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Libro 1.indb - Trentino Salute

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Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

Strumenti per la formazione 3


Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Comunicazione pubblica<br />

e marketing sociale<br />

per la sicurezza<br />

e la salute sul lavoro<br />

PARTE I<br />

A CURA DI VITTORIO CURZEL<br />

EDIZIONI PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO<br />

ASSESSORATO ALLE POLITICHE PER LA SALUTE<br />

Trento 2005<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


© copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento, 2005<br />

Collana<br />

Strumenti per la formazione - 3<br />

Assessorato alle Politiche per la <strong>Salute</strong><br />

Servizio Innovazione e formazione per la salute<br />

Via Gilli, 4 – 38100 Trento<br />

tel. 0461/494037, fax 0461/494073<br />

e-mail: sif.salute@provincia.tn.it<br />

www.trentinosalute.net<br />

Comunicazione pubblica e marketing sociale<br />

per la sicurezza e la salute sul lavoro. Parte I<br />

A cura di Vittorio Curzel<br />

Impaginazione: Mario Querin<br />

ISBN 88-7702-124-1<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Presentazione<br />

Il Decreto legislativo n.626 del 1994 e le successive norme di settore hanno<br />

certamente focalizzato l’attenzione del mondo del lavoro sul tema della sicurezza<br />

e della promozione della salute negli ambienti lavorativi.<br />

Tuttavia, se analizziamo i dati, pur constatando che la situazione sta leggermente<br />

migliorando di anno in anno, dobbiamo purtroppo riconoscere che non<br />

abbiamo ancora raggiunto i risultati sperati per quanto riguarda una drastica<br />

riduzione degli infortuni e delle malattie professionali.<br />

Per ottenere risultati che non siano solo un piccolo miglioramento, ma che<br />

rappresentino un mutamento profondo e durevole dobbiamo evidentemente<br />

mettere in atto una strategia a 360 gradi, che intervenga in tutti i settori e in<br />

tutte le forme possibili.<br />

In altre parole dobbiamo renderci conto di quanto sia importante creare in<br />

tutta la collettività la convinzione che lavorare in sicurezza non è soltanto una<br />

questione di adempimento di norme e che non è soltanto un diritto di cui esigere<br />

il dovuto rispetto in ogni ambiente di lavoro, ma è anche un dovere che ciascuno<br />

di noi ha nei confronti di sé stesso e della comunità in cui vive.<br />

L’esperienza ha infatti dimostrato che le attività di vigilanza e le sanzioni<br />

pur essendo necessarie non sono sufficienti, poiché esse vanno accompagnate<br />

o meglio precedute da un’intensa attività di sensibilizzazione e di informazione,<br />

di formazione e di sostegno, con l’intento di promuovere una cultura<br />

della salute e della sicurezza sul lavoro e di favorire un clima partecipativo in<br />

cui tutti, datori di lavoro, lavoratori, organi di vigilanza, si facciano carico<br />

della propria parte di responsabilità e collaborino al raggiungimento di un<br />

obiettivo comune.<br />

Questa opera di sensibilizzazione, per essere pienamente efficace, dovrà riguardare<br />

non soltanto il mondo del lavoro e non solo i cittadini come lavoratori, ma<br />

anche i cittadini come consumatori dei beni e dei servizi prodotti dalle imprese,<br />

così che il non essere in regola dal punto di vista della sicurezza comporti per<br />

l’azienda inadempiente un giudizio sociale negativo e per i suoi prodotti un<br />

disvalore che potrebbe pesare ancor più delle sanzioni, così come già avviene<br />

nei Paesi scandinavi.<br />

In questo contesto costituisce un fatto certamente positivo anche la sempre<br />

maggiore attenzione rivolta alla responsabilità sociale delle imprese, al fatto che<br />

esse devono contribuire non soltanto allo sviluppo economico di una comunità<br />

ma anche al suo benessere complessivo.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Così come è certamente positivo il diffondersi fra le associazioni datoriali<br />

della consapevolezza che la vigilanza sulla sicurezza è importante non solo per<br />

i lavoratori direttamente esposti ai rischi, ma anche per le stesse imprese, in<br />

quanto garantisce una concorrenza più leale. Non è certo concorrenza leale infatti<br />

quella tra due aziende, delle quali una si presenta sul mercato rispettando le<br />

norme e sopportando i relativi costi e l’altra no, una che calcola correttamente<br />

i costi della sicurezza e l’altra che offre un prezzo più basso grazie al lavoro nero<br />

e all’inosservanza delle norme previste in materia di sicurezza.<br />

Accanto a una cultura della sicurezza dobbiamo dunque far crescere una cultura<br />

della legalità: l’osservanza della legge come convinzione e non solo come<br />

obbligo.<br />

Cultura della sicurezza e cultura della legalità confluiscono nella cultura della<br />

prevenzione, che è l’unico strumento efficace ed efficiente per contrastare il grave<br />

fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.<br />

La prevenzione infatti è assai meno costosa dei danni e della loro riparazione,<br />

perché si risparmiano vite umane, perché si salva l’integrità fisica del patrimonio<br />

umano di un’impresa e di una comunità, che è sempre il patrimonio più<br />

importante, perché i costi personali e sociali dell’invalidità e della malattia sono<br />

elevatissimi.<br />

Se parliamo di culture della salute e della sicurezza, della legalità, della prevenzione,<br />

vuol dire che siamo convinti che, accanto alle norme, alle nuove tecnologie<br />

della sicurezza, agli incentivi economici e agli sgravi fiscali per le imprese,<br />

il cambiamento culturale è una leva importante su cui agire, forse quella più<br />

importante affinché anche le altre leve possano esplicare efficacemente i propri<br />

effetti verso la soluzione del problema.<br />

La Giunta della Provincia Autonoma di Trento ha posto fra i propri impegni<br />

programmatici la promozione della sicurezza sui luoghi di lavoro.<br />

Nell’ambito delle proprie funzioni di governo, di indirizzo, di programmazione<br />

e di coordinamento dell’attività svolta sul territorio, ha voluto inserire tutte le<br />

iniziative per la SSL in una visione strategica intersettoriale, con un approccio<br />

articolato che tiene conto delle numerose variabili in causa e integra l’azione di<br />

tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, passando da un agire “per competenze”<br />

ad uno “rivolto ai problemi”, ricercando la massima cooperazione delle<br />

Parti sociali interessate e delle Istituzioni deputate.<br />

In particolare si è operato per favorire all’interno dell’amministrazione provinciale<br />

l’interazione tra i settori della sanità, del lavoro e delle politiche sociali,<br />

della scuola e della formazione professionale e per promuovere la collaborazione<br />

di altri soggetti, quali l’INAIL, l’ISPESL, le Associazioni dei datori di lavoro, le<br />

6<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Organizzazioni sindacali, i Responsabili per la sicurezza, i professionisti.<br />

Dai lavori del Comitato di coordinamento ex art. 27 del D. Lgs. n.626/94,<br />

a cui partecipano oltre alla Provincia Autonoma di Trento, rappresentanti dell’Azienda<br />

provinciale per i Servizi sanitari, delle Organizzazioni sindacali, delle<br />

Associazioni dei datori di lavoro, dell’INAIL, e dell’ISPESL, è nata l’indicazione<br />

di elaborare un “Piano operativo provinciale”.<br />

Fra le attività previste dal Piano uno spazio di rilievo è assegnato alle attività di<br />

comunicazione e informazione. Fra queste attività vi è il convegno nazionale che<br />

il 4 e 5 dicembre 2003 ha riunito a Trento molti fra i maggiori esperti del settore<br />

e i rappresentanti degli enti e delle istituzioni nazionali e provinciali competenti<br />

nonché una impegnativa campagna, ideata e progettata nell’ambito dell’Assessorato<br />

alle Politiche per la <strong>Salute</strong> e alla cui realizzazione hanno partecipato tutti<br />

i vari soggetti istituzionali rappresentati nel Comitato di Coordinamento. La<br />

campagna è stata attuata nel corso del 2004 e del 2005.<br />

Si presentano ora in forma organica e strutturata i risultati degli studi, delle<br />

ricerche e delle riflessioni teoriche e metodologiche che hanno sostanziato il<br />

convegno e che hanno guidato la progettazione e la realizzazione della campagna.<br />

Questa nuova pubblicazione si propone come un possibile punto di riferimento<br />

per gli operatori del settore, forse il primo di questo tipo, dato l’approccio a 360<br />

gradi offerto dai vari contributi al tema dell’informazione e della comunicazione<br />

pubblica e sociale per la salute e la sicurezza sul lavoro.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

Remo Andreolli<br />

Assessore provinciale<br />

alle politiche per la salute<br />

7


Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


11 Introduzione<br />

Indice<br />

15 Cap. 1<br />

Comunicazione per la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro<br />

15 1.1. La comunicazione nell'educazione alla salute (Stefano Beccastrini)<br />

27 1.2. La comunicazione sul rischio per la salute: tra incertezze e opportunità<br />

(Marco Biocca)<br />

35 1.3. Attività e funzioni del CTIPL (Marco Masi)<br />

41 1.4. Attività e funzioni del Comitato di coordinamento in materia di salute<br />

e sicurezza sui luoghi di lavoro della Provincia di Trento (Monica Pisetta)<br />

47 Cap. 2<br />

Informazione istituzionale, comunicazione pubblica e marketing sociale per la SSL<br />

47 2.1. Le iniziative di "Pubblicità Progresso" per la salute e la sicurezza<br />

negli ambienti di vita e di lavoro (Rosella Sobrero)<br />

54 2.2. La SSL sul web (Giuseppe Zago)<br />

63 2.3. Le iniziative di Rai educational per la salute e la sicurezza negli ambienti<br />

di vita e di lavoro (Cipriano Cavaliere)<br />

65 2.4. I linguaggi simbolici e la segnaletica per la sicurezza (Virginio Galimberti)<br />

73 2.5. Gli aspetti critici della comunicazione per la prevenzione<br />

(Giovanni Pianosi)<br />

76 2.6. Analisi qualitativa della comunicazione per la salute (Andrea Calamusa e<br />

Annalaura Carducci)<br />

85 Cap. 3<br />

Strategie e prodotti comunicazionali per la comunicazione del rischio, la prevenzione<br />

degli infortuni e la promozione della SSL<br />

85 3.1. Gli Enti pubblici locali.<br />

“Inform@zione” – Catalogo nazionale dei prodotti per l’informazione<br />

e la formazione alla SSL (AUSL di Modena) (Mara Bernardini)<br />

89 3.2. Gli Enti pubblici locali.<br />

Strategie ed esperienze dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti<br />

di lavoro in provincia di Trento (Graziano Maranelli)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


94 3.3. Gli Enti pubblici locali.<br />

L'esperienza del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro<br />

del Dipartimento della Sanità Pubblica della USL di Reggio Emilia<br />

(Carlo Veronesi)<br />

98 3.4. Le parti sociali.<br />

Confindustria (Luigi Casano)<br />

100 3.5. Le parti sociali.<br />

Confartigianato (Giorgio Russomanno)<br />

105 3.6. Le parti sociali.<br />

CNCPT – Commissione Nazionale Comitato Paritetico Territoriale<br />

(Giustino Valtellino)<br />

108 3.7. Le parti sociali.<br />

CGIL, CISL, UIL (Adolfo Di Corrado)<br />

111 3.8. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

INAIL (Anna Maria Todini)<br />

117 3.9. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

ISPESL e Agenzia Europea per la SSL (Idillio Tagliaferro)<br />

123 3.10. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

ANMIL (Marinella De Maffutiis)<br />

125 Cap. 4<br />

Stampa specializzata e SSL<br />

125 4.1. 2087 RLS (Diego Alhaique)<br />

126 4.2. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro (Michele Lepore)<br />

128 4.3. ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro (Massimo Broggi)<br />

129 4.4. Lavoro e <strong>Salute</strong> (Rossana D'Arrigo)<br />

130 4.5. 626Progetto Sicurezza (Anna Gioia)<br />

131 4.6. Prevenzione Oggi (Idillio Tagliaferro)<br />

132 4.7. Fogli Informazione ISPESL (Idillio Tagliaferro)<br />

132 4.8. Bollettino SNOP (Alberto Baldessaroni)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Introduzione<br />

Per realizzare un’efficace campagna sul tema della sicurezza sul lavoro, è necessario<br />

innanzi tutto acquisire una maggiore conoscenza del contesto in cui la<br />

campagna verrà attuata.<br />

Con questa consapevolezza l’Assessorato provinciale alle Politiche per la <strong>Salute</strong><br />

ha promosso un’attività di ricerca mirata. Si intendeva analizzare in profondità il<br />

macro e il micro-ambiente di riferimento rivolgendo l’attenzione alle conoscenze,<br />

agli atteggiamenti e ai comportamenti in materia di sicurezza. Nel contempo si<br />

è cercato di delineare l’ambiente socio-economico, culturale e tecnologico nel<br />

quale agiscono le forze che sostengono od ostacolano le idee e i comportamenti<br />

considerati favorevoli alla salute. Infine si voleva monitorare la situazione della<br />

domanda di sicurezza.<br />

Questa migliore conoscenza del contesto sarebbe stata utile sia per individuare<br />

i contenuti da trasmettere con la campagna che per definire il piano media,<br />

avrebbe facilitato la progettazione dei prodotti comunicazionali e avrebbe<br />

favorito l’utilizzo e l’integrazione di tutti “i canali distributivi” del messaggio<br />

disponibili (ambienti di lavoro, associazioni e sindacati, scuole e biblioteche,<br />

luoghi di aggregazione e socializzazione, etc.).<br />

La campagna prevedeva queste fasi:<br />

1. Indagine preliminare;<br />

2. Formazione di un gruppo interdisciplinare (a partire dal Comitato di coordinamento<br />

sicurezza lavoro, per l’individuazione delle priorità nei contenuti,<br />

del target, della tipologia dei messaggi e dei media, per l’elaborazione di<br />

un progetto di massima pluriennale e per la quantificazione della spesa);<br />

3. Progettazione della campagna e piano media;<br />

4. Realizzazione;<br />

5. Diffusione;<br />

6. Controllo e valutazione dei risultati.<br />

I risultati attesi, è bene evidenziarlo, sono limitati a un obiettivo di sensibilizzazione<br />

e di informazione della popolazione (non solo quindi del mondo del<br />

lavoro), per creare una buona disposizione al cambiamento verso atteggiamenti<br />

e comportamenti più favorevoli alla sicurezza.<br />

In sintesi si vuole prima di tutto favorire un processo di autoresponsabilizzazione<br />

che porti ciascuno ad adottare comportamenti e stili di vita sani anche<br />

nell’ambiente di lavoro, ben sapendo, fra l’altro, che i media sono certamente<br />

molto utili per sensibilizzare, informare e creare consapevolezza, ma che la comunicazione<br />

interpersonale e la pressione del gruppo dei pari (i colleghi di lavoro)<br />

può essere determinante per favorire il cambiamento comportamentale.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

11


Si è inoltre tenuto conto che la campagna potrà essere di qualche utilità soltanto<br />

se integrata in un più ampio programma di intervento che deve prevedere<br />

il concorso di tutte le altre azioni previste nel Piano operativo provinciale. Tale<br />

piano, articolato in progetti (di cui uno riguarda esplicitamente le attività di<br />

informazione e comunicazione) comprende l’attivazione di un Osservatorio<br />

provinciale degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, il rafforzamento<br />

delle attività ispettive, interventi nelle scuole, iniziative di formazione dei<br />

lavoratori; incentivi per le imprese, iniziative per favorire la sicurezza sul lavoro<br />

per i minori e per le lavoratrici madri.<br />

Dei quattro possibili livelli di cambiamento, cioè cambiamento cognitivo (per<br />

es. favorire una maggiore consapevolezza sul pericolo di sottovalutare i rischi<br />

presenti in un ambiente di lavoro), cambiamento d’azione (p.es. indurre ad<br />

utilizzare sempre un dato dispositivo di protezione), cambiamento di comportamento<br />

(p.es. favorire l’abbandono di un’abitudine pericolosa come quella di non<br />

osservare determinate prescrizioni, a causa di una sottovalutazione del rischio) e<br />

cambiamento di valori (cioè modificare valori e opinioni profondamente radicati,<br />

per es. che l’anzianità, l’esperienza lavorativa e la lunga consuetudine a svolgere<br />

una determinata mansione riducano la pericolosità di una azione rischiosa), la<br />

campagna si proponeva dunque di agire sul primo, intendendo affidare ad altri<br />

strumenti più adeguati (in primis attività e strumenti formativi mirati per target<br />

settoriali) l’obiettivo di perseguire i livelli successivi.<br />

A questo scopo, sulla base delle conoscenze dei partecipanti al gruppo di lavoro<br />

interdisciplinare e dei dati raccolti dall’Osservatorio provinciale degli infortuni sul<br />

lavoro e delle malattie professionali, sono stati individuati come prioritari i settori<br />

della cantieristica edile, dell’industria estrattiva del porfido, del manifatturiero<br />

metalmeccanico.<br />

Con riferimento a questi gruppi-obiettivo si è quindi provveduto a progettare<br />

e realizzare, con la collaborazione di docenti dell’Università degli studi di Trento<br />

e di sociologi dello Studio RES di Trento, tre distinte ricerche su questi temi:<br />

1. la percezione del rischio, l’eventuale influenza del fattore anzianità ed esperienza<br />

lavorativa nella stima del rischio, la presenza di eventuali distorsioni<br />

cognitive con sottovalutazione o sopravvalutazione del rischio, l’influenza<br />

del gruppo dei pari e l’influenza dei mezzi di comunicazione per quanto<br />

attiene i lavoratori trentini (la ricerca è stata svolta da Lucia Savadori, con<br />

la collaborazione di Tania Busetti, Sarah Menini e Francesca Nardin);<br />

2. le conoscenze, gli atteggiamenti e i comportamenti in materia di sicurezza sul<br />

lavoro presso i lavoratori immigrati in <strong>Trentino</strong> e i canali di comunicazione<br />

da loro più utilizzati (la ricerca è stata svolta dallo Studio Res di Trento con<br />

la direzione di Nora Lonardi);<br />

3. il grado di efficacia di vari prodotti comunicazionali (a stampa, audiovisivi<br />

e multimediali) recentemente realizzati in materia di sicurezza sul lavoro da<br />

12<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


altri enti pubblici e privati italiani, con riferimento ai temi affrontati, alla<br />

struttura compositiva, alle modalità di presentazione e agli stili comunicativi<br />

(La ricerca è stata svolta da Massimiano Bucchi con la collaborazione di<br />

Michele Bottamedi).<br />

Sempre guidati dall’intento di acquisire preliminarmente alla progettazione<br />

della campagna conoscenze più approfondite circa le teorie e le buone pratiche<br />

in uso, nei giorni 4 e 5 dicembre 2003 è stato realizzato a Trento il Convegno<br />

nazionale “Informazione, comunicazione pubblica e marketing sociale per<br />

la sicurezza e la salute sul lavoro”, organizzato dalla Provincia Autonoma di<br />

Trento, con la collaborazione del Comitato di coordinamento per la salute e la<br />

sicurezza negli ambienti di lavoro e di “Lavoro e <strong>Salute</strong>”, Agenzia notizie per la<br />

prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro a cura delle Regioni Emilia Romagna,<br />

Toscana, Lazio, Marche e della Provincia Autonoma di Trento.<br />

Ad esso hanno partecipato in qualità di relatori alcuni fra i maggiori esperti<br />

del settore nonché i rappresentanti degli enti e delle istituzioni nazionali e provinciali<br />

competenti.<br />

L’iniziativa era rivolta a operatori del settore <strong>Salute</strong> e Sicurezza sul Lavoro<br />

(SSL) dei Servizi sanitari, delle Associazioni imprenditoriali, dei Sindacati, di<br />

Enti pubblici, di associazioni di rappresentanza dei cittadini, di Istituti di ricerca,<br />

studiosi ed esperti SSL nonché a operatori della Comunicazione pubblica e<br />

istituzionale e dei mass media. Il convegno ha visto la partecipazione di più di<br />

150 persone provenienti da varie regioni italiane e ha ricevuto l’accreditamento<br />

ECM per la formazione del personale sanitario.<br />

Questi due volumi raccolgono la sintesi di questo intenso lavoro di riflessione e<br />

di elaborazione teorica. Nel primo sono contenuti i vari interventi al Convegno,<br />

con l’eccezione del mio contributo, che, consistentemente ampliato nella parte<br />

metodologica, compare sul secondo volume, insieme con i rapporti finali delle<br />

tre ricerche preliminari alla campagna.<br />

Desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di<br />

questa pubblicazione per la ricchezza delle competenze e delle esperienze professionali<br />

espresse nei loro contributi, che da una parte delineano un significativo<br />

quadro d’insieme, dall’altra dimostrano la complessità del problema, la condivisione<br />

d’intenti nell’affrontarlo e lo stato dell’arte nelle soluzioni adottate.<br />

Mi auguro che questo impegnativo lavoro a più mani possa essere un utile<br />

strumento di consultazione per quanti vorranno proseguire nello studio, nell’elaborazione<br />

progettuale e nell’attuazione di prossime iniziative nel campo<br />

della comunicazione pubblica e del marketing sociale per la salute e la sicurezza<br />

sul lavoro.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

Vittorio Curzel<br />

13


Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 1<br />

Comunicazione per la prevenzione e la<br />

sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro<br />

1.1. La comunicazione nell’educazione alla salute<br />

STEFANO BECCASTRINI<br />

L’educazione è il momento che decide se amiamo abbastanza il mondo da assumercene<br />

la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento,<br />

senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani.<br />

Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli<br />

dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di<br />

mano la loro occasione di intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa di imprevedibile<br />

per noi e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a<br />

tutti… (Hanna Arendt)<br />

La comunicazione educativa e l’educazione alla salute<br />

L’educazione non è una delle tante facoltà e attività dell’uomo bensì la facoltà e<br />

l’attività basilare del suo stesso essere uomo, in quanto l’uomo, unica specie fra<br />

quelle viventi sul Pianeta, non è ma si forma e si trasforma continuamente.<br />

In tal senso, seguendo Francisco Varela, si potrebbe considerare l’apprendimento,<br />

e le attività educative che lo stimolano intenzionalmente, come una,<br />

anzi la più importante, delle tecnologie (in senso molto lato del termine, che<br />

non implica, anche se non esclude, l’utilizzo di “macchine”) di “trasformazione<br />

del sé”.<br />

Sempre in tal senso, è ormai sensazione abbastanza diffusa tra gli educatori<br />

più avvertiti che la tradizione pedagogica occidentale possa e debba essere ampiamente<br />

allargata e arricchita, nel suo tentativo di essere una efficace e produttiva<br />

“tecnologia della trasformazione del sé”, sia nel senso che essa debba conoscere<br />

sempre meglio cosa veramente sia e come apprenda tale “Sé” (che è qualcosa di<br />

assai meno facilmente definibile, come “entità stabile e unitaria”, di quanto si sia<br />

a lungo pensato: Varela parla dell’identità cognitiva come di una “rete joyciana”)<br />

sia nel senso di aprirsi ad altre tradizioni di “tecnologia della trasformazione del<br />

Sé”, quale per esempio quella orientale, assai più della nostra fondata su forme<br />

di pratica contemplativa e meditativa.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

15


16<br />

CAPITOLO I<br />

Di fronte ai problemi complessi del mondo post-moderno e globalizzato<br />

non basta più l’educazione, come strumento formativo dell’umanità presente e<br />

futura. Occorre la buona educazione, l’educazione di qualità, l’educazione che<br />

non indottrina bensì aiuta ad apprendere. Insomma, un’educazione che, come<br />

ha detto di recente Edgar Morin, citando il grande Michel de Montaigne, si dà<br />

come obiettivo piuttosto la formazione di una testa ben fatta che di una testa<br />

ben piena. Scrive Morin: “Cosa significa una testa ben piena è chiaro: è una testa<br />

nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato e non dispone di un principio<br />

di selezione e di organizzazione che gli dia senso. Una testa ben fatta significa che<br />

invece di accumulare il sapere è molto importante disporre allo stesso tempo di:<br />

a) un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; b) principi organizzatori<br />

che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso”.<br />

Presupposto di tutto ciò è superare la concezione secondo cui coloro che abbiamo<br />

di fronte, bambini o adulti non fa gran differenza, sostanzialmente non<br />

siano altro se non persone totalmente ignare e incompetenti, cui noi sapienti<br />

(o “esperti” che dir si voglia) dobbiamo insegnare varie cose e soprattutto quelle<br />

necessarie per stare, loro, al mondo secondo le modalità, da noi, prescritte.<br />

Finché riterremo, nel nostro educare alla salute e allo sviluppo salubre e sostenibile,<br />

che tale attività educativa si identifichi con una nostra competenza prescrittiva,<br />

ci comporteremo da cattivi educatori (ovverosia da dis-educatori).<br />

Troppo spesso tendiamo a dimenticare che tutte le attività dell’uomo che<br />

abbiano una base sociale (ovverosia praticamente tutte, seppur in grado diverso<br />

e con diversa e conseguente necessità di competenza comunicativa applicata)<br />

sono giustappunto fondate, ancor prima che su qualunque altro sapere e saper/<br />

voler fare, sulla comunicazione ovverosia su quella attività non peculiarmente<br />

umana (ma nell’uomo sviluppata a livelli di complessità e linguistico-espressiva<br />

non rintracciabile in alcuna altra specie animale) che consiste nello scambio di<br />

conoscenze, sentimenti, valori tra esseri umani necessariamente e giustamente<br />

diversi e non omologabili.<br />

Che altro è se non un processo comunicativo tra due persone (logicamente,<br />

proficuamente, necessariamente diverse) l’incontro tra un “educatore” e un “educando”?<br />

Il rapporto educativo è, primariamente, un processo di comunicazione<br />

tra due persone, un educatore e un educando, che scambiano saperi, idee, valori<br />

tra loro. L’educatore possiede solitamente (sperabilmente) maggiori e migliori<br />

conoscenze, sui temi che costituiscono la materia del rapporto educativo, dell’educando,<br />

ma deve anche possedere le competenze metodologico-relazionali<br />

necessarie a rendere comunicativamente, e dunque didatticamente, proficuo<br />

il processo di dialogo educativo con l’educando medesimo, che non è affatto<br />

l’oggetto del processo educativo, bensì un soggetto pienamente e attivamente<br />

ad esso partecipante.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

Un grande medico umanista, Eugenio Borgna, ha scritto, qualche anno fa,<br />

un libro (ne ha scritti tanti, tutti meritevoli di attenta e appassionata lettura)<br />

intitolato Noi siamo un colloquio. Eugenio Borgna è uno psichiatra, responsabile<br />

del Servizio di psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara nonché libero docente<br />

in Clinica delle malattie nervose e mentali presso l’Università di Milano.<br />

Conseguentemente, il suo libro parla di dialogo con i malati di mente ma io vi<br />

proporrei di assumere tale titolo, Noi siamo un colloquio, come più generale sintesi<br />

della condizione umana e dell’umano tentativo di capire il mondo e gli altri nel<br />

mondo, di comunicare con loro, di aiutarli (anche con i mezzi dell’educazione<br />

come comunicazione) quando essi ne abbiano bisogno.<br />

Non si tratta di un’operazione artificiosa e, per quanto suggestiva, tutto<br />

sommato arbitraria. Se vi propongo di stare con me a questo gioco, è perché lo<br />

ritengo assolutamente legittimato: in fondo, ogni altro essere umano con cui<br />

entriamo in dialogo, al fine di aiutarlo, assisterlo, curarlo, educarlo, è per noi<br />

un alieno da scoprire e a cui far scoprire noi stessi.<br />

Insomma, la metafora dell’alieno (il malato di mente come il venuto da Altrove;<br />

dall’altrove della foresta, come il ragazzo selvaggio di Francois Truffaut;<br />

dall’altrove dell’Universo come il piccolo ET di Steven Spielberg) è metafora<br />

della difficoltà, ma ancor prima della necessità, del dialogo con altri esseri umani<br />

(dall’essere amato a quello curato a quello educato) in quanto portatori di esperienze<br />

e di competenze, di mente e di cuore, di culture e di sentimenti diversi<br />

dai nostri. In tal senso, affermare con Borgna che noi siamo un dialogo è verità<br />

che va ben oltre il contesto psichiatrico all’interno del quale lo stesso Borgna<br />

l’ha ideata e pronunciata, fino a farne il titolo del suo bellissimo libro.<br />

Come ha giustamente sottolineato Malcom Knowles, grande teorico dell’Andragogia<br />

ovverosia di una metodologia educativa degli adulti che può portare<br />

molte, utili innovazioni anche alla metodologia dell’educazione dei bambini,<br />

le grandi figure di educatori dell’antichità sono tutte figure di educatori degli<br />

adulti (o della comunità locale che dir si voglia, privilegiando il ruolo sociale e<br />

culturale degli adulti all’interno della comunità medesima).<br />

Due esempi su tutti i possibili: Socrate e Gesù, grandi dialogatori (ovverosia,<br />

pienamente, comunicatori) a fini educativi con il prossimo.<br />

Il “dialogo” fu la forma tramite la quale nell’antichità si fece, da parte di grandi<br />

educatori, grande educazione. Il dialogo è una forma di comunicazione educativa<br />

tesa a mettere in contatto i due interlocutori, l’educatore e l’educando, cioè una<br />

forma di comunicazione almeno inizialmente socialmente paritaria: lo scarto<br />

differenziale, che legittima l’uno come educatore e l’altro come educando, viene<br />

a posteriori e a seguito di una dimostrazione di competenza (reale, socialmente<br />

verificabile, sempre arricchibile dal dialogo medesimo) da parte del primo, non<br />

a priori a seguito di uno stato di potere (sulla competenza certificata certamente<br />

fondato ma proprio perciò chiuso all’idea stessa di poter essere arricchito dal-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

17


18<br />

CAPITOLO I<br />

l’interlocutore, tanto meno quanto più egli sia portatore di forme di sapere di<br />

origine non accademica bensì sociale, popolare, esperienziale).<br />

Ne nascerà sempre e comunque qualcosa di buono, da un simile dialogo?<br />

Talora sì, talora no, ma vale sempre la pena di provarci.<br />

Un educatore è doverosamente qualunque operatore scientifico che non voglia<br />

fare del proprio sapere uno strumento di potere.<br />

Il sapere è strumento di potere, che lo si voglia o meno, tutte le volte che non<br />

lo si intenda e sappia divulgare, socializzare, condividere, facendone materia di<br />

educazione e, dunque, di comunicazione. Il che vuol dire non soltanto che il<br />

nostro sapere, sulla scia di Socrate e di Gesù, dobbiamo e possiamo regalarlo<br />

(regalarlo, non venderlo) nella pubblica piazza, ma anche che lo sapremo tanto<br />

meglio fare quanto più saremo consapevoli del fatto che a nostra volta, da ciò<br />

che nella pubblica piazza ascolteremo, anche noi, chiunque noi siamo nel nostro<br />

essere esperti di qualcosa, impareremo cose nuove, che ci arricchiranno e<br />

ci renderanno più bravi nell’affrontare i problemi del mondo.<br />

Questi ultimi, infatti, sono sempre più vasti e complessi di ciò che ci hanno<br />

spiegato all’Università e ci hanno chiesto per iscriverci a questo o a quello dei<br />

vari ordini professionali che categorizzano, e ingessano, il sapere delle persone.<br />

Esso si accresce, in maniera permanente e mai compiuta, soltanto leggendo e<br />

studiando, facendo esperienze e su di esse meditando, ascoltando umilmente i<br />

colleghi, ma anche chi non possiede titoli accademici che ne legittimino il sapere<br />

ma ha, a legittimarlo pienamente nel suo valore cognitivo, una vita di lavoro,<br />

una capacità, se non scientifica certamente esperienziale, di comprendere, di<br />

valutare e di decidere.<br />

Fu agli inizi dell’era moderna, e precisamente nel Seicento, che il dialogo<br />

come forma primaria di educazione fu riscoperto, tentando di applicarlo anche<br />

all’educazione dei fanciulli. Il primo a teorizzarlo, e a praticarlo con i suoi<br />

discepoli, fu John Locke, grande filosofo di scuola empirista ma anche grande<br />

pedagogista, soprattutto nel suo capolavoro I pensieri sull’educazione.<br />

Locke voleva formare ovverosia educare, prima ancora che istruire, i ragazzi:<br />

formarli alla vita, al pensiero, all’osservazione, alle pubbliche relazioni. “Ogni<br />

gentiluomo che si preoccupa della educazione dei propri figli desidera certamente<br />

lasciargli, oltre al patrimonio, almeno quattro cose che comprenderanno poi<br />

tutte le altre: virtù, saggezza, buone maniere e istruzione”.<br />

L’istruzione viene messa per ultima, perché è importante certamente ma ad essa<br />

non può essere ridotta l’educazione, l’attività formativa che farà del giovane un<br />

uomo maturo, colto, conoscitore del mondo e degli altri uomini, protagonista<br />

non passivo nella società. Per istruirsi basta lo studio e basta l’insegnamento<br />

tradizionale, vuol fare intendere Locke, ma per educarsi occorre ben di più:<br />

occorre esperienza del mondo e occorre comunicazione, scambio di opinioni,<br />

dialogo.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

Il “parlare con” costituiva un punto basilare della metodologia didattica lockiana:<br />

non basta parlare ai nostri allievi, egli diceva, occorre anche e soprattutto<br />

parlare con loro, perché è parlando con loro che meglio possiamo capirli e, dunque,<br />

capire come aiutarli a crescere culturalmente, moralmente, socialmente.<br />

Dai tempi di John Locke a quelli nostri, tutta la migliore pedagogia moderna<br />

ha insistito sul dialogo, sulla comunicazione, sull’esperienza fatta in comune,<br />

quali metodi realmente efficaci di insegnamento/apprendimento: da Johann<br />

Heinrich Pestalozzi che, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, sostenne come<br />

a educare sia la vita (attivando la forza del cuore, della mente e della mano del<br />

giovane avviato a farsi uomo e lavoratore) e non i libri e i maestri, che pure ci<br />

vogliono, fino a John Dewey che, agli inizi del Novecento, propose una scuola<br />

che sapesse essere “una forma schietta di attiva vita in comune e non di luogo<br />

appartato dove si apprendono lezioni” e che promosse una concezione dell’educazione<br />

secondo la quale essa “va concepita come una continua rivalutazione<br />

dell’esperienza: il processo e il fine dell’educazione sono una sola e medesima<br />

cosa.<br />

Qualunque fine si assegni all’educazione per darle una mèta e un criterio, priva<br />

il processo educativo di gran parte del suo significato e tende a farci ricorrere, nel<br />

trattare l’allievo, a stimoli esteriori e falsi”. Centrali sono in Dewey, certamente il<br />

più grande pedagogista del XX secolo, i concetti di “interesse” e di “attività”.<br />

Non c’è apprendimento se non c’è interesse e non c’è apprendimento se esso<br />

non si lega a una attività, a una partecipazione concreta del giovane (ma anche<br />

dell’adulto) a un progetto collettivo di esperienza, di intervento sul mondo, di<br />

cambiamento della realtà.<br />

Soltanto nel dialogo le persone costruiscono quei progetti, quelle forme di vita<br />

associata, quelle attività ed esperienze che sviluppano efficacemente i processi di<br />

apprendimento e di crescita dell’intelligenza morale, cognitiva ed emotiva (l’educazione<br />

del cuore, della mente e della mano giustamente cara a Pestalozzi).<br />

Come ha scritto un grande educatore che è stato anche un mio grande, mai<br />

troppo rimpianto amico, Raffaele Laporta: “Quando si dice che l’educazione è<br />

una trasmissione di conoscenza, si deve tener presente che il trasmetterla non<br />

consiste nel consegnarla come si consegna un oggetto da una mano all’altra e<br />

che anche frasi come – ficcare in testa qualcosa agli alunni – non hanno senso:<br />

la mente non è un recipiente […] Essa non è neppure una fiaccola da accendere,<br />

come diceva l’adagio […] Per usare la medesima immagine, essa è già accesa da<br />

sempre, ossia è nata per apprendere costruendo la propria conoscenza del mondo.<br />

John Dewey diceva molto più esattamente che la mente riorganizza di continuo<br />

l’esperienza e che l’apprendimento consiste essenzialmente in questo”.<br />

Apprendimento come rielaborazione continua di un’esperienza che si basa,<br />

fondamentalmente, sul dialogo tra gli uomini e degli uomini con il mondo:<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

19


20<br />

CAPITOLO I<br />

questo l’orizzonte moderno di una teoria dell’educazione come comunicazione.<br />

Jerome Bruner, il più grande pedagogista vivente, la chiama concezione culturale<br />

dell’educazione. “Abbiamo finalmente capito – egli afferma nel suo La cultura<br />

dell’educazione – che il modo di concepire l’educazione è una funzione del modo<br />

di concepire la cultura e i suoi scopi […]. La cultura plasma la mente, ci fornisce<br />

l’insieme degli attrezzi mediante i quali costruiamo non solo il nostro mondo<br />

ma la nostra concezione di noi stessi e delle nostre capacità…Non si può capire<br />

l’attività mentale se non si tiene conto del contesto culturale e delle sue risorse,<br />

che danno forma alla mente e ne determinano il raggio d’azione. Imparare,<br />

ricordare, parlare, immaginare: tutte cose rese possibili dalla partecipazione<br />

attiva a una cultura”.<br />

È partecipando attivamente a una cultura che apprendiamo cose antiche e<br />

cose nuove (entrambe utili), che sviluppiamo la nostra mente e contribuiamo<br />

a sviluppare quella degli altri, che diamo alla e riceviamo dalla comunità di<br />

cui facciamo parte risorse mentali e morali: tutto ciò avviene all’insegna della<br />

comunicazione. È nella comunicazione che la cultura della comunità si costruisce,<br />

che i significati sociali di tutti gli aspetti della nostra esistenza si definiscono.<br />

