focalizzato l’attenzione del mondo del lavoro sul tema della sicurezza<br />
e della promozione della salute negli ambienti lavorativi.<br />
Tuttavia, se analizziamo i dati, pur constatando che la situazione sta leggermente<br />
migliorando di anno in anno, dobbiamo purtroppo riconoscere che non<br />
abbiamo ancora raggiunto i risultati sperati per quanto riguarda una drastica<br />
riduzione degli infortuni e delle malattie professionali.<br />
Per ottenere risultati che non siano solo un piccolo miglioramento, ma che<br />
rappresentino un mutamento profondo e durevole dobbiamo evidentemente<br />
mettere in atto una strategia a 360 gradi, che intervenga in tutti i settori e in<br />
tutte le forme possibili.<br />
In altre parole dobbiamo renderci conto di quanto sia importante creare in<br />
tutta la collettività la convinzione che lavorare in sicurezza non è soltanto una<br />
questione di adempimento di norme e che non è soltanto un diritto di cui esigere<br />
il dovuto rispetto in ogni ambiente di lavoro, ma è anche un dovere che ciascuno<br />
di noi ha nei confronti di sé stesso e della comunità in cui vive.<br />
L’esperienza ha infatti dimostrato che le attività di vigilanza e le sanzioni<br />
pur essendo necessarie non sono sufficienti, poiché esse vanno accompagnate<br />
o meglio precedute da un’intensa attività di sensibilizzazione e di informazione,<br />
di formazione e di sostegno, con l’intento di promuovere una cultura<br />
della salute e della sicurezza sul lavoro e di favorire un clima partecipativo in<br />
cui tutti, datori di lavoro, lavoratori, organi di vigilanza, si facciano carico<br />
della propria parte di responsabilità e collaborino al raggiungimento di un<br />
obiettivo comune.<br />
Questa opera di sensibilizzazione, per essere pienamente efficace, dovrà riguardare<br />
non soltanto il mondo del lavoro e non solo i cittadini come lavoratori, ma<br />
anche i cittadini come consumatori dei beni e dei servizi prodotti dalle imprese,<br />
così che il non essere in regola dal punto di vista della sicurezza comporti per<br />
l’azienda inadempiente un giudizio sociale negativo e per i suoi prodotti un<br />
disvalore che potrebbe pesare ancor più delle sanzioni, così come già avviene<br />
nei Paesi scandinavi.<br />
In questo contesto costituisce un fatto certamente positivo anche la sempre<br />
maggiore attenzione rivolta alla responsabilità sociale delle imprese, al fatto che<br />
esse devono contribuire non soltanto allo sviluppo economico di una comunità<br />
ma anche al suo benessere complessivo.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Così come è certamente positivo il diffondersi fra le associazioni datoriali<br />
della consapevolezza che la vigilanza sulla sicurezza è importante non solo per<br />
i lavoratori direttamente esposti ai rischi, ma anche per le stesse imprese, in<br />
quanto garantisce una concorrenza più leale. Non è certo concorrenza leale infatti<br />
quella tra due aziende, delle quali una si presenta sul mercato rispettando le<br />
norme e sopportando i relativi costi e l’altra no, una che calcola correttamente<br />
i costi della sicurezza e l’altra che offre un prezzo più basso grazie al lavoro nero<br />
e all’inosservanza delle norme previste in materia di sicurezza.<br />
Accanto a una cultura della sicurezza dobbiamo dunque far crescere una cultura<br />
della legalità: l’osservanza della legge come convinzione e non solo come<br />
obbligo.<br />
Cultura della sicurezza e cultura della legalità confluiscono nella cultura della<br />
prevenzione, che è l’unico strumento efficace ed efficiente per contrastare il grave<br />
fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.<br />
La prevenzione infatti è assai meno costosa dei danni e della loro riparazione,<br />
perché si risparmiano vite umane, perché si salva l’integrità fisica del patrimonio<br />
umano di un’impresa e di una comunità, che è sempre il patrimonio più<br />
importante, perché i costi personali e sociali dell’invalidità e della malattia sono<br />
elevatissimi.<br />
Se parliamo di culture della salute e della sicurezza, della legalità, della prevenzione,<br />
vuol dire che siamo convinti che, accanto alle norme, alle nuove tecnologie<br />
della sicurezza, agli incentivi economici e agli sgravi fiscali per le imprese,<br />
il cambiamento culturale è una leva importante su cui agire, forse quella più<br />
importante affinché anche le altre leve possano esplicare efficacemente i propri<br />
effetti verso la soluzione del problema.<br />
La Giunta della Provincia Autonoma di Trento ha posto fra i propri impegni<br />
programmatici la promozione della sicurezza sui luoghi di lavoro.<br />
Nell’ambito delle proprie funzioni di governo, di indirizzo, di programmazione<br />
e di coordinamento dell’attività svolta sul territorio, ha voluto inserire tutte le<br />
iniziative per la SSL in una visione strategica intersettoriale, con un approccio<br />
articolato che tiene conto delle numerose variabili in causa e integra l’azione di<br />
tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, passando da un agire “per competenze”<br />
ad uno “rivolto ai problemi”, ricercando la massima cooperazione delle<br />
Parti sociali interessate e delle Istituzioni deputate.<br />
In particolare si è operato per favorire all’interno dell’amministrazione provinciale<br />
l’interazione tra i settori della sanità, del lavoro e delle politiche sociali,<br />
della scuola e della formazione professionale e per promuovere la collaborazione<br />
di altri soggetti, quali l’INAIL, l’ISPESL, le Associazioni dei datori di lavoro, le<br />
6<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Organizzazioni sindacali, i Responsabili per la sicurezza, i professionisti.<br />
Dai lavori del Comitato di coordinamento ex art. 27 del D. Lgs. n.626/94,<br />
a cui partecipano oltre alla Provincia Autonoma di Trento, rappresentanti dell’Azienda<br />
provinciale per i Servizi sanitari, delle Organizzazioni sindacali, delle<br />
Associazioni dei datori di lavoro, dell’INAIL, e dell’ISPESL, è nata l’indicazione<br />
di elaborare un “Piano operativo provinciale”.<br />
Fra le attività previste dal Piano uno spazio di rilievo è assegnato alle attività di<br />
comunicazione e informazione. Fra queste attività vi è il convegno nazionale che<br />
il 4 e 5 dicembre 2003 ha riunito a Trento molti fra i maggiori esperti del settore<br />
e i rappresentanti degli enti e delle istituzioni nazionali e provinciali competenti<br />
nonché una impegnativa campagna, ideata e progettata nell’ambito dell’Assessorato<br />
alle Politiche per la <strong>Salute</strong> e alla cui realizzazione hanno partecipato tutti<br />
i vari soggetti istituzionali rappresentati nel Comitato di Coordinamento. La<br />
campagna è stata attuata nel corso del 2004 e del 2005.<br />
Si presentano ora in forma organica e strutturata i risultati degli studi, delle<br />
ricerche e delle riflessioni teoriche e metodologiche che hanno sostanziato il<br />
convegno e che hanno guidato la progettazione e la realizzazione della campagna.<br />
Questa nuova pubblicazione si propone come un possibile punto di riferimento<br />
per gli operatori del settore, forse il primo di questo tipo, dato l’approccio a 360<br />
gradi offerto dai vari contributi al tema dell’informazione e della comunicazione<br />
pubblica e sociale per la salute e la sicurezza sul lavoro.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
Remo Andreolli<br />
Assessore provinciale<br />
alle politiche per la salute<br />
7
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
11 Introduzione<br />
Indice<br />
15 Cap. 1<br />
Comunicazione per la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro<br />
15 1.1. La comunicazione nell'educazione alla salute (Stefano Beccastrini)<br />
27 1.2. La comunicazione sul rischio per la salute: tra incertezze e opportunità<br />
(Marco Biocca)<br />
35 1.3. Attività e funzioni del CTIPL (Marco Masi)<br />
41 1.4. Attività e funzioni del Comitato di coordinamento in materia di salute<br />
e sicurezza sui luoghi di lavoro della Provincia di Trento (Monica Pisetta)<br />
47 Cap. 2<br />
Informazione istituzionale, comunicazione pubblica e marketing sociale per la SSL<br />
47 2.1. Le iniziative di "Pubblicità Progresso" per la salute e la sicurezza<br />
negli ambienti di vita e di lavoro (Rosella Sobrero)<br />
54 2.2. La SSL sul web (Giuseppe Zago)<br />
63 2.3. Le iniziative di Rai educational per la salute e la sicurezza negli ambienti<br />
di vita e di lavoro (Cipriano Cavaliere)<br />
65 2.4. I linguaggi simbolici e la segnaletica per la sicurezza (Virginio Galimberti)<br />
73 2.5. Gli aspetti critici della comunicazione per la prevenzione<br />
(Giovanni Pianosi)<br />
76 2.6. Analisi qualitativa della comunicazione per la salute (Andrea Calamusa e<br />
Annalaura Carducci)<br />
85 Cap. 3<br />
Strategie e prodotti comunicazionali per la comunicazione del rischio, la prevenzione<br />
degli infortuni e la promozione della SSL<br />
85 3.1. Gli Enti pubblici locali.<br />
“Inform@zione” – Catalogo nazionale dei prodotti per l’informazione<br />
e la formazione alla SSL (AUSL di Modena) (Mara Bernardini)<br />
89 3.2. Gli Enti pubblici locali.<br />
Strategie ed esperienze dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti<br />
di lavoro in provincia di Trento (Graziano Maranelli)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
94 3.3. Gli Enti pubblici locali.<br />
L'esperienza del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro<br />
del Dipartimento della Sanità Pubblica della USL di Reggio Emilia<br />
(Carlo Veronesi)<br />
98 3.4. Le parti sociali.<br />
Confindustria (Luigi Casano)<br />
100 3.5. Le parti sociali.<br />
Confartigianato (Giorgio Russomanno)<br />
105 3.6. Le parti sociali.<br />
CNCPT – Commissione Nazionale Comitato Paritetico Territoriale<br />
(Giustino Valtellino)<br />
108 3.7. Le parti sociali.<br />
CGIL, CISL, UIL (Adolfo Di Corrado)<br />
111 3.8. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
INAIL (Anna Maria Todini)<br />
117 3.9. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
ISPESL e Agenzia Europea per la SSL (Idillio Tagliaferro)<br />
123 3.10. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
ANMIL (Marinella De Maffutiis)<br />
125 Cap. 4<br />
Stampa specializzata e SSL<br />
125 4.1. 2087 RLS (Diego Alhaique)<br />
126 4.2. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro (Michele Lepore)<br />
128 4.3. ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro (Massimo Broggi)<br />
129 4.4. Lavoro e <strong>Salute</strong> (Rossana D'Arrigo)<br />
130 4.5. 626Progetto Sicurezza (Anna Gioia)<br />
131 4.6. Prevenzione Oggi (Idillio Tagliaferro)<br />
132 4.7. Fogli Informazione ISPESL (Idillio Tagliaferro)<br />
132 4.8. Bollettino SNOP (Alberto Baldessaroni)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Introduzione<br />
Per realizzare un’efficace campagna sul tema della sicurezza sul lavoro, è necessario<br />
innanzi tutto acquisire una maggiore conoscenza del contesto in cui la<br />
campagna verrà attuata.<br />
Con questa consapevolezza l’Assessorato provinciale alle Politiche per la <strong>Salute</strong><br />
ha promosso un’attività di ricerca mirata. Si intendeva analizzare in profondità il<br />
macro e il micro-ambiente di riferimento rivolgendo l’attenzione alle conoscenze,<br />
agli atteggiamenti e ai comportamenti in materia di sicurezza. Nel contempo si<br />
è cercato di delineare l’ambiente socio-economico, culturale e tecnologico nel<br />
quale agiscono le forze che sostengono od ostacolano le idee e i comportamenti<br />
considerati favorevoli alla salute. Infine si voleva monitorare la situazione della<br />
domanda di sicurezza.<br />
Questa migliore conoscenza del contesto sarebbe stata utile sia per individuare<br />
i contenuti da trasmettere con la campagna che per definire il piano media,<br />
avrebbe facilitato la progettazione dei prodotti comunicazionali e avrebbe<br />
favorito l’utilizzo e l’integrazione di tutti “i canali distributivi” del messaggio<br />
disponibili (ambienti di lavoro, associazioni e sindacati, scuole e biblioteche,<br />
luoghi di aggregazione e socializzazione, etc.).<br />
La campagna prevedeva queste fasi:<br />
1. Indagine preliminare;<br />
2. Formazione di un gruppo interdisciplinare (a partire dal Comitato di coordinamento<br />
sicurezza lavoro, per l’individuazione delle priorità nei contenuti,<br />
del target, della tipologia dei messaggi e dei media, per l’elaborazione di<br />
un progetto di massima pluriennale e per la quantificazione della spesa);<br />
3. Progettazione della campagna e piano media;<br />
4. Realizzazione;<br />
5. Diffusione;<br />
6. Controllo e valutazione dei risultati.<br />
I risultati attesi, è bene evidenziarlo, sono limitati a un obiettivo di sensibilizzazione<br />
e di informazione della popolazione (non solo quindi del mondo del<br />
lavoro), per creare una buona disposizione al cambiamento verso atteggiamenti<br />
e comportamenti più favorevoli alla sicurezza.<br />
In sintesi si vuole prima di tutto favorire un processo di autoresponsabilizzazione<br />
che porti ciascuno ad adottare comportamenti e stili di vita sani anche<br />
nell’ambiente di lavoro, ben sapendo, fra l’altro, che i media sono certamente<br />
molto utili per sensibilizzare, informare e creare consapevolezza, ma che la comunicazione<br />
interpersonale e la pressione del gruppo dei pari (i colleghi di lavoro)<br />
può essere determinante per favorire il cambiamento comportamentale.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
11
Si è inoltre tenuto conto che la campagna potrà essere di qualche utilità soltanto<br />
se integrata in un più ampio programma di intervento che deve prevedere<br />
il concorso di tutte le altre azioni previste nel Piano operativo provinciale. Tale<br />
piano, articolato in progetti (di cui uno riguarda esplicitamente le attività di<br />
informazione e comunicazione) comprende l’attivazione di un Osservatorio<br />
provinciale degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, il rafforzamento<br />
delle attività ispettive, interventi nelle scuole, iniziative di formazione dei<br />
lavoratori; incentivi per le imprese, iniziative per favorire la sicurezza sul lavoro<br />
per i minori e per le lavoratrici madri.<br />
Dei quattro possibili livelli di cambiamento, cioè cambiamento cognitivo (per<br />
es. favorire una maggiore consapevolezza sul pericolo di sottovalutare i rischi<br />
presenti in un ambiente di lavoro), cambiamento d’azione (p.es. indurre ad<br />
utilizzare sempre un dato dispositivo di protezione), cambiamento di comportamento<br />
(p.es. favorire l’abbandono di un’abitudine pericolosa come quella di non<br />
osservare determinate prescrizioni, a causa di una sottovalutazione del rischio) e<br />
cambiamento di valori (cioè modificare valori e opinioni profondamente radicati,<br />
per es. che l’anzianità, l’esperienza lavorativa e la lunga consuetudine a svolgere<br />
una determinata mansione riducano la pericolosità di una azione rischiosa), la<br />
campagna si proponeva dunque di agire sul primo, intendendo affidare ad altri<br />
strumenti più adeguati (in primis attività e strumenti formativi mirati per target<br />
settoriali) l’obiettivo di perseguire i livelli successivi.<br />
A questo scopo, sulla base delle conoscenze dei partecipanti al gruppo di lavoro<br />
interdisciplinare e dei dati raccolti dall’Osservatorio provinciale degli infortuni sul<br />
lavoro e delle malattie professionali, sono stati individuati come prioritari i settori<br />
della cantieristica edile, dell’industria estrattiva del porfido, del manifatturiero<br />
metalmeccanico.<br />
Con riferimento a questi gruppi-obiettivo si è quindi provveduto a progettare<br />
e realizzare, con la collaborazione di docenti dell’Università degli studi di Trento<br />
e di sociologi dello Studio RES di Trento, tre distinte ricerche su questi temi:<br />
1. la percezione del rischio, l’eventuale influenza del fattore anzianità ed esperienza<br />
lavorativa nella stima del rischio, la presenza di eventuali distorsioni<br />
cognitive con sottovalutazione o sopravvalutazione del rischio, l’influenza<br />
del gruppo dei pari e l’influenza dei mezzi di comunicazione per quanto<br />
attiene i lavoratori trentini (la ricerca è stata svolta da Lucia Savadori, con<br />
la collaborazione di Tania Busetti, Sarah Menini e Francesca Nardin);<br />
2. le conoscenze, gli atteggiamenti e i comportamenti in materia di sicurezza sul<br />
lavoro presso i lavoratori immigrati in <strong>Trentino</strong> e i canali di comunicazione<br />
da loro più utilizzati (la ricerca è stata svolta dallo Studio Res di Trento con<br />
la direzione di Nora Lonardi);<br />
3. il grado di efficacia di vari prodotti comunicazionali (a stampa, audiovisivi<br />
e multimediali) recentemente realizzati in materia di sicurezza sul lavoro da<br />
12<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
altri enti pubblici e privati italiani, con riferimento ai temi affrontati, alla<br />
struttura compositiva, alle modalità di presentazione e agli stili comunicativi<br />
(La ricerca è stata svolta da Massimiano Bucchi con la collaborazione di<br />
Michele Bottamedi).<br />
Sempre guidati dall’intento di acquisire preliminarmente alla progettazione<br />
della campagna conoscenze più approfondite circa le teorie e le buone pratiche<br />
in uso, nei giorni 4 e 5 dicembre 2003 è stato realizzato a Trento il Convegno<br />
nazionale “Informazione, comunicazione pubblica e marketing sociale per<br />
la sicurezza e la salute sul lavoro”, organizzato dalla Provincia Autonoma di<br />
Trento, con la collaborazione del Comitato di coordinamento per la salute e la<br />
sicurezza negli ambienti di lavoro e di “Lavoro e <strong>Salute</strong>”, Agenzia notizie per la<br />
prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro a cura delle Regioni Emilia Romagna,<br />
Toscana, Lazio, Marche e della Provincia Autonoma di Trento.<br />
Ad esso hanno partecipato in qualità di relatori alcuni fra i maggiori esperti<br />
del settore nonché i rappresentanti degli enti e delle istituzioni nazionali e provinciali<br />
competenti.<br />
L’iniziativa era rivolta a operatori del settore <strong>Salute</strong> e Sicurezza sul Lavoro<br />
(SSL) dei Servizi sanitari, delle Associazioni imprenditoriali, dei Sindacati, di<br />
Enti pubblici, di associazioni di rappresentanza dei cittadini, di Istituti di ricerca,<br />
studiosi ed esperti SSL nonché a operatori della Comunicazione pubblica e<br />
istituzionale e dei mass media. Il convegno ha visto la partecipazione di più di<br />
150 persone provenienti da varie regioni italiane e ha ricevuto l’accreditamento<br />
ECM per la formazione del personale sanitario.<br />
Questi due volumi raccolgono la sintesi di questo intenso lavoro di riflessione e<br />
di elaborazione teorica. Nel primo sono contenuti i vari interventi al Convegno,<br />
con l’eccezione del mio contributo, che, consistentemente ampliato nella parte<br />
metodologica, compare sul secondo volume, insieme con i rapporti finali delle<br />
tre ricerche preliminari alla campagna.<br />
Desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di<br />
questa pubblicazione per la ricchezza delle competenze e delle esperienze professionali<br />
espresse nei loro contributi, che da una parte delineano un significativo<br />
quadro d’insieme, dall’altra dimostrano la complessità del problema, la condivisione<br />
d’intenti nell’affrontarlo e lo stato dell’arte nelle soluzioni adottate.<br />
Mi auguro che questo impegnativo lavoro a più mani possa essere un utile<br />
strumento di consultazione per quanti vorranno proseguire nello studio, nell’elaborazione<br />
progettuale e nell’attuazione di prossime iniziative nel campo<br />
della comunicazione pubblica e del marketing sociale per la salute e la sicurezza<br />
sul lavoro.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
Vittorio Curzel<br />
13
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 1<br />
Comunicazione per la prevenzione e la<br />
sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro<br />
1.1. La comunicazione nell’educazione alla salute<br />
STEFANO BECCASTRINI<br />
L’educazione è il momento che decide se amiamo abbastanza il mondo da assumercene<br />
la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento,<br />
senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani.<br />
Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli<br />
dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di<br />
mano la loro occasione di intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa di imprevedibile<br />
per noi e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a<br />
tutti… (Hanna Arendt)<br />
La comunicazione educativa e l’educazione alla salute<br />
L’educazione non è una delle tante facoltà e attività dell’uomo bensì la facoltà e<br />
l’attività basilare del suo stesso essere uomo, in quanto l’uomo, unica specie fra<br />
quelle viventi sul Pianeta, non è ma si forma e si trasforma continuamente.<br />
In tal senso, seguendo Francisco Varela, si potrebbe considerare l’apprendimento,<br />
e le attività educative che lo stimolano intenzionalmente, come una,<br />
anzi la più importante, delle tecnologie (in senso molto lato del termine, che<br />
non implica, anche se non esclude, l’utilizzo di “macchine”) di “trasformazione<br />
del sé”.<br />
Sempre in tal senso, è ormai sensazione abbastanza diffusa tra gli educatori<br />
più avvertiti che la tradizione pedagogica occidentale possa e debba essere ampiamente<br />
allargata e arricchita, nel suo tentativo di essere una efficace e produttiva<br />
“tecnologia della trasformazione del sé”, sia nel senso che essa debba conoscere<br />
sempre meglio cosa veramente sia e come apprenda tale “Sé” (che è qualcosa di<br />
assai meno facilmente definibile, come “entità stabile e unitaria”, di quanto si sia<br />
a lungo pensato: Varela parla dell’identità cognitiva come di una “rete joyciana”)<br />
sia nel senso di aprirsi ad altre tradizioni di “tecnologia della trasformazione del<br />
Sé”, quale per esempio quella orientale, assai più della nostra fondata su forme<br />
di pratica contemplativa e meditativa.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
15
16<br />
CAPITOLO I<br />
Di fronte ai problemi complessi del mondo post-moderno e globalizzato<br />
non basta più l’educazione, come strumento formativo dell’umanità presente e<br />
futura. Occorre la buona educazione, l’educazione di qualità, l’educazione che<br />
non indottrina bensì aiuta ad apprendere. Insomma, un’educazione che, come<br />
ha detto di recente Edgar Morin, citando il grande Michel de Montaigne, si dà<br />
come obiettivo piuttosto la formazione di una testa ben fatta che di una testa<br />
ben piena. Scrive Morin: “Cosa significa una testa ben piena è chiaro: è una testa<br />
nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato e non dispone di un principio<br />
di selezione e di organizzazione che gli dia senso. Una testa ben fatta significa che<br />
invece di accumulare il sapere è molto importante disporre allo stesso tempo di:<br />
a) un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; b) principi organizzatori<br />
che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso”.<br />
Presupposto di tutto ciò è superare la concezione secondo cui coloro che abbiamo<br />
di fronte, bambini o adulti non fa gran differenza, sostanzialmente non<br />
siano altro se non persone totalmente ignare e incompetenti, cui noi sapienti<br />
(o “esperti” che dir si voglia) dobbiamo insegnare varie cose e soprattutto quelle<br />
necessarie per stare, loro, al mondo secondo le modalità, da noi, prescritte.<br />
Finché riterremo, nel nostro educare alla salute e allo sviluppo salubre e sostenibile,<br />
che tale attività educativa si identifichi con una nostra competenza prescrittiva,<br />
ci comporteremo da cattivi educatori (ovverosia da dis-educatori).<br />
Troppo spesso tendiamo a dimenticare che tutte le attività dell’uomo che<br />
abbiano una base sociale (ovverosia praticamente tutte, seppur in grado diverso<br />
e con diversa e conseguente necessità di competenza comunicativa applicata)<br />
sono giustappunto fondate, ancor prima che su qualunque altro sapere e saper/<br />
voler fare, sulla comunicazione ovverosia su quella attività non peculiarmente<br />
umana (ma nell’uomo sviluppata a livelli di complessità e linguistico-espressiva<br />
non rintracciabile in alcuna altra specie animale) che consiste nello scambio di<br />
conoscenze, sentimenti, valori tra esseri umani necessariamente e giustamente<br />
diversi e non omologabili.<br />
Che altro è se non un processo comunicativo tra due persone (logicamente,<br />
proficuamente, necessariamente diverse) l’incontro tra un “educatore” e un “educando”?<br />
Il rapporto educativo è, primariamente, un processo di comunicazione<br />
tra due persone, un educatore e un educando, che scambiano saperi, idee, valori<br />
tra loro. L’educatore possiede solitamente (sperabilmente) maggiori e migliori<br />
conoscenze, sui temi che costituiscono la materia del rapporto educativo, dell’educando,<br />
ma deve anche possedere le competenze metodologico-relazionali<br />
necessarie a rendere comunicativamente, e dunque didatticamente, proficuo<br />
il processo di dialogo educativo con l’educando medesimo, che non è affatto<br />
l’oggetto del processo educativo, bensì un soggetto pienamente e attivamente<br />
ad esso partecipante.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
Un grande medico umanista, Eugenio Borgna, ha scritto, qualche anno fa,<br />
un libro (ne ha scritti tanti, tutti meritevoli di attenta e appassionata lettura)<br />
intitolato Noi siamo un colloquio. Eugenio Borgna è uno psichiatra, responsabile<br />
del Servizio di psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara nonché libero docente<br />
in Clinica delle malattie nervose e mentali presso l’Università di Milano.<br />
Conseguentemente, il suo libro parla di dialogo con i malati di mente ma io vi<br />
proporrei di assumere tale titolo, Noi siamo un colloquio, come più generale sintesi<br />
della condizione umana e dell’umano tentativo di capire il mondo e gli altri nel<br />
mondo, di comunicare con loro, di aiutarli (anche con i mezzi dell’educazione<br />
come comunicazione) quando essi ne abbiano bisogno.<br />
Non si tratta di un’operazione artificiosa e, per quanto suggestiva, tutto<br />
sommato arbitraria. Se vi propongo di stare con me a questo gioco, è perché lo<br />
ritengo assolutamente legittimato: in fondo, ogni altro essere umano con cui<br />
entriamo in dialogo, al fine di aiutarlo, assisterlo, curarlo, educarlo, è per noi<br />
un alieno da scoprire e a cui far scoprire noi stessi.<br />
Insomma, la metafora dell’alieno (il malato di mente come il venuto da Altrove;<br />
dall’altrove della foresta, come il ragazzo selvaggio di Francois Truffaut;<br />
dall’altrove dell’Universo come il piccolo ET di Steven Spielberg) è metafora<br />
della difficoltà, ma ancor prima della necessità, del dialogo con altri esseri umani<br />
(dall’essere amato a quello curato a quello educato) in quanto portatori di esperienze<br />
e di competenze, di mente e di cuore, di culture e di sentimenti diversi<br />
dai nostri. In tal senso, affermare con Borgna che noi siamo un dialogo è verità<br />
che va ben oltre il contesto psichiatrico all’interno del quale lo stesso Borgna<br />
l’ha ideata e pronunciata, fino a farne il titolo del suo bellissimo libro.<br />
Come ha giustamente sottolineato Malcom Knowles, grande teorico dell’Andragogia<br />
ovverosia di una metodologia educativa degli adulti che può portare<br />
molte, utili innovazioni anche alla metodologia dell’educazione dei bambini,<br />
le grandi figure di educatori dell’antichità sono tutte figure di educatori degli<br />
adulti (o della comunità locale che dir si voglia, privilegiando il ruolo sociale e<br />
culturale degli adulti all’interno della comunità medesima).<br />
Due esempi su tutti i possibili: Socrate e Gesù, grandi dialogatori (ovverosia,<br />
pienamente, comunicatori) a fini educativi con il prossimo.<br />
Il “dialogo” fu la forma tramite la quale nell’antichità si fece, da parte di grandi<br />
educatori, grande educazione. Il dialogo è una forma di comunicazione educativa<br />
tesa a mettere in contatto i due interlocutori, l’educatore e l’educando, cioè una<br />
forma di comunicazione almeno inizialmente socialmente paritaria: lo scarto<br />
differenziale, che legittima l’uno come educatore e l’altro come educando, viene<br />
a posteriori e a seguito di una dimostrazione di competenza (reale, socialmente<br />
verificabile, sempre arricchibile dal dialogo medesimo) da parte del primo, non<br />
a priori a seguito di uno stato di potere (sulla competenza certificata certamente<br />
fondato ma proprio perciò chiuso all’idea stessa di poter essere arricchito dal-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
17
18<br />
CAPITOLO I<br />
l’interlocutore, tanto meno quanto più egli sia portatore di forme di sapere di<br />
origine non accademica bensì sociale, popolare, esperienziale).<br />
Ne nascerà sempre e comunque qualcosa di buono, da un simile dialogo?<br />
Talora sì, talora no, ma vale sempre la pena di provarci.<br />
Un educatore è doverosamente qualunque operatore scientifico che non voglia<br />
fare del proprio sapere uno strumento di potere.<br />
Il sapere è strumento di potere, che lo si voglia o meno, tutte le volte che non<br />
lo si intenda e sappia divulgare, socializzare, condividere, facendone materia di<br />
educazione e, dunque, di comunicazione. Il che vuol dire non soltanto che il<br />
nostro sapere, sulla scia di Socrate e di Gesù, dobbiamo e possiamo regalarlo<br />
(regalarlo, non venderlo) nella pubblica piazza, ma anche che lo sapremo tanto<br />
meglio fare quanto più saremo consapevoli del fatto che a nostra volta, da ciò<br />
che nella pubblica piazza ascolteremo, anche noi, chiunque noi siamo nel nostro<br />
essere esperti di qualcosa, impareremo cose nuove, che ci arricchiranno e<br />
ci renderanno più bravi nell’affrontare i problemi del mondo.<br />
Questi ultimi, infatti, sono sempre più vasti e complessi di ciò che ci hanno<br />
spiegato all’Università e ci hanno chiesto per iscriverci a questo o a quello dei<br />
vari ordini professionali che categorizzano, e ingessano, il sapere delle persone.<br />
Esso si accresce, in maniera permanente e mai compiuta, soltanto leggendo e<br />
studiando, facendo esperienze e su di esse meditando, ascoltando umilmente i<br />
colleghi, ma anche chi non possiede titoli accademici che ne legittimino il sapere<br />
ma ha, a legittimarlo pienamente nel suo valore cognitivo, una vita di lavoro,<br />
una capacità, se non scientifica certamente esperienziale, di comprendere, di<br />
valutare e di decidere.<br />
Fu agli inizi dell’era moderna, e precisamente nel Seicento, che il dialogo<br />
come forma primaria di educazione fu riscoperto, tentando di applicarlo anche<br />
all’educazione dei fanciulli. Il primo a teorizzarlo, e a praticarlo con i suoi<br />
discepoli, fu John Locke, grande filosofo di scuola empirista ma anche grande<br />
pedagogista, soprattutto nel suo capolavoro I pensieri sull’educazione.<br />
Locke voleva formare ovverosia educare, prima ancora che istruire, i ragazzi:<br />
formarli alla vita, al pensiero, all’osservazione, alle pubbliche relazioni. “Ogni<br />
gentiluomo che si preoccupa della educazione dei propri figli desidera certamente<br />
lasciargli, oltre al patrimonio, almeno quattro cose che comprenderanno poi<br />
tutte le altre: virtù, saggezza, buone maniere e istruzione”.<br />
L’istruzione viene messa per ultima, perché è importante certamente ma ad essa<br />
non può essere ridotta l’educazione, l’attività formativa che farà del giovane un<br />
uomo maturo, colto, conoscitore del mondo e degli altri uomini, protagonista<br />
non passivo nella società. Per istruirsi basta lo studio e basta l’insegnamento<br />
tradizionale, vuol fare intendere Locke, ma per educarsi occorre ben di più:<br />
occorre esperienza del mondo e occorre comunicazione, scambio di opinioni,<br />
dialogo.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
Il “parlare con” costituiva un punto basilare della metodologia didattica lockiana:<br />
non basta parlare ai nostri allievi, egli diceva, occorre anche e soprattutto<br />
parlare con loro, perché è parlando con loro che meglio possiamo capirli e, dunque,<br />
capire come aiutarli a crescere culturalmente, moralmente, socialmente.<br />
Dai tempi di John Locke a quelli nostri, tutta la migliore pedagogia moderna<br />
ha insistito sul dialogo, sulla comunicazione, sull’esperienza fatta in comune,<br />
quali metodi realmente efficaci di insegnamento/apprendimento: da Johann<br />
Heinrich Pestalozzi che, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, sostenne come<br />
a educare sia la vita (attivando la forza del cuore, della mente e della mano del<br />
giovane avviato a farsi uomo e lavoratore) e non i libri e i maestri, che pure ci<br />
vogliono, fino a John Dewey che, agli inizi del Novecento, propose una scuola<br />
che sapesse essere “una forma schietta di attiva vita in comune e non di luogo<br />
appartato dove si apprendono lezioni” e che promosse una concezione dell’educazione<br />
secondo la quale essa “va concepita come una continua rivalutazione<br />
dell’esperienza: il processo e il fine dell’educazione sono una sola e medesima<br />
cosa.<br />
Qualunque fine si assegni all’educazione per darle una mèta e un criterio, priva<br />
il processo educativo di gran parte del suo significato e tende a farci ricorrere, nel<br />
trattare l’allievo, a stimoli esteriori e falsi”. Centrali sono in Dewey, certamente il<br />
più grande pedagogista del XX secolo, i concetti di “interesse” e di “attività”.<br />
Non c’è apprendimento se non c’è interesse e non c’è apprendimento se esso<br />
non si lega a una attività, a una partecipazione concreta del giovane (ma anche<br />
dell’adulto) a un progetto collettivo di esperienza, di intervento sul mondo, di<br />
cambiamento della realtà.<br />
Soltanto nel dialogo le persone costruiscono quei progetti, quelle forme di vita<br />
associata, quelle attività ed esperienze che sviluppano efficacemente i processi di<br />
apprendimento e di crescita dell’intelligenza morale, cognitiva ed emotiva (l’educazione<br />
del cuore, della mente e della mano giustamente cara a Pestalozzi).<br />
Come ha scritto un grande educatore che è stato anche un mio grande, mai<br />
troppo rimpianto amico, Raffaele Laporta: “Quando si dice che l’educazione è<br />
una trasmissione di conoscenza, si deve tener presente che il trasmetterla non<br />
consiste nel consegnarla come si consegna un oggetto da una mano all’altra e<br />
che anche frasi come – ficcare in testa qualcosa agli alunni – non hanno senso:<br />
la mente non è un recipiente […] Essa non è neppure una fiaccola da accendere,<br />
come diceva l’adagio […] Per usare la medesima immagine, essa è già accesa da<br />
sempre, ossia è nata per apprendere costruendo la propria conoscenza del mondo.<br />
John Dewey diceva molto più esattamente che la mente riorganizza di continuo<br />
l’esperienza e che l’apprendimento consiste essenzialmente in questo”.<br />
Apprendimento come rielaborazione continua di un’esperienza che si basa,<br />
fondamentalmente, sul dialogo tra gli uomini e degli uomini con il mondo:<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
19
20<br />
CAPITOLO I<br />
questo l’orizzonte moderno di una teoria dell’educazione come comunicazione.<br />
Jerome Bruner, il più grande pedagogista vivente, la chiama concezione culturale<br />
dell’educazione. “Abbiamo finalmente capito – egli afferma nel suo La cultura<br />
dell’educazione – che il modo di concepire l’educazione è una funzione del modo<br />
di concepire la cultura e i suoi scopi […]. La cultura plasma la mente, ci fornisce<br />
l’insieme degli attrezzi mediante i quali costruiamo non solo il nostro mondo<br />
ma la nostra concezione di noi stessi e delle nostre capacità…Non si può capire<br />
l’attività mentale se non si tiene conto del contesto culturale e delle sue risorse,<br />
che danno forma alla mente e ne determinano il raggio d’azione. Imparare,<br />
ricordare, parlare, immaginare: tutte cose rese possibili dalla partecipazione<br />
attiva a una cultura”.<br />
È partecipando attivamente a una cultura che apprendiamo cose antiche e<br />
cose nuove (entrambe utili), che sviluppiamo la nostra mente e contribuiamo<br />
a sviluppare quella degli altri, che diamo alla e riceviamo dalla comunità di<br />
cui facciamo parte risorse mentali e morali: tutto ciò avviene all’insegna della<br />
comunicazione. È nella comunicazione che la cultura della comunità si costruisce,<br />
che i significati sociali di tutti gli aspetti della nostra esistenza si definiscono.<br />
Come ha scritto, nel suo Comunicazione e condizione umana, Barnett<br />
W.Pearce, direttore del Dipartimento di Comunicazione alla Loyola University<br />
di Chicago, “[…] la comunicazione è il processo attraverso il quale le persone<br />
creano e gestiscono la realtà sociale coordinandosi tra loro: un processo sociale<br />
di coordinamento di azione e di gestione dei significati prodotti in tale coordinamento<br />
[…]. [Quindi] la comunicazione non è un processo sociale tra gli<br />
altri, bensì il processo sociale primario, attraverso il quale vengono creati tutti<br />
i significati sociali.<br />
Questi significati, a loro volta, contestualizzano il processo di comunicazione,<br />
permettendone la realizzazione. In tal modo, viene osservata una circolarità di<br />
rimandi tra processo di comunicazione e strutture di significato: una generazione<br />
reciproca che determina la realtà sociale”.<br />
Educazione come comunicazione, educazione come dialogo sociale permanente:<br />
a ciò fa riferimento Bruner quando parla di “cultura improntata all’apprendimento<br />
reciproco”, immaginando una scuola, e ben oltre la scuola tutta quanta la<br />
comunità, come un luogo ove tutti educano tutti, in quanto tutti comunicano,<br />
apertamente, efficacemente, in maniera competente, con tutti.<br />
Questo è il nuovo orizzonte epistemologico ed etico in cui vanno a collocarsi<br />
le nostre idee sulla cultura, sulla società e su, per dirla ancora con Bruner, “quel<br />
fondamentale, ma misterioso scambio reciproco che chiamiamo con disinvoltura<br />
educazione”.<br />
La concezione comunicativa dell’educazione poggia, ad avviso di Bruner, su<br />
“il problema di come avviene l’incontro tra due menti […] [in tal senso] l’as-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
sunto che la mente dell’allievo sia passiva, sia un ricettacolo che aspetta di essere<br />
riempito” rappresenta un forte ostacolo metodologico al pieno dispiegarsi di una<br />
pedagogia realmente produttiva di conoscenza, di crescita, di libertà: quella che<br />
egli stesso chiama la pedagogia della reciprocità.<br />
Jerome Bruner è stato colui che ha fatto conoscere in Occidente l’opera dello<br />
psico-pedagogista sovietico Lev Vigotskij, il quale morì a soli 37 anni (e anche<br />
perciò fu denominato “il Mozart della psicologia”). Presto caduto in disgrazia<br />
(soprattutto postuma: morì troppo presto per subire simili, meschini affronti)<br />
presso gli stupidi reggitori della scienza e della cultura del suo Paese, soltanto<br />
con il disgelo dei primi anni Sessanta Jerome Bruner ottenne dalle nuove più<br />
aperte autorità sovietiche il permesso di far conoscere in Occidente, traducendola,<br />
l’opera principale di Vigotskij, Pensiero e linguaggio.<br />
Vigotskij, letto trent’anni dopo, ci fece capire come tutta quanta una serie di<br />
distinzioni/contraddizioni della nostra cultura sono non soltanto sbagliate ma<br />
persino educativamente dannose (una delle caratteristiche del fare educativo,<br />
in ciò abbastanza simile al fare curativo, è che o lo fai bene o fai danni). Per<br />
esempio, quella:<br />
– tra pensiero e linguaggio. Per Vigotskij, il pensiero si nutre di linguaggio<br />
e il linguaggio di pensiero ed entrambi di sentimento (“Un discorso – ebbe a<br />
scrivere – è fatto di venti di passione, nuvole di pensiero e grandine di parole”),<br />
(e invece, quanti educatori tuttora pensano che l’educazione consista piuttosto<br />
in prescrizioni di regole che in padronanza di linguaggi);<br />
– tra innatismo e ambientalismo cognitivo. Per Vigotskij, le potenzialità cognitive<br />
dell’essere umano sono, anche, innate (ovverosia frutto di una millenaria<br />
evoluzione della specie umana e delle sue facoltà mentali) ma diventano attive,<br />
efficaci, moltiplicative di ulteriori facoltà e potenzialità, oltre che di competenze,<br />
soltanto se sapientemente implementate (Vigotskij elaborò una teoria cosiddetta<br />
dello “sviluppo prossimale” che significava una cosa molto semplice e bella<br />
ovverosia che nessuno di noi è un bicchiere vuoto che il docente deve riempire<br />
bensì che ciascuno di noi è una fonte di energia che si sprigiona e fa tanta più<br />
luce quanto più qualcuno la sa attivare e sostenere);<br />
– tra teoria e prassi. Per Vigotskij, non c’è un “sapere” che precede un “saper<br />
fare” né viceversa: c’è una dialettica continua di osservare/pensare il mondo-porsi/affrontare<br />
problemi-trovare soluzioni che si fanno regole eppoi teorie-tornare<br />
a osservare/pensare il mondo e così via, all’interno della quale non esistono primati<br />
tra il sapere e il saper fare bensì unicamente un’attività integrata dell’essere<br />
umano che fa pensando e pensa facendo;<br />
– tra pensiero astratto, formale, cosiddetto logico, e pensiero quotidiano,<br />
narrativo, cosiddetto esperienziale. Per Vigotskij, raccontare ciò che si è vissuto,<br />
provato, fatto implica un suo riordino cognitivo che, se ben orientato e ben fatto,<br />
rappresenta una forma di pensiero, un metodo e uno strumento di conoscenza<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
21
22<br />
CAPITOLO I<br />
del mondo e di noi stessi.<br />
Come ha scritto Bruner: “È soprattutto attraverso le nostre narrazioni che<br />
costruiamo una versione di noi stessi nel mondo ed è attraverso la sua narrativa<br />
che una cultura fornisce ai suoi membri modelli di identità e di capacità di<br />
azione”.<br />
Da qui nasce tutto il recente “esplodere” dell’uso del pensiero narrativo nelle<br />
scienze umane del nostro tempo e, soprattutto, in pedagogia (si veda, in Italia,<br />
la “scuola” di Duccio Demetrio) e in medicina (sto curando, assieme a Giorgio<br />
Bert, la prima traduzione italiana di un testo di “Narrative Based Medicine”).<br />
Credo sia evidente quanto tutto ciò sia importante per una nuova e più<br />
adeguata teoria dell’apprendimento. Per ciò che riguarda l’importanza, anche<br />
educativa, dell’elemento narrativo: si tratta di un tema cruciale nell’ambito del<br />
lifelong learning, che spazia dall’utilità educativa delle grandi opere narrative della<br />
cultura umana (le narrazioni pittoriche, romanzesche e poetiche, filmiche e così<br />
via, attraverso le quali l’umanità è andata scrivendo la propria auto-biografia,<br />
imparando così a conoscersi e a comprendersi) a quella che Malcom Knowles<br />
chiama “la formazione degli adulti come autobiografia” e a quello che Duccio<br />
Demetrio chiama “raccontarsi”.<br />
L’importanza di Vigotskij per chiunque voglia seriamente occuparsi di educazione<br />
è indiscutibile: egli è stato uno dei primi che, nel XX secolo, ha cercato di<br />
capire come funzioni la mente (che è, l’avrebbe poi detto Bateson, ma Vigotskij<br />
l’aveva intuito, non soltanto il cervello bensì, anche, la struttura che connette<br />
nell’uomo cervello-cuore-mano e, oltre il singolo uomo, le sue relazioni con la<br />
società, l’ambiente, tutto il resto del mondo) e come funzioni la conoscenza<br />
(teorica, tecnica, emotiva).<br />
Sia la mente che la conoscenza funzionano con un meccanismo di rete. Esse<br />
nascono non dai singoli oggetti, concreti o astratti che siano, ma dalle loro<br />
relazioni.<br />
“Che cos’è la mente e come si sviluppa?”, si chiede Daniel J. Siegel all’inizio<br />
del suo libro intitolato, giustappunto, La mente relazionale. Di fronte a tali<br />
domande, l’idea centrale analizzata in questo libro, derivata dall’integrazione di<br />
conoscenze che provengono da varie discipline, è che la mente è il prodotto delle<br />
interazioni fra esperienze interpersonali e strutture e funzioni del cervello.<br />
Insomma, la mente è (o nulla sarebbe) una mente relazionale. Ciò significa<br />
che:<br />
– la conoscenza si fonda sul dialogo (già l’aveva capito, ben prima che si sviluppassero<br />
le scienze cognitive della fine del Novecento, Lev Vigotskij: ma in<br />
realtà l’avevano intuito tutti i grandi educatori del passato, seppure non potendo<br />
poggiare tale loro intuizione su basi scientifiche);<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
– la produzione (ovverosia, l’attività di ricerca) e la riproduzione (ovverosia,<br />
l’attività educativa) della conoscenza si basa, altresì, sull’esperienza interpersonale,<br />
sul dialogo, sulla comunicazione.<br />
Piaccia o meno ai tanti, troppi, sostenitori delle Verità con la V maiuscola,<br />
dell’Individualismo con l’I maiuscola, dell’Educazione con la E maiuscola, conoscere,<br />
apprendere, educare sono attività sociali, che non si possono fare bene<br />
se non assieme al prossimo, che nascono democratiche e solidali e subiscono<br />
limitazioni e vincoli depressivi da chiunque cerchi di inserirli in contesti sociali,<br />
politici, economici, organizzativi, legislativi, professionali, burocratici, ecc., che<br />
democratici e solidali non sono.<br />
La mente si fonda, dentro la persona e nei rapporti della persona con il<br />
mondo, prima di tutto su meccanismi e metodi di “integrazione”. Come scrive<br />
ancora Siegel: “L’integrazione permette alla mente di regolare i flussi di energia<br />
e i processi di elaborazione delle informazioni e di collegare e coordinare le sue<br />
attività […] I processi interpersonali possono favorire integrazione e coerenza<br />
alterando le modalità con cui la mente organizza le proprie funzioni […] La<br />
creazione di coerenza è un progetto a cui lavoriamo durante l’intero corso della<br />
nostra esistenza: l’integrazione non è una tappa definita del nostro sviluppo ma<br />
un processo continuo. È un verbo, non un sostantivo”.<br />
Questo verbo si attiva ogni volta che due persone dialogano tra loro (siano<br />
essi un bambino e un adulto, due adulti, un operatore sanitario e un cittadino<br />
domandante salute, un operatore della protezione ambientale e un membro della<br />
comunità voglioso di sapere e di contare rispetto alla situazione dell’habitat in<br />
cui vive e opera e così via).<br />
Scrive ancora Siegel: “Lo stabilirsi di connessioni dirette fra le menti di due<br />
individui coinvolge […] una forma diadica di risonanza, in cui energia e informazioni<br />
possono fluire liberamente da un cervello a un altro. Quando questi<br />
processi di comunicazione interpersonale vengono pienamente attivati […] si<br />
crea un senso di vitalità, di immediatezza e di autenticità che può essere estremamente<br />
coinvolgente e stimolante.<br />
È in questi momenti particolarmente intensi, in questi stati di risonanza diadica,<br />
che riusciamo veramente ad apprezzare come le relazioni con gli altri possano<br />
nutrire le nostre menti”. In scenari interpersonali diadici o anche maggiormente<br />
allargati (gruppi, comunità e così via), quella situazione di “risonanza comunicativa”<br />
di cui parla Siegel è l’unica, vera situazione educativa ovverosia l’unico<br />
scenario produttivo di apprendimento e di crescita personale e sociale.<br />
Mi rendo conto di avere fino ad ora parlato di educazione tout court, mostrandone<br />
e valorizzandone il proficuo “paradigma comunicativo”, piuttosto<br />
che di educazione alla salute. L’ho fatto perché ritengo che, quando l’attività<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
23
24<br />
CAPITOLO I<br />
educativa sia rivolta a promuovere giustappunto la salute, ciò non ne cambi<br />
granché i connotati epistemologici e pragmatici. Tuttavia, qualche considerazione<br />
sulla salute, sulla sua promozione (nei luoghi di lavoro e fuori di essi), sul ruolo<br />
dell’educazione in essa, credo sia utile farla, prima di passare alle conclusioni.<br />
Di cosa parliamo, quando parliamo di salute? Nel 1948, l’OMS definì la<br />
salute “uno stato di perfetto benessere fisico, psichico e sociale”.<br />
Ha in merito scritto Giorgio Cosmacini, nel Dizionario di storia della salute da<br />
lui stesso curato con alcuni collaboratori: “Altri interessanti aspetti del dibattito<br />
(su cosa sia la salute o meglio su quali significati diamo a questo importante concetto)<br />
emergono in rapporto alla definizione […] fornita dall’OMS […] Occorre<br />
innanzitutto riconoscere il carattere storicamente illuminato di tale definizione:<br />
concependo la salute non come semplice mancanza di malattia, ma come un<br />
completo benessere fisico, psichico e sociale, l’OMS valorizza l’essere umano<br />
nella sua pienezza e nella molteplicità delle sue dimensioni. Viene inoltre implicitamente<br />
rivendicato, per tutti, il diritto di accedere a questa condizione.<br />
La definizione dell’OMS presenta tuttavia anche un versante meno convincente.<br />
In esso si può intravedere il riflesso di quell’ideologia e di quel mito<br />
dell’efficientismo che dominano nelle società avanzate. Se veramente la salute è<br />
questo multiforme e perfetto benessere, cosa pensare di quanti tale benessere non<br />
hanno mai raggiunto o lo hanno perduto, come i malati cronici e gli anziani?<br />
Non essere in perfetta efficienza, non essere vincenti sul piano sociale, significa<br />
essere persone incomplete?”.<br />
Altri autorevoli studiosi, sia italiani che stranieri, hanno, in anni più o meno<br />
recenti, espresso perplessità analoghe, per esempio Claudine Herzlich, una delle<br />
prime sociologhe europee della salute e della sanità. Ella afferma giustamente,<br />
nel suo Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, scritto<br />
assieme a Marc Augé: “La salute diviene […] [così] una supercategoria normativa,<br />
supercategoria dai sensi molteplici e dal campo d’intervento demoltiplicato: la<br />
salute è in tutto e tutto è nella salute. Oggi, essa rappresenta – si potrebbe dire<br />
– uno dei nuovi modi di designare la felicità […] Ci si potrebbe anche trovare<br />
di fronte all’imposizione di una ideologia sanitaria normalizzatrice […]”.<br />
Lungo questa strada, intende dire la Herzlich, il diritto alla salute (che comporta,<br />
come prerequisito essenziale, il diritto di essere malati, una delle conquiste<br />
democratiche della moderna assistenza sanitaria) finisce con il diventare, prima<br />
o poi, il dovere della salute.<br />
Dice ancora la Herzlich (questa volta in Malades d’hier, malades d’aujourd’hui,<br />
scritto assieme a Janine Pierret): “Oggi, il diritto alla salute implica la responsabilizzazione<br />
di ciascun individuo che deve adottare comportamenti razionali<br />
rispetto agli effetti dannosi del suo modo di vivere. L’educazione sanitaria<br />
risponde a tale obiettivo […] [In tal modo] il dovere di salute finisce con il<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
rimpiazzare totalmente il diritto alla malattia, ma […] l’attribuzione della gran<br />
parte della responsabilità delle malattie ai comportamenti personali e la relativa<br />
occultazione dei suoi determinanti sociali non è certamente innocente. Significa<br />
dimenticarsi che la malattia è una realtà che traduce il malessere dell’individuo<br />
nei suoi rapporti con l’ambiente e con la società e che occuparsi di ciò non può<br />
significare mettere in pratica una sorta di ortopedia comportamentale”.<br />
L’educazione, non soltanto quella alla salute ma in generale, si trasforma<br />
sempre, tristemente, in “ortopedia comportamentale “ quando, invece che<br />
realmente educativa diventa ri-educativa (quasi che il suo compito primario<br />
fosse il “correggere” invece che il liberare e l’arricchire) e invece che formativa<br />
diventa con-formativa.<br />
Rispetto a tutto ciò, il concetto di promozione della salute, elaborato e diffuso a<br />
partire dalla Conferenza OMS di Ottawa, rappresenta un notevole cambiamento<br />
di paradigma teorico. Vediamo in che senso.<br />
La Conferenza di Ottawa per la Promozione della salute, che ebbe luogo<br />
nella città canadese tra il 17 e il 21 novembre del 1986, produsse un importante<br />
documento finale, la cosiddetta Carta di Ottawa.<br />
Essa esordisce dando una definizione del concetto di promozione della salute:<br />
“La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di<br />
aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla […] La salute (va)<br />
vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere […]<br />
Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore<br />
sanitario”, eppoi enumera solennemente quelli che vengono, dall’OMS, considerati<br />
i cosiddetti prerequisiti della salute ovverosia gli obiettivi che andrebbero<br />
promossi (necessariamente non soltanto dal settore sanitario, che non ha alcuna<br />
competenza né istituzionale né culturale su molti aspetti) affinché la salute aumenti,<br />
si diffonda nel Mondo, si renda accessibile, come diritto universale di<br />
cittadinanza, da parte di tutti gli abitanti del Mondo stesso: “Le condizioni e<br />
le risorse fondamentali per la salute sono: la pace, l’abitazione, l’educazione, il<br />
cibo, un reddito, un ambiente equilibrato, lo sviluppo sostenibile, la giustizia<br />
sociale, l’equità. Il miglioramento dei livelli di salute deve essere saldamente<br />
basato su questi prerequisiti fondamentali”.<br />
Da ciò derivano le cinque strategie di salute individuate dalla carta di Ottawa:<br />
– costruire politiche pubbliche per la salute (anche politiche educative, dunque,<br />
poiché l’educazione, come abbiamo visto dai prerequisiti poco sopra citati, è un<br />
fattore di promozione della salute in sé, non solo e non tanto quando è “educazione<br />
sanitaria” in senso stretto);<br />
– creare ambienti favorevoli alla salute (ecco il rapporto, decisivo, della promozione<br />
della salute con la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile, che<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
25
26<br />
CAPITOLO I<br />
implica un necessario superamento della tradizionale separazione tra educazione<br />
sanitaria ed educazione ambientale e una tendenziale complementarietà progettuale<br />
di esse, che per farlo non resteranno evidentemente tali bensì diventeranno<br />
una comune e proficua forma di educazione di comunità per lo sviluppo salubre<br />
e sostenibile);<br />
– rafforzare l’azione partecipativa delle comunità locali (è l’importante, anche<br />
in campo educativo, concetto di empowerment o, per dirla con Amartya Sen,<br />
di capacitazione della persona, in quanto individuo, cittadino, lavoratore, consumatore);<br />
– sviluppare le abilità e le competenze personali (emerge così, nuovamente, il<br />
ruolo dell’educazione, non della “vecchia” educazione sanitaria, finalizzata a<br />
prescrivere comportamenti personali del tutto etero-diretti, bensì un’educazione<br />
a tutto campo che faccia crescere la capacità delle persone e delle comunità<br />
locali di governare eco-democraticamente il proprio territorio e il suo sviluppo<br />
salubre e sostenibile);<br />
– riorientare i servizi sanitari (logicamente, verso obiettivi e servizi di prevenzione,<br />
capaci di promuovere davvero la salute e non soltanto di promuovere il<br />
salutismo nevrotico e la sanitario-dipendenza dei cittadini).<br />
In che senso la Carta di Ottawa, con la sua definizione di promozione della<br />
salute, con la sua indicazione dei prerequisiti della salute stessa, con l’orientamento<br />
legato alle sue cinque strategie, consolida un paradigma nuovo di salute,<br />
che non annulla ma certo fortemente e positivamente corregge e supera quello<br />
utopicamente famoso ma epistemologicamente e pragmaticamente alquanto<br />
fumoso derivante dalla “mitica” definizione del 1948 (la quale, secondo due<br />
valenti epidemiologi europei, Schrabanek e Mac Cormick, sarebbe applicabile,<br />
a voler essere spiritosamente concreti, soltanto all’orgasmo)?<br />
In vari sensi, tutti quanti orientati a una nuova definizione di salute, in<br />
quanto:<br />
– considera la salute non più uno “stato” bensì un processo dinamico, qualcosa<br />
che va continuamente promosso e non è mai, compiutamente, raggiunto;<br />
– considera la salute come il risultato non di una singola strategia (quella<br />
che potremmo definire delle politiche sanitarie di un Paese) né di un singolo<br />
campo di ricerca scientifica (la medicina, le scienze sanitarie) e di operatività<br />
pratica (quella delle organizzazioni e dei servizi sanitari) bensì come il risultato<br />
di strategie multiformi e di campi di ricerca scientifica e di operatività pratica<br />
multi- e inter-settoriali;<br />
– è investita della possibilità, e dunque del diritto-dovere, di promuovere la<br />
salute una polifonia di soggetti (da chi progetta case e fabbriche a chi costruisce<br />
automobili, da chi si occupa di ambiente a chi si occupa di alimentazione, dai<br />
decisori dello sviluppo della città agli educatori) che vanno ben oltre gli operatori<br />
sanitari in senso stretto, pur lasciando a essi gratificanti e gravosi compiti;<br />
– vengono individuati come fattori essenziali della promozione della salute<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
la partecipazione consapevole (da cum-sapere, partecipare della conoscenza),<br />
convinta (da cum-vincere, vincere assieme, cittadini e tecnici, persone normali<br />
ed esperti) e attiva delle persone e delle comunità e, dunque, il loro empowerment,<br />
la loro capacitazione;<br />
– i percorsi della promozione della salute danno un grande ruolo all’educazione,<br />
non soltanto in quanto espressamente orientata alle tematiche sanitarie, bensì<br />
in un senso molto più generale in quanto educazione ai diritti di cittadinanza<br />
(ivi compreso il diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro e alla sua sicurezza) e<br />
alla partecipazione responsabile e attiva.<br />
Conclusioni<br />
Chiudo citando una frase assai bella, detta da un ultranovantenne che si autodefinisce<br />
“curioso del futuro” e da cui molto ho imparato. Si tratta di Vittorio<br />
Foa, un uomo che non a caso, per tutta la sua lunga e mirabile vita, molto ha<br />
studiato e difeso il lavoro, la sua dignità, la sua sicurezza, la sua libertà.<br />
Egli, parlando di formazione, ha scritto recentemente: “L’obiettivo è aiutare<br />
gli esseri umani a governare il proprio mondo, a sapersi e potersi muovere nell’ambiente<br />
[…] Quello che conta è dunque la formazione, […] [la quale] non è<br />
soltanto la trasmissione del sapere da chi sa a chi non sa. La formazione è anche<br />
diventare diversi. Non è pedagogia, è comunicazione”.<br />
1.2. La comunicazione sul rischio per la salute:<br />
tra incertezze e opportunità<br />
MARCO BIOCCA<br />
Il tema della comunicazione nella valutazione e gestione dei rischi per la salute<br />
non è una novità ed è, anzi, ormai largamente considerato nella letteratura<br />
scientifica, soprattutto nordamericana. In Europa l’Ufficio regionale europeo<br />
dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva negli anni ’90 promosso la redazione<br />
di un volume dedicato a Communicating about risks to environment and<br />
health in Europe (ed. Gray P.C.R., Stern R.M., Biocca M.; Kluwer Academic<br />
Publisher, 1998) a cui diversi esperti italiani avevano collaborato. La traduzione<br />
italiana La comunicazione dei rischi ambientali per la salute in Europa è stata<br />
pubblicata da Franco Angeli nel 1999.<br />
Nella collana sulla comunicazione in sanità del Centro Scientifico Editore<br />
diretta da Stefano Beccastrini è stato pubblicato l’anno scorso un mio libro dal<br />
titolo La comunicazione sul rischio. Il teatro di Sagredo. In Italia contributi interessanti<br />
provengono anche dall’Istituto internazionale di sociologia di Gorizia<br />
e dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Torino.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
27
28<br />
CAPITOLO I<br />
Le note che seguono mirano ad offrire in sintesi un quadro di riferimento di<br />
carattere generale che si articola su quattro piani:<br />
1. la comunicazione sul rischio come una tecnica;<br />
2. la comunicazione sul rischio come un diritto;<br />
3. la comunicazione sul rischio come una condizione per il successo della<br />
valutazione e della gestione dei rischi;<br />
4. le analogie tra la comunicazione sul rischio per la salute nel campo ambientale<br />
o lavorativo e in quello più strettamente sanitario.<br />
Quante incertezze<br />
Prima di affrontare questi 4 punti, tuttavia, vorrei ricordare che il terreno su<br />
cui si coltiva la maggior parte delle comunicazioni sul rischio è quello delle<br />
incertezze.<br />
Edgar Morin, che include l’affrontare le incertezze tra I sette saperi necessari<br />
all’educazione del futuro (Raffaello Cortina Editore, 2001), ricorda che “le scienze<br />
ci hanno fatto acquisire molte certezze, ma nel corso del XX secolo ci hanno<br />
anche rivelato innumerevoli campi di incertezza... Si dovrebbero insegnare<br />
principi di strategia che permettano di affrontare i rischi, l’inatteso e l’incerto<br />
e di modificarne l’evoluzione grazie alle informazioni acquisite nel corso dell’azione.<br />
Bisogna apprendere a navigare in un oceano di incertezze attraverso<br />
arcipelaghi di certezza”.<br />
In effetti non sono tanto le incertezze scientifiche, ancora molto numerose<br />
comunque, che fanno paura alla nostra cultura razionalista. Quasi sempre accettiamo,<br />
infatti, i limiti di specificità e sensibilità dei nostri metodi e abbiamo anche<br />
sviluppato buone tecniche per tenere sotto controllo gli errori di misura.<br />
Certo quando il paradigma interpretativo prevalente non funziona e l’ignoranza<br />
copre ogni possibile errore possiamo fare poco, ma rimaniamo fiduciosi<br />
nell’arrivo, prima o poi, di una rivoluzione scientifica.<br />
Le incertezze più salienti sono, piuttosto, quelle legate ai determinanti delle<br />
scelte politiche e individuali. Non c’è un concetto univoco che le comprenda<br />
e propongo, quindi, la classificazione di Funtowicz e Ravetz (Funtowicz S.O.,<br />
Ravetz J.R. Uncertainty and quality in science for policy, Kluwer Academic Press,<br />
1990):<br />
– l’incertezza situazionale complessiva, che caratterizza una specifica circostanza<br />
e che va gestita nel contingente. E’ la risultante di diversi componenti, in<br />
particolare dell’inadeguatezza delle informazioni disponibili rispetto alle<br />
decisioni necessarie, e può avere una intensità variabile;<br />
– l’incertezza legale-morale, che è legata alle possibili conseguenze della decisio-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
ne che verrà, o non verrà, presa. La possibilità di essere perseguiti per una<br />
determinata azione o, quantomeno, dover fare i conti con il proprio senso<br />
di colpa nel caso di evoluzione negativa pesa sulle decisioni e spinge spesso<br />
ad atteggiamenti difensivi e dilatori, a non diffondere informazioni;<br />
– l’incertezza sociale, che è determinata dal grado di coesione, o viceversa<br />
di conflitto, esistente in una comunità e dal livello di integrazione con le<br />
istituzioni.<br />
– l’incertezza istituzionale, che è il risultato della scarsa capacità di comunicazione,<br />
comprensione, collaborazione fra i diversi organismi chiamati a<br />
gestire un problema ed è favorita da tradizioni di gelosia, competizione e<br />
segretezza tipiche di alcune burocrazie;<br />
– le incertezze determinate dai diritti/interessi della proprietà e della privacy,<br />
che sono prodotte dalle norme che regolano la possibilità di divulgare o<br />
nascondere le informazioni e interessano persone, professionisti, imprese,<br />
organizzazioni e istituzioni.<br />
Nelle vicende reali queste incertezze spesso si intrecciano e potremmo fare<br />
diversi esempi.<br />
Nel caso dell’incidente di Seveso la grande incertezza scientifica e il peso del<br />
segreto industriale hanno portato a una comunicazione caratterizzata piuttosto<br />
dal silenzio. Nel caso, invece, dell’arrivo di una inondazione prevale certamente<br />
la condivisione dei problemi e la necessità di amplificare al massimo la comunicazione.<br />
Un tale esercizio è utile a fini descrittivi, ma ancor di più serve per<br />
orientare azioni comunicative.<br />
La comunicazione è una tecnica<br />
La comunicazione è una scienza e dispone di tecniche adatte per i diversi<br />
scenari. In un periodo non lontano, che peraltro non è affatto superato, si è<br />
pensato che i successi nelle situazioni di rischio fossero frutto di una comunicazione<br />
convincente, cioè della efficacia di messaggi mirati a persuadere chi ascolta<br />
della correttezza di un punto di vista. L’attenzione era posta sulle caratteristiche<br />
di una comunicazione efficace, sulla chiarezza dei messaggi, sull’uso appropriato<br />
degli strumenti.<br />
La spinta verso questa direzione veniva dallo sviluppo dell’interesse delle comunicazioni<br />
per il marketing, che dimostravano come l’efficacia di una strategia<br />
fosse legata alle conoscenze delle caratteristiche dell’uditorio, alla legittimità della<br />
percezione della situazione, alle tecniche comunicative adottate e, soprattutto, alla<br />
fiducia che la fonte del messaggio possedeva, alla sua credibilità, alla convinzione<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
29
30<br />
CAPITOLO I<br />
che l’intero processo fosse fondamentalmente onesto. Prevaleva l’attenzione quasi<br />
solo per informare, prescrivere, creare un’immagine, convincere.<br />
Per comunicare con efficacia occorre conoscere questa scienza e le sue tecniche,<br />
ma percorrere questa strada in modo acritico genera spesso sconfitte.<br />
Comunicare include la capacità di ascoltare, le opinioni, le proteste, i giudizi,<br />
le richieste degli interlocutori interessati.<br />
La comunicazione è un diritto<br />
La comunicazione, però, non è solo tecnica: nell’ordinamento normativo che<br />
regola la nostra società è considerata come uno dei diritti fondamentali dei<br />
cittadini, in particolare, ma non solo, per quanto riguarda la salute.<br />
Forse l’orientamento del quadro legislativo non è stato del tutto coerente<br />
nel suo sviluppo e il percorso non è certo stato completato, ma non possiamo<br />
negarne l’importanza.<br />
Questo diritto si declina in tre principali categorie:<br />
1. diritto ad essere informati;<br />
2. diritto ad avere accesso all’informazione;<br />
3. diritto ad esprimere la propria opinione per partecipare alle decisioni.<br />
La prima categoria, e finora certamente la più considerata, è basata sul principio<br />
che chi genera dei rischi ha l’obbligo di informare chi viene esposto.<br />
È un campo fortemente condizionato da altri diritti, spesso più forti, come<br />
il segreto industriale. È anche deformato da resistenze energiche che si attuano<br />
con varie tecniche: dalla reticenza alla inondazione informativa (annego le informazioni<br />
sostanziali in un mare di dettagli insignificanti), alle cortine fumogene<br />
create con linguaggi incomprensibili, ai cavilli giudiziari.<br />
Inizialmente questo principio era interamente considerato all’interno del<br />
rapporto tra cittadini e amministrazione pubblica garante della salute di tutti.<br />
Veniva regolato col sistema delle autorizzazioni e dei controlli: per costruire una<br />
casa, per aprire una fabbrica, ecc.<br />
Le prime norme nuove in questo senso (DPR 303/1956) riguardano il mondo<br />
del lavoro e includono l’obbligo per i datori di lavoro e i preposti di “rendere<br />
edotti”, come si diceva allora, i lavoratori sui rischi e sulle misure per contenerli.<br />
Poi è venuto lo Statuto dei diritti dei lavoratori (legge 300/1970) che riconosce<br />
una situazione asimmetrica anche sul piano informativo e garantisce ai lavoratori<br />
il diritto di utilizzare propri esperti. Con il Servizio sanitario nazionale (nato con<br />
la legge 833 del 23.12.1978) ci si apre alla dimensione territoriale locale e alla<br />
formulazione di mappe di rischio, con l’obbligo per le aziende di comunicare<br />
le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche e<br />
i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente. Seguono la lunga serie delle norme<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
sulla etichettatura e i filoni che riguardano l’informazione dei consumatori (in<br />
generale e in specifici settori come gli alimenti o i farmaci).<br />
C’è molto ancora, ma potremmo concludere citando le norme sulla informazione<br />
dei cittadini che vivono nelle aree circostanti impianti a rischio di<br />
incidente rilevante.<br />
Il diritto ad avere accesso all’informazione è stato considerato più recentemente,<br />
soprattutto con l’intento di avvicinare maggiormente l’amministrazione<br />
pubblica ai cittadini rendendola più trasparente. Riguarda prevalentemente il<br />
diritto di accesso ai documenti amministrativi (la legge 241/1990) e ha un approfondimento<br />
specifico nel campo dell’informazione sullo stato dell’ambiente.<br />
Il quadro dei diritti non sarebbe completo se non fosse compresa anche la<br />
possibilità di esprimere la propria opinione. Potrebbe sembrare a prima vista<br />
l’aspetto più facile e scontato, ma non è affatto così. La libertà di esprimere la<br />
propria opinione è garantita, ma trovare il modo per farla sentire agli altri è più<br />
difficile.<br />
Negli anni ’70 vennero promulgati i primi Statuti regionali e alcuni di questi<br />
contengono disposizioni sulla partecipazione dei cittadini alla produzione<br />
legislativa e alle attività regionali, attraverso specifici strumenti informativi e la<br />
organizzazione di incontri. Nella legge di istituzione del Ministero dell’ambiente<br />
compare anche il diritto a esprimere opinioni e pareri scritti, ma solo nel caso<br />
che si stia progettando un’opera soggetta a valutazione di impatto ambientale.<br />
Su questo terreno in effetti c’è poco. La pubblica amministrazione resiste alle<br />
prospettive di un approccio più partecipato nel timore di perdere potere. Le<br />
imprese preferiscono, semmai, vincoli ambientali più severi e costosi piuttosto<br />
che assoggettare la propria attività a una verifica e a una negoziazione che coinvolga<br />
tutti gli interessi in causa, con probabili allungamenti dei tempi, dei costi<br />
e aumento delle opposizioni.<br />
Con la legge 108/2001 è stata ratificata la Convenzione sull’accesso alle informazioni,<br />
la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla<br />
giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus in Danimarca il 25 giugno<br />
1998 durante la 4° Conferenza europea dei Ministri dell’ambiente. Questo atto<br />
può essere considerato, almeno per alcuni problemi ambientali, una sintesi dei<br />
diversi diritti descritti nelle pagine precedenti.<br />
Occorre tornare alla comunicazione nel mondo del lavoro, come avevamo<br />
iniziato, per vedere riconosciuto (Decreto Legislativo 626/1994) il diritto dei<br />
Rappresentanti dei lavoratori ad esprimere il proprio parere, in particolare sul<br />
documento di valutazione dei rischi, che diventa così lo strumento chiave per<br />
la programmazione della prevenzione e per la comunicazione tra i soggetti che<br />
hanno titolo a partecipare alle scelte.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
31
32<br />
CAPITOLO I<br />
Così come nell’approccio tecnico, anche nel campo dei diritti prevale l’attenzione<br />
verso l’accesso alla informazione, piuttosto che verso la facilitazione<br />
dell’ascolto. Esprimere il proprio parere è un diritto fondamentale, riconosciuto<br />
nelle principali carte dei diritti dell’essere umano, che rimane generico. Come<br />
il diritto alla salute, esso è esercitato in modo disuguale e trova tuttora solo<br />
embrionali applicazioni nei processi decisionali.<br />
La comunicazione è una condizione<br />
Da più parti, tuttavia, si sta facendo strada la convinzione che per fare scelte che<br />
interessano lo sviluppo e anche la salute delle collettività sia necessario favorire<br />
la comunicazione tra i cittadini. Un approccio “negoziato” permette di considerare<br />
tutti i punti di vista e gli interessi, di creare le condizioni per un dialogo<br />
fruttuoso o comunque, di ridurre le opposizioni preconcette.<br />
La comunicazione tra i soggetti che hanno titolo è probabilmente la condizione<br />
migliore per trovare la soluzione più appropriata. E ciò è del tutto valido anche<br />
per i rischi ambientali come dimostrano, ad esempio, Luigi Bobbio e Alberico<br />
Zeppetella in Perché proprio qui? Grandi opere e opposizioni locali (Franco Angeli,<br />
1999).<br />
Anche a questo fine sono stati introdotti nel sistema istituzionale concetti<br />
e strumenti innovativi quali: la programmazione negoziata, il protocollo d’intesa,<br />
la consulta, l’accordo di programma, la conferenza dei servizi, l’intesa<br />
istituzionale di programma, il patto territoriale, il contratto di programma, il<br />
contratto d’area. Alcuni servono per realizzare interventi che richiedono l’azione<br />
coordinata di più enti pubblici, mentre altri servono a favorire l’accordo tra<br />
enti locali, parti sociali e altri soggetti pubblici per finanziare progetti, favorire<br />
l’occupazione, risanare aree degradate, etc. In questa logica va considerato<br />
anche il Piano sanitario nazionale 1998-2000 che aveva un titolo significativo<br />
“Patto di solidarietà per la salute”. Prevedeva, infatti, che gli obiettivi di salute<br />
proposti fossero perseguiti non soltanto con il contributo dei servizi sanitari, ma<br />
con l’impegno delle diverse forse istituzionali, sociali ed economiche attraverso<br />
condivise politiche di salute.<br />
La Regione Emilia-Romagna nel suo Piano sanitario regionale 1999-2001<br />
aveva reso ancora più esplicito questo punto, prevedendo lo sviluppo di Piani<br />
per la salute, cioè “piani poliennali di azione elaborati e realizzati da una pluralità<br />
di attori, coordinati dal governo locale, che impegnano risorse umane e materiali<br />
allo scopo di migliorare la salute e l’assistenza sanitaria della popolazione<br />
residente”.<br />
L’esperienza dei Piani per la salute si sta sviluppando in modo davvero originale<br />
e diffuso e può essere meglio conosciuta esplorando il sito I cittadini competenti<br />
costruiscono piani per la salute (www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan/pps/<br />
index.htm).<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Fig. 1. Le sfere della comunicazione.<br />
CAPITOLO I<br />
La comunicazione, quindi, è una condizione che offre grandi opportunità,<br />
ma va organizzata, promossa, facilitata, soprattutto in quei contesti potenzialmente<br />
conflittuali, in cui gli interlocutori non si capirebbero o troverebbero<br />
strade contrapposte.<br />
Gli esperti hanno linguaggi e codici condivisi e dispongono di tecniche e<br />
opportunità che rendono facile la comunicazione tra loro: rappresentano un<br />
universo che si incontra, anche se a volte con opinioni diverse, attorno alla<br />
stima tecnica del rischio.<br />
Gli altri, le persone non esperte, i gruppi di popolazione interessati, coloro<br />
che rappresentano l’universo del rischio percepito, hanno difficoltà molto maggiori<br />
di comunicazione e anche risorse culturali ed economiche diversificate. Le<br />
asimmetrie sono la norma e i mezzi di informazione di massa non le risolvono<br />
necessariamente, anche perché non hanno questa finalità.<br />
Il compito di avvicinamento può essere svolto dalle pubbliche amministrazioni,<br />
unico soggetto che ha il ruolo e l’autorevolezza (non sempre purtroppo)<br />
e dispone dei mezzi per dare voce a tutti e aiutare a ricercare le soluzioni. Ecco<br />
un tema che in questa sede potrebbe trovare utili approfondimenti.<br />
Un’analogia da sviluppare<br />
Arrivo, così, alla conclusione che comunicare sul rischio per la salute significa<br />
mettere tutti i soggetti nelle condizioni di accedere alle informazioni disponibili,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
33
34<br />
CAPITOLO I<br />
di scambiare le opinioni e di esprimere le proprie scelte per contribuire effettivamente<br />
alla decisione.<br />
Dare voce ai diversi punti di vista, anche a quelli che non hanno forze proprie<br />
sufficienti, richiede tecniche, in alcuni casi risponde a un vincolo di legge, più<br />
spesso è un obbligo morale, ma sostanzialmente è la condizione migliore per<br />
trovare soluzioni per i complessi e incerti problemi che la società si trova oggi<br />
di fronte.<br />
La salute è un elemento centrale della vita, dei singoli e delle comunità e dovrebbe,<br />
per questo, anche diventare un criterio orientativo per le diverse scelte<br />
politiche (sociali, ambientali, economiche, etc.). In questo senso si inscrive a<br />
pieno titolo nell’ambito di quei processi partecipati che si stanno attualmente<br />
sviluppando in vari settori della società e che attirano l’attenzione degli studiosi<br />
di scienze politiche.<br />
Questo modo di vedere le relazioni finalizzate alla gestione dei rischi per<br />
la salute, tuttavia, non è dissimile da quello che ognuno di noi vorrebbe che<br />
fossero i rapporti con il proprio medico. Molti usano il termine partnership<br />
per indicare il concorso di entrambi, pur con le diverse conoscenze soggettive<br />
e obiettive di cui sono portatori e con le diverse responsabilità che li caratte-<br />
Fig. 2. La comunicazione tra i soggetti che hanno titolo per partecipare a una scelta<br />
per la salute: voce e uscita.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
rizzano, alla definizione e alla condivisione del processo assistenziale. Questo<br />
approccio incrementa fortemente la probabilità di successo dell’intervento, come<br />
documenta, ad esempio, quasi ogni settimana il British Medical Journal, nei più<br />
svariati campi della medicina.<br />
Sempre più rilevante nella gestione delle strutture sanitarie sta anche diventando<br />
il tema della gestione dei rischi, soprattutto per i pazienti, ma anche per i<br />
lavoratori. La comunicazione sul rischio acquista in tale ambito una importanza<br />
specifica e cruciale, per certi versi anche con valenze di ordine legale.<br />
D’altra parte, se non avessimo la possibilità di farci ascoltare, con buona<br />
probabilità eserciteremmo il nostro legittimo diritto a trovare un’alternativa.<br />
Questa analogia potrebbe essere portata ancora più avanti. Si potrebbe a buon<br />
titolo affermare che, a causa dei positivi risultati che si ottengono e anche delle<br />
aspettative che esistono, la comunicazione per la salute è una tecnica, un diritto<br />
e, soprattutto, una condizione per affrontare i problemi del servizio sanitario,<br />
poiché anche in questo caso, o si da voce alle persone in modo che esprimano<br />
i loro interessi, le loro aspettative, le loro critiche, le loro scelte, oppure è facile<br />
prevedere che possano esercitare il diritto a cercare un’alternativa.<br />
Ecco, quindi, altri temi che non mancheranno di occupare l’attenzione di<br />
molti nel prossimo futuro.<br />
1.3. Attività e funzioni del CTIPL<br />
MARCO MASI<br />
Con l’attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, si accentua il<br />
ruolo delle Regioni e delle Province Autonome nella materia della tutela e della<br />
sicurezza del lavoro, individuata come concorrente all’interno dei principi fondamentali<br />
riservati allo Stato.<br />
La legge di modifica costituzionale ha proposto un profondo cambiamento<br />
nel modo di esercitare i poteri, promuovendo un modello meno verticistico, a<br />
favore di una maggiore apertura a diversi soggetti nel processo di elaborazione<br />
delle politiche, così da garantire una partecipazione più ampia delle istituzioni,<br />
dei cittadini, dei lavoratori e delle loro rappresentanze.<br />
Questo convegno si colloca nel quadro di una serie di iniziative assunte negli<br />
ultimi anni per il rilancio del problema della prevenzione e della sicurezza nei<br />
luoghi di lavoro che ha visto il forte impegno delle Regioni e delle Province<br />
Autonome come parte attiva per l’effettiva applicazione delle norme in materia,<br />
costituendo un riferimento costante per le altre Amministrazioni dello Stato e per<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
35
36<br />
CAPITOLO I<br />
Fig. 3. Il lavoro extracomunitario nel settore costruzioni (Rapporto Fillea-CGIL).<br />
le parti sociali. È opportuno cogliere appieno le occasioni derivate dalla riforma<br />
del titolo V della Costituzione, sviluppando un modello che contemperi le criticità<br />
con gli elementi assolutamente positivi della riforma costituzionale, operando<br />
affinché gli sforzi del legislatore regionale siano indirizzati alla progettazione e<br />
realizzazione di nuove ed efficaci soluzioni di politica attiva del lavoro.<br />
Uno strumento fondamentale, a questo proposito, è rappresentato dal Coordinamento<br />
tecnico delle Regioni e delle Province Autonome in tema di tutela e<br />
sicurezza del lavoro, di cui la Regione Toscana riveste il ruolo di coordinamento<br />
operativo. Rappresenta un’ulteriore occasione di innovazione nella costruzione<br />
del sistema a rete della prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro e costituisce<br />
un raccordo permanente fra le varie Istituzioni pubbliche.<br />
Ciò ha permesso di creare un sistema di relazioni e di confronto fra Ministeri<br />