Come ha scritto, nel suo Comunicazione e condizione umana, Barnett<br />

W.Pearce, direttore del Dipartimento di Comunicazione alla Loyola University<br />

di Chicago, “[…] la comunicazione è il processo attraverso il quale le persone<br />

creano e gestiscono la realtà sociale coordinandosi tra loro: un processo sociale<br />

di coordinamento di azione e di gestione dei significati prodotti in tale coordinamento<br />

[…]. [Quindi] la comunicazione non è un processo sociale tra gli<br />

altri, bensì il processo sociale primario, attraverso il quale vengono creati tutti<br />

i significati sociali.<br />

Questi significati, a loro volta, contestualizzano il processo di comunicazione,<br />

permettendone la realizzazione. In tal modo, viene osservata una circolarità di<br />

rimandi tra processo di comunicazione e strutture di significato: una generazione<br />

reciproca che determina la realtà sociale”.<br />

Educazione come comunicazione, educazione come dialogo sociale permanente:<br />

a ciò fa riferimento Bruner quando parla di “cultura improntata all’apprendimento<br />

reciproco”, immaginando una scuola, e ben oltre la scuola tutta quanta la<br />

comunità, come un luogo ove tutti educano tutti, in quanto tutti comunicano,<br />

apertamente, efficacemente, in maniera competente, con tutti.<br />

Questo è il nuovo orizzonte epistemologico ed etico in cui vanno a collocarsi<br />

le nostre idee sulla cultura, sulla società e su, per dirla ancora con Bruner, “quel<br />

fondamentale, ma misterioso scambio reciproco che chiamiamo con disinvoltura<br />

educazione”.<br />

La concezione comunicativa dell’educazione poggia, ad avviso di Bruner, su<br />

“il problema di come avviene l’incontro tra due menti […] [in tal senso] l’as-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

sunto che la mente dell’allievo sia passiva, sia un ricettacolo che aspetta di essere<br />

riempito” rappresenta un forte ostacolo metodologico al pieno dispiegarsi di una<br />

pedagogia realmente produttiva di conoscenza, di crescita, di libertà: quella che<br />

egli stesso chiama la pedagogia della reciprocità.<br />

Jerome Bruner è stato colui che ha fatto conoscere in Occidente l’opera dello<br />

psico-pedagogista sovietico Lev Vigotskij, il quale morì a soli 37 anni (e anche<br />

perciò fu denominato “il Mozart della psicologia”). Presto caduto in disgrazia<br />

(soprattutto postuma: morì troppo presto per subire simili, meschini affronti)<br />

presso gli stupidi reggitori della scienza e della cultura del suo Paese, soltanto<br />

con il disgelo dei primi anni Sessanta Jerome Bruner ottenne dalle nuove più<br />

aperte autorità sovietiche il permesso di far conoscere in Occidente, traducendola,<br />

l’opera principale di Vigotskij, Pensiero e linguaggio.<br />

Vigotskij, letto trent’anni dopo, ci fece capire come tutta quanta una serie di<br />

distinzioni/contraddizioni della nostra cultura sono non soltanto sbagliate ma<br />

persino educativamente dannose (una delle caratteristiche del fare educativo,<br />

in ciò abbastanza simile al fare curativo, è che o lo fai bene o fai danni). Per<br />

esempio, quella:<br />

– tra pensiero e linguaggio. Per Vigotskij, il pensiero si nutre di linguaggio<br />

e il linguaggio di pensiero ed entrambi di sentimento (“Un discorso – ebbe a<br />

scrivere – è fatto di venti di passione, nuvole di pensiero e grandine di parole”),<br />

(e invece, quanti educatori tuttora pensano che l’educazione consista piuttosto<br />

in prescrizioni di regole che in padronanza di linguaggi);<br />

– tra innatismo e ambientalismo cognitivo. Per Vigotskij, le potenzialità cognitive<br />

dell’essere umano sono, anche, innate (ovverosia frutto di una millenaria<br />

evoluzione della specie umana e delle sue facoltà mentali) ma diventano attive,<br />

efficaci, moltiplicative di ulteriori facoltà e potenzialità, oltre che di competenze,<br />

soltanto se sapientemente implementate (Vigotskij elaborò una teoria cosiddetta<br />

dello “sviluppo prossimale” che significava una cosa molto semplice e bella<br />

ovverosia che nessuno di noi è un bicchiere vuoto che il docente deve riempire<br />

bensì che ciascuno di noi è una fonte di energia che si sprigiona e fa tanta più<br />

luce quanto più qualcuno la sa attivare e sostenere);<br />

– tra teoria e prassi. Per Vigotskij, non c’è un “sapere” che precede un “saper<br />

fare” né viceversa: c’è una dialettica continua di osservare/pensare il mondo-porsi/affrontare<br />

problemi-trovare soluzioni che si fanno regole eppoi teorie-tornare<br />

a osservare/pensare il mondo e così via, all’interno della quale non esistono primati<br />

tra il sapere e il saper fare bensì unicamente un’attività integrata dell’essere<br />

umano che fa pensando e pensa facendo;<br />

– tra pensiero astratto, formale, cosiddetto logico, e pensiero quotidiano,<br />

narrativo, cosiddetto esperienziale. Per Vigotskij, raccontare ciò che si è vissuto,<br />

provato, fatto implica un suo riordino cognitivo che, se ben orientato e ben fatto,<br />

rappresenta una forma di pensiero, un metodo e uno strumento di conoscenza<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

21


22<br />

CAPITOLO I<br />

del mondo e di noi stessi.<br />

Come ha scritto Bruner: “È soprattutto attraverso le nostre narrazioni che<br />

costruiamo una versione di noi stessi nel mondo ed è attraverso la sua narrativa<br />

che una cultura fornisce ai suoi membri modelli di identità e di capacità di<br />

azione”.<br />

Da qui nasce tutto il recente “esplodere” dell’uso del pensiero narrativo nelle<br />

scienze umane del nostro tempo e, soprattutto, in pedagogia (si veda, in Italia,<br />

la “scuola” di Duccio Demetrio) e in medicina (sto curando, assieme a Giorgio<br />

Bert, la prima traduzione italiana di un testo di “Narrative Based Medicine”).<br />

Credo sia evidente quanto tutto ciò sia importante per una nuova e più<br />

adeguata teoria dell’apprendimento. Per ciò che riguarda l’importanza, anche<br />

educativa, dell’elemento narrativo: si tratta di un tema cruciale nell’ambito del<br />

lifelong learning, che spazia dall’utilità educativa delle grandi opere narrative della<br />

cultura umana (le narrazioni pittoriche, romanzesche e poetiche, filmiche e così<br />

via, attraverso le quali l’umanità è andata scrivendo la propria auto-biografia,<br />

imparando così a conoscersi e a comprendersi) a quella che Malcom Knowles<br />

chiama “la formazione degli adulti come autobiografia” e a quello che Duccio<br />

Demetrio chiama “raccontarsi”.<br />

L’importanza di Vigotskij per chiunque voglia seriamente occuparsi di educazione<br />

è indiscutibile: egli è stato uno dei primi che, nel XX secolo, ha cercato di<br />

capire come funzioni la mente (che è, l’avrebbe poi detto Bateson, ma Vigotskij<br />

l’aveva intuito, non soltanto il cervello bensì, anche, la struttura che connette<br />

nell’uomo cervello-cuore-mano e, oltre il singolo uomo, le sue relazioni con la<br />

società, l’ambiente, tutto il resto del mondo) e come funzioni la conoscenza<br />

(teorica, tecnica, emotiva).<br />

Sia la mente che la conoscenza funzionano con un meccanismo di rete. Esse<br />

nascono non dai singoli oggetti, concreti o astratti che siano, ma dalle loro<br />

relazioni.<br />

“Che cos’è la mente e come si sviluppa?”, si chiede Daniel J. Siegel all’inizio<br />

del suo libro intitolato, giustappunto, La mente relazionale. Di fronte a tali<br />

domande, l’idea centrale analizzata in questo libro, derivata dall’integrazione di<br />

conoscenze che provengono da varie discipline, è che la mente è il prodotto delle<br />

interazioni fra esperienze interpersonali e strutture e funzioni del cervello.<br />

Insomma, la mente è (o nulla sarebbe) una mente relazionale. Ciò significa<br />

che:<br />

– la conoscenza si fonda sul dialogo (già l’aveva capito, ben prima che si sviluppassero<br />

le scienze cognitive della fine del Novecento, Lev Vigotskij: ma in<br />

realtà l’avevano intuito tutti i grandi educatori del passato, seppure non potendo<br />

poggiare tale loro intuizione su basi scientifiche);<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

– la produzione (ovverosia, l’attività di ricerca) e la riproduzione (ovverosia,<br />

l’attività educativa) della conoscenza si basa, altresì, sull’esperienza interpersonale,<br />

sul dialogo, sulla comunicazione.<br />

Piaccia o meno ai tanti, troppi, sostenitori delle Verità con la V maiuscola,<br />

dell’Individualismo con l’I maiuscola, dell’Educazione con la E maiuscola, conoscere,<br />

apprendere, educare sono attività sociali, che non si possono fare bene<br />

se non assieme al prossimo, che nascono democratiche e solidali e subiscono<br />

limitazioni e vincoli depressivi da chiunque cerchi di inserirli in contesti sociali,<br />

politici, economici, organizzativi, legislativi, professionali, burocratici, ecc., che<br />

democratici e solidali non sono.<br />

La mente si fonda, dentro la persona e nei rapporti della persona con il<br />

mondo, prima di tutto su meccanismi e metodi di “integrazione”. Come scrive<br />

ancora Siegel: “L’integrazione permette alla mente di regolare i flussi di energia<br />

e i processi di elaborazione delle informazioni e di collegare e coordinare le sue<br />

attività […] I processi interpersonali possono favorire integrazione e coerenza<br />

alterando le modalità con cui la mente organizza le proprie funzioni […] La<br />

creazione di coerenza è un progetto a cui lavoriamo durante l’intero corso della<br />

nostra esistenza: l’integrazione non è una tappa definita del nostro sviluppo ma<br />

un processo continuo. È un verbo, non un sostantivo”.<br />

Questo verbo si attiva ogni volta che due persone dialogano tra loro (siano<br />

essi un bambino e un adulto, due adulti, un operatore sanitario e un cittadino<br />

domandante salute, un operatore della protezione ambientale e un membro della<br />

comunità voglioso di sapere e di contare rispetto alla situazione dell’habitat in<br />

cui vive e opera e così via).<br />

Scrive ancora Siegel: “Lo stabilirsi di connessioni dirette fra le menti di due<br />

individui coinvolge […] una forma diadica di risonanza, in cui energia e informazioni<br />

possono fluire liberamente da un cervello a un altro. Quando questi<br />

processi di comunicazione interpersonale vengono pienamente attivati […] si<br />

crea un senso di vitalità, di immediatezza e di autenticità che può essere estremamente<br />

coinvolgente e stimolante.<br />

È in questi momenti particolarmente intensi, in questi stati di risonanza diadica,<br />

che riusciamo veramente ad apprezzare come le relazioni con gli altri possano<br />

nutrire le nostre menti”. In scenari interpersonali diadici o anche maggiormente<br />

allargati (gruppi, comunità e così via), quella situazione di “risonanza comunicativa”<br />

di cui parla Siegel è l’unica, vera situazione educativa ovverosia l’unico<br />

scenario produttivo di apprendimento e di crescita personale e sociale.<br />

Mi rendo conto di avere fino ad ora parlato di educazione tout court, mostrandone<br />

e valorizzandone il proficuo “paradigma comunicativo”, piuttosto<br />

che di educazione alla salute. L’ho fatto perché ritengo che, quando l’attività<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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24<br />

CAPITOLO I<br />

educativa sia rivolta a promuovere giustappunto la salute, ciò non ne cambi<br />

granché i connotati epistemologici e pragmatici. Tuttavia, qualche considerazione<br />

sulla salute, sulla sua promozione (nei luoghi di lavoro e fuori di essi), sul ruolo<br />

dell’educazione in essa, credo sia utile farla, prima di passare alle conclusioni.<br />

Di cosa parliamo, quando parliamo di salute? Nel 1948, l’OMS definì la<br />

salute “uno stato di perfetto benessere fisico, psichico e sociale”.<br />

Ha in merito scritto Giorgio Cosmacini, nel Dizionario di storia della salute da<br />

lui stesso curato con alcuni collaboratori: “Altri interessanti aspetti del dibattito<br />

(su cosa sia la salute o meglio su quali significati diamo a questo importante concetto)<br />

emergono in rapporto alla definizione […] fornita dall’OMS […] Occorre<br />

innanzitutto riconoscere il carattere storicamente illuminato di tale definizione:<br />

concependo la salute non come semplice mancanza di malattia, ma come un<br />

completo benessere fisico, psichico e sociale, l’OMS valorizza l’essere umano<br />

nella sua pienezza e nella molteplicità delle sue dimensioni. Viene inoltre implicitamente<br />

rivendicato, per tutti, il diritto di accedere a questa condizione.<br />

La definizione dell’OMS presenta tuttavia anche un versante meno convincente.<br />

In esso si può intravedere il riflesso di quell’ideologia e di quel mito<br />

dell’efficientismo che dominano nelle società avanzate. Se veramente la salute è<br />

questo multiforme e perfetto benessere, cosa pensare di quanti tale benessere non<br />

hanno mai raggiunto o lo hanno perduto, come i malati cronici e gli anziani?<br />

Non essere in perfetta efficienza, non essere vincenti sul piano sociale, significa<br />

essere persone incomplete?”.<br />

Altri autorevoli studiosi, sia italiani che stranieri, hanno, in anni più o meno<br />

recenti, espresso perplessità analoghe, per esempio Claudine Herzlich, una delle<br />

prime sociologhe europee della salute e della sanità. Ella afferma giustamente,<br />

nel suo Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, scritto<br />

assieme a Marc Augé: “La salute diviene […] [così] una supercategoria normativa,<br />

supercategoria dai sensi molteplici e dal campo d’intervento demoltiplicato: la<br />

salute è in tutto e tutto è nella salute. Oggi, essa rappresenta – si potrebbe dire<br />

– uno dei nuovi modi di designare la felicità […] Ci si potrebbe anche trovare<br />

di fronte all’imposizione di una ideologia sanitaria normalizzatrice […]”.<br />

Lungo questa strada, intende dire la Herzlich, il diritto alla salute (che comporta,<br />

come prerequisito essenziale, il diritto di essere malati, una delle conquiste<br />

democratiche della moderna assistenza sanitaria) finisce con il diventare, prima<br />

o poi, il dovere della salute.<br />

Dice ancora la Herzlich (questa volta in Malades d’hier, malades d’aujourd’hui,<br />

scritto assieme a Janine Pierret): “Oggi, il diritto alla salute implica la responsabilizzazione<br />

di ciascun individuo che deve adottare comportamenti razionali<br />

rispetto agli effetti dannosi del suo modo di vivere. L’educazione sanitaria<br />

risponde a tale obiettivo […] [In tal modo] il dovere di salute finisce con il<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

rimpiazzare totalmente il diritto alla malattia, ma […] l’attribuzione della gran<br />

parte della responsabilità delle malattie ai comportamenti personali e la relativa<br />

occultazione dei suoi determinanti sociali non è certamente innocente. Significa<br />

dimenticarsi che la malattia è una realtà che traduce il malessere dell’individuo<br />

nei suoi rapporti con l’ambiente e con la società e che occuparsi di ciò non può<br />

significare mettere in pratica una sorta di ortopedia comportamentale”.<br />

L’educazione, non soltanto quella alla salute ma in generale, si trasforma<br />

sempre, tristemente, in “ortopedia comportamentale “ quando, invece che<br />

realmente educativa diventa ri-educativa (quasi che il suo compito primario<br />

fosse il “correggere” invece che il liberare e l’arricchire) e invece che formativa<br />

diventa con-formativa.<br />

Rispetto a tutto ciò, il concetto di promozione della salute, elaborato e diffuso a<br />

partire dalla Conferenza OMS di Ottawa, rappresenta un notevole cambiamento<br />

di paradigma teorico. Vediamo in che senso.<br />

La Conferenza di Ottawa per la Promozione della salute, che ebbe luogo<br />

nella città canadese tra il 17 e il 21 novembre del 1986, produsse un importante<br />

documento finale, la cosiddetta Carta di Ottawa.<br />

Essa esordisce dando una definizione del concetto di promozione della salute:<br />

“La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di<br />

aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla […] La salute (va)<br />

vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere […]<br />

Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore<br />

sanitario”, eppoi enumera solennemente quelli che vengono, dall’OMS, considerati<br />

i cosiddetti prerequisiti della salute ovverosia gli obiettivi che andrebbero<br />

promossi (necessariamente non soltanto dal settore sanitario, che non ha alcuna<br />

competenza né istituzionale né culturale su molti aspetti) affinché la salute aumenti,<br />

si diffonda nel Mondo, si renda accessibile, come diritto universale di<br />

cittadinanza, da parte di tutti gli abitanti del Mondo stesso: “Le condizioni e<br />

le risorse fondamentali per la salute sono: la pace, l’abitazione, l’educazione, il<br />

cibo, un reddito, un ambiente equilibrato, lo sviluppo sostenibile, la giustizia<br />

sociale, l’equità. Il miglioramento dei livelli di salute deve essere saldamente<br />

basato su questi prerequisiti fondamentali”.<br />

Da ciò derivano le cinque strategie di salute individuate dalla carta di Ottawa:<br />

– costruire politiche pubbliche per la salute (anche politiche educative, dunque,<br />

poiché l’educazione, come abbiamo visto dai prerequisiti poco sopra citati, è un<br />

fattore di promozione della salute in sé, non solo e non tanto quando è “educazione<br />

sanitaria” in senso stretto);<br />

– creare ambienti favorevoli alla salute (ecco il rapporto, decisivo, della promozione<br />

della salute con la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile, che<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

25


26<br />

CAPITOLO I<br />

implica un necessario superamento della tradizionale separazione tra educazione<br />

sanitaria ed educazione ambientale e una tendenziale complementarietà progettuale<br />

di esse, che per farlo non resteranno evidentemente tali bensì diventeranno<br />

una comune e proficua forma di educazione di comunità per lo sviluppo salubre<br />

e sostenibile);<br />

– rafforzare l’azione partecipativa delle comunità locali (è l’importante, anche<br />

in campo educativo, concetto di empowerment o, per dirla con Amartya Sen,<br />

di capacitazione della persona, in quanto individuo, cittadino, lavoratore, consumatore);<br />

– sviluppare le abilità e le competenze personali (emerge così, nuovamente, il<br />

ruolo dell’educazione, non della “vecchia” educazione sanitaria, finalizzata a<br />

prescrivere comportamenti personali del tutto etero-diretti, bensì un’educazione<br />

a tutto campo che faccia crescere la capacità delle persone e delle comunità<br />

locali di governare eco-democraticamente il proprio territorio e il suo sviluppo<br />

salubre e sostenibile);<br />

– riorientare i servizi sanitari (logicamente, verso obiettivi e servizi di prevenzione,<br />

capaci di promuovere davvero la salute e non soltanto di promuovere il<br />

salutismo nevrotico e la sanitario-dipendenza dei cittadini).<br />

In che senso la Carta di Ottawa, con la sua definizione di promozione della<br />

salute, con la sua indicazione dei prerequisiti della salute stessa, con l’orientamento<br />

legato alle sue cinque strategie, consolida un paradigma nuovo di salute,<br />

che non annulla ma certo fortemente e positivamente corregge e supera quello<br />

utopicamente famoso ma epistemologicamente e pragmaticamente alquanto<br />

fumoso derivante dalla “mitica” definizione del 1948 (la quale, secondo due<br />

valenti epidemiologi europei, Schrabanek e Mac Cormick, sarebbe applicabile,<br />

a voler essere spiritosamente concreti, soltanto all’orgasmo)?<br />

In vari sensi, tutti quanti orientati a una nuova definizione di salute, in<br />

quanto:<br />

– considera la salute non più uno “stato” bensì un processo dinamico, qualcosa<br />

che va continuamente promosso e non è mai, compiutamente, raggiunto;<br />

– considera la salute come il risultato non di una singola strategia (quella<br />

che potremmo definire delle politiche sanitarie di un Paese) né di un singolo<br />

campo di ricerca scientifica (la medicina, le scienze sanitarie) e di operatività<br />

pratica (quella delle organizzazioni e dei servizi sanitari) bensì come il risultato<br />

di strategie multiformi e di campi di ricerca scientifica e di operatività pratica<br />

multi- e inter-settoriali;<br />

– è investita della possibilità, e dunque del diritto-dovere, di promuovere la<br />

salute una polifonia di soggetti (da chi progetta case e fabbriche a chi costruisce<br />

automobili, da chi si occupa di ambiente a chi si occupa di alimentazione, dai<br />

decisori dello sviluppo della città agli educatori) che vanno ben oltre gli operatori<br />

sanitari in senso stretto, pur lasciando a essi gratificanti e gravosi compiti;<br />

– vengono individuati come fattori essenziali della promozione della salute<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

la partecipazione consapevole (da cum-sapere, partecipare della conoscenza),<br />

convinta (da cum-vincere, vincere assieme, cittadini e tecnici, persone normali<br />

ed esperti) e attiva delle persone e delle comunità e, dunque, il loro empowerment,<br />

la loro capacitazione;<br />

– i percorsi della promozione della salute danno un grande ruolo all’educazione,<br />

non soltanto in quanto espressamente orientata alle tematiche sanitarie, bensì<br />

in un senso molto più generale in quanto educazione ai diritti di cittadinanza<br />

(ivi compreso il diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro e alla sua sicurezza) e<br />

alla partecipazione responsabile e attiva.<br />

Conclusioni<br />

Chiudo citando una frase assai bella, detta da un ultranovantenne che si autodefinisce<br />

“curioso del futuro” e da cui molto ho imparato. Si tratta di Vittorio<br />

Foa, un uomo che non a caso, per tutta la sua lunga e mirabile vita, molto ha<br />

studiato e difeso il lavoro, la sua dignità, la sua sicurezza, la sua libertà.<br />

Egli, parlando di formazione, ha scritto recentemente: “L’obiettivo è aiutare<br />

gli esseri umani a governare il proprio mondo, a sapersi e potersi muovere nell’ambiente<br />

[…] Quello che conta è dunque la formazione, […] [la quale] non è<br />

soltanto la trasmissione del sapere da chi sa a chi non sa. La formazione è anche<br />

diventare diversi. Non è pedagogia, è comunicazione”.<br />

1.2. La comunicazione sul rischio per la salute:<br />

tra incertezze e opportunità<br />

MARCO BIOCCA<br />

Il tema della comunicazione nella valutazione e gestione dei rischi per la salute<br />

non è una novità ed è, anzi, ormai largamente considerato nella letteratura<br />

scientifica, soprattutto nordamericana. In Europa l’Ufficio regionale europeo<br />

dell’Organizzazione mondiale della sanità aveva negli anni ’90 promosso la redazione<br />

di un volume dedicato a Communicating about risks to environment and<br />

health in Europe (ed. Gray P.C.R., Stern R.M., Biocca M.; Kluwer Academic<br />

Publisher, 1998) a cui diversi esperti italiani avevano collaborato. La traduzione<br />

italiana La comunicazione dei rischi ambientali per la salute in Europa è stata<br />

pubblicata da Franco Angeli nel 1999.<br />

Nella collana sulla comunicazione in sanità del Centro Scientifico Editore<br />

diretta da Stefano Beccastrini è stato pubblicato l’anno scorso un mio libro dal<br />

titolo La comunicazione sul rischio. Il teatro di Sagredo. In Italia contributi interessanti<br />

provengono anche dall’Istituto internazionale di sociologia di Gorizia<br />

e dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Torino.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

27


28<br />

CAPITOLO I<br />

Le note che seguono mirano ad offrire in sintesi un quadro di riferimento di<br />

carattere generale che si articola su quattro piani:<br />

1. la comunicazione sul rischio come una tecnica;<br />

2. la comunicazione sul rischio come un diritto;<br />

3. la comunicazione sul rischio come una condizione per il successo della<br />

valutazione e della gestione dei rischi;<br />

4. le analogie tra la comunicazione sul rischio per la salute nel campo ambientale<br />

o lavorativo e in quello più strettamente sanitario.<br />

Quante incertezze<br />

Prima di affrontare questi 4 punti, tuttavia, vorrei ricordare che il terreno su<br />

cui si coltiva la maggior parte delle comunicazioni sul rischio è quello delle<br />

incertezze.<br />

Edgar Morin, che include l’affrontare le incertezze tra I sette saperi necessari<br />

all’educazione del futuro (Raffaello Cortina Editore, 2001), ricorda che “le scienze<br />

ci hanno fatto acquisire molte certezze, ma nel corso del XX secolo ci hanno<br />

anche rivelato innumerevoli campi di incertezza... Si dovrebbero insegnare<br />

principi di strategia che permettano di affrontare i rischi, l’inatteso e l’incerto<br />

e di modificarne l’evoluzione grazie alle informazioni acquisite nel corso dell’azione.<br />

Bisogna apprendere a navigare in un oceano di incertezze attraverso<br />

arcipelaghi di certezza”.<br />

In effetti non sono tanto le incertezze scientifiche, ancora molto numerose<br />

comunque, che fanno paura alla nostra cultura razionalista. Quasi sempre accettiamo,<br />

infatti, i limiti di specificità e sensibilità dei nostri metodi e abbiamo anche<br />

sviluppato buone tecniche per tenere sotto controllo gli errori di misura.<br />

Certo quando il paradigma interpretativo prevalente non funziona e l’ignoranza<br />

copre ogni possibile errore possiamo fare poco, ma rimaniamo fiduciosi<br />

nell’arrivo, prima o poi, di una rivoluzione scientifica.<br />

Le incertezze più salienti sono, piuttosto, quelle legate ai determinanti delle<br />

scelte politiche e individuali. Non c’è un concetto univoco che le comprenda<br />

e propongo, quindi, la classificazione di Funtowicz e Ravetz (Funtowicz S.O.,<br />

Ravetz J.R. Uncertainty and quality in science for policy, Kluwer Academic Press,<br />

1990):<br />

– l’incertezza situazionale complessiva, che caratterizza una specifica circostanza<br />

e che va gestita nel contingente. E’ la risultante di diversi componenti, in<br />

particolare dell’inadeguatezza delle informazioni disponibili rispetto alle<br />

decisioni necessarie, e può avere una intensità variabile;<br />

– l’incertezza legale-morale, che è legata alle possibili conseguenze della decisio-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

ne che verrà, o non verrà, presa. La possibilità di essere perseguiti per una<br />

determinata azione o, quantomeno, dover fare i conti con il proprio senso<br />

di colpa nel caso di evoluzione negativa pesa sulle decisioni e spinge spesso<br />

ad atteggiamenti difensivi e dilatori, a non diffondere informazioni;<br />

– l’incertezza sociale, che è determinata dal grado di coesione, o viceversa<br />

di conflitto, esistente in una comunità e dal livello di integrazione con le<br />

istituzioni.<br />

– l’incertezza istituzionale, che è il risultato della scarsa capacità di comunicazione,<br />

comprensione, collaborazione fra i diversi organismi chiamati a<br />

gestire un problema ed è favorita da tradizioni di gelosia, competizione e<br />

segretezza tipiche di alcune burocrazie;<br />

– le incertezze determinate dai diritti/interessi della proprietà e della privacy,<br />

che sono prodotte dalle norme che regolano la possibilità di divulgare o<br />

nascondere le informazioni e interessano persone, professionisti, imprese,<br />

organizzazioni e istituzioni.<br />

Nelle vicende reali queste incertezze spesso si intrecciano e potremmo fare<br />

diversi esempi.<br />

Nel caso dell’incidente di Seveso la grande incertezza scientifica e il peso del<br />

segreto industriale hanno portato a una comunicazione caratterizzata piuttosto<br />

dal silenzio. Nel caso, invece, dell’arrivo di una inondazione prevale certamente<br />

la condivisione dei problemi e la necessità di amplificare al massimo la comunicazione.<br />

Un tale esercizio è utile a fini descrittivi, ma ancor di più serve per<br />

orientare azioni comunicative.<br />

La comunicazione è una tecnica<br />

La comunicazione è una scienza e dispone di tecniche adatte per i diversi<br />

scenari. In un periodo non lontano, che peraltro non è affatto superato, si è<br />

pensato che i successi nelle situazioni di rischio fossero frutto di una comunicazione<br />

convincente, cioè della efficacia di messaggi mirati a persuadere chi ascolta<br />

della correttezza di un punto di vista. L’attenzione era posta sulle caratteristiche<br />

di una comunicazione efficace, sulla chiarezza dei messaggi, sull’uso appropriato<br />

degli strumenti.<br />

La spinta verso questa direzione veniva dallo sviluppo dell’interesse delle comunicazioni<br />

per il marketing, che dimostravano come l’efficacia di una strategia<br />

fosse legata alle conoscenze delle caratteristiche dell’uditorio, alla legittimità della<br />

percezione della situazione, alle tecniche comunicative adottate e, soprattutto, alla<br />

fiducia che la fonte del messaggio possedeva, alla sua credibilità, alla convinzione<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

29


30<br />

CAPITOLO I<br />

che l’intero processo fosse fondamentalmente onesto. Prevaleva l’attenzione quasi<br />

solo per informare, prescrivere, creare un’immagine, convincere.<br />

Per comunicare con efficacia occorre conoscere questa scienza e le sue tecniche,<br />

ma percorrere questa strada in modo acritico genera spesso sconfitte.<br />

Comunicare include la capacità di ascoltare, le opinioni, le proteste, i giudizi,<br />

le richieste degli interlocutori interessati.<br />

La comunicazione è un diritto<br />

La comunicazione, però, non è solo tecnica: nell’ordinamento normativo che<br />

regola la nostra società è considerata come uno dei diritti fondamentali dei<br />

cittadini, in particolare, ma non solo, per quanto riguarda la salute.<br />

Forse l’orientamento del quadro legislativo non è stato del tutto coerente<br />

nel suo sviluppo e il percorso non è certo stato completato, ma non possiamo<br />

negarne l’importanza.<br />

Questo diritto si declina in tre principali categorie:<br />

1. diritto ad essere informati;<br />

2. diritto ad avere accesso all’informazione;<br />

3. diritto ad esprimere la propria opinione per partecipare alle decisioni.<br />

La prima categoria, e finora certamente la più considerata, è basata sul principio<br />

che chi genera dei rischi ha l’obbligo di informare chi viene esposto.<br />

È un campo fortemente condizionato da altri diritti, spesso più forti, come<br />

il segreto industriale. È anche deformato da resistenze energiche che si attuano<br />

con varie tecniche: dalla reticenza alla inondazione informativa (annego le informazioni<br />

sostanziali in un mare di dettagli insignificanti), alle cortine fumogene<br />

create con linguaggi incomprensibili, ai cavilli giudiziari.<br />

Inizialmente questo principio era interamente considerato all’interno del<br />

rapporto tra cittadini e amministrazione pubblica garante della salute di tutti.<br />

Veniva regolato col sistema delle autorizzazioni e dei controlli: per costruire una<br />

casa, per aprire una fabbrica, ecc.<br />

Le prime norme nuove in questo senso (DPR 303/1956) riguardano il mondo<br />

del lavoro e includono l’obbligo per i datori di lavoro e i preposti di “rendere<br />

edotti”, come si diceva allora, i lavoratori sui rischi e sulle misure per contenerli.<br />

Poi è venuto lo Statuto dei diritti dei lavoratori (legge 300/1970) che riconosce<br />

una situazione asimmetrica anche sul piano informativo e garantisce ai lavoratori<br />

il diritto di utilizzare propri esperti. Con il Servizio sanitario nazionale (nato con<br />

la legge 833 del 23.12.1978) ci si apre alla dimensione territoriale locale e alla<br />

formulazione di mappe di rischio, con l’obbligo per le aziende di comunicare<br />

le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche e<br />

i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente. Seguono la lunga serie delle norme<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

sulla etichettatura e i filoni che riguardano l’informazione dei consumatori (in<br />

generale e in specifici settori come gli alimenti o i farmaci).<br />

C’è molto ancora, ma potremmo concludere citando le norme sulla informazione<br />

dei cittadini che vivono nelle aree circostanti impianti a rischio di<br />

incidente rilevante.<br />

Il diritto ad avere accesso all’informazione è stato considerato più recentemente,<br />

soprattutto con l’intento di avvicinare maggiormente l’amministrazione<br />

pubblica ai cittadini rendendola più trasparente. Riguarda prevalentemente il<br />

diritto di accesso ai documenti amministrativi (la legge 241/1990) e ha un approfondimento<br />

specifico nel campo dell’informazione sullo stato dell’ambiente.<br />

Il quadro dei diritti non sarebbe completo se non fosse compresa anche la<br />

possibilità di esprimere la propria opinione. Potrebbe sembrare a prima vista<br />

l’aspetto più facile e scontato, ma non è affatto così. La libertà di esprimere la<br />

propria opinione è garantita, ma trovare il modo per farla sentire agli altri è più<br />

difficile.<br />

Negli anni ’70 vennero promulgati i primi Statuti regionali e alcuni di questi<br />

contengono disposizioni sulla partecipazione dei cittadini alla produzione<br />

legislativa e alle attività regionali, attraverso specifici strumenti informativi e la<br />

organizzazione di incontri. Nella legge di istituzione del Ministero dell’ambiente<br />

compare anche il diritto a esprimere opinioni e pareri scritti, ma solo nel caso<br />

che si stia progettando un’opera soggetta a valutazione di impatto ambientale.<br />

Su questo terreno in effetti c’è poco. La pubblica amministrazione resiste alle<br />

prospettive di un approccio più partecipato nel timore di perdere potere. Le<br />

imprese preferiscono, semmai, vincoli ambientali più severi e costosi piuttosto<br />

che assoggettare la propria attività a una verifica e a una negoziazione che coinvolga<br />

tutti gli interessi in causa, con probabili allungamenti dei tempi, dei costi<br />

e aumento delle opposizioni.<br />

Con la legge 108/2001 è stata ratificata la Convenzione sull’accesso alle informazioni,<br />

la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla<br />

giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus in Danimarca il 25 giugno<br />

1998 durante la 4° Conferenza europea dei Ministri dell’ambiente. Questo atto<br />

può essere considerato, almeno per alcuni problemi ambientali, una sintesi dei<br />

diversi diritti descritti nelle pagine precedenti.<br />

Occorre tornare alla comunicazione nel mondo del lavoro, come avevamo<br />

iniziato, per vedere riconosciuto (Decreto Legislativo 626/1994) il diritto dei<br />

Rappresentanti dei lavoratori ad esprimere il proprio parere, in particolare sul<br />

documento di valutazione dei rischi, che diventa così lo strumento chiave per<br />

la programmazione della prevenzione e per la comunicazione tra i soggetti che<br />

hanno titolo a partecipare alle scelte.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

31


32<br />

CAPITOLO I<br />

Così come nell’approccio tecnico, anche nel campo dei diritti prevale l’attenzione<br />

verso l’accesso alla informazione, piuttosto che verso la facilitazione<br />

dell’ascolto. Esprimere il proprio parere è un diritto fondamentale, riconosciuto<br />

nelle principali carte dei diritti dell’essere umano, che rimane generico. Come<br />

il diritto alla salute, esso è esercitato in modo disuguale e trova tuttora solo<br />

embrionali applicazioni nei processi decisionali.<br />

La comunicazione è una condizione<br />

Da più parti, tuttavia, si sta facendo strada la convinzione che per fare scelte che<br />

interessano lo sviluppo e anche la salute delle collettività sia necessario favorire<br />

la comunicazione tra i cittadini. Un approccio “negoziato” permette di considerare<br />

tutti i punti di vista e gli interessi, di creare le condizioni per un dialogo<br />

fruttuoso o comunque, di ridurre le opposizioni preconcette.<br />

La comunicazione tra i soggetti che hanno titolo è probabilmente la condizione<br />

migliore per trovare la soluzione più appropriata. E ciò è del tutto valido anche<br />

per i rischi ambientali come dimostrano, ad esempio, Luigi Bobbio e Alberico<br />

Zeppetella in Perché proprio qui? Grandi opere e opposizioni locali (Franco Angeli,<br />

1999).<br />

Anche a questo fine sono stati introdotti nel sistema istituzionale concetti<br />

e strumenti innovativi quali: la programmazione negoziata, il protocollo d’intesa,<br />

la consulta, l’accordo di programma, la conferenza dei servizi, l’intesa<br />

istituzionale di programma, il patto territoriale, il contratto di programma, il<br />

contratto d’area. Alcuni servono per realizzare interventi che richiedono l’azione<br />

coordinata di più enti pubblici, mentre altri servono a favorire l’accordo tra<br />

enti locali, parti sociali e altri soggetti pubblici per finanziare progetti, favorire<br />

l’occupazione, risanare aree degradate, etc. In questa logica va considerato<br />

anche il Piano sanitario nazionale 1998-2000 che aveva un titolo significativo<br />

“Patto di solidarietà per la salute”. Prevedeva, infatti, che gli obiettivi di salute<br />

proposti fossero perseguiti non soltanto con il contributo dei servizi sanitari, ma<br />

con l’impegno delle diverse forse istituzionali, sociali ed economiche attraverso<br />

condivise politiche di salute.<br />

La Regione Emilia-Romagna nel suo Piano sanitario regionale 1999-2001<br />

aveva reso ancora più esplicito questo punto, prevedendo lo sviluppo di Piani<br />

per la salute, cioè “piani poliennali di azione elaborati e realizzati da una pluralità<br />

di attori, coordinati dal governo locale, che impegnano risorse umane e materiali<br />

allo scopo di migliorare la salute e l’assistenza sanitaria della popolazione<br />

residente”.<br />

L’esperienza dei Piani per la salute si sta sviluppando in modo davvero originale<br />

e diffuso e può essere meglio conosciuta esplorando il sito I cittadini competenti<br />

costruiscono piani per la salute (www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan/pps/<br />

index.htm).<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Fig. 1. Le sfere della comunicazione.<br />

CAPITOLO I<br />

La comunicazione, quindi, è una condizione che offre grandi opportunità,<br />

ma va organizzata, promossa, facilitata, soprattutto in quei contesti potenzialmente<br />

conflittuali, in cui gli interlocutori non si capirebbero o troverebbero<br />

strade contrapposte.<br />

Gli esperti hanno linguaggi e codici condivisi e dispongono di tecniche e<br />

opportunità che rendono facile la comunicazione tra loro: rappresentano un<br />

universo che si incontra, anche se a volte con opinioni diverse, attorno alla<br />

stima tecnica del rischio.<br />

Gli altri, le persone non esperte, i gruppi di popolazione interessati, coloro<br />

che rappresentano l’universo del rischio percepito, hanno difficoltà molto maggiori<br />

di comunicazione e anche risorse culturali ed economiche diversificate. Le<br />

asimmetrie sono la norma e i mezzi di informazione di massa non le risolvono<br />

necessariamente, anche perché non hanno questa finalità.<br />

Il compito di avvicinamento può essere svolto dalle pubbliche amministrazioni,<br />

unico soggetto che ha il ruolo e l’autorevolezza (non sempre purtroppo)<br />

e dispone dei mezzi per dare voce a tutti e aiutare a ricercare le soluzioni. Ecco<br />

un tema che in questa sede potrebbe trovare utili approfondimenti.<br />

Un’analogia da sviluppare<br />

Arrivo, così, alla conclusione che comunicare sul rischio per la salute significa<br />

mettere tutti i soggetti nelle condizioni di accedere alle informazioni disponibili,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

33


34<br />

CAPITOLO I<br />

di scambiare le opinioni e di esprimere le proprie scelte per contribuire effettivamente<br />

alla decisione.<br />

Dare voce ai diversi punti di vista, anche a quelli che non hanno forze proprie<br />

sufficienti, richiede tecniche, in alcuni casi risponde a un vincolo di legge, più<br />

spesso è un obbligo morale, ma sostanzialmente è la condizione migliore per<br />

trovare soluzioni per i complessi e incerti problemi che la società si trova oggi<br />

di fronte.<br />

La salute è un elemento centrale della vita, dei singoli e delle comunità e dovrebbe,<br />

per questo, anche diventare un criterio orientativo per le diverse scelte<br />

politiche (sociali, ambientali, economiche, etc.). In questo senso si inscrive a<br />

pieno titolo nell’ambito di quei processi partecipati che si stanno attualmente<br />

sviluppando in vari settori della società e che attirano l’attenzione degli studiosi<br />

di scienze politiche.<br />

Questo modo di vedere le relazioni finalizzate alla gestione dei rischi per<br />

la salute, tuttavia, non è dissimile da quello che ognuno di noi vorrebbe che<br />

fossero i rapporti con il proprio medico. Molti usano il termine partnership<br />

per indicare il concorso di entrambi, pur con le diverse conoscenze soggettive<br />

e obiettive di cui sono portatori e con le diverse responsabilità che li caratte-<br />

Fig. 2. La comunicazione tra i soggetti che hanno titolo per partecipare a una scelta<br />

per la salute: voce e uscita.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

rizzano, alla definizione e alla condivisione del processo assistenziale. Questo<br />

approccio incrementa fortemente la probabilità di successo dell’intervento, come<br />

documenta, ad esempio, quasi ogni settimana il British Medical Journal, nei più<br />

svariati campi della medicina.<br />

Sempre più rilevante nella gestione delle strutture sanitarie sta anche diventando<br />

il tema della gestione dei rischi, soprattutto per i pazienti, ma anche per i<br />

lavoratori. La comunicazione sul rischio acquista in tale ambito una importanza<br />

specifica e cruciale, per certi versi anche con valenze di ordine legale.<br />

D’altra parte, se non avessimo la possibilità di farci ascoltare, con buona<br />

probabilità eserciteremmo il nostro legittimo diritto a trovare un’alternativa.<br />

Questa analogia potrebbe essere portata ancora più avanti. Si potrebbe a buon<br />

titolo affermare che, a causa dei positivi risultati che si ottengono e anche delle<br />

aspettative che esistono, la comunicazione per la salute è una tecnica, un diritto<br />

e, soprattutto, una condizione per affrontare i problemi del servizio sanitario,<br />

poiché anche in questo caso, o si da voce alle persone in modo che esprimano<br />

i loro interessi, le loro aspettative, le loro critiche, le loro scelte, oppure è facile<br />

prevedere che possano esercitare il diritto a cercare un’alternativa.<br />

Ecco, quindi, altri temi che non mancheranno di occupare l’attenzione di<br />

molti nel prossimo futuro.<br />

1.3. Attività e funzioni del CTIPL<br />

MARCO MASI<br />

Con l’attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, si accentua il<br />

ruolo delle Regioni e delle Province Autonome nella materia della tutela e della<br />

sicurezza del lavoro, individuata come concorrente all’interno dei principi fondamentali<br />

riservati allo Stato.<br />

La legge di modifica costituzionale ha proposto un profondo cambiamento<br />

nel modo di esercitare i poteri, promuovendo un modello meno verticistico, a<br />

favore di una maggiore apertura a diversi soggetti nel processo di elaborazione<br />

delle politiche, così da garantire una partecipazione più ampia delle istituzioni,<br />

dei cittadini, dei lavoratori e delle loro rappresentanze.<br />

Questo convegno si colloca nel quadro di una serie di iniziative assunte negli<br />

ultimi anni per il rilancio del problema della prevenzione e della sicurezza nei<br />

luoghi di lavoro che ha visto il forte impegno delle Regioni e delle Province<br />

Autonome come parte attiva per l’effettiva applicazione delle norme in materia,<br />

costituendo un riferimento costante per le altre Amministrazioni dello Stato e per<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

35


36<br />

CAPITOLO I<br />

Fig. 3. Il lavoro extracomunitario nel settore costruzioni (Rapporto Fillea-CGIL).<br />

le parti sociali. È opportuno cogliere appieno le occasioni derivate dalla riforma<br />

del titolo V della Costituzione, sviluppando un modello che contemperi le criticità<br />

con gli elementi assolutamente positivi della riforma costituzionale, operando<br />

affinché gli sforzi del legislatore regionale siano indirizzati alla progettazione e<br />

realizzazione di nuove ed efficaci soluzioni di politica attiva del lavoro.<br />

Uno strumento fondamentale, a questo proposito, è rappresentato dal Coordinamento<br />

tecnico delle Regioni e delle Province Autonome in tema di tutela e<br />

sicurezza del lavoro, di cui la Regione Toscana riveste il ruolo di coordinamento<br />

operativo. Rappresenta un’ulteriore occasione di innovazione nella costruzione<br />

del sistema a rete della prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro e costituisce<br />

un raccordo permanente fra le varie Istituzioni pubbliche.<br />

Ciò ha permesso di creare un sistema di relazioni e di confronto fra Ministeri<br />

competenti, INAIL, ISPESL, Istituti scientifici e di ricerca, di scambiare dati<br />

ed informazioni utili alla prevenzione; di progettare e programmare iniziative<br />

comuni sulla base di proposte sostenibili e tecnicamente valide, capaci di valorizzare,<br />

accanto alle specificità derivanti dai diversi contesti economici, sociali e<br />

culturali, il patrimonio collettivo delle migliori esperienze regionali realizzate.<br />

Grazie al funzionamento del Coordinamento sono già stati elaborati indirizzi<br />

e linee guida uniformi per tutte le regioni, oltre a condividere, in sede tecnica,<br />

contributi su provvedimenti discussi in Conferenza Stato-Regioni.<br />

In questo contesto sembra opportuno sottolineare la rilevanza ed originalità<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

della ricerca nazionale sull’applicazione del Decreto Legislativo 626/94, con<br />

l’intento di misurare l’impatto concreto del dettato normativo, analizzarne le<br />

criticità e di avanzare proposte per migliorarne l’applicazione.<br />

Tale progetto è stato fortemente voluto dalla Conferenza dei Presidenti delle<br />

Regioni e delle Province Autonome, condiviso dal Ministero dalla <strong>Salute</strong>, che<br />

lo ha riconosciuto come Programma Speciale, realizzato dai Servizi di Prevenzione<br />

delle Aziende USL, che hanno lavorato per un obiettivo comune con un<br />

approccio metodologico omogeneo e condiviso attraverso il coordinamento<br />

operato dai referenti presenti nel Comitato tecnico. Ha rappresentato occasioni<br />

di crescita e di maturazione delle regioni che vogliono essere parte integrante<br />

del processo di miglioramento delle condizioni di lavoro.<br />

Appare importante ricordare che in nessun paese europeo è stata condotta<br />

un’indagine così vasta ed approfondita nel merito delle ricadute applicative della<br />

Direttiva CEE 391/89 (da cui deriva il titolo I del Decreto Legislativo 626/94):<br />

il numero di aziende coinvolte nel progetto è di diverse migliaia, appartenenti<br />

a tutti i settori e comparti produttivi, rappresentative delle diverse fasce di<br />

dimensione aziendale (dai 6 addetti in su); i lavoratori occupati nelle aziende<br />

interessate dall’indagine erano circa 743.000, ed anche questo elemento rende<br />

ben conto della portata dell’indagine stessa.<br />

La ricerca è a disposizione dell’intero sistema di prevenzione nazionale come<br />

uno strumento ulteriore, soprattutto rivolto alla piccola impresa, per cogliere<br />

spunti di riflessione verso un’applicazione più incisiva del Decreto Legislativo<br />

626/94.<br />

Tra gli altri progetti integrati è importante ricordare il recente Protocollo di<br />

intesa sottoscritto dai Presidenti delle Regioni e Province Autonome, dall’INAIL<br />

e dall’ISPESL finalizzato allo sviluppo, a partire dalle diverse esperienze già avviate,<br />

di un Sistema Informativo Integrato Nazionale, con articolazioni in tutte<br />

le regioni e fondato sulla sistematicità di scambio delle informazioni in materia<br />

di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.<br />

C’è poi l’emergere di una “questione sociale” del lavoro, che per la centralità<br />

che assume nella vita di ogni individuo, deve essere analizzata ed affrontata, in<br />

maniera organica; dalla componente sociale, a quella economica e della produzione,<br />

a quella della tutela della salute.<br />

Occorre analizzare con attenzione il problema della sostenibilità dei costi<br />

di malattia legati al lavoro, come puntualmente è stato più volte richiamato<br />

dall’Agenzia Europea; da una stima dell’INAIL i costi diretti ed indiretti degli<br />

infortuni e delle malattie professionali assommano a circa 30 milioni di euro,<br />

ovvero a circa il 40% del Fondo Sanitario Nazionale.<br />

L’OMS stima, nel documento “<strong>Salute</strong> 21” che si potrebbe risparmiare dal 3<br />

al 5% del PIL se si avessero ambienti di lavoro sani e sicuri.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

37


38<br />

CAPITOLO I<br />

Fig. 4. Il mondo del lavoro che cambia: il lavoro atipico.<br />

Oltre a un’azione più organica delle istituzioni che assumono la tutela della<br />

salute e della sicurezza sul lavoro come parte integrante e irrinunciabile dello<br />

sviluppo economico e sociale del paese e dei diversi livelli territoriali, è necessario<br />

radicare un processo di cultura della sicurezza, che transita attraverso le figure<br />

chiave ovvero, primi su tutti, i datori di lavoro, i lavoratori e i loro rappresentanti,<br />

per riverberarsi anche sull’intera collettività, nella scuola, nel mondo<br />

universitario e delle professioni.<br />

Senza un’assunzione diretta e consapevole delle responsabilità a tutti i livelli,<br />

diventa estremamente difficile “fare prevenzione”, intervenendo dall’esterno con<br />

un ruolo di autorità.<br />

Particolare importanza riveste la volontà delle Regioni e Province autonome di<br />

riportare, in sede di Conferenza, indirizzi unitari per la formazione delle figure<br />

chiave della prevenzione, come momento centrale verso una crescita qualitativa<br />

e mirata dei processi formativi.<br />

Sul tema della formazione professionale, le Regioni intendono confrontarsi<br />

al fine di garantire, al mondo del lavoro, precisi riferimenti in termini di qualità,<br />

di continuità e di efficacia anche per la definizione di criteri condivisi per<br />

interventi formativi in materia di prevenzione e sicurezza.<br />

Le forme nuove del lavoro, l’ingresso e la rilevanza di nuove categorie di<br />

lavoratori, i processi di decentramento ed esternalizzazione di cicli o di interi<br />

segmenti produttivi, che generano spesse volte la diffusione di tipologie di lavoro<br />

marginale, richiedono tuttavia un’opera di costante monitoraggio e nuovi stru-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

menti di analisi e conseguentemente nuove metodologie di intervento; accanto<br />

ai rischi “tradizionali” e “conosciuti” emergono nuovi condizionamenti dovuti<br />

a fattori molteplici e complessi.<br />

Senza pensare a un arretramento o a un’attenuazione dei principi normativi<br />

espressi dalle direttive europee, si tratta di studiare meccanismi di facilitazione<br />

che favoriscano il miglioramento delle condizioni di lavoro.<br />

L’elemento del confronto con i Ministeri, le parti sociali e datoriali ha rappresentato<br />

e rappresenta una modalità fondamentale per coinvolgere e condividere<br />

con i diversi soggetti gli obiettivi da perseguire e per assumere gli impegni<br />

conseguenti.<br />

Le imprese, i datori di lavoro, le organizzazioni sindacali, i lavoratori hanno<br />

ricercato con sempre maggiore frequenza attraverso le istituzioni, una sede di<br />

confronto e di soluzione delle varie problematiche in tema di prevenzione,<br />

sottoscrivendo accordi e dando luogo ad esperienze significative, sia a livello<br />

nazionale che regionale.<br />

Oltre al coordinamento interistituzionale si sono prodotte anche profonde<br />

modifiche nella “missione” dei servizi e delle strutture territoriali. Si sono infatti<br />

sempre più intensificati gli interventi a sostegno della formazione e alla spin-<br />

Fig. 5. Le direttrici di azione delle Regioni e delle Province Autonome: le attività<br />

di indirizzo e coordinamento.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

39


40<br />

CAPITOLO I<br />

Fig. 6. Le direttrici di azione delle Regioni e delle Province Autonome: le attività<br />

di indirizzo e coordinamento.<br />

ta verso il miglioramento dei vari soggetti del sistema di prevenzione e sono<br />

state poste in essere iniziative di assistenza e di informazione verso le imprese,<br />

soprattutto verso le piccole realtà, i lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori<br />

per la sicurezza (RLS), con l’intento di confermare il sistema di responsabilità<br />

aziendale.<br />

Gli RLS vengono ad avere un ruolo determinante nelle varie fasi di valutazione<br />

e di intervento riguardo ai rischi presenti nell’ambiente di lavoro e rappresentano,<br />

occorre rimarcarlo, un anello peculiare nel sistema di prevenzione aziendale<br />

e, pertanto, soggetti privilegiati per azioni di supporto con il coinvolgimento<br />

attivo delle forze sociali.<br />

Si tratta di estendere la loro presenza in tutte le realtà produttive e soprattutto<br />

consentire una loro effettiva possibilità di agire, sostenendone la continua<br />

qualificazione con attività di formazione e di aggiornamento.<br />

Ormai diverse esperienze, in questi ultimi anni, rendono evidente il fatto che<br />

promuovere la salute significa assumere decisioni coerenti in termini di sviluppo,<br />

di qualificazione del lavoro e di qualità della vita. Si tratta anche di attivare<br />

processi di ascolto, di comunicazione, di informazione, affinché la percezione<br />

individuale del rischio possa rendersi esplicita e diventare elemento di orientamento<br />

per il nostro agire.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

L’esperienza maturata dalla Regioni e Province Autonome sul versante della<br />

comunicazione rappresenta sicuramente uno degli aspetti più qualificanti della<br />

politica attiva per la prevenzione sui luoghi di lavoro.<br />

La rivista Lavoro e <strong>Salute</strong> rappresenta un ulteriore “tassello” proprio sul<br />

versante della comunicazione contribuendo a creare integrazione e diffusione<br />

capillare di notizie ed approfondimenti sulla materia. Una “finestra” aperta sul<br />

mondo del lavoro ma anche un’opportunità di dialogo soprattutto rivolta verso<br />

le lavoratrici e i lavoratori.<br />

Risulta chiaro che nel contesto della promozione della salute, le Regioni e le<br />

Province Autonome possono integrare, completare e specificare efficacemente il<br />

sistema, contribuendo a creare livelli sempre più alti di integrazione e collaborazione<br />

interistituzionali, intervenendo con azioni correttive verso prestazioni<br />

scarsamente efficaci sotto il profilo preventivo, in un confronto aperto con le<br />

forze sociali, le associazioni datoriali e il mondo scientifico.<br />

Solo in questo modo, la legislazione concorrente sarà utile ed avrà successo,<br />

creerà stimoli positivi per il Governo, le Regioni, le Province Autonome e per<br />

l’intero mondo del lavoro; ma soprattutto dovrà trattarsi di una legislazione<br />

che guarda in avanti, nel quadro dei principi costituzionali e nel rispetto delle<br />

direttive comunitarie, favorendo la massima integrazione tra il diritto alla salute<br />

e lo sviluppo dell’occupazione.<br />

1.4. Attività e funzioni del Comitato di coordinamento in materia di salute<br />

e sicurezza sui luoghi di lavoro della Provincia Autonoma di Trento<br />

MONICA PISETTA<br />

Un impegno prioritario nel programma della Giunta Provinciale è la lotta agli<br />

infortuni sul lavoro, perché in <strong>Trentino</strong> la loro casistica presenta dati molto<br />

elevati, sia in termini assoluti che in percentuale rispetto alla media nazionale<br />

e, in particolare, alla media dell’area di riferimento, il Nord-Est d’Italia.<br />

A questo scopo è stata organizzata la conferenza provinciale del 19 giugno<br />

2000, che ha messo a confronto i soggetti sociali e istituzionali coinvolti nella<br />

problematica degli infortuni sul lavoro.<br />

Nell’ambito di questo incontro è stato evidenziato come la mancanza di<br />

coordinamento tra le iniziative prodotte dai singoli soggetti desse luogo a sovrapposizioni<br />

e a lacune che comportavano la parziale inefficacia dell’azione di<br />

prevenzione.<br />

Per assicurare l’uniformità degli interventi della Pubblica Amministrazione in<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

41


42<br />

CAPITOLO I<br />

materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dal 1999 era già funzionante<br />

il Comitato di Coordinamento previsto dall’articolo 27 del Decreto Legislativo<br />

626, regolamentato da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel<br />

’97 e recepito in seguito anche dalla legislazione provinciale.<br />

Il Comitato era originariamente presieduto dal presidente della Giunta o da<br />

un suo delegato e composto dall’assessore provinciale alla Sanità, dal dirigente<br />

generale del Dipartimento Sanità, dal dirigente generale della Protezione civile,<br />

dal direttore del Settore Igiene e sanità pubblica dell’Azienda sanitaria, dal dirigente<br />

regionale dell’ISPESL, dai direttori (provinciale e regionale) dell’INAIL, da<br />

un rappresentante dei consorzi dei Comuni e da un rappresentante dei lavoratori<br />

designato congiuntamente da CGIL, CISL e UIL.<br />

Dopo la conferenza provinciale del 19 giugno 2000 è stato deciso di integrare<br />

il Comitato con altri due rappresentanti dei lavoratori, con tre rappresentanti<br />

delle associazioni dei datori di lavoro e con il dirigente del Servizio Lavoro.<br />

Inoltre è stato previsto che il Comitato possa venire integrato, anche a livello<br />

informale, da altri soggetti a seconda della tematica di cui si occupa.<br />

Il nuovo Comitato rappresenta un tipico esempio del metodo di lavoro intersettoriale<br />

che é fondamentale nell’attività di promozione della salute. Questo<br />

metodo parte dall’assunto che la salute non si “crea” all’interno dell’ambito<br />

sanitario, ma fuori dallo stesso, in tutti i settori delle politiche sociali e la tematica<br />

degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali ne è un esempio<br />

paradigmatico.<br />

Il fatto poi di esplicitare a tutti i soggetti l’obiettivo di salute sotteso agli<br />

interventi effettuati ne comporta la condivisione da parte dei soggetti stessi in<br />

quanto promuovere la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro implica vantaggi<br />

per tutti. Questa consapevolezza ha favorito il superamento delle divisioni esistenti<br />

all’interno del Comitato, conciliando posizioni differenziate, come quelle<br />

dei sindacati e dei datori di lavoro.<br />

Come si è articolata l’attività del nuovo Comitato?<br />

Innanzitutto sono state individuate le tematiche fondamentali in cui si articola<br />

il problema della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Su queste basi è<br />

stato poi stilato un Piano operativo composto da otto progetti concreti. Per ogni<br />

progetto sono stati definiti:<br />

– l’obiettivo da raggiungere;<br />

– le strategie di attuazione;<br />

– le azioni da intraprendere;<br />

– i soggetti coinvolti;<br />

– i tempi di realizzazione;<br />

– il metodo di verifica del raggiungimento dell’obiettivo.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

I progetti sono stati schematizzati in schede sintetiche e chiare e avallati dalla<br />

sottoscrizione formale di un protocollo d’intesa tra i rappresentanti legali di tutti<br />

i componenti del Comitato.<br />

Progetto 1: Osservatorio Provinciale degli infortuni sul lavoro e delle malattie<br />

professionali.<br />

Questo progetto è stato messo al primo posto perché si tratta di un momento<br />

strategico e propedeutico. La mancanza di coordinamento tra le attività dei vari<br />

soggetti implicava delle differenze anche nelle modalità di raccolta e di analisi<br />

dei dati.<br />

Ciò comportava spesso disparità di vedute e atteggiamenti contraddittori, con<br />

conseguenze negative anche nei confronti dell’opinione pubblica.<br />

Si è posta, di conseguenza, la necessità di un data base dei fenomeni infortunistici<br />

attendibile e condiviso, che permettesse l’attuazione di indagini<br />

epidemiologiche in grado di individuare le priorità su cui impostare l’attività<br />

di prevenzione.<br />

L’Osservatorio ha pubblicato nel 2002 il primo rapporto generale, che contiene<br />

anche un approfondimento monografico sugli infortuni mortali. Attualmente<br />

è in corso di validazione da parte del Comitato di Coordinamento il secondo<br />

rapporto generale e successivamente verrà divulgato un approfondimento riguardante<br />

le malattie professionali.<br />

Progetto 2: Rafforzamento delle attività ispettive.<br />

Oltre ad aumentare il numero degli ispettori sul territorio, il progetto intende<br />

migliorare la qualità dell’attività ispettiva stessa.<br />

A questo scopo sono stati istituiti corsi di formazione per favorire l’approccio<br />

consulenziale del controllo ispettivo, onde superarne l’ottica esclusivamente<br />

repressiva e creare un momento di confronto con le imprese, concordando la<br />

realizzazione degli interventi volti a migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori.<br />

Progetto 3: La scuola e la cultura della sicurezza.<br />

Tramite la partecipazione di esperti dell’ambito scolastico, sono stati definiti<br />

contenuti e metodi per incrementare la promozione della cultura della sicurezza<br />

nelle scuole, all’interno dei progetti di educazione alla salute.<br />

Alcuni problemi politici contingenti non hanno però consentito la partenza<br />

nell’anno scolastico 2003-2004 di questo progetto, che verrà comunque ripreso<br />

e implementato nell’anno scolastico 2004-4005.<br />

Progetto 4: Formazione dei lavoratori.<br />

L’Agenzia provinciale del Lavoro ha realizzato una guida alla formazione per<br />

la sicurezza e sono stati attivati i corsi previsti, dei quali è già iniziata la valutazione<br />

di efficacia.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

43


44<br />

CAPITOLO I<br />

Progetto 5: La comunicazione e l’informazione.<br />

Questo convegno è una delle prime realizzazioni, insieme all’attività di ricerca<br />

svolta. Sulla base dei risultati emersi, verrà impostata la campagna provinciale di<br />

comunicazione e di informazione sulla salute e sicurezza sul lavoro che si terrà<br />

nel corso del 2004.<br />

Progetto 6: Incentivi alla sicurezza.<br />

Oltre agli obblighi normativi contemplati dalla legislazione nazionale, la<br />

Provincia Autonoma di Trento, al fine di incrementare la cultura della sicurezza<br />

sul lavoro, in particolare nel settore dell’industria, ha previsto ulteriori incentivi<br />

e sanzioni per le imprese.<br />

In questo contesto si colloca l’istituzione del premio Lavoro in sicurezza, giunto<br />

quest’anno alla terza edizione. Il premio viene assegnato da una Commissione<br />

di esperti alle imprese che, oltre ad applicare la normativa vigente, abbiano introdotto<br />

particolari innovazioni volte ad aumentare la sicurezza sul lavoro.<br />

Progetto 7: Mostra–mercato delle soluzioni innovative nel campo della sicurezza<br />

sul lavoro.<br />

È un progetto ambizioso, che presuppone la consulenza di esperti a livello<br />

nazionale e internazionale in grado di indicare quali siano le innovazioni più<br />

significative che vengono introdotte in questo settore.<br />

Progetto 8: Sicurezza sul lavoro per i minori e le lavoratrici madri.<br />

A questo scopo state approvate due distinte deliberazioni della Giunta provinciale<br />

riguardanti i protocolli d’intesa tra il Servizio Lavoro della Provincia e<br />

l’Azienda Sanitaria per l’effettuazione delle visite mediche relative alla tutela della<br />

salute dei minori in apprendistato e delle donne in stato di gravidanza.<br />

Qual è il ruolo del Comitato per quanto concerne il Piano operativo?<br />

Innanzitutto, il Comitato svolge un’attività di monitoraggio e di coordinamento<br />

dell’attuazione dei progetti del Piano.<br />

Si occupa inoltre della regia complessiva del sistema preposto alla salute e sicurezza<br />

sul lavoro, per assicurare l’uniformità, la sintonia e la sinergia di azione di<br />

ogni soggetto coinvolto, nell’ottica dell’approccio intersettoriale, ma nel rispetto<br />

delle competenze specifiche e dell’autonomia decisionale di ciascuno.<br />

A fianco dei progetti trasversali già descritti, il Comitato di coordinamento<br />

potrà sviluppare progetti monotematici riferiti a specifici comparti lavorativi.<br />

Ad esempio, in collaborazione con il Servizio minerario della Provincia ha recentemente<br />

elaborato un progetto per il settore del porfido.<br />

Concludo presentando il grafico che indica il trend 1998-2002 degli infortuni<br />

sul lavoro in provincia di Trento.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO I<br />

Fig. 7. Infortuni sul lavoro in provincia di Trento: trend 1998-2002.<br />

Il numero degli infortuni, in costante ascesa fino al 2001, mostra un visibile<br />

calo nel 2002 – anche se va sottolineato che quest’ultimo dato, tratto dal Rapporto<br />

Annuale dell’INAIL, è provvisorio. Se l’andamento positivo del trend<br />

verrà confermato, ci piace pensare che ciò sia dovuto almeno in parte al lavoro<br />

svolto dal Comitato.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

45


Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Informazione istituzionale,<br />

comunicazione pubblica<br />

e marketing sociale per la SSL<br />

2.1. Le iniziative di “Pubblicità Progresso” per la salute e la sicurezza<br />

negli ambienti di vita e di lavoro<br />

ROSELLA SOBRERO<br />

Vorrei fare un quadro di che cosa si intende per comunicazione sociale dal punto<br />

di vista di coloro che la realizzano, poi spiegare che cos’è Pubblicità Progresso<br />

e infine mostrare alcuni esempi di campagne di comunicazione sui temi della<br />

sicurezza. Sono stata particolarmente incuriosita dal fatto che in questo convegno<br />

si esamini anche il problema di come entrare in comunicazione con le realtà<br />

migranti in tema di sicurezza, di come trovare linguaggi e canali per parlare con<br />

questi pubblici, per noi molto particolari e nuovi.<br />

Che cos’è la comunicazione sociale? È una forma di comunicazione persuasiva.<br />

Una ventina d’anni fa noi comunicatori eravamo nell’occhio del ciclone per la<br />

questione della “persuasione occulta”. Si diceva che mandavamo messaggi con<br />

frame talmente veloci che i nostri occhi non riuscivano a vederli, ma il nostro<br />

cervello li registrava: le famose tecniche della “comunicazione subliminale”.<br />

Tuttavia, nonostante talvolta si siano usate o si usino tecniche non corrette come<br />

quelle della comunicazione subliminale, dobbiamo riconoscere che la comunicazione<br />

pubblicitaria deve essere persuasiva, cioè fatta per persuadere.<br />

Quello che ci sforziamo di dire è che abbiamo bisogno di comunicare sempre<br />

più in modo attento e consapevole. È una battaglia che personalmente conduco<br />

da alcuni anni e trovo che il cittadino sia veramente cambiato, si sia evoluto,<br />

abbia più strumenti, più voglia di sapere e che spesso siamo noi che non siamo<br />

in grado di rispondere in modo adeguato a quelle che sono le sue attese di comunicazione.<br />

Certo, ci sono ancora sacche dove scarseggiano gli stimoli culturali, però<br />

oggi il cittadino è sicuramente più attento e consapevole, anche grazie a un<br />

livello di scolarizzazione più alto, dunque non dobbiamo sottovalutare i nostri<br />

interlocutori.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

47


48<br />

CAPITOLO 2<br />

In tema di salute e di prevenzione le tecniche della comunicazione pubblicitaria<br />

sono state accettate solo in tempi recenti: dobbiamo aspettare il 1969, negli Stati<br />

Uniti, per vedere riconosciuto l’uso di questi strumenti per la sensibilizzazione<br />

del pubblico sui temi della salute.<br />

La storia della comunicazione sociale sulla salute ha quindi 30 anni. In Italia,<br />

a parte il caso di Pubblicità Progresso, per vedere le prime campagne di sensibilizzazione<br />

e d’informazione dobbiamo aspettare gli anni Novanta, quando<br />

è nato il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria presso il Consiglio dei<br />

Ministri. Oggi le attività di comunicazione sui temi della salute sono numerose<br />

e comunque inderogabili, anche perché è il cittadino, con la pressione esercitata<br />

dal basso, che costringe chi deve comunicare a farlo.<br />

Gli obiettivi che si pone la comunicazione sociale sono di due tipi: quello di<br />

informare e quello, più complesso, di modificare preconcetti e comportamenti<br />

a rischio. Se la comunicazione deve dire: “Esiste questo problema”, si tratta di<br />

una comunicazione relativamente semplice; ma, se devo fare una comunicazione<br />

mirata a modificare alcuni comportamenti, faccio molta più fatica e spesso<br />

non raggiungo gli obiettivi che mi sono prefissa – cosa che provoca una grande<br />

frustrazione in tutti, pubblicitari compresi: “Quello che ho fatto non serve a<br />

niente!”. Spesso non serve davvero perché non è scattato quel meccanismo molto<br />

complesso che porta ad un cambiamento di comportamento.<br />

Cosa può fare una campagna di comunicazione sociale? Innanzitutto può<br />

usare vari strumenti e vari mezzi finalizzati ad aumentare l’attenzione intorno<br />

al problema, eventualmente a smontare credenze o preconcetti errati, abbattere<br />

paure e timori, stimolare cambiamenti nei comportamenti. Ci sono state campagne<br />

molto valide da questo punto di vista.<br />

Oggi parliamo di prevenzione e di sicurezza sul luogo di lavoro. Credo che<br />

questo sia un tema dove si può arrivare a comunicare con relativa facilità perché<br />

il target è chiaro e il luogo dove raggiungerlo anche: una persona in un cantiere<br />

solitamente impara alcuni comportamenti sicuri, anche se gli costano un po’<br />

più di tempo e di fatica (è molto più difficile convincere una persona a smettere<br />

di fumare o di bere).<br />

Come è stato detto in uno degli interventi precedenti: “La comunicazione<br />

dev’essere un dialogo continuo: io posso anche fare un’ottima comunicazione,<br />

ma se non ho alcun feedback, non sono riuscita a raggiungere il mio obiettivo,<br />

che è quello di provocare un’azione”.<br />

Chi parla di prevenzione e di salute? Di solito le campagne, che non sono<br />

molte, promosse da aziende private – ce ne sono anche di scorrette – dal mio<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

punto di vista. Dico che deve essere chiaro chi è che comunica, perché un conto<br />

è che un certo messaggio me lo dia una casa farmaceutica e un conto è che me<br />

lo dia l’Assessorato alla <strong>Salute</strong> del mio Comune. Ci sono state peraltro delle<br />

campagne assolutamente corrette fatte anche da aziende: in America è famosa<br />

quella della Johnson&Johnson, di prevenzione e di educazione alla salute per i<br />

propri dipendenti.<br />

Sono cresciute le campagne realizzate da soggetti pubblici: Ministeri, Regioni,<br />

Province e Comuni. Chi comunica sui temi della salute con l’autorevolezza e<br />

la credibilità di un soggetto pubblico, risulta più efficace rispetto a una azienda<br />

privata. Mi sembra molto interessante che il Piano Sanitario Nazionale, nella<br />

parte dedicata alla comunicazione, riferendosi a campagne per la promozione di<br />

stili di vita sani, accenni alla collaborazione tra pubblico e privato, che in Italia<br />

è ancora poco praticata in questo campo.<br />

Il cittadino sta diventando finalmente il centro dell’interesse, il soggetto al<br />

quale uno pensa quando fa la comunicazione, mentre finora era vissuto solo<br />

come consumatore.<br />

Tutti noi siamo cittadini-consumatori (oltre ad essere professionisti perché<br />

esercitiamo un mestiere o un altro). Il problema è che ci parlano in un certo<br />

modo quando ci vogliono convincere a fare certi tipi di scelte di prodotto come<br />

consumatori, mentre quando ci devono convincere a fare qualche cosa come<br />

cittadini, ci parlano in un altro modo.<br />

Che strumenti ci sono per comunicare? Sono strumenti con cui noi, come<br />

utenti della pubblicità, tutti i giorni veniamo in contatto: attività stampa, campagne<br />

sui media, azioni di marketing diretto e di telemarketing, eventi, attività<br />

di formazione e di educazione (che non voglio certo equiparare a un’azione di<br />

marketing, ma che sono comunque un momento di comunicazione), oltre a<br />

tutto ciò che si può fare oggi grazie ad Internet.<br />

La comunicazione sui temi della salute e della prevenzione può essere classificata<br />

in tre grandi aree: la comunicazione giornalistica, quella pubblicitaria e<br />

quella educativa.<br />

È chiaro che la comunicazione giornalistica è quella che, in teoria, dovrebbe<br />

riportare più fedelmente e più correttamente le informazioni sui vari temi. Guardate<br />

quante trasmissioni televisive o radiofoniche ci sono: se pensate a quante ce<br />

n’erano 10 anni fa vi renderete conto che oggi, apparentemente, il tema viene<br />

affrontato molto più frequentemente.<br />

La comunicazione pubblicitaria è la più chiara, perché si sa chi è l’emittente,<br />

si sa che si tratta di uno spazio comperato da qualcuno per dire alcune cose.<br />

La comunicazione educativa è una comunicazione che parte dalla formazione,<br />

dall’educazione nelle scuole.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

49


50<br />

CAPITOLO 2<br />

Due parole su Pubblicità Progresso: è nata nel 1971, fondata dalle associazioni<br />

di chi si occupa di pubblicità in modo professionale (agenzie, media, utenti,<br />

ecc.), e si pone come obiettivo quello di ideare e realizzare campagne di pubblico<br />

interesse.<br />

Spesso Pubblicità Progresso viene considerata un ente pubblico, come fosse<br />

un dipartimento dell’Amministrazione statale. In realtà non è così: siamo noi<br />

che lavoriamo nel mondo della comunicazione che mettiamo gratuitamente a<br />

disposizione il nostro tempo per realizzare una campagna all’anno. Dopo 32<br />

anni di attività siamo diventati un’istituzione; questo va benissimo, però non va<br />

bene che veniamo confusi con un ente pubblico, perché non lo siamo.<br />

Pubblicità Progresso ha fatto più di 30 campagne, portando l’attenzione su<br />

alcuni temi e lasciando poi che altri li sviluppino.<br />

Per esempio, nel 1987 c’è stata la campagna di Pubblicità Progresso sull’AIDS,<br />

la prima volta in assoluto che si è parlato di AIDS in Europa attraverso la televisione.<br />

È uno spot che ha raggiunto lo scopo di cominciare a parlare di questo<br />

tema lasciando poi agli altri il compito di approfondirlo. Pubblicità Progresso<br />

spesso dà il proprio patrocinio anche a campagne attuate da altri soggetti, purché<br />

ovviamente siano coerenti con la sua missione.<br />

Fig. 8. Case history 1: Prevenire è vivere.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Fig. 9. Case history 2: Sul lavoro la sicurezza non è mai troppa.<br />

Fig. 10. Case history 3: Qualche secondo per la sicurezza.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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52<br />

CAPITOLO 2<br />

Fig. 11. Case history 4: Io scelgo la sicurezza.<br />

Fig. 12. Case history 5: Imparare sicuri.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Come si presenta oggi il panorama delle campagne di comunicazione sui temi<br />

della salute e della qualità della vita? C’è un’attenzione, secondo me preoccupante,<br />

a tutto ciò che è la bellezza del corpo; dico preoccupante perché mi sembra che<br />

si sottolinei molto meno l’importanza dello star bene dentro.<br />

Il tema della prevenzione dovrebbe diventare un po’ più strategico.<br />

Ecco ora una selezione di campagne che mi sembrano particolarmente interessanti<br />