competenti, INAIL, ISPESL, Istituti scientifici e di ricerca, di scambiare dati<br />
ed informazioni utili alla prevenzione; di progettare e programmare iniziative<br />
comuni sulla base di proposte sostenibili e tecnicamente valide, capaci di valorizzare,<br />
accanto alle specificità derivanti dai diversi contesti economici, sociali e<br />
culturali, il patrimonio collettivo delle migliori esperienze regionali realizzate.<br />
Grazie al funzionamento del Coordinamento sono già stati elaborati indirizzi<br />
e linee guida uniformi per tutte le regioni, oltre a condividere, in sede tecnica,<br />
contributi su provvedimenti discussi in Conferenza Stato-Regioni.<br />
In questo contesto sembra opportuno sottolineare la rilevanza ed originalità<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
della ricerca nazionale sull’applicazione del Decreto Legislativo 626/94, con<br />
l’intento di misurare l’impatto concreto del dettato normativo, analizzarne le<br />
criticità e di avanzare proposte per migliorarne l’applicazione.<br />
Tale progetto è stato fortemente voluto dalla Conferenza dei Presidenti delle<br />
Regioni e delle Province Autonome, condiviso dal Ministero dalla <strong>Salute</strong>, che<br />
lo ha riconosciuto come Programma Speciale, realizzato dai Servizi di Prevenzione<br />
delle Aziende USL, che hanno lavorato per un obiettivo comune con un<br />
approccio metodologico omogeneo e condiviso attraverso il coordinamento<br />
operato dai referenti presenti nel Comitato tecnico. Ha rappresentato occasioni<br />
di crescita e di maturazione delle regioni che vogliono essere parte integrante<br />
del processo di miglioramento delle condizioni di lavoro.<br />
Appare importante ricordare che in nessun paese europeo è stata condotta<br />
un’indagine così vasta ed approfondita nel merito delle ricadute applicative della<br />
Direttiva CEE 391/89 (da cui deriva il titolo I del Decreto Legislativo 626/94):<br />
il numero di aziende coinvolte nel progetto è di diverse migliaia, appartenenti<br />
a tutti i settori e comparti produttivi, rappresentative delle diverse fasce di<br />
dimensione aziendale (dai 6 addetti in su); i lavoratori occupati nelle aziende<br />
interessate dall’indagine erano circa 743.000, ed anche questo elemento rende<br />
ben conto della portata dell’indagine stessa.<br />
La ricerca è a disposizione dell’intero sistema di prevenzione nazionale come<br />
uno strumento ulteriore, soprattutto rivolto alla piccola impresa, per cogliere<br />
spunti di riflessione verso un’applicazione più incisiva del Decreto Legislativo<br />
626/94.<br />
Tra gli altri progetti integrati è importante ricordare il recente Protocollo di<br />
intesa sottoscritto dai Presidenti delle Regioni e Province Autonome, dall’INAIL<br />
e dall’ISPESL finalizzato allo sviluppo, a partire dalle diverse esperienze già avviate,<br />
di un Sistema Informativo Integrato Nazionale, con articolazioni in tutte<br />
le regioni e fondato sulla sistematicità di scambio delle informazioni in materia<br />
di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.<br />
C’è poi l’emergere di una “questione sociale” del lavoro, che per la centralità<br />
che assume nella vita di ogni individuo, deve essere analizzata ed affrontata, in<br />
maniera organica; dalla componente sociale, a quella economica e della produzione,<br />
a quella della tutela della salute.<br />
Occorre analizzare con attenzione il problema della sostenibilità dei costi<br />
di malattia legati al lavoro, come puntualmente è stato più volte richiamato<br />
dall’Agenzia Europea; da una stima dell’INAIL i costi diretti ed indiretti degli<br />
infortuni e delle malattie professionali assommano a circa 30 milioni di euro,<br />
ovvero a circa il 40% del Fondo Sanitario Nazionale.<br />
L’OMS stima, nel documento “<strong>Salute</strong> 21” che si potrebbe risparmiare dal 3<br />
al 5% del PIL se si avessero ambienti di lavoro sani e sicuri.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
37
38<br />
CAPITOLO I<br />
Fig. 4. Il mondo del lavoro che cambia: il lavoro atipico.<br />
Oltre a un’azione più organica delle istituzioni che assumono la tutela della<br />
salute e della sicurezza sul lavoro come parte integrante e irrinunciabile dello<br />
sviluppo economico e sociale del paese e dei diversi livelli territoriali, è necessario<br />
radicare un processo di cultura della sicurezza, che transita attraverso le figure<br />
chiave ovvero, primi su tutti, i datori di lavoro, i lavoratori e i loro rappresentanti,<br />
per riverberarsi anche sull’intera collettività, nella scuola, nel mondo<br />
universitario e delle professioni.<br />
Senza un’assunzione diretta e consapevole delle responsabilità a tutti i livelli,<br />
diventa estremamente difficile “fare prevenzione”, intervenendo dall’esterno con<br />
un ruolo di autorità.<br />
Particolare importanza riveste la volontà delle Regioni e Province autonome di<br />
riportare, in sede di Conferenza, indirizzi unitari per la formazione delle figure<br />
chiave della prevenzione, come momento centrale verso una crescita qualitativa<br />
e mirata dei processi formativi.<br />
Sul tema della formazione professionale, le Regioni intendono confrontarsi<br />
al fine di garantire, al mondo del lavoro, precisi riferimenti in termini di qualità,<br />
di continuità e di efficacia anche per la definizione di criteri condivisi per<br />
interventi formativi in materia di prevenzione e sicurezza.<br />
Le forme nuove del lavoro, l’ingresso e la rilevanza di nuove categorie di<br />
lavoratori, i processi di decentramento ed esternalizzazione di cicli o di interi<br />
segmenti produttivi, che generano spesse volte la diffusione di tipologie di lavoro<br />
marginale, richiedono tuttavia un’opera di costante monitoraggio e nuovi stru-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
menti di analisi e conseguentemente nuove metodologie di intervento; accanto<br />
ai rischi “tradizionali” e “conosciuti” emergono nuovi condizionamenti dovuti<br />
a fattori molteplici e complessi.<br />
Senza pensare a un arretramento o a un’attenuazione dei principi normativi<br />
espressi dalle direttive europee, si tratta di studiare meccanismi di facilitazione<br />
che favoriscano il miglioramento delle condizioni di lavoro.<br />
L’elemento del confronto con i Ministeri, le parti sociali e datoriali ha rappresentato<br />
e rappresenta una modalità fondamentale per coinvolgere e condividere<br />
con i diversi soggetti gli obiettivi da perseguire e per assumere gli impegni<br />
conseguenti.<br />
Le imprese, i datori di lavoro, le organizzazioni sindacali, i lavoratori hanno<br />
ricercato con sempre maggiore frequenza attraverso le istituzioni, una sede di<br />
confronto e di soluzione delle varie problematiche in tema di prevenzione,<br />
sottoscrivendo accordi e dando luogo ad esperienze significative, sia a livello<br />
nazionale che regionale.<br />
Oltre al coordinamento interistituzionale si sono prodotte anche profonde<br />
modifiche nella “missione” dei servizi e delle strutture territoriali. Si sono infatti<br />
sempre più intensificati gli interventi a sostegno della formazione e alla spin-<br />
Fig. 5. Le direttrici di azione delle Regioni e delle Province Autonome: le attività<br />
di indirizzo e coordinamento.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
39
40<br />
CAPITOLO I<br />
Fig. 6. Le direttrici di azione delle Regioni e delle Province Autonome: le attività<br />
di indirizzo e coordinamento.<br />
ta verso il miglioramento dei vari soggetti del sistema di prevenzione e sono<br />
state poste in essere iniziative di assistenza e di informazione verso le imprese,<br />
soprattutto verso le piccole realtà, i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori<br />
per la sicurezza (RLS), con l’intento di confermare il sistema di responsabilità<br />
aziendale.<br />
Gli RLS vengono ad avere un ruolo determinante nelle varie fasi di valutazione<br />
e di intervento riguardo ai rischi presenti nell’ambiente di lavoro e rappresentano,<br />
occorre rimarcarlo, un anello peculiare nel sistema di prevenzione aziendale<br />
e, pertanto, soggetti privilegiati per azioni di supporto con il coinvolgimento<br />
attivo delle forze sociali.<br />
Si tratta di estendere la loro presenza in tutte le realtà produttive e soprattutto<br />
consentire una loro effettiva possibilità di agire, sostenendone la continua<br />
qualificazione con attività di formazione e di aggiornamento.<br />
Ormai diverse esperienze, in questi ultimi anni, rendono evidente il fatto che<br />
promuovere la salute significa assumere decisioni coerenti in termini di sviluppo,<br />
di qualificazione del lavoro e di qualità della vita. Si tratta anche di attivare<br />
processi di ascolto, di comunicazione, di informazione, affinché la percezione<br />
individuale del rischio possa rendersi esplicita e diventare elemento di orientamento<br />
per il nostro agire.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
L’esperienza maturata dalla Regioni e Province Autonome sul versante della<br />
comunicazione rappresenta sicuramente uno degli aspetti più qualificanti della<br />
politica attiva per la prevenzione sui luoghi di lavoro.<br />
La rivista Lavoro e <strong>Salute</strong> rappresenta un ulteriore “tassello” proprio sul<br />
versante della comunicazione contribuendo a creare integrazione e diffusione<br />
capillare di notizie ed approfondimenti sulla materia. Una “finestra” aperta sul<br />
mondo del lavoro ma anche un’opportunità di dialogo soprattutto rivolta verso<br />
le lavoratrici e i lavoratori.<br />
Risulta chiaro che nel contesto della promozione della salute, le Regioni e le<br />
Province Autonome possono integrare, completare e specificare efficacemente il<br />
sistema, contribuendo a creare livelli sempre più alti di integrazione e collaborazione<br />
interistituzionali, intervenendo con azioni correttive verso prestazioni<br />
scarsamente efficaci sotto il profilo preventivo, in un confronto aperto con le<br />
forze sociali, le associazioni datoriali e il mondo scientifico.<br />
Solo in questo modo, la legislazione concorrente sarà utile ed avrà successo,<br />
creerà stimoli positivi per il Governo, le Regioni, le Province Autonome e per<br />
l’intero mondo del lavoro; ma soprattutto dovrà trattarsi di una legislazione<br />
che guarda in avanti, nel quadro dei principi costituzionali e nel rispetto delle<br />
direttive comunitarie, favorendo la massima integrazione tra il diritto alla salute<br />
e lo sviluppo dell’occupazione.<br />
1.4. Attività e funzioni del Comitato di coordinamento in materia di salute<br />
e sicurezza sui luoghi di lavoro della Provincia Autonoma di Trento<br />
MONICA PISETTA<br />
Un impegno prioritario nel programma della Giunta Provinciale è la lotta agli<br />
infortuni sul lavoro, perché in <strong>Trentino</strong> la loro casistica presenta dati molto<br />
elevati, sia in termini assoluti che in percentuale rispetto alla media nazionale<br />
e, in particolare, alla media dell’area di riferimento, il Nord-Est d’Italia.<br />
A questo scopo è stata organizzata la conferenza provinciale del 19 giugno<br />
2000, che ha messo a confronto i soggetti sociali e istituzionali coinvolti nella<br />
problematica degli infortuni sul lavoro.<br />
Nell’ambito di questo incontro è stato evidenziato come la mancanza di<br />
coordinamento tra le iniziative prodotte dai singoli soggetti desse luogo a sovrapposizioni<br />
e a lacune che comportavano la parziale inefficacia dell’azione di<br />
prevenzione.<br />
Per assicurare l’uniformità degli interventi della Pubblica Amministrazione in<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
41
42<br />
CAPITOLO I<br />
materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dal 1999 era già funzionante<br />
il Comitato di Coordinamento previsto dall’articolo 27 del Decreto Legislativo<br />
626, regolamentato da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel<br />
’97 e recepito in seguito anche dalla legislazione provinciale.<br />
Il Comitato era originariamente presieduto dal presidente della Giunta o da<br />
un suo delegato e composto dall’assessore provinciale alla Sanità, dal dirigente<br />
generale del Dipartimento Sanità, dal dirigente generale della Protezione civile,<br />
dal direttore del Settore Igiene e sanità pubblica dell’Azienda sanitaria, dal dirigente<br />
regionale dell’ISPESL, dai direttori (provinciale e regionale) dell’INAIL, da<br />
un rappresentante dei consorzi dei Comuni e da un rappresentante dei lavoratori<br />
designato congiuntamente da CGIL, CISL e UIL.<br />
Dopo la conferenza provinciale del 19 giugno 2000 è stato deciso di integrare<br />
il Comitato con altri due rappresentanti dei lavoratori, con tre rappresentanti<br />
delle associazioni dei datori di lavoro e con il dirigente del Servizio Lavoro.<br />
Inoltre è stato previsto che il Comitato possa venire integrato, anche a livello<br />
informale, da altri soggetti a seconda della tematica di cui si occupa.<br />
Il nuovo Comitato rappresenta un tipico esempio del metodo di lavoro intersettoriale<br />
che é fondamentale nell’attività di promozione della salute. Questo<br />
metodo parte dall’assunto che la salute non si “crea” all’interno dell’ambito<br />
sanitario, ma fuori dallo stesso, in tutti i settori delle politiche sociali e la tematica<br />
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali ne è un esempio<br />
paradigmatico.<br />
Il fatto poi di esplicitare a tutti i soggetti l’obiettivo di salute sotteso agli<br />
interventi effettuati ne comporta la condivisione da parte dei soggetti stessi in<br />
quanto promuovere la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro implica vantaggi<br />
per tutti. Questa consapevolezza ha favorito il superamento delle divisioni esistenti<br />
all’interno del Comitato, conciliando posizioni differenziate, come quelle<br />
dei sindacati e dei datori di lavoro.<br />
Come si è articolata l’attività del nuovo Comitato?<br />
Innanzitutto sono state individuate le tematiche fondamentali in cui si articola<br />
il problema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Su queste basi è<br />
stato poi stilato un Piano operativo composto da otto progetti concreti. Per ogni<br />
progetto sono stati definiti:<br />
– l’obiettivo da raggiungere;<br />
– le strategie di attuazione;<br />
– le azioni da intraprendere;<br />
– i soggetti coinvolti;<br />
– i tempi di realizzazione;<br />
– il metodo di verifica del raggiungimento dell’obiettivo.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
I progetti sono stati schematizzati in schede sintetiche e chiare e avallati dalla<br />
sottoscrizione formale di un protocollo d’intesa tra i rappresentanti legali di tutti<br />
i componenti del Comitato.<br />
Progetto 1: Osservatorio Provinciale degli infortuni sul lavoro e delle malattie<br />
professionali.<br />
Questo progetto è stato messo al primo posto perché si tratta di un momento<br />
strategico e propedeutico. La mancanza di coordinamento tra le attività dei vari<br />
soggetti implicava delle differenze anche nelle modalità di raccolta e di analisi<br />
dei dati.<br />
Ciò comportava spesso disparità di vedute e atteggiamenti contraddittori, con<br />
conseguenze negative anche nei confronti dell’opinione pubblica.<br />
Si è posta, di conseguenza, la necessità di un data base dei fenomeni infortunistici<br />
attendibile e condiviso, che permettesse l’attuazione di indagini<br />
epidemiologiche in grado di individuare le priorità su cui impostare l’attività<br />
di prevenzione.<br />
L’Osservatorio ha pubblicato nel 2002 il primo rapporto generale, che contiene<br />
anche un approfondimento monografico sugli infortuni mortali. Attualmente<br />
è in corso di validazione da parte del Comitato di Coordinamento il secondo<br />
rapporto generale e successivamente verrà divulgato un approfondimento riguardante<br />
le malattie professionali.<br />
Progetto 2: Rafforzamento delle attività ispettive.<br />
Oltre ad aumentare il numero degli ispettori sul territorio, il progetto intende<br />
migliorare la qualità dell’attività ispettiva stessa.<br />
A questo scopo sono stati istituiti corsi di formazione per favorire l’approccio<br />
consulenziale del controllo ispettivo, onde superarne l’ottica esclusivamente<br />
repressiva e creare un momento di confronto con le imprese, concordando la<br />
realizzazione degli interventi volti a migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori.<br />
Progetto 3: La scuola e la cultura della sicurezza.<br />
Tramite la partecipazione di esperti dell’ambito scolastico, sono stati definiti<br />
contenuti e metodi per incrementare la promozione della cultura della sicurezza<br />
nelle scuole, all’interno dei progetti di educazione alla salute.<br />
Alcuni problemi politici contingenti non hanno però consentito la partenza<br />
nell’anno scolastico 2003-2004 di questo progetto, che verrà comunque ripreso<br />
e implementato nell’anno scolastico 2004-4005.<br />
Progetto 4: Formazione dei lavoratori.<br />
L’Agenzia provinciale del Lavoro ha realizzato una guida alla formazione per<br />
la sicurezza e sono stati attivati i corsi previsti, dei quali è già iniziata la valutazione<br />
di efficacia.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
43
44<br />
CAPITOLO I<br />
Progetto 5: La comunicazione e l’informazione.<br />
Questo convegno è una delle prime realizzazioni, insieme all’attività di ricerca<br />
svolta. Sulla base dei risultati emersi, verrà impostata la campagna provinciale di<br />
comunicazione e di informazione sulla salute e sicurezza sul lavoro che si terrà<br />
nel corso del 2004.<br />
Progetto 6: Incentivi alla sicurezza.<br />
Oltre agli obblighi normativi contemplati dalla legislazione nazionale, la<br />
Provincia Autonoma di Trento, al fine di incrementare la cultura della sicurezza<br />
sul lavoro, in particolare nel settore dell’industria, ha previsto ulteriori incentivi<br />
e sanzioni per le imprese.<br />
In questo contesto si colloca l’istituzione del premio Lavoro in sicurezza, giunto<br />
quest’anno alla terza edizione. Il premio viene assegnato da una Commissione<br />
di esperti alle imprese che, oltre ad applicare la normativa vigente, abbiano introdotto<br />
particolari innovazioni volte ad aumentare la sicurezza sul lavoro.<br />
Progetto 7: Mostra–mercato delle soluzioni innovative nel campo della sicurezza<br />
sul lavoro.<br />
È un progetto ambizioso, che presuppone la consulenza di esperti a livello<br />
nazionale e internazionale in grado di indicare quali siano le innovazioni più<br />
significative che vengono introdotte in questo settore.<br />
Progetto 8: Sicurezza sul lavoro per i minori e le lavoratrici madri.<br />
A questo scopo state approvate due distinte deliberazioni della Giunta provinciale<br />
riguardanti i protocolli d’intesa tra il Servizio Lavoro della Provincia e<br />
l’Azienda Sanitaria per l’effettuazione delle visite mediche relative alla tutela della<br />
salute dei minori in apprendistato e delle donne in stato di gravidanza.<br />
Qual è il ruolo del Comitato per quanto concerne il Piano operativo?<br />
Innanzitutto, il Comitato svolge un’attività di monitoraggio e di coordinamento<br />
dell’attuazione dei progetti del Piano.<br />
Si occupa inoltre della regia complessiva del sistema preposto alla salute e sicurezza<br />
sul lavoro, per assicurare l’uniformità, la sintonia e la sinergia di azione di<br />
ogni soggetto coinvolto, nell’ottica dell’approccio intersettoriale, ma nel rispetto<br />
delle competenze specifiche e dell’autonomia decisionale di ciascuno.<br />
A fianco dei progetti trasversali già descritti, il Comitato di coordinamento<br />
potrà sviluppare progetti monotematici riferiti a specifici comparti lavorativi.<br />
Ad esempio, in collaborazione con il Servizio minerario della Provincia ha recentemente<br />
elaborato un progetto per il settore del porfido.<br />
Concludo presentando il grafico che indica il trend 1998-2002 degli infortuni<br />
sul lavoro in provincia di Trento.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO I<br />
Fig. 7. Infortuni sul lavoro in provincia di Trento: trend 1998-2002.<br />
Il numero degli infortuni, in costante ascesa fino al 2001, mostra un visibile<br />
calo nel 2002 – anche se va sottolineato che quest’ultimo dato, tratto dal Rapporto<br />
Annuale dell’INAIL, è provvisorio. Se l’andamento positivo del trend<br />
verrà confermato, ci piace pensare che ciò sia dovuto almeno in parte al lavoro<br />
svolto dal Comitato.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
45
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Informazione istituzionale,<br />
comunicazione pubblica<br />
e marketing sociale per la SSL<br />
2.1. Le iniziative di “Pubblicità Progresso” per la salute e la sicurezza<br />
negli ambienti di vita e di lavoro<br />
ROSELLA SOBRERO<br />
Vorrei fare un quadro di che cosa si intende per comunicazione sociale dal punto<br />
di vista di coloro che la realizzano, poi spiegare che cos’è Pubblicità Progresso<br />
e infine mostrare alcuni esempi di campagne di comunicazione sui temi della<br />
sicurezza. Sono stata particolarmente incuriosita dal fatto che in questo convegno<br />
si esamini anche il problema di come entrare in comunicazione con le realtà<br />
migranti in tema di sicurezza, di come trovare linguaggi e canali per parlare con<br />
questi pubblici, per noi molto particolari e nuovi.<br />
Che cos’è la comunicazione sociale? È una forma di comunicazione persuasiva.<br />
Una ventina d’anni fa noi comunicatori eravamo nell’occhio del ciclone per la<br />
questione della “persuasione occulta”. Si diceva che mandavamo messaggi con<br />
frame talmente veloci che i nostri occhi non riuscivano a vederli, ma il nostro<br />
cervello li registrava: le famose tecniche della “comunicazione subliminale”.<br />
Tuttavia, nonostante talvolta si siano usate o si usino tecniche non corrette come<br />
quelle della comunicazione subliminale, dobbiamo riconoscere che la comunicazione<br />
pubblicitaria deve essere persuasiva, cioè fatta per persuadere.<br />
Quello che ci sforziamo di dire è che abbiamo bisogno di comunicare sempre<br />
più in modo attento e consapevole. È una battaglia che personalmente conduco<br />
da alcuni anni e trovo che il cittadino sia veramente cambiato, si sia evoluto,<br />
abbia più strumenti, più voglia di sapere e che spesso siamo noi che non siamo<br />
in grado di rispondere in modo adeguato a quelle che sono le sue attese di comunicazione.<br />
Certo, ci sono ancora sacche dove scarseggiano gli stimoli culturali, però<br />
oggi il cittadino è sicuramente più attento e consapevole, anche grazie a un<br />
livello di scolarizzazione più alto, dunque non dobbiamo sottovalutare i nostri<br />
interlocutori.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
47
48<br />
CAPITOLO 2<br />
In tema di salute e di prevenzione le tecniche della comunicazione pubblicitaria<br />
sono state accettate solo in tempi recenti: dobbiamo aspettare il 1969, negli Stati<br />
Uniti, per vedere riconosciuto l’uso di questi strumenti per la sensibilizzazione<br />
del pubblico sui temi della salute.<br />
La storia della comunicazione sociale sulla salute ha quindi 30 anni. In Italia,<br />
a parte il caso di Pubblicità Progresso, per vedere le prime campagne di sensibilizzazione<br />
e d’informazione dobbiamo aspettare gli anni Novanta, quando<br />
è nato il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria presso il Consiglio dei<br />
Ministri. Oggi le attività di comunicazione sui temi della salute sono numerose<br />
e comunque inderogabili, anche perché è il cittadino, con la pressione esercitata<br />
dal basso, che costringe chi deve comunicare a farlo.<br />
Gli obiettivi che si pone la comunicazione sociale sono di due tipi: quello di<br />
informare e quello, più complesso, di modificare preconcetti e comportamenti<br />
a rischio. Se la comunicazione deve dire: “Esiste questo problema”, si tratta di<br />
una comunicazione relativamente semplice; ma, se devo fare una comunicazione<br />
mirata a modificare alcuni comportamenti, faccio molta più fatica e spesso<br />
non raggiungo gli obiettivi che mi sono prefissa – cosa che provoca una grande<br />
frustrazione in tutti, pubblicitari compresi: “Quello che ho fatto non serve a<br />
niente!”. Spesso non serve davvero perché non è scattato quel meccanismo molto<br />
complesso che porta ad un cambiamento di comportamento.<br />
Cosa può fare una campagna di comunicazione sociale? Innanzitutto può<br />
usare vari strumenti e vari mezzi finalizzati ad aumentare l’attenzione intorno<br />
al problema, eventualmente a smontare credenze o preconcetti errati, abbattere<br />
paure e timori, stimolare cambiamenti nei comportamenti. Ci sono state campagne<br />
molto valide da questo punto di vista.<br />
Oggi parliamo di prevenzione e di sicurezza sul luogo di lavoro. Credo che<br />
questo sia un tema dove si può arrivare a comunicare con relativa facilità perché<br />
il target è chiaro e il luogo dove raggiungerlo anche: una persona in un cantiere<br />
solitamente impara alcuni comportamenti sicuri, anche se gli costano un po’<br />
più di tempo e di fatica (è molto più difficile convincere una persona a smettere<br />
di fumare o di bere).<br />
Come è stato detto in uno degli interventi precedenti: “La comunicazione<br />
dev’essere un dialogo continuo: io posso anche fare un’ottima comunicazione,<br />
ma se non ho alcun feedback, non sono riuscita a raggiungere il mio obiettivo,<br />
che è quello di provocare un’azione”.<br />
Chi parla di prevenzione e di salute? Di solito le campagne, che non sono<br />
molte, promosse da aziende private – ce ne sono anche di scorrette – dal mio<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
punto di vista. Dico che deve essere chiaro chi è che comunica, perché un conto<br />
è che un certo messaggio me lo dia una casa farmaceutica e un conto è che me<br />
lo dia l’Assessorato alla <strong>Salute</strong> del mio Comune. Ci sono state peraltro delle<br />
campagne assolutamente corrette fatte anche da aziende: in America è famosa<br />
quella della Johnson&Johnson, di prevenzione e di educazione alla salute per i<br />
propri dipendenti.<br />
Sono cresciute le campagne realizzate da soggetti pubblici: Ministeri, Regioni,<br />
Province e Comuni. Chi comunica sui temi della salute con l’autorevolezza e<br />
la credibilità di un soggetto pubblico, risulta più efficace rispetto a una azienda<br />
privata. Mi sembra molto interessante che il Piano Sanitario Nazionale, nella<br />
parte dedicata alla comunicazione, riferendosi a campagne per la promozione di<br />
stili di vita sani, accenni alla collaborazione tra pubblico e privato, che in Italia<br />
è ancora poco praticata in questo campo.<br />
Il cittadino sta diventando finalmente il centro dell’interesse, il soggetto al<br />
quale uno pensa quando fa la comunicazione, mentre finora era vissuto solo<br />
come consumatore.<br />
Tutti noi siamo cittadini-consumatori (oltre ad essere professionisti perché<br />
esercitiamo un mestiere o un altro). Il problema è che ci parlano in un certo<br />
modo quando ci vogliono convincere a fare certi tipi di scelte di prodotto come<br />
consumatori, mentre quando ci devono convincere a fare qualche cosa come<br />
cittadini, ci parlano in un altro modo.<br />
Che strumenti ci sono per comunicare? Sono strumenti con cui noi, come<br />
utenti della pubblicità, tutti i giorni veniamo in contatto: attività stampa, campagne<br />
sui media, azioni di marketing diretto e di telemarketing, eventi, attività<br />
di formazione e di educazione (che non voglio certo equiparare a un’azione di<br />
marketing, ma che sono comunque un momento di comunicazione), oltre a<br />
tutto ciò che si può fare oggi grazie ad Internet.<br />
La comunicazione sui temi della salute e della prevenzione può essere classificata<br />
in tre grandi aree: la comunicazione giornalistica, quella pubblicitaria e<br />
quella educativa.<br />
È chiaro che la comunicazione giornalistica è quella che, in teoria, dovrebbe<br />
riportare più fedelmente e più correttamente le informazioni sui vari temi. Guardate<br />
quante trasmissioni televisive o radiofoniche ci sono: se pensate a quante ce<br />
n’erano 10 anni fa vi renderete conto che oggi, apparentemente, il tema viene<br />
affrontato molto più frequentemente.<br />
La comunicazione pubblicitaria è la più chiara, perché si sa chi è l’emittente,<br />
si sa che si tratta di uno spazio comperato da qualcuno per dire alcune cose.<br />
La comunicazione educativa è una comunicazione che parte dalla formazione,<br />
dall’educazione nelle scuole.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
49
50<br />
CAPITOLO 2<br />
Due parole su Pubblicità Progresso: è nata nel 1971, fondata dalle associazioni<br />
di chi si occupa di pubblicità in modo professionale (agenzie, media, utenti,<br />
ecc.), e si pone come obiettivo quello di ideare e realizzare campagne di pubblico<br />
interesse.<br />
Spesso Pubblicità Progresso viene considerata un ente pubblico, come fosse<br />
un dipartimento dell’Amministrazione statale. In realtà non è così: siamo noi<br />
che lavoriamo nel mondo della comunicazione che mettiamo gratuitamente a<br />
disposizione il nostro tempo per realizzare una campagna all’anno. Dopo 32<br />
anni di attività siamo diventati un’istituzione; questo va benissimo, però non va<br />
bene che veniamo confusi con un ente pubblico, perché non lo siamo.<br />
Pubblicità Progresso ha fatto più di 30 campagne, portando l’attenzione su<br />
alcuni temi e lasciando poi che altri li sviluppino.<br />
Per esempio, nel 1987 c’è stata la campagna di Pubblicità Progresso sull’AIDS,<br />
la prima volta in assoluto che si è parlato di AIDS in Europa attraverso la televisione.<br />
È uno spot che ha raggiunto lo scopo di cominciare a parlare di questo<br />
tema lasciando poi agli altri il compito di approfondirlo. Pubblicità Progresso<br />
spesso dà il proprio patrocinio anche a campagne attuate da altri soggetti, purché<br />
ovviamente siano coerenti con la sua missione.<br />
Fig. 8. Case history 1: Prevenire è vivere.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Fig. 9. Case history 2: Sul lavoro la sicurezza non è mai troppa.<br />
Fig. 10. Case history 3: Qualche secondo per la sicurezza.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
51
52<br />
CAPITOLO 2<br />
Fig. 11. Case history 4: Io scelgo la sicurezza.<br />
Fig. 12. Case history 5: Imparare sicuri.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Come si presenta oggi il panorama delle campagne di comunicazione sui temi<br />
della salute e della qualità della vita? C’è un’attenzione, secondo me preoccupante,<br />
a tutto ciò che è la bellezza del corpo; dico preoccupante perché mi sembra che<br />
si sottolinei molto meno l’importanza dello star bene dentro.<br />
Il tema della prevenzione dovrebbe diventare un po’ più strategico.<br />
Ecco ora una selezione di campagne che mi sembrano particolarmente interessanti<br />
(vedi figg. 8, 9, 10, 11, 12)<br />
Una bellissima campagna, tra l’altro molto simpatica, della Lega Tumori<br />
per l’abolizione del fumo all’interno dei luoghi di lavoro. È una campagna di<br />
prevenzione e fa capire che abbandonare l’abitudine del fumo è possibile: la<br />
Lega Tumori offre percorsi individuali e di gruppo, ma soprattutto servizi di<br />
prevenzione per i dipendenti, pap test, visite al seno…<br />
Poi una campagna della CGIL, “La sicurezza non è mai troppa”, che si<br />
sviluppava su due temi: quello dell’informazione e quello della formazione e<br />
poi una serie di iniziative dell’INAIL, con vari partner, tra i quali il Ministero<br />
dell’Istruzione, destinate alle scuole per coinvolgere i ragazzi e farli diventare<br />
portatori di concetti di sicurezza ai genitori. I bambini sono fortissimi opinion<br />
leader in famiglia: un bambino in casa è sicuramente ascoltato.<br />
Quindi una campagna molto interessante della Regione Piemonte, che sta<br />
attuando grandi opere, l’alta velocità, i lavori per le Olimpiadi invernali del 2006<br />
(tra l’altro, credo che tre quarti degli operai coinvolti saranno extracomunitari),<br />
la metropolitana di Torino... La Regione Piemonte, contestualmente all’avvio di<br />
queste opere, ha impostato questa campagna di sensibilizzazione nei confronti<br />
delle imprese e dei lavoratori.<br />
Per ultima, questa campagna di Cittadinanza Attiva per accelerare gli adeguamenti<br />
previsti dalla legge, perché le scuole dal punto di vista della sicurezza<br />
sono molto indietro.<br />
Infine alcune osservazioni sulle realtà migranti. Siamo passati dall’essere un<br />
Paese di emigrazione, fino a pochi anni fa, ad essere un Paese di immigrazione:<br />
oggi il 12% della popolazione attiva non è italiana. Ci sono oltre 200 mila imprese<br />
il cui titolare è un extracomunitario, e la metà sono donne, in particolare<br />
per certi mestieri e certi servizi: una realtà importante.<br />
Che cosa dobbiamo fare per comunicare con queste persone? Dobbiamo<br />
rispettare le posizioni delle diverse culture, elaborare una strategia di comunicazione<br />
che pensi a chi dobbiamo parlare.<br />
Dobbiamo farci aiutare da mediatori interculturali, perché un’agenzia di<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
53
54<br />
CAPITOLO 2<br />
Milano o di Bolzano o di Trento da sola non riesce ad elaborare il messaggio<br />
giusto per la comunità dei macedoni che lavorano nel settore del porfido, non<br />
può conoscerne le tradizioni, la storia, il linguaggio… una parola che per noi è<br />
positiva, per loro potrebbe essere negativa.<br />
Dobbiamo ricorrere ai mediatori e agli operatori interculturali perché ci<br />
aiutino a comunicare meglio. E poi oggi ci sono molti strumenti dedicati agli<br />
extracomunitari: cominciano ad esserci giornali etnici, spazi televisivi e telegiornali<br />
dedicati a loro; esistono dei siti Internet specializzati… sono tutte realtà da<br />
utilizzare per la comunicazione.<br />
2.2. La SSL sul web<br />
GIUSEPPE ZAGO<br />
Una premessa: non sono un esperto di comunicazione, ma un tecnico della<br />
sicurezza che nel lontano 1999 ha avuto l’idea di realizzare il sito Internet Sicurezzaonline.it<br />
– Il vortal della sicurezza sul lavoro. Siamo stati i primi in Italia<br />
come realtà sul web per quanto riguarda la SSL.<br />
Nel mio intervento prenderò in considerazione le modalità comunicative del<br />
web analizzando, nel dettaglio, quanto difficile possa essere la semplice lettura<br />
di una pagina Internet e le modalità con cui scriverla per riuscire a catturare il<br />
maggior numero di utenti.<br />
Parlerò anche di usabilità e accessibilità, che sono i parametri cardine per il<br />
successo di un sito. Poi esamineremo la diffusione e l’utilizzo di Internet in<br />
Italia e in Europa e come trovare nella rete informazioni utili sulla SSL facendo<br />
una panoramica sui principali siti Internet italiani e europei in materia di OSH<br />
(Occupational Safety and Health).<br />
Infine vedremo come è nato, come si è sviluppato e quali risultati ha raggiunto<br />
il nostro sito Sicurezzaonline.it.<br />
Come afferma Jakob Nielsen, il guru della cosiddetta web usability, la lettura<br />
di una pagina web è sicuramente più lenta della lettura di una pagina di giornale;<br />
vuoi per la risoluzione del monitor, vuoi per la tipologia dei caratteri, ci si stanca<br />
molto prima a leggere un documento su Internet che su carta.<br />
Cosa fa un utente quando legge una pagina Internet? La scorre innanzitutto<br />
rapidamente perché cerca le informazioni che gli interessano ma anche per motivi<br />
di carattere economico in quanto più a lungo si sta collegati a Internet più<br />
si spende; anche se oggi si vanno sempre più diffondendo le connessioni “flat”<br />
ADSL (per cui si paga un importo fisso e si può rimanere collegati anche 24<br />
ore al giorno), molti sono ancora connessi con il tradizionale modem a 56 k e<br />
pagano la tariffa a consumo. E poi l’utente ha una forte propensione a cliccare<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
sugli ipertesti, a navigare, a vedere altri siti, a informarsi sempre più, con una<br />
cadenza incalzante.<br />
Per avere un sito web di successo (e questa è una regola che vale per tutti)<br />
bisogna capire bene qual’è il target al quale dovrebbe indirizzarsi il sito stesso.<br />
Per quanto riguarda la SSL il target di utenti è il più vario: datori di lavoro,<br />
lavoratori, medici competenti, operatori della sicurezza (RSPP, RLS, coordinatori<br />
della sicurezza, consulenti, organi di vigilanza, ecc.). Riuscire a catturare<br />
un’utenza così variegata richiede molta fatica perché scrivere una pagina web<br />
che risulti interessante e accattivante per un ventaglio di utenti così diversificato<br />
non è cosa semplice.<br />
Nielsen afferma che il web, a differenza di quello che si tende a pensare, non<br />
è tutta grafica; è, invece – e questo lo abbiamo constatato nel nostro portale<br />
– il regno incontrastato della concretezza e della concisione. Se si fanno giri di<br />
parole o si cerca di abbellirlo con una grafica che lo appesantisce, sicuramente<br />
il sito Internet non sarà un sito di successo.<br />
Sicurezzaonline.it è estremamente spartano, abbiamo puntato sempre e solamente<br />
su contenuti di elevato livello e questo, nel tempo, ci ha dato ragione.<br />
La modalità di scrivere per il web è quella della cosiddetta “piramide invertita”,<br />
cioè va dato subito un titolo di impatto, che sottolinea la cosa importante, perché<br />
il lettore scorre le pagine molto velocemente e deve essere catturato subito.<br />
È un aspetto decisamente rilevante: se non riesco a catturare l’utente nei primi<br />
trenta secondi, rischio di perderlo definitivamente perché tenderà a considerare<br />
il mio sito come poco interessante. Quindi c’è da fare un lavoro molto attento<br />
di confezione delle singole pagine web. Questi sono i parametri che si devono<br />
sostanzialmente seguire: un titolo che deve essere d’impatto, un breve riassunto<br />
e articoli non troppo lunghi per garantire una buona usabilità del sito.<br />
Ma cosa si intende per usabilità? Sostanzialmente è una buona e interessante<br />
organizzazione dei contenuti e della navigazione. Se l’organizzazione dei contenuti<br />
è stucchevole, non è concisa, non è concreta, con l’andare del tempo gli<br />
utenti si disaffezionano al sito.<br />
Quali sono le regole essenziali per avere una buona usabilità? Sono sostanzialmente<br />
le seguenti sei:<br />
1. ricchezza di link: la potenza informativa del web sta proprio nel poter<br />
arricchire il singolo articolo, la singola notizia di link, cioè di collegamenti<br />
ipertestuali con altre pagine o altri siti di approfondimento;<br />
2. la pagina deve essere anche divertente alla lettura, con un linguaggio agevole<br />
e frizzante;<br />
3. le icone che si utilizzano devono essere già utilizzate e note agli internauti,<br />
altrimenti possono essere fraintese;<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
55
56<br />
CAPITOLO 2<br />
4. attenzione alla coerenza, all’interno del sito, nell’impiego dei caratteri, dei<br />
colori, delle immagini e degli effetti. L’utente di un sito deve trovarvi sempre le<br />
stesse tipologie grafiche, cosicché, ad esempio, quando clicca su un certo tipo<br />
di bottone sa che l’effetto è sempre l’apertura di una determinata pagina;<br />
5. un sito Internet viene reso ancor più interessante con l’utilizzo di comunità<br />
virtuali quali i forum;<br />
6. la velocità di caricamento della singola pagina è, inoltre, fattore determinante.<br />
Altrettanto importante è la cosiddetta accessibilità. Bisogna tener conto che<br />
il web ha una platea sterminata della quale fanno parte anche persone con vari<br />
gradi di disabilità e i siti Internet devono avere un buon grado di accessibilità<br />
per tutti i possibili utenti. Ci sono vari livelli di accessibilità di un sito che -<br />
secondo quanto evidenziato nelle linee guida WAI (Web Accessibility Initiative)<br />
– vanno dal grado “A” (il grado più basso, che garantisce un’accessibilità minima)<br />
al grado “tripla A”. Tenete conto che negli USA lo “standard 508” ha imposto<br />
come obbligatorio il requisito dell’accessibilità a tutti i siti della pubblica amministrazione,<br />
imponendolo quindi, indirettamente, anche alle società che alla<br />
pubblica amministrazione forniscono servizi.<br />
Da questo punto di vista la nostra pubblica amministrazione è piuttosto<br />
carente: per esempio, da un nostro monitoraggio dei siti Internet relativi alla<br />
SSL, risulta che solo il Ministero del Lavoro del Welfare e delle Politiche Sociali<br />
attualmente ha un grado “doppia A”.<br />
Quanti sono gli utenti Internet in Italia? Attualmente il panorama degli<br />
internauti del nostro paese è rappresentato per due terzi da analfabeti infor-<br />
Fig. 13. Utenti internet in Italia 1997-2003 (numeri in migliaia).<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
matici contro la media di un terzo negli altri Paesi europei. Comunque il 70%<br />
delle imprese oggi sono collegate a Internet e nei primi tre mesi del 2003 è<br />
cresciuta di molto (quasi il 60%) la connessione a banda larga e quindi sta<br />
migliorando la velocità dell’informazione (sono dati presi da un numero de Il<br />
Sole 24 Ore del novembre 2003). Secondo uno studio Eurisko oggi in Italia si<br />
va dagli 8 ai 13 milioni di utenti Internet di cui circa 1 milione sono gli accessi<br />
temporanei presso corsi di formazione, biblioteche o quant’altro. Quelli che<br />
si collegano una volta alla settimana sono circa 8 milioni.<br />
Chi usa Internet nel nostro Paese? Diciamo che è aumentata molto la navigazione<br />
da parte dell’utente italiano, quindi il web non è più uno strumento<br />
elitario per approfondire informazioni anche specialistiche, ma sta diventando<br />
sempre più uno strumento che utilizzano tutti.<br />
Ci sono state delle flessioni in questi ultimi anni, le abbiamo verificate anche<br />
noi personalmente dal punto di vista dell’andamento degli accessi al nostro<br />
portale, ma sono oscillazioni di carattere episodico o stagionale.<br />
Come siamo messi rispetto al resto dell’Europa? Non malissimo: da un<br />
rapporto dell’Europe Information Technology Observatory risulta che sopravanziamo<br />
come numero di utenti Internet per 100 abitanti Paesi come la<br />
Francia e la Spagna. La parte del leone la fanno comunque i Paesi del Nord;<br />
gli utenti di Svezia, Finlandia e Danimarca sono quelli che utilizzano di più<br />
Internet in Europa.<br />
A quanti utenti si potrà arrivare? Sempre Eurisko ha fatto una stima in<br />
proiezione: la soglia di saturazione dovrebbe essere attorno ai 23 milioni di<br />
Fig. 14. Utenti internet per 100 abitanti in dodici paesi (situazione 2002).<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
57
58<br />
CAPITOLO 2<br />
utenti italiani. Quindi attualmente siamo al 47% della potenziale penetrazione<br />
(per utente si intende una persona che si è collegata almeno una volta negli<br />
ultimi tre mesi). Fino alla fine del 1999 si è verificata una preminenza dell’accesso<br />
Internet da scuole e luoghi di lavoro; da inizio 2000 c’è stato, invece,<br />
il sorpasso dei collegamenti ad Internet da casa con un ritmo più vistoso di<br />
quello registrato nell’ambito lavorativo e scolastico.<br />
Ma c’è una chiosa da fare: fra le persone che si collegano spesso è più frequente<br />
l’utilizzo di Internet dal luogo di lavoro, ossia le persone che si collegano<br />
dal luogo di lavoro sono gli utenti più fidelizzati nell’utilizzo del mezzo. La<br />
cosa un po’ sconcertante è che non ci sia stato un trend di crescita rilevante<br />
per quanto riguarda gli ambienti scolastici.<br />
Prendiamo poi in considerazione gli utenti Internet per tipo di attività svolta.<br />
Quali sono i dati più interessanti? Vi è una forte percentuale di utilizzo di Internet<br />
da parte di impiegati e insegnanti e da parte di studenti, a fronte di una<br />
percentuale forse un po’ troppo limitata di dirigenti che utilizzano il web.<br />
Come si fanno a trovare nella rete le informazioni che ci interessano? Vi<br />
assicuro che nell’Internet italiano c’è una vera e propria miniera di informazioni<br />
sulla SSL. Il problema di fondo è che è difficile accedervi, perché sono<br />
richieste delle buone capacità di navigazione.<br />
Quali sono gli strumenti per cercare le informazioni sul web? Innanzitutto<br />
i motori di ricerca come Google, Virgilio, Yahoo e Altavista… Questi sono<br />
i mezzi utilizzati dal 90% degli utenti di Internet, ma non sono i soli, ce ne<br />
sono altri. Per esempio l’accesso ai siti istituzioni principali e l’utilizzo della<br />
loro sezione link che spesso non è ricchissima, però aiuta a scendere dentro<br />
Fig. 15. Percentuali degli utenti internet per tipo di attività.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Internet, il vero Internet, che non è quello di superficie che scandagliano<br />
normalmente i motori di ricerca. Inoltre ci sono anche pubblicazioni cartacee<br />
che sempre più spesso oltre alla bibliografia riportano anche la “linkografia”,<br />
cioè un elenco ragionato di siti Internet.<br />
Ad esempio l’USL di Modena, in occasione del “Salone Ambiente Lavoro”<br />
e della “Convention”, produce una serie di pubblicazioni estremamente ricche<br />
di contenuti, ricchissime nella bibliografia e anche nella linkografia, molto<br />
utili per andare a catturare in Internet documenti interessanti.<br />
Il grosso di Internet sta comunque nel deep web o invisibile web, che pochi<br />
riescono a penetrare, per motivi anche di carattere tecnico. La stragrande maggioranza<br />
di informazioni su Internet è immagazzinata in database; gli spider dei<br />
motori di ricerca, ovvero i programmi che esplorano la rete più volte al giorno<br />
alla ricerca estenuante di informazioni che contano, non entrano, allo stato<br />
attuale, nei database che quindi non vengono scandagliati. Questo comporta<br />
una perdita di informazioni che sono stimate essere 500 volte superiori alle<br />
informazioni che l’utente normale trova attraverso i motori di ricerca o altri<br />
strumenti. Possiamo dunque dire che Internet è oggi la più grande risorsa<br />
informativa, ma rimane ancora tutta da esplorare.<br />
Riprendendo il discorso sui siti Internet italiani inerenti la SSL abbiamo<br />
fatto questa categorizzazione: siti istituzionali principali, siti istituzionali secondari,<br />
siti delle associazioni sindacali, siti di associazioni varie, siti di enti<br />
normativi, siti privati.<br />
Nei siti istituzionali principali abbiamo incluso, ad esempio, quello del<br />
Ministero del Welfare e delle Politiche Sociali (www.welfare.gov.it), quello<br />
dell’IIMS, Istituto Italiano di Medicina del Lavoro – Istituto Italiano di<br />
Medicina Sociale (www.iims.it), quello dell’ISPESL, Istituto Superiore per la<br />
Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (www.ispesl.it), quello dell’INAIL, Istituto<br />
Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (www.inail.<br />
it), quello dell’ISS, Istituto Superiore Sanità – Sostanze e preparati pericolosi<br />
(www.spp.iss.it) e quello dei Vigili del Fuoco (www.vigilfuoco.it). Cosa c’è da<br />
dire di questi siti? Alcuni sono ricchissimi di contenuti, altri lo sono un po’<br />
meno, ma quasi tutti, secondo noi, mancano di una interattività con l’utente,<br />
cioè l’utente li legge, si scarica la documentazione, però non ha un feedback<br />
dal sito stesso. Purtroppo, infatti, tutti questi siti, tranne quello dell’ISPESL,<br />
non usano, ad esempio, lo strumento del forum, che invece è di una potenza<br />
informativa incredibile. Il forum dell’ISPESL è un forum ben articolato, ma<br />
allo stato attuale è poco trafficato e questo è deleterio per lo svilupparsi di<br />
argomenti in discussione articolati.<br />
I siti istituzionali secondari (il termine è molto riduttivo perché in realtà<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
59
60<br />
CAPITOLO 2<br />
questi siti non sono affatto secondari) molte volte contengono delle straordinarie<br />
raccolte di documenti:<br />
Sicuri di essere Sicuri (www.regione.piemonte.it/sanita/sicuri) e DORS-Documentazione<br />
Regionale <strong>Salute</strong> (www.dors.it) sono due siti della Regione Piemonte,<br />
magari non noti ai più, ma che hanno una miniera di informazioni.<br />
Prevenzionecantieri (www.prevenzionecantieri.it) e Safetynet (www.safetynet.<br />
it) sono altri due siti molto interessanti della Regione Veneto.<br />
Vi sono anche PrevenzioNet (www.prevenzio.net) dell’USL di Modena e<br />
Centro di Documentazione per la salute (www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan)<br />
della Regione Emilia Romagna.<br />
Gli atenei di Padova, Udine e Pavia hanno servizi di prevenzione e protezione<br />
che hanno messo on line documenti estremamente ricchi (www.unipd.<br />
it/ammi/spp; http://safe.uniud.it/; www.unipv.it/safety/welcome.html).<br />
Oltre alle grandi istituzioni dell’istruzione, ci sono poi anche le piccole<br />
realtà, i piccoli istituti scolastici che mettono on line i propri documenti, le<br />
valutazioni dei rischi, le proprie attività formative: insomma, c’è un mondo<br />
enorme da scoprire e da navigare.<br />
Riguardo ai siti delle associazioni sindacali, segnalo in particolare Diario per<br />
la prevenzione, della CGIL dell’Emilia Romagna (www.diario-prevenzione.it),<br />
un sito molto ben articolato, con aggiornamenti quotidiani e con un forum<br />
abbastanza frequentato, ma al quale si accede previa iscrizione e la sezione 626<br />
del sito della CISL (www.626.cisl.it) con numerosa documentazione.<br />
Fra i siti di associazioni varie, ricordo quello dell’AIAS, Associazione Italiana<br />
fra Addetti alla Sicurezza (www.aias-sicurezza.it) e quello dell’Associazione Ambiente<br />
e Lavoro (www.amblav.it). Molto interessante e poco conosciuto quello<br />
della Fondazione Salvatore Maugeri (www.fsm.it), ricco di documentazione<br />
in formato PDF e che contiene anche il Giornale Italiano della Medicina del<br />
Lavoro ed Ergonomia, con articoli estremamente interessanti dai quali abbiamo<br />
tratto parecchie nostre news. Il sito www.ospedalesicuro.org (Progetto Indaco<br />
– CIIP, Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione), monotematico, si<br />
occupa di strutture sanitarie ed è ricco di contenuti e qualità. Ricordo anche il<br />
sito della Associazione Sicurezza Lavoro (www.sicurlav.it) e quello della SNOP,<br />
Società Nazionale Operatori della Prevenzione (www.snop.it).<br />
Fra i siti degli enti normativi segnalo quello del CEI, Comitato Elettrotecnico<br />
Italiano (www.ceiuni.it) e quello dell’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione<br />
(www.uni.com). Il sito del CEI ha una interessante sezione dedicata alle<br />
FAQ (Frequently Asked Questions) ed è suddiviso per argomenti, evitando la<br />
pecca di molti siti che non suddividono l’informazione con questo sistema.<br />
Tra i siti privati: Sicurezzaonline (www.sicurezzaonline.it), portale verticale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, MedicoCompetente (www.medicompetente.it),<br />
il portale del Medico del Lavoro, Puntosicuro (www.puntosicuro.it),<br />
quotidiano sulla sicurezza di ambiente, beni, dati e persone, Sicurweb (www.<br />
sicurweb.it), portale sulla sicurezza e sul risparmio energetico; queste sono le<br />
realtà più note e più anziane nel web italiano, ma ce ne sono anche altre.<br />
Per quanto riguarda i siti europei eccone uno stringato elenco: European<br />
Agency for Safety and Health at Work (www.agency.osha.eu.int/index_it.htm);<br />
European Commission – Enterprise - PolicyArea - Industry sector (www.europa.<br />
eu.int/comm/enterprise/policy_en.htm).<br />
Quest’ultima area della Commissione Europea è poco conosciuta, ma nel<br />
sito si trovano molti riferimenti relativi alle direttive cardine sulla sicurezza:<br />
la direttiva prodotti da costruzione, la direttiva Atex, la direttiva dispositivi<br />
medici, tutte rubricate con tantissimi documenti di approfondimento; Cordis<br />
– Community Research and Development Information Services (www.cordis.<br />
lu/it/home.html), l’ente normativo europeo, che ha circa 300 documenti<br />
sull’occupation self fitting, molto interessante; CEN – Europen Committee for<br />
Standardization (www.cenorm.be); HSE – Helth & Safety Executive (www.<br />
hse.gov.uk).<br />
Passiamo ora alla presentazione di Sicurezzaonline.it – Il vortal della sicurezza<br />
sul lavoro (www.sicurezzaonline.it). “Vortal” è una parola composta dalle parole<br />
inglesi vertical e portal (ovvero portale verticale), che nella terminologia del<br />
web significa contenitore specialistico che riporta tutte le informazioni relative<br />
alla SSL. Siamo on line ormai da quattro anni e rappresentiamo, perciò, la<br />
realtà Internet italiana più anziana del settore.<br />
Oltre ad aver puntato molto sulla semplicità nel reperimento delle informazioni,<br />
all’interno del portale facciamo aggiornamenti quotidiani sulle norme<br />
tecniche e la legislazione.<br />
Tutti i principali testi di legge presenti in Legislazione sono integrati con le<br />
modifiche intervenute negli anni e sono completamente free, cioè chiunque<br />
può scaricare gratuitamente questi documenti; questo favorisce moltissimo la<br />
diffusione della cultura della sicurezza.<br />
Abbiamo poi, nella sezione In primo piano, una raccolta molto ricca di linee<br />
guida, anche queste completamente free.<br />
Il sabato pubblichiamo, inoltre, tutti gli aggiornamenti sulla SSL a livello<br />
europeo; le notizie sono normalmente bilingui, in italiano e in inglese, in<br />
formato PDF.<br />
Infine, il nostro punto di forza: il forum, a cui abbiamo sempre creduto e<br />
continuiamo a credere. Vi invito a visitarlo e a leggere con attenzione le domande<br />
e le risposte che nel corso degli anni gli utenti del forum hanno inserito<br />
e vedrete quanto alto sia, grazie anche ad una moderazione forte e costante<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
61
62<br />
CAPITOLO 2<br />
Fig. 16. Statistiche degli accessi al sito www.sicurezzaonline.it.<br />
effettuata quotidianamente nella community, il livello tecnico/legislativo raggiunto<br />
nelle decine di migliaia di interventi.<br />
Le statistiche di accesso al nostro sito (i dati sono aggiornati ad ottobre<br />
2003) dicono che la crescita è quasi esponenziale; in particolare ad ottobre<br />
2003 abbiamo avuto quasi 70 mila visitatori (ovvero aziende pubbliche e<br />
private e operatori della sicurezza in genere che hanno visitato, appunto, il<br />
nostro portale), 215 mila sono state le pagine consultate e abbiamo superato<br />
per la prima volta il milione di contatti sul sito. Sono numeri molto alti,<br />
assimilabili se non addirittura, in molti casi, superiori a quelli di importanti<br />
siti istituzionali.<br />
Nelle aziende spesso, purtroppo, le esigenze economiche mal si conciliano<br />
con una profonda attenzione al benessere dei lavoratori. Lo stimolo al<br />
cambiamento culturale e comportamentale, alla ricerca e all’applicazione dei<br />
nuovi modelli di organizzazione del lavoro che promuovono l’assunzione di<br />
responsabilità per la tutela della propria sicurezza e di quella altrui, dovrà venire<br />
nei prossimi anni sempre più attraverso possibili sinergie tra pubblico e<br />
privato nell’impiego del più potente e innovativo mezzo di informazione che<br />
abbia mai inventato l’uomo: Internet.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
2.3. Le iniziative di Rai educational per la salute e la sicurezza negli<br />
ambienti di vita e di lavoro<br />
CIPRIANO CAVALIERE<br />
La televisione educativa di un servizio pubblico come la Rai deve avere oggi<br />
un doppio carattere: formativo/informativo. Deve essere cioè capace di offrire<br />
un quadro di riferimento complessivo, mantenendo una linea di coerenza con<br />
le tendenze e i trend di sviluppo della società; deve facilitare la socializzazione,<br />
aiutare l’adeguamento ai diversi modelli di valori (senso civico, rispetto, solidarietà,<br />
giustizia), agendo da autentica “bussola” di orientamento all’interno<br />
di quel complicato quadro della nuova civiltà, di cui non conosciamo ancora<br />
contorni e definizione.<br />
Una televisione così concepita può fare da coscienza critica della società, contribuendo<br />
a stimolare il rinnovamento e il cambiamento, aprendo il dibattito<br />
sui nuovi modelli di organizzazione della vita collettiva proposti sulla spinta del<br />
progresso tecnico-scientifico. Occorre perciò un nuovo modo di comunicare e<br />
produrre cultura.<br />
In questa ottica abbiamo realizzato “Mister Help, la tua guida per vivere sicuri”,<br />
un corso di informazione-formazione in dieci lezioni, finalizzate allo sviluppo<br />
di una cultura della sicurezza e della prevenzione, prodotto in convenzione con<br />
l’ISPESL (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).<br />
Gli studenti delle elementari, delle medie, delle superiori e i loro insegnanti<br />
sono i protagonisti del programma e rappresentano il nostro target di riferimento.<br />
Il corso di formazione in dieci puntate (otto per gli studenti della scuola<br />
dell’obbligo, due per gli insegnanti) affronta cinque aree tematiche: la casa e gli<br />
incidenti domestici, la salute e la corretta alimentazione, la strada e l’ambiente<br />
rispettivamente per quanto riguarda l’educazione stradale e ambientale e infine<br />
la scuola per una maggiore sicurezza nelle aule scolastiche.<br />
Il corso di formazione è andato in onda sia sul satellite sia sulla rete generalista.<br />
Le due versioni satellitare e generalista si differenziano nella durata, quella<br />
di RaiLab 2 è di circa 45' mentre su Rai Tre di circa 30'. La versione satellitare,<br />
più lunga, presenta ulteriori spunti di approfondimento con gli esperti, nonché<br />
informazioni e suggerimenti per gli insegnanti. RaiLab1 e RaiLab2 sono i canali<br />
satellitari di Rai Educational in chiaro (cioè non a pagamento) per la formazione<br />
e l’aggiornamento professionale.<br />
Mister Help è anche un sito internet. Pensato a misura di ragazzo, offre varie<br />
proposte interattive di carattere ludico.<br />
Parlare di cultura della sicurezza e della prevenzione mette un po’ di soggezione,<br />
un po’ di timore agli adulti, immaginate ai bambini e ai ragazzi. Perciò a mano<br />
a mano che studiavamo come affrontare un tema così difficile e poco fruibile<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
63
64<br />
CAPITOLO 2<br />
per l’età e la struttura mentale dei piccoli, ci siamo resi conto della gravità del<br />
fenomeno attraverso le cifre snocciolate dagli esperti dell’ISPESL: nell’ultimo<br />
anno 3.672.000 incidenti domestici, la maggior parte dei quali riguarda i bambini<br />
da 0 a 14 anni; 6500 morti e 300. 000 feriti negli incidenti stradali; 1452<br />
morti sul lavoro; il 36% dei ragazzi tra i 6 ed i 15 anni obesi od in soprappeso;<br />
7134 incendi con 76.427 ettari di bosco bruciati.<br />
Come denunciare, come parlare ai bambini ed ai ragazzi, nostro target di<br />
riferimento, della gravità di questo fenomeno? E soprattutto, come inculcare<br />
in loro una cultura della prevenzione, che è cultura della responsabilità verso se<br />
stessi e verso gli altri? Come “somministrare” questi valori?<br />
Abbiamo pensato con il disegnatore Gianni Peg e gli autori, di catturare l’attenzione<br />
dei ragazzi creando un personaggio virtuale, Mister Help, una specie di<br />
protettore, di angelo custode dei ragazzi e delle loro famiglie, che nel momento<br />
del pericolo, li avverte, li riprende, li corregge attraverso i comportamenti prima<br />
scorretti dei pestiferi nipotini Pif e Paf e successivamente corretti (la rubrica<br />
infatti si chiama “Le scenette di Pif e Paf: come non si fa, come si fa”.<br />
Abbiamo usato codici comunicativi familiari ai ragazzi: cartoni animati,<br />
videogiochi, disegni e rubriche mirate, con tecniche espressive ludiche, sia sperimentate<br />
che innovative, adatte a catturare l’attenzione e la fantasia dei bambini,<br />
ma anche dei loro insegnanti.<br />
Abbiamo inventato altre due rubriche, “L’altra pubblicità”, una speciale pubblicità<br />
per farci vivere meglio e “I grandi visti dai piccoli”. Per quest’ultima rubrica<br />
siamo partiti dall’idea che non basta proibire, vietare, intimare continuamente:<br />
”Non si fa”, ”non toccare”, ecc., ma occorre dare l’esempio. Sono gli stessi genitori<br />
o gli insegnanti con i loro comportamenti corretti (mettere la cintura di<br />
sicurezza quando si sale in macchina, mettere il casco, non fumare a casa o in<br />
macchina, ecc.) ad insegnare ai figli come ci si comporta e come la gestione del<br />
pericolo deve essere occasione di crescita e non fonte di ansia incontrollata. Con<br />
la rubrica “I grandi visti dai piccoli” si capisce come i nostri figli ci guardano, ci<br />
scrutano, ci imitano e ci criticano. Una lezione da non dimenticare.<br />
Comunque ognuno deve fare la sua parte: la famiglia con l’esempio dei genitori,<br />
la scuola con l’insegnamento dei docenti, l’ISPESL con i suoi esperti e le<br />
sue strutture operative, il servizio pubblico televisivo con trasmissioni mirate e<br />
di qualità. Queste agenzie di produzione di senso devono contribuire, integrandosi,<br />
a educare sin da piccoli i futuri cittadini, a comunicare loro quei valori,<br />
quelle regole, quegli insegnamenti che da grandi li renderanno uomini civili,<br />
buoni cittadini. Un Paese civile non può permettersi di trascurare la sicurezza<br />
dei propri cittadini. Abbiamo aperto una finestra su una realtà troppo spesso<br />
trascurata, convinti che l’impegno e le risorse da dedicare alla prevenzione e<br />
alla sicurezza non siano mai abbastanza, se possono rivelarsi utili a ridurre quei<br />
tragici numeri che abbiamo elencato sopra.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
2.4. I linguaggi simbolici e la segnaletica per la sicurezza<br />
VIRGINIO GALIMBERTI<br />
Con pieno merito, fra le innumerevoli possibilità di comunicare, si inserisce la<br />
segnaletica di sicurezza. La funzione della segnaletica di sicurezza è di contribuire<br />
a salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori tramite una comunicazione<br />
rapida e precisa, anche in tempo reale.<br />
Attraverso l’impiego di colori e/o di forme geometriche contenenti specifici<br />
simboli o pittogrammi e combinate con gli stessi colori, la segnaletica di sicurezza<br />
riesce a rendere universali i messaggi che intende trasmettere superando, nello<br />
stesso tempo e in modo egregio, tutti quegli ostacoli costituiti dalla diversità<br />
di comprensione dovuta alle diverse lingue parlate in questo mondo che si sta<br />
sempre più integrando. Le lingue diverse utilizzate nella stessa Unione Europea<br />
e la continua crescita, nel mondo del lavoro, della presenza di extracomunitari<br />
rende sempre più difficile la comunicazione tra le maestranze. Dal punto di vista<br />
della comunicazione al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, se<br />
si riesce a realizzare una idonea e corretta segnaletica di sicurezza, questo tipo<br />
di problema potrebbe considerarsi in buona parte risolto.<br />
È necessario evitare di ricorrere a messaggi contenenti dei testi, qualsiasi sia<br />
la lingua impiegata, facendo esclusivamente uso di simboli o pittogrammi. Lo<br />
scopo che ci si prefigge è quello che la comprensione del messaggio affidato alla<br />
segnaletica di sicurezza sia immediata e univoca per chiunque, qualunque sia<br />
Fig. 17. Gli elementi della segnaletica di sicurezza.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
65
66<br />
CAPITOLO 2<br />
il livello culturale.<br />
Purtroppo la realtà quotidiana è ancora molto lontana da questi obiettivi. La<br />
tendenza di fabbricanti e utilizzatori di segnaletica di sicurezza è ancora quella<br />
di integrare comunque il messaggio iconico esplicitandolo con testi di diverso<br />
tipo e qualità anche quando potrebbe non essere necessario. È inutile e, a volte,<br />
controproducente aggiungere la scritta “vietato fumare” ad un cartello il cui<br />
pittogramma indica inequivocabilmente che in quella zona vige il divieto di<br />
fumo (sigaretta barrata).<br />
Questa tesi è rafforzata dall’episodio significativo accaduto qualche tempo<br />
fa in uno stabilimento chimico italiano. Al fine di migliorare l’informazione e<br />
la comunicazione è stato deciso di contrassegnare un impianto di produzione<br />
che nulla aveva a che fare con agenti cancerogeni con cartelli che indicavano,<br />
in lingua italiana, l’assenza di agenti R 49. La delegazione straniera, incaricata<br />
di svolgere alcuni lavori su detto impianto, non conoscendo la lingua italiana,<br />
si è rifiutata di accedere nell’area di lavoro senza adeguati sistemi di protezione<br />
specifici per gli agenti cancerogeni. Potevano decodificare solamente la sigla (frase<br />
di rischio) R 49, che in tutte le lingue indica quel tipo di pericolosità imputabile<br />
alla presenza di agenti pericolosi.<br />
Con la definizione di segnaletica di sicurezza si intende, quindi, un sistema<br />
di comunicazione con il quale è possibile inviare determinati tipi di messaggi<br />
finalizzati a sollecitare l’attuazione di specifici comportamenti.<br />
Per la percezione di situazioni di pericolo, l’essere umano è in grado di sfruttare<br />
tutti e cinque i propri sensi. Infatti oltre alla vista e all’udito, anche l’olfatto, il<br />
gusto e il tatto possono percepire situazioni anomale.<br />
L’introduzione involontaria di sostanze pericolose nel cavo orale viene immediatamente<br />
segnalata dal senso del gusto che provoca la reazione di rifiuto<br />
all’ingestione.<br />
Scopi della segnaletica di sicurezza:<br />
– avvertire di un rischio o pericolo (segnali di avvertimento o pericolo);<br />
– vietare comportamenti che potrebbero causare pericolo (segnali di divieto);<br />
– prescrivere determinati comportamenti necessari ai fini della sicurezza<br />
(segnali di prescrizione o obbligo);<br />
– fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o<br />
di salvataggio (segnali di salvataggio o soccorso);<br />
– indicare l’ubicazione delle attrezzature antincendio (segnali per l’ubicazione<br />
dei materiali antincendio);<br />
– fornire altre indicazioni in materia di prevenzione (segnali di informazione).<br />
Ai fini della percezione di messaggi inviati attraverso la segnaletica di sicurezza<br />
vista e udito sono gli unici due sensi che possono indurre all’attuazione di<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
misure preventive per evitare i possibili pericoli, mentre gli altri tre svolgono il<br />
ruolo di segnalatori di emergenza immediata avendo la caratteristica di rilevare<br />
l’effettiva presenza del pericolo. Per questo motivo la segnaletica di sicurezza<br />
risulta efficace solamente sotto forma visiva e sonora.<br />
I campi di applicazione della segnaletica per scopi di sicurezza sono innumerevoli.<br />
Basti pensare alla etichettatura di sostanze e prodotti pericolosi, alle norme<br />
per la segnalazione del trasporto di materie pericolose, alla contrassegnatura delle<br />
tubazioni contenenti fluidi pericolosi, al sistema gestuale per la segnalazione dei<br />
movimenti delle gru, alla segnaletica stradale, ferroviaria, ecc.<br />
Per essere efficace, la segnaletica di sicurezza deve essere di facile e rapida comprensione<br />
senza creare equivoci interpretativi. Per questo scopo, essa impiega,<br />
come già accennato, diverse forme di comunicazione che devono essere adatte a<br />
tutte le tipologie di lavoratori, indipendentemente dalle differenze linguistiche<br />
o culturali.<br />
Come per qualsiasi sistema destinato a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori<br />
(vedi anche il Titolo IV del Decreto Legislativo 626/94 relativo all’impiego<br />
Fig. 18. Gli scopi della segnaletica di sicurezza.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
67
68<br />
CAPITOLO 2<br />
dei dispositivi di protezione individuale), anche la segnaletica di sicurezza deve<br />
essere impiegata solamente nel caso in cui i rischi non possono essere evitati o<br />
sufficientemente limitati con mezzi tecnici di protezione collettiva o con misure,<br />
metodi o procedimenti di organizzazione del lavoro.<br />
I diversi sistemi di segnaletica si identificano in:<br />
– cartelli;<br />
– colori;<br />
– segnali luminosi;<br />
– comunicazioni verbali;<br />
– segnali gestuali;<br />
– combinazioni degli stessi.<br />
Forme e colori<br />
Ad ogni forma e ad ogni colore sono stati assegnati significati specifici in modo<br />
da rendere più veloce il recepimento del messaggio. Il messaggio si concretizza<br />
con la combinazione di forma geometrica e colori, con l’eventuale aggiunta di<br />
una scritta supplementare (solo se indispensabile).<br />
Segnali di avvertimento: forma triangolare; fondo giallo con bordo nero;<br />
pittogramma o simbolo nero.<br />
Fig. 19. Forme e colori della segnaletica di sicurezza.<br />
COLORI<br />
FORME<br />
ROSSO DIVIETO<br />
GIALLO<br />
VERDE<br />
AZZURRO PRESCRIZIONE<br />
ATTENZIONE<br />
AVVISO DI<br />
PERICOLO<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
materiale<br />
ANTINCENDIO<br />
situazione di<br />
SICUREZZA<br />
dispositivo di<br />
SOCCORSO
CAPITOLO 2<br />
Segnali di divieto: forma rotonda; fondo bianco con bordo e barra trasversale<br />
rossi; pittogramma o simbolo nero.<br />
Segnali di prescrizione: orma rotonda; fondo azzurro; pittogramma o simbolo<br />
bianco.<br />
Segnali di salvataggio o soccorso: forma quadrata o rettangolare; fondo verde;<br />
pittogramma o simbolo bianco.<br />
Segnali per ubicazione attrezzature antincendio: forma quadrata o rettangolare;<br />
fondo rosso; pittogramma o simbolo bianco.<br />
Segnali di informazione: il Decreto Legislativo 493/96 non fornisce alcuna<br />
informazione sulla realizzazione di questi cartelli per i quali si suggerisce di<br />
mantenere le stesse caratteristiche previste dal precedente D.P.R. 524/82: forma<br />
quadrata o rettangolare; fondo azzurro; pittogramma o simbolo o scritta<br />
bianca.<br />
Norme tecniche nazionali di riferimento<br />
– UNI 7543 parte 1 Colori e segnali di sicurezza. – Prescrizioni generali;<br />
– UNI 7543 parte 2 Colori e segnali di sicurezza. – Proprietà colorimetriche<br />
e fotometriche dei materiali;<br />
– UNI 7543 parte 3 Colori e segnali di sicurezza. – Avvisi (pubblicata dopo<br />
il D.P.R. 524/82);<br />
Fig. 20. Colori della segnaletica di sicurezza.<br />
COLORI<br />
ROSSO<br />
SIGNIFICATO<br />
O SCOPO<br />
INDICAZIONI<br />
E PRECISAZIONI<br />
SEGNALI DI DIVIETO atteggiamenti pericolosi<br />
PERICOLO - ALLARME<br />
materiali e attrezzature<br />
ANTINCENDIO<br />
alt, arresto, dispositivi di interruzione<br />
di emergenza, sgombero<br />
identificazione e ubicazione<br />
GIALLO SEGNALI DI AVVERTIMENTO attenzione, cautela - verifica<br />
VERDE<br />
SEGNALI DI SALVATAGGIO<br />
E DI SOCCORSO<br />
porte, uscite, percorsi, materiali,<br />
postazioni, locali<br />
SITUAZIONE DI SICUREZZA ritorno alla normalità<br />
AZZURRO SEGNALI DI PRESCRIZIONE<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
comportamento o azione specifica<br />
obbligo di portare un mezzo di<br />
sicurezza personale<br />
69
70<br />
CAPITOLO 2<br />
– UNI serie 7544 relative a Segni grafici per segnali di divieto;<br />
– UNI serie 7545 relative a Segni grafici per segnali di avvertimento o<br />
pericolo;<br />
– UNI serie 7546 relative a Segni grafici per segnali di sicurezza e antincendio;<br />
– UNI serie 7547 relative a Segni grafici per segnali di prescrizione o obbligo.<br />
Requisiti essenziali della segnaletica sono:<br />
– essere immediatamente intelleggibile;<br />
– essere chiara per tutti;<br />
– richiamare l’attenzione su aspetti ben definiti (la segnaletica deve influire<br />
efficacemente sul comportamento dell’individuo in relazione ad uno specifico<br />
pericolo).<br />
Le caratteristiche principali sono:<br />
– segnali acustici - caratteristica del segnale (intensità, durata, frequenza, ...);<br />
– segnali verbali - codificazione delle parole usate;<br />
– segnali gestuali - codificazione dei gesti.<br />
Cartelli ed etichette sono caratterizzati da:<br />
– forma geometrica;<br />
– colori (colore di sicurezza, colore di contrasto e colore del simbolo);<br />
– dimensioni (in rapporto alla distanza di percezione);<br />
Fig. 21. Raffronto di tipologie di pittogrammi.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
– materiali (devono tener conto delle condizioni degli ambienti in cui verranno<br />
installati).<br />
Particolare attenzione deve essere posta all’ubicazione corretta dei segnali che<br />
devono risultare visibili da tutte le posizioni da cui si ritiene debbano essere visti<br />
e non devono essere coperti da ostacoli.<br />
Il numero di segnali da mettere in opera deve essere adeguato ai messaggi<br />
che devono essere comunicati avendo cura, però, di non eccedere. Altrettanto,<br />
i cartelli devono essere in numero sufficiente. Occorre però sottolineare che per<br />
ottenere un efficace intervento di prevenzione, è in ogni caso indispensabile<br />
fornire informazione e formazione ai lavoratori e ai loro rappresentanti, sia sulle<br />
misura adottate in azienda, sia sul significato della segnaletica di sicurezza.<br />
Va inoltre precisato che i segnali devono essere mantenuti puliti, sottoposti<br />
a manutenzione, controllati regolarmente e, se necessario, sostituiti, affinché<br />
conservino le loro proprietà intrinseche e di “funzionamento”.<br />
Dimensioni e proprietà cromatiche devono essere tali da garantire una buona<br />
visibilità e comprensione, mentre il numero e l’ubicazione dei segnali deve essere<br />
studiato in funzione di vari aspetti, quali:<br />
– l’entità del rischio;<br />
– le dimensioni dei locali da proteggere;<br />
– la presenza di eventuali ostacoli che ne impediscano la vista;<br />
– l’angolo di visuale prevedibile degli addetti a cui i segnali si rivolgono, ecc.<br />
Le dimensioni dei segnali devono essere tali da poter essere visti e interpretati<br />
senza problemi da distanze prefissate in fase di progettazione. Il Decreto Legislativo<br />
493/96 fornisce la seguente formula:<br />
A > L2 / 2000<br />
dove: L = distanza di riconoscibilità in metri, A = superficie in m 2<br />
Per motivi di comodità si suggerisce di fare riferimento alla tabella contenuta<br />
nella norma UNI 7543 parte 1 dove vengono dimensionati segnali con visibilità<br />
da 4 metri fino a 25 metri. I segnali devono essere posti in luoghi ben illuminati,<br />
accessibili e visibili.<br />
Cenni sulla commercializzazione<br />
La commercializzazione dei prodotti per la Segnaletica di Sicurezza non è,<br />
per il momento, sottoposta ai sistemi di certificazione come è invece previsto,<br />
per esempio, per i Dispositivi di Protezione Individuale o per i Giocattoli (certificazione<br />
CE). Pertanto, la garanzia di rispondenza delle caratteristiche del<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
71
72<br />
CAPITOLO 2<br />
prodotto fornito alle esigenze specificate dall’utilizzatore rimane nell'ambito<br />
delle clausole contrattuali tra produttore e committente. Sono comunque a<br />
carico del produttore tutte le responsabilità relative alla veridicità circa le<br />
caratteristiche dichiarate della merce fornita, nonché quella relativa ai danni<br />
causati da prodotto difettoso. In ogni caso, i prodotti che vengono immessi sul<br />
mercato, data la loro funzione di mezzi di comunicazione ai fini della sicurezza<br />
e della salute dei lavoratori, devono possedere requisiti e caratteristiche tali da<br />
garantirne l’efficienza.<br />
Le realtà ambientali nelle quali dovrà essere impiegata la Segnaletica di Sicurezza<br />
sono molto diversificate tra di loro ed è necessario che il produttore<br />
disponga di una gamma di prodotti tale da poter soddisfare tutte le esigenze.<br />
Dovranno quindi essere disponibili cartelli con caratteristiche di resistenza agli<br />
agenti chimici, cartelli luminosi con alimentazione autonoma, cartelli retroriflettenti,<br />
rifrangenti, etichette autoadesive, ecc:<br />
Tutti questi sistemi dovranno avere caratteristiche specifiche che il produttore<br />
si impegna a verificare e a garantire in modo da permettere all’utilizzatore una<br />
giusta scelta e una segnaletica efficace. È ovvio che sarà l’utilizzatore, in base alle<br />
proprie realtà ambientali, ad effettuare la scelta dei tipi a lui confacenti, come<br />
pure sarà sua la responsabilità per una scelta non idonea.<br />
Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche dei prodotti per la Segnaletica<br />
di Sicurezza si può accennare a principi generali. Essi devono:<br />
– essere costruiti secondo la regola dell’arte<br />
– essere di dimensioni adeguate per la distanza da cui devono essere visti;<br />
– essere costruiti con materiali resistenti il più possibile agli urti, alle intemperie<br />
ed alle aggressioni dei fattori ambientali;<br />
– avere colori resistenti alle azioni dei raggi solari;<br />
– avere proprietà colorimetriche e fotometriche tali da garantirne una buona<br />
visibilità e comprensione;<br />
– resistere all’azione dei prodotti per la pulizia consigliati dal fabbricante;<br />
– essere concepiti in modo da non costituire loro stessi fonte di pericolo (parti<br />
taglienti, sbavature, collanti pericolosi, ecc.)<br />
Il fabbricante dovrà inoltre garantire la rispondenza del proprio prodotto ai<br />
disposti delle leggi vigenti (Decreto Legislativo 493, DPR 547, ecc.) e, per i<br />
sistemi che prevedono l’impiego di apparecchiature elettriche e/o elettroniche,<br />
alle regole di buona tecnica (norme UNI, CEI, CENELEC, ecc.)<br />
Per quei prodotti per cui è previsto un deterioramento delle caratteristiche nel<br />
tempo (segnali fotoluminescenti o supporti di materiale sintetico che si degrada<br />
in presenza di determinati prodotti chimici, ecc.) il fabbricante dovrà inserire<br />
nella documentazione che accompagna il prodotto, i riferimenti alla eventuale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
data di scadenza o le eventuali limitazioni di impiego.<br />
All’atto della fornitura il prodotto dovrà essere accompagnato da istruzioni<br />
per l’uso, l’installazione, la conservazione e la manutenzione redatte almeno in<br />
lingua italiana e contenenti, se possibile, indicazioni circa i criteri di messa in<br />
loco dei segnali.<br />
2.5. Gli aspetti critici della comunicazione per la prevenzione<br />
GIOVANNI PIANOSI<br />
Pensare alla comunicazione per la prevenzione, significa pensare a una comunicazione,<br />
rivolta alla popolazione in generale o a particolari sottogruppi di<br />
popolazione, che ha come contenuto sostanzialmente due generi di questioni:<br />
l'illustrazione dei rischi collegati a determinate condizioni lavorative o stili di<br />
vita e il suggerimento, la proposta di misure e di comportamenti che possono<br />
abbassare, diminuire o, nei casi più felici, eliminare questi rischi.<br />
Per parlare degli aspetti critici di questo genere di comunicazione, parto dalla<br />
perplessità del mio ex insegnante di ematologia, che adesso fa un altro mestiere:<br />
come mai è così perplesso il ministro Sirchia? Perché una parte non secondaria<br />
del suo impegno di ministro l’ha riservata proprio al problema della comunicazione<br />
per contrastare alcuni stili di vita negativi, in particolare la diffusione del<br />
fumo tra i giovani. Qualche settimana fa, Sirchia ha detto: “Le campagne sul<br />
fumo rivolte ai giovani sono fallite”. Cosa vuol dire “sono fallite”? Vuole dire:<br />
abbiamo fatto le campagne, poi abbiamo fatto delle indagini per vedere quanti<br />
giovani fumano e abbiamo visto che sono rimasti gli stessi, o sono addirittura<br />
aumentati.<br />
Ma siamo sicuri che la campagna sia fallita? Se l’obiettivo della campagna<br />
era quello di dire ai ragazzi che dovevano fumare di meno, sì, certo, è fallita;<br />
se l’obiettivo della campagna era di dare alcune informazioni sul fumo, non è<br />
affatto detto che la campagna sia fallita. E allora qui c’è un primo problema.<br />
Prendiamo lo slogan “AIDS, se lo conosci lo eviti”. Indiscutibilmente questo<br />
slogan ha avuto successo, tanto che è entrato nel nostro linguaggio comune.<br />
Vuol dire che la campagna ha colto nel segno, ce l’ha fatta, che il messaggio è<br />
arrivato, ma siamo sicuri che poi la gente lo evita per davvero? Una mia vecchia<br />
zia tutte le volte che andava a un pranzo di nozze si abboffava come un tacchino<br />
dicendo: “Mi fa tanto male ma è tanto buono!”. Per dirla coi latini, “Video<br />
meliora, proboque; deteriora sequor”, le cose buone le vedo e le approvo, ma poi<br />
faccio le cose che mi fanno comodo, magari le meno buone. In realtà bisogna<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
73
74<br />
CAPITOLO 2<br />
avere anche un senso del limite nel carico di aspettative che abbiamo rispetto<br />
alle campagne, che alcuni obiettivi possono raggiungerli, altri no. Non basta che<br />
qualcuno dica: “Io te lo spiego e quindi dopo tu lo fai”, non funziona così.<br />
A volte le campagne comunicative falliscono perché sono fatte male, perché<br />
sono inadeguati gli strumenti, perché sono sbagliati i metodi, perché il comunicatore<br />
non è capace. Queste cose riguardano la tecnica della comunicazione. Io<br />
lavoro in una ASL; nelle ASL a fare comunicazione sono, per il 99,9%, persone<br />
che non hanno avuto alcun training in questo campo. Dopodiché si dice: “La<br />
campagna è fallita”, ma sarebbe stato un miracolo se avesse funzionato! Tralascio<br />
questi aspetti e preferisco attirare l’attenzione su tre questioni, che ho chiamato<br />
“regole di base”.<br />