(vedi figg. 8, 9, 10, 11, 12)<br />

Una bellissima campagna, tra l’altro molto simpatica, della Lega Tumori<br />

per l’abolizione del fumo all’interno dei luoghi di lavoro. È una campagna di<br />

prevenzione e fa capire che abbandonare l’abitudine del fumo è possibile: la<br />

Lega Tumori offre percorsi individuali e di gruppo, ma soprattutto servizi di<br />

prevenzione per i dipendenti, pap test, visite al seno…<br />

Poi una campagna della CGIL, “La sicurezza non è mai troppa”, che si<br />

sviluppava su due temi: quello dell’informazione e quello della formazione e<br />

poi una serie di iniziative dell’INAIL, con vari partner, tra i quali il Ministero<br />

dell’Istruzione, destinate alle scuole per coinvolgere i ragazzi e farli diventare<br />

portatori di concetti di sicurezza ai genitori. I bambini sono fortissimi opinion<br />

leader in famiglia: un bambino in casa è sicuramente ascoltato.<br />

Quindi una campagna molto interessante della Regione Piemonte, che sta<br />

attuando grandi opere, l’alta velocità, i lavori per le Olimpiadi invernali del 2006<br />

(tra l’altro, credo che tre quarti degli operai coinvolti saranno extracomunitari),<br />

la metropolitana di Torino... La Regione Piemonte, contestualmente all’avvio di<br />

queste opere, ha impostato questa campagna di sensibilizzazione nei confronti<br />

delle imprese e dei lavoratori.<br />

Per ultima, questa campagna di Cittadinanza Attiva per accelerare gli adeguamenti<br />

previsti dalla legge, perché le scuole dal punto di vista della sicurezza<br />

sono molto indietro.<br />

Infine alcune osservazioni sulle realtà migranti. Siamo passati dall’essere un<br />

Paese di emigrazione, fino a pochi anni fa, ad essere un Paese di immigrazione:<br />

oggi il 12% della popolazione attiva non è italiana. Ci sono oltre 200 mila imprese<br />

il cui titolare è un extracomunitario, e la metà sono donne, in particolare<br />

per certi mestieri e certi servizi: una realtà importante.<br />

Che cosa dobbiamo fare per comunicare con queste persone? Dobbiamo<br />

rispettare le posizioni delle diverse culture, elaborare una strategia di comunicazione<br />

che pensi a chi dobbiamo parlare.<br />

Dobbiamo farci aiutare da mediatori interculturali, perché un’agenzia di<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

53


54<br />

CAPITOLO 2<br />

Milano o di Bolzano o di Trento da sola non riesce ad elaborare il messaggio<br />

giusto per la comunità dei macedoni che lavorano nel settore del porfido, non<br />

può conoscerne le tradizioni, la storia, il linguaggio… una parola che per noi è<br />

positiva, per loro potrebbe essere negativa.<br />

Dobbiamo ricorrere ai mediatori e agli operatori interculturali perché ci<br />

aiutino a comunicare meglio. E poi oggi ci sono molti strumenti dedicati agli<br />

extracomunitari: cominciano ad esserci giornali etnici, spazi televisivi e telegiornali<br />

dedicati a loro; esistono dei siti Internet specializzati… sono tutte realtà da<br />

utilizzare per la comunicazione.<br />

2.2. La SSL sul web<br />

GIUSEPPE ZAGO<br />

Una premessa: non sono un esperto di comunicazione, ma un tecnico della<br />

sicurezza che nel lontano 1999 ha avuto l’idea di realizzare il sito Internet Sicurezzaonline.it<br />

– Il vortal della sicurezza sul lavoro. Siamo stati i primi in Italia<br />

come realtà sul web per quanto riguarda la SSL.<br />

Nel mio intervento prenderò in considerazione le modalità comunicative del<br />

web analizzando, nel dettaglio, quanto difficile possa essere la semplice lettura<br />

di una pagina Internet e le modalità con cui scriverla per riuscire a catturare il<br />

maggior numero di utenti.<br />

Parlerò anche di usabilità e accessibilità, che sono i parametri cardine per il<br />

successo di un sito. Poi esamineremo la diffusione e l’utilizzo di Internet in<br />

Italia e in Europa e come trovare nella rete informazioni utili sulla SSL facendo<br />

una panoramica sui principali siti Internet italiani e europei in materia di OSH<br />

(Occupational Safety and Health).<br />

Infine vedremo come è nato, come si è sviluppato e quali risultati ha raggiunto<br />

il nostro sito Sicurezzaonline.it.<br />

Come afferma Jakob Nielsen, il guru della cosiddetta web usability, la lettura<br />

di una pagina web è sicuramente più lenta della lettura di una pagina di giornale;<br />

vuoi per la risoluzione del monitor, vuoi per la tipologia dei caratteri, ci si stanca<br />

molto prima a leggere un documento su Internet che su carta.<br />

Cosa fa un utente quando legge una pagina Internet? La scorre innanzitutto<br />

rapidamente perché cerca le informazioni che gli interessano ma anche per motivi<br />

di carattere economico in quanto più a lungo si sta collegati a Internet più<br />

si spende; anche se oggi si vanno sempre più diffondendo le connessioni “flat”<br />

ADSL (per cui si paga un importo fisso e si può rimanere collegati anche 24<br />

ore al giorno), molti sono ancora connessi con il tradizionale modem a 56 k e<br />

pagano la tariffa a consumo. E poi l’utente ha una forte propensione a cliccare<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

sugli ipertesti, a navigare, a vedere altri siti, a informarsi sempre più, con una<br />

cadenza incalzante.<br />

Per avere un sito web di successo (e questa è una regola che vale per tutti)<br />

bisogna capire bene qual’è il target al quale dovrebbe indirizzarsi il sito stesso.<br />

Per quanto riguarda la SSL il target di utenti è il più vario: datori di lavoro,<br />

lavoratori, medici competenti, operatori della sicurezza (RSPP, RLS, coordinatori<br />

della sicurezza, consulenti, organi di vigilanza, ecc.). Riuscire a catturare<br />

un’utenza così variegata richiede molta fatica perché scrivere una pagina web<br />

che risulti interessante e accattivante per un ventaglio di utenti così diversificato<br />

non è cosa semplice.<br />

Nielsen afferma che il web, a differenza di quello che si tende a pensare, non<br />

è tutta grafica; è, invece – e questo lo abbiamo constatato nel nostro portale<br />

– il regno incontrastato della concretezza e della concisione. Se si fanno giri di<br />

parole o si cerca di abbellirlo con una grafica che lo appesantisce, sicuramente<br />

il sito Internet non sarà un sito di successo.<br />

Sicurezzaonline.it è estremamente spartano, abbiamo puntato sempre e solamente<br />

su contenuti di elevato livello e questo, nel tempo, ci ha dato ragione.<br />

La modalità di scrivere per il web è quella della cosiddetta “piramide invertita”,<br />

cioè va dato subito un titolo di impatto, che sottolinea la cosa importante, perché<br />

il lettore scorre le pagine molto velocemente e deve essere catturato subito.<br />

È un aspetto decisamente rilevante: se non riesco a catturare l’utente nei primi<br />

trenta secondi, rischio di perderlo definitivamente perché tenderà a considerare<br />

il mio sito come poco interessante. Quindi c’è da fare un lavoro molto attento<br />

di confezione delle singole pagine web. Questi sono i parametri che si devono<br />

sostanzialmente seguire: un titolo che deve essere d’impatto, un breve riassunto<br />

e articoli non troppo lunghi per garantire una buona usabilità del sito.<br />

Ma cosa si intende per usabilità? Sostanzialmente è una buona e interessante<br />

organizzazione dei contenuti e della navigazione. Se l’organizzazione dei contenuti<br />

è stucchevole, non è concisa, non è concreta, con l’andare del tempo gli<br />

utenti si disaffezionano al sito.<br />

Quali sono le regole essenziali per avere una buona usabilità? Sono sostanzialmente<br />

le seguenti sei:<br />

1. ricchezza di link: la potenza informativa del web sta proprio nel poter<br />

arricchire il singolo articolo, la singola notizia di link, cioè di collegamenti<br />

ipertestuali con altre pagine o altri siti di approfondimento;<br />

2. la pagina deve essere anche divertente alla lettura, con un linguaggio agevole<br />

e frizzante;<br />

3. le icone che si utilizzano devono essere già utilizzate e note agli internauti,<br />

altrimenti possono essere fraintese;<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

55


56<br />

CAPITOLO 2<br />

4. attenzione alla coerenza, all’interno del sito, nell’impiego dei caratteri, dei<br />

colori, delle immagini e degli effetti. L’utente di un sito deve trovarvi sempre le<br />

stesse tipologie grafiche, cosicché, ad esempio, quando clicca su un certo tipo<br />

di bottone sa che l’effetto è sempre l’apertura di una determinata pagina;<br />

5. un sito Internet viene reso ancor più interessante con l’utilizzo di comunità<br />

virtuali quali i forum;<br />

6. la velocità di caricamento della singola pagina è, inoltre, fattore determinante.<br />

Altrettanto importante è la cosiddetta accessibilità. Bisogna tener conto che<br />

il web ha una platea sterminata della quale fanno parte anche persone con vari<br />

gradi di disabilità e i siti Internet devono avere un buon grado di accessibilità<br />

per tutti i possibili utenti. Ci sono vari livelli di accessibilità di un sito che -<br />

secondo quanto evidenziato nelle linee guida WAI (Web Accessibility Initiative)<br />

– vanno dal grado “A” (il grado più basso, che garantisce un’accessibilità minima)<br />

al grado “tripla A”. Tenete conto che negli USA lo “standard 508” ha imposto<br />

come obbligatorio il requisito dell’accessibilità a tutti i siti della pubblica amministrazione,<br />

imponendolo quindi, indirettamente, anche alle società che alla<br />

pubblica amministrazione forniscono servizi.<br />

Da questo punto di vista la nostra pubblica amministrazione è piuttosto<br />

carente: per esempio, da un nostro monitoraggio dei siti Internet relativi alla<br />

SSL, risulta che solo il Ministero del Lavoro del Welfare e delle Politiche Sociali<br />

attualmente ha un grado “doppia A”.<br />

Quanti sono gli utenti Internet in Italia? Attualmente il panorama degli<br />

internauti del nostro paese è rappresentato per due terzi da analfabeti infor-<br />

Fig. 13. Utenti internet in Italia 1997-2003 (numeri in migliaia).<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

matici contro la media di un terzo negli altri Paesi europei. Comunque il 70%<br />

delle imprese oggi sono collegate a Internet e nei primi tre mesi del 2003 è<br />

cresciuta di molto (quasi il 60%) la connessione a banda larga e quindi sta<br />

migliorando la velocità dell’informazione (sono dati presi da un numero de Il<br />

Sole 24 Ore del novembre 2003). Secondo uno studio Eurisko oggi in Italia si<br />

va dagli 8 ai 13 milioni di utenti Internet di cui circa 1 milione sono gli accessi<br />

temporanei presso corsi di formazione, biblioteche o quant’altro. Quelli che<br />

si collegano una volta alla settimana sono circa 8 milioni.<br />

Chi usa Internet nel nostro Paese? Diciamo che è aumentata molto la navigazione<br />

da parte dell’utente italiano, quindi il web non è più uno strumento<br />

elitario per approfondire informazioni anche specialistiche, ma sta diventando<br />

sempre più uno strumento che utilizzano tutti.<br />

Ci sono state delle flessioni in questi ultimi anni, le abbiamo verificate anche<br />

noi personalmente dal punto di vista dell’andamento degli accessi al nostro<br />

portale, ma sono oscillazioni di carattere episodico o stagionale.<br />

Come siamo messi rispetto al resto dell’Europa? Non malissimo: da un<br />

rapporto dell’Europe Information Technology Observatory risulta che sopravanziamo<br />

come numero di utenti Internet per 100 abitanti Paesi come la<br />

Francia e la Spagna. La parte del leone la fanno comunque i Paesi del Nord;<br />

gli utenti di Svezia, Finlandia e Danimarca sono quelli che utilizzano di più<br />

Internet in Europa.<br />

A quanti utenti si potrà arrivare? Sempre Eurisko ha fatto una stima in<br />

proiezione: la soglia di saturazione dovrebbe essere attorno ai 23 milioni di<br />

Fig. 14. Utenti internet per 100 abitanti in dodici paesi (situazione 2002).<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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58<br />

CAPITOLO 2<br />

utenti italiani. Quindi attualmente siamo al 47% della potenziale penetrazione<br />

(per utente si intende una persona che si è collegata almeno una volta negli<br />

ultimi tre mesi). Fino alla fine del 1999 si è verificata una preminenza dell’accesso<br />

Internet da scuole e luoghi di lavoro; da inizio 2000 c’è stato, invece,<br />

il sorpasso dei collegamenti ad Internet da casa con un ritmo più vistoso di<br />

quello registrato nell’ambito lavorativo e scolastico.<br />

Ma c’è una chiosa da fare: fra le persone che si collegano spesso è più frequente<br />

l’utilizzo di Internet dal luogo di lavoro, ossia le persone che si collegano<br />

dal luogo di lavoro sono gli utenti più fidelizzati nell’utilizzo del mezzo. La<br />

cosa un po’ sconcertante è che non ci sia stato un trend di crescita rilevante<br />

per quanto riguarda gli ambienti scolastici.<br />

Prendiamo poi in considerazione gli utenti Internet per tipo di attività svolta.<br />

Quali sono i dati più interessanti? Vi è una forte percentuale di utilizzo di Internet<br />

da parte di impiegati e insegnanti e da parte di studenti, a fronte di una<br />

percentuale forse un po’ troppo limitata di dirigenti che utilizzano il web.<br />

Come si fanno a trovare nella rete le informazioni che ci interessano? Vi<br />

assicuro che nell’Internet italiano c’è una vera e propria miniera di informazioni<br />

sulla SSL. Il problema di fondo è che è difficile accedervi, perché sono<br />

richieste delle buone capacità di navigazione.<br />

Quali sono gli strumenti per cercare le informazioni sul web? Innanzitutto<br />

i motori di ricerca come Google, Virgilio, Yahoo e Altavista… Questi sono<br />

i mezzi utilizzati dal 90% degli utenti di Internet, ma non sono i soli, ce ne<br />

sono altri. Per esempio l’accesso ai siti istituzioni principali e l’utilizzo della<br />

loro sezione link che spesso non è ricchissima, però aiuta a scendere dentro<br />

Fig. 15. Percentuali degli utenti internet per tipo di attività.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Internet, il vero Internet, che non è quello di superficie che scandagliano<br />

normalmente i motori di ricerca. Inoltre ci sono anche pubblicazioni cartacee<br />

che sempre più spesso oltre alla bibliografia riportano anche la “linkografia”,<br />

cioè un elenco ragionato di siti Internet.<br />

Ad esempio l’USL di Modena, in occasione del “Salone Ambiente Lavoro”<br />

e della “Convention”, produce una serie di pubblicazioni estremamente ricche<br />

di contenuti, ricchissime nella bibliografia e anche nella linkografia, molto<br />

utili per andare a catturare in Internet documenti interessanti.<br />

Il grosso di Internet sta comunque nel deep web o invisibile web, che pochi<br />

riescono a penetrare, per motivi anche di carattere tecnico. La stragrande maggioranza<br />

di informazioni su Internet è immagazzinata in database; gli spider dei<br />

motori di ricerca, ovvero i programmi che esplorano la rete più volte al giorno<br />

alla ricerca estenuante di informazioni che contano, non entrano, allo stato<br />

attuale, nei database che quindi non vengono scandagliati. Questo comporta<br />

una perdita di informazioni che sono stimate essere 500 volte superiori alle<br />

informazioni che l’utente normale trova attraverso i motori di ricerca o altri<br />

strumenti. Possiamo dunque dire che Internet è oggi la più grande risorsa<br />

informativa, ma rimane ancora tutta da esplorare.<br />

Riprendendo il discorso sui siti Internet italiani inerenti la SSL abbiamo<br />

fatto questa categorizzazione: siti istituzionali principali, siti istituzionali secondari,<br />

siti delle associazioni sindacali, siti di associazioni varie, siti di enti<br />

normativi, siti privati.<br />

Nei siti istituzionali principali abbiamo incluso, ad esempio, quello del<br />

Ministero del Welfare e delle Politiche Sociali (www.welfare.gov.it), quello<br />

dell’IIMS, Istituto Italiano di Medicina del Lavoro – Istituto Italiano di<br />

Medicina Sociale (www.iims.it), quello dell’ISPESL, Istituto Superiore per la<br />

Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (www.ispesl.it), quello dell’INAIL, Istituto<br />

Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (www.inail.<br />

it), quello dell’ISS, Istituto Superiore Sanità – Sostanze e preparati pericolosi<br />

(www.spp.iss.it) e quello dei Vigili del Fuoco (www.vigilfuoco.it). Cosa c’è da<br />

dire di questi siti? Alcuni sono ricchissimi di contenuti, altri lo sono un po’<br />

meno, ma quasi tutti, secondo noi, mancano di una interattività con l’utente,<br />

cioè l’utente li legge, si scarica la documentazione, però non ha un feedback<br />

dal sito stesso. Purtroppo, infatti, tutti questi siti, tranne quello dell’ISPESL,<br />

non usano, ad esempio, lo strumento del forum, che invece è di una potenza<br />

informativa incredibile. Il forum dell’ISPESL è un forum ben articolato, ma<br />

allo stato attuale è poco trafficato e questo è deleterio per lo svilupparsi di<br />

argomenti in discussione articolati.<br />

I siti istituzionali secondari (il termine è molto riduttivo perché in realtà<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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60<br />

CAPITOLO 2<br />

questi siti non sono affatto secondari) molte volte contengono delle straordinarie<br />

raccolte di documenti:<br />

Sicuri di essere Sicuri (www.regione.piemonte.it/sanita/sicuri) e DORS-Documentazione<br />

Regionale <strong>Salute</strong> (www.dors.it) sono due siti della Regione Piemonte,<br />

magari non noti ai più, ma che hanno una miniera di informazioni.<br />

Prevenzionecantieri (www.prevenzionecantieri.it) e Safetynet (www.safetynet.<br />

it) sono altri due siti molto interessanti della Regione Veneto.<br />

Vi sono anche PrevenzioNet (www.prevenzio.net) dell’USL di Modena e<br />

Centro di Documentazione per la salute (www.regione.emilia-romagna.it/agenziasan)<br />

della Regione Emilia Romagna.<br />

Gli atenei di Padova, Udine e Pavia hanno servizi di prevenzione e protezione<br />

che hanno messo on line documenti estremamente ricchi (www.unipd.<br />

it/ammi/spp; http://safe.uniud.it/; www.unipv.it/safety/welcome.html).<br />

Oltre alle grandi istituzioni dell’istruzione, ci sono poi anche le piccole<br />

realtà, i piccoli istituti scolastici che mettono on line i propri documenti, le<br />

valutazioni dei rischi, le proprie attività formative: insomma, c’è un mondo<br />

enorme da scoprire e da navigare.<br />

Riguardo ai siti delle associazioni sindacali, segnalo in particolare Diario per<br />

la prevenzione, della CGIL dell’Emilia Romagna (www.diario-prevenzione.it),<br />

un sito molto ben articolato, con aggiornamenti quotidiani e con un forum<br />

abbastanza frequentato, ma al quale si accede previa iscrizione e la sezione 626<br />

del sito della CISL (www.626.cisl.it) con numerosa documentazione.<br />

Fra i siti di associazioni varie, ricordo quello dell’AIAS, Associazione Italiana<br />

fra Addetti alla Sicurezza (www.aias-sicurezza.it) e quello dell’Associazione Ambiente<br />

e Lavoro (www.amblav.it). Molto interessante e poco conosciuto quello<br />

della Fondazione Salvatore Maugeri (www.fsm.it), ricco di documentazione<br />

in formato PDF e che contiene anche il Giornale Italiano della Medicina del<br />

Lavoro ed Ergonomia, con articoli estremamente interessanti dai quali abbiamo<br />

tratto parecchie nostre news. Il sito www.ospedalesicuro.org (Progetto Indaco<br />

– CIIP, Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione), monotematico, si<br />

occupa di strutture sanitarie ed è ricco di contenuti e qualità. Ricordo anche il<br />

sito della Associazione Sicurezza Lavoro (www.sicurlav.it) e quello della SNOP,<br />

Società Nazionale Operatori della Prevenzione (www.snop.it).<br />

Fra i siti degli enti normativi segnalo quello del CEI, Comitato Elettrotecnico<br />

Italiano (www.ceiuni.it) e quello dell’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione<br />

(www.uni.com). Il sito del CEI ha una interessante sezione dedicata alle<br />

FAQ (Frequently Asked Questions) ed è suddiviso per argomenti, evitando la<br />

pecca di molti siti che non suddividono l’informazione con questo sistema.<br />

Tra i siti privati: Sicurezzaonline (www.sicurezzaonline.it), portale verticale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, MedicoCompetente (www.medicompetente.it),<br />

il portale del Medico del Lavoro, Puntosicuro (www.puntosicuro.it),<br />

quotidiano sulla sicurezza di ambiente, beni, dati e persone, Sicurweb (www.<br />

sicurweb.it), portale sulla sicurezza e sul risparmio energetico; queste sono le<br />

realtà più note e più anziane nel web italiano, ma ce ne sono anche altre.<br />

Per quanto riguarda i siti europei eccone uno stringato elenco: European<br />

Agency for Safety and Health at Work (www.agency.osha.eu.int/index_it.htm);<br />

European Commission – Enterprise - PolicyArea - Industry sector (www.europa.<br />

eu.int/comm/enterprise/policy_en.htm).<br />

Quest’ultima area della Commissione Europea è poco conosciuta, ma nel<br />

sito si trovano molti riferimenti relativi alle direttive cardine sulla sicurezza:<br />

la direttiva prodotti da costruzione, la direttiva Atex, la direttiva dispositivi<br />

medici, tutte rubricate con tantissimi documenti di approfondimento; Cordis<br />

– Community Research and Development Information Services (www.cordis.<br />

lu/it/home.html), l’ente normativo europeo, che ha circa 300 documenti<br />

sull’occupation self fitting, molto interessante; CEN – Europen Committee for<br />

Standardization (www.cenorm.be); HSE – Helth & Safety Executive (www.<br />

hse.gov.uk).<br />

Passiamo ora alla presentazione di Sicurezzaonline.it – Il vortal della sicurezza<br />

sul lavoro (www.sicurezzaonline.it). “Vortal” è una parola composta dalle parole<br />

inglesi vertical e portal (ovvero portale verticale), che nella terminologia del<br />

web significa contenitore specialistico che riporta tutte le informazioni relative<br />

alla SSL. Siamo on line ormai da quattro anni e rappresentiamo, perciò, la<br />

realtà Internet italiana più anziana del settore.<br />

Oltre ad aver puntato molto sulla semplicità nel reperimento delle informazioni,<br />

all’interno del portale facciamo aggiornamenti quotidiani sulle norme<br />

tecniche e la legislazione.<br />

Tutti i principali testi di legge presenti in Legislazione sono integrati con le<br />

modifiche intervenute negli anni e sono completamente free, cioè chiunque<br />

può scaricare gratuitamente questi documenti; questo favorisce moltissimo la<br />

diffusione della cultura della sicurezza.<br />

Abbiamo poi, nella sezione In primo piano, una raccolta molto ricca di linee<br />

guida, anche queste completamente free.<br />

Il sabato pubblichiamo, inoltre, tutti gli aggiornamenti sulla SSL a livello<br />

europeo; le notizie sono normalmente bilingui, in italiano e in inglese, in<br />

formato PDF.<br />

Infine, il nostro punto di forza: il forum, a cui abbiamo sempre creduto e<br />

continuiamo a credere. Vi invito a visitarlo e a leggere con attenzione le domande<br />

e le risposte che nel corso degli anni gli utenti del forum hanno inserito<br />

e vedrete quanto alto sia, grazie anche ad una moderazione forte e costante<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

61


62<br />

CAPITOLO 2<br />

Fig. 16. Statistiche degli accessi al sito www.sicurezzaonline.it.<br />

effettuata quotidianamente nella community, il livello tecnico/legislativo raggiunto<br />

nelle decine di migliaia di interventi.<br />

Le statistiche di accesso al nostro sito (i dati sono aggiornati ad ottobre<br />

2003) dicono che la crescita è quasi esponenziale; in particolare ad ottobre<br />

2003 abbiamo avuto quasi 70 mila visitatori (ovvero aziende pubbliche e<br />

private e operatori della sicurezza in genere che hanno visitato, appunto, il<br />

nostro portale), 215 mila sono state le pagine consultate e abbiamo superato<br />

per la prima volta il milione di contatti sul sito. Sono numeri molto alti,<br />

assimilabili se non addirittura, in molti casi, superiori a quelli di importanti<br />

siti istituzionali.<br />

Nelle aziende spesso, purtroppo, le esigenze economiche mal si conciliano<br />

con una profonda attenzione al benessere dei lavoratori. Lo stimolo al<br />

cambiamento culturale e comportamentale, alla ricerca e all’applicazione dei<br />

nuovi modelli di organizzazione del lavoro che promuovono l’assunzione di<br />

responsabilità per la tutela della propria sicurezza e di quella altrui, dovrà venire<br />

nei prossimi anni sempre più attraverso possibili sinergie tra pubblico e<br />

privato nell’impiego del più potente e innovativo mezzo di informazione che<br />

abbia mai inventato l’uomo: Internet.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

2.3. Le iniziative di Rai educational per la salute e la sicurezza negli<br />

ambienti di vita e di lavoro<br />

CIPRIANO CAVALIERE<br />

La televisione educativa di un servizio pubblico come la Rai deve avere oggi<br />

un doppio carattere: formativo/informativo. Deve essere cioè capace di offrire<br />

un quadro di riferimento complessivo, mantenendo una linea di coerenza con<br />

le tendenze e i trend di sviluppo della società; deve facilitare la socializzazione,<br />

aiutare l’adeguamento ai diversi modelli di valori (senso civico, rispetto, solidarietà,<br />

giustizia), agendo da autentica “bussola” di orientamento all’interno<br />

di quel complicato quadro della nuova civiltà, di cui non conosciamo ancora<br />

contorni e definizione.<br />

Una televisione così concepita può fare da coscienza critica della società, contribuendo<br />

a stimolare il rinnovamento e il cambiamento, aprendo il dibattito<br />

sui nuovi modelli di organizzazione della vita collettiva proposti sulla spinta del<br />

progresso tecnico-scientifico. Occorre perciò un nuovo modo di comunicare e<br />

produrre cultura.<br />

In questa ottica abbiamo realizzato “Mister Help, la tua guida per vivere sicuri”,<br />

un corso di informazione-formazione in dieci lezioni, finalizzate allo sviluppo<br />

di una cultura della sicurezza e della prevenzione, prodotto in convenzione con<br />

l’ISPESL (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro).<br />

Gli studenti delle elementari, delle medie, delle superiori e i loro insegnanti<br />

sono i protagonisti del programma e rappresentano il nostro target di riferimento.<br />

Il corso di formazione in dieci puntate (otto per gli studenti della scuola<br />

dell’obbligo, due per gli insegnanti) affronta cinque aree tematiche: la casa e gli<br />

incidenti domestici, la salute e la corretta alimentazione, la strada e l’ambiente<br />

rispettivamente per quanto riguarda l’educazione stradale e ambientale e infine<br />

la scuola per una maggiore sicurezza nelle aule scolastiche.<br />

Il corso di formazione è andato in onda sia sul satellite sia sulla rete generalista.<br />

Le due versioni satellitare e generalista si differenziano nella durata, quella<br />

di RaiLab 2 è di circa 45' mentre su Rai Tre di circa 30'. La versione satellitare,<br />

più lunga, presenta ulteriori spunti di approfondimento con gli esperti, nonché<br />

informazioni e suggerimenti per gli insegnanti. RaiLab1 e RaiLab2 sono i canali<br />

satellitari di Rai Educational in chiaro (cioè non a pagamento) per la formazione<br />

e l’aggiornamento professionale.<br />

Mister Help è anche un sito internet. Pensato a misura di ragazzo, offre varie<br />

proposte interattive di carattere ludico.<br />

Parlare di cultura della sicurezza e della prevenzione mette un po’ di soggezione,<br />

un po’ di timore agli adulti, immaginate ai bambini e ai ragazzi. Perciò a mano<br />

a mano che studiavamo come affrontare un tema così difficile e poco fruibile<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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64<br />

CAPITOLO 2<br />

per l’età e la struttura mentale dei piccoli, ci siamo resi conto della gravità del<br />

fenomeno attraverso le cifre snocciolate dagli esperti dell’ISPESL: nell’ultimo<br />

anno 3.672.000 incidenti domestici, la maggior parte dei quali riguarda i bambini<br />

da 0 a 14 anni; 6500 morti e 300. 000 feriti negli incidenti stradali; 1452<br />

morti sul lavoro; il 36% dei ragazzi tra i 6 ed i 15 anni obesi od in soprappeso;<br />

7134 incendi con 76.427 ettari di bosco bruciati.<br />

Come denunciare, come parlare ai bambini ed ai ragazzi, nostro target di<br />

riferimento, della gravità di questo fenomeno? E soprattutto, come inculcare<br />

in loro una cultura della prevenzione, che è cultura della responsabilità verso se<br />

stessi e verso gli altri? Come “somministrare” questi valori?<br />

Abbiamo pensato con il disegnatore Gianni Peg e gli autori, di catturare l’attenzione<br />

dei ragazzi creando un personaggio virtuale, Mister Help, una specie di<br />

protettore, di angelo custode dei ragazzi e delle loro famiglie, che nel momento<br />

del pericolo, li avverte, li riprende, li corregge attraverso i comportamenti prima<br />

scorretti dei pestiferi nipotini Pif e Paf e successivamente corretti (la rubrica<br />

infatti si chiama “Le scenette di Pif e Paf: come non si fa, come si fa”.<br />

Abbiamo usato codici comunicativi familiari ai ragazzi: cartoni animati,<br />

videogiochi, disegni e rubriche mirate, con tecniche espressive ludiche, sia sperimentate<br />

che innovative, adatte a catturare l’attenzione e la fantasia dei bambini,<br />

ma anche dei loro insegnanti.<br />

Abbiamo inventato altre due rubriche, “L’altra pubblicità”, una speciale pubblicità<br />

per farci vivere meglio e “I grandi visti dai piccoli”. Per quest’ultima rubrica<br />

siamo partiti dall’idea che non basta proibire, vietare, intimare continuamente:<br />

”Non si fa”, ”non toccare”, ecc., ma occorre dare l’esempio. Sono gli stessi genitori<br />

o gli insegnanti con i loro comportamenti corretti (mettere la cintura di<br />

sicurezza quando si sale in macchina, mettere il casco, non fumare a casa o in<br />

macchina, ecc.) ad insegnare ai figli come ci si comporta e come la gestione del<br />

pericolo deve essere occasione di crescita e non fonte di ansia incontrollata. Con<br />

la rubrica “I grandi visti dai piccoli” si capisce come i nostri figli ci guardano, ci<br />

scrutano, ci imitano e ci criticano. Una lezione da non dimenticare.<br />

Comunque ognuno deve fare la sua parte: la famiglia con l’esempio dei genitori,<br />

la scuola con l’insegnamento dei docenti, l’ISPESL con i suoi esperti e le<br />

sue strutture operative, il servizio pubblico televisivo con trasmissioni mirate e<br />

di qualità. Queste agenzie di produzione di senso devono contribuire, integrandosi,<br />

a educare sin da piccoli i futuri cittadini, a comunicare loro quei valori,<br />

quelle regole, quegli insegnamenti che da grandi li renderanno uomini civili,<br />

buoni cittadini. Un Paese civile non può permettersi di trascurare la sicurezza<br />

dei propri cittadini. Abbiamo aperto una finestra su una realtà troppo spesso<br />

trascurata, convinti che l’impegno e le risorse da dedicare alla prevenzione e<br />

alla sicurezza non siano mai abbastanza, se possono rivelarsi utili a ridurre quei<br />

tragici numeri che abbiamo elencato sopra.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

2.4. I linguaggi simbolici e la segnaletica per la sicurezza<br />

VIRGINIO GALIMBERTI<br />

Con pieno merito, fra le innumerevoli possibilità di comunicare, si inserisce la<br />

segnaletica di sicurezza. La funzione della segnaletica di sicurezza è di contribuire<br />

a salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori tramite una comunicazione<br />

rapida e precisa, anche in tempo reale.<br />

Attraverso l’impiego di colori e/o di forme geometriche contenenti specifici<br />

simboli o pittogrammi e combinate con gli stessi colori, la segnaletica di sicurezza<br />

riesce a rendere universali i messaggi che intende trasmettere superando, nello<br />

stesso tempo e in modo egregio, tutti quegli ostacoli costituiti dalla diversità<br />

di comprensione dovuta alle diverse lingue parlate in questo mondo che si sta<br />

sempre più integrando. Le lingue diverse utilizzate nella stessa Unione Europea<br />

e la continua crescita, nel mondo del lavoro, della presenza di extracomunitari<br />

rende sempre più difficile la comunicazione tra le maestranze. Dal punto di vista<br />

della comunicazione al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, se<br />

si riesce a realizzare una idonea e corretta segnaletica di sicurezza, questo tipo<br />

di problema potrebbe considerarsi in buona parte risolto.<br />

È necessario evitare di ricorrere a messaggi contenenti dei testi, qualsiasi sia<br />

la lingua impiegata, facendo esclusivamente uso di simboli o pittogrammi. Lo<br />

scopo che ci si prefigge è quello che la comprensione del messaggio affidato alla<br />

segnaletica di sicurezza sia immediata e univoca per chiunque, qualunque sia<br />

Fig. 17. Gli elementi della segnaletica di sicurezza.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

65


66<br />

CAPITOLO 2<br />

il livello culturale.<br />

Purtroppo la realtà quotidiana è ancora molto lontana da questi obiettivi. La<br />

tendenza di fabbricanti e utilizzatori di segnaletica di sicurezza è ancora quella<br />

di integrare comunque il messaggio iconico esplicitandolo con testi di diverso<br />

tipo e qualità anche quando potrebbe non essere necessario. È inutile e, a volte,<br />

controproducente aggiungere la scritta “vietato fumare” ad un cartello il cui<br />

pittogramma indica inequivocabilmente che in quella zona vige il divieto di<br />

fumo (sigaretta barrata).<br />

Questa tesi è rafforzata dall’episodio significativo accaduto qualche tempo<br />

fa in uno stabilimento chimico italiano. Al fine di migliorare l’informazione e<br />

la comunicazione è stato deciso di contrassegnare un impianto di produzione<br />

che nulla aveva a che fare con agenti cancerogeni con cartelli che indicavano,<br />

in lingua italiana, l’assenza di agenti R 49. La delegazione straniera, incaricata<br />

di svolgere alcuni lavori su detto impianto, non conoscendo la lingua italiana,<br />

si è rifiutata di accedere nell’area di lavoro senza adeguati sistemi di protezione<br />

specifici per gli agenti cancerogeni. Potevano decodificare solamente la sigla (frase<br />

di rischio) R 49, che in tutte le lingue indica quel tipo di pericolosità imputabile<br />

alla presenza di agenti pericolosi.<br />

Con la definizione di segnaletica di sicurezza si intende, quindi, un sistema<br />

di comunicazione con il quale è possibile inviare determinati tipi di messaggi<br />

finalizzati a sollecitare l’attuazione di specifici comportamenti.<br />

Per la percezione di situazioni di pericolo, l’essere umano è in grado di sfruttare<br />

tutti e cinque i propri sensi. Infatti oltre alla vista e all’udito, anche l’olfatto, il<br />

gusto e il tatto possono percepire situazioni anomale.<br />

L’introduzione involontaria di sostanze pericolose nel cavo orale viene immediatamente<br />

segnalata dal senso del gusto che provoca la reazione di rifiuto<br />

all’ingestione.<br />

Scopi della segnaletica di sicurezza:<br />

– avvertire di un rischio o pericolo (segnali di avvertimento o pericolo);<br />

– vietare comportamenti che potrebbero causare pericolo (segnali di divieto);<br />

– prescrivere determinati comportamenti necessari ai fini della sicurezza<br />

(segnali di prescrizione o obbligo);<br />

– fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o<br />

di salvataggio (segnali di salvataggio o soccorso);<br />

– indicare l’ubicazione delle attrezzature antincendio (segnali per l’ubicazione<br />

dei materiali antincendio);<br />

– fornire altre indicazioni in materia di prevenzione (segnali di informazione).<br />

Ai fini della percezione di messaggi inviati attraverso la segnaletica di sicurezza<br />

vista e udito sono gli unici due sensi che possono indurre all’attuazione di<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

misure preventive per evitare i possibili pericoli, mentre gli altri tre svolgono il<br />

ruolo di segnalatori di emergenza immediata avendo la caratteristica di rilevare<br />

l’effettiva presenza del pericolo. Per questo motivo la segnaletica di sicurezza<br />

risulta efficace solamente sotto forma visiva e sonora.<br />

I campi di applicazione della segnaletica per scopi di sicurezza sono innumerevoli.<br />

Basti pensare alla etichettatura di sostanze e prodotti pericolosi, alle norme<br />

per la segnalazione del trasporto di materie pericolose, alla contrassegnatura delle<br />

tubazioni contenenti fluidi pericolosi, al sistema gestuale per la segnalazione dei<br />

movimenti delle gru, alla segnaletica stradale, ferroviaria, ecc.<br />

Per essere efficace, la segnaletica di sicurezza deve essere di facile e rapida comprensione<br />

senza creare equivoci interpretativi. Per questo scopo, essa impiega,<br />

come già accennato, diverse forme di comunicazione che devono essere adatte a<br />

tutte le tipologie di lavoratori, indipendentemente dalle differenze linguistiche<br />

o culturali.<br />

Come per qualsiasi sistema destinato a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori<br />