Anche se si fanno delle campagne tecnicamente inappuntabili, con buone<br />
strategie e con ottimi comunicatori, io credo che alla lunga falliranno e la comunicazione<br />
si rivelerà un buco nell’acqua, se si violano queste tre regole:<br />
1. Credibilità dei messaggi (se continuiamo a gridare “al lupo! al lupo”, e il<br />
lupo non c’è alla fine Pierino resta solo e il lupo se lo mangia);<br />
2. Correttezza contrattuale (mi riferisco non tanto all’informazione sui rischi,<br />
ma all’informazione sulle misure per controllare e ridurre questi rischi. Se<br />
facciamo promesse esagerate, che non possono essere mantenute, creiamo<br />
un effetto di delusione che ricade non solo su quello specifico intervento<br />
ma sul sistema della comunicazione in generale);<br />
3. Rispetto dell’autonomia decisionale (le campagne sono fatte perché la gente<br />
possa decidere in maniera più consapevole, non perché noi decidiamo al<br />
posto delle persone).<br />
Per quanto riguarda la credibilità dei messaggi, spesso c’è un equivoco dovuto<br />
al fatto che si dà per credibile tutto ciò che è plausibile (why not? perché no?).<br />
Invece una cosa è credibile se è attendibile (evidence based), cioè se ci sono prove<br />
sufficienti e criticamente vagliate al suo sostegno.<br />
A riguardo della credibilità ci sono almeno due spinose questioni: la prima<br />
è che la nostra comunicazione riguarda sempre il futuro (“che cosa mi accadrà<br />
se”) e il futuro è aleatorio: parlare del futuro è sempre una cosa complessa.<br />
Il medico che opera nel campo della prevenzione è in una posizione diversa<br />
da quella del medico clinico il quale comunica una diagnosi, magari pesante ed<br />
infausta, però parla di qualcosa che c’è già.<br />
C’è un altro aspetto molto complicato, credo anzi che sia quasi insolubile, ed<br />
è che tutto ciò che noi sappiamo su quello che può capitare a persone esposte<br />
a certe situazioni di vita, di lavoro, eccetera, lo impariamo da studi condotti su<br />
popolazioni. Ma quel che vale per le popolazioni, vale anche per ogni singola<br />
persona?<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Veniamo al secondo punto, la correttezza contrattuale. Riprendo un’espressione<br />
del medico e giornalista Roberto Satolli: “La medicina non ha mai sollevato<br />
tante critiche e tanti sospetti come nella nostra epoca e nei nostri paesi (il ricco<br />
occidente), epoca e paesi in cui ha raggiunto capacità diagnostiche e terapeutiche<br />
sconosciute in ogni altra epoca ed in ogni altro paese”. La medicina ha<br />
aumentato la speranza di vita e diminuito la mortalità infantile, cioè i due più<br />
robusti indicatori, eppure la gente dice: “Non ci curate bene”.<br />
La spiegazione di questo paradosso è senz’altro complessa, ma credo che risieda<br />
almeno in parte nelle aspettative esagerate che vengono in larga misura indotte<br />
dal sistema della comunicazione. Penso che occorra recuperare il senso dello<br />
scopo e il senso del limite. In greco antico la parola telos vuol dire sia “scopo”<br />
che “limite”: il telos è dove vuoi arrivare, ma è anche il punto oltre il quale non<br />
puoi andare. Non vanno promessi mari e monti perché, se sbagliamo su questo<br />
aspetto del contratto, rischiamo che la discrepanza tra le attese che la popolazione<br />
nutre e i risultati che poi osserva, la faccia incattivire; tanto quanto per noi<br />
può essere fonte di estrema frustrazione il divario tra le promesse che facciamo<br />
e le possibilità effettive. Dunque: estrema onestà, concretezza e precisione nel<br />
definire gli scopi che ci si prefigge di raggiungere e al tempo stesso indicare gli<br />
obiettivi che non si possono perseguire.<br />
Infine l’ultimo punto: l’autonomia decisionale. “Bisogna fare la felicità del<br />
popolo, ma è bene che il popolo non ci metta mano” disse un signore che amava<br />
il popolo, un esponente della piccola nobiltà francese in occasione di una seduta<br />
degli Stati Generali.<br />
Mi rivolgo in particolare alle persone che lavorano nell’ambito della medicina<br />
del lavoro e dell’igiene pubblica: qualunque sia la nostra personale biografia, abbiamo<br />
una storia che comunque ci coinvolge ed è una storia di polizia sanitaria,<br />
di ufficiale sanitario, di regolamento d’igiene. Questo è un linguaggio da caserma,<br />
è un linguaggio di ordini, non un linguaggio di crescita dell’interlocutore.<br />
Vorrei chiudere con la celebre metafora dei porcospini di Schopenhauer:<br />
“I porcospini dormono nella loro tana. Se stanno troppo vicini, si pungono a<br />
vicenda e si svegliano. Se si allontanano troppo gli viene freddo e si svegliano.<br />
Allora si avvicinano e si pungono, eccetera”. Qui c’è un problema veramente<br />
grosso: noi non possiamo decidere al posto dei cittadini.<br />
Una soluzione potrebbe sembrare questa: io sono un asettico comunicatore,<br />
espongo dati e tabelle, poi fate come vi pare. Ma questo non è un modello corretto<br />
di comunicazione. La comunicazione è anche empatia, flusso simpatetico.<br />
Il vero problema – e c’è un notevole parallelismo con quello che capita in clinica<br />
tra medico e paziente – è quello di trovare la giusta distanza: stare sufficientemente<br />
vicini (dal nostro punto di vista), sostenere con sufficiente passione le cose<br />
avendole ben selezionate, ma al tempo stesso rispettare l’autonomia dell’altro.<br />
Come si fa a capire qual è il punto di equilibrio? Non sono in grado di indicarlo,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
75
76<br />
CAPITOLO 2<br />
però penso che avere consapevolezza del problema sia già un modo, se non per<br />
risolverlo, perlomeno per non cadere nei peggiori tranelli che esso può porre.<br />
2.6. Analisi qualitativa della comunicazione per la salute<br />
ANDREA CALAMUSA E ANNALAURA CARDUCCI<br />
1 Al titolo del nostro intervento si dovrebbe aggiungere il sottotitolo “Il rischio<br />
della comunicazione nella comunicazione del rischio”.<br />
Comunicare contenuti scientifici è un’azione che spesso assume aspetti<br />
problematici. Secondo il modello di Lasswell dobbiamo tener conto di “chi<br />
dice cosa, attraverso quale canale, a chi, con quale effetto”. “Chi” rappresenta<br />
il controllo; “dice cosa” è l’analisi del contenuto; “attraverso quale canale”,<br />
riguarda l’analisi dei media; “a chi” attiene all’analisi del pubblico; “con quale<br />
effetto” si riferisce all’analisi dei risultati.<br />
Nel suo percorso il messaggio passa sempre attraverso delle barriere, non<br />
sempre centra l’obiettivo, non di rado in qualche modo si sposta.<br />
Nelle molte ricerche che abbiamo effettuato le barriere sono fondamentali:<br />
nelle campagne di marketing per la salute e nell’educazione alla salute l’obiettivo<br />
non viene raggiunto perché nella decodifica dei messaggi, nei passaggi fra<br />
l’emittente e il ricevente, c’è uno spostamento d’asse.<br />
Queste barriere sono come dei filtri e questi filtri, nel momento in cui il messaggio<br />
passa, possono avere un effetto diverso a seconda della loro collocazione.<br />
Individuare le barriere della comunicazione significa, per esempio, rendersi<br />
conto che il linguaggio non è adeguato al soggetto o all’insieme di soggetti di<br />
riferimento; che la capacità del ricevente è limitata; che esistono motivi di distrazione<br />
(disturbo); che l’argomento trattato non è chiaro; che vi è incoerenza<br />
e incompatibilità tra gli schemi concettuali posti all’attenzione del ricevente; che<br />
la percezione è influenzata dalla presenza di meccanismi inconsci.<br />
È stato detto (De Mauro) che il linguaggio elementare si basa sull’utilizzo<br />
di 7 mila vocaboli, il linguaggio medio di 47 mila, il linguaggio superiore di<br />
100 mila. Come fare per portare a un livello di cultura popolare un concetto<br />
difficile? Questo è il problema della scienza. Televisione e giornali fanno “comunicazione<br />
scientifica” quotidianamente, ma spesso i significati di questa<br />
comunicazione possono essere fraintesi.<br />
1 Questa prima parte dell’intervento è stata condotta nel seminario da Andrea Calamusa.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Fig. 22. Modello di Lasswell (1948), modificato da Braddock (1958).<br />
Per esempio, una ricerca della “Metron” dice che in Italia il 38% degli intervistati<br />
non sa che cosa vuol dire “morbo di Alzheimer”, il 21% attribuisce un<br />
significato errato a questo termine; circa un quinto della popolazione non conosce<br />
affatto il significato di parole come “posologia”, “micosi”, “angina pectoris”,<br />
“profilassi” e così via. Il problema qual’è? Il linguaggio scientifico/istituzionale<br />
è il linguaggio più difficile, 1 su 3, 1 su 4 non comprende il linguaggio istituzionale.<br />
Il linguaggio dei mass-media si rifà spesso al linguaggio scientifico/istituzionale<br />
che in questo modo viene spesso mal interpretato e frainteso; mentre<br />
il linguaggio del medico, in linea di massima, è compreso soltanto dal 50%.<br />
Dunque bisogna tenere conto di questi fattori. Abbiamo misurato queste cose<br />
e abbiamo predisposto dei glossari sulla base di un’indagine fatta sull’AIDS su<br />
tre quotidiani: Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa.<br />
Abbiamo estratto alcune parole che configurano un’interpretazione negativa<br />
della vita: le parole “morte”, “paura”, “terrore” vengono usate quando si parla<br />
di salute e tumore, mentre quando si parla di salute e bellezza, per esempio,<br />
si usano queste altre parole: “bello”, “forte”, “perfetto”, “intelligente” e questo<br />
naturalmente sottintende un’interpretazione positiva, ma anche enfatica della<br />
vita. Tutto ciò crea un problema quando si comunica.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
77
78<br />
CAPITOLO 2<br />
Fig. 23. Il percorso del messaggio attraverso le barriere della comunicazione.<br />
Per esempio, nel caso della SARS, dato che in questo momento non vi è<br />
soluzione di cura, si parla in un modo ansiogeno.<br />
Ho coniato questa espressione: “la tempesta comunicativa nei mass-media”.<br />
Perché? Quando esce una notizia tipo la SARS, tipo l’AIDS, che dura per un<br />
tempo “x” in prima pagina, la popolazione vive in una sorta di “effetto di tempesta”,<br />
diciamo di massificazione di notizie. E che cosa succede? Viene a crearsi,<br />
in un primo momento, una situazione di ansia collettiva, poi di panico collettivo<br />
e infine di isterismo, al punto che si crea un’azione d’urto verso le istituzioni e<br />
alle istituzioni, si chiede di capire, si vuole sapere.<br />
Se noi andiamo a vedere i risultati delle nostre ricerche sulla comunicazione<br />
inerente la diossina, l’influenza negli ospedali, la clonazione, la BSE, il “Lipobay”,<br />
il bioterrorismo, la SARS, questa situazione tende sempre a ripetersi. Tutto dipende<br />
dalla “notiziabilità delle notizie” e per ottenere questo si gioca sull’effetto<br />
ansiogeno dell’informazione. Quando aumenta la percentuale di comprensione<br />
diminuisce la paura (e l’attenzione diffusa per la notizia).<br />
Nella comunicazione è opportuno limitare il numero e la durata dei messag-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Fig. 24. Presenza di parole allarmistiche nella stampa quotidiana.<br />
Fig. 25. Andamento delle tematiche relative alla salute nei quotidiani italiani.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
79
80<br />
CAPITOLO 2<br />
gi, reiterarli e fare leva sui fattori di fiducia e credibilità (fattori che si fondano<br />
sull’empatia, la competenza e l’esperienza, l’onestà, la dedizione e l’impegno),<br />
soprattutto in situazioni in cui la popolazione esprime una forte preoccupazione.<br />
Gli elementi che possono interferire con un buon ascolto sono: la modalità<br />
di esposizione dei contenuti, l’opinione che ognuno ha di sé; l’opinione sull’ascoltatore,<br />
l’opinione nei confronti dell’operatore e la disponibilità reciproca<br />
ad ascoltare. L’ascolto è fondamentale perché ascoltare vuole dire capire.<br />
Consideriamo i fattori che condizionano la comunicazione del rischio:<br />
le situazioni ambientali in cui si svolge la comunicazione, il luogo-tempo,<br />
i contenuti dell’informazione e della comunicazione, le condizioni psicofisiologiche<br />
dei soggetti operanti, i fattori socio aziendali di contrasto. Tutti<br />
questi fattori possono aumentare o diminuire l’efficacia della comunicazione<br />
e quindi la probabilità di esposizione al rischio e la probabilità di incidente<br />
o di malattia.<br />
2 Vorrei portare il punto di vista complessivo dell’analisi del rischio che, a mio<br />
avviso, deve essere sempre considerata come un tutt’unico: c’è una valutazione,<br />
c’è un controllo e c’è una comunicazione che è strettamente connessa con questi<br />
due aspetti.<br />
A volte non ci rendiamo conto che dall’altra parte c’è un pubblico che è<br />
un attore veramente indispensabile. Come fa un lavoratore a cautelarsi dal<br />
rischio se non ne fa una valutazione, se non conosce le misure di controllo<br />
e non le mette in atto, se non si inserisce adeguatamente in un processo di<br />
comunicazione?<br />
Per la valutazione del rischio, che poi va a finire direttamente nella percezione<br />
del rischio, i tecnici si basano sull’evidenza: è una analisi oggettiva,<br />
analitica, scientifica, razionale. Ma il cittadino ha un’altra valutazione, basata<br />
sulla percezione, soggettiva, ipotetica, emotiva ed irrazionale. Che cosa cambia<br />
fra l’esperto e il pubblico? Che l’esperto fa riferimento a due definizioni<br />
dettate dalla legge, “pericolo” e “rischio”, mentre il pubblico li vive anche con<br />
preoccupazione, che è una cosa che non si deve affatto trascurare.<br />
Quando noi ci occupiamo di comunicazione del rischio dovremmo tenere<br />
in considerazione la percezione del rischio: come la possiamo modificare? Attraverso<br />
l’informazione – e qui dovremmo parlare di autorevolezza delle fonti e<br />
di qualità dell’informazione. In ogni caso noi presupponiamo di fornire una<br />
2 Questa seconda parte dell’intervento è stata condotta nel seminario da Annalaura Carducci.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
Fig. 26. La percezione del rischio.<br />
CAPITOLO 2<br />
conoscenza, ma a livello del pubblico ci saranno tutta una serie di caratteristiche<br />
personali, di esperienze, di situazioni ambientali che condizionano sia la<br />
percezione del rischio sia quello che ne deriva, cioè la decisione e l’adozione<br />
di comportamenti preventivi.<br />
Le fonti d’informazione possono essere molto diverse, le più rappresentate<br />
sono generalmente i media, cioè qualcosa che noi non possiamo controllare,<br />
anche se ce ne dobbiamo servire. E i media agiscono a volte in maniera contraddittoria<br />
rispetto alle campagne di prevenzione. Basta vedere cosa succede<br />
per esempio sulle vaccinazioni: viene fuori un articolo terroristico e mesi o<br />
anni di campagne vanno in fumo.<br />
È stato costituito un gruppo di lavoro per cercare di valutare la qualità della<br />
comunicazione sulla salute attraverso i mass media. I criteri di valutazione della<br />
qualità sono molto banali, ma secondo noi basterebbe un’attenta considerazione<br />
di questi criteri per ottenere un certo miglioramento della comunicazione:<br />
la correttezza, l’affidabilità, l’utilità, la comprensibilità, l’equilibrio e, infine,<br />
l’indipendenza.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
81
82<br />
CAPITOLO 2<br />
Fig. 27. Distribuzione delle informazioni utili su AIDS (2000), BSE (Gennaio<br />
2001), diabete (1999-2001) e SARS (28-29-30 Aprile 2003).<br />
Per quanto riguarda l’utilità, vorrei dire che è un’arma a doppio taglio. Se<br />
nei giornali si tende a dare notizie pochissimo utili e molto sensazionali, a volte<br />
la comunicazione istituzionale fa l’opposto, fornendo troppe notizie presunte<br />
utili ed evitando di dare quelle veramente utili. Questo crea molta confusione<br />
tra chi ascolta le due campane – da una parte la comunicazione mass mediale<br />
e dall’altra quella istituzionale – che sono comunque due campane spesso<br />
forti che dicono cose diverse.<br />
La comprensibilità dà altri problemi; noi facciamo una valutazione della<br />
comprensibilità molto parziale perché è basata solo sulla leggibilità tramite<br />
l’utilizzo di test di linguistica computazionale. Qui il lavoro da fare è enorme.<br />
Se vogliamo veramente mettere a punto degli strumenti per misurare la<br />
comprensibilità abbiamo da lavorare tantissimo perché attualmente non esiste<br />
niente di sufficientemente sofisticato per farlo adeguatamente; la leggibilità<br />
la possiamo soltanto valutare in modo approssimativo.<br />
Sull’equilibrio è già stato detto; è noto che nei media è facile trovare titoli<br />
che vanno dal terrorismo più puro all’ottimismo più sfrenato, della serie: si<br />
studia il DNA e si risolvono i mali del mondo.<br />
Infine l’indipendenza: per esempio troviamo il caso di una rivista di settore,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 2<br />
Fig. 28. Analisi della comprensibilità di 35 articoli inerenti l'epidemia SARS nei<br />
giorni 28-29-30 aprile 2003.<br />
che non presenta un certo articolo per quello che è, cioè una comunicazione<br />
pubblicitaria, ma come un dossier, quindi come se fosse una informazione<br />
obiettiva e indipendente. È evidente che anche sull’indipendenza della comunicazione<br />
ci sarebbe da discutere molto.<br />
In conclusione, a vari livelli, sia come medici che come operatori della<br />
comunicazione, dobbiamo tener presente che in qualunque azione di comunicazione<br />
sarebbe importante sviluppare un sistema della qualità ed attenersi<br />
poi il più possibile a questo sistema.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
83
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Strategie e prodotti comunicazionali per la<br />
comunicazione del rischio, la prevenzione<br />
degli infortuni e la promozione della SSL<br />
3.1. Gli Enti pubblici locali.<br />
“Inform@zione” - Catalogo nazionale dei prodotti per l’informazione<br />
e la formazione alla SSL (AUSL di Modena)<br />
MARA BERNARDINI<br />
L’attenzione alle problematiche relative alla salute e alla sicurezza nei luoghi di<br />
lavoro è progressivamente cresciuta negli ultimi anni, dando luogo alla nascita<br />
e allo sviluppo di azioni finalizzate al miglioramento delle condizioni lavorative:<br />
recepimento e definizione di normative specifiche, tutele di tipo assicurativo,<br />
sistemi informativi per la descrizione e le analisi dei fenomeni, ricerche sui determinanti<br />
di rischio, attività di vigilanza e controllo.<br />
Tali azioni per essere pienamente efficaci devono essere affiancate da interventi<br />
tesi a far crescere la cultura della prevenzione e della sicurezza e quindi<br />
anche la coscienza e la consapevolezza del diritto alla salute, di cui un fattore<br />
costitutivo è “il lavoro in sicurezza”, sia in età lavorativa che fra le generazioni<br />
che dovranno inserirsi nel mondo del lavoro in quanto futuri lavoratori e futuri<br />
imprenditori.<br />
Per raggiungere questi importanti obiettivi, le attività di informazione, di<br />
formazione e di assistenza nei confronti dei soggetti coinvolti nei processi e nelle<br />
problematiche di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro assumono un ruolo<br />
fondamentale. Lo stesso Piano Sanitario Nazionale indica, tra le strategie di intervento<br />
che devono essere privilegiate con l’obiettivo di ridurre l’incidenza degli<br />
infortuni e delle malattie correlate al lavoro, la promozione e il potenziamento<br />
di iniziative che favoriscano la circolazione dell’informazione, delle attività di<br />
formazione e aggiornamento dei principali soggetti della prevenzione.<br />
Non bisogna poi dimenticare l’entrata in vigore del Decreto Legislativo<br />
626/94 che sottolinea con forza la necessità di informare e formare i lavoratori<br />
e le figure preposte alla prevenzione e alla sicurezza, nella consapevolezza che<br />
persone adeguatamente informate e formate rispettino maggiormente i loro<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
85
86<br />
CAPITOLO 3<br />
doveri di sicurezza, proteggano se stessi e gli altri.<br />
Con il Decreto Legislativo 626/94 la prevenzione è diventata sempre più<br />
terreno di interventi integrati e polivalenti da parte di esperti, datori di lavoro,<br />
lavoratori, parti sociali. Ed è sicuramente un fatto fondamentale l’attivazione<br />
di momenti di supporto e la realizzazione di strumenti indicati per sviluppare<br />
le attività di informazione nel campo della medicina del lavoro.<br />
Nella Regione Emilia Romagna si è concluso lo studio sul monitoraggio<br />
dell’applicazione del Decreto Legislativo 626/94 e si sono rilevati alcuni aspetti<br />
critici legati all’attività di informazione e formazione: nel 2001 (erano dati parziali)<br />
il 60% delle imprese realizzava tali attività; nel 2003 (dati finali) l’informazione<br />
va da un 67% sui rischi e sulle norme di sicurezza, al 43% sulle sostanze<br />
pericolose; la formazione più o meno si attesta sul 55% delle aziende.<br />
Vi è, quindi, ancora una larga domanda di poter disporre di materiali e strumenti<br />
di qualità per attività di formazione e informazione. D’altra parte molti<br />
strumenti vengono realizzati, ma poi hanno una diffusione circoscritta; ci sono<br />
anche una serie di siti Internet che arricchiscono l’offerta ma che non vengono<br />
censiti e sono poco conosciuti.<br />
Gli obiettivi generali del progetto Inform@zione, al quale hanno dato avvio<br />
la Regione Emilia Romagna, l’AUSL di Modena, l’ISPESL e l’INAIL, sono di<br />
rendere più facile l’acquisizione e l’utilizzo dei prodotti esistenti e di sollecitare<br />
maggiore attenzione alla qualità dei prodotti. Nel ’96 e nel ’98 abbiamo prodotto<br />
un catalogo dei prodotti e dei materiali educativi; anche l’ISPESL e l’ex CDS<br />
dell’AUSL Città di Bologna avevano già lavorato ad una banca dati nazionale<br />
sulla formazione utile che raccoglie progetti formativi di qualità. Questi lavori<br />
sono confluiti direttamente all’interno del catalogo Inform@zione, collegato<br />
all’omonima rassegna-concorso nazionale.<br />
Gli obiettivi specifici del progetto erano di realizzare un catalogo ed una banca<br />
dati che contenessero elementi utili per scegliere e acquisire i materiali informativi<br />
didattici, per selezionare e promuovere i materiali migliori e per indurre maggior<br />
attenzione alla loro qualità. In definitiva: realizzare un catalogo e una banca dati<br />
e premiare i prodotti migliori. La banca dati è destinata a tutti i soggetti della<br />
prevenzione: datori di lavoro, tecnici della sicurezza (RLS, Rappresentanti dei<br />
Lavoratori per la Sicurezza, e RSPP, Responsabili del Servizio di Prevenzione<br />
e Protezione) lavoratori e consulenti; raccoglie materiali da tutta Italia e viene<br />
periodicamente aggiornata (il primo aggiornamento è previsto per il 2004).<br />
Come abbiamo portato avanti il progetto? Inizialmente c’è stata una promozione<br />
diffusa dell’iniziativa per favorire la partecipazione di un elevato numero<br />
di produttori e di sussidi: quindi abbiamo proceduto con la pubblicazione di<br />
articoli e di una cartolina informativa sulla stampa specializzata, con l’invio<br />
di cartoline e poster che pubblicizzavano l’iniziativa agli Enti formativi, alle<br />
Aziende USL, alle istituzioni e a quanti altri potevano essere interessati, con la<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Fig. 29. Esempio di una pagina tipo del catalogo Inform@zione.<br />
pubblicazione del bando di partecipazione sui siti Internet degli Enti promotori<br />
e anche di altri Enti che si sono resi disponibili a pubblicizzare l’iniziativa. Vi<br />
è stata poi la raccolta dei materiali e la realizzazione del catalogo della banca<br />
dati in versione cartacea, su CD-ROM e disponibile sul web. Infine, sono stati<br />
valutati e premiati i prodotti migliori.<br />
I criteri di selezione dei materiali sono stati piuttosto ampi. Sono stati inseriti<br />
in banca dati tutti i materiali inviati, ad eccezione dei materiali scientifici,<br />
scolastici o con evidenti contenuti pubblicitari. Non erano ammessi al concorso<br />
neanche i materiali presentati nelle precedenti edizioni o prodotti dagli Enti<br />
promotori. Erano invitati a partecipare: le Aziende USL, gli Enti pubblici e<br />
privati, le istituzioni, le case editrici, le associazioni di categoria e sindacali, i<br />
consulenti, le aziende produttrici e tutti coloro che realizzano materiali sul tema<br />
come, per esempio, gli Enti formativi.<br />
Il regolamento per la partecipazione prevedeva la compilazione di due schede<br />
in formato elettronico: una conteneva i dati del produttore del sussidio e<br />
una i dati del prodotto; queste schede andavano a implementare un database<br />
elettronico. I materiali in forma cartacea e tutti i vari sussidi (in videocassetta,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
87
88<br />
CAPITOLO 3<br />
CD-ROM, ecc.) dovevano essere inviati, accompagnati dalla scheda stampata,<br />
all’Azienda USL di Modena.<br />
La scheda del produttore deve riportarne il nome e tutti i dati che lo riguardano,<br />
compresa una breve descrizione dell’eventuale sito web dedicato alla salute<br />
e sicurezza sul lavoro. Questo ci serve anche per censire i siti Internet che non<br />
hanno partecipato al concorso, ma sono comunque presenti in una sezione<br />
della banca dati.<br />
Sulla scheda dei prodotti vengono riportati i seguenti dati: titolo; autori; anno<br />
di produzione e di aggiornamento; abstract; tipologia del prodotto (manuale,<br />
opuscolo, depliant, CD-ROM, videocassetta, dispensa, pacchetto di sussidi<br />
integrati, poster, ecc.); destinatari; indicazione se il prodotto è indirizzato o<br />
meno a un particolare comparto produttivo; principali argomenti trattati (aspetti<br />
legislativi, organizzativi, infortuni, patologie correlate al lavoro, valutazioni dei<br />
rischi e documenti aziendali, valutazioni e documenti di cantiere, misure tecniche,<br />
pronto soccorso, informazione e formazione per la sicurezza, ecc.); le aree<br />
di rischio trattate (fattori ergonomici, comportamentali, psicologici, biologici,<br />
chimici, fisici, infortunistici connessi, ecc.); l’indicazione se il prodotto è disponibile<br />
gratuitamente o, se è a pagamento, il suo costo; tutte le informazioni<br />
per richiedere il prodotto.<br />
Nella banca dati sono presenti a tutt’oggi 207 materiali (“a tutt’oggi” significa<br />
fino al 2002, quando abbiamo chiuso la prima fase dell’iniziativa). Si tratta di<br />
70 manuali, 84 opuscoli e poster; 18 CD-ROM; 11 videocassette; 24 sussidi<br />
integrati; sono stati censiti anche 25 siti Internet che si occupano del tema della<br />
prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.<br />
I materiali inviati hanno partecipato anche a un concorso al quale hanno<br />
lavorato due Commissioni: la prima (presieduta dalla dottoressa Roseo dell’ISPESL)<br />
sulla qualità del contenuto, la seconda (presieduta dal dottor Paoloni<br />
dell’INAIL) sull’efficacia della comunicazione. I criteri di valutazione della<br />
prima commissione sono stati legati alla pertinenza, alla correttezza (normativa<br />
e tecnica) e all’esaustività rispetto all’argomento e ai destinatari dei materiali (la<br />
maggior parte dei materiali inviati non erano indirizzati, per la verità, a target<br />
specifici).<br />
I criteri di valutazione della commissione che ha lavorato sull’efficacia della<br />
comunicazione riguardavano la veste grafica espositiva, la struttura e l’adeguatezza<br />
dello strumento. I premi sono stati 9, tra quelli assoluti, quelli per la qualità<br />
del contenuto e quelli per l’efficacia della comunicazione. Ora intendiamo<br />
aggiornare e implementare questa banca dati, migliorando così la circolazione<br />
dell’informazione su tutti i prodotti che esistono e continuando a selezionare i<br />
prodotti migliori.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
L’Azienda USL di Modena opera nel campo della comunicazione e dell’informazione<br />
per la salute e la sicurezza sul lavoro anche con altre iniziative:<br />
la manifestazione fieristica Ambiente-Lavoro, luogo di divulgazione e di approfondimento<br />
di importanti temi prevenzionistici; un sito web che fornisce<br />
assistenza alle imprese ed ai soggetti della prevenzione; campagne informative<br />
con produzione e divulgazione di materiali, ad esempio un depliant sulla tutela<br />
della mater-paternità, nato dalla collaborazione tra AUSL, Direzione provinciale<br />
del lavoro e INPS<br />
3.2. Gli Enti pubblici locali.<br />
Strategie ed esperienze dei servizi di prevenzione e sicurezza negli<br />
ambienti di lavoro in provincia di Trento<br />
GRAZIANO MARANELLI<br />
Inizio citando Stefano Beccastrini, “La competenza comunicativa e relazionale<br />
è, pienamente e non facoltativamente, un fattore di professionalità dell’aiuto”,<br />
perché questa citazione ci permette di dire qual’è il punto di partenza, ma anche<br />
un punto di arrivo, delle riflessioni di questi anni relativamente alla comunicazione<br />
in sanità, per gli operatori dell’aiuto e per i professionisti della sanità<br />
in generale.<br />
La competenza comunicativa è una competenza piena, indispensabile, fondamentale<br />
e non facoltativa di questa professionalità, fa parte di quello che<br />
Beccastrini chiama “il quadrilatero delle competenze”, insieme a quelle tecnicoprofessionali,<br />
gestionali, organizzative.<br />
Comunicare in sanità è difficile e comunicare in sanità pubblica presenta delle<br />
ulteriori difficoltà, oltre che alcune peculiarità. Quando si passa dal rapporto<br />
tipico medico-paziente (basato sulla fiducia, sulle competenze professionali e<br />
tecniche) a situazioni come quelle della sanità pubblica, nella quale il rapporto<br />
prevalente è con la comunità, con i gruppi, con le sottopopolazioni, con i gruppi<br />
di interesse, gli stakeholder, i rapporti non sono regolati solamente sul piano<br />
tecnico-professionale, ma ci sono anche vincoli e norme che ci fanno assumere<br />
posizioni di vigilanza, autorizzative, certificatorie od altro, che ci pongono in<br />
un ruolo particolare come medici, ma anche come operatori in generale della<br />
sanità. Lavoriamo non sul sintomo, sulla malattia, ma su bisogni che non sono<br />
espressi, o sono espressi a livello collettivo. Frequentemente la nostra comunicazione<br />
si svolge in condizioni di crisi: la SARS, la BSE, l’elettromagnetismo,<br />
le morti per il caldo dell’estate 2003 hanno messo la sanità pubblica in una<br />
condizione di rincorsa dell’evento mediatico. Questa situazione si verifica su<br />
grande come su piccola scala: il caso dell’inceneritore, della discarica, della stalla<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
89
90<br />
CAPITOLO 3<br />
che emana puzza nel vicinato...<br />
E d’altra parte, com’è già stato detto, gli obiettivi sui quali noi lavoriamo sono<br />
spostati in un ipotetico futuro, quindi vantaggi e svantaggi sono al di là della<br />
immediata verificabilità sia del soggetto che delle istituzioni.<br />
Ed arrivo al ruolo della comunicazione all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione<br />
così com’è formulato nel documento ratificato dal Consiglio Superiore<br />
della Sanità nel novembre del 2000, nel quale la comunicazione viene elencata<br />
tra i 5 elementi che caratterizzano la cultura delle Sanità Pubbliche, accanto<br />
alla valutazione dei bisogni, alla sanità pubblica basata sulle prove di efficacia,<br />
l’analisi sistemica e l’assicurazione di qualità.<br />
Questo stesso documento declina nel particolare quali sono gli aspetti della<br />
comunicazione che il Dipartimento di Prevenzione deve curare, gli strumenti<br />
di cui deve fornirsi e per che cosa li deve utilizzare: il contributo all’analisi della<br />
percezione del rischio e alla gestione dei rapporti con il pubblico nelle situazioni<br />
di rischio; il supporto agli interventi di promozione della salute, che si avvale<br />
principalmente di strumenti relazionali e comunicativi; lo strumento per la<br />
condivisione dei criteri di priorità degli interventi a tutti i livelli della concertazione,<br />
in una logica di alleanze all’interno della società per il raggiungimento<br />
di specifici e determinati obiettivi di promozione della salute.<br />
Mi rifaccio ad un altro documento, questa volta della Regione Emilia Romagna,<br />
sul Dipartimento di Sanità Pubblica (Dipartimenti di Prevenzione):<br />
“La nuova sanità pubblica opera tramite alleanze che attraversano i vari confini<br />
disciplinari, professionali e organizzativi e fonda in questa collaborazione lo<br />
sviluppo e la traduzione nella pratica di politiche basate su prove di efficacia in<br />
tutte le aree che hanno un impatto sulla salute e sul benessere della popolazione”.<br />
Il tema delle alleanze viene ulteriormente chiarito dicendo che attraversano anche<br />
i vari confini disciplinari e che quindi devono essere strumento di integrazione<br />
all’interno degli interventi di sanità pubblica e di prevenzione.<br />
Brevemente riassumerei così le caratteristiche odierne della comunicazione<br />
in sanità pubblica: non è una competenza facoltativa, ma uno strumento per<br />
il raggiungimento degli obiettivi, e ha a che fare con i diritti, con l’equità, con<br />
l’uguaglianza, con la trasparenza, caratteristiche dell’ambito della democrazia<br />
della cittadinanza.<br />
Quindi la comunicazione è una componente del servizio, cioè dell’attività<br />
che si realizza nell’interazione tra l’operatore (fornitore) e il cittadino-utente – e<br />
questa è una elaborazione e una conquista del tutto recente. Tutti gli operatori<br />
comunicano e quindi la comunicazione fa parte della “cassetta degli attrezzi” a<br />
loro necessaria.<br />
Per entrare più nel merito delle azioni che sono state intraprese dall’Azienda<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Provinciale per i Servizi Sanitari possiamo partire dal documento del Programma<br />
di sviluppo strategico, che per noi rappresenta ovviamente un riferimento<br />
d’obbligo, ma che è anche molto ricco. Chi conosce la Carta di Ottawa, riconoscerà<br />
nelle aree prioritarie d’azione (costruire una politica pubblica per la<br />
salute; creare ambienti favorevoli alla salute; rafforzare l’azione della comunità;<br />
sviluppare abilità personali; riorientare i servizi sanitari) proprio i fondamenti<br />
della promozione della salute, e il riferimento che ci viene dato per orientare<br />
l’attività delle strutture è di andare verso le attività di promozione della salute.<br />
All’interno di questo contesto, nell’aprile 2003 la Direzione che rappresenta<br />
il Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari,<br />
ha elaborato un primo percorso che dovrebbe completarsi con la pianificazione<br />
della comunicazione; infatti si intitola “Indirizzi per la pianificazione”, vale<br />
a dire che ancora una pianificazione non c’è, che è partita dall’analisi delle<br />
difficoltà, dei problemi insorti, anche dalle esperienze vissute in questi anni di<br />
comunicazione per indicare alcuni obiettivi che noi abbiamo distinto tra “il<br />
dire” e “l’ascoltare”.<br />
Al “dire” afferiscono: far conoscere i servizi, informando su obiettivi, interventi<br />
e risultati; far conoscere i diritti dei cittadini; rendere migliore e più appropriata<br />
la domanda; qualificare il servizio prestato; garantire visibilità e riconoscibilità<br />
delle strutture; rendere trasparente l’azione; accreditare il servizio come struttura<br />
autorevole e credibile (fiducia), cioè posizionare l’ente nella comunità.<br />
All’ambito dell’ “ascoltare” noi riferiamo: facilitare il contatto da parte dei<br />
cittadini; favorire confronti, verifiche e collaborazioni; garantire spazi di comunicazione<br />
(bidirezionale) permanenti, accessibili, efficaci, seri; anticipare ed<br />
assecondare le aspettative di conoscenza e di partecipazione della società; favorire<br />
l’autonomia decisionale degli utenti (empowerment).<br />
Come recitano gli “Indirizzi per la pianificazione della comunicazione 2003”<br />
dell’ APSS – Direzione Igiene e Sanità Pubblica, si tratta di azioni che solo in<br />
parte possono essere “esternalizzate” con profitto ad uffici specifici (URP, uffici<br />
stampa): questo significa che la comunicazione va gestita anche quanto più vicino<br />
al livello direttamente operativo (“ciascuno di noi comunica”) e che dobbiamo<br />
agire per metterci in grado di comunicare in maniera efficace e corretta.”<br />
Abbiamo utilizzato anche gli strumenti normali della programmazione aziendale,<br />
ad esempio una scheda di budget, per orientare le strutture e abbiamo<br />
inserito un obiettivo di miglioramento della comunicazione all’interno della<br />
pianificazione delle attività delle strutture.<br />
Veniamo all’ambito della sicurezza negli ambienti di lavoro. In <strong>Trentino</strong> queste<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
91
92<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 30. Pubblicazioni per le campagne "Igiene e sicurezza nel lavoro" (1996 - 2001).<br />
strutture hanno avuto una storia un po’ più tribolata che altrove, sono passate<br />
attraverso vari enti, sono giunte in ritardo, anche nell’ambito sanitario. Solo nel<br />
1995, con la creazione dell’Azienda Sanitaria, i servizi di prevenzione entrano<br />
nella sanità, e solo nel 2001 vengono inseriti in un’unica struttura.<br />
Questo ha creato modificazioni di denominazione, di fisionomia, di organizzazione<br />
che non hanno certamente facilitato il posizionamento dei servizi.<br />
Il regolamento dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari individua così le<br />
principali funzioni dell’Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti<br />
di Lavoro:<br />
– conoscere la diffusione dei rischi e le condizioni di salute;<br />
– individuare, far conoscere e far applicare, anche attraverso la vigilanza sul<br />
rispetto della normativa, soluzioni efficaci alle situazioni di rischio;<br />
– favorire l’autoresponsabilizzazione di datori di lavoro, lavoratori e cittadini<br />
nell’ottica della diffusione della cultura della sicurezza, mediante gli<br />
strumenti della promozione della salute, della comunicazione sul rischio,<br />
dell’assistenza, dell’informazione e della formazione.<br />
Riguardo alla nuova collocazione della vigilanza nella sanità pubblica e nella<br />
sicurezza sul lavoro Leopoldo Magelli afferma: “L’attività di prevenzione svolta<br />
dal Dipartimento di Prevenzione delle ASL non si esaurisce nella vigilanza, ma<br />
richiede un sistema partecipato di relazioni efficaci con tutti soggetti esterni”.<br />
Quindi anche la vigilanza, che molto spesso ci capita di pensare come estranea<br />
all’ambito della comunicazione, oltre a essere luogo di comunicazione, è uno strumento<br />
nel quale questi mezzi devono e possono essere utilizzati ampiamente.<br />
Espongo ora una breve panoramica delle attività che in questo decennio<br />
abbiamo elaborato all’interno del servizio.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Fig. 31. Campagna per l'uso del roll-bar sui trattori agricoli (1997-99).<br />
a) Informazione, cioè diffusione di informazioni su normative, procedure,<br />
soluzioni. Un notevole lavoro, fatto non solo di pubblicazioni e opuscoli, ma<br />
anche di seminari, corsi, incontri, in un’epoca di grandi rivolgimenti normativi<br />
che hanno richiesto all’Ente pubblico un sostegno alla diffusione e alla acquisizione<br />
dei nuovi modelli di prevenzione. Tra le nostre campagne ricordo: “Igiene<br />
e sicurezza nel lavoro”, il nostro bestseller, pubblicato in più edizioni nel corso<br />
degli anni, che tenta di spiegare con semplicità che cosa viene chiesto a lavoratori<br />
e datori di lavoro per l’applicazione della 626; la campagna sulla tutela della<br />
gravidanza e della maternità, campagna partita a seguito del decreto 645 e che<br />
viene rinnovata in questi giorni; la campagna per l’uso del roll-bar sui trattori<br />
agricoli, che ha impegnato vari mezzi, dalla televisione, alla radio, agli incontri<br />
con gli agricoltori nelle valli, ecc.; siamo stati fra i fondatori di SafetyNet, che<br />
per noi è stata un’esperienza molto importante, anche perché era molto difficile<br />
parlare di web nel ’96; campagne sulla sicurezza nell’edilizia;<br />
b) Assistenza, cioè la rilevazione dei bisogni (ascolto) e la fornitura di supporto,<br />
sotto forma di indicazioni, raccomandazioni, linee-guida: una serie di opuscoli<br />
elaborati da gruppi di lavoro con singoli artigiani, il quaderno di cantiere; lineeguida<br />
sul rischio benzene nelle stazioni di servizio, linee-guida per la gestione<br />
del rischio rumore nell’edilizia e nel comparto legno; linee-guida per gli agenti<br />