(vedi anche il Titolo IV del Decreto Legislativo 626/94 relativo all’impiego<br />

Fig. 18. Gli scopi della segnaletica di sicurezza.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

67


68<br />

CAPITOLO 2<br />

dei dispositivi di protezione individuale), anche la segnaletica di sicurezza deve<br />

essere impiegata solamente nel caso in cui i rischi non possono essere evitati o<br />

sufficientemente limitati con mezzi tecnici di protezione collettiva o con misure,<br />

metodi o procedimenti di organizzazione del lavoro.<br />

I diversi sistemi di segnaletica si identificano in:<br />

– cartelli;<br />

– colori;<br />

– segnali luminosi;<br />

– comunicazioni verbali;<br />

– segnali gestuali;<br />

– combinazioni degli stessi.<br />

Forme e colori<br />

Ad ogni forma e ad ogni colore sono stati assegnati significati specifici in modo<br />

da rendere più veloce il recepimento del messaggio. Il messaggio si concretizza<br />

con la combinazione di forma geometrica e colori, con l’eventuale aggiunta di<br />

una scritta supplementare (solo se indispensabile).<br />

Segnali di avvertimento: forma triangolare; fondo giallo con bordo nero;<br />

pittogramma o simbolo nero.<br />

Fig. 19. Forme e colori della segnaletica di sicurezza.<br />

COLORI<br />

FORME<br />

ROSSO DIVIETO<br />

GIALLO<br />

VERDE<br />

AZZURRO PRESCRIZIONE<br />

ATTENZIONE<br />

AVVISO DI<br />

PERICOLO<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

materiale<br />

ANTINCENDIO<br />

situazione di<br />

SICUREZZA<br />

dispositivo di<br />

SOCCORSO


CAPITOLO 2<br />

Segnali di divieto: forma rotonda; fondo bianco con bordo e barra trasversale<br />

rossi; pittogramma o simbolo nero.<br />

Segnali di prescrizione: orma rotonda; fondo azzurro; pittogramma o simbolo<br />

bianco.<br />

Segnali di salvataggio o soccorso: forma quadrata o rettangolare; fondo verde;<br />

pittogramma o simbolo bianco.<br />

Segnali per ubicazione attrezzature antincendio: forma quadrata o rettangolare;<br />

fondo rosso; pittogramma o simbolo bianco.<br />

Segnali di informazione: il Decreto Legislativo 493/96 non fornisce alcuna<br />

informazione sulla realizzazione di questi cartelli per i quali si suggerisce di<br />

mantenere le stesse caratteristiche previste dal precedente D.P.R. 524/82: forma<br />

quadrata o rettangolare; fondo azzurro; pittogramma o simbolo o scritta<br />

bianca.<br />

Norme tecniche nazionali di riferimento<br />

– UNI 7543 parte 1 Colori e segnali di sicurezza. – Prescrizioni generali;<br />

– UNI 7543 parte 2 Colori e segnali di sicurezza. – Proprietà colorimetriche<br />

e fotometriche dei materiali;<br />

– UNI 7543 parte 3 Colori e segnali di sicurezza. – Avvisi (pubblicata dopo<br />

il D.P.R. 524/82);<br />

Fig. 20. Colori della segnaletica di sicurezza.<br />

COLORI<br />

ROSSO<br />

SIGNIFICATO<br />

O SCOPO<br />

INDICAZIONI<br />

E PRECISAZIONI<br />

SEGNALI DI DIVIETO atteggiamenti pericolosi<br />

PERICOLO - ALLARME<br />

materiali e attrezzature<br />

ANTINCENDIO<br />

alt, arresto, dispositivi di interruzione<br />

di emergenza, sgombero<br />

identificazione e ubicazione<br />

GIALLO SEGNALI DI AVVERTIMENTO attenzione, cautela - verifica<br />

VERDE<br />

SEGNALI DI SALVATAGGIO<br />

E DI SOCCORSO<br />

porte, uscite, percorsi, materiali,<br />

postazioni, locali<br />

SITUAZIONE DI SICUREZZA ritorno alla normalità<br />

AZZURRO SEGNALI DI PRESCRIZIONE<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

comportamento o azione specifica<br />

obbligo di portare un mezzo di<br />

sicurezza personale<br />

69


70<br />

CAPITOLO 2<br />

– UNI serie 7544 relative a Segni grafici per segnali di divieto;<br />

– UNI serie 7545 relative a Segni grafici per segnali di avvertimento o<br />

pericolo;<br />

– UNI serie 7546 relative a Segni grafici per segnali di sicurezza e antincendio;<br />

– UNI serie 7547 relative a Segni grafici per segnali di prescrizione o obbligo.<br />

Requisiti essenziali della segnaletica sono:<br />

– essere immediatamente intelleggibile;<br />

– essere chiara per tutti;<br />

– richiamare l’attenzione su aspetti ben definiti (la segnaletica deve influire<br />

efficacemente sul comportamento dell’individuo in relazione ad uno specifico<br />

pericolo).<br />

Le caratteristiche principali sono:<br />

– segnali acustici - caratteristica del segnale (intensità, durata, frequenza, ...);<br />

– segnali verbali - codificazione delle parole usate;<br />

– segnali gestuali - codificazione dei gesti.<br />

Cartelli ed etichette sono caratterizzati da:<br />

– forma geometrica;<br />

– colori (colore di sicurezza, colore di contrasto e colore del simbolo);<br />

– dimensioni (in rapporto alla distanza di percezione);<br />

Fig. 21. Raffronto di tipologie di pittogrammi.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

– materiali (devono tener conto delle condizioni degli ambienti in cui verranno<br />

installati).<br />

Particolare attenzione deve essere posta all’ubicazione corretta dei segnali che<br />

devono risultare visibili da tutte le posizioni da cui si ritiene debbano essere visti<br />

e non devono essere coperti da ostacoli.<br />

Il numero di segnali da mettere in opera deve essere adeguato ai messaggi<br />

che devono essere comunicati avendo cura, però, di non eccedere. Altrettanto,<br />

i cartelli devono essere in numero sufficiente. Occorre però sottolineare che per<br />

ottenere un efficace intervento di prevenzione, è in ogni caso indispensabile<br />

fornire informazione e formazione ai lavoratori e ai loro rappresentanti, sia sulle<br />

misura adottate in azienda, sia sul significato della segnaletica di sicurezza.<br />

Va inoltre precisato che i segnali devono essere mantenuti puliti, sottoposti<br />

a manutenzione, controllati regolarmente e, se necessario, sostituiti, affinché<br />

conservino le loro proprietà intrinseche e di “funzionamento”.<br />

Dimensioni e proprietà cromatiche devono essere tali da garantire una buona<br />

visibilità e comprensione, mentre il numero e l’ubicazione dei segnali deve essere<br />

studiato in funzione di vari aspetti, quali:<br />

– l’entità del rischio;<br />

– le dimensioni dei locali da proteggere;<br />

– la presenza di eventuali ostacoli che ne impediscano la vista;<br />

– l’angolo di visuale prevedibile degli addetti a cui i segnali si rivolgono, ecc.<br />

Le dimensioni dei segnali devono essere tali da poter essere visti e interpretati<br />

senza problemi da distanze prefissate in fase di progettazione. Il Decreto Legislativo<br />

493/96 fornisce la seguente formula:<br />

A > L2 / 2000<br />

dove: L = distanza di riconoscibilità in metri, A = superficie in m 2<br />

Per motivi di comodità si suggerisce di fare riferimento alla tabella contenuta<br />

nella norma UNI 7543 parte 1 dove vengono dimensionati segnali con visibilità<br />

da 4 metri fino a 25 metri. I segnali devono essere posti in luoghi ben illuminati,<br />

accessibili e visibili.<br />

Cenni sulla commercializzazione<br />

La commercializzazione dei prodotti per la Segnaletica di Sicurezza non è,<br />

per il momento, sottoposta ai sistemi di certificazione come è invece previsto,<br />

per esempio, per i Dispositivi di Protezione Individuale o per i Giocattoli (certificazione<br />

CE). Pertanto, la garanzia di rispondenza delle caratteristiche del<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

71


72<br />

CAPITOLO 2<br />

prodotto fornito alle esigenze specificate dall’utilizzatore rimane nell'ambito<br />

delle clausole contrattuali tra produttore e committente. Sono comunque a<br />

carico del produttore tutte le responsabilità relative alla veridicità circa le<br />

caratteristiche dichiarate della merce fornita, nonché quella relativa ai danni<br />

causati da prodotto difettoso. In ogni caso, i prodotti che vengono immessi sul<br />

mercato, data la loro funzione di mezzi di comunicazione ai fini della sicurezza<br />

e della salute dei lavoratori, devono possedere requisiti e caratteristiche tali da<br />

garantirne l’efficienza.<br />

Le realtà ambientali nelle quali dovrà essere impiegata la Segnaletica di Sicurezza<br />

sono molto diversificate tra di loro ed è necessario che il produttore<br />

disponga di una gamma di prodotti tale da poter soddisfare tutte le esigenze.<br />

Dovranno quindi essere disponibili cartelli con caratteristiche di resistenza agli<br />

agenti chimici, cartelli luminosi con alimentazione autonoma, cartelli retroriflettenti,<br />

rifrangenti, etichette autoadesive, ecc:<br />

Tutti questi sistemi dovranno avere caratteristiche specifiche che il produttore<br />

si impegna a verificare e a garantire in modo da permettere all’utilizzatore una<br />

giusta scelta e una segnaletica efficace. È ovvio che sarà l’utilizzatore, in base alle<br />

proprie realtà ambientali, ad effettuare la scelta dei tipi a lui confacenti, come<br />

pure sarà sua la responsabilità per una scelta non idonea.<br />

Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche dei prodotti per la Segnaletica<br />

di Sicurezza si può accennare a principi generali. Essi devono:<br />

– essere costruiti secondo la regola dell’arte<br />

– essere di dimensioni adeguate per la distanza da cui devono essere visti;<br />

– essere costruiti con materiali resistenti il più possibile agli urti, alle intemperie<br />

ed alle aggressioni dei fattori ambientali;<br />

– avere colori resistenti alle azioni dei raggi solari;<br />

– avere proprietà colorimetriche e fotometriche tali da garantirne una buona<br />

visibilità e comprensione;<br />

– resistere all’azione dei prodotti per la pulizia consigliati dal fabbricante;<br />

– essere concepiti in modo da non costituire loro stessi fonte di pericolo (parti<br />

taglienti, sbavature, collanti pericolosi, ecc.)<br />

Il fabbricante dovrà inoltre garantire la rispondenza del proprio prodotto ai<br />

disposti delle leggi vigenti (Decreto Legislativo 493, DPR 547, ecc.) e, per i<br />

sistemi che prevedono l’impiego di apparecchiature elettriche e/o elettroniche,<br />

alle regole di buona tecnica (norme UNI, CEI, CENELEC, ecc.)<br />

Per quei prodotti per cui è previsto un deterioramento delle caratteristiche nel<br />

tempo (segnali fotoluminescenti o supporti di materiale sintetico che si degrada<br />

in presenza di determinati prodotti chimici, ecc.) il fabbricante dovrà inserire<br />

nella documentazione che accompagna il prodotto, i riferimenti alla eventuale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

data di scadenza o le eventuali limitazioni di impiego.<br />

All’atto della fornitura il prodotto dovrà essere accompagnato da istruzioni<br />

per l’uso, l’installazione, la conservazione e la manutenzione redatte almeno in<br />

lingua italiana e contenenti, se possibile, indicazioni circa i criteri di messa in<br />

loco dei segnali.<br />

2.5. Gli aspetti critici della comunicazione per la prevenzione<br />

GIOVANNI PIANOSI<br />

Pensare alla comunicazione per la prevenzione, significa pensare a una comunicazione,<br />

rivolta alla popolazione in generale o a particolari sottogruppi di<br />

popolazione, che ha come contenuto sostanzialmente due generi di questioni:<br />

l'illustrazione dei rischi collegati a determinate condizioni lavorative o stili di<br />

vita e il suggerimento, la proposta di misure e di comportamenti che possono<br />

abbassare, diminuire o, nei casi più felici, eliminare questi rischi.<br />

Per parlare degli aspetti critici di questo genere di comunicazione, parto dalla<br />

perplessità del mio ex insegnante di ematologia, che adesso fa un altro mestiere:<br />

come mai è così perplesso il ministro Sirchia? Perché una parte non secondaria<br />

del suo impegno di ministro l’ha riservata proprio al problema della comunicazione<br />

per contrastare alcuni stili di vita negativi, in particolare la diffusione del<br />

fumo tra i giovani. Qualche settimana fa, Sirchia ha detto: “Le campagne sul<br />

fumo rivolte ai giovani sono fallite”. Cosa vuol dire “sono fallite”? Vuole dire:<br />

abbiamo fatto le campagne, poi abbiamo fatto delle indagini per vedere quanti<br />

giovani fumano e abbiamo visto che sono rimasti gli stessi, o sono addirittura<br />

aumentati.<br />

Ma siamo sicuri che la campagna sia fallita? Se l’obiettivo della campagna<br />

era quello di dire ai ragazzi che dovevano fumare di meno, sì, certo, è fallita;<br />

se l’obiettivo della campagna era di dare alcune informazioni sul fumo, non è<br />

affatto detto che la campagna sia fallita. E allora qui c’è un primo problema.<br />

Prendiamo lo slogan “AIDS, se lo conosci lo eviti”. Indiscutibilmente questo<br />

slogan ha avuto successo, tanto che è entrato nel nostro linguaggio comune.<br />

Vuol dire che la campagna ha colto nel segno, ce l’ha fatta, che il messaggio è<br />

arrivato, ma siamo sicuri che poi la gente lo evita per davvero? Una mia vecchia<br />

zia tutte le volte che andava a un pranzo di nozze si abboffava come un tacchino<br />

dicendo: “Mi fa tanto male ma è tanto buono!”. Per dirla coi latini, “Video<br />

meliora, proboque; deteriora sequor”, le cose buone le vedo e le approvo, ma poi<br />

faccio le cose che mi fanno comodo, magari le meno buone. In realtà bisogna<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

73


74<br />

CAPITOLO 2<br />

avere anche un senso del limite nel carico di aspettative che abbiamo rispetto<br />

alle campagne, che alcuni obiettivi possono raggiungerli, altri no. Non basta che<br />

qualcuno dica: “Io te lo spiego e quindi dopo tu lo fai”, non funziona così.<br />

A volte le campagne comunicative falliscono perché sono fatte male, perché<br />

sono inadeguati gli strumenti, perché sono sbagliati i metodi, perché il comunicatore<br />

non è capace. Queste cose riguardano la tecnica della comunicazione. Io<br />

lavoro in una ASL; nelle ASL a fare comunicazione sono, per il 99,9%, persone<br />

che non hanno avuto alcun training in questo campo. Dopodiché si dice: “La<br />

campagna è fallita”, ma sarebbe stato un miracolo se avesse funzionato! Tralascio<br />

questi aspetti e preferisco attirare l’attenzione su tre questioni, che ho chiamato<br />

“regole di base”.<br />

Anche se si fanno delle campagne tecnicamente inappuntabili, con buone<br />

strategie e con ottimi comunicatori, io credo che alla lunga falliranno e la comunicazione<br />

si rivelerà un buco nell’acqua, se si violano queste tre regole:<br />

1. Credibilità dei messaggi (se continuiamo a gridare “al lupo! al lupo”, e il<br />

lupo non c’è alla fine Pierino resta solo e il lupo se lo mangia);<br />

2. Correttezza contrattuale (mi riferisco non tanto all’informazione sui rischi,<br />

ma all’informazione sulle misure per controllare e ridurre questi rischi. Se<br />

facciamo promesse esagerate, che non possono essere mantenute, creiamo<br />

un effetto di delusione che ricade non solo su quello specifico intervento<br />

ma sul sistema della comunicazione in generale);<br />

3. Rispetto dell’autonomia decisionale (le campagne sono fatte perché la gente<br />

possa decidere in maniera più consapevole, non perché noi decidiamo al<br />

posto delle persone).<br />

Per quanto riguarda la credibilità dei messaggi, spesso c’è un equivoco dovuto<br />

al fatto che si dà per credibile tutto ciò che è plausibile (why not? perché no?).<br />

Invece una cosa è credibile se è attendibile (evidence based), cioè se ci sono prove<br />

sufficienti e criticamente vagliate al suo sostegno.<br />

A riguardo della credibilità ci sono almeno due spinose questioni: la prima<br />

è che la nostra comunicazione riguarda sempre il futuro (“che cosa mi accadrà<br />

se”) e il futuro è aleatorio: parlare del futuro è sempre una cosa complessa.<br />

Il medico che opera nel campo della prevenzione è in una posizione diversa<br />

da quella del medico clinico il quale comunica una diagnosi, magari pesante ed<br />

infausta, però parla di qualcosa che c’è già.<br />

C’è un altro aspetto molto complicato, credo anzi che sia quasi insolubile, ed<br />

è che tutto ciò che noi sappiamo su quello che può capitare a persone esposte<br />

a certe situazioni di vita, di lavoro, eccetera, lo impariamo da studi condotti su<br />

popolazioni. Ma quel che vale per le popolazioni, vale anche per ogni singola<br />

persona?<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Veniamo al secondo punto, la correttezza contrattuale. Riprendo un’espressione<br />

del medico e giornalista Roberto Satolli: “La medicina non ha mai sollevato<br />

tante critiche e tanti sospetti come nella nostra epoca e nei nostri paesi (il ricco<br />

occidente), epoca e paesi in cui ha raggiunto capacità diagnostiche e terapeutiche<br />

sconosciute in ogni altra epoca ed in ogni altro paese”. La medicina ha<br />

aumentato la speranza di vita e diminuito la mortalità infantile, cioè i due più<br />

robusti indicatori, eppure la gente dice: “Non ci curate bene”.<br />

La spiegazione di questo paradosso è senz’altro complessa, ma credo che risieda<br />

almeno in parte nelle aspettative esagerate che vengono in larga misura indotte<br />

dal sistema della comunicazione. Penso che occorra recuperare il senso dello<br />

scopo e il senso del limite. In greco antico la parola telos vuol dire sia “scopo”<br />

che “limite”: il telos è dove vuoi arrivare, ma è anche il punto oltre il quale non<br />

puoi andare. Non vanno promessi mari e monti perché, se sbagliamo su questo<br />

aspetto del contratto, rischiamo che la discrepanza tra le attese che la popolazione<br />

nutre e i risultati che poi osserva, la faccia incattivire; tanto quanto per noi<br />

può essere fonte di estrema frustrazione il divario tra le promesse che facciamo<br />

e le possibilità effettive. Dunque: estrema onestà, concretezza e precisione nel<br />

definire gli scopi che ci si prefigge di raggiungere e al tempo stesso indicare gli<br />

obiettivi che non si possono perseguire.<br />

Infine l’ultimo punto: l’autonomia decisionale. “Bisogna fare la felicità del<br />

popolo, ma è bene che il popolo non ci metta mano” disse un signore che amava<br />

il popolo, un esponente della piccola nobiltà francese in occasione di una seduta<br />

degli Stati Generali.<br />

Mi rivolgo in particolare alle persone che lavorano nell’ambito della medicina<br />

del lavoro e dell’igiene pubblica: qualunque sia la nostra personale biografia, abbiamo<br />

una storia che comunque ci coinvolge ed è una storia di polizia sanitaria,<br />

di ufficiale sanitario, di regolamento d’igiene. Questo è un linguaggio da caserma,<br />

è un linguaggio di ordini, non un linguaggio di crescita dell’interlocutore.<br />

Vorrei chiudere con la celebre metafora dei porcospini di Schopenhauer:<br />

“I porcospini dormono nella loro tana. Se stanno troppo vicini, si pungono a<br />

vicenda e si svegliano. Se si allontanano troppo gli viene freddo e si svegliano.<br />

Allora si avvicinano e si pungono, eccetera”. Qui c’è un problema veramente<br />

grosso: noi non possiamo decidere al posto dei cittadini.<br />

Una soluzione potrebbe sembrare questa: io sono un asettico comunicatore,<br />

espongo dati e tabelle, poi fate come vi pare. Ma questo non è un modello corretto<br />

di comunicazione. La comunicazione è anche empatia, flusso simpatetico.<br />

Il vero problema – e c’è un notevole parallelismo con quello che capita in clinica<br />

tra medico e paziente – è quello di trovare la giusta distanza: stare sufficientemente<br />

vicini (dal nostro punto di vista), sostenere con sufficiente passione le cose<br />

avendole ben selezionate, ma al tempo stesso rispettare l’autonomia dell’altro.<br />

Come si fa a capire qual è il punto di equilibrio? Non sono in grado di indicarlo,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

75


76<br />

CAPITOLO 2<br />

però penso che avere consapevolezza del problema sia già un modo, se non per<br />

risolverlo, perlomeno per non cadere nei peggiori tranelli che esso può porre.<br />

2.6. Analisi qualitativa della comunicazione per la salute<br />

ANDREA CALAMUSA E ANNALAURA CARDUCCI<br />

1 Al titolo del nostro intervento si dovrebbe aggiungere il sottotitolo “Il rischio<br />

della comunicazione nella comunicazione del rischio”.<br />

Comunicare contenuti scientifici è un’azione che spesso assume aspetti<br />

problematici. Secondo il modello di Lasswell dobbiamo tener conto di “chi<br />

dice cosa, attraverso quale canale, a chi, con quale effetto”. “Chi” rappresenta<br />

il controllo; “dice cosa” è l’analisi del contenuto; “attraverso quale canale”,<br />

riguarda l’analisi dei media; “a chi” attiene all’analisi del pubblico; “con quale<br />

effetto” si riferisce all’analisi dei risultati.<br />

Nel suo percorso il messaggio passa sempre attraverso delle barriere, non<br />

sempre centra l’obiettivo, non di rado in qualche modo si sposta.<br />

Nelle molte ricerche che abbiamo effettuato le barriere sono fondamentali:<br />

nelle campagne di marketing per la salute e nell’educazione alla salute l’obiettivo<br />

non viene raggiunto perché nella decodifica dei messaggi, nei passaggi fra<br />

l’emittente e il ricevente, c’è uno spostamento d’asse.<br />

Queste barriere sono come dei filtri e questi filtri, nel momento in cui il messaggio<br />

passa, possono avere un effetto diverso a seconda della loro collocazione.<br />

Individuare le barriere della comunicazione significa, per esempio, rendersi<br />

conto che il linguaggio non è adeguato al soggetto o all’insieme di soggetti di<br />

riferimento; che la capacità del ricevente è limitata; che esistono motivi di distrazione<br />

(disturbo); che l’argomento trattato non è chiaro; che vi è incoerenza<br />

e incompatibilità tra gli schemi concettuali posti all’attenzione del ricevente; che<br />

la percezione è influenzata dalla presenza di meccanismi inconsci.<br />

È stato detto (De Mauro) che il linguaggio elementare si basa sull’utilizzo<br />

di 7 mila vocaboli, il linguaggio medio di 47 mila, il linguaggio superiore di<br />

100 mila. Come fare per portare a un livello di cultura popolare un concetto<br />

difficile? Questo è il problema della scienza. Televisione e giornali fanno “comunicazione<br />

scientifica” quotidianamente, ma spesso i significati di questa<br />

comunicazione possono essere fraintesi.<br />

1 Questa prima parte dell’intervento è stata condotta nel seminario da Andrea Calamusa.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Fig. 22. Modello di Lasswell (1948), modificato da Braddock (1958).<br />

Per esempio, una ricerca della “Metron” dice che in Italia il 38% degli intervistati<br />

non sa che cosa vuol dire “morbo di Alzheimer”, il 21% attribuisce un<br />

significato errato a questo termine; circa un quinto della popolazione non conosce<br />

affatto il significato di parole come “posologia”, “micosi”, “angina pectoris”,<br />

“profilassi” e così via. Il problema qual’è? Il linguaggio scientifico/istituzionale<br />

è il linguaggio più difficile, 1 su 3, 1 su 4 non comprende il linguaggio istituzionale.<br />

Il linguaggio dei mass-media si rifà spesso al linguaggio scientifico/istituzionale<br />

che in questo modo viene spesso mal interpretato e frainteso; mentre<br />

il linguaggio del medico, in linea di massima, è compreso soltanto dal 50%.<br />

Dunque bisogna tenere conto di questi fattori. Abbiamo misurato queste cose<br />

e abbiamo predisposto dei glossari sulla base di un’indagine fatta sull’AIDS su<br />

tre quotidiani: Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa.<br />

Abbiamo estratto alcune parole che configurano un’interpretazione negativa<br />

della vita: le parole “morte”, “paura”, “terrore” vengono usate quando si parla<br />

di salute e tumore, mentre quando si parla di salute e bellezza, per esempio,<br />

si usano queste altre parole: “bello”, “forte”, “perfetto”, “intelligente” e questo<br />

naturalmente sottintende un’interpretazione positiva, ma anche enfatica della<br />

vita. Tutto ciò crea un problema quando si comunica.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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78<br />

CAPITOLO 2<br />

Fig. 23. Il percorso del messaggio attraverso le barriere della comunicazione.<br />

Per esempio, nel caso della SARS, dato che in questo momento non vi è<br />

soluzione di cura, si parla in un modo ansiogeno.<br />

Ho coniato questa espressione: “la tempesta comunicativa nei mass-media”.<br />

Perché? Quando esce una notizia tipo la SARS, tipo l’AIDS, che dura per un<br />

tempo “x” in prima pagina, la popolazione vive in una sorta di “effetto di tempesta”,<br />

diciamo di massificazione di notizie. E che cosa succede? Viene a crearsi,<br />

in un primo momento, una situazione di ansia collettiva, poi di panico collettivo<br />

e infine di isterismo, al punto che si crea un’azione d’urto verso le istituzioni e<br />

alle istituzioni, si chiede di capire, si vuole sapere.<br />

Se noi andiamo a vedere i risultati delle nostre ricerche sulla comunicazione<br />

inerente la diossina, l’influenza negli ospedali, la clonazione, la BSE, il “Lipobay”,<br />

il bioterrorismo, la SARS, questa situazione tende sempre a ripetersi. Tutto dipende<br />

dalla “notiziabilità delle notizie” e per ottenere questo si gioca sull’effetto<br />

ansiogeno dell’informazione. Quando aumenta la percentuale di comprensione<br />

diminuisce la paura (e l’attenzione diffusa per la notizia).<br />

Nella comunicazione è opportuno limitare il numero e la durata dei messag-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Fig. 24. Presenza di parole allarmistiche nella stampa quotidiana.<br />

Fig. 25. Andamento delle tematiche relative alla salute nei quotidiani italiani.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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80<br />

CAPITOLO 2<br />

gi, reiterarli e fare leva sui fattori di fiducia e credibilità (fattori che si fondano<br />

sull’empatia, la competenza e l’esperienza, l’onestà, la dedizione e l’impegno),<br />

soprattutto in situazioni in cui la popolazione esprime una forte preoccupazione.<br />

Gli elementi che possono interferire con un buon ascolto sono: la modalità<br />

di esposizione dei contenuti, l’opinione che ognuno ha di sé; l’opinione sull’ascoltatore,<br />

l’opinione nei confronti dell’operatore e la disponibilità reciproca<br />

ad ascoltare. L’ascolto è fondamentale perché ascoltare vuole dire capire.<br />

Consideriamo i fattori che condizionano la comunicazione del rischio:<br />

le situazioni ambientali in cui si svolge la comunicazione, il luogo-tempo,<br />

i contenuti dell’informazione e della comunicazione, le condizioni psicofisiologiche<br />

dei soggetti operanti, i fattori socio aziendali di contrasto. Tutti<br />

questi fattori possono aumentare o diminuire l’efficacia della comunicazione<br />

e quindi la probabilità di esposizione al rischio e la probabilità di incidente<br />

o di malattia.<br />

2 Vorrei portare il punto di vista complessivo dell’analisi del rischio che, a mio<br />

avviso, deve essere sempre considerata come un tutt’unico: c’è una valutazione,<br />

c’è un controllo e c’è una comunicazione che è strettamente connessa con questi<br />

due aspetti.<br />

A volte non ci rendiamo conto che dall’altra parte c’è un pubblico che è<br />

un attore veramente indispensabile. Come fa un lavoratore a cautelarsi dal<br />

rischio se non ne fa una valutazione, se non conosce le misure di controllo<br />

e non le mette in atto, se non si inserisce adeguatamente in un processo di<br />

comunicazione?<br />

Per la valutazione del rischio, che poi va a finire direttamente nella percezione<br />

del rischio, i tecnici si basano sull’evidenza: è una analisi oggettiva,<br />

analitica, scientifica, razionale. Ma il cittadino ha un’altra valutazione, basata<br />

sulla percezione, soggettiva, ipotetica, emotiva ed irrazionale. Che cosa cambia<br />

fra l’esperto e il pubblico? Che l’esperto fa riferimento a due definizioni<br />

dettate dalla legge, “pericolo” e “rischio”, mentre il pubblico li vive anche con<br />

preoccupazione, che è una cosa che non si deve affatto trascurare.<br />

Quando noi ci occupiamo di comunicazione del rischio dovremmo tenere<br />

in considerazione la percezione del rischio: come la possiamo modificare? Attraverso<br />

l’informazione – e qui dovremmo parlare di autorevolezza delle fonti e<br />

di qualità dell’informazione. In ogni caso noi presupponiamo di fornire una<br />

2 Questa seconda parte dell’intervento è stata condotta nel seminario da Annalaura Carducci.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


Fig. 26. La percezione del rischio.<br />

CAPITOLO 2<br />

conoscenza, ma a livello del pubblico ci saranno tutta una serie di caratteristiche<br />

personali, di esperienze, di situazioni ambientali che condizionano sia la<br />

percezione del rischio sia quello che ne deriva, cioè la decisione e l’adozione<br />

di comportamenti preventivi.<br />

Le fonti d’informazione possono essere molto diverse, le più rappresentate<br />

sono generalmente i media, cioè qualcosa che noi non possiamo controllare,<br />

anche se ce ne dobbiamo servire. E i media agiscono a volte in maniera contraddittoria<br />

rispetto alle campagne di prevenzione. Basta vedere cosa succede<br />

per esempio sulle vaccinazioni: viene fuori un articolo terroristico e mesi o<br />

anni di campagne vanno in fumo.<br />

È stato costituito un gruppo di lavoro per cercare di valutare la qualità della<br />

comunicazione sulla salute attraverso i mass media. I criteri di valutazione della<br />

qualità sono molto banali, ma secondo noi basterebbe un’attenta considerazione<br />

di questi criteri per ottenere un certo miglioramento della comunicazione:<br />

la correttezza, l’affidabilità, l’utilità, la comprensibilità, l’equilibrio e, infine,<br />

l’indipendenza.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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82<br />

CAPITOLO 2<br />

Fig. 27. Distribuzione delle informazioni utili su AIDS (2000), BSE (Gennaio<br />

2001), diabete (1999-2001) e SARS (28-29-30 Aprile 2003).<br />

Per quanto riguarda l’utilità, vorrei dire che è un’arma a doppio taglio. Se<br />

nei giornali si tende a dare notizie pochissimo utili e molto sensazionali, a volte<br />

la comunicazione istituzionale fa l’opposto, fornendo troppe notizie presunte<br />

utili ed evitando di dare quelle veramente utili. Questo crea molta confusione<br />

tra chi ascolta le due campane – da una parte la comunicazione mass mediale<br />

e dall’altra quella istituzionale – che sono comunque due campane spesso<br />

forti che dicono cose diverse.<br />

La comprensibilità dà altri problemi; noi facciamo una valutazione della<br />

comprensibilità molto parziale perché è basata solo sulla leggibilità tramite<br />

l’utilizzo di test di linguistica computazionale. Qui il lavoro da fare è enorme.<br />

Se vogliamo veramente mettere a punto degli strumenti per misurare la<br />

comprensibilità abbiamo da lavorare tantissimo perché attualmente non esiste<br />

niente di sufficientemente sofisticato per farlo adeguatamente; la leggibilità<br />

la possiamo soltanto valutare in modo approssimativo.<br />

Sull’equilibrio è già stato detto; è noto che nei media è facile trovare titoli<br />

che vanno dal terrorismo più puro all’ottimismo più sfrenato, della serie: si<br />

studia il DNA e si risolvono i mali del mondo.<br />

Infine l’indipendenza: per esempio troviamo il caso di una rivista di settore,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 2<br />

Fig. 28. Analisi della comprensibilità di 35 articoli inerenti l'epidemia SARS nei<br />

giorni 28-29-30 aprile 2003.<br />

che non presenta un certo articolo per quello che è, cioè una comunicazione<br />

pubblicitaria, ma come un dossier, quindi come se fosse una informazione<br />

obiettiva e indipendente. È evidente che anche sull’indipendenza della comunicazione<br />

ci sarebbe da discutere molto.<br />

In conclusione, a vari livelli, sia come medici che come operatori della<br />

comunicazione, dobbiamo tener presente che in qualunque azione di comunicazione<br />

sarebbe importante sviluppare un sistema della qualità ed attenersi<br />

poi il più possibile a questo sistema.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

83


Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Strategie e prodotti comunicazionali per la<br />

comunicazione del rischio, la prevenzione<br />

degli infortuni e la promozione della SSL<br />

3.1. Gli Enti pubblici locali.<br />

“Inform@zione” - Catalogo nazionale dei prodotti per l’informazione<br />

e la formazione alla SSL (AUSL di Modena)<br />

MARA BERNARDINI<br />

L’attenzione alle problematiche relative alla salute e alla sicurezza nei luoghi di<br />

lavoro è progressivamente cresciuta negli ultimi anni, dando luogo alla nascita<br />

e allo sviluppo di azioni finalizzate al miglioramento delle condizioni lavorative:<br />

recepimento e definizione di normative specifiche, tutele di tipo assicurativo,<br />

sistemi informativi per la descrizione e le analisi dei fenomeni, ricerche sui determinanti<br />

di rischio, attività di vigilanza e controllo.<br />

Tali azioni per essere pienamente efficaci devono essere affiancate da interventi<br />

tesi a far crescere la cultura della prevenzione e della sicurezza e quindi<br />

anche la coscienza e la consapevolezza del diritto alla salute, di cui un fattore<br />

costitutivo è “il lavoro in sicurezza”, sia in età lavorativa che fra le generazioni<br />

che dovranno inserirsi nel mondo del lavoro in quanto futuri lavoratori e futuri<br />

imprenditori.<br />

Per raggiungere questi importanti obiettivi, le attività di informazione, di<br />

formazione e di assistenza nei confronti dei soggetti coinvolti nei processi e nelle<br />

problematiche di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro assumono un ruolo<br />

fondamentale. Lo stesso Piano Sanitario Nazionale indica, tra le strategie di intervento<br />

che devono essere privilegiate con l’obiettivo di ridurre l’incidenza degli<br />

infortuni e delle malattie correlate al lavoro, la promozione e il potenziamento<br />

di iniziative che favoriscano la circolazione dell’informazione, delle attività di<br />

formazione e aggiornamento dei principali soggetti della prevenzione.<br />

Non bisogna poi dimenticare l’entrata in vigore del Decreto Legislativo<br />

626/94 che sottolinea con forza la necessità di informare e formare i lavoratori<br />

e le figure preposte alla prevenzione e alla sicurezza, nella consapevolezza che<br />

persone adeguatamente informate e formate rispettino maggiormente i loro<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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86<br />

CAPITOLO 3<br />

doveri di sicurezza, proteggano se stessi e gli altri.<br />

Con il Decreto Legislativo 626/94 la prevenzione è diventata sempre più<br />

terreno di interventi integrati e polivalenti da parte di esperti, datori di lavoro,<br />

lavoratori, parti sociali. Ed è sicuramente un fatto fondamentale l’attivazione<br />

di momenti di supporto e la realizzazione di strumenti indicati per sviluppare<br />

le attività di informazione nel campo della medicina del lavoro.<br />

Nella Regione Emilia Romagna si è concluso lo studio sul monitoraggio<br />

dell’applicazione del Decreto Legislativo 626/94 e si sono rilevati alcuni aspetti<br />

critici legati all’attività di informazione e formazione: nel 2001 (erano dati parziali)<br />

il 60% delle imprese realizzava tali attività; nel 2003 (dati finali) l’informazione<br />

va da un 67% sui rischi e sulle norme di sicurezza, al 43% sulle sostanze<br />

pericolose; la formazione più o meno si attesta sul 55% delle aziende.<br />

Vi è, quindi, ancora una larga domanda di poter disporre di materiali e strumenti<br />

di qualità per attività di formazione e informazione. D’altra parte molti<br />

strumenti vengono realizzati, ma poi hanno una diffusione circoscritta; ci sono<br />

anche una serie di siti Internet che arricchiscono l’offerta ma che non vengono<br />

censiti e sono poco conosciuti.<br />

Gli obiettivi generali del progetto Inform@zione, al quale hanno dato avvio<br />

la Regione Emilia Romagna, l’AUSL di Modena, l’ISPESL e l’INAIL, sono di<br />

rendere più facile l’acquisizione e l’utilizzo dei prodotti esistenti e di sollecitare<br />

maggiore attenzione alla qualità dei prodotti. Nel ’96 e nel ’98 abbiamo prodotto<br />

un catalogo dei prodotti e dei materiali educativi; anche l’ISPESL e l’ex CDS<br />

dell’AUSL Città di Bologna avevano già lavorato ad una banca dati nazionale<br />

sulla formazione utile che raccoglie progetti formativi di qualità. Questi lavori<br />

sono confluiti direttamente all’interno del catalogo Inform@zione, collegato<br />

all’omonima rassegna-concorso nazionale.<br />

Gli obiettivi specifici del progetto erano di realizzare un catalogo ed una banca<br />

dati che contenessero elementi utili per scegliere e acquisire i materiali informativi<br />

didattici, per selezionare e promuovere i materiali migliori e per indurre maggior<br />

attenzione alla loro qualità. In definitiva: realizzare un catalogo e una banca dati<br />

e premiare i prodotti migliori. La banca dati è destinata a tutti i soggetti della<br />

prevenzione: datori di lavoro, tecnici della sicurezza (RLS, Rappresentanti dei<br />