cancerogeni; ecc. Anche queste iniziative sono state poi illustrate in incontri con<br />
centinaia di imprenditori dell’artigianato in tutte le valli del <strong>Trentino</strong>;<br />
c) Governance: interventi su obiettivi condivisi; partecipazione, coinvolgi-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
93
94<br />
CAPITOLO 3<br />
mento, alleanze (piani di comparto, progetti-obiettivo, protocolli), cioè quelle<br />
azioni di regia e di governo che vengono oggi assegnate ai servizi pubblici della<br />
sicurezza e anche della sanità pubblica in generale. Questa funzione di regia ci<br />
ha visto soprattutto impegnati in piani di comparto: il piano sicurezza nei lavori<br />
agricoli; il Piano triennale; la fissazione di 12 priorità per la prevenzione degli<br />
incidenti gravi; il patto della responsabilità settore legno; il progetto “alcol e<br />
lavoro” e quello “incidenti stradali”, progetto ad ampio raggio, con una sezione<br />
dedicata anche alla sicurezza sul lavoro.<br />
Chiudo esponendo alcune prospettive e auspici, pur sottolineando che abbiamo<br />
ancora molte difficoltà ad affrontare questi temi perché non abbiamo<br />
competenze sufficienti: accrescere le competenze comunicative attraverso la<br />
formazione (fino a poco tempo fa nessun percorso formativo delle professioni<br />
sanitarie prevedeva l’inserimento della comunicazione nel bagaglio delle abilità<br />
e delle competenze, oggi finalmente si è iniziato, ad esempio con i tecnici della<br />
prevenzione e con gli infermieri); valorizzare il ruolo comunicativo degli operatori<br />
(professionalizzare); rendere risorsa e funzione strategica la comunicazione; creare<br />
un sistema di comunicazione; sviluppare gli strumenti di relazione; programmare,<br />
unitamente alle azioni, gli strumenti di comunicazione; considerare l’efficacia<br />
degli strumenti; sviluppare metodi di intervento ispirati alla comunicazione sui<br />
rischi, alla promozione della salute e agli interventi di sanità pubblica; sollecitare<br />
la partecipazione; creare spazi permanenti di interazione, comunicazione,<br />
partecipazione.<br />
3.3. Gli Enti pubblici locali.<br />
L’esperienza del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro<br />
del Dipartimento della Sanità Pubblica della USL di Reggio<br />
Emilia<br />
CARLO VERONESI<br />
Questa comunicazione vuole portare l’esperienza di lavoro all’interno di un servizio<br />
della Provincia di Reggio Emilia che è un servizio di vigilanza, ma che noi<br />
tutti interpretiamo come un servizio di prevenzione, di assistenza alle aziende,<br />
di informazione-formazione.<br />
Queste tre tipologie di attività (vigilanza, assistenza e informazione-formazione)<br />
sono alla base del nostro lavoro, che cerchiamo di ripartire in questo modo<br />
perché riteniamo che sia l’unico per affrontare sotto vari aspetti il problema della<br />
salute sui luoghi di lavoro.<br />
Abbiamo posto la scuola al centro della nostra attività di informazione-for-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
mazione. Esemplare, nel ‘97, l’esperienza della campagna per la prevenzione dei<br />
rischi sul lavoro, un evento che è durato una settimana durante la quale tutte<br />
le scuole della provincia hanno presentato realizzazioni, performance, prodotti<br />
e lavori elaborati nel corso dell’anno scolastico.<br />
Nella Provincia di Reggio Emilia, questa iniziativa ha costituito un passo<br />
avanti nella conoscenza della 626, nel senso che migliaia di studenti hanno<br />
visto le mostre e hanno partecipato alle performance nelle piazze della città e<br />
attraverso loro abbiamo veramente coinvolto tutta la città, dato che anche i<br />
genitori partecipavano da casa a quello che facevano i ragazzi.<br />
Tutte queste manifestazioni sono state portate nelle piazze, nelle strade, nei<br />
teatri, nei cinema, nelle sale d’esposizione di Reggio Emilia, e sono stati portati<br />
a termine 24 progetti con temi attinenti al tipo di istituto superiore, a cui hanno<br />
contribuito peraltro anche le scuole inferiori. I progetti sono riconducibili a varie<br />
tipologie: l’installazione di un labirinto costruito nella piazza della città, con<br />
domande sulla sicurezza; I fiori al lavoro, aiuole disegnate attraverso i fiori con<br />
i colori della sicurezza; un cantiere costruito nel centro della città, progettato<br />
appositamente dall’Istituto Geometri; Il lavoro è di moda, una sfilata di dispositivi<br />
di protezione individuale che aveva lo scopo di rendere di moda un abbigliamento<br />
normalmente considerato come una cosa faticosa da portare; mostre d’arte di<br />
lavori e disegni dei bambini; pubblicazione di Storie e Memorie; l’opuscolo sulla<br />
sicurezza per i ragazzi al primo ingresso nella scuola; l’opuscolo Benvenuto al<br />
lavoro in sicurezza, tradotto in tre lingue per i lavoratori stranieri; alcuni video<br />
sulla sicurezza dei laboratori di chimica, di meccanica e di elettrotecnica; alcuni<br />
videogiochi; quattro spettacoli di teatro; una rassegna di film e concorsi.<br />
Le scuole, di tutta la provincia, che hanno collaborato alla preparazione di<br />
questi progetti sono state 205, gli studenti complessivamente 2.600, i docenti<br />
coinvolti 110, i partecipanti alle mostre, ai convegni, alle proiezioni cinematografiche<br />
e agli spettacoli teatrali 4.700.<br />
Recentemente è stato realizzato dalle scuole in rete della Provincia di Reggio<br />
Emilia un sito web del quale gli attori sono gli RSPP delle scuole stesse e il<br />
Comune di Reggio Emilia, che è il catalizzatore di questo sito in cui vengono<br />
raccolte le esperienze e le soluzioni portate avanti dagli istituti scolastici di ogni<br />
ordine e grado, in merito sia agli obblighi legislativi sia a progetti educativi<br />
rivolti agli studenti. Il sito ospita anche un gruppo di discussione che applica<br />
e fa vedere agli altri quello che nella propria scuola è stato realizzato in modo<br />
ritenuto esportabile. Per il domani, stiamo lavorando perché la sicurezza sia<br />
integrata all’interno del piano dell’offerta formativa, quindi stiamo puntando,<br />
insieme al CSA (ex Provveditorato agli Studi) a far entrare la sicurezza all’interno<br />
delle unità formative capitalizzabili.<br />
Veniamo ora ad altri tipi di attività che riguardano i lavoratori stranieri. Dal<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
95
96<br />
CAPITOLO 3<br />
punto di vista della comunicazione è molto diverso parlare a dei ragazzi, che<br />
bisogna interessare e far partecipare, che parlare ad adulti. Ovviamente, bisognerebbe<br />
fare partecipare e interessare anche gli adulti, ma le strategie in questo<br />
ambito possono essere diverse e anche molto difficili.<br />
Ci siamo trovati, ad esempio, a dover rispondere alla richiesta dell’Associazione<br />
Cinesi di fare un corso agli imprenditori di quell’etnia che si erano autonominati<br />
RSPP, perché nessuno voleva prendersi questo impegno. Ci siamo assunti<br />
noi questo compito per il comparto tessile, che da noi è piuttosto importante:<br />
abbiamo costituito un pacchetto formativo bilingue molto semplice, con molte<br />
immagini, poco testo (e molta spesa, perché abbiamo dovuto tradurlo in cinese!)<br />
ed abbiamo prodotto un pacchetto di circa 100 lucidi organizzati in sezioni con<br />
i classici argomenti che devono essere conosciuti da un RSPP, italiano o cinese<br />
che esso sia. L’organizzazione è stata di questo tipo: abbiamo inserito nel primo<br />
corso coloro che comprendevano l’italiano e abbiamo chiesto la loro disponibilità<br />
a seguire, uno alla volta, i corsi successivi (che sono stati 5, ciascuno di 16<br />
ore) per altri RSPP che non comprendevano bene la lingua. I lucidi sono stati<br />
tradotti in cinese, con poco testo scritto e molte immagini.<br />
È stata un’esperienza molto particolare perché gli utenti venivano da ispezioni<br />
fatte congiuntamente da Carabinieri, ex Ispettorato del Lavoro e USL alla ricerca<br />
di clandestini e su segnalazione dei vicini perché i laboratori tessili funzionavano<br />
anche di notte. Erano ispezioni talvolta drammatiche e penose, che in alcuni<br />
casi si concludevano con l’espulsione di familiari occupati clandestinamente. In<br />
poche parole, abbiamo cercato, insieme all’Associazione Cinesi, di renderli più<br />
ottemperanti alle disposizioni della legge, di fare in modo che almeno sapessero<br />
dove e a chi rivolgersi se avevano intenzioni di mettersi in regola, perché non<br />
avevano la minima idea delle normative. L’esperienza non è stata bellissima perché<br />
gli utenti l’hanno seguita per costrizione. A dire la verità, non posso garantire<br />
nulla rispetto ai risultati, ma è stata comunque un’iniziativa che c’è stata poi richiesta<br />
da altre Province, perché questi lucidi abbastanza semplici prendono in<br />
considerazione un po’ tutte le tipologie di rischio di un laboratorio tessile.<br />
Un altro comparto molto impegnativo è quello dell’agricoltura, nel quale<br />
abbiamo molti lavoratori stranieri, soprattutto pakistani, indiani e del nord<br />
Africa. Abbiamo operato insieme al Comitato di concertazione provinciale di<br />
cui fanno parte, oltre agli Enti interessati, tutte le associazioni imprenditoriali e<br />
sindacali. Intervenire in agricoltura è difficilissimo per la parcellizzazione delle<br />
aziende agricole e per lo scarso numero dei dipendenti regolarmente assunti.<br />
Anche qui, per la grande diffusione del lavoro irregolare, non abbiamo potuto<br />
fare di meglio che produrre alcuni opuscoli tradotti in tre lingue (inglese, francese<br />
ed arabo) nei quali vengono presi in considerazione i rischi di igiene e sicurezza<br />
negli allevamenti zootecnici. Sono pubblicazioni di una sessantina di pagine che<br />
forniamo durante i corsi di formazione che stiamo facendo con Agriform, l’ente<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
di formazione di tutte le associazioni agricole della provincia.<br />
Veniamo infine all’edilizia, un settore nel quale stiamo lavorando moltissimo.<br />
La vigilanza in questo comparto per noi è uno degli aspetti fondamentali: circa<br />
650 delle 1.500 aziende che ispezioniamo in un anno a Reggio Emilia sono<br />
cantieri edili.<br />
Facciamo anche altre iniziative, come per esempio, nel 2001, una settimana<br />
di iniziative d’informazione contro le cadute dall’alto, nella quale abbiamo cercato<br />
di concentrare alcune delle possibili forme di comunicazione, tra cui un<br />
incontro con gli studenti dei geometri e un corso pratico sull’utilizzo dei DPI<br />
di terza categoria, cioè le cinture di sicurezza, le cosiddette “salvavita” per le<br />
quali occorre un aggiornamento e una formazione specifica: abbiamo costruito<br />
un falso tetto a mezzo metro da terra, sul quale gli operatori che seguivano la<br />
formazione hanno provato le cinture di sicurezza.<br />
Questi corsi sono stati ripresi dalla scuola edile e oggi vengono proposti abbastanza<br />
regolarmente a chi opera sui tetti. La sicurezza nei cantieri edili, una<br />
guida pratica per l’infortunistica nei cantieri edili, è giunta alla settima edizione<br />
aggiornata; la stiamo distribuendo in tutte le manifestazioni a cui partecipiamo<br />
e può essere richiesta ai nostri servizi.<br />
Abbiamo inoltre prodotto alcuni filmati per i lavoratori italiani e stranieri nei<br />
quali, con stile esplicativo, abbiamo cercato di dare un messaggio informativointerpretativo<br />
di come bisognerebbe operare. Noi parliamo ai lavoratori italiani<br />
e stranieri in un settore che dà molti problemi perché in questo momento la<br />
parcellizzazione e la destrutturazione delle imprese mette i cantieri edili in una situazione<br />
di lavoro veramente molto precaria dal punto di vista della sicurezza.<br />
Siamo partiti con la motivazione dell’alta incidenza e gravità degli infortuni<br />
nel comparto edile di Reggio Emilia, uno dei comparti nei quali sia per incidenza<br />
degli infortuni che per la loro gravità la situazione è pessima. L’obiettivo del<br />
progetto è quello di aumentare la cultura della sicurezza, sensibilizzare i lavoratori<br />
del comparto e fornire delle nozioni di base sulle misure di prevenzione<br />
da adottare in presenza dei rischi lavorativi.<br />
Questo prodotto è stato realizzato sulla base dei finanziamenti erogati dall’INAIL<br />
nell’ambito di un’iniziativa di sostegno e promozione della formazione,<br />
informazione e comunicazione. Consiste in dieci filmati di 3 minuti che<br />
affrontano i principali rischi del comparto: lavori sulle coperture e sui tetti, i<br />
ponteggi, le cinture di sicurezza e i dispositivi anticaduta; le gru e gli argani; le<br />
cadute dall’alto (parapetti, scale fisse, ambienti di lavoro); l’organizzazione e i<br />
comportamenti nel cantiere; i dispositivi di protezione individuale; l’impianto<br />
elettrico; le macchine da cantiere; la movimentazione manuale dei carichi. I<br />
filmati sono già stati prodotti in italiano e devono essere ora tradotti in inglese,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
97
98<br />
CAPITOLO 3<br />
francese ed arabo e poi distribuiti tramite le associazioni imprenditoriali alle<br />
aziende e ai lavoratori.<br />
Saranno distribuite 1.250 videocassette di cui 800 in italiano, per circa 4.000<br />
lavoratori (abbiamo stimato che con il metodo di distribuzione adottato ogni<br />
cassetta possa ragionevolmente essere vista da 5 lavoratori), 150 copie in inglese<br />
(per 750 lavoratori) e altrettante in francese e in arabo. I filmati verranno<br />
anche diffusi per un anno intero tramite la televisione locale Tele Reggio nel<br />
corso della popolare trasmissione Habitat, che tratta dei problemi dell’edilizia:<br />
I filmati andranno in onda uno alla volta, a rotazione, in tutte le 45 puntate in<br />
cui si articola la trasmissione nell’arco dell’anno. I promotori del progetto sono<br />
la Provincia di Reggio Emilia, l’Azienda USL e TR Editoriale.<br />
L’esportabilità del progetto è assicurata dal fatto che non c’è nessuna caratterizzazione<br />
territoriale e la modalità di distribuzione è libera, previo accordo con<br />
l’INAIL, che è il proprietario del prodotto.<br />
3.4. Le parti sociali.<br />
Confindustria<br />
LUIGI CASANO<br />
Le direttive comunitarie che si sono occupate della salute e della sicurezza sui<br />
luoghi di lavoro, e che sono state recepite nel nostro Paese, hanno definito delle<br />
strategie e addirittura una filosofia della sicurezza in azienda.<br />
Filosofia che praticamente si è focalizzata su alcuni capisaldi e istituti come<br />
quelli dell’informazione e della formazione, della valutazione del rischio, della<br />
consultazione, prevedendo quindi la partecipazione nell’ambito aziendale di più<br />
figure per gestire nel modo migliore possibile la materia stessa.<br />
Le direttive comunitarie hanno delineato un quadro legislativo europeo, e<br />
successivamente nazionale, che ha portato a livelli di attenzione per la sicurezza<br />
abbastanza elevati il nostro sistema normativo, introducendo in particolare<br />
una organizzazione nuova nella gestione della sicurezza. Le indicazioni fornite<br />
dalle direttive comunitarie per quello che riguarda le prescrizioni tecniche in<br />
materie di sicurezza nella maggior parte dei casi erano già comprese nel nostro<br />
vecchio ordinamento giuridico nazionale, ma il processo legislativo comunitario<br />
e successivamente quello nazionale di recepimento delle direttive hanno individuato<br />
percorsi vincenti, in particolare nella informazione, nella formazione e<br />
nella comunicazione. Tutti questi sono istituti che hanno contribuito e contribuiranno<br />
sempre di più, e in maniera sempre più rilevante, a favorire la crescita<br />
della cultura della prevenzione in tutti i soggetti del mondo del lavoro.<br />
Il nostro sistema confindustriale ha attuato fin dalla metà del decennio scorso,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
cioè all’atto dell’entrata in vigore del decreto legislativo 626, una politica del<br />
settore mirata ad informare e formare i soggetti della sicurezza e in particolare<br />
le imprese associate, ricorrendo agli strumenti della comunicazione ritenuti di<br />
volta in volta maggiormente idonei a diffondere le specifiche tematiche.<br />
Fin dall’entrata in vigore di quell’importante provvedimento le nostre associazioni<br />
territoriali e di categoria si sono attivamente impegnate organizzando su<br />
tutto il territorio nazionale, anche in concorso con altre organizzazioni pubbliche<br />
e private, corsi di formazione per i soggetti della sicurezza: responsabili, addetti ai<br />
servizi di protezione e prevenzione, datori di lavoro, rappresentati dei lavoratori<br />
per la sicurezza. E questo l’ha fatto pubblicando manuali e quaderni di carattere<br />
generale e specialistico, prodotti (anche informatici) finalizzati a fornire corrette<br />
procedure e suggerimenti utili all’attuazione delle normative di sicurezza e in<br />
particolare ad accrescere la cultura prevenzionistica del nostro Paese.<br />
Nel 1995 Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno definito un accordo interconfederale<br />
che riguardava la creazione degli organismi paritetici operanti in<br />
materia di salute e sicurezza sul lavoro, individuando tre livelli di competenza:<br />
un livello nazionale, un livello regionale e un livello provinciale. In particolare,<br />
gli organismi a livello regionale erano e sono incaricati di promuovere la materia<br />
della formazione alla sicurezza dei lavoratori.<br />
Recentemente è stata creata “Fondo Impresa”, una fondazione paritetica<br />
(Confindustria e Sindacati) che si occuperà di finanziare progetti di formazione<br />
per la sicurezza che le aziende ed i sindacati aziendali presenteranno per i vari<br />
finanziamenti agli organismi regionali di cui ho accennato. Il processo è ancora<br />
all’inizio, ma si svilupperà molto presto e sarà un passo avanti nel settore della<br />
formazione alla sicurezza.<br />
La comunicazione alla sicurezza, secondo noi, si rivolge in particolare a quattro<br />
figure: ai lavoratori, attraverso l’informazione e la formazione; ai soggetti specifici<br />
della sicurezza che operano nell’azienda, come i rappresentanti dei lavoratori<br />
per la sicurezza; ai responsabili dei servizi di protezione e prevenzione; ai datori<br />
di lavoro.<br />
Inoltre vanno attuate procedure e buone prassi applicative delle normative di<br />
sicurezza vigenti nei vari settori dell’attività lavorativa, con riferimento ai rischi<br />
specifici. Confindustria ha collaborato con l’UNI, l’INAIL, l’ISPESL, i sindacati<br />
e altri istituti a realizzare in materia di salute e sicurezza una linea guida sui<br />
sistemi di gestione per la salute e sicurezza in azienda. È una linea guida diffusa<br />
dall’UNI già due anni fa che individua all’interno delle aziende dei percorsi di<br />
aiuto ai datori di lavoro e alle imprese nella gestione della materia della salute<br />
e sicurezza in azienda. È stata seguita da altre due linee guida di settore (una<br />
sui sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’edilizia e una per<br />
il settore metalmeccanico) e da una più generale per l’applicazione dei principi<br />
generali del primo documento dell’UNI. Sicuramente questo documento in<br />
particolare sarà d’aiuto alle imprese nella gestione della salute e sicurezza senza<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
99
100<br />
CAPITOLO 3<br />
costi eccessivi e senza che le imprese stesse siano vincolate all’attuazione della<br />
linea guida stessa, quindi una adesione di carattere volontario.<br />
Confindustria non si occupa direttamente della predisposizione di strumenti<br />
formativi o di strumenti di aiuto alle imprese, se non a livello di circolari, news,<br />
organizzazioni di convegni diretti alle nostre associazioni territoriali o di categorie.<br />
Sono poi le associazioni che, attraverso prodotti informatici o cartacei, danno<br />
degli indirizzi operativi alle imprese, e in molti casi anche per la formazione dei<br />
lavoratori.<br />
Fra i materiali realizzati si possono citare ad esempio le liste di controllo per<br />
l’edilizia prodotte dai CPT, come un manuale operativo per la valutazione dei<br />
rischi nella costruzioni, oppure i manuali preparati e diffusi da Assolombarda,<br />
relativi a specifici ambiti di prevenzione, o ancora un CD sul rischio chimico<br />
realizzato da Federchimica.<br />
Il nostro sistema è molto attento alle questioni relative alla salute e sicurezza<br />
sul luogo di lavoro. Iniziative in tal senso ci sono anche a livello di vertice<br />
confindustriale, perché tutto il nostro sistema imprenditoriale sente molto il<br />
problema della salute e sicurezza sul luogo di lavoro.<br />
3.5. Le parti sociali.<br />
Confartigianato<br />
GIORGIO RUSSOMANNO<br />
La prima cosa di cui tener conto, anche per quanto riguarda la SSL, è che l’artigianato<br />
ha delle caratteristiche precipue: sono caratteristiche dimensionali, ma<br />
anche, certe volte, di debolezza strutturale; soprattutto le imprese artigiane sono<br />
tante (oltre 1.200.000 in Italia), articolate in tantissime e specifiche attività.<br />
Lo sottolineo perché alcune volte esigenze di contenimento dei costi o di<br />
accorpamento delle iniziative di comunicazione fanno sì che una campagna<br />
informativa debba riferirsi a obiettivi differenti che talvolta possono essere o<br />
essere percepiti come contrastanti. Non è ovvio ricordarci sempre che l’obiettivo<br />
principale è la riduzione dei rischi nelle aziende reali, cioè nelle aziende per come<br />
esse si presentano effettivamente nella realtà articolata del nostro Paese, con le<br />
loro debolezze e le loro specificità.<br />
Alcune tipologie di aziende artigiane, come le aziende edili e di trasporti, sono<br />
numericamente molto consistenti; altre, benché non meno importanti sotto il<br />
profilo economico o sociale, non sono particolarmente numerose.<br />
Un secondo elemento da cui partire è il fatto che un’azienda artigiana si confi-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
gura come un microcosmo tenuto insieme da una particolarità sociale: lavoratori<br />
e imprenditori lavorano fianco a fianco, subiscono gli stessi rischi e quindi, da<br />
questo punto di vista, i messaggi dall’uno all’altro, dall’imprenditore al lavoratore<br />
per quanto riguarda determinate istruzioni o dal lavoratore all’imprenditore per<br />
quanto riguarda la sussistenza di determinati rischi, sono facilitati. Inoltre c’è<br />
una componente importantissima nel nostro sistema: il lavoratore autonomo. Il<br />
lavoratore autonomo è escluso dal campo di applicazione della 626, ma questo<br />
non l’abbiamo certo inteso come una licenza di suicido, e tentiamo di inglobare<br />
il lavoratore autonomo all’interno di flussi informativi e del miglioramento delle<br />
conoscenze di cui dispongono gli imprenditori e i lavoratori dipendenti.<br />
Un terzo importante elemento: la capacità di tutelare la salute non è spontanea,<br />
è una funzione appresa e probabilmente bene ha fatto l’ultimo decreto<br />
ad inserire elementi di conoscenze pedagogiche e di competenze didattiche tra<br />
i requisiti professionali delle RSPP, e del responsabile in particolare. Una delle<br />
caratteristiche principali del mondo artigiano, accanto alla spiccata perizia tecnica,<br />
è il titolo di studio piuttosto basso: solo l’1% degli imprenditori artigiani<br />
ha la laurea e il 50% dei lavoratori del comparto ha solo il titolo di studio della<br />
scuola dell’obbligo. Quindi è un ambiente molto esperto riguardo alla propria<br />
specifica attività produttiva, ma che deve apprendere le tecniche di divulgazione.<br />
Siccome si tratta di uno degli obblighi che la 626 dà all’imprenditore, è<br />
necessario che l’imprenditore conosca anche determinate tecniche di relazione<br />
interpersonale e di comunicazione. Non basta che l’imprenditore, ligio alla normativa,<br />
abbia per le mani le schede di sicurezza (tanto per citare un esempio), è<br />
anche importante che gli conosca alcune tecniche di divulgazione nei confronti<br />
dei suoi dipendenti.<br />
Il messaggio è tanto più efficace quanto più l’obiettivo è univoco. Se si fa una<br />
campagna con obiettivi differenti (per esempio, per promuovere l’utilizzo di un<br />
DPI, cioè un dispositivo di protezione individuale, e contemporaneamente per<br />
modificare i comportamenti), spesso questi obiettivi vengono letti e interpretati<br />
come divergenti.<br />
Ultimo elemento, ma non in termini di importanza, sono i costi. Non solo per<br />
l’ideazione, per la realizzazione e per la distribuzione dei materiali informativi,<br />
ma anche per il fatto che nel momento della fruizione della comunicazione c’è<br />
un costo derivato dal mancato guadagno, dalla mancata applicazione ad una<br />
macchina e del mancato lavoro degli addetti. Soprattutto quest’ultima categoria<br />
di costi viene percepita come pesante. Naturalmente è una percezione sbagliata,<br />
che fa elevare i costi molto più pesanti della non sicurezza, tuttavia è un elemento<br />
che deve essere preso in considerazione.<br />
Come attore della comunicazione per la SSL, il sistema Confartigianato è un<br />
sistema complesso: circa 500 mila associati, 140 associazioni provinciali e 720<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
101
102<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 32. Pubblicazioni multilingue per i lavoratori dell'edilizia.<br />
mandamentali (quindi con una presenza capillare sul territorio). La strategia che<br />
dobbiamo utilizzare per arrivare all’utente dell’informazione SSL è una strategia<br />
a cascata moltiplicativa. Il nostro sistema è articolato in associazioni territoriali<br />
relativamente autonome e ciascun ganglio della rete produce campagne e materiali<br />
informativi, mentre noi coordiniamo il tutto.<br />
Una parte centrale del nostro impegno l’abbiamo dedicata al sistema della<br />
bilateralità perché gli enti bilaterali, gli organismi paritetici, gli istituti pubblici, le<br />
organizzazioni indipendenti hanno un ruolo riconosciuto all’interno della legge<br />
sulla prevenzione e sicurezza, perché gli enti bilaterali hanno le risorse da dedicare<br />
a questo compito e perché questi enti riescono a produrre direttamente materiali<br />
comunicativi condivisi e la condivisione è già di per sé un valore aggiunto.<br />
Tra gli attori della comunicazione c’è naturalmente la stampa, che però, a<br />
mio modo di vedere, non sempre gioca un ruolo positivo. La stampa produce<br />
notizie, e credo che questo sia uno degli elementi più critici, perché si sa che<br />
l’impatto della notizia è in funzione dell’emozione procurata: la notizia è tale<br />
in quanto esercita una determinata emozione, purtroppo in genere negativa, di<br />
sorpresa, di allarme, di ansia. E, come è già stato detto, oltre un certo livello<br />
l’ansia assume una funzione di rimozione. I trend infortunistici sono in leggera<br />
ma costante diminuzione anche nelle PMI: è vero, ma certamente non fa notizia.<br />
E questo è un problema.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Fig. 33. Pubblicazioni multilingue per i lavoratori dell'edilizia..<br />
Forse le campagne sull’AIDS, le campagne sulla SARS o sulla mucca pazza<br />
hanno bucato il video, hanno avuto successo, ma non certo quelle sugli infortuni<br />
sul lavoro, sulla sicurezza nel lavoro. Al massimo vediamo il caso dell’infortunio<br />
in cronaca locale, magari esposto in maniera colorita e certe volte anche<br />
raccapricciante; tutt’al più agli onori della stampa arriva la pubblicazione del<br />
rapporto annuale dell’INAIL.<br />
Ci sembra veramente troppo poco, ci sembra che la stampa non abbia un<br />
approccio positivo a questa materia, tanto più che il percorso leggibile tra le<br />
righe è sempre lo stesso: infortunio = mancanza di rispetto della legge = avviene<br />
tipicamente nelle PMI. Noi siamo anche impegnati nel tentare di fornire degli<br />
elementi di equilibrio rispetto a questo pregiudizio che è costante e generalizzato.<br />
La mission della comunicazione di Confartigianato è aiutare la pubblica<br />
opinione a conoscere i fenomeni infortunistici e a valutarli correttamente,<br />
focalizzandosi sugli strumenti e le soluzioni piuttosto che sugli allarmi più o<br />
meno giustificati<br />
Nelle PMI qualche messaggio è passato e si stanno verificando delle tendenze<br />
positive. Le dobbiamo comunicare, ma ancora non ci riusciamo, soprattutto in<br />
edilizia. La forbice tra la grande impresa e la piccola impresa sta diminuendo e<br />
la piccola impresa sta accogliendo alcuni elementi di gestione, di migliore organizzazione.<br />
Nei confronti nella stampa dobbiamo essere impegnati appunto<br />
a fornire questi elementi.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
103
104<br />
CAPITOLO 3<br />
Mi sembra molto importante prendere in considerazione la comunicazione<br />
orale, verbale, in quanto l’informazione viaggia attraverso l’oralità, il rapporto<br />
umano, l’istruzione passata direttamente dall’imprenditore al lavoratore, nelle<br />
riunioni di categoria, nelle attività di assistenza e consulenza, negli incontri<br />
operativi, nei rapporti e negli eventi istituzionali e così via. È un elemento importantissimo<br />
forse troppo trascurato.<br />
Un aspetto particolare è l’informazione fornita dalle aziende alla pubblica<br />
amministrazione. Quando parliamo di informazione per la SSL pensiamo tipicamente<br />
all’informazione che viene veicolata dall’istituzione verso la cittadinanza<br />
in generale e verso l’imprenditoria in particolare. Ma esiste un altro importante<br />
flusso informativo che procede per direzione inversa. Eccone alcuni esempi, un<br />
po’ provocatori, riguardanti l’aspetto infortunistico: doppio invio della denuncia<br />
infortuni (all’INAIL e alla PS); comunicazione all’ASL del superamento<br />
del limite di esposizione al rumore; comunicazione alla ASL e all’Ispettorato<br />
del nome del RSPP (art. 8, comma 11); dichiarazione dei compiti, periodo e<br />
curriculum del RSPP (art. 8, comma 11, lett. a,b,c); adempimenti per lo svolgimento<br />
diretto del SPP (art. 10, comma 2); dichiarazione attestante la capacità<br />
di svolgimento dei compiti; dichiarazione degli adempimenti dell’art. 4, commi<br />
1, 2, 3, 11; relazione sull’andamento infortuni; attestazione di frequenza del<br />
corso di formazione; comunicazione al sindaco per rientrare nell’elenco delle<br />
attività insalubri; trasmissione del registro degli esposti ad agenti cancerogeni<br />
e mutageni; trasmissione del registro dei lavoratori esposti ad agenti biologici;<br />
invio all’ISPESL delle cartelle sanitarie alla fine del rapporto di lavoro; invio all’ISPESL<br />
della copia del registro di esposizione ogni tre anni; richiesta all’ISPESL<br />
della copia delle annotazioni sul registro di esposizione per i nuovi assunti già<br />
esposti agli agenti cancerogeni.<br />
Gli imprenditori forniscono dunque molta informazione alla pubblica Amministrazione<br />
e alle istituzioni, ma questa informazione è mal gestita e assolutamente<br />
ridondante. Dovremmo pensare a cosa fare dell’enorme flusso informativo che<br />
procede verso le istituzioni, a come rendere fruibili queste informazioni, ma di<br />
questo nessuno ne parla, a parte chi, come noi, ha anche lo scopo di facilitare<br />
la vita degli imprenditori.<br />
Fra le iniziative di comunicazione per la SSL di Confartigianato vorrei citare il<br />
sito Ambiente e sviluppo sostenibile, un servizio gratuito di messaggistica SMS<br />
che quotidianamente (ogni due giorni) parla di SSL, varie attività con gli Enti<br />
bilaterali e con l’INAIL, prodotti comunicazionali per i lavoratori dell’edilizia<br />
(cassette, CD, stampati, anche utilizzando il linguaggio dei fumetti), pensati<br />
anche per i lavoratori immigrati, come glossari figurati e traduzioni in inglese,<br />
spagnolo, arabo e albanese (a questo proposito sarà importante per il futuro<br />
individuare in quali lingue tradurre in relazione ai vari comparti produttivi,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
tenendo conto delle presenze di lavoratori immigrati: per esempio, cinese nel<br />
tessile, macedone, rumeno e polacco nell’edilizia, ecc.) e lezioni on-line di lingua<br />
italiana con esempi di colloqui che possono avvenire in ambienti di lavoro tra<br />
un italiano e un arabo, tra un italiano e un sudamericano, tra un italiano e un<br />
albanese, e così via.<br />
3.6. Le parti sociali.<br />
CNCPT - Commissione Nazionale Comitato Paritetico Territoriale<br />
GIUSTINO VALTELLINO<br />
Rappresento qui un Ente bilaterale, formato dalle associazioni dei datori di lavoro<br />
e dai sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, che opera nel settore delle<br />
costruzioni, uno dei settori produttivi a più alto rischio.<br />
Vediamo di analizzare qual è lo scenario in cui opera oggi l’impresa edile.<br />
Sono numerosi gli elementi che favoriscono l’infortunio sul lavoro: a differenza<br />
di quanto succede in altri settori produttivi, l’edilizia ha formalmente una temporaneità<br />
di lavoro; la mobilità dei lavoratori è molto alta; la scolarizzazione dei<br />
lavoratori impiegati è piuttosto bassa; all’interno delle aziende c’è una presenza<br />
importante di extracomunitari. Questi aspetti sono correlati a una difficoltà di<br />
comunicazione all’interno dell’azienda, sia nell’ambito della produzione che per<br />
quanto riguarda la sicurezza.<br />
Nel cantiere edile c’è un’alta una concentrazione di possibilità di rischio, è<br />
un terreno fertile per favorire l’infortunio. Noi dobbiamo in qualche maniera<br />
intervenire per mitigare questa situazione, utilizzando la comunicazione e l’informazione.<br />
Io sono un imprenditore, un datore di lavoro che qui rappresenta una<br />
Commissione nazionale che si occupa di divulgare informazione e formazione<br />
nel mondo dell’impresa.<br />
Oggi un imprenditore deve essere anche un buon divulgatore e un comunicatore<br />
su quanto attiene la produzione e la sicurezza presso i propri dipendenti, o<br />
avere collaboratori in grado di farlo all’interno dell’azienda. Come imprenditore<br />
devo avere gli elementi per capire quali sono gli strumenti concreti da utilizzare<br />
nella mia azienda e devo verificare la formazione e l’informazione sui temi della<br />
SSL. Ci sono ottimi supporti per migliorare l’ambiente di lavoro e renderlo più<br />
sicuro, ma forse non abbiamo ancora completamente acquisito le conoscenze<br />
per integrare all’interno della nostra azienda, con i nostri collaboratori, quelli<br />
che sono gli aspetti comunicativi più elementari.<br />
Le attività di comunicazione devono avere un modello a cui fare riferimento,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
105
106<br />
CAPITOLO 3<br />
in base al quale insegnare a qualcuno che cosa fare e come farlo. Nel mondo<br />
dell’impresa, soprattutto quella delle costruzioni, esiste un modello corretto di<br />
come si fa una lavorazione, di come si applicano correttamente tutte le norme<br />
che dal ’55 a oggi un imprenditore accorto è tenuto ad applicare e un lavoratore<br />
deve avere nel proprio bagaglio culturale.<br />
Eppure oggi siamo ancora qui a discutere di come i lavoratori debbano acquisire<br />
notizie base sul come ci si approccia al lavoro dell’edilizia. Stabilire come<br />
insegnare ai propri dipendenti ad operare correttamente è facile, il modello c’è,<br />
dato che ci sono delle norme da applicare; però tutto ciò presuppone una tempistica<br />
diversa da quella a cui noi siamo abituati. E legato al tempo, purtroppo, c’è<br />
anche l’aspetto economico: effettivamente il dire che per eseguire correttamente<br />
una certa lavorazione occorre il doppio del tempo, presenta qualche problema<br />
di accettazione.<br />
Credo che la formazione debba svilupparsi in due settori: certamente deve<br />
partire dall’interno dell’azienda come momento di crescita aziendale, ma deve<br />
anche andare verso l’opinione pubblica affinché, come committente, scelga<br />
di servirsi di un partner con i requisiti in regola anche dal punto di vista della<br />
sicurezza. Ognuno di noi, nella veste di committente (sia privato che, soprattutto,<br />
pubblico) dovrebbe sapere cosa pretendere dall’impresa che gli eseguirà<br />
un lavoro e assicurarsi che l’impresa abbia all’interno tutte le conoscenze che la<br />
norma prevede.<br />
Lo scenario contrattuale nel settore dell’edilizia in qualche maniera ha anticipato<br />
i tempi introducendo contrattualmente la nascita di Enti bilaterali come<br />
il CPT o il CPTM, il CNCPT (Commissione Nazionale CPT) che gestiscono<br />
pariteticamente la formazione e l’informazione all’interno dell’azienda, e ai<br />
quali viene demandata anche la possibilità di dotarsi di strumenti informativi<br />
e divulgativi sulle norme. E il CPT, che è un sistema abbastanza ramificato sul<br />
territorio (sono circa 110 i comitati paritetici su base provinciale, coordinati e<br />
indirizzati dalla Commissione Nazionale), in effetti si è attivato già dagli anni<br />
’50 per portare una formazione di base nel settore dell’edilizia affinché le imprese<br />
crescessero con la cultura della sicurezza.<br />
Devo dire che in realtà sia i datori di lavoro che i lavoratori, proprio per il<br />
carattere precario del lavoro, hanno spesso fatto orecchie da mercante. Questo<br />
non significa che il settore non stia facendo un grosso sforzo per migliorare e<br />
per crescere, per essere al passo con i tempi, il problema è che il gap iniziale<br />
era veramente molto ampio. Le norme di derivazione europea in effetti hanno<br />
modificato integralmente il modo di operare in edilizia: ormai l’impresa, se<br />
partecipa ad appalti pubblici, deve essere certificata e quindi lavorare all’interno<br />
di procedure prestabilite.<br />
Ma la cultura dell’impresa oggi è capace di schematizzare e di industrializzare<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
il proprio processo? Credo che questo sia un aspetto problematico, soprattutto<br />
per quella temporaneità, per quella mobilità del cantiere, per quel carattere di<br />
precarietà insito nel lavoro dell’edilizia. Che cosa ha fatto il CPT sul piano dei<br />
documenti di supporto per l’informazione? E che cosa sta facendo tutti i giorni<br />
come lavoro sul campo? Sono state elaborate delle interessanti ricerche sulla<br />
valutazione del rischio rumore ambientale, destinate sia agli operatori che agli<br />
enti di controllo; sono state prodotte delle schede di riferimento per la valutazione<br />
del rischio in base alla 626 e anche una serie di documentazioni ormai<br />
accreditata come valido supporto scientifico.<br />
Per quanto riguarda il campo della formazione, contrattualmente erano previste<br />
8 ore di formazione di base per gli addetti, inizialmente rivolte ai neoassunti.<br />
In seguito le aziende si sono mosse per allargare questa formazione di base a tutti<br />
i lavoratori, e questo ha coinvolto capillarmente tutte le imprese. È stata fatta<br />
e si sta facendo formazione specifica per tutte le figure coinvolte nel processo<br />
produttivo (RSPP, RLS, addetti alle emergenze). Si è fatto un corso per la bonifica<br />
dell’amianto e altre iniziative.<br />
E questo con tutte le difficoltà di un sistema dove sta crescendo velocemente<br />
l’ingresso di lavoratori extracomunitari, con il problema di quale lingua usare<br />
e di come codificare la formazione. Il CPT di Roma, per esempio, ha messo<br />
a punto con i costruttori del Lazio una informativa, un opuscolo che illustra<br />
le norme principali nelle lingue dei lavoratori stranieri già presenti in maniera<br />
importante nel nostro sistema.<br />
Come possono convegni, o momenti di riflessione come questo, aiutare il<br />
settore delle costruzioni a scrollarsi di dosso l’etichetta di lavoro non sicuro?<br />
Cercando di modificare gli aspetti di temporaneità, di mobilità del personale.<br />
Ma certamente questo non lo si può fare solo migliorando la comunicazione<br />
all’interno dell’azienda, lo si può fare solo modificando il sistema, che è un problema<br />
che esula dai temi trattati in questo convegno.<br />
Ritengo in ogni caso che la sola comunicazione o il solo sforzo che fanno i<br />
datori di lavoro e gli operatori che collaborano con le aziende per migliorare<br />
l’organizzazione e la qualità del lavoro e anche della sicurezza, non siano sufficienti.<br />
Come dicevo, penso che si debba non solo agire all’interno dell’impresa,<br />
ma anche lavorare affinché l’opinione pubblica pretenda che un’azienda, quando<br />
viene chiamata ad eseguire un lavoro, abbia i requisiti richiesti dalla normativa, e<br />
credo che ognuno di noi possa apportare un contributo di controllo e di verifica<br />
a un settore che ha bisogno di grande collaborazione.<br />
Certamente da parte degli organismi paritetici presenti ci si sta muovendo<br />