Lavoratori per la Sicurezza, e RSPP, Responsabili del Servizio di Prevenzione<br />

e Protezione) lavoratori e consulenti; raccoglie materiali da tutta Italia e viene<br />

periodicamente aggiornata (il primo aggiornamento è previsto per il 2004).<br />

Come abbiamo portato avanti il progetto? Inizialmente c’è stata una promozione<br />

diffusa dell’iniziativa per favorire la partecipazione di un elevato numero<br />

di produttori e di sussidi: quindi abbiamo proceduto con la pubblicazione di<br />

articoli e di una cartolina informativa sulla stampa specializzata, con l’invio<br />

di cartoline e poster che pubblicizzavano l’iniziativa agli Enti formativi, alle<br />

Aziende USL, alle istituzioni e a quanti altri potevano essere interessati, con la<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Fig. 29. Esempio di una pagina tipo del catalogo Inform@zione.<br />

pubblicazione del bando di partecipazione sui siti Internet degli Enti promotori<br />

e anche di altri Enti che si sono resi disponibili a pubblicizzare l’iniziativa. Vi<br />

è stata poi la raccolta dei materiali e la realizzazione del catalogo della banca<br />

dati in versione cartacea, su CD-ROM e disponibile sul web. Infine, sono stati<br />

valutati e premiati i prodotti migliori.<br />

I criteri di selezione dei materiali sono stati piuttosto ampi. Sono stati inseriti<br />

in banca dati tutti i materiali inviati, ad eccezione dei materiali scientifici,<br />

scolastici o con evidenti contenuti pubblicitari. Non erano ammessi al concorso<br />

neanche i materiali presentati nelle precedenti edizioni o prodotti dagli Enti<br />

promotori. Erano invitati a partecipare: le Aziende USL, gli Enti pubblici e<br />

privati, le istituzioni, le case editrici, le associazioni di categoria e sindacali, i<br />

consulenti, le aziende produttrici e tutti coloro che realizzano materiali sul tema<br />

come, per esempio, gli Enti formativi.<br />

Il regolamento per la partecipazione prevedeva la compilazione di due schede<br />

in formato elettronico: una conteneva i dati del produttore del sussidio e<br />

una i dati del prodotto; queste schede andavano a implementare un database<br />

elettronico. I materiali in forma cartacea e tutti i vari sussidi (in videocassetta,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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88<br />

CAPITOLO 3<br />

CD-ROM, ecc.) dovevano essere inviati, accompagnati dalla scheda stampata,<br />

all’Azienda USL di Modena.<br />

La scheda del produttore deve riportarne il nome e tutti i dati che lo riguardano,<br />

compresa una breve descrizione dell’eventuale sito web dedicato alla salute<br />

e sicurezza sul lavoro. Questo ci serve anche per censire i siti Internet che non<br />

hanno partecipato al concorso, ma sono comunque presenti in una sezione<br />

della banca dati.<br />

Sulla scheda dei prodotti vengono riportati i seguenti dati: titolo; autori; anno<br />

di produzione e di aggiornamento; abstract; tipologia del prodotto (manuale,<br />

opuscolo, depliant, CD-ROM, videocassetta, dispensa, pacchetto di sussidi<br />

integrati, poster, ecc.); destinatari; indicazione se il prodotto è indirizzato o<br />

meno a un particolare comparto produttivo; principali argomenti trattati (aspetti<br />

legislativi, organizzativi, infortuni, patologie correlate al lavoro, valutazioni dei<br />

rischi e documenti aziendali, valutazioni e documenti di cantiere, misure tecniche,<br />

pronto soccorso, informazione e formazione per la sicurezza, ecc.); le aree<br />

di rischio trattate (fattori ergonomici, comportamentali, psicologici, biologici,<br />

chimici, fisici, infortunistici connessi, ecc.); l’indicazione se il prodotto è disponibile<br />

gratuitamente o, se è a pagamento, il suo costo; tutte le informazioni<br />

per richiedere il prodotto.<br />

Nella banca dati sono presenti a tutt’oggi 207 materiali (“a tutt’oggi” significa<br />

fino al 2002, quando abbiamo chiuso la prima fase dell’iniziativa). Si tratta di<br />

70 manuali, 84 opuscoli e poster; 18 CD-ROM; 11 videocassette; 24 sussidi<br />

integrati; sono stati censiti anche 25 siti Internet che si occupano del tema della<br />

prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.<br />

I materiali inviati hanno partecipato anche a un concorso al quale hanno<br />

lavorato due Commissioni: la prima (presieduta dalla dottoressa Roseo dell’ISPESL)<br />

sulla qualità del contenuto, la seconda (presieduta dal dottor Paoloni<br />

dell’INAIL) sull’efficacia della comunicazione. I criteri di valutazione della<br />

prima commissione sono stati legati alla pertinenza, alla correttezza (normativa<br />

e tecnica) e all’esaustività rispetto all’argomento e ai destinatari dei materiali (la<br />

maggior parte dei materiali inviati non erano indirizzati, per la verità, a target<br />

specifici).<br />

I criteri di valutazione della commissione che ha lavorato sull’efficacia della<br />

comunicazione riguardavano la veste grafica espositiva, la struttura e l’adeguatezza<br />

dello strumento. I premi sono stati 9, tra quelli assoluti, quelli per la qualità<br />

del contenuto e quelli per l’efficacia della comunicazione. Ora intendiamo<br />

aggiornare e implementare questa banca dati, migliorando così la circolazione<br />

dell’informazione su tutti i prodotti che esistono e continuando a selezionare i<br />

prodotti migliori.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

L’Azienda USL di Modena opera nel campo della comunicazione e dell’informazione<br />

per la salute e la sicurezza sul lavoro anche con altre iniziative:<br />

la manifestazione fieristica Ambiente-Lavoro, luogo di divulgazione e di approfondimento<br />

di importanti temi prevenzionistici; un sito web che fornisce<br />

assistenza alle imprese ed ai soggetti della prevenzione; campagne informative<br />

con produzione e divulgazione di materiali, ad esempio un depliant sulla tutela<br />

della mater-paternità, nato dalla collaborazione tra AUSL, Direzione provinciale<br />

del lavoro e INPS<br />

3.2. Gli Enti pubblici locali.<br />

Strategie ed esperienze dei servizi di prevenzione e sicurezza negli<br />

ambienti di lavoro in provincia di Trento<br />

GRAZIANO MARANELLI<br />

Inizio citando Stefano Beccastrini, “La competenza comunicativa e relazionale<br />

è, pienamente e non facoltativamente, un fattore di professionalità dell’aiuto”,<br />

perché questa citazione ci permette di dire qual’è il punto di partenza, ma anche<br />

un punto di arrivo, delle riflessioni di questi anni relativamente alla comunicazione<br />

in sanità, per gli operatori dell’aiuto e per i professionisti della sanità<br />

in generale.<br />

La competenza comunicativa è una competenza piena, indispensabile, fondamentale<br />

e non facoltativa di questa professionalità, fa parte di quello che<br />

Beccastrini chiama “il quadrilatero delle competenze”, insieme a quelle tecnicoprofessionali,<br />

gestionali, organizzative.<br />

Comunicare in sanità è difficile e comunicare in sanità pubblica presenta delle<br />

ulteriori difficoltà, oltre che alcune peculiarità. Quando si passa dal rapporto<br />

tipico medico-paziente (basato sulla fiducia, sulle competenze professionali e<br />

tecniche) a situazioni come quelle della sanità pubblica, nella quale il rapporto<br />

prevalente è con la comunità, con i gruppi, con le sottopopolazioni, con i gruppi<br />

di interesse, gli stakeholder, i rapporti non sono regolati solamente sul piano<br />

tecnico-professionale, ma ci sono anche vincoli e norme che ci fanno assumere<br />

posizioni di vigilanza, autorizzative, certificatorie od altro, che ci pongono in<br />

un ruolo particolare come medici, ma anche come operatori in generale della<br />

sanità. Lavoriamo non sul sintomo, sulla malattia, ma su bisogni che non sono<br />

espressi, o sono espressi a livello collettivo. Frequentemente la nostra comunicazione<br />

si svolge in condizioni di crisi: la SARS, la BSE, l’elettromagnetismo,<br />

le morti per il caldo dell’estate 2003 hanno messo la sanità pubblica in una<br />

condizione di rincorsa dell’evento mediatico. Questa situazione si verifica su<br />

grande come su piccola scala: il caso dell’inceneritore, della discarica, della stalla<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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90<br />

CAPITOLO 3<br />

che emana puzza nel vicinato...<br />

E d’altra parte, com’è già stato detto, gli obiettivi sui quali noi lavoriamo sono<br />

spostati in un ipotetico futuro, quindi vantaggi e svantaggi sono al di là della<br />

immediata verificabilità sia del soggetto che delle istituzioni.<br />

Ed arrivo al ruolo della comunicazione all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione<br />

così com’è formulato nel documento ratificato dal Consiglio Superiore<br />

della Sanità nel novembre del 2000, nel quale la comunicazione viene elencata<br />

tra i 5 elementi che caratterizzano la cultura delle Sanità Pubbliche, accanto<br />

alla valutazione dei bisogni, alla sanità pubblica basata sulle prove di efficacia,<br />

l’analisi sistemica e l’assicurazione di qualità.<br />

Questo stesso documento declina nel particolare quali sono gli aspetti della<br />

comunicazione che il Dipartimento di Prevenzione deve curare, gli strumenti<br />

di cui deve fornirsi e per che cosa li deve utilizzare: il contributo all’analisi della<br />

percezione del rischio e alla gestione dei rapporti con il pubblico nelle situazioni<br />

di rischio; il supporto agli interventi di promozione della salute, che si avvale<br />

principalmente di strumenti relazionali e comunicativi; lo strumento per la<br />

condivisione dei criteri di priorità degli interventi a tutti i livelli della concertazione,<br />

in una logica di alleanze all’interno della società per il raggiungimento<br />

di specifici e determinati obiettivi di promozione della salute.<br />

Mi rifaccio ad un altro documento, questa volta della Regione Emilia Romagna,<br />

sul Dipartimento di Sanità Pubblica (Dipartimenti di Prevenzione):<br />

“La nuova sanità pubblica opera tramite alleanze che attraversano i vari confini<br />

disciplinari, professionali e organizzativi e fonda in questa collaborazione lo<br />

sviluppo e la traduzione nella pratica di politiche basate su prove di efficacia in<br />

tutte le aree che hanno un impatto sulla salute e sul benessere della popolazione”.<br />

Il tema delle alleanze viene ulteriormente chiarito dicendo che attraversano anche<br />

i vari confini disciplinari e che quindi devono essere strumento di integrazione<br />

all’interno degli interventi di sanità pubblica e di prevenzione.<br />

Brevemente riassumerei così le caratteristiche odierne della comunicazione<br />

in sanità pubblica: non è una competenza facoltativa, ma uno strumento per<br />

il raggiungimento degli obiettivi, e ha a che fare con i diritti, con l’equità, con<br />

l’uguaglianza, con la trasparenza, caratteristiche dell’ambito della democrazia<br />

della cittadinanza.<br />

Quindi la comunicazione è una componente del servizio, cioè dell’attività<br />

che si realizza nell’interazione tra l’operatore (fornitore) e il cittadino-utente – e<br />

questa è una elaborazione e una conquista del tutto recente. Tutti gli operatori<br />

comunicano e quindi la comunicazione fa parte della “cassetta degli attrezzi” a<br />

loro necessaria.<br />

Per entrare più nel merito delle azioni che sono state intraprese dall’Azienda<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Provinciale per i Servizi Sanitari possiamo partire dal documento del Programma<br />

di sviluppo strategico, che per noi rappresenta ovviamente un riferimento<br />

d’obbligo, ma che è anche molto ricco. Chi conosce la Carta di Ottawa, riconoscerà<br />

nelle aree prioritarie d’azione (costruire una politica pubblica per la<br />

salute; creare ambienti favorevoli alla salute; rafforzare l’azione della comunità;<br />

sviluppare abilità personali; riorientare i servizi sanitari) proprio i fondamenti<br />

della promozione della salute, e il riferimento che ci viene dato per orientare<br />

l’attività delle strutture è di andare verso le attività di promozione della salute.<br />

All’interno di questo contesto, nell’aprile 2003 la Direzione che rappresenta<br />

il Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari,<br />

ha elaborato un primo percorso che dovrebbe completarsi con la pianificazione<br />

della comunicazione; infatti si intitola “Indirizzi per la pianificazione”, vale<br />

a dire che ancora una pianificazione non c’è, che è partita dall’analisi delle<br />

difficoltà, dei problemi insorti, anche dalle esperienze vissute in questi anni di<br />

comunicazione per indicare alcuni obiettivi che noi abbiamo distinto tra “il<br />

dire” e “l’ascoltare”.<br />

Al “dire” afferiscono: far conoscere i servizi, informando su obiettivi, interventi<br />

e risultati; far conoscere i diritti dei cittadini; rendere migliore e più appropriata<br />

la domanda; qualificare il servizio prestato; garantire visibilità e riconoscibilità<br />

delle strutture; rendere trasparente l’azione; accreditare il servizio come struttura<br />

autorevole e credibile (fiducia), cioè posizionare l’ente nella comunità.<br />

All’ambito dell’ “ascoltare” noi riferiamo: facilitare il contatto da parte dei<br />

cittadini; favorire confronti, verifiche e collaborazioni; garantire spazi di comunicazione<br />

(bidirezionale) permanenti, accessibili, efficaci, seri; anticipare ed<br />

assecondare le aspettative di conoscenza e di partecipazione della società; favorire<br />

l’autonomia decisionale degli utenti (empowerment).<br />

Come recitano gli “Indirizzi per la pianificazione della comunicazione 2003”<br />

dell’ APSS – Direzione Igiene e Sanità Pubblica, si tratta di azioni che solo in<br />

parte possono essere “esternalizzate” con profitto ad uffici specifici (URP, uffici<br />

stampa): questo significa che la comunicazione va gestita anche quanto più vicino<br />

al livello direttamente operativo (“ciascuno di noi comunica”) e che dobbiamo<br />

agire per metterci in grado di comunicare in maniera efficace e corretta.”<br />

Abbiamo utilizzato anche gli strumenti normali della programmazione aziendale,<br />

ad esempio una scheda di budget, per orientare le strutture e abbiamo<br />

inserito un obiettivo di miglioramento della comunicazione all’interno della<br />

pianificazione delle attività delle strutture.<br />

Veniamo all’ambito della sicurezza negli ambienti di lavoro. In <strong>Trentino</strong> queste<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

91


92<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 30. Pubblicazioni per le campagne "Igiene e sicurezza nel lavoro" (1996 - 2001).<br />

strutture hanno avuto una storia un po’ più tribolata che altrove, sono passate<br />

attraverso vari enti, sono giunte in ritardo, anche nell’ambito sanitario. Solo nel<br />

1995, con la creazione dell’Azienda Sanitaria, i servizi di prevenzione entrano<br />

nella sanità, e solo nel 2001 vengono inseriti in un’unica struttura.<br />

Questo ha creato modificazioni di denominazione, di fisionomia, di organizzazione<br />

che non hanno certamente facilitato il posizionamento dei servizi.<br />

Il regolamento dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari individua così le<br />

principali funzioni dell’Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti<br />

di Lavoro:<br />

– conoscere la diffusione dei rischi e le condizioni di salute;<br />

– individuare, far conoscere e far applicare, anche attraverso la vigilanza sul<br />

rispetto della normativa, soluzioni efficaci alle situazioni di rischio;<br />

– favorire l’autoresponsabilizzazione di datori di lavoro, lavoratori e cittadini<br />

nell’ottica della diffusione della cultura della sicurezza, mediante gli<br />

strumenti della promozione della salute, della comunicazione sul rischio,<br />

dell’assistenza, dell’informazione e della formazione.<br />

Riguardo alla nuova collocazione della vigilanza nella sanità pubblica e nella<br />

sicurezza sul lavoro Leopoldo Magelli afferma: “L’attività di prevenzione svolta<br />

dal Dipartimento di Prevenzione delle ASL non si esaurisce nella vigilanza, ma<br />

richiede un sistema partecipato di relazioni efficaci con tutti soggetti esterni”.<br />

Quindi anche la vigilanza, che molto spesso ci capita di pensare come estranea<br />

all’ambito della comunicazione, oltre a essere luogo di comunicazione, è uno strumento<br />

nel quale questi mezzi devono e possono essere utilizzati ampiamente.<br />

Espongo ora una breve panoramica delle attività che in questo decennio<br />

abbiamo elaborato all’interno del servizio.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Fig. 31. Campagna per l'uso del roll-bar sui trattori agricoli (1997-99).<br />

a) Informazione, cioè diffusione di informazioni su normative, procedure,<br />

soluzioni. Un notevole lavoro, fatto non solo di pubblicazioni e opuscoli, ma<br />

anche di seminari, corsi, incontri, in un’epoca di grandi rivolgimenti normativi<br />

che hanno richiesto all’Ente pubblico un sostegno alla diffusione e alla acquisizione<br />

dei nuovi modelli di prevenzione. Tra le nostre campagne ricordo: “Igiene<br />

e sicurezza nel lavoro”, il nostro bestseller, pubblicato in più edizioni nel corso<br />

degli anni, che tenta di spiegare con semplicità che cosa viene chiesto a lavoratori<br />

e datori di lavoro per l’applicazione della 626; la campagna sulla tutela della<br />

gravidanza e della maternità, campagna partita a seguito del decreto 645 e che<br />

viene rinnovata in questi giorni; la campagna per l’uso del roll-bar sui trattori<br />

agricoli, che ha impegnato vari mezzi, dalla televisione, alla radio, agli incontri<br />

con gli agricoltori nelle valli, ecc.; siamo stati fra i fondatori di SafetyNet, che<br />

per noi è stata un’esperienza molto importante, anche perché era molto difficile<br />

parlare di web nel ’96; campagne sulla sicurezza nell’edilizia;<br />

b) Assistenza, cioè la rilevazione dei bisogni (ascolto) e la fornitura di supporto,<br />

sotto forma di indicazioni, raccomandazioni, linee-guida: una serie di opuscoli<br />

elaborati da gruppi di lavoro con singoli artigiani, il quaderno di cantiere; lineeguida<br />

sul rischio benzene nelle stazioni di servizio, linee-guida per la gestione<br />

del rischio rumore nell’edilizia e nel comparto legno; linee-guida per gli agenti<br />

cancerogeni; ecc. Anche queste iniziative sono state poi illustrate in incontri con<br />

centinaia di imprenditori dell’artigianato in tutte le valli del <strong>Trentino</strong>;<br />

c) Governance: interventi su obiettivi condivisi; partecipazione, coinvolgi-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

93


94<br />

CAPITOLO 3<br />

mento, alleanze (piani di comparto, progetti-obiettivo, protocolli), cioè quelle<br />

azioni di regia e di governo che vengono oggi assegnate ai servizi pubblici della<br />

sicurezza e anche della sanità pubblica in generale. Questa funzione di regia ci<br />

ha visto soprattutto impegnati in piani di comparto: il piano sicurezza nei lavori<br />

agricoli; il Piano triennale; la fissazione di 12 priorità per la prevenzione degli<br />

incidenti gravi; il patto della responsabilità settore legno; il progetto “alcol e<br />

lavoro” e quello “incidenti stradali”, progetto ad ampio raggio, con una sezione<br />

dedicata anche alla sicurezza sul lavoro.<br />

Chiudo esponendo alcune prospettive e auspici, pur sottolineando che abbiamo<br />

ancora molte difficoltà ad affrontare questi temi perché non abbiamo<br />

competenze sufficienti: accrescere le competenze comunicative attraverso la<br />

formazione (fino a poco tempo fa nessun percorso formativo delle professioni<br />

sanitarie prevedeva l’inserimento della comunicazione nel bagaglio delle abilità<br />

e delle competenze, oggi finalmente si è iniziato, ad esempio con i tecnici della<br />

prevenzione e con gli infermieri); valorizzare il ruolo comunicativo degli operatori<br />

(professionalizzare); rendere risorsa e funzione strategica la comunicazione; creare<br />

un sistema di comunicazione; sviluppare gli strumenti di relazione; programmare,<br />

unitamente alle azioni, gli strumenti di comunicazione; considerare l’efficacia<br />

degli strumenti; sviluppare metodi di intervento ispirati alla comunicazione sui<br />

rischi, alla promozione della salute e agli interventi di sanità pubblica; sollecitare<br />

la partecipazione; creare spazi permanenti di interazione, comunicazione,<br />

partecipazione.<br />

3.3. Gli Enti pubblici locali.<br />

L’esperienza del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro<br />

del Dipartimento della Sanità Pubblica della USL di Reggio<br />

Emilia<br />

CARLO VERONESI<br />

Questa comunicazione vuole portare l’esperienza di lavoro all’interno di un servizio<br />

della Provincia di Reggio Emilia che è un servizio di vigilanza, ma che noi<br />

tutti interpretiamo come un servizio di prevenzione, di assistenza alle aziende,<br />

di informazione-formazione.<br />

Queste tre tipologie di attività (vigilanza, assistenza e informazione-formazione)<br />

sono alla base del nostro lavoro, che cerchiamo di ripartire in questo modo<br />

perché riteniamo che sia l’unico per affrontare sotto vari aspetti il problema della<br />

salute sui luoghi di lavoro.<br />

Abbiamo posto la scuola al centro della nostra attività di informazione-for-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

mazione. Esemplare, nel ‘97, l’esperienza della campagna per la prevenzione dei<br />

rischi sul lavoro, un evento che è durato una settimana durante la quale tutte<br />

le scuole della provincia hanno presentato realizzazioni, performance, prodotti<br />

e lavori elaborati nel corso dell’anno scolastico.<br />

Nella Provincia di Reggio Emilia, questa iniziativa ha costituito un passo<br />

avanti nella conoscenza della 626, nel senso che migliaia di studenti hanno<br />

visto le mostre e hanno partecipato alle performance nelle piazze della città e<br />

attraverso loro abbiamo veramente coinvolto tutta la città, dato che anche i<br />

genitori partecipavano da casa a quello che facevano i ragazzi.<br />

Tutte queste manifestazioni sono state portate nelle piazze, nelle strade, nei<br />

teatri, nei cinema, nelle sale d’esposizione di Reggio Emilia, e sono stati portati<br />

a termine 24 progetti con temi attinenti al tipo di istituto superiore, a cui hanno<br />

contribuito peraltro anche le scuole inferiori. I progetti sono riconducibili a varie<br />

tipologie: l’installazione di un labirinto costruito nella piazza della città, con<br />

domande sulla sicurezza; I fiori al lavoro, aiuole disegnate attraverso i fiori con<br />

i colori della sicurezza; un cantiere costruito nel centro della città, progettato<br />

appositamente dall’Istituto Geometri; Il lavoro è di moda, una sfilata di dispositivi<br />

di protezione individuale che aveva lo scopo di rendere di moda un abbigliamento<br />

normalmente considerato come una cosa faticosa da portare; mostre d’arte di<br />

lavori e disegni dei bambini; pubblicazione di Storie e Memorie; l’opuscolo sulla<br />

sicurezza per i ragazzi al primo ingresso nella scuola; l’opuscolo Benvenuto al<br />

lavoro in sicurezza, tradotto in tre lingue per i lavoratori stranieri; alcuni video<br />

sulla sicurezza dei laboratori di chimica, di meccanica e di elettrotecnica; alcuni<br />

videogiochi; quattro spettacoli di teatro; una rassegna di film e concorsi.<br />

Le scuole, di tutta la provincia, che hanno collaborato alla preparazione di<br />

questi progetti sono state 205, gli studenti complessivamente 2.600, i docenti<br />

coinvolti 110, i partecipanti alle mostre, ai convegni, alle proiezioni cinematografiche<br />

e agli spettacoli teatrali 4.700.<br />

Recentemente è stato realizzato dalle scuole in rete della Provincia di Reggio<br />

Emilia un sito web del quale gli attori sono gli RSPP delle scuole stesse e il<br />

Comune di Reggio Emilia, che è il catalizzatore di questo sito in cui vengono<br />

raccolte le esperienze e le soluzioni portate avanti dagli istituti scolastici di ogni<br />

ordine e grado, in merito sia agli obblighi legislativi sia a progetti educativi<br />

rivolti agli studenti. Il sito ospita anche un gruppo di discussione che applica<br />

e fa vedere agli altri quello che nella propria scuola è stato realizzato in modo<br />

ritenuto esportabile. Per il domani, stiamo lavorando perché la sicurezza sia<br />

integrata all’interno del piano dell’offerta formativa, quindi stiamo puntando,<br />

insieme al CSA (ex Provveditorato agli Studi) a far entrare la sicurezza all’interno<br />

delle unità formative capitalizzabili.<br />

Veniamo ora ad altri tipi di attività che riguardano i lavoratori stranieri. Dal<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

95


96<br />

CAPITOLO 3<br />

punto di vista della comunicazione è molto diverso parlare a dei ragazzi, che<br />

bisogna interessare e far partecipare, che parlare ad adulti. Ovviamente, bisognerebbe<br />

fare partecipare e interessare anche gli adulti, ma le strategie in questo<br />

ambito possono essere diverse e anche molto difficili.<br />

Ci siamo trovati, ad esempio, a dover rispondere alla richiesta dell’Associazione<br />

Cinesi di fare un corso agli imprenditori di quell’etnia che si erano autonominati<br />

RSPP, perché nessuno voleva prendersi questo impegno. Ci siamo assunti<br />

noi questo compito per il comparto tessile, che da noi è piuttosto importante:<br />

abbiamo costituito un pacchetto formativo bilingue molto semplice, con molte<br />

immagini, poco testo (e molta spesa, perché abbiamo dovuto tradurlo in cinese!)<br />

ed abbiamo prodotto un pacchetto di circa 100 lucidi organizzati in sezioni con<br />

i classici argomenti che devono essere conosciuti da un RSPP, italiano o cinese<br />

che esso sia. L’organizzazione è stata di questo tipo: abbiamo inserito nel primo<br />

corso coloro che comprendevano l’italiano e abbiamo chiesto la loro disponibilità<br />

a seguire, uno alla volta, i corsi successivi (che sono stati 5, ciascuno di 16<br />

ore) per altri RSPP che non comprendevano bene la lingua. I lucidi sono stati<br />

tradotti in cinese, con poco testo scritto e molte immagini.<br />

È stata un’esperienza molto particolare perché gli utenti venivano da ispezioni<br />

fatte congiuntamente da Carabinieri, ex Ispettorato del Lavoro e USL alla ricerca<br />

di clandestini e su segnalazione dei vicini perché i laboratori tessili funzionavano<br />

anche di notte. Erano ispezioni talvolta drammatiche e penose, che in alcuni<br />

casi si concludevano con l’espulsione di familiari occupati clandestinamente. In<br />

poche parole, abbiamo cercato, insieme all’Associazione Cinesi, di renderli più<br />

ottemperanti alle disposizioni della legge, di fare in modo che almeno sapessero<br />

dove e a chi rivolgersi se avevano intenzioni di mettersi in regola, perché non<br />

avevano la minima idea delle normative. L’esperienza non è stata bellissima perché<br />

gli utenti l’hanno seguita per costrizione. A dire la verità, non posso garantire<br />

nulla rispetto ai risultati, ma è stata comunque un’iniziativa che c’è stata poi richiesta<br />

da altre Province, perché questi lucidi abbastanza semplici prendono in<br />

considerazione un po’ tutte le tipologie di rischio di un laboratorio tessile.<br />

Un altro comparto molto impegnativo è quello dell’agricoltura, nel quale<br />

abbiamo molti lavoratori stranieri, soprattutto pakistani, indiani e del nord<br />

Africa. Abbiamo operato insieme al Comitato di concertazione provinciale di<br />

cui fanno parte, oltre agli Enti interessati, tutte le associazioni imprenditoriali e<br />

sindacali. Intervenire in agricoltura è difficilissimo per la parcellizzazione delle<br />

aziende agricole e per lo scarso numero dei dipendenti regolarmente assunti.<br />

Anche qui, per la grande diffusione del lavoro irregolare, non abbiamo potuto<br />

fare di meglio che produrre alcuni opuscoli tradotti in tre lingue (inglese, francese<br />

ed arabo) nei quali vengono presi in considerazione i rischi di igiene e sicurezza<br />

negli allevamenti zootecnici. Sono pubblicazioni di una sessantina di pagine che<br />

forniamo durante i corsi di formazione che stiamo facendo con Agriform, l’ente<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

di formazione di tutte le associazioni agricole della provincia.<br />

Veniamo infine all’edilizia, un settore nel quale stiamo lavorando moltissimo.<br />

La vigilanza in questo comparto per noi è uno degli aspetti fondamentali: circa<br />

650 delle 1.500 aziende che ispezioniamo in un anno a Reggio Emilia sono<br />

cantieri edili.<br />

Facciamo anche altre iniziative, come per esempio, nel 2001, una settimana<br />

di iniziative d’informazione contro le cadute dall’alto, nella quale abbiamo cercato<br />

di concentrare alcune delle possibili forme di comunicazione, tra cui un<br />

incontro con gli studenti dei geometri e un corso pratico sull’utilizzo dei DPI<br />

di terza categoria, cioè le cinture di sicurezza, le cosiddette “salvavita” per le<br />

quali occorre un aggiornamento e una formazione specifica: abbiamo costruito<br />

un falso tetto a mezzo metro da terra, sul quale gli operatori che seguivano la<br />

formazione hanno provato le cinture di sicurezza.<br />

Questi corsi sono stati ripresi dalla scuola edile e oggi vengono proposti abbastanza<br />

regolarmente a chi opera sui tetti. La sicurezza nei cantieri edili, una<br />

guida pratica per l’infortunistica nei cantieri edili, è giunta alla settima edizione<br />

aggiornata; la stiamo distribuendo in tutte le manifestazioni a cui partecipiamo<br />

e può essere richiesta ai nostri servizi.<br />

Abbiamo inoltre prodotto alcuni filmati per i lavoratori italiani e stranieri nei<br />

quali, con stile esplicativo, abbiamo cercato di dare un messaggio informativointerpretativo<br />

di come bisognerebbe operare. Noi parliamo ai lavoratori italiani<br />

e stranieri in un settore che dà molti problemi perché in questo momento la<br />

parcellizzazione e la destrutturazione delle imprese mette i cantieri edili in una situazione<br />

di lavoro veramente molto precaria dal punto di vista della sicurezza.<br />

Siamo partiti con la motivazione dell’alta incidenza e gravità degli infortuni<br />

nel comparto edile di Reggio Emilia, uno dei comparti nei quali sia per incidenza<br />

degli infortuni che per la loro gravità la situazione è pessima. L’obiettivo del<br />

progetto è quello di aumentare la cultura della sicurezza, sensibilizzare i lavoratori<br />

del comparto e fornire delle nozioni di base sulle misure di prevenzione<br />

da adottare in presenza dei rischi lavorativi.<br />

Questo prodotto è stato realizzato sulla base dei finanziamenti erogati dall’INAIL<br />

nell’ambito di un’iniziativa di sostegno e promozione della formazione,<br />

informazione e comunicazione. Consiste in dieci filmati di 3 minuti che<br />

affrontano i principali rischi del comparto: lavori sulle coperture e sui tetti, i<br />

ponteggi, le cinture di sicurezza e i dispositivi anticaduta; le gru e gli argani; le<br />

cadute dall’alto (parapetti, scale fisse, ambienti di lavoro); l’organizzazione e i<br />

comportamenti nel cantiere; i dispositivi di protezione individuale; l’impianto<br />

elettrico; le macchine da cantiere; la movimentazione manuale dei carichi. I<br />

filmati sono già stati prodotti in italiano e devono essere ora tradotti in inglese,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

97


98<br />

CAPITOLO 3<br />

francese ed arabo e poi distribuiti tramite le associazioni imprenditoriali alle<br />

aziende e ai lavoratori.<br />

Saranno distribuite 1.250 videocassette di cui 800 in italiano, per circa 4.000<br />

lavoratori (abbiamo stimato che con il metodo di distribuzione adottato ogni<br />

cassetta possa ragionevolmente essere vista da 5 lavoratori), 150 copie in inglese<br />

(per 750 lavoratori) e altrettante in francese e in arabo. I filmati verranno<br />

anche diffusi per un anno intero tramite la televisione locale Tele Reggio nel<br />

corso della popolare trasmissione Habitat, che tratta dei problemi dell’edilizia:<br />

I filmati andranno in onda uno alla volta, a rotazione, in tutte le 45 puntate in<br />

cui si articola la trasmissione nell’arco dell’anno. I promotori del progetto sono<br />

la Provincia di Reggio Emilia, l’Azienda USL e TR Editoriale.<br />

L’esportabilità del progetto è assicurata dal fatto che non c’è nessuna caratterizzazione<br />

territoriale e la modalità di distribuzione è libera, previo accordo con<br />

l’INAIL, che è il proprietario del prodotto.<br />

3.4. Le parti sociali.<br />

Confindustria<br />

LUIGI CASANO<br />

Le direttive comunitarie che si sono occupate della salute e della sicurezza sui<br />

luoghi di lavoro, e che sono state recepite nel nostro Paese, hanno definito delle<br />

strategie e addirittura una filosofia della sicurezza in azienda.<br />

Filosofia che praticamente si è focalizzata su alcuni capisaldi e istituti come<br />

quelli dell’informazione e della formazione, della valutazione del rischio, della<br />

consultazione, prevedendo quindi la partecipazione nell’ambito aziendale di più<br />

figure per gestire nel modo migliore possibile la materia stessa.<br />

Le direttive comunitarie hanno delineato un quadro legislativo europeo, e<br />

successivamente nazionale, che ha portato a livelli di attenzione per la sicurezza<br />

abbastanza elevati il nostro sistema normativo, introducendo in particolare<br />

una organizzazione nuova nella gestione della sicurezza. Le indicazioni fornite<br />

dalle direttive comunitarie per quello che riguarda le prescrizioni tecniche in<br />

materie di sicurezza nella maggior parte dei casi erano già comprese nel nostro<br />

vecchio ordinamento giuridico nazionale, ma il processo legislativo comunitario<br />

e successivamente quello nazionale di recepimento delle direttive hanno individuato<br />

percorsi vincenti, in particolare nella informazione, nella formazione e<br />

nella comunicazione. Tutti questi sono istituti che hanno contribuito e contribuiranno<br />

sempre di più, e in maniera sempre più rilevante, a favorire la crescita<br />

della cultura della prevenzione in tutti i soggetti del mondo del lavoro.<br />

Il nostro sistema confindustriale ha attuato fin dalla metà del decennio scorso,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

cioè all’atto dell’entrata in vigore del decreto legislativo 626, una politica del<br />

settore mirata ad informare e formare i soggetti della sicurezza e in particolare<br />

le imprese associate, ricorrendo agli strumenti della comunicazione ritenuti di<br />

volta in volta maggiormente idonei a diffondere le specifiche tematiche.<br />

Fin dall’entrata in vigore di quell’importante provvedimento le nostre associazioni<br />

territoriali e di categoria si sono attivamente impegnate organizzando su<br />

tutto il territorio nazionale, anche in concorso con altre organizzazioni pubbliche<br />

e private, corsi di formazione per i soggetti della sicurezza: responsabili, addetti ai<br />

servizi di protezione e prevenzione, datori di lavoro, rappresentati dei lavoratori<br />

per la sicurezza. E questo l’ha fatto pubblicando manuali e quaderni di carattere<br />

generale e specialistico, prodotti (anche informatici) finalizzati a fornire corrette<br />

procedure e suggerimenti utili all’attuazione delle normative di sicurezza e in<br />

particolare ad accrescere la cultura prevenzionistica del nostro Paese.<br />

Nel 1995 Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno definito un accordo interconfederale<br />

che riguardava la creazione degli organismi paritetici operanti in<br />

materia di salute e sicurezza sul lavoro, individuando tre livelli di competenza:<br />

un livello nazionale, un livello regionale e un livello provinciale. In particolare,<br />

gli organismi a livello regionale erano e sono incaricati di promuovere la materia<br />

della formazione alla sicurezza dei lavoratori.<br />

Recentemente è stata creata “Fondo Impresa”, una fondazione paritetica<br />

(Confindustria e Sindacati) che si occuperà di finanziare progetti di formazione<br />

per la sicurezza che le aziende ed i sindacati aziendali presenteranno per i vari<br />

finanziamenti agli organismi regionali di cui ho accennato. Il processo è ancora<br />

all’inizio, ma si svilupperà molto presto e sarà un passo avanti nel settore della<br />

formazione alla sicurezza.<br />

La comunicazione alla sicurezza, secondo noi, si rivolge in particolare a quattro<br />

figure: ai lavoratori, attraverso l’informazione e la formazione; ai soggetti specifici<br />

della sicurezza che operano nell’azienda, come i rappresentanti dei lavoratori<br />

per la sicurezza; ai responsabili dei servizi di protezione e prevenzione; ai datori<br />

di lavoro.<br />

Inoltre vanno attuate procedure e buone prassi applicative delle normative di<br />

sicurezza vigenti nei vari settori dell’attività lavorativa, con riferimento ai rischi<br />

specifici. Confindustria ha collaborato con l’UNI, l’INAIL, l’ISPESL, i sindacati<br />

e altri istituti a realizzare in materia di salute e sicurezza una linea guida sui<br />

sistemi di gestione per la salute e sicurezza in azienda. È una linea guida diffusa<br />

dall’UNI già due anni fa che individua all’interno delle aziende dei percorsi di<br />

aiuto ai datori di lavoro e alle imprese nella gestione della materia della salute<br />

e sicurezza in azienda. È stata seguita da altre due linee guida di settore (una<br />

sui sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro per l’edilizia e una per<br />

il settore metalmeccanico) e da una più generale per l’applicazione dei principi<br />

generali del primo documento dell’UNI. Sicuramente questo documento in<br />

particolare sarà d’aiuto alle imprese nella gestione della salute e sicurezza senza<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