con decisione, le imprese stesse stanno facendo molto. E momenti come questo,<br />
in cui i sistemi e le tecniche di comunicazione vengono approfonditi, possono<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
107
108<br />
CAPITOLO 3<br />
essere utili a trasformare un lavoro “poco sicuro” in un lavoro finalmente sicuro<br />
per tutti coloro che partecipano a questo processo produttivo complesso.<br />
3.7. Le parti sociali.<br />
CGIL, CISL, UIL<br />
ADOLFO DI CORRADO<br />
La sicurezza del lavoro è sempre stata contemplata tra le materie trattate dalle<br />
organizzazioni sindacali, già con l’art. 9 della legge 300 del 1970 (Tutela della<br />
salute e dell’integrità fisica: “I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno<br />
diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni<br />
e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e<br />
l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità<br />
fisica”).<br />
Oggi tutte le organizzazioni sindacali hanno creato, sia in sede nazionale che<br />
a livello decentrato, una fitta rete di comunicazione per la sicurezza del lavoro,<br />
supportata da strutture dedicate e centralizzate. Esistono, infatti, uffici per la<br />
sicurezza del lavoro nell’ambito della CGIL, della CISL e della UIL, nei quali<br />
prestano la loro opera personaggi di spicco nella materia: tecnici, ergonomi,<br />
giuristi, esperti antincendio, medici del lavoro, igienisti industriali e altre figure<br />
specialistiche. A Roma, coloro che lavorano in queste strutture hanno prodotto<br />
e producono materiali di alto livello tecnico, anche per la formazione dei lavoratori,<br />
soprattutto di quelli dei comparti più a rischio, come edilizia, comparto<br />
minerario, industria metalmeccanica.<br />
Alla storia della prevenzione e della sicurezza hanno partecipato due grandi<br />
componenti, sindacato e industria. Negli ultimi tempi il sindacato ha cambiato<br />
atteggiamento, non c’è più una forma sindacale di scontro, ma c’è piuttosto<br />
una volontà sindacale di partecipazione, lo si può verificare anche nei comitati<br />
paritetici.<br />
Vorrei citare alcuni esempi di materiali informativi sulla SSL prodotti dai<br />
sindacati. Per esempio un libro prodotto nel 1989 (ancora prima della promulgazione<br />
della 626 e delle direttive europee), un testo abbastanza complesso, molto<br />
ben fatto, sul lavoro ai videoterminali. Oggi si parla molto spesso di ergonomia,<br />
ma alcuni esperti l’avevano già presa in considerazione in questo libro. Oppure<br />
un Dizionario della Sicurezza del 1996, completo anche dal punto di vista dei<br />
termini tecnici. Tutti gli anni viene presentata una nuova edizione di un testo<br />
contenente la normativa aggiornata in materia di SSL. Alcune pubblicazioni<br />
sono realizzate in sinergia dalle tre sigle sindacali, per esempio una pubblicazio-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Fig. 34. Pubblicazioni dedicate alla sicurezza sul lavoro.<br />
ne sul pericolo “mobbing”. Purtroppo per molti di questi materiali è mancata<br />
un’adeguata pubblicizzazione.<br />
È rimasto ancora oggi un buon esempio un libro, edito dalla UIL, 584 pagine,<br />
con tutti i riferimenti normativi fino all’anno 1996. Un’altra pubblicazione,<br />
Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (compiti, funzioni e strumenti,<br />
aspetti normativi), delle Edizioni Lavoro, è un kit con CD ROM e con alcune<br />
schede, utile per i rappresentanti della sicurezza.<br />
Un altro bel libro, edito dalla Società Nazionale Operatori della Prevenzione,<br />
è opera di Luisa Benedettini, che lavora presso la CGIL e collabora spesso con<br />
Gabriella Galli della UIL e Cinzia Fraschieri della CISL nella cura di rilevanti<br />
pubblicazioni.<br />
Lo sforzo maggiore, per quanto riguarda l’attività editoriale delle organizzazioni<br />
sindacali nel campo della SSL, è stato dedicato al comparto edile, spesso<br />
in collaborazione con i Comitati Paritetici Territoriali.<br />
Ogni sigla sindacale ha anche un riferimento web (www.cgil.it/saluteesicurezza;<br />
www.626.cisl.it; www.uil.it/newsamb/default.htm) tramite il quale è possibile<br />
reperire ulteriore materiale. Si è largamente investito per una cultura della sicurezza<br />
via rete, essendo ormai ampiamente diffuso l’utilizzo di tale supporto.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
109
110<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 35. Pubblicazioni dedicate rischio di mobbing negli ambienti di lavoro.<br />
Il contatto è immediato e i quesiti posti hanno riscontro nell’arco delle 24-48<br />
ore tramite e-mail.<br />
Allo stato attuale, le organizzazioni sindacali promuovono la sicurezza del<br />
lavoro esclusivamente in modo partecipativo e orientato alla prevenzione, utilizzando<br />
le risorse a loro disposizione, proponendosi per la partecipazione attiva<br />
nella cultura della prevenzione insieme alle istituzioni nazionali più importanti,<br />
come INAIL, ISPESL, Istituto Superiore di Sanità.<br />
Va considerato comunque che, al di là di ogni appartenenza e nel rispetto delle<br />
competenze di ogni soggetto, sindacati e istituzioni diverse convergono verso<br />
lo scopo primario della tutela della salute; è dunque fondamentale attuare un<br />
percorso comune verso un futuro in sicurezza, pur nel rispetto dell’autonomia<br />
di ogni soggetto.<br />
Parlando di comunicazione per la SSL potremmo identificare alcuni fattori<br />
di successo e alcuni punti critici. I fattori di successo sono: la cooperazione fra<br />
le parti, la disponibilità di specialisti, la capacità di valutazione delle problematiche<br />
trasversali. Molto importanti sono anche le attività di formazione, che<br />
deve essere continua ed efficace, coinvolgendo le maestranze e incentivando le<br />
aziende anche di piccole entità.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Si sa che il tessuto produttivo trentino è costituito in buona parte da piccole<br />
aziende artigianali e le incentivazioni vanno date anche in rapporto alla formazione<br />
svolta e rapportate a tutto quello che può essere utile per la sicurezza del<br />
lavoro. Anche l’investimento nell’informazione pubblica è un fattore che ritengo<br />
oggettivamente importante per favorire nel mondo del lavoro comportamenti<br />
e interazioni favorevoli alla sicurezza e alla salute sul lavoro e per far crescere la<br />
cultura della sicurezza come valore per tutta la comunità.<br />
Il diritto alla salute è un diritto fondamentale, sancito dalla Costituzione. Si<br />
sa benissimo che il rischio zero è un’utopia, non può esistere, però la curva deve<br />
tendere a zero. Tutte le parti sociali sono convinte di questo e che sicuramente<br />
questo obiettivo si può raggiungere soltanto con la cooperazione fra le parti stesse<br />
(sindacati e datori di lavoro) e attivando tutte le figure previste dalla 626.<br />
Fra queste è fondamentale che sia riconosciuta la figura e il ruolo dei rappresentanti<br />
dei lavoratori.<br />
3.8. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
INAIL<br />
ANNA MARIA TODINI<br />
Parlerò delle strategie che l’INAIL segue nella sua attività di comunicazione<br />
sulla sicurezza, puntando l’attenzione sulle più recenti campagne informative<br />
e di sensibilizzazione<br />
L’INAIL comunica ovviamente in molti modi, per esempio partecipando a<br />
convegni, a manifestazioni espositive, a fiere di carattere nazionale e internazionale.<br />
Ricorre anche ai mezzi di comunicazione tradizionali, come i programmi<br />
audiovisi o la stampa di opuscoli che prendono in esame singoli argomenti o i<br />
rischi specifici di alcuni comparti produttivi.<br />
Io presenterò alcune campagne che abbiamo svolto nell’ultimo anno, partendo<br />
dalla campagna sulla sicurezza nelle costruzioni, che è stata promossa dall’Unione<br />
Europea in tutti gli Stati membri, e che in Italia è stata coordinata dal Ministero<br />
del Welfare e realizzata dall’INAIL.<br />
La campagna è stata realizzata attraverso quattro cartoon incentrati sui rischi<br />
più frequenti nel settore delle costruzioni: i rischi sul cantiere, sui ponteggi,<br />
negli scavi e sui tetti. Si tratta di una campagna rivolta all’opinione pubblica<br />
in generale; non sono cartoon rivolti agli addetti ai lavori, e la filosofia che ci<br />
ha guidato in questa scelta è stata la presa di coscienza di una situazione che è<br />
sotto gli occhi di tutti.<br />
Ogni anno in Italia abbiamo 1.200 morti sul lavoro e quasi un milione di<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
111
112<br />
CAPITOLO 3<br />
infortuni. È vero che il trend è in diminuzione ed è vero che questo dipende da<br />
una evoluzione tecnologica dei dispositivi di sicurezza e anche da una maggiore<br />
attenzione collettiva al problema della prevenzione degli infortuni, ma c’è ancora<br />
molto da fare. Si tratta quindi, e questo è lo scopo dell’attività dell’INAIL,<br />
di promuovere un cambiamento culturale, una diversa mentalità e un diverso<br />
atteggiamento rispetto al problema.<br />
Su questa crescita di consapevolezza nella collettività possono indubbiamente<br />
giocare un ruolo importante i mass-media. Purtroppo però il giornalista, anche in<br />
questo settore, è spesso alla ricerca dello scoop, parla drammaticamente di “morti<br />
bianche”, o di “stragi” se nell’infortunio sono coinvolti numerosi lavoratori.<br />
Questo non è certo il modo migliore per suscitare una attenzione costruttiva da<br />
parte dell’opinione pubblica e rimane spesso una denuncia fine a se stessa.<br />
Il problema principale è che ognuno pensa che l’infortunio non lo riguardi,<br />
che il fattore sicurezza sia un problema esclusivamente degli altri; non si tiene<br />
presente che invece riguarda tutti, nel quotidiano, negli ambienti di vita e di<br />
lavoro, nella scuola. Per esempio, dei 1.200 incidenti mortali sul lavoro registrati<br />
ogni anno in Italia, circa 300 riguardano il settore delle costruzioni, ma ben 150<br />
avvengono nei cantieri, diciamo così, familiari, quelli che si mettono in piedi<br />
quando viene chiamato un artigiano a riparare la grondaia sul tetto o a sistemare<br />
l’impianto elettrico e così via.<br />
Assumendo o incaricando di un lavoro un artigiano, noi stessi diventiamo<br />
datori di lavoro. Ebbene, generalmente compiamo questa operazione con molta<br />
disinvoltura, senza rendercene conto o magari senza neanche preoccuparci di<br />
sapere se il lavoratore sia assicurato o no. Anche per questo abbiamo attuato<br />
questa campagna per la sicurezza nelle costruzioni, cioè con l’intento di favorire<br />
questa consapevolezza in un pubblico generalista.<br />
Perché abbiamo scelto di usare i cartoni animati? Naturalmente perché il<br />
linguaggio del cartone animato è immediatamente comprensibile a tutti, ma<br />
soprattutto perché ci ha consentito di trattare un argomento delicato come quello<br />
degli infortuni sul lavoro con un linguaggio non traumatizzante. Per esempio,<br />
nello spot “Proteggi i tuoi operai che lavorano sul tetto. Fai usare imbracature e<br />
ancoraggi sicuri” il lavoratore cade, si disintegra, va in mille pezzi, ma l’effetto<br />
che produce il cartone animato è del tutto sdrammatizzante.<br />
Usando questo linguaggio, che non è molto consueto per la pubblica amministrazione,<br />
abbiamo fatto una scelta antitetica rispetto a quella privilegiata nel<br />
mondo anglosassone in cui si affronta il problema della sicurezza in generale,<br />
non solo sul lavoro, con delle immagini molto drammatiche, scioccanti che però<br />
fanno sì che il pubblico esorcizzi il problema, lo allontani, non prendendone<br />
con ciò consapevolezza.<br />
La filosofia che ci ha ispirato è che, in questa società in frenetica evoluzione,<br />
continuamente bombardata da messaggi a volte anche contraddittori, l’intervento<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
comunicativo dovrebbe cercare nuovi linguaggi, nuove forme espressive e anche<br />
nuovi canali di comunicazione.<br />
L’INAIL non è nuova a questa sperimentazione di diverse forme espressive.<br />
Già qualche anno fa abbiamo utilizzato il linguaggio dei fumetti servendoci dei<br />
personaggi della Disney per divulgare il messaggio della sicurezza presso un pubblico<br />
giovanissimo, quello delle scuole elementari. Ci siamo serviti dei fumetti<br />
anche per “Casa dolce casa”, una pubblicazione realizzata assieme all’ISPESL<br />
per sensibilizzare le casalinghe e tutti coloro che lavorano in casa sui problemi<br />
ed i rischi che esistono nell’ambito delle mura domestiche. Abbiamo usato il<br />
linguaggio della satira, anche per un opuscolo redatto insieme all’ANMIL (Associazione<br />
Nazionale fra Mutilati ed Invalidi del Lavoro) e poi distribuito con<br />
La Repubblica. In questo caso, siamo ricorsi alla matita di alcuni famosissimi<br />
vignettisti satirici italiani per sensibilizzare sul tema della disabilità.<br />
Il tema è stato affrontato senza toni pietistici, con delle immagini molto crude,<br />
forti, tanto che, nel timore di urtare la sensibilità delle persone disabili, prima<br />
di mandarle alle stampe le abbiamo sottoposte al giudizio di una rappresentanza<br />
di portatori di handicap.<br />
Siamo dunque convinti che bisogna indurre un cambiamento culturale nell’opinione<br />
pubblica e che, per portare a compimento questo processo, che non<br />
è né breve né facile, l’intervento comunicativo debba essere rafforzato anche da<br />
una azione concreta ed essere accompagnato dalla promessa di qualche cosa. In<br />
pratica, in questo tipo di comunicazione sociale può anche essere utile la promessa<br />
di quel benefit che sempre accompagna la comunicazione pubblicitaria.<br />
Banalizzando, si potrebbe dire che indurre un operaio a mettersi il casco o<br />
convincere un datore di lavoro a modernizzare i propri sistemi di produzione,<br />
può equivalere, sotto il profilo dell’efficacia comunicativa, a convincere una<br />
casalinga ad usare un nuovo detersivo per la casa perché magari i pavimenti<br />
saranno più brillanti o perché la biancheria risulterà più profumata.<br />
Questo intento è ben presente nella nostra campagna di comunicazione per far<br />
conoscere gli incentivi concessi dall’INAIL alle piccole e medie imprese agricole<br />
ed artigianali intenzionate ad adeguare i loro sistemi produttivi alle normative<br />
di sicurezza. Per far conoscere questa opportunità, abbiamo fatto ricorso a tre<br />
strumenti comunicativi: un’inserzione pubblicitaria, uno spot televisivo e uno<br />
radiofonico.<br />
L’omino protagonista, il solito che accompagna le campagne dell’INAIL negli<br />
ultimi anni, si sta preparando a combattere con i guantoni da pugile perché,<br />
come recita l’headline, “la miglior difesa è l’attacco”. Poiché non si deve far<br />
trovare impreparato di fronte ai rischi che potrebbero colpirlo nella sua azienda<br />
deve ricorrere agli incentivi finanziari che possono aiutarlo a mettersi in regola<br />
con la normativa di sicurezza. Questa è, appunto, la promessa che noi facciamo,<br />
la promessa di una migliore sicurezza nell’ambito dell’azienda se ricorrerà alla<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
113
114<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 36. Manifesto per la campagna di comunicazione per far conoscere gli incentivi<br />
concessi dall'INAIL alle piccole e medie imprese intenzionate ad adeguare<br />
i loro sistemi produttivi alle normativce di sicurezza.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
possibilità offertale. Il leitmotiv, “la miglior difesa è l’attacco”, lo ritroviamo sia<br />
nel manifesto che nello spot radio e in quello video.<br />
La campagna è stata condotta sui canali più tradizionali, essendo diretta ai datori<br />
di lavoro; le inserzioni pubblicitarie sono state diffuse sui quotidiani nazionali<br />
e sui principali locali e lo spot radio è andato in onda su Radio Rai e Radio 24.<br />
Il breve spot video (15 secondi) è andato in onda su un particolare canale che<br />
stiamo utilizzando da poco tempo: il piccolo schermo nelle sale d’attesa degli<br />
aeroporti che, come ci hanno indicato le indagini di mercato, raggiunge molte<br />
migliaia di persone, tutte quelle che frequentano gli aeroporti.<br />
Tra l’altro, questa è un’operazione che consente una vasta penetrazione con<br />
un budget alquanto limitato.<br />
Un altro esempio di intervento comunicativo contenente una promessa di un<br />
benefit (accompagnato quindi da una azione concreta dell’INAIL per sviluppare<br />
consapevolezza nella collettività) è la campagna realizzata con il Ministero dell’Istruzione<br />
per creare la cultura della sicurezza presso i giovani, gli universitari<br />
e gli studenti degli istituti di istruzione tecnica superiore.<br />
Con questa iniziativa sono state messe in palio delle borse di studio per gli<br />
studenti che presenteranno dei progetti per la sicurezza. “Sicurezza” intesa in<br />
senso ampio, non solo sicurezza sul lavoro: sicurezza alimentare, sicurezza nell’ambiente,<br />
sicurezza sulla strada, sicurezza nelle discoteche, in automobile…<br />
Perché quello che ci proponiamo è di far interiorizzare ai giovani, che saranno i<br />
lavoratori e i datori di lavoro di domani, un concetto: l’importanza della sicurezza<br />
e della prevenzione dei rischi.<br />
Ci siamo serviti di due strumenti: un manifesto ed uno spot radio. L’headline<br />
del manifesto recita: “Promuovi la sicurezza. I professori studieranno le tue idee”.<br />
Il termine “promuovere” ha un’accezione molto positiva, nel linguaggio comune<br />
vuol dire “sviluppare, far crescere”, ma nell’ambito scolastico ha il significato<br />
di “superare una prova, salire un gradino”. Con “i professori studieranno le tue<br />
idee” abbiamo giocato su una inversione di ruolo rispetto a quello che accade<br />
normalmente nel mondo della scuola: in questo caso sono i ragazzi che presentano<br />
la loro idea e sono i professori che studiano. Questo rovesciamento di<br />
ottica è sottolineato anche dall’immagine: il professore, alquanto perplesso, sta<br />
prendendo degli appunti di fronte agli studenti che presentano il loro progetto.<br />
Anche il tipo di abbigliamento è stato scelto in modo tale che i giovani possano<br />
identificarsi con queste immagini.<br />
Gli studenti stanno presentando un lavoratore imballato nel cellofan, sembra<br />
imbalsamato, non si può più muovere. Come potrebbe essere interpretato questo<br />
soggetto? In due modi: o i ragazzi hanno preso tanto sul serio questo progetto<br />
sulla sicurezza e questo lavoratore l’hanno protetto tanto bene che non si può<br />
più muovere, oppure dai progetti dei giovani, che sono appunto i cittadini di<br />
domani, esce fuori un tipo di lavoratore talmente nuovo rispetto a quello attuale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
115
116<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 37. Manifesto per la campagna realizzata dall'INAIL assieme al Ministero<br />
dell'Istruzione per sviluppare la coscienza della sicurezza presso i giovani,<br />
gli universitari e gli studenti degli istituti di istruzione tecnica superiore.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
che è ancora imballato, è ancora da tirare fuori. Infine, nel payoff c’è la promessa:<br />
“Presenta il tuo progetto. In palio non c’è solo la gloria” e viene specificato che si<br />
tratta di un premio fino a 3.600 euro.<br />
Una caratteristica di questa campagna è che l’abbiamo ideata soprattutto<br />
per le riviste, ma non le riviste “normali” (che i ragazzi non comprano molto,<br />
soprattutto per motivi economici); abbiamo utilizzato le pubblicazioni free press<br />
che interessano ormai milioni di cittadini e vengono distribuite gratuitamente<br />
nei luoghi frequentati dai giovani, sia nel mondo scolastico (scuole superiori e<br />
università) che in quello del divertimento (pub, cinema, palestre).<br />
Nello spot radio un ragazzo rimprovera i professori perché non stanno attenti<br />
alle sue spiegazioni: “Fai studiare i tuoi professori, partecipa al concorso sulla sicurezza.<br />
In palio non c’è solo la gloria: puoi vincere fino a 3.600 euro”. Anche qui<br />
è sottolineata l’inversione di ottica (“fai studiare i tuoi professori”) e nello stesso<br />
tempo c’è il claim: “In palio non c’è solo la gloria”. Abbiamo preferito veicolare<br />
questo spot attraverso le radio più ascoltate dai giovani, come Radio Teen, Radio<br />
5. Avremmo voluto mandarlo anche su Radio Deejay, ma motivi di budget non<br />
ce l’hanno consentito. L’abbiamo però inserito sul sito web della stessa radio che<br />
è sempre molto frequentato.<br />
A nostro avviso, quindi, sulla base dell’esperienz, la strategia vincente è quella<br />
che, accanto al messaggio divulgativo in sé e per sé si preveda anche un’azione<br />
concreta che possa servire a fare interiorizzare il messaggio sulla sicurezza che<br />
vogliamo far passare.<br />
Rispetto alla campagna “Presenta il tuo progetto”, per esempio, siamo convinti<br />
che un ragazzo, indipendentemente dal fatto che vinca o meno il premio<br />
in palio, per il fatto stesso che si è impegnato a lavorare sul tema della sicurezza<br />
per partecipare al concorso, abbia finito per metabolizzare e interiorizzare l’importanza<br />
sociale di questo concetto.<br />
3.9. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
ISPESL e Agenzia Europea per la SSL<br />
IDILLIO TAGLIAFERRO<br />
L’ISPESL ha elaborato le proprie scelte connesse all’attività di diffusione delle<br />
conoscenze nel campo della SSL coerentemente con i principi impliciti nella<br />
definizione di Risk Communication proposta da Covello e Slovic, secondo i quali<br />
la stessa è costituita da un qualunque significativo scambio di informazioni circa<br />
la salute e i rischi dell’ambiente lavorativo tra parti interessate.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
117
118<br />
CAPITOLO 3<br />
In particolare la Risk Communication è l’atto di trattare e trasmettere informazioni<br />
fra parti circa:<br />
a. I livelli di rischio sulla SSL;<br />
b. il senso o i significati dei rischi sulla SSL;<br />
c. le decisioni, le azioni, o le politiche finalizzate a gestire o a controllare i<br />
rischi.<br />
Il target di riferimento, ma non esclusivo, è rappresentato dalle PMI con<br />
tutte le loro specificità. Sulla base di questo complesso di azioni, tre temi<br />
o orientamenti caratterizzano gli impegni dell’Istituto:<br />
− la elaborazione di strumenti di ausilio per la gestione dei rischi in azienda;<br />
− la produzione e la diffusione di conoscenze;<br />
− le azioni di sensibilizzazione.<br />
Se è vero che non ci sono facili prescrizioni per una efficace comunicazione del<br />
rischio, è indiscutibile che, comunque, le norme, le linee guida, le soluzioni di<br />
buona pratica e specifici esempi possono essere di grande aiuto per tutti coloro<br />
che con la loro azione concorrono nella gestione dei rischi.<br />
Sono stati prodotti materiali e iniziative che si configurano come strumenti e<br />
percorsi informativi/formativi e che sono caratterizzati da due tendenze:<br />
– elaborazione di strumenti, nel senso di oggetti formalizzati, forniti di istruzioni<br />
per l’uso;<br />
– produzione di moduli o percorsi a vocazione pedagogica o diagnostica, la<br />
cui messa in opera richiede una competenza minima.<br />
Le produzioni del tipo “strumenti” conducono generalmente ad elenchi di<br />
controllo (check-list) più o meno dettagliati, con diverse alternative di contenuto,<br />
di obiettivi, di modi di diffusione, di campi d’applicazione.<br />
Queste alternative fanno riflettere su una certa tensione, abbastanza comune al<br />
mondo della prevenzione, tra due approcci che fanno derivare la propria natura<br />
da concezioni diverse:<br />
– un orientamento di tendenza normativa (valutare ed agire a partire da un<br />
sistema di riferimento esterno e generale);<br />
– un orientamento di natura più investigativa (tenere conto delle caratteristiche<br />
concrete del lavoro e delle organizzazioni dove si pongono i problemi<br />
di prevenzione).<br />
Da molti anni l’ISPSEL realizza un’attività di comunicazione molto intensa<br />
e articolata poiché da tempo abbiamo compreso che, per la prevenzione e la<br />
sicurezza nell’ambiente di lavoro, è importante procedere non solo nel campo<br />
della certificazione, del controllo, delle verifiche, dell’azione di repressione, ma<br />
anche nel campo della promozione e dell’informazione.<br />
Tutti sappiamo che le azioni di carattere ispettivo e repressivo non sono suffi-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
cienti per risolvere il problema degli infortuni, infatti il numero degli infortuni<br />
era alto ed è rimasto alto. Inoltre, per quanto riguarda le norme non si può fare<br />
molto di più di quanto sia già stato fatto, e in ogni caso, le leggi e l’obbligo di<br />
utilizzare procedure e dispositivi di sicurezza non bastano per evitare i comportamenti<br />
scorretti e gli incidenti conseguenti. Su questo ormai abbiamo le idee<br />
abbastanza chiare, per cui una parte delle nostre risorse, di personale e finanziarie,<br />
le dedichiamo alle attività di promozione e di comunicazione.<br />
Le spese per queste attività sono molto alte. Per dare un’idea, spendiamo un<br />
milione di euro l’anno per le spese di tipografia, senza contare le spese inerenti<br />
il personale, le strutture e le attrezzature per le attività di informazione e comunicazione.<br />
L’attività editoriale, integrata da una serie di pubblicazioni e di opuscoli<br />
monotematici per fattore di rischio e/o per settore di lavorazione, si basa essenzialmente<br />
su due prodotti:<br />
Prevenzione oggi, rivista tecnico-scientifica fondata nel 1988, tiratura 5.000<br />
copie, trimestrale, strumento di divulgazione dei risultati derivanti dall’attività<br />
di ricerca dell’ISPESL e di altre istituzioni pubbliche e private; ad essa si aggiungono<br />
2 monografici di supplemento alla stessa.<br />
Fogli d’Informazione ISPESL, rivista fondata nel 1988, tiratura 15.000 copie,<br />
trimestrale, rivista di promozione della cultura della prevenzione, delle esperienze<br />
“sul campo” di varia provenienza, delle soluzioni di buona pratica; ad essa si<br />
aggiungono 4 monografici di supplemento alla stessa.<br />
È in essere l’attività di sviluppo del Sistema informativo nazionale per la salute<br />
e la sicurezza nei luoghi di lavoro che si delineerà tenendo conto del recente<br />
accordo di collaborazione tra ISPESL, INAIL e Regioni.<br />
Abbiamo fatto una serie di esperienze per quanto riguarda la comunicazione<br />
radiofonica e tramite la stampa quotidiana: anche in questo caso le spese sono<br />
molto consistenti. Solo per la promozione della settimana europea per la salute<br />
e sicurezza sul lavoro con la trasmissione di spot radiofonici sulle reti locali, su<br />
RAI 1, RAI 2 e altre emittenti abbiamo sostenuto una spesa di 150 milioni delle<br />
vecchie lire, mentre per quanto riguarda la pubblicità sulla stampa quotidiana<br />
(tre presenze di un paio di moduli su giornali nazionali tipo Repubblica, Corriere<br />
della Sera, Sole 24 Ore) abbiamo speso circa 300 milioni.<br />
Il problema che per noi è ancora insoluto è la valutazione dell’efficacia di<br />
queste azioni: abbiamo cercato di stimolare l’attenzione e la partecipazione della<br />
popolazione agli eventi correlati con la settimana europea, veicolando nello stesso<br />
tempo un messaggio anti-infortunistico, con l’intento quindi di annunciare e<br />
di pubblicizzare un evento e nel contempo di diffondere un contenuto di promozione<br />
della salute e della sicurezza sul lavoro.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
119
120<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 38. Proposte per la campagna “Success is not an accident” per la Settimana<br />
Europea della sicurezza sul lavoro 2001.<br />
Ovviamente ci siamo posti il problema del monitoraggio dei risultati della<br />
nostra azione, della valutazione del rapporto costi/benefici, dell’analisi dei risultati<br />
della comunicazione in rapporto al target.<br />
Come è stato sottolineato più volte è importante quantificare l’obiettivo e<br />
cercare di valutare gli effetti complessivi di una campagna; farlo per una iniziativa<br />
di carattere generale, rivolta a tutto il territorio nazionale è veramente difficile,<br />
anche perché le azioni di monitoraggio sono molto costose. Avremmo intenzione,<br />
per sperimentare il metodo e per fare esperienza, di focalizzare l’azione di verifica<br />
su una zona specifica, per esempio su Arezzo e su una iniziativa riguardante i<br />
rischi connessi alle lavorazioni galvaniche. Questo però non fa ancora parte dei<br />
programmi operativi, ma soltanto del mondo delle idee.<br />
Fra le varie iniziative realizzate vorrei sottoporre alla vostra attenzione Safety<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
Check, un sistema che abbiamo adottato da molto tempo, indirizzato soprattutto<br />
alle piccole e medie imprese.<br />
Consiste in una serie di liste di controllo per quanto riguarda le azioni da<br />
svolgere all’interno della propria azienda per verificare le procedure di sicurezza;<br />
non aggiunge informazioni tecniche, ma è semplicemente un elenco di cose da<br />
fare in successione, un aiuto nell’attuazione della procedura di sicurezza all’interno<br />
delle aziende, soprattutto in un settore come quello delle piccole e medie<br />
imprese che è un settore delicato, molto presente sul tessuto produttivo italiano<br />
(oltre il 90% delle aziende), dove è maggiore l’incidenza degli infortuni.<br />
Quale è la nostra esperienza nel campo della promozione della salute e sicurezza<br />
sul lavoro?<br />
In occasione della Settimana Europea del 2001 dovevamo avvalerci dello<br />
slogan scelto a livello internazionale per l’iniziativa: “Success is not an accident”,<br />
cioè “Il successo non è un incidente”.<br />
Ma il termine inglese accident ha un doppio significato, sia quello di incidente<br />
che quello di accidente, cioè di qualcosa che avviene per caso. Era molto importante<br />
comunicare al contempo tutti e due i livelli del messaggio e cioè dire:<br />
“Attenzione” – e questo messaggio era rivolto soprattutto al mondo dei datori<br />
di lavoro – “che il successo nel vostro campo non è un caso, lo dovete programmare”,<br />
cercando così di sviluppare la loro attenzione verso un atteggiamento più<br />
programmatico della sicurezza, che non doveva essere un episodio. Non basta<br />
dire al lavoratore: “Ecco il dispositivo di sicurezza, indossalo”, se poi nessuno<br />
dà le istruzioni adeguate e verifica che il lavoratore lo indossi.<br />
Per noi il primo obiettivo era comunque di essere coerenti, di dare un messaggio<br />
che corrispondesse a quanto ci veniva indicato dall’Agenzia Europea della<br />
<strong>Salute</strong> e Sicurezza sul Lavoro, di cui siamo i referenti in Italia – e di cui abbiamo<br />
pubblicato l’edizione in italiano di un manuale per la comunicazione in questo<br />
campo, con molti elementi utili anche dal punto di vista dell’operatività, sintetico,<br />
molto breve e preciso nelle indicazioni.<br />
Abbiamo esaminato il problema e abbiamo cercato delle soluzioni, ma non ci<br />
siamo riusciti. Allora abbiamo indetto una gara, invitando a parteciparvi una decina<br />
di agenzie pubblicitarie, mettendo in palio quindici milioni per un progetto<br />
di promozione della salute e della sicurezza sul lavoro con quei contenuti.<br />
A dire il vero, personalmente ero piuttosto perplesso e pensavo che la gara<br />
sarebbe andata male, dato che il premio mi pareva insufficiente rispetto alle<br />
tariffe delle agenzie pubblicitarie, solitamente esorbitanti. Invece, forse perché<br />
incuriositi dal tema, forse per il prestigio dato dal vincere una gara di quel livello<br />
o comunque per l’interesse insito nella possibilità di proporsi come autori<br />
di una importante iniziativa istituzionale, alla fine molti hanno risposto. Nella<br />
valutazione siamo stati aiutati da un ricercatore della facoltà di Scienze delle<br />
Comunicazioni di Roma.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
121
122<br />
CAPITOLO 3<br />
Fig. 39. La proposta che ha vinto il concorso per la campagna “Success is not an<br />
accident” per la Settimana Europea della sicurezza sul lavoro 2001.<br />
Le proposte delle agenzie erano molto diverse fra loro, sia nella composizione<br />
grafica che nella traduzione/reinterpretazione/rielaborazione della headline<br />
“Success is not an accident”. Alcuni esempi:<br />
– “La sfortuna non c’entra” (dando quasi per scontato che il successo non è<br />
un caso e che quindi la sfortuna non c’entra; ma non credo che possa far<br />
presa, se non si conosce lo slogan proposto dall’Agenzia europea);<br />
– “La sicurezza sul lavoro è prevenzione” (ma non dà l’idea della progettualità<br />
del lavoro sicuro né riesce a rendere l’ambiguità fra “incidente” e “accidente”<br />
presente nello slogan originale);<br />
– “Il successo non è un infortunio” (testo rosso su fondo blu per il “non”, colore<br />
giallo – indicatore di pericolo – per “il successo” e “è infortunio”);<br />
– “Caso-casco” (lo slogan gioca sull’assonanza “caso”-“casco”: “La sicurezza<br />
non è solo un caso, la sicurezza non è solo un casco”. Abbiamo ragionato<br />
molto su questo, ma è stato scartato perché in quel periodo c’era la campagna<br />
a favore dell’uso del casco e poteva esserci il rischio di attenuarne<br />
l’effetto);<br />
– “Il lavoro nobilita l’uomo e la sicurezza nobilita il lavoro” (elegante, ma di<br />
scarso impatto emotivo);<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 3<br />
– “Non cadere dalle nuvole!” (con l’immagine di una scala, delle nuvole e lo<br />
slogan);<br />
– “È davvero successo solo quando non è successo niente” (non è male, però<br />
non è immediatamente comprensibile nella sua totalità e dato che siamo<br />
bombardati dalle immagini, dalle promozioni e quant’altro, non abbiamo<br />
tempo per comprendere quello che sta scritto su questi manifesti: o lo<br />
capiamo subito oppure passiamo oltre);<br />
– “Nessun incidente sfida vincente” (gioca sulla rima “incidente” – “vincente”,<br />
ma pareva carente di contenuto).<br />
Infine la proposta che più ci è piaciuta:<br />
– “Sul lavoro il successo non è un caso, ma un caso può distruggerlo”.<br />
Scritto con un lettering molto forte, con l’immagine di un ambiente non<br />
ben identificabile, ma che è chiaramente un ambiente di lavoro e che quindi<br />
può ricordare tutti gli ambienti di lavoro. Lo slogan è su fondo nero, il resto su<br />
fondo giallo. Leggendo le prime parole ci veniva da proseguire, era interessante.<br />
“Va bene” – ci siamo detti – “sul lavoro il successo non è un caso, e dopo?”. E<br />
lo slogan conclude: “Ma un caso può distruggerlo”. Secondo noi questo slogan<br />
avrebbe fatto presa sulla gente, colpiva attraverso l’emozione che comunque,<br />
in positivo o in negativo, ci deve essere. Poi erano apprezzabili l’uso del colore<br />
(il giallo, che indica il pericolo) e la forza del suono onomatopeico “strug” di<br />
“distruggerlo” (un elemento inconscio, ma molto forte e molto presente).<br />
Per concludere vorrei ricordare una frase di una rivista americana, che ci ha<br />
guidato nell’esprimere il nostro giudizio: “Esso parla in modo vivo, potente,<br />
esso parla in modo forte, esso parla in modo positivo, in modo armonioso,<br />
professionale, in modo chiaro e parla in modo visivo”.<br />
3.10. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />
ANMIL<br />
MARINELLA DE MAFFUTIIS<br />
L’evoluzione della comunicazione e delle strategie approntate per promuovere<br />
la cultura della prevenzione degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese è stata<br />
particolarmente rapida negli ultimi cinque anni, tant’è che – come abbiamo<br />
potuto riscontrare analizzando le iniziative e le campagne promosse sull’intero<br />
territorio nazionale – c’è stato uno straordinario impegno generale e sinergico<br />
da parte di istituzioni, organizzazioni sindacali e associazioni di categoria concentrato<br />
in questo periodo che ha portato ad una specifica attenzione da parte<br />
dei media decisamente più qualificata.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
123
124<br />
CAPITOLO 3<br />
La tematica – ancorché emblematica di una gravità del fenomeno infortunistico<br />
che in questo periodo di tempo non è sostanzialmente variata – ha avuto<br />
uno sviluppo divulgativo che, in modo singolare, si è diffuso in modo verticale<br />
dall’alto verso il basso, ossia dai pubblici di alto profilo fino a quelli più bassi<br />
e massificati.<br />
Con ciò si vuole dire che, la conoscenza del problema e l’entità del fenomeno,<br />
da quanto rilevato da una analisi d’ambiente fatta dalla nostra Associazione agli<br />
inizi del 1998, quale primo passo fondamentale per individuare le più appropriate<br />
strategie e politiche di comunicazione, erano assolutamente approssimative,<br />
distorte e limitate sia da parte dei media sia da parte dei parlamentari sia da<br />
parte dell’opinione pubblica.<br />
Infatti, al di là degli addetti ai lavori, dai nostri riscontri constatavamo che,<br />
a partire dai giornalisti, erano in molti a fare confusione tra pensione e rendita,<br />
ad assimilare le varie categorie di invalidi tra loro, fino a non conoscere le<br />
specifiche differenze tra i ruoli dell’INPS e dell’INAIL. Una situazione ai limiti<br />
del paradossale che, purtroppo, si rifletteva specularmente nella più assoluta<br />
ignoranza da parte della gente comune e degli stessi lavoratori, a meno che non<br />
si trattasse di vittime di incidenti sul lavoro o di loro familiari.<br />
Pertanto, abbiamo capito che, oltre alle problematiche legate alla tutela dei<br />
diritti degli infortunati sul lavoro di cui l’ANMIL si è istituzionalmente da sempre<br />
occupata, era indispensabile dedicare attenzione e impegnarsi fattivamente<br />
sul terreno della prevenzione infortunistica promuovendo differenti e specifiche<br />
azioni in base alle peculiarità dei diversi target, intraprendendo un percorso<br />
mirato, coordinato e continuativo da sviluppare nel medio-lungo termine.<br />
Di fatto, considerando l’impopolarità dell’argomento e la sua gravità abbiamo<br />
voluto puntare su linguaggi e approcci che non fossero processi d’inquisizione<br />
ma piuttosto lasciassero il destinatario del messaggio stupito, lo spingessero<br />
a conoscere meglio la tematica e a riflettere sulle varie posizioni in campo, al<br />
fine di potersi porre difronte al problema con consapevolezza e autonomia di<br />
decisione o attivazione.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
Stampa specializzata e SSL<br />
Fra i vari mezzi utilizzati per la promozione della salute e sicurezza sul lavoro e<br />
per la diffusione di una cultura della prevenzione, un ruolo rilevante è certamente<br />
svolto dalle riviste specializzate.<br />
L’informazione tecnico-giuridico-normativa, l’aggiornamento degli operatori,<br />
la diffusione delle conoscenze circa le novità tecnologiche, i prodotti e i servizi<br />
offerti dal mercato dei dispositivi di protezione, gli eventi e l’attività editoriale<br />
di settore sono tra le finalità principali di queste riviste.<br />
Di seguito si riportano le schede e gli eventuali commenti redatti dai responsabili,<br />
a vario titolo, delle diverse testate.<br />
4.1. 2087 RLS<br />
Editore: Edit. Coop: Roma<br />
Direttore responsabile: Gianfranco Casale<br />
Numero redattori e collaboratori: 6<br />
Indirizzo: Via dei Frentani 4/a – 00185 Roma<br />
Tel.: 06. 448 882 02<br />
Fax: 06. 448 882 22<br />
Sito internet: http://www.rassegna.it<br />
E-mail: duemilaottantasette@uni.net<br />
Periodicità: mensile<br />
Target: RLS, lavoratori, sindacalisti, operatori e addetti S&S<br />
Zona di diffusione: nazionale<br />
Argomenti trattati: salute e sicurezza nel lavoro con riferimento a temi di interesse<br />
per i lavoratori; informazioni Italia ed Estero; rubriche di approfondimento con<br />
taglio formativo e divulgativo<br />
Formato pagina: 50x35<br />
Numero medio di pagine: 16<br />
Anno di fondazione: 1999<br />
Diffusione: 5.000 copie.<br />
Nei cinque anni di vita della rivista sono stati pubblicati come supplementi una<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
125
126<br />
CAPITOLO 4<br />
quindicina di fascicoli monografici su temi vari (es. mobbing, salute donna), ma<br />
anche legati all’attualità (es. indagine conoscitiva del Parlamento, assemblea Rls<br />
Modena 2000) e 3 manuali “fuori-collana”.<br />
(DIEGO ALHAIQUE)<br />
4.2. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro<br />
Editore: EPC Srl<br />
Direttore responsabile: Michele Lepore<br />
Numero redattori e collaboratori: 10<br />
Indirizzo: Via dell’Acuqa Traversa, 187/189 – 00135 Roma<br />
Tel.: 06. 332 452 23<br />
Fax: 06. 331 221 2<br />
Sito internet: http://www.epcperiodici.it<br />
E-mail: amsl@epcperiodici.it<br />
Periodicità: mensile<br />
Zona di diffusione: Italia<br />
Argomenti trattati: sicurezza nei luoghi di lavoro; tutela lavoratori; igiene ambientale;<br />
inquinamento; giurisprudenza; normativa.<br />
Formato pagina: 19x27<br />
Numero medio di pagine: 144<br />
Anno di fondazione: 1985<br />
Fino a qualche anno fa, a parlare di sicurezza in Italia era solo una ristretta<br />
schiera di addetti ai lavori. Certo, c’erano le statistiche sugli incidenti, che a<br />
volte finivano sulle pagine dei giornali e provocavano allarme tra i responsabili<br />
di sindacati, partiti politici ed esponenti di governo. Un coro preoccupato destinato,<br />
però, a spegnersi nel giro di pochi giorni. Poi, tutto, ricominciava senza<br />
sostanziali novità.<br />
La vera e propria svolta, è bene ricordarlo, è stata nel ‘96, con la 626, che ha<br />
introdotto notevoli novità nel panorama normativo della prevenzione e ha innescato<br />
un vero e proprio cambiamento nell’approccio al problema. Il processo<br />
è sicuramente lento, il percorso è pieno di ostacoli e trabocchetti. Tuttavia, in<br />
tutta onestà si può dire che, ormai, la strada sia tracciata ed è davvero molto<br />
difficile tornare indietro. Se non altro perché bisogna sempre più fare i conti con<br />
le direttive che arrivano da Bruxelles e che rappresentano la nostra stella polare<br />
anche sul fronte della sicurezza.<br />
Ambiente & Sicurezza sul Lavoro, la rivista che dirigo, ha fin dall’inizio<br />
della sua attività puntato sull’aggiornamento continuo degli operatori della<br />
sicurezza.<br />
La formazione continua è stata uno dei cavalli di battaglia della nostra rivista,<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
fondata nel 1985. All’inizio siamo stati guardati con un po’ di sospetto, forse<br />
anche non compresi a fondo. Ma ora il tema dell’aggiornamento è diventato un<br />
elemento comune nel dibattito sulla sicurezza e Ambiente & Sicurezza sul Lavoro<br />
continua ad affrontarlo da due punti di vista.<br />
Il primo è quello squisitamente tecnico-normativo. Ci sono ampi spazi della<br />
nostra rivista dedicati alle novità in ambito legislativo, con un panorama completo<br />
delle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e con incursioni anche in<br />
quello che avviene a livello europeo.<br />
Ma il nostro mensile punta anche a diffondere l’informazione su tutto quello<br />
che avviene nel campo dell’innovazione tecnologica. Spesso, per operare sul versante<br />
della sicurezza, gli operatori devono conoscere una grande (forse troppo)<br />
massa di dati eterogenei. I problemi di un’industria chimica non sono gli stessi<br />
di quelli di una fabbrica alimentare o di un ufficio. E, dal momento che spesso i<br />
professionisti del settore operano in diverse realtà, è chiaro che l’aggiornamento<br />
sui singoli comparti diventa estremamente oneroso. Di qui l’importanza dell’informazione<br />
fatta dalle riviste specializzate, con l’intento della divulgazione,<br />
ma anche curando l’affidabilità delle notizie diffuse.<br />
Non possiamo permetterci di sbagliare, di dare informazioni scorrette o non<br />
controllate. Se l’informazione è un valore strategico della sicurezza, l’esattezza e<br />
la precisione delle notizie rappresenta sicuramente un dovere al quale nessuno<br />
di noi può sottrarsi. Attraverso articoli tecnico-giuridici, la rivista fornisce,<br />
infatti, conoscenze specifiche, indica metodi operativi, chiarisce i punti oscuri<br />
della normativa, riferisce circa i criteri di vigilanza e controllo adottati dagli<br />
enti preposti.<br />
Particolare rilievo viene dato alla legislazione ed alla normativa tecnica, tempestivamente<br />
riferite e commentate. Magistrati e giuristi di collaudata esperienza<br />
e di vasta notorietà forniscono al lettore indicazioni sull’orientamento della<br />
giurisprudenza, attraverso il commento delle sentenze più significative.<br />
Completa ogni fascicolo una serie di rubriche di informazione ed approfondimento:<br />
attualità dal mondo della sicurezza, prodotti e servizi offerti dal mercato,<br />
eventi e appuntamenti del settore, novità dal mondo editoriale.<br />
La rivista è realizzata da un gruppo editoriale che negli anni ha conquistato<br />
una posizione di primo piano sul versante della sicurezza, con tre punti di forza:<br />
la pubblicazione di riviste specializzate (oltre ad Ambiente & Sicurezza sul Lavoro,<br />
Antincendio, Antifurto, Alimenti & Bevande, Bancamatica); la formazione (con<br />
i corsi organizzati da INFORMA, Istituto Nazionale); i libri (con un catalogo<br />
ricco di titoli destinati alla sicurezza).<br />
Non meno importante, poi, è INSIC, il portale realizzato per soddisfare i<br />
bisogni di informazione e documentazione degli operatori professionali della<br />
sicurezza, consulenti, professionisti, progettisti, coordinatori ed aziende. INSIC<br />
consente la facile consultazione delle informazioni e dei documenti in materia<br />
di prevenzione incendi, salute e sicurezza sul lavoro, tutela dell’ambiente, igiene<br />
degli alimenti, security, qualità, privacy.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
127
128<br />
CAPITOLO 4<br />
Un portale realizzato grazie al patrimonio di informazioni messo a disposizione<br />
dalle società EPC Libri, INFORMA ed EPC Periodici, da oltre 50 anni<br />
specializzata nel trattamento dell’informazione e della formazione in sicurezza.<br />
Al quotidiano aggiornamento del portale collaborano redattori di riviste, autori<br />
di libri e docenti di corsi di formazione.<br />
E, fra i link del portale, c’è anche quello che conduce alla nostra rivista che<br />
speriamo sia diventato sempre di più uno strumento di lavoro indispensabile<br />
per tutti coloro che sono chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti nella<br />
organizzazione, gestione e controllo della sicurezza e tutela dell’ambiente.<br />
(MICHELE LEPORE)<br />
4.3. ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro<br />
Editore: IPSOA Editore Srl<br />
Direttore responsabile: Donatella Treu<br />
Numero redattori e collaboratori: 3 + c.a. 50<br />
Indirizzo: Strada 1 – Palazzo F6 – 20090 Milanofiori- Assago (MI)<br />
Tel.: 02. 824 760 22 – 23<br />
Fax: 02. 824 764 36<br />
Sito internet: http://www.ipsoa.it/sicurezzambiente<br />
E-mail: sicurezzambiente@ipsoa.it<br />
Periodicità: mensile<br />
Target: aziende (datori lavoro/addetti a responsabili PP), Enti locali, Consulenti,<br />
Medici competenti, ASL.<br />
Zona di diffusione: tutta Italia<br />
Argomenti trattati: igiene e sicurezza del lavoro; prevenzione incendi; cantieri;<br />
sorveglianza sanitaria; altro.<br />
Formato pagina: A4<br />
Numero medio di pagine: 80 pp. + on line<br />
Anno di fondazione: 1997<br />
Nata nel 1997, si è subito imposta come rivista di riferimento per chi si occupa<br />
a vario titolo di igiene e sicurezza del lavoro.<br />
Agli abbonati è riservato l’accesso al sito: http://www.ipsoa.it/sicurezzambiente<br />
che garantisce l’aggiornamento quotidiano sulle novità normative e servizi<br />
integrativi.<br />
Settimanalmente gli abbonati ricevono tramite posta elettronica “Sicuramente<br />
Mail” che aggiorna sulle novità del sito e avvisa quando è possibile scaricare dallo<br />
stesso l’ultimo numero della rivista in formato pdf, con molto anticipo rispetto<br />
alla data di distribuzione del prodotto cartaceo.<br />
(MASSIMO BROGGI)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
4.4. Lavoro e <strong>Salute</strong><br />
CAPITOLO 4<br />
Editore: Edit. Coop / Regione Emilia Romagna, Regione Toscana, Regione<br />
Lazio, Regione Marche, Provincia Autonoma di Trento<br />
Direttore responsabile: Cinzia Dolci<br />
Coordinatore redazionale nazionale: Rossana D’Arrigo<br />
Numero redattori e collaboratori: 11 componenti la redazione nazionale che si<br />
suddivide in cinque redazioni regionali<br />
Indirizzo: c/o Agenzia Sanitaria della Regione Emilia Romagna<br />
Tel.: 05. 163 971 14 / 338. 689 37 85<br />
Fax: 05. 163 970 53 - 58<br />
Sito internet: http://www.lavoroesalute.it<br />
E-mail: rdarrigo@regione.emilia-romagna.it<br />
Periodicità: mensile<br />
Target: Strutture del sistema sanitario, Operatori della prevenzione e della<br />
sicurezza, Associazioni datoriali e sindacali, Ordini professionali, Enti locali,<br />
Consulenti, Nuovi soggetti della prevenzione, Agenzie per l’ambiente, Enti e<br />
autorità di settore, Medici competenti, Gruppi di cittadini o singole persone<br />
che a qualunque titolo operano per la tutela della salute e dell’ambiente.<br />
Zona di diffusione: nazionale<br />
Argomenti trattati: Attività ed iniziative delle Regioni, dei servizi pubblici e<br />
privati di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita; normative;<br />
materiali didattici; iniziative e produzioni del mondo del lavoro, della pubblica<br />
amministrazione, università, scuola, istituti di ricerca; convegni, seminari,<br />
novità editoriali, riflessioni di esperti e operatori su tematiche di attualità o di<br />
interesse specifico, ecc.<br />
Formato pagina: A3 (dal 2004, A4)<br />
Numero medio di pagine: 8 a 20<br />
Anno di fondazione: 1989<br />
Inizialmente nasce dall’intesa di tre Regioni italiane: Toscana, Emilia Romagna e<br />
Liguria, che ne delegarono la redazione ai loro centri regionali di documentazione<br />
per la salute, all’epoca appena costituiti. Alla partnership, nel tempo, hanno<br />
aderito altre Regioni quali il Lazio, il <strong>Trentino</strong> e, da poco, le Marche. Per alcuni<br />
anni vi ha partecipato anche la Sardegna. La testata, da sempre di proprietà della<br />
Regione Toscana, è la stessa dall’anno di fondazione, anche se il suo contenuto,<br />
nel tempo, si è ampliato spaziando nel campo della prevenzione e sicurezza a<br />
360 gradi. Centrato, inizialmente, solo sui problemi in ambiente di lavoro, ora<br />
tratta di tutto ciò che è rischio per la salute anche negli ambienti di vita.<br />
Veicola documenti particolarmente significativi prodotti da organismi regionali,<br />
nazionali, internazionali o da esperti autorevoli e inserti speciali monotematici<br />
di carattere tecnico.<br />
(ROSSANA D’ARRIGO)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
129
4.5. 626Progetto Sicurezza<br />
130<br />
CAPITOLO 4<br />
Editore: Maggioli SpA<br />
Direttore responsabile: Manlio Maggioli<br />
Indirizzo: c/o Studio Vinci – Via B. Croce, 97 – 00142 Roma<br />
Tel.: 06. 541 052 4<br />
Fax: 06. 541 052 5<br />
Sito internet: http://www.studiovinci.com<br />
E-mail: rivista@studiovinci.com<br />
Periodicità: bimestrale<br />
Target: tecnici della sicurezza di imprese e pubblica amministrazione<br />
Zona di diffusione: tutta Italia<br />
Argomenti trattati: temi della sicurezza e della valutazione dei rischi per tutti i<br />
settori lavorativi e produttivi (cantieri, industrie, laboratori ecc.); commento<br />
novità legislative; risposte ai quesiti dei lettori e facsimili da compilare.<br />
Formato pagina: A4<br />
Numero medio di pagine: 64<br />
Anno di fondazione: 1996<br />
La rivista 626Progetto Sicurezza nasce nel 1997 nel momento più “caldo” nell’ambito<br />
della sicurezza sul lavoro. È appena entrato in vigore il D.Lgs.626/1994 e la<br />
casa editrice intende porsi sul mercato con una rivista di informazione legislativa<br />
e di pratica professionale pensata principalmente per gli operatori della pubblica<br />
amministrazione (settore al quale l’editore si rivolge per tradizione).<br />
Tuttavia il mercato si allarga velocemente anche al settore privato poiché<br />
l’interesse nell’ambito sicurezza è grandissimo. Attualmente la maggior parte<br />
degli abbonati sono privati (liberi professionisti che operano nel settore) con un<br />
discreto numero di abbonamenti nella pubblica amministrazione.<br />
Un paio di anni fa abbiamo operato una serie di cambiamenti grafici e contenutistici<br />
per restare al passo con i cambiamenti del mercato. In particolare,<br />
abbiamo scelto di dedicare il maggior numero di pagine ad approfondimenti<br />
e articoli di taglio operativo, trasferendo la documentazione legislativa sulla<br />
newsletter (uno strumento informatico) che, essendo quindicinale, permette<br />
di informare in maniera più tempestiva gli abbonati.<br />
L’obiettivo fondamentale della rivista è quello di evidenziare la “prevenzione”,<br />
nell’ottica sicuramente banale, ma forse non del tutto (considerata la quantità<br />
di incidenti che quotidianamente accadono nei luoghi di lavoro) che “prevenire<br />
è meglio che curare”. È anche per questo fine che pubblichiamo regolarmente,<br />
sia sulla newsletter che sulla rivista, la rubrica “Rassegna stampa” che noi in<br />
redazione definiamo “bollettino di guerra” nella quale riportiamo le notizie<br />
Ansa che informano con una triste regolarità sugli incidenti che ogni giorno<br />
avvengono in tutti i settori produttivi.<br />
626Progetto Sicurezza offre la possibilità di aggiornarsi sulle tecniche di pre-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
venzione e protezione, sulle ultime novità in materia legislativa e sugli ultimi<br />
prodotti e attrezzature in grado di assicurare l’abbattimento o la riduzione dei<br />
rischi.<br />
La struttura della rivista è particolarmente funzionale perché è suddivisa in<br />
settori lavorativi (agricoltura, artigianato, cantieri edili, industrie, laboratori,<br />
uffici). Per ognuno di essi vengono affrontati regolarmente temi di grande attualità<br />
e utilità, sia dal punto di vista legislativo che tecnico pratico.<br />
L’altro grande pregio della rivista è quello di avere un direttore che si fa garante<br />
dei contenuti pubblicati che è un “tecnico” che opera da anni in questo settore<br />
e che quindi sceglie gli argomenti da trattare anche in base a quelle che sa essere<br />
le necessità di informazione del momento.<br />
Una materia così ampia, complessa e in continua evoluzione tecnico - normativa<br />
com’è la sicurezza dei lavoratori, costituisce una realtà ben delineata e<br />
molto articolata che necessita di uno strumento informativo specifico per essere<br />
affrontata in modo veramente efficace.<br />
626Progetto Sicurezza offre un sistema informativo articolato indispensabile<br />
per tenere sotto controllo la sicurezza sul lavoro. Infatti, la rivista approfondisce<br />
la conoscenza e la valutazione dei rischi inerenti gli ambienti di lavoro con una<br />
particolare attenzione ai cantieri e a tutte le lavorazioni che presentano rischi<br />
specifici; commenta tempestivamente le novità legislative; spiega come applicare<br />
la disciplina normativa e come compilare schede e documenti di prassi amministrativa<br />
(modulistica che viene riportata regolarmente su ogni numero della<br />
rivista); offre esemplificazioni pratiche e casi risolti, oltre a utili informazioni<br />
commerciali su prodotti e attrezzature in grado di assicurare l’abbattimento o<br />
la riduzione dei rischi.<br />
Grazie alla newsletter on line Progetto Sicurezza news, è possibile ricevere ogni<br />
quindici giorni via e-mail l’aggiornamento di normativa, prassi, giurisprudenza,<br />
normativa tecnica in merito alla sicurezza del lavoro, il monitoraggio continuo<br />
anche della normativa europea nonché approfondimenti e notizie sui temi relativi<br />
alla sicurezza del lavoro e alla sicurezza in cantiere, linee guida e programmi<br />
di adeguamento per imprese ed enti pubblici.<br />
(ANNA GIOIA)<br />
4.6. Prevenzione Oggi<br />
Editore: ISPESL<br />
Direttore responsabile: Gerardo Capozza<br />
Numero redattori e collaboratori: 4<br />
Indirizzo: Via Alessandria 220/E – Roma<br />
Tel.: 06. 442 506 48<br />
Fax: 06. 442 509 72<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
131
132<br />
CAPITOLO 4<br />
Sito internet: http://prevenzioneoggi.ispesl.it<br />
E-mail: prevenzioneoggi@ispesl.it<br />
Periodicità: trimestrale<br />
Target: professionisti della prevenzione e della sicurezza sul lavoro<br />
Zona di diffusione: nazionale e internazionale<br />
Argomenti trattati: lavori scientifici attinenti a prevenzione, sicurezza, salute e<br />
benessere dei lavoratori<br />
Formato pagina: A4<br />
Numero medio di pagine: 130<br />
Anno di fondazione: 1989<br />
Altro: la rivista è bilingue, italiano e inglese<br />
(IDILLIO TAGLIAFERRO)<br />
4.7. Fogli Informazione ISPESL<br />
Editore: ISPESL<br />
Direttore responsabile: Vincenzo Lucarelli<br />
Numero redattori e collaboratori: 3<br />
Indirizzo: Via Alessandria 220/E – Roma<br />
Tel.: 06. 442 506 48<br />
Fax: 06. 442 509 72<br />
E-mail: redazione.fogli@ispesl.it<br />
Periodicità: trimestrale<br />
Target: soggetti coinvolti o comunque interessati alle tematiche della prevenmzione<br />
e della sicurezza sul lavoro<br />
Zona di diffusione: nazionale<br />
Argomenti trattati: tematiche tecnico-scientifiche, divulgative e normative riguardanti<br />
la prevenzione e la sicurezza sul lavoro<br />
Formato pagina: A4<br />
Numero medio di pagine: 100<br />
Anno di fondazione: 1988<br />
(IDILLIO TAGLIAFERRO)<br />
4.8 . Bollettino Snop<br />
Editore: Società Nazionale Operatori della Prevenzione<br />
Direttore responsabile: Claudio Venturelli<br />
Direttore Editoriale: Alberto Baldasseroni<br />
Numero redattori e collaboratori: 5, a tempo parziale<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
Indirizzo: Via Prospero Finzi, 15 – 20126 Milano<br />
Sito internet: http://www.snop.it<br />
E-mail: rivista@snop.it<br />
Periodicità: quadrimestrale<br />
Target: operatori professionalmente interessati ai temi della prevenzione in sanità<br />
pubblica<br />
Zona di diffusione: tutta Italia<br />
Argomenti trattati: (temi degli ultimi tre numeri monografici) cancerogeni in<br />
ambienti di vita e di lavoro; disinfestazione urbana; incidenti stradali e problematiche<br />
di sanità pubblica collegate.<br />
Formato pagina: A4<br />
Numero medio di pagine: 48<br />
Anno di fondazione: 1985<br />
Il testo che segue vuole essere un tentativo di bilancio del progetto comunicativo<br />
della SNOP, così come si è sviluppato nel corso dei 17 anni di vita dell’associazione.<br />
Con il termine di Progetto Comunicativo intendiamo i contenuti, ma<br />
anche i media atti a raggiungere il target della Società, cioè tutti gli operatori<br />
che, a vario titolo, si occupano professionalmente di prevenzione nei confronti<br />
dei fattori di rischio per la salute umana, con speciale enfasi nei confronti degli<br />
operatori pubblici del sistema della prevenzione (Sistema Sanitario, Sistema di<br />
protezione ambientale, in particolare). Il quadro di riferimento, come già analizzato<br />
in scritti apparsi sulla nostra rivista, il Bollettino SNOP, ha subito profondi<br />
cambiamenti sia sul versante dei contenuti, sia su quello dei “contenitori”.<br />
Sembra opportuno richiamare alcune radici del nostro impegno ultraventennale<br />
sul versante degli strumenti informativi. Si può senz’altro affermare che il<br />
principale strumento di divulgazione dei contenuti SNOP sia stato fin dal primo<br />
momento il Bollettino. Questa rivista si pone in diretta continuità con una serie<br />
di esperienze a cui accenneremo brevemente.<br />
La stagione delle riviste militanti<br />
Definiamo in questa maniera quel periodo storico immediatamente successivo<br />
alla rottura della fine degli anni sessanta nel campo della divulgazione e<br />
della comunicazione scientifica che si affianca, in qualche caso precedendola,<br />
alla contemporanea messa in discussione del valore indiscutibile del messaggio<br />
scientifico. Rimanendo nel campo che ci è più vicino, segnaleremo senz’altro<br />
nella rivista Sapere-Nuova serie, avviata nel 1974 e in quella Medicina a Servizio<br />
delle Masse Popolari, che vede la luce nel 1973, due fonti essenziali per capire dove<br />
affondano le radici del Bollettino. Non meno importante ai fini della ricostruzione<br />
che qui tentiamo è la nascita della rivista Epidemiologia e Prevenzione che<br />
dal numero zero del 1976 non ha più cessato di rinnovare il dibattito sui modi<br />
e sui contenuti della ricerca epidemiologica e, in generale, sul funzionamento<br />
del sistema sanitario nazionale. Più defilato appare il ruolo di un’ultima rivista,<br />
Medicina Democratica, la quale, poco tempo dopo la sua fondazione, avvenuta<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
133
134<br />
CAPITOLO 4<br />
nel 1975 si avviava a sostenere un dibattito molto interno al movimento politico<br />
omonimo.<br />
Tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta Sapere e Medicina a<br />
Servizio delle Masse Popolari cessano le loro pubblicazioni. Una significativa<br />
parte del “Collettivo redazionale” che curava Sapere transita al principio del<br />
1983 nella redazione di una nuova rivista, dal taglio moderno e dalla grafica<br />
originale, SE-Scienza Esperienza, che proseguirà con cadenza mensile a diffondere<br />
il messaggio di una divulgazione critica della Scienza, fino al n.51/52 del<br />
Gennaio/Febbraio 1988. Quell’esperienza si rivela anticipatrice di un bisogno<br />
diffuso di riflessione sulla Scienza che vada al di là della semplice divulgazione.<br />
SE programmaticamente sceglie, in continuità con Sapere della cessata serie, di<br />
ricomporre le separatezze nel mondo scientifico. “Una delle ragioni fondanti di<br />
questo giornale”, dice Giovanni Cesareo nell’editoriale che apre la nuova rivista,<br />
“è proprio quella di affrontare il discorso sulla scienza tenendo conto della discontinuità<br />
e della specificità dei processi, ma criticando nel contempo l’ottica<br />
e la pratica della separazione, tra le differenti discipline, tra scienza e politica,<br />
tra produzione e uso, tra teoria e pratica, ancora oggi dominanti.” Come non<br />
ricordare l’editoriale di apertura del numero di marzo 1974 di Sapere, terzo della<br />
Nuova serie, nel quale Benedetto Terracini, a proposito del cancro da lavoro,<br />
titolava “I ruoli separati”, riferendosi alla distanza, ingiustificabile, tra scienza di<br />
laboratorio e ricerca sul campo, applicata ai cicli produttivi per la prevenzione<br />
delle malattie tra i lavoratori.<br />
Quanto all’altra rivista, Medicina a Servizio delle Masse Popolari, cessa le sue<br />
pubblicazioni verso la fine del 1978. Una parte importante del suo gruppo di<br />
redazione, quella radicata sui temi della lotta alla nocività in fabbrica, finirà per<br />
confluire nell’esperienza del Bollettino SNOP qualche anno dopo. In tale gruppo<br />
spicca la figura e il lavoro di Laura Bodini, vera animatrice di tante iniziative<br />
editoriali, punto di riferimento essenziale nel campo della prevenzione dei rischi<br />
legati al lavoro.<br />
Due buoni maestri . . .<br />
Non sarebbe possibile comprendere la storia di quel periodo e quindi anche<br />
i prodromi dell’impegno della SNOP senza far riferimento al pensiero e all’insegnamento<br />
di due buoni Maestri. Il primo è Giulio Maccacaro.<br />
Non è questa la sede per discuterne, ma ci sia consentito il rimando alle sue<br />
opere e, soprattutto, al ruolo che ricoprì nello stimolare, promuovere ed anche<br />
organizzare, molte delle iniziative editoriali cui abbiamo fatto cenno. Fulcro<br />
dell’esperienza di Sapere-Nuova serie, scomparve alla vigilia del lancio di E&P-<br />
Epidemiologia e Prevenzione, alla cui progettazione aveva dato un contributo<br />
decisivo. Fece appena in tempo ad avviare Medicina Democratica senza poterne<br />
seguire gli sviluppi. Ma non c’è alcun dubbio che la sua lezione rimane fondante<br />
per un’intera collettività di scienziati, operatori della prevenzione, divulgatori<br />
scientifici, militanti nel campo della salvaguardia e della tutela della salute e<br />
dell’ambiente.<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
Accanto a lui non possiamo dimenticare Giovanni Berlinguer, medico sociale<br />
per antonomasia, figura chiave nell’impostazione del ruolo di un medico di sanità<br />
pubblica volto al nuovo, attento testimone di una cultura dell’equità e dei diritti<br />
dei più deboli di fronte alla salute. Non casualmente queste due eminenti figure<br />
furono a fianco nell’animare quella collana editoriale della Feltrinelli, Medicina<br />
e Potere, tanto importante nella formazione della cultura di una vera e propria<br />
coorte di operatori durante gli anni settanta.<br />
. . . e due grandi amici<br />
Accanto alle opere di Maccacaro e Berlinguer sono stati essenziali i contributi<br />
di altri due studiosi di storia della sanità attivi in ambiti accademici distanti fra<br />
loro, ma animati entrambi da una straordinaria capacità di narrazione e conoscenza<br />
delle radici della sanità italiana. La Storia della Sanità in tre volumi di<br />
Giorgio Cosmacini e i numerosi scritti sulla sanità pubblica di Antico Regime di<br />
Carlo Maria Cipolla hanno dato spessore temporale al percorso formativo degli<br />
operatori che hanno dato vita all’esperienza SNOP e quindi ai suoi strumenti<br />
informativi.<br />
Gli sviluppi recenti<br />
Durante gli ultimi anni ottanta e tutti i novanta il fronte delle riviste dedicate<br />
al discorso critico sulla scienza subisce alcune battute d’arresto. Il progetto<br />
comunicativo di una scienza basata su scelte compatibili, su rotture di steccati<br />
disciplinari, sulla partecipazione dei soggetti interessati, viene messo a dura prova<br />
dall’apparente trionfo del cosiddetto “pensiero unico”, quello che identifica nel<br />
modello sociale uscito vittorioso dalla Guerra Fredda l’unica scelta possibile per<br />
gli abitanti del pianeta.<br />
A rimettere in movimento il quadro, oltre che l’impellenza di scelte di politica<br />
ambientale rispettose della salute presente e futura del genere umano, sono<br />
anche gli sviluppi tecnologici nel campo dell’informazione, resi più facili dal<br />
crollo dei muri ideologici. A partire dalla metà degli anni novanta l’affermarsi<br />
dell’interconnettività planetaria del World Wide Web spalanca nuovi scenari per<br />
la divulgazione scientifica, ampliando notevolmente il raggio d’azione dei media<br />
a disposizione. Tra i più attenti a questi sviluppi si mostra il gruppo di giornalisti<br />
scientifici che fanno capo all’agenzia Zadig, eredi in buona parte dell’esperienza<br />
di SE. In particolare grazie alla tecnologia informativa sviluppata da quest’agenzia<br />
nasce Epicentro, in collaborazione con l’ISS-Centro Nazionale per l’Epidemiologia,<br />
giustamente definito “Portale dell’epidemiologia italiana”. Ma riprende<br />
anche il cammino della gloriosa rivista SE-Scienza-Esperienza, a partire proprio<br />
dal mese di ottobre 2003. A Zadig approda anche E&P, dopo innumerevoli<br />
traversie con gli editori, seguite alla fine del sodalizio con la Sigma-Tau, ditta<br />
farmaceutica coinvolta negli scandali della corruzione sanitaria.<br />
Il progetto comunicativo della SNOP: gli esordi<br />
Il Bollettino SNOP partì a metà del 1985 (il primo numero in realtà, in attesa<br />
di autorizzazione, uscì come supplemento al n.17 della rivista Prisma, periodico<br />
degli operatori socio-sanitari dell’Emilia-Romagna) con 24 pagine 1 e senza<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
135
136<br />
CAPITOLO 4<br />
indice dei contenuti. Nella terza di copertina appariva l’elenco dei referenti<br />
SNOP dalle diverse realtà regionali caratteristica che sarebbe rimasta intatta nel<br />
corso degli anni avvenire, ma che allora rappresentava l’emblema di una sorta di<br />
redazione collettiva, o almeno questo era nelle intenzioni dei soci fondatori.<br />
Il lavoro di costruzione del Bollettino SNOP degli esordi era essenzialmente<br />
basato su tecniche analogiche. Fatto il palinsesto, si provvedeva per via telefonica<br />
a contattare i potenziali autori dei pezzi e di ritorno se ne avevano prodotti<br />
di diversa qualità “grafica”: qualcuno spediva veri e propri manoscritti che<br />
costringevano a un faticoso lavoro di decifrazione e di ribattitura; altri mandavano<br />
dattiloscritti che talvolta abbisognavano di cure sia per la forma (refusi di<br />
stampa, frasi scappate alla penna e che dovevano essere riscritte con una certa<br />
fantasia, ecc.), sia per la sostanza, costringendo, anche in questo caso, a un micidiale<br />
lavoro di ribattitura che spesso si concludeva con un taglia-cuci-incolla<br />
di arrangiata memoria; qualcuno più moderno era già in grado di spedire testi<br />
scritti con word-processor al computer e questo consentiva di effettuare questa<br />
prima parte di correzioni al telefono con il diretto interessato. Tutto viaggiava<br />
per posta cartacea e, appena dopo, semmai per fax. Ottenuti tutti i materiali<br />
seguiva poi la fase di composizione dei testi che veniva gestita dalla tipografia e<br />
supervisionata, per il progetto grafico, dal designer, da sempre Roberto Maremmani.<br />
In tipografia tutti i testi venivano ribattuti e inviati a un programma di<br />
computer tipo desk-top publishing, per essere impaginati. A noi, ma soprattutto<br />
al Direttore di allora, Laura (Lalla) Bodini, toccava l’ennesimo compito ingrato<br />
di correzione, stavolta delle bozze. Esisteva una precisa correlazione tra numero<br />
di errori presenti nelle bozze di stampa inviateci dalla tipografia e due caratteristiche:<br />
orario di immissione, leggibile a piè di pagina, e sigla del tastierista.<br />
Avevamo ormai imparato a riconoscere il tipo di errori in base all’orario e alla<br />
sigla. Finalmente, dopo gli ultimi ritocchi grafici e le immissioni dell’ultima<br />
ora, sempre problematiche, il tutto tornava alla tipografia ed andava in stampa<br />
il numero. L’invio, tramite posta ordinaria, avveniva con tariffa scontata, dato il<br />
basso (per la verità nullo) tasso di pubblicità presente nella pubblicazione.<br />
Le prime avvisaglie di un cambiamento<br />
È indubbio che costruire una rivista sia una delle attività che ha subito i più<br />
profondi cambiamenti negli ultimi anni. L’inizio del terremoto di cui oggi cogliamo<br />
i caratteri salienti possono essere fatti risalire alla metà degli anni novanta,<br />
quando si cominciò a parlare di Internet, almeno nel nostro paese. Nel processo<br />
produttivo sopra delineato saltavano come per incanto varie fasi di lavoro. I testi<br />
cominciarono, prima sporadicamente, poi sempre più di frequente, ad arrivare<br />
sotto forma di file per PC. In un primo momento giravano dischetti (i “buffi”<br />
floppy da 5’e 1/4 , poi i diskette da 3’ e ½ ), ma poi, grazie alle connessioni di<br />
posta elettronica precocemente adottate, si cominciò a far girare i testi per via<br />
telematica. Questo sgravava la redazione da molti pesanti compiti, pur senza<br />
diminuire il problema della continua rincorsa al “pezzo” da inserire nel palinsesto.<br />
La tipografia abolì, semplicemente, il massacrante e sottopagato lavoro notturno<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
di immissione dati, il taglia e cuci, da attività fatta con forbici e colla, divenne<br />
il “cliccare” le due icone corrispondenti, simboleggianti i medesimi strumenti,<br />
di un programma di calcolatore.<br />
Il Bollettino SNOP, almeno fino alla recente ristrutturazione, si è caratterizzato<br />
per una irrisolta ambivalenza tra contenuti professionali, perlopiù dedicati<br />
al campo della prevenzione nei luoghi di lavoro, e cronaca degli avvenimenti e<br />
delle politiche della prevenzione in atto nelle diverse realtà territoriali, soprattutto<br />
regionali. Questo approccio ai contenuti è stato il frutto inevitabile della<br />
confluenza nello stesso strumento comunicativo di esigenze differenti, quelle di<br />
un’offerta di strumenti di lavoro e quella di lobbying sulle politiche relative al<br />
settore della prevenzione adottate o in via d’adozione ai vari livelli di governo.<br />
Incombeva anche sul Bollettino il compito di dar conto della vita associativa, con i<br />
suoi alti e bassi, non altrimenti veicolata da altri strumenti di comunicazione.<br />
L’equilibrio nei contenuti della rivista ha tuttavia funzionato abbastanza bene<br />
finché a fianco del Bollettino la Società ha prodotto un altro filone editoriale, gli<br />
Atti dei convegni tematici, organizzati a partire da quello di Sesto San Giovanni<br />
del 1986 sul comparto legno e proseguiti con una lunga serie tutta incentrata sulle<br />
tematiche della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Anche i periodici incontri<br />
nazionali SNOP hanno via, via assunto carattere tematico, riferendosi più alla<br />
messa a punto degli strumenti di lavoro che a temi di policy della prevenzione.<br />
La conclusione di quella stagione può essere fatta cadere intorno alla metà degli<br />
anni novanta, quando va in crisi il modello comunicativo basato sulla sinergia<br />
fra Bollettino e Atti dei convegni tematici.<br />
La recente ristrutturazione<br />
Gli anni trascorsi da quel momento in poi vengono spesi da un ristretto<br />
numero di operatori impegnati nel progetto SNOP, per aggiornarsi sulle nuove<br />
tecnologie e giungere alla formulazione di un nuovo assetto degli strumenti<br />
di comunicazione della Società. Il processo è lungo e “costoso” soprattutto in<br />
termini di soggetti che soffrono il passaggio vivendolo come una sorta di emarginazione<br />
rispetto ai modi del comunicare. Pesano sulle difficoltà incontrate<br />
fattori generazionali (effetto “età”), di calo della tensione e dell’impegno ideale<br />
(effetto “periodo”), fino al mancato coinvolgimento di nuove fasce più giovani<br />
di operatori (effetto “coorte di nascita”). Si arriva comunque all’oggi con la definizione<br />
di un nuovo assetto, non ancora definitivo, ma abbastanza impostato.<br />
Il Bollettino SNOP tende a caratterizzarsi sempre più come strumento di<br />
approfondimento e riflessione sui metodi e sugli strumenti di lavoro, offerto<br />
al contributo degli operatori, ma anche programmato per monografie dedicate<br />
ai diversi aspetti della Prevenzione. Gli steccati disciplinari vengono in parte<br />
superati scegliendo temi per loro natura pluridisciplinari. Ne sono buoni esempi<br />
i primi tre numeri della nuova serie dedicati rispettivamente ai cancerogeni, agli<br />
atti di un convegno molto importante sugli infestanti urbani, agli infortuni<br />
stradali.<br />
Il compito di aggiornare con ordine sulla cronaca degli eventi che coinvol-<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
137
138<br />
CAPITOLO 4<br />
gono le politiche della prevenzione viene trasferito a un nuovo strumento, la<br />
newsletter SNOP InForma, ricca di una veste grafica ed editoriale pienamente<br />
riconducibile alla tradizione del vecchio Bollettino, ma esistente solo sul sito<br />
della società www.snop.it e quindi solamente virtuale.<br />
Infine la vita interna dell’Associazione viene descritta e aggiornata sulle pagine<br />
del sito web, secondo una modalità interattiva sempre più sviluppata.<br />
Rimangono ancora da decidere le migliori forme di comunicazione per la<br />
divulgazione del dibattito e delle scelte di politica della prevenzione del Direttivo<br />
Nazionale e del Presidente, finora gestite attraverso una nota informativa<br />
dell’Ufficio di Presidenza che viene inviata, come “copia nascosta” a fini di rispetto<br />
della privacy, attualmente a una rubrica di indirizzi di e-mail consistente<br />
in 1600 nominativi circa, rappresentativi sia di servizi, enti o associazioni ma<br />
anche di singoli individui.<br />
I contenuti della comunicazione SNOP<br />
Se sul piano degli strumenti abbiamo fatto importanti, seppure tardivi passi<br />
avanti, rimane indietro un serio dibattito sui contenuti della comunicazione<br />
SNOP. Questo tema è naturalmente intrecciato con l’’identità stessa del soggetto<br />
emittente, faticosamente mutata anch’essa in seguito ai cambiamenti del quadro<br />
di riferimento istituzionale nel campo d’interesse. La nascita del Dipartimento di<br />
Prevenzione e il trasferimento delle competenze in tema di controllo del rischio<br />
ambientale a un differente circuito culturale, quello delle Agenzie per l’Ambiente,<br />
hanno inciso sul mandato societario. Chi rilegge l’editoriale del primo numero<br />
della rivista intitolato significativamente “Perché la SNOP” si rende conto del<br />
tempo passato da quel momento e dei mutamenti intercorsi. Se nel convegno<br />
di Parma del 1989 viene deciso l’allargamento della società a tutti i settori della<br />
prevenzione, superando l’angustia della prevenzione nei luoghi di lavoro, tuttavia<br />
con il successivo referendum per la sottrazione dell’ambiente alle USL si realizza<br />
una frattura culturale tra operatori della prevenzione nei luoghi di lavoro e operatori<br />
dell’igiene pubblica che avevano individuato proprio nelle competenze in<br />
materia di ambiente il terreno privilegiato di colloquio e di maturazione di una<br />
pratica di lavoro comune. È solo in tempi più recenti che importanti componenti<br />
della sanità pubblica cominciano a contribuire allo sviluppo delle politiche<br />
della società in tema di prevenzione. Importante elemento di coesione appare a<br />
questo punto l’impegno speso sul versante della cosiddetta “Prevenzione basata<br />
su prove di efficacia”, atteggiamento mentale, prima ancora che strumentario<br />
professionale, che accomuna tutti gli operatori impegnati nel campo della prevenzione<br />
a prescindere dalla rispettiva matrice culturale di origine. Coerente<br />
appare la scelta di spendere molte energie su questo versante.<br />
Quale futuro per il progetto comunicativo della SNOP<br />
I nodi da sciogliere davanti a noi appaiono di varia natura. In primo luogo<br />
esiste la necessità di garantire le risorse minime per gestire l’esistente struttura,<br />
possibilmente senza l’affanno tremendo con cui attualmente va avanti la rivista.<br />
Si tratta di risorse finanziarie, ma anche di risorse umane, visto che il tasso di<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3
CAPITOLO 4<br />
ricambio dei membri che “mollano” è basso. Intrecciato a questo c’è il problema<br />
delle scelte sulla collocazione della Società. Dato per scontato che si tratta<br />
di un processo in continuo e infinito divenire, tuttavia qualche punto fermo è<br />
bene fissarlo.<br />
“Al fondo rimane una domanda alla quale solo una verifica empirica, fatta<br />
cioè sul campo, cimentandosi con la realtà del mondo degli operatori potrà dare<br />
risposta: esiste ancora uno spazio per esperienze come quelle della SNOP?” Concludevo<br />
con queste parole un incontro redazionale allargato a colleghi interessati<br />
al nostro progetto, tenutosi a Bologna nell’ottobre 2003. Il sia pur breve tempo<br />
intercorso mi ha consentito di verificare come si possa dare a quella domanda,<br />
niente affatto retorica, una risposta probabilmente positiva. La divulgazione di<br />
temi scientifici e professionali veicolata dagli strumenti messi in campo dalla<br />
SNOP coglie un diffuso bisogno di conoscenza presente tra gli operatori della<br />
prevenzione e si propone come nodo essenziale di una rete informativa dalla quale<br />
anche gli altri “soggetti interessati” (stakeholders) e tra questi in primo luogo, per<br />
radicata tradizione, i lavoratori potranno attingere un messaggio originale, non<br />
subalterno a logiche di potere, da sempre schierato dalla parte dei deboli.<br />
(ALBERTO BALDESSARONI)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3<br />
139
Gli Autori<br />
Diego Alhaique (2087 RLS)<br />
Alberto Baldessaroni (Bollettino SNOP)<br />
Stefano Beccastrini (CEDIF – ARPAT, Regione Toscana)<br />
Mara Bernardini (AUSL Modena)<br />
Marco Biocca (Agenzia Sanitaria regionale, Regione Emilia Romagna)<br />
Massimo Broggi (ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro)<br />
Andrea Calamusa (Osservatorio Comunicazione Sanitaria, Università degli<br />
Studi di Pisa)<br />
Annalaura Carducci (Osservatorio Comunicazione Sanitaria, Università<br />
degli Studi di Pisa)<br />
Luigi Casano (Confindustria)<br />
Cipriano Cavaliere (Rai Educational)<br />
Rossana D’Arrigo (Lavoro e <strong>Salute</strong>)<br />
Marinella De Maffutiis (ANMIL)<br />
Adolfo Di Corrado (in rappresentanza di CGIL, CISL, UIL)<br />
Virginio Galimberti (UNI, Comitato di Ricerca per i linguaggi simbolici)<br />
Anna Gioia (626Progetto Sicurezza)<br />
Michele Lepore (Ambiente & Sicurezza sul Lavoro)<br />
Graziano Maranelli (Direzione Igiene e sanità pubblica, Azienda Provinciale<br />
per i Servizi Sanitari, Provincia Autonoma di Trento)<br />
Marco Masi (CTIPLL - Coordinamento Tecnico Regioni e Province Autonome<br />
di Prevenzione nei Luoghi di Lavoro)<br />
Giovanni Pianosi (ASL Città di Milano)<br />
Monica Pisetta (Servizio Economia e programmazione sanitaria, Provincia<br />
Autonoma di Trento)<br />
Giorgio Russomanno (Confartigianato)<br />
Rosella Sobrero (Pubblicità Progresso)<br />
Idillio Tagliaferro (ISPESL)<br />
Anna Maria Todini (INAIL)<br />
Giustino Valtellino (CNCPT)<br />
Carlo Veronesi (AUSL Reggio Emilia)<br />
Giuseppe Zago (www.sicurezzaonline.it)<br />
Provincia Autonoma di Trento<br />
Strumenti per la formazione n. 3