99


100<br />

CAPITOLO 3<br />

costi eccessivi e senza che le imprese stesse siano vincolate all’attuazione della<br />

linea guida stessa, quindi una adesione di carattere volontario.<br />

Confindustria non si occupa direttamente della predisposizione di strumenti<br />

formativi o di strumenti di aiuto alle imprese, se non a livello di circolari, news,<br />

organizzazioni di convegni diretti alle nostre associazioni territoriali o di categorie.<br />

Sono poi le associazioni che, attraverso prodotti informatici o cartacei, danno<br />

degli indirizzi operativi alle imprese, e in molti casi anche per la formazione dei<br />

lavoratori.<br />

Fra i materiali realizzati si possono citare ad esempio le liste di controllo per<br />

l’edilizia prodotte dai CPT, come un manuale operativo per la valutazione dei<br />

rischi nella costruzioni, oppure i manuali preparati e diffusi da Assolombarda,<br />

relativi a specifici ambiti di prevenzione, o ancora un CD sul rischio chimico<br />

realizzato da Federchimica.<br />

Il nostro sistema è molto attento alle questioni relative alla salute e sicurezza<br />

sul luogo di lavoro. Iniziative in tal senso ci sono anche a livello di vertice<br />

confindustriale, perché tutto il nostro sistema imprenditoriale sente molto il<br />

problema della salute e sicurezza sul luogo di lavoro.<br />

3.5. Le parti sociali.<br />

Confartigianato<br />

GIORGIO RUSSOMANNO<br />

La prima cosa di cui tener conto, anche per quanto riguarda la SSL, è che l’artigianato<br />

ha delle caratteristiche precipue: sono caratteristiche dimensionali, ma<br />

anche, certe volte, di debolezza strutturale; soprattutto le imprese artigiane sono<br />

tante (oltre 1.200.000 in Italia), articolate in tantissime e specifiche attività.<br />

Lo sottolineo perché alcune volte esigenze di contenimento dei costi o di<br />

accorpamento delle iniziative di comunicazione fanno sì che una campagna<br />

informativa debba riferirsi a obiettivi differenti che talvolta possono essere o<br />

essere percepiti come contrastanti. Non è ovvio ricordarci sempre che l’obiettivo<br />

principale è la riduzione dei rischi nelle aziende reali, cioè nelle aziende per come<br />

esse si presentano effettivamente nella realtà articolata del nostro Paese, con le<br />

loro debolezze e le loro specificità.<br />

Alcune tipologie di aziende artigiane, come le aziende edili e di trasporti, sono<br />

numericamente molto consistenti; altre, benché non meno importanti sotto il<br />

profilo economico o sociale, non sono particolarmente numerose.<br />

Un secondo elemento da cui partire è il fatto che un’azienda artigiana si confi-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

gura come un microcosmo tenuto insieme da una particolarità sociale: lavoratori<br />

e imprenditori lavorano fianco a fianco, subiscono gli stessi rischi e quindi, da<br />

questo punto di vista, i messaggi dall’uno all’altro, dall’imprenditore al lavoratore<br />

per quanto riguarda determinate istruzioni o dal lavoratore all’imprenditore per<br />

quanto riguarda la sussistenza di determinati rischi, sono facilitati. Inoltre c’è<br />

una componente importantissima nel nostro sistema: il lavoratore autonomo. Il<br />

lavoratore autonomo è escluso dal campo di applicazione della 626, ma questo<br />

non l’abbiamo certo inteso come una licenza di suicido, e tentiamo di inglobare<br />

il lavoratore autonomo all’interno di flussi informativi e del miglioramento delle<br />

conoscenze di cui dispongono gli imprenditori e i lavoratori dipendenti.<br />

Un terzo importante elemento: la capacità di tutelare la salute non è spontanea,<br />

è una funzione appresa e probabilmente bene ha fatto l’ultimo decreto<br />

ad inserire elementi di conoscenze pedagogiche e di competenze didattiche tra<br />

i requisiti professionali delle RSPP, e del responsabile in particolare. Una delle<br />

caratteristiche principali del mondo artigiano, accanto alla spiccata perizia tecnica,<br />

è il titolo di studio piuttosto basso: solo l’1% degli imprenditori artigiani<br />

ha la laurea e il 50% dei lavoratori del comparto ha solo il titolo di studio della<br />

scuola dell’obbligo. Quindi è un ambiente molto esperto riguardo alla propria<br />

specifica attività produttiva, ma che deve apprendere le tecniche di divulgazione.<br />

Siccome si tratta di uno degli obblighi che la 626 dà all’imprenditore, è<br />

necessario che l’imprenditore conosca anche determinate tecniche di relazione<br />

interpersonale e di comunicazione. Non basta che l’imprenditore, ligio alla normativa,<br />

abbia per le mani le schede di sicurezza (tanto per citare un esempio), è<br />

anche importante che gli conosca alcune tecniche di divulgazione nei confronti<br />

dei suoi dipendenti.<br />

Il messaggio è tanto più efficace quanto più l’obiettivo è univoco. Se si fa una<br />

campagna con obiettivi differenti (per esempio, per promuovere l’utilizzo di un<br />

DPI, cioè un dispositivo di protezione individuale, e contemporaneamente per<br />

modificare i comportamenti), spesso questi obiettivi vengono letti e interpretati<br />

come divergenti.<br />

Ultimo elemento, ma non in termini di importanza, sono i costi. Non solo per<br />

l’ideazione, per la realizzazione e per la distribuzione dei materiali informativi,<br />

ma anche per il fatto che nel momento della fruizione della comunicazione c’è<br />

un costo derivato dal mancato guadagno, dalla mancata applicazione ad una<br />

macchina e del mancato lavoro degli addetti. Soprattutto quest’ultima categoria<br />

di costi viene percepita come pesante. Naturalmente è una percezione sbagliata,<br />

che fa elevare i costi molto più pesanti della non sicurezza, tuttavia è un elemento<br />

che deve essere preso in considerazione.<br />

Come attore della comunicazione per la SSL, il sistema Confartigianato è un<br />

sistema complesso: circa 500 mila associati, 140 associazioni provinciali e 720<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

101


102<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 32. Pubblicazioni multilingue per i lavoratori dell'edilizia.<br />

mandamentali (quindi con una presenza capillare sul territorio). La strategia che<br />

dobbiamo utilizzare per arrivare all’utente dell’informazione SSL è una strategia<br />

a cascata moltiplicativa. Il nostro sistema è articolato in associazioni territoriali<br />

relativamente autonome e ciascun ganglio della rete produce campagne e materiali<br />

informativi, mentre noi coordiniamo il tutto.<br />

Una parte centrale del nostro impegno l’abbiamo dedicata al sistema della<br />

bilateralità perché gli enti bilaterali, gli organismi paritetici, gli istituti pubblici, le<br />

organizzazioni indipendenti hanno un ruolo riconosciuto all’interno della legge<br />

sulla prevenzione e sicurezza, perché gli enti bilaterali hanno le risorse da dedicare<br />

a questo compito e perché questi enti riescono a produrre direttamente materiali<br />

comunicativi condivisi e la condivisione è già di per sé un valore aggiunto.<br />

Tra gli attori della comunicazione c’è naturalmente la stampa, che però, a<br />

mio modo di vedere, non sempre gioca un ruolo positivo. La stampa produce<br />

notizie, e credo che questo sia uno degli elementi più critici, perché si sa che<br />

l’impatto della notizia è in funzione dell’emozione procurata: la notizia è tale<br />

in quanto esercita una determinata emozione, purtroppo in genere negativa, di<br />

sorpresa, di allarme, di ansia. E, come è già stato detto, oltre un certo livello<br />

l’ansia assume una funzione di rimozione. I trend infortunistici sono in leggera<br />

ma costante diminuzione anche nelle PMI: è vero, ma certamente non fa notizia.<br />

E questo è un problema.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Fig. 33. Pubblicazioni multilingue per i lavoratori dell'edilizia..<br />

Forse le campagne sull’AIDS, le campagne sulla SARS o sulla mucca pazza<br />

hanno bucato il video, hanno avuto successo, ma non certo quelle sugli infortuni<br />

sul lavoro, sulla sicurezza nel lavoro. Al massimo vediamo il caso dell’infortunio<br />

in cronaca locale, magari esposto in maniera colorita e certe volte anche<br />

raccapricciante; tutt’al più agli onori della stampa arriva la pubblicazione del<br />

rapporto annuale dell’INAIL.<br />

Ci sembra veramente troppo poco, ci sembra che la stampa non abbia un<br />

approccio positivo a questa materia, tanto più che il percorso leggibile tra le<br />

righe è sempre lo stesso: infortunio = mancanza di rispetto della legge = avviene<br />

tipicamente nelle PMI. Noi siamo anche impegnati nel tentare di fornire degli<br />

elementi di equilibrio rispetto a questo pregiudizio che è costante e generalizzato.<br />

La mission della comunicazione di Confartigianato è aiutare la pubblica<br />

opinione a conoscere i fenomeni infortunistici e a valutarli correttamente,<br />

focalizzandosi sugli strumenti e le soluzioni piuttosto che sugli allarmi più o<br />

meno giustificati<br />

Nelle PMI qualche messaggio è passato e si stanno verificando delle tendenze<br />

positive. Le dobbiamo comunicare, ma ancora non ci riusciamo, soprattutto in<br />

edilizia. La forbice tra la grande impresa e la piccola impresa sta diminuendo e<br />

la piccola impresa sta accogliendo alcuni elementi di gestione, di migliore organizzazione.<br />

Nei confronti nella stampa dobbiamo essere impegnati appunto<br />

a fornire questi elementi.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

103


104<br />

CAPITOLO 3<br />

Mi sembra molto importante prendere in considerazione la comunicazione<br />

orale, verbale, in quanto l’informazione viaggia attraverso l’oralità, il rapporto<br />

umano, l’istruzione passata direttamente dall’imprenditore al lavoratore, nelle<br />

riunioni di categoria, nelle attività di assistenza e consulenza, negli incontri<br />

operativi, nei rapporti e negli eventi istituzionali e così via. È un elemento importantissimo<br />

forse troppo trascurato.<br />

Un aspetto particolare è l’informazione fornita dalle aziende alla pubblica<br />

amministrazione. Quando parliamo di informazione per la SSL pensiamo tipicamente<br />

all’informazione che viene veicolata dall’istituzione verso la cittadinanza<br />

in generale e verso l’imprenditoria in particolare. Ma esiste un altro importante<br />

flusso informativo che procede per direzione inversa. Eccone alcuni esempi, un<br />

po’ provocatori, riguardanti l’aspetto infortunistico: doppio invio della denuncia<br />

infortuni (all’INAIL e alla PS); comunicazione all’ASL del superamento<br />

del limite di esposizione al rumore; comunicazione alla ASL e all’Ispettorato<br />

del nome del RSPP (art. 8, comma 11); dichiarazione dei compiti, periodo e<br />

curriculum del RSPP (art. 8, comma 11, lett. a,b,c); adempimenti per lo svolgimento<br />

diretto del SPP (art. 10, comma 2); dichiarazione attestante la capacità<br />

di svolgimento dei compiti; dichiarazione degli adempimenti dell’art. 4, commi<br />

1, 2, 3, 11; relazione sull’andamento infortuni; attestazione di frequenza del<br />

corso di formazione; comunicazione al sindaco per rientrare nell’elenco delle<br />

attività insalubri; trasmissione del registro degli esposti ad agenti cancerogeni<br />

e mutageni; trasmissione del registro dei lavoratori esposti ad agenti biologici;<br />

invio all’ISPESL delle cartelle sanitarie alla fine del rapporto di lavoro; invio all’ISPESL<br />

della copia del registro di esposizione ogni tre anni; richiesta all’ISPESL<br />

della copia delle annotazioni sul registro di esposizione per i nuovi assunti già<br />

esposti agli agenti cancerogeni.<br />

Gli imprenditori forniscono dunque molta informazione alla pubblica Amministrazione<br />

e alle istituzioni, ma questa informazione è mal gestita e assolutamente<br />

ridondante. Dovremmo pensare a cosa fare dell’enorme flusso informativo che<br />

procede verso le istituzioni, a come rendere fruibili queste informazioni, ma di<br />

questo nessuno ne parla, a parte chi, come noi, ha anche lo scopo di facilitare<br />

la vita degli imprenditori.<br />

Fra le iniziative di comunicazione per la SSL di Confartigianato vorrei citare il<br />

sito Ambiente e sviluppo sostenibile, un servizio gratuito di messaggistica SMS<br />

che quotidianamente (ogni due giorni) parla di SSL, varie attività con gli Enti<br />

bilaterali e con l’INAIL, prodotti comunicazionali per i lavoratori dell’edilizia<br />

(cassette, CD, stampati, anche utilizzando il linguaggio dei fumetti), pensati<br />

anche per i lavoratori immigrati, come glossari figurati e traduzioni in inglese,<br />

spagnolo, arabo e albanese (a questo proposito sarà importante per il futuro<br />

individuare in quali lingue tradurre in relazione ai vari comparti produttivi,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

tenendo conto delle presenze di lavoratori immigrati: per esempio, cinese nel<br />

tessile, macedone, rumeno e polacco nell’edilizia, ecc.) e lezioni on-line di lingua<br />

italiana con esempi di colloqui che possono avvenire in ambienti di lavoro tra<br />

un italiano e un arabo, tra un italiano e un sudamericano, tra un italiano e un<br />

albanese, e così via.<br />

3.6. Le parti sociali.<br />

CNCPT - Commissione Nazionale Comitato Paritetico Territoriale<br />

GIUSTINO VALTELLINO<br />

Rappresento qui un Ente bilaterale, formato dalle associazioni dei datori di lavoro<br />

e dai sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, che opera nel settore delle<br />

costruzioni, uno dei settori produttivi a più alto rischio.<br />

Vediamo di analizzare qual è lo scenario in cui opera oggi l’impresa edile.<br />

Sono numerosi gli elementi che favoriscono l’infortunio sul lavoro: a differenza<br />

di quanto succede in altri settori produttivi, l’edilizia ha formalmente una temporaneità<br />

di lavoro; la mobilità dei lavoratori è molto alta; la scolarizzazione dei<br />

lavoratori impiegati è piuttosto bassa; all’interno delle aziende c’è una presenza<br />

importante di extracomunitari. Questi aspetti sono correlati a una difficoltà di<br />

comunicazione all’interno dell’azienda, sia nell’ambito della produzione che per<br />

quanto riguarda la sicurezza.<br />

Nel cantiere edile c’è un’alta una concentrazione di possibilità di rischio, è<br />

un terreno fertile per favorire l’infortunio. Noi dobbiamo in qualche maniera<br />

intervenire per mitigare questa situazione, utilizzando la comunicazione e l’informazione.<br />

Io sono un imprenditore, un datore di lavoro che qui rappresenta una<br />

Commissione nazionale che si occupa di divulgare informazione e formazione<br />

nel mondo dell’impresa.<br />

Oggi un imprenditore deve essere anche un buon divulgatore e un comunicatore<br />

su quanto attiene la produzione e la sicurezza presso i propri dipendenti, o<br />

avere collaboratori in grado di farlo all’interno dell’azienda. Come imprenditore<br />

devo avere gli elementi per capire quali sono gli strumenti concreti da utilizzare<br />

nella mia azienda e devo verificare la formazione e l’informazione sui temi della<br />

SSL. Ci sono ottimi supporti per migliorare l’ambiente di lavoro e renderlo più<br />

sicuro, ma forse non abbiamo ancora completamente acquisito le conoscenze<br />

per integrare all’interno della nostra azienda, con i nostri collaboratori, quelli<br />

che sono gli aspetti comunicativi più elementari.<br />

Le attività di comunicazione devono avere un modello a cui fare riferimento,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

105


106<br />

CAPITOLO 3<br />

in base al quale insegnare a qualcuno che cosa fare e come farlo. Nel mondo<br />

dell’impresa, soprattutto quella delle costruzioni, esiste un modello corretto di<br />

come si fa una lavorazione, di come si applicano correttamente tutte le norme<br />

che dal ’55 a oggi un imprenditore accorto è tenuto ad applicare e un lavoratore<br />

deve avere nel proprio bagaglio culturale.<br />

Eppure oggi siamo ancora qui a discutere di come i lavoratori debbano acquisire<br />

notizie base sul come ci si approccia al lavoro dell’edilizia. Stabilire come<br />

insegnare ai propri dipendenti ad operare correttamente è facile, il modello c’è,<br />

dato che ci sono delle norme da applicare; però tutto ciò presuppone una tempistica<br />

diversa da quella a cui noi siamo abituati. E legato al tempo, purtroppo, c’è<br />

anche l’aspetto economico: effettivamente il dire che per eseguire correttamente<br />

una certa lavorazione occorre il doppio del tempo, presenta qualche problema<br />

di accettazione.<br />

Credo che la formazione debba svilupparsi in due settori: certamente deve<br />

partire dall’interno dell’azienda come momento di crescita aziendale, ma deve<br />

anche andare verso l’opinione pubblica affinché, come committente, scelga<br />

di servirsi di un partner con i requisiti in regola anche dal punto di vista della<br />

sicurezza. Ognuno di noi, nella veste di committente (sia privato che, soprattutto,<br />

pubblico) dovrebbe sapere cosa pretendere dall’impresa che gli eseguirà<br />

un lavoro e assicurarsi che l’impresa abbia all’interno tutte le conoscenze che la<br />

norma prevede.<br />

Lo scenario contrattuale nel settore dell’edilizia in qualche maniera ha anticipato<br />

i tempi introducendo contrattualmente la nascita di Enti bilaterali come<br />

il CPT o il CPTM, il CNCPT (Commissione Nazionale CPT) che gestiscono<br />

pariteticamente la formazione e l’informazione all’interno dell’azienda, e ai<br />

quali viene demandata anche la possibilità di dotarsi di strumenti informativi<br />

e divulgativi sulle norme. E il CPT, che è un sistema abbastanza ramificato sul<br />

territorio (sono circa 110 i comitati paritetici su base provinciale, coordinati e<br />

indirizzati dalla Commissione Nazionale), in effetti si è attivato già dagli anni<br />

’50 per portare una formazione di base nel settore dell’edilizia affinché le imprese<br />

crescessero con la cultura della sicurezza.<br />

Devo dire che in realtà sia i datori di lavoro che i lavoratori, proprio per il<br />

carattere precario del lavoro, hanno spesso fatto orecchie da mercante. Questo<br />

non significa che il settore non stia facendo un grosso sforzo per migliorare e<br />

per crescere, per essere al passo con i tempi, il problema è che il gap iniziale<br />

era veramente molto ampio. Le norme di derivazione europea in effetti hanno<br />

modificato integralmente il modo di operare in edilizia: ormai l’impresa, se<br />

partecipa ad appalti pubblici, deve essere certificata e quindi lavorare all’interno<br />

di procedure prestabilite.<br />

Ma la cultura dell’impresa oggi è capace di schematizzare e di industrializzare<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

il proprio processo? Credo che questo sia un aspetto problematico, soprattutto<br />

per quella temporaneità, per quella mobilità del cantiere, per quel carattere di<br />

precarietà insito nel lavoro dell’edilizia. Che cosa ha fatto il CPT sul piano dei<br />

documenti di supporto per l’informazione? E che cosa sta facendo tutti i giorni<br />

come lavoro sul campo? Sono state elaborate delle interessanti ricerche sulla<br />

valutazione del rischio rumore ambientale, destinate sia agli operatori che agli<br />

enti di controllo; sono state prodotte delle schede di riferimento per la valutazione<br />

del rischio in base alla 626 e anche una serie di documentazioni ormai<br />

accreditata come valido supporto scientifico.<br />

Per quanto riguarda il campo della formazione, contrattualmente erano previste<br />

8 ore di formazione di base per gli addetti, inizialmente rivolte ai neoassunti.<br />

In seguito le aziende si sono mosse per allargare questa formazione di base a tutti<br />

i lavoratori, e questo ha coinvolto capillarmente tutte le imprese. È stata fatta<br />

e si sta facendo formazione specifica per tutte le figure coinvolte nel processo<br />

produttivo (RSPP, RLS, addetti alle emergenze). Si è fatto un corso per la bonifica<br />

dell’amianto e altre iniziative.<br />

E questo con tutte le difficoltà di un sistema dove sta crescendo velocemente<br />

l’ingresso di lavoratori extracomunitari, con il problema di quale lingua usare<br />

e di come codificare la formazione. Il CPT di Roma, per esempio, ha messo<br />

a punto con i costruttori del Lazio una informativa, un opuscolo che illustra<br />

le norme principali nelle lingue dei lavoratori stranieri già presenti in maniera<br />

importante nel nostro sistema.<br />

Come possono convegni, o momenti di riflessione come questo, aiutare il<br />

settore delle costruzioni a scrollarsi di dosso l’etichetta di lavoro non sicuro?<br />

Cercando di modificare gli aspetti di temporaneità, di mobilità del personale.<br />

Ma certamente questo non lo si può fare solo migliorando la comunicazione<br />

all’interno dell’azienda, lo si può fare solo modificando il sistema, che è un problema<br />

che esula dai temi trattati in questo convegno.<br />

Ritengo in ogni caso che la sola comunicazione o il solo sforzo che fanno i<br />

datori di lavoro e gli operatori che collaborano con le aziende per migliorare<br />

l’organizzazione e la qualità del lavoro e anche della sicurezza, non siano sufficienti.<br />

Come dicevo, penso che si debba non solo agire all’interno dell’impresa,<br />

ma anche lavorare affinché l’opinione pubblica pretenda che un’azienda, quando<br />

viene chiamata ad eseguire un lavoro, abbia i requisiti richiesti dalla normativa, e<br />

credo che ognuno di noi possa apportare un contributo di controllo e di verifica<br />

a un settore che ha bisogno di grande collaborazione.<br />

Certamente da parte degli organismi paritetici presenti ci si sta muovendo<br />

con decisione, le imprese stesse stanno facendo molto. E momenti come questo,<br />

in cui i sistemi e le tecniche di comunicazione vengono approfonditi, possono<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

107


108<br />

CAPITOLO 3<br />

essere utili a trasformare un lavoro “poco sicuro” in un lavoro finalmente sicuro<br />

per tutti coloro che partecipano a questo processo produttivo complesso.<br />

3.7. Le parti sociali.<br />

CGIL, CISL, UIL<br />

ADOLFO DI CORRADO<br />

La sicurezza del lavoro è sempre stata contemplata tra le materie trattate dalle<br />

organizzazioni sindacali, già con l’art. 9 della legge 300 del 1970 (Tutela della<br />

salute e dell’integrità fisica: “I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno<br />

diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni<br />

e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e<br />

l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità<br />

fisica”).<br />

Oggi tutte le organizzazioni sindacali hanno creato, sia in sede nazionale che<br />

a livello decentrato, una fitta rete di comunicazione per la sicurezza del lavoro,<br />

supportata da strutture dedicate e centralizzate. Esistono, infatti, uffici per la<br />

sicurezza del lavoro nell’ambito della CGIL, della CISL e della UIL, nei quali<br />

prestano la loro opera personaggi di spicco nella materia: tecnici, ergonomi,<br />

giuristi, esperti antincendio, medici del lavoro, igienisti industriali e altre figure<br />

specialistiche. A Roma, coloro che lavorano in queste strutture hanno prodotto<br />

e producono materiali di alto livello tecnico, anche per la formazione dei lavoratori,<br />

soprattutto di quelli dei comparti più a rischio, come edilizia, comparto<br />

minerario, industria metalmeccanica.<br />

Alla storia della prevenzione e della sicurezza hanno partecipato due grandi<br />

componenti, sindacato e industria. Negli ultimi tempi il sindacato ha cambiato<br />

atteggiamento, non c’è più una forma sindacale di scontro, ma c’è piuttosto<br />

una volontà sindacale di partecipazione, lo si può verificare anche nei comitati<br />

paritetici.<br />

Vorrei citare alcuni esempi di materiali informativi sulla SSL prodotti dai<br />

sindacati. Per esempio un libro prodotto nel 1989 (ancora prima della promulgazione<br />

della 626 e delle direttive europee), un testo abbastanza complesso, molto<br />

ben fatto, sul lavoro ai videoterminali. Oggi si parla molto spesso di ergonomia,<br />

ma alcuni esperti l’avevano già presa in considerazione in questo libro. Oppure<br />

un Dizionario della Sicurezza del 1996, completo anche dal punto di vista dei<br />

termini tecnici. Tutti gli anni viene presentata una nuova edizione di un testo<br />

contenente la normativa aggiornata in materia di SSL. Alcune pubblicazioni<br />

sono realizzate in sinergia dalle tre sigle sindacali, per esempio una pubblicazio-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Fig. 34. Pubblicazioni dedicate alla sicurezza sul lavoro.<br />

ne sul pericolo “mobbing”. Purtroppo per molti di questi materiali è mancata<br />

un’adeguata pubblicizzazione.<br />

È rimasto ancora oggi un buon esempio un libro, edito dalla UIL, 584 pagine,<br />

con tutti i riferimenti normativi fino all’anno 1996. Un’altra pubblicazione,<br />

Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (compiti, funzioni e strumenti,<br />

aspetti normativi), delle Edizioni Lavoro, è un kit con CD ROM e con alcune<br />

schede, utile per i rappresentanti della sicurezza.<br />

Un altro bel libro, edito dalla Società Nazionale Operatori della Prevenzione,<br />

è opera di Luisa Benedettini, che lavora presso la CGIL e collabora spesso con<br />

Gabriella Galli della UIL e Cinzia Fraschieri della CISL nella cura di rilevanti<br />

pubblicazioni.<br />

Lo sforzo maggiore, per quanto riguarda l’attività editoriale delle organizzazioni<br />

sindacali nel campo della SSL, è stato dedicato al comparto edile, spesso<br />

in collaborazione con i Comitati Paritetici Territoriali.<br />

Ogni sigla sindacale ha anche un riferimento web (www.cgil.it/saluteesicurezza;<br />

www.626.cisl.it; www.uil.it/newsamb/default.htm) tramite il quale è possibile<br />

reperire ulteriore materiale. Si è largamente investito per una cultura della sicurezza<br />

via rete, essendo ormai ampiamente diffuso l’utilizzo di tale supporto.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

109


110<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 35. Pubblicazioni dedicate rischio di mobbing negli ambienti di lavoro.<br />

Il contatto è immediato e i quesiti posti hanno riscontro nell’arco delle 24-48<br />

ore tramite e-mail.<br />

Allo stato attuale, le organizzazioni sindacali promuovono la sicurezza del<br />

lavoro esclusivamente in modo partecipativo e orientato alla prevenzione, utilizzando<br />

le risorse a loro disposizione, proponendosi per la partecipazione attiva<br />

nella cultura della prevenzione insieme alle istituzioni nazionali più importanti,<br />

come INAIL, ISPESL, Istituto Superiore di Sanità.<br />

Va considerato comunque che, al di là di ogni appartenenza e nel rispetto delle<br />

competenze di ogni soggetto, sindacati e istituzioni diverse convergono verso<br />

lo scopo primario della tutela della salute; è dunque fondamentale attuare un<br />

percorso comune verso un futuro in sicurezza, pur nel rispetto dell’autonomia<br />

di ogni soggetto.<br />

Parlando di comunicazione per la SSL potremmo identificare alcuni fattori<br />

di successo e alcuni punti critici. I fattori di successo sono: la cooperazione fra<br />

le parti, la disponibilità di specialisti, la capacità di valutazione delle problematiche<br />

trasversali. Molto importanti sono anche le attività di formazione, che<br />

deve essere continua ed efficace, coinvolgendo le maestranze e incentivando le<br />

aziende anche di piccole entità.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Si sa che il tessuto produttivo trentino è costituito in buona parte da piccole<br />

aziende artigianali e le incentivazioni vanno date anche in rapporto alla formazione<br />

svolta e rapportate a tutto quello che può essere utile per la sicurezza del<br />

lavoro. Anche l’investimento nell’informazione pubblica è un fattore che ritengo<br />

oggettivamente importante per favorire nel mondo del lavoro comportamenti<br />

e interazioni favorevoli alla sicurezza e alla salute sul lavoro e per far crescere la<br />

cultura della sicurezza come valore per tutta la comunità.<br />

Il diritto alla salute è un diritto fondamentale, sancito dalla Costituzione. Si<br />

sa benissimo che il rischio zero è un’utopia, non può esistere, però la curva deve<br />

tendere a zero. Tutte le parti sociali sono convinte di questo e che sicuramente<br />

questo obiettivo si può raggiungere soltanto con la cooperazione fra le parti stesse<br />

(sindacati e datori di lavoro) e attivando tutte le figure previste dalla 626.<br />

Fra queste è fondamentale che sia riconosciuta la figura e il ruolo dei rappresentanti<br />

dei lavoratori.<br />

3.8. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

INAIL<br />

ANNA MARIA TODINI<br />

Parlerò delle strategie che l’INAIL segue nella sua attività di comunicazione<br />

sulla sicurezza, puntando l’attenzione sulle più recenti campagne informative<br />

e di sensibilizzazione<br />

L’INAIL comunica ovviamente in molti modi, per esempio partecipando a<br />

convegni, a manifestazioni espositive, a fiere di carattere nazionale e internazionale.<br />

Ricorre anche ai mezzi di comunicazione tradizionali, come i programmi<br />

audiovisi o la stampa di opuscoli che prendono in esame singoli argomenti o i<br />

rischi specifici di alcuni comparti produttivi.<br />

Io presenterò alcune campagne che abbiamo svolto nell’ultimo anno, partendo<br />

dalla campagna sulla sicurezza nelle costruzioni, che è stata promossa dall’Unione<br />

Europea in tutti gli Stati membri, e che in Italia è stata coordinata dal Ministero<br />

del Welfare e realizzata dall’INAIL.<br />

La campagna è stata realizzata attraverso quattro cartoon incentrati sui rischi<br />

più frequenti nel settore delle costruzioni: i rischi sul cantiere, sui ponteggi,<br />

negli scavi e sui tetti. Si tratta di una campagna rivolta all’opinione pubblica<br />

in generale; non sono cartoon rivolti agli addetti ai lavori, e la filosofia che ci<br />

ha guidato in questa scelta è stata la presa di coscienza di una situazione che è<br />

sotto gli occhi di tutti.<br />

Ogni anno in Italia abbiamo 1.200 morti sul lavoro e quasi un milione di<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

111


112<br />

CAPITOLO 3<br />

infortuni. È vero che il trend è in diminuzione ed è vero che questo dipende da<br />

una evoluzione tecnologica dei dispositivi di sicurezza e anche da una maggiore<br />

attenzione collettiva al problema della prevenzione degli infortuni, ma c’è ancora<br />

molto da fare. Si tratta quindi, e questo è lo scopo dell’attività dell’INAIL,<br />

di promuovere un cambiamento culturale, una diversa mentalità e un diverso<br />

atteggiamento rispetto al problema.<br />

Su questa crescita di consapevolezza nella collettività possono indubbiamente<br />

giocare un ruolo importante i mass-media. Purtroppo però il giornalista, anche in<br />

questo settore, è spesso alla ricerca dello scoop, parla drammaticamente di “morti<br />

bianche”, o di “stragi” se nell’infortunio sono coinvolti numerosi lavoratori.<br />

Questo non è certo il modo migliore per suscitare una attenzione costruttiva da<br />

parte dell’opinione pubblica e rimane spesso una denuncia fine a se stessa.<br />

Il problema principale è che ognuno pensa che l’infortunio non lo riguardi,<br />

che il fattore sicurezza sia un problema esclusivamente degli altri; non si tiene<br />

presente che invece riguarda tutti, nel quotidiano, negli ambienti di vita e di<br />

lavoro, nella scuola. Per esempio, dei 1.200 incidenti mortali sul lavoro registrati<br />

ogni anno in Italia, circa 300 riguardano il settore delle costruzioni, ma ben 150<br />

avvengono nei cantieri, diciamo così, familiari, quelli che si mettono in piedi<br />

quando viene chiamato un artigiano a riparare la grondaia sul tetto o a sistemare<br />

l’impianto elettrico e così via.<br />

Assumendo o incaricando di un lavoro un artigiano, noi stessi diventiamo<br />

datori di lavoro. Ebbene, generalmente compiamo questa operazione con molta<br />

disinvoltura, senza rendercene conto o magari senza neanche preoccuparci di<br />

sapere se il lavoratore sia assicurato o no. Anche per questo abbiamo attuato<br />

questa campagna per la sicurezza nelle costruzioni, cioè con l’intento di favorire<br />

questa consapevolezza in un pubblico generalista.<br />

Perché abbiamo scelto di usare i cartoni animati? Naturalmente perché il<br />

linguaggio del cartone animato è immediatamente comprensibile a tutti, ma<br />

soprattutto perché ci ha consentito di trattare un argomento delicato come quello<br />

degli infortuni sul lavoro con un linguaggio non traumatizzante. Per esempio,<br />

nello spot “Proteggi i tuoi operai che lavorano sul tetto. Fai usare imbracature e<br />

ancoraggi sicuri” il lavoratore cade, si disintegra, va in mille pezzi, ma l’effetto<br />

che produce il cartone animato è del tutto sdrammatizzante.<br />

Usando questo linguaggio, che non è molto consueto per la pubblica amministrazione,<br />

abbiamo fatto una scelta antitetica rispetto a quella privilegiata nel<br />

mondo anglosassone in cui si affronta il problema della sicurezza in generale,<br />

non solo sul lavoro, con delle immagini molto drammatiche, scioccanti che però<br />

fanno sì che il pubblico esorcizzi il problema, lo allontani, non prendendone<br />

con ciò consapevolezza.<br />

La filosofia che ci ha ispirato è che, in questa società in frenetica evoluzione,<br />

continuamente bombardata da messaggi a volte anche contraddittori, l’intervento<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

comunicativo dovrebbe cercare nuovi linguaggi, nuove forme espressive e anche<br />

nuovi canali di comunicazione.<br />

L’INAIL non è nuova a questa sperimentazione di diverse forme espressive.<br />

Già qualche anno fa abbiamo utilizzato il linguaggio dei fumetti servendoci dei<br />

personaggi della Disney per divulgare il messaggio della sicurezza presso un pubblico<br />

giovanissimo, quello delle scuole elementari. Ci siamo serviti dei fumetti<br />

anche per “Casa dolce casa”, una pubblicazione realizzata assieme all’ISPESL<br />

per sensibilizzare le casalinghe e tutti coloro che lavorano in casa sui problemi<br />

ed i rischi che esistono nell’ambito delle mura domestiche. Abbiamo usato il<br />

linguaggio della satira, anche per un opuscolo redatto insieme all’ANMIL (Associazione<br />

Nazionale fra Mutilati ed Invalidi del Lavoro) e poi distribuito con<br />

La Repubblica. In questo caso, siamo ricorsi alla matita di alcuni famosissimi<br />

vignettisti satirici italiani per sensibilizzare sul tema della disabilità.<br />

Il tema è stato affrontato senza toni pietistici, con delle immagini molto crude,<br />

forti, tanto che, nel timore di urtare la sensibilità delle persone disabili, prima<br />

di mandarle alle stampe le abbiamo sottoposte al giudizio di una rappresentanza<br />

di portatori di handicap.<br />

Siamo dunque convinti che bisogna indurre un cambiamento culturale nell’opinione<br />

pubblica e che, per portare a compimento questo processo, che non<br />

è né breve né facile, l’intervento comunicativo debba essere rafforzato anche da<br />

una azione concreta ed essere accompagnato dalla promessa di qualche cosa. In<br />

pratica, in questo tipo di comunicazione sociale può anche essere utile la promessa<br />

di quel benefit che sempre accompagna la comunicazione pubblicitaria.<br />

Banalizzando, si potrebbe dire che indurre un operaio a mettersi il casco o<br />

convincere un datore di lavoro a modernizzare i propri sistemi di produzione,<br />

può equivalere, sotto il profilo dell’efficacia comunicativa, a convincere una<br />

casalinga ad usare un nuovo detersivo per la casa perché magari i pavimenti<br />

saranno più brillanti o perché la biancheria risulterà più profumata.<br />

Questo intento è ben presente nella nostra campagna di comunicazione per far<br />

conoscere gli incentivi concessi dall’INAIL alle piccole e medie imprese agricole<br />

ed artigianali intenzionate ad adeguare i loro sistemi produttivi alle normative<br />

di sicurezza. Per far conoscere questa opportunità, abbiamo fatto ricorso a tre<br />

strumenti comunicativi: un’inserzione pubblicitaria, uno spot televisivo e uno<br />

radiofonico.<br />

L’omino protagonista, il solito che accompagna le campagne dell’INAIL negli<br />

ultimi anni, si sta preparando a combattere con i guantoni da pugile perché,<br />

come recita l’headline, “la miglior difesa è l’attacco”. Poiché non si deve far<br />

trovare impreparato di fronte ai rischi che potrebbero colpirlo nella sua azienda<br />

deve ricorrere agli incentivi finanziari che possono aiutarlo a mettersi in regola<br />

con la normativa di sicurezza. Questa è, appunto, la promessa che noi facciamo,<br />

la promessa di una migliore sicurezza nell’ambito dell’azienda se ricorrerà alla<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

113


114<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 36. Manifesto per la campagna di comunicazione per far conoscere gli incentivi<br />

concessi dall'INAIL alle piccole e medie imprese intenzionate ad adeguare<br />

i loro sistemi produttivi alle normativce di sicurezza.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

possibilità offertale. Il leitmotiv, “la miglior difesa è l’attacco”, lo ritroviamo sia<br />

nel manifesto che nello spot radio e in quello video.<br />

La campagna è stata condotta sui canali più tradizionali, essendo diretta ai datori<br />

di lavoro; le inserzioni pubblicitarie sono state diffuse sui quotidiani nazionali<br />

e sui principali locali e lo spot radio è andato in onda su Radio Rai e Radio 24.<br />

Il breve spot video (15 secondi) è andato in onda su un particolare canale che<br />

stiamo utilizzando da poco tempo: il piccolo schermo nelle sale d’attesa degli<br />

aeroporti che, come ci hanno indicato le indagini di mercato, raggiunge molte<br />

migliaia di persone, tutte quelle che frequentano gli aeroporti.<br />

Tra l’altro, questa è un’operazione che consente una vasta penetrazione con<br />

un budget alquanto limitato.<br />

Un altro esempio di intervento comunicativo contenente una promessa di un<br />

benefit (accompagnato quindi da una azione concreta dell’INAIL per sviluppare<br />

consapevolezza nella collettività) è la campagna realizzata con il Ministero dell’Istruzione<br />

per creare la cultura della sicurezza presso i giovani, gli universitari<br />

e gli studenti degli istituti di istruzione tecnica superiore.<br />

Con questa iniziativa sono state messe in palio delle borse di studio per gli<br />

studenti che presenteranno dei progetti per la sicurezza. “Sicurezza” intesa in<br />

senso ampio, non solo sicurezza sul lavoro: sicurezza alimentare, sicurezza nell’ambiente,<br />

sicurezza sulla strada, sicurezza nelle discoteche, in automobile…<br />

Perché quello che ci proponiamo è di far interiorizzare ai giovani, che saranno i<br />

lavoratori e i datori di lavoro di domani, un concetto: l’importanza della sicurezza<br />

e della prevenzione dei rischi.<br />

Ci siamo serviti di due strumenti: un manifesto ed uno spot radio. L’headline<br />

del manifesto recita: “Promuovi la sicurezza. I professori studieranno le tue idee”.<br />

Il termine “promuovere” ha un’accezione molto positiva, nel linguaggio comune<br />

vuol dire “sviluppare, far crescere”, ma nell’ambito scolastico ha il significato<br />

di “superare una prova, salire un gradino”. Con “i professori studieranno le tue<br />

idee” abbiamo giocato su una inversione di ruolo rispetto a quello che accade<br />

normalmente nel mondo della scuola: in questo caso sono i ragazzi che presentano<br />

la loro idea e sono i professori che studiano. Questo rovesciamento di<br />

ottica è sottolineato anche dall’immagine: il professore, alquanto perplesso, sta<br />

prendendo degli appunti di fronte agli studenti che presentano il loro progetto.<br />

Anche il tipo di abbigliamento è stato scelto in modo tale che i giovani possano<br />

identificarsi con queste immagini.<br />

Gli studenti stanno presentando un lavoratore imballato nel cellofan, sembra<br />

imbalsamato, non si può più muovere. Come potrebbe essere interpretato questo<br />

soggetto? In due modi: o i ragazzi hanno preso tanto sul serio questo progetto<br />

sulla sicurezza e questo lavoratore l’hanno protetto tanto bene che non si può<br />

più muovere, oppure dai progetti dei giovani, che sono appunto i cittadini di<br />

domani, esce fuori un tipo di lavoratore talmente nuovo rispetto a quello attuale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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116<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 37. Manifesto per la campagna realizzata dall'INAIL assieme al Ministero<br />

dell'Istruzione per sviluppare la coscienza della sicurezza presso i giovani,<br />

gli universitari e gli studenti degli istituti di istruzione tecnica superiore.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

che è ancora imballato, è ancora da tirare fuori. Infine, nel payoff c’è la promessa:<br />

“Presenta il tuo progetto. In palio non c’è solo la gloria” e viene specificato che si<br />

tratta di un premio fino a 3.600 euro.<br />

Una caratteristica di questa campagna è che l’abbiamo ideata soprattutto<br />

per le riviste, ma non le riviste “normali” (che i ragazzi non comprano molto,<br />

soprattutto per motivi economici); abbiamo utilizzato le pubblicazioni free press<br />

che interessano ormai milioni di cittadini e vengono distribuite gratuitamente<br />

nei luoghi frequentati dai giovani, sia nel mondo scolastico (scuole superiori e<br />

università) che in quello del divertimento (pub, cinema, palestre).<br />

Nello spot radio un ragazzo rimprovera i professori perché non stanno attenti<br />

alle sue spiegazioni: “Fai studiare i tuoi professori, partecipa al concorso sulla sicurezza.<br />

In palio non c’è solo la gloria: puoi vincere fino a 3.600 euro”. Anche qui<br />

è sottolineata l’inversione di ottica (“fai studiare i tuoi professori”) e nello stesso<br />

tempo c’è il claim: “In palio non c’è solo la gloria”. Abbiamo preferito veicolare<br />

questo spot attraverso le radio più ascoltate dai giovani, come Radio Teen, Radio<br />

5. Avremmo voluto mandarlo anche su Radio Deejay, ma motivi di budget non<br />

ce l’hanno consentito. L’abbiamo però inserito sul sito web della stessa radio che<br />

è sempre molto frequentato.<br />

A nostro avviso, quindi, sulla base dell’esperienz, la strategia vincente è quella<br />

che, accanto al messaggio divulgativo in sé e per sé si preveda anche un’azione<br />

concreta che possa servire a fare interiorizzare il messaggio sulla sicurezza che<br />

vogliamo far passare.<br />

Rispetto alla campagna “Presenta il tuo progetto”, per esempio, siamo convinti<br />

che un ragazzo, indipendentemente dal fatto che vinca o meno il premio<br />

in palio, per il fatto stesso che si è impegnato a lavorare sul tema della sicurezza<br />

per partecipare al concorso, abbia finito per metabolizzare e interiorizzare l’importanza<br />

sociale di questo concetto.<br />

3.9. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

ISPESL e Agenzia Europea per la SSL<br />

IDILLIO TAGLIAFERRO<br />

L’ISPESL ha elaborato le proprie scelte connesse all’attività di diffusione delle<br />

conoscenze nel campo della SSL coerentemente con i principi impliciti nella<br />

definizione di Risk Communication proposta da Covello e Slovic, secondo i quali<br />

la stessa è costituita da un qualunque significativo scambio di informazioni circa<br />

la salute e i rischi dell’ambiente lavorativo tra parti interessate.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

117


118<br />

CAPITOLO 3<br />

In particolare la Risk Communication è l’atto di trattare e trasmettere informazioni<br />

fra parti circa:<br />

a. I livelli di rischio sulla SSL;<br />

b. il senso o i significati dei rischi sulla SSL;<br />

c. le decisioni, le azioni, o le politiche finalizzate a gestire o a controllare i<br />

rischi.<br />

Il target di riferimento, ma non esclusivo, è rappresentato dalle PMI con<br />

tutte le loro specificità. Sulla base di questo complesso di azioni, tre temi<br />

o orientamenti caratterizzano gli impegni dell’Istituto:<br />

− la elaborazione di strumenti di ausilio per la gestione dei rischi in azienda;<br />

− la produzione e la diffusione di conoscenze;<br />

− le azioni di sensibilizzazione.<br />

Se è vero che non ci sono facili prescrizioni per una efficace comunicazione del<br />

rischio, è indiscutibile che, comunque, le norme, le linee guida, le soluzioni di<br />

buona pratica e specifici esempi possono essere di grande aiuto per tutti coloro<br />

che con la loro azione concorrono nella gestione dei rischi.<br />

Sono stati prodotti materiali e iniziative che si configurano come strumenti e<br />

percorsi informativi/formativi e che sono caratterizzati da due tendenze:<br />

– elaborazione di strumenti, nel senso di oggetti formalizzati, forniti di istruzioni<br />

per l’uso;<br />

– produzione di moduli o percorsi a vocazione pedagogica o diagnostica, la<br />

cui messa in opera richiede una competenza minima.<br />

Le produzioni del tipo “strumenti” conducono generalmente ad elenchi di<br />

controllo (check-list) più o meno dettagliati, con diverse alternative di contenuto,<br />

di obiettivi, di modi di diffusione, di campi d’applicazione.<br />

Queste alternative fanno riflettere su una certa tensione, abbastanza comune al<br />

mondo della prevenzione, tra due approcci che fanno derivare la propria natura<br />

da concezioni diverse:<br />

– un orientamento di tendenza normativa (valutare ed agire a partire da un<br />

sistema di riferimento esterno e generale);<br />

– un orientamento di natura più investigativa (tenere conto delle caratteristiche<br />

concrete del lavoro e delle organizzazioni dove si pongono i problemi<br />

di prevenzione).<br />

Da molti anni l’ISPSEL realizza un’attività di comunicazione molto intensa<br />

e articolata poiché da tempo abbiamo compreso che, per la prevenzione e la<br />

sicurezza nell’ambiente di lavoro, è importante procedere non solo nel campo<br />

della certificazione, del controllo, delle verifiche, dell’azione di repressione, ma<br />

anche nel campo della promozione e dell’informazione.<br />

Tutti sappiamo che le azioni di carattere ispettivo e repressivo non sono suffi-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

cienti per risolvere il problema degli infortuni, infatti il numero degli infortuni<br />

era alto ed è rimasto alto. Inoltre, per quanto riguarda le norme non si può fare<br />

molto di più di quanto sia già stato fatto, e in ogni caso, le leggi e l’obbligo di<br />

utilizzare procedure e dispositivi di sicurezza non bastano per evitare i comportamenti<br />

scorretti e gli incidenti conseguenti. Su questo ormai abbiamo le idee<br />

abbastanza chiare, per cui una parte delle nostre risorse, di personale e finanziarie,<br />

le dedichiamo alle attività di promozione e di comunicazione.<br />

Le spese per queste attività sono molto alte. Per dare un’idea, spendiamo un<br />

milione di euro l’anno per le spese di tipografia, senza contare le spese inerenti<br />

il personale, le strutture e le attrezzature per le attività di informazione e comunicazione.<br />

L’attività editoriale, integrata da una serie di pubblicazioni e di opuscoli<br />

monotematici per fattore di rischio e/o per settore di lavorazione, si basa essenzialmente<br />

su due prodotti:<br />

Prevenzione oggi, rivista tecnico-scientifica fondata nel 1988, tiratura 5.000<br />

copie, trimestrale, strumento di divulgazione dei risultati derivanti dall’attività<br />

di ricerca dell’ISPESL e di altre istituzioni pubbliche e private; ad essa si aggiungono<br />

2 monografici di supplemento alla stessa.<br />

Fogli d’Informazione ISPESL, rivista fondata nel 1988, tiratura 15.000 copie,<br />

trimestrale, rivista di promozione della cultura della prevenzione, delle esperienze<br />

“sul campo” di varia provenienza, delle soluzioni di buona pratica; ad essa si<br />

aggiungono 4 monografici di supplemento alla stessa.<br />

È in essere l’attività di sviluppo del Sistema informativo nazionale per la salute<br />

e la sicurezza nei luoghi di lavoro che si delineerà tenendo conto del recente<br />

accordo di collaborazione tra ISPESL, INAIL e Regioni.<br />

Abbiamo fatto una serie di esperienze per quanto riguarda la comunicazione<br />

radiofonica e tramite la stampa quotidiana: anche in questo caso le spese sono<br />

molto consistenti. Solo per la promozione della settimana europea per la salute<br />

e sicurezza sul lavoro con la trasmissione di spot radiofonici sulle reti locali, su<br />

RAI 1, RAI 2 e altre emittenti abbiamo sostenuto una spesa di 150 milioni delle<br />

vecchie lire, mentre per quanto riguarda la pubblicità sulla stampa quotidiana<br />

(tre presenze di un paio di moduli su giornali nazionali tipo Repubblica, Corriere<br />

della Sera, Sole 24 Ore) abbiamo speso circa 300 milioni.<br />

Il problema che per noi è ancora insoluto è la valutazione dell’efficacia di<br />

queste azioni: abbiamo cercato di stimolare l’attenzione e la partecipazione della<br />

popolazione agli eventi correlati con la settimana europea, veicolando nello stesso<br />

tempo un messaggio anti-infortunistico, con l’intento quindi di annunciare e<br />

di pubblicizzare un evento e nel contempo di diffondere un contenuto di promozione<br />

della salute e della sicurezza sul lavoro.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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120<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 38. Proposte per la campagna “Success is not an accident” per la Settimana<br />

Europea della sicurezza sul lavoro 2001.<br />

Ovviamente ci siamo posti il problema del monitoraggio dei risultati della<br />

nostra azione, della valutazione del rapporto costi/benefici, dell’analisi dei risultati<br />

della comunicazione in rapporto al target.<br />

Come è stato sottolineato più volte è importante quantificare l’obiettivo e<br />

cercare di valutare gli effetti complessivi di una campagna; farlo per una iniziativa<br />

di carattere generale, rivolta a tutto il territorio nazionale è veramente difficile,<br />

anche perché le azioni di monitoraggio sono molto costose. Avremmo intenzione,<br />

per sperimentare il metodo e per fare esperienza, di focalizzare l’azione di verifica<br />

su una zona specifica, per esempio su Arezzo e su una iniziativa riguardante i<br />

rischi connessi alle lavorazioni galvaniche. Questo però non fa ancora parte dei<br />

programmi operativi, ma soltanto del mondo delle idee.<br />

Fra le varie iniziative realizzate vorrei sottoporre alla vostra attenzione Safety<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

Check, un sistema che abbiamo adottato da molto tempo, indirizzato soprattutto<br />

alle piccole e medie imprese.<br />

Consiste in una serie di liste di controllo per quanto riguarda le azioni da<br />

svolgere all’interno della propria azienda per verificare le procedure di sicurezza;<br />

non aggiunge informazioni tecniche, ma è semplicemente un elenco di cose da<br />

fare in successione, un aiuto nell’attuazione della procedura di sicurezza all’interno<br />

delle aziende, soprattutto in un settore come quello delle piccole e medie<br />

imprese che è un settore delicato, molto presente sul tessuto produttivo italiano<br />

(oltre il 90% delle aziende), dove è maggiore l’incidenza degli infortuni.<br />

Quale è la nostra esperienza nel campo della promozione della salute e sicurezza<br />

sul lavoro?<br />

In occasione della Settimana Europea del 2001 dovevamo avvalerci dello<br />

slogan scelto a livello internazionale per l’iniziativa: “Success is not an accident”,<br />

cioè “Il successo non è un incidente”.<br />

Ma il termine inglese accident ha un doppio significato, sia quello di incidente<br />

che quello di accidente, cioè di qualcosa che avviene per caso. Era molto importante<br />

comunicare al contempo tutti e due i livelli del messaggio e cioè dire:<br />

“Attenzione” – e questo messaggio era rivolto soprattutto al mondo dei datori<br />

di lavoro – “che il successo nel vostro campo non è un caso, lo dovete programmare”,<br />

cercando così di sviluppare la loro attenzione verso un atteggiamento più<br />

programmatico della sicurezza, che non doveva essere un episodio. Non basta<br />

dire al lavoratore: “Ecco il dispositivo di sicurezza, indossalo”, se poi nessuno<br />

dà le istruzioni adeguate e verifica che il lavoratore lo indossi.<br />

Per noi il primo obiettivo era comunque di essere coerenti, di dare un messaggio<br />

che corrispondesse a quanto ci veniva indicato dall’Agenzia Europea della<br />

<strong>Salute</strong> e Sicurezza sul Lavoro, di cui siamo i referenti in Italia – e di cui abbiamo<br />

pubblicato l’edizione in italiano di un manuale per la comunicazione in questo<br />

campo, con molti elementi utili anche dal punto di vista dell’operatività, sintetico,<br />

molto breve e preciso nelle indicazioni.<br />

Abbiamo esaminato il problema e abbiamo cercato delle soluzioni, ma non ci<br />

siamo riusciti. Allora abbiamo indetto una gara, invitando a parteciparvi una decina<br />

di agenzie pubblicitarie, mettendo in palio quindici milioni per un progetto<br />

di promozione della salute e della sicurezza sul lavoro con quei contenuti.<br />

A dire il vero, personalmente ero piuttosto perplesso e pensavo che la gara<br />

sarebbe andata male, dato che il premio mi pareva insufficiente rispetto alle<br />

tariffe delle agenzie pubblicitarie, solitamente esorbitanti. Invece, forse perché<br />

incuriositi dal tema, forse per il prestigio dato dal vincere una gara di quel livello<br />

o comunque per l’interesse insito nella possibilità di proporsi come autori<br />

di una importante iniziativa istituzionale, alla fine molti hanno risposto. Nella<br />

valutazione siamo stati aiutati da un ricercatore della facoltà di Scienze delle<br />

Comunicazioni di Roma.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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122<br />

CAPITOLO 3<br />

Fig. 39. La proposta che ha vinto il concorso per la campagna “Success is not an<br />

accident” per la Settimana Europea della sicurezza sul lavoro 2001.<br />

Le proposte delle agenzie erano molto diverse fra loro, sia nella composizione<br />

grafica che nella traduzione/reinterpretazione/rielaborazione della headline<br />

“Success is not an accident”. Alcuni esempi:<br />

– “La sfortuna non c’entra” (dando quasi per scontato che il successo non è<br />

un caso e che quindi la sfortuna non c’entra; ma non credo che possa far<br />

presa, se non si conosce lo slogan proposto dall’Agenzia europea);<br />

– “La sicurezza sul lavoro è prevenzione” (ma non dà l’idea della progettualità<br />

del lavoro sicuro né riesce a rendere l’ambiguità fra “incidente” e “accidente”<br />

presente nello slogan originale);<br />

– “Il successo non è un infortunio” (testo rosso su fondo blu per il “non”, colore<br />

giallo – indicatore di pericolo – per “il successo” e “è infortunio”);<br />

– “Caso-casco” (lo slogan gioca sull’assonanza “caso”-“casco”: “La sicurezza<br />

non è solo un caso, la sicurezza non è solo un casco”. Abbiamo ragionato<br />

molto su questo, ma è stato scartato perché in quel periodo c’era la campagna<br />

a favore dell’uso del casco e poteva esserci il rischio di attenuarne<br />

l’effetto);<br />

– “Il lavoro nobilita l’uomo e la sicurezza nobilita il lavoro” (elegante, ma di<br />

scarso impatto emotivo);<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 3<br />

– “Non cadere dalle nuvole!” (con l’immagine di una scala, delle nuvole e lo<br />

slogan);<br />

– “È davvero successo solo quando non è successo niente” (non è male, però<br />

non è immediatamente comprensibile nella sua totalità e dato che siamo<br />

bombardati dalle immagini, dalle promozioni e quant’altro, non abbiamo<br />

tempo per comprendere quello che sta scritto su questi manifesti: o lo<br />

capiamo subito oppure passiamo oltre);<br />

– “Nessun incidente sfida vincente” (gioca sulla rima “incidente” – “vincente”,<br />

ma pareva carente di contenuto).<br />

Infine la proposta che più ci è piaciuta:<br />

– “Sul lavoro il successo non è un caso, ma un caso può distruggerlo”.<br />

Scritto con un lettering molto forte, con l’immagine di un ambiente non<br />

ben identificabile, ma che è chiaramente un ambiente di lavoro e che quindi<br />

può ricordare tutti gli ambienti di lavoro. Lo slogan è su fondo nero, il resto su<br />

fondo giallo. Leggendo le prime parole ci veniva da proseguire, era interessante.<br />

“Va bene” – ci siamo detti – “sul lavoro il successo non è un caso, e dopo?”. E<br />

lo slogan conclude: “Ma un caso può distruggerlo”. Secondo noi questo slogan<br />

avrebbe fatto presa sulla gente, colpiva attraverso l’emozione che comunque,<br />

in positivo o in negativo, ci deve essere. Poi erano apprezzabili l’uso del colore<br />

(il giallo, che indica il pericolo) e la forza del suono onomatopeico “strug” di<br />

“distruggerlo” (un elemento inconscio, ma molto forte e molto presente).<br />

Per concludere vorrei ricordare una frase di una rivista americana, che ci ha<br />

guidato nell’esprimere il nostro giudizio: “Esso parla in modo vivo, potente,<br />

esso parla in modo forte, esso parla in modo positivo, in modo armonioso,<br />

professionale, in modo chiaro e parla in modo visivo”.<br />

3.10. Le Istituzioni e gli Enti pubblici nazionali.<br />

ANMIL<br />

MARINELLA DE MAFFUTIIS<br />

L’evoluzione della comunicazione e delle strategie approntate per promuovere<br />

la cultura della prevenzione degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese è stata<br />

particolarmente rapida negli ultimi cinque anni, tant’è che – come abbiamo<br />

potuto riscontrare analizzando le iniziative e le campagne promosse sull’intero<br />

territorio nazionale – c’è stato uno straordinario impegno generale e sinergico<br />

da parte di istituzioni, organizzazioni sindacali e associazioni di categoria concentrato<br />

in questo periodo che ha portato ad una specifica attenzione da parte<br />

dei media decisamente più qualificata.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

123


124<br />

CAPITOLO 3<br />

La tematica – ancorché emblematica di una gravità del fenomeno infortunistico<br />

che in questo periodo di tempo non è sostanzialmente variata – ha avuto<br />

uno sviluppo divulgativo che, in modo singolare, si è diffuso in modo verticale<br />

dall’alto verso il basso, ossia dai pubblici di alto profilo fino a quelli più bassi<br />

e massificati.<br />

Con ciò si vuole dire che, la conoscenza del problema e l’entità del fenomeno,<br />

da quanto rilevato da una analisi d’ambiente fatta dalla nostra Associazione agli<br />

inizi del 1998, quale primo passo fondamentale per individuare le più appropriate<br />

strategie e politiche di comunicazione, erano assolutamente approssimative,<br />

distorte e limitate sia da parte dei media sia da parte dei parlamentari sia da<br />

parte dell’opinione pubblica.<br />

Infatti, al di là degli addetti ai lavori, dai nostri riscontri constatavamo che,<br />

a partire dai giornalisti, erano in molti a fare confusione tra pensione e rendita,<br />

ad assimilare le varie categorie di invalidi tra loro, fino a non conoscere le<br />

specifiche differenze tra i ruoli dell’INPS e dell’INAIL. Una situazione ai limiti<br />

del paradossale che, purtroppo, si rifletteva specularmente nella più assoluta<br />

ignoranza da parte della gente comune e degli stessi lavoratori, a meno che non<br />

si trattasse di vittime di incidenti sul lavoro o di loro familiari.<br />

Pertanto, abbiamo capito che, oltre alle problematiche legate alla tutela dei<br />

diritti degli infortunati sul lavoro di cui l’ANMIL si è istituzionalmente da sempre<br />

occupata, era indispensabile dedicare attenzione e impegnarsi fattivamente<br />

sul terreno della prevenzione infortunistica promuovendo differenti e specifiche<br />

azioni in base alle peculiarità dei diversi target, intraprendendo un percorso<br />

mirato, coordinato e continuativo da sviluppare nel medio-lungo termine.<br />

Di fatto, considerando l’impopolarità dell’argomento e la sua gravità abbiamo<br />

voluto puntare su linguaggi e approcci che non fossero processi d’inquisizione<br />

ma piuttosto lasciassero il destinatario del messaggio stupito, lo spingessero<br />

a conoscere meglio la tematica e a riflettere sulle varie posizioni in campo, al<br />

fine di potersi porre difronte al problema con consapevolezza e autonomia di<br />

decisione o attivazione.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

Stampa specializzata e SSL<br />

Fra i vari mezzi utilizzati per la promozione della salute e sicurezza sul lavoro e<br />

per la diffusione di una cultura della prevenzione, un ruolo rilevante è certamente<br />

svolto dalle riviste specializzate.<br />

L’informazione tecnico-giuridico-normativa, l’aggiornamento degli operatori,<br />

la diffusione delle conoscenze circa le novità tecnologiche, i prodotti e i servizi<br />

offerti dal mercato dei dispositivi di protezione, gli eventi e l’attività editoriale<br />

di settore sono tra le finalità principali di queste riviste.<br />

Di seguito si riportano le schede e gli eventuali commenti redatti dai responsabili,<br />

a vario titolo, delle diverse testate.<br />

4.1. 2087 RLS<br />

Editore: Edit. Coop: Roma<br />

Direttore responsabile: Gianfranco Casale<br />

Numero redattori e collaboratori: 6<br />

Indirizzo: Via dei Frentani 4/a – 00185 Roma<br />

Tel.: 06. 448 882 02<br />

Fax: 06. 448 882 22<br />

Sito internet: http://www.rassegna.it<br />

E-mail: duemilaottantasette@uni.net<br />

Periodicità: mensile<br />

Target: RLS, lavoratori, sindacalisti, operatori e addetti S&S<br />

Zona di diffusione: nazionale<br />

Argomenti trattati: salute e sicurezza nel lavoro con riferimento a temi di interesse<br />

per i lavoratori; informazioni Italia ed Estero; rubriche di approfondimento con<br />

taglio formativo e divulgativo<br />

Formato pagina: 50x35<br />

Numero medio di pagine: 16<br />

Anno di fondazione: 1999<br />

Diffusione: 5.000 copie.<br />

Nei cinque anni di vita della rivista sono stati pubblicati come supplementi una<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

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126<br />

CAPITOLO 4<br />

quindicina di fascicoli monografici su temi vari (es. mobbing, salute donna), ma<br />

anche legati all’attualità (es. indagine conoscitiva del Parlamento, assemblea Rls<br />

Modena 2000) e 3 manuali “fuori-collana”.<br />

(DIEGO ALHAIQUE)<br />

4.2. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro<br />

Editore: EPC Srl<br />

Direttore responsabile: Michele Lepore<br />

Numero redattori e collaboratori: 10<br />

Indirizzo: Via dell’Acuqa Traversa, 187/189 – 00135 Roma<br />

Tel.: 06. 332 452 23<br />

Fax: 06. 331 221 2<br />

Sito internet: http://www.epcperiodici.it<br />

E-mail: amsl@epcperiodici.it<br />

Periodicità: mensile<br />

Zona di diffusione: Italia<br />

Argomenti trattati: sicurezza nei luoghi di lavoro; tutela lavoratori; igiene ambientale;<br />

inquinamento; giurisprudenza; normativa.<br />

Formato pagina: 19x27<br />

Numero medio di pagine: 144<br />

Anno di fondazione: 1985<br />

Fino a qualche anno fa, a parlare di sicurezza in Italia era solo una ristretta<br />

schiera di addetti ai lavori. Certo, c’erano le statistiche sugli incidenti, che a<br />

volte finivano sulle pagine dei giornali e provocavano allarme tra i responsabili<br />

di sindacati, partiti politici ed esponenti di governo. Un coro preoccupato destinato,<br />

però, a spegnersi nel giro di pochi giorni. Poi, tutto, ricominciava senza<br />

sostanziali novità.<br />

La vera e propria svolta, è bene ricordarlo, è stata nel ‘96, con la 626, che ha<br />

introdotto notevoli novità nel panorama normativo della prevenzione e ha innescato<br />

un vero e proprio cambiamento nell’approccio al problema. Il processo<br />

è sicuramente lento, il percorso è pieno di ostacoli e trabocchetti. Tuttavia, in<br />

tutta onestà si può dire che, ormai, la strada sia tracciata ed è davvero molto<br />

difficile tornare indietro. Se non altro perché bisogna sempre più fare i conti con<br />

le direttive che arrivano da Bruxelles e che rappresentano la nostra stella polare<br />

anche sul fronte della sicurezza.<br />

Ambiente & Sicurezza sul Lavoro, la rivista che dirigo, ha fin dall’inizio<br />

della sua attività puntato sull’aggiornamento continuo degli operatori della<br />

sicurezza.<br />

La formazione continua è stata uno dei cavalli di battaglia della nostra rivista,<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

fondata nel 1985. All’inizio siamo stati guardati con un po’ di sospetto, forse<br />

anche non compresi a fondo. Ma ora il tema dell’aggiornamento è diventato un<br />

elemento comune nel dibattito sulla sicurezza e Ambiente & Sicurezza sul Lavoro<br />

continua ad affrontarlo da due punti di vista.<br />

Il primo è quello squisitamente tecnico-normativo. Ci sono ampi spazi della<br />

nostra rivista dedicati alle novità in ambito legislativo, con un panorama completo<br />

delle norme pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e con incursioni anche in<br />

quello che avviene a livello europeo.<br />

Ma il nostro mensile punta anche a diffondere l’informazione su tutto quello<br />

che avviene nel campo dell’innovazione tecnologica. Spesso, per operare sul versante<br />

della sicurezza, gli operatori devono conoscere una grande (forse troppo)<br />

massa di dati eterogenei. I problemi di un’industria chimica non sono gli stessi<br />

di quelli di una fabbrica alimentare o di un ufficio. E, dal momento che spesso i<br />

professionisti del settore operano in diverse realtà, è chiaro che l’aggiornamento<br />

sui singoli comparti diventa estremamente oneroso. Di qui l’importanza dell’informazione<br />

fatta dalle riviste specializzate, con l’intento della divulgazione,<br />

ma anche curando l’affidabilità delle notizie diffuse.<br />

Non possiamo permetterci di sbagliare, di dare informazioni scorrette o non<br />

controllate. Se l’informazione è un valore strategico della sicurezza, l’esattezza e<br />

la precisione delle notizie rappresenta sicuramente un dovere al quale nessuno<br />

di noi può sottrarsi. Attraverso articoli tecnico-giuridici, la rivista fornisce,<br />

infatti, conoscenze specifiche, indica metodi operativi, chiarisce i punti oscuri<br />

della normativa, riferisce circa i criteri di vigilanza e controllo adottati dagli<br />

enti preposti.<br />

Particolare rilievo viene dato alla legislazione ed alla normativa tecnica, tempestivamente<br />

riferite e commentate. Magistrati e giuristi di collaudata esperienza<br />

e di vasta notorietà forniscono al lettore indicazioni sull’orientamento della<br />

giurisprudenza, attraverso il commento delle sentenze più significative.<br />

Completa ogni fascicolo una serie di rubriche di informazione ed approfondimento:<br />

attualità dal mondo della sicurezza, prodotti e servizi offerti dal mercato,<br />

eventi e appuntamenti del settore, novità dal mondo editoriale.<br />

La rivista è realizzata da un gruppo editoriale che negli anni ha conquistato<br />

una posizione di primo piano sul versante della sicurezza, con tre punti di forza:<br />

la pubblicazione di riviste specializzate (oltre ad Ambiente & Sicurezza sul Lavoro,<br />

Antincendio, Antifurto, Alimenti & Bevande, Bancamatica); la formazione (con<br />

i corsi organizzati da INFORMA, Istituto Nazionale); i libri (con un catalogo<br />

ricco di titoli destinati alla sicurezza).<br />

Non meno importante, poi, è INSIC, il portale realizzato per soddisfare i<br />

bisogni di informazione e documentazione degli operatori professionali della<br />

sicurezza, consulenti, professionisti, progettisti, coordinatori ed aziende. INSIC<br />

consente la facile consultazione delle informazioni e dei documenti in materia<br />

di prevenzione incendi, salute e sicurezza sul lavoro, tutela dell’ambiente, igiene<br />

degli alimenti, security, qualità, privacy.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

127


128<br />

CAPITOLO 4<br />

Un portale realizzato grazie al patrimonio di informazioni messo a disposizione<br />

dalle società EPC Libri, INFORMA ed EPC Periodici, da oltre 50 anni<br />

specializzata nel trattamento dell’informazione e della formazione in sicurezza.<br />

Al quotidiano aggiornamento del portale collaborano redattori di riviste, autori<br />

di libri e docenti di corsi di formazione.<br />

E, fra i link del portale, c’è anche quello che conduce alla nostra rivista che<br />

speriamo sia diventato sempre di più uno strumento di lavoro indispensabile<br />

per tutti coloro che sono chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti nella<br />

organizzazione, gestione e controllo della sicurezza e tutela dell’ambiente.<br />

(MICHELE LEPORE)<br />

4.3. ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro<br />

Editore: IPSOA Editore Srl<br />

Direttore responsabile: Donatella Treu<br />

Numero redattori e collaboratori: 3 + c.a. 50<br />

Indirizzo: Strada 1 – Palazzo F6 – 20090 Milanofiori- Assago (MI)<br />

Tel.: 02. 824 760 22 – 23<br />

Fax: 02. 824 764 36<br />

Sito internet: http://www.ipsoa.it/sicurezzambiente<br />

E-mail: sicurezzambiente@ipsoa.it<br />

Periodicità: mensile<br />

Target: aziende (datori lavoro/addetti a responsabili PP), Enti locali, Consulenti,<br />

Medici competenti, ASL.<br />

Zona di diffusione: tutta Italia<br />

Argomenti trattati: igiene e sicurezza del lavoro; prevenzione incendi; cantieri;<br />

sorveglianza sanitaria; altro.<br />

Formato pagina: A4<br />

Numero medio di pagine: 80 pp. + on line<br />

Anno di fondazione: 1997<br />

Nata nel 1997, si è subito imposta come rivista di riferimento per chi si occupa<br />

a vario titolo di igiene e sicurezza del lavoro.<br />

Agli abbonati è riservato l’accesso al sito: http://www.ipsoa.it/sicurezzambiente<br />

che garantisce l’aggiornamento quotidiano sulle novità normative e servizi<br />

integrativi.<br />

Settimanalmente gli abbonati ricevono tramite posta elettronica “Sicuramente<br />

Mail” che aggiorna sulle novità del sito e avvisa quando è possibile scaricare dallo<br />

stesso l’ultimo numero della rivista in formato pdf, con molto anticipo rispetto<br />

alla data di distribuzione del prodotto cartaceo.<br />

(MASSIMO BROGGI)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


4.4. Lavoro e <strong>Salute</strong><br />

CAPITOLO 4<br />

Editore: Edit. Coop / Regione Emilia Romagna, Regione Toscana, Regione<br />

Lazio, Regione Marche, Provincia Autonoma di Trento<br />

Direttore responsabile: Cinzia Dolci<br />

Coordinatore redazionale nazionale: Rossana D’Arrigo<br />

Numero redattori e collaboratori: 11 componenti la redazione nazionale che si<br />

suddivide in cinque redazioni regionali<br />

Indirizzo: c/o Agenzia Sanitaria della Regione Emilia Romagna<br />

Tel.: 05. 163 971 14 / 338. 689 37 85<br />

Fax: 05. 163 970 53 - 58<br />

Sito internet: http://www.lavoroesalute.it<br />

E-mail: rdarrigo@regione.emilia-romagna.it<br />

Periodicità: mensile<br />

Target: Strutture del sistema sanitario, Operatori della prevenzione e della<br />

sicurezza, Associazioni datoriali e sindacali, Ordini professionali, Enti locali,<br />

Consulenti, Nuovi soggetti della prevenzione, Agenzie per l’ambiente, Enti e<br />

autorità di settore, Medici competenti, Gruppi di cittadini o singole persone<br />

che a qualunque titolo operano per la tutela della salute e dell’ambiente.<br />

Zona di diffusione: nazionale<br />

Argomenti trattati: Attività ed iniziative delle Regioni, dei servizi pubblici e<br />

privati di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita; normative;<br />

materiali didattici; iniziative e produzioni del mondo del lavoro, della pubblica<br />

amministrazione, università, scuola, istituti di ricerca; convegni, seminari,<br />

novità editoriali, riflessioni di esperti e operatori su tematiche di attualità o di<br />

interesse specifico, ecc.<br />

Formato pagina: A3 (dal 2004, A4)<br />

Numero medio di pagine: 8 a 20<br />

Anno di fondazione: 1989<br />

Inizialmente nasce dall’intesa di tre Regioni italiane: Toscana, Emilia Romagna e<br />

Liguria, che ne delegarono la redazione ai loro centri regionali di documentazione<br />

per la salute, all’epoca appena costituiti. Alla partnership, nel tempo, hanno<br />

aderito altre Regioni quali il Lazio, il <strong>Trentino</strong> e, da poco, le Marche. Per alcuni<br />

anni vi ha partecipato anche la Sardegna. La testata, da sempre di proprietà della<br />

Regione Toscana, è la stessa dall’anno di fondazione, anche se il suo contenuto,<br />

nel tempo, si è ampliato spaziando nel campo della prevenzione e sicurezza a<br />

360 gradi. Centrato, inizialmente, solo sui problemi in ambiente di lavoro, ora<br />

tratta di tutto ciò che è rischio per la salute anche negli ambienti di vita.<br />

Veicola documenti particolarmente significativi prodotti da organismi regionali,<br />

nazionali, internazionali o da esperti autorevoli e inserti speciali monotematici<br />

di carattere tecnico.<br />

(ROSSANA D’ARRIGO)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

129


4.5. 626Progetto Sicurezza<br />

130<br />

CAPITOLO 4<br />

Editore: Maggioli SpA<br />

Direttore responsabile: Manlio Maggioli<br />

Indirizzo: c/o Studio Vinci – Via B. Croce, 97 – 00142 Roma<br />

Tel.: 06. 541 052 4<br />

Fax: 06. 541 052 5<br />

Sito internet: http://www.studiovinci.com<br />

E-mail: rivista@studiovinci.com<br />

Periodicità: bimestrale<br />

Target: tecnici della sicurezza di imprese e pubblica amministrazione<br />

Zona di diffusione: tutta Italia<br />

Argomenti trattati: temi della sicurezza e della valutazione dei rischi per tutti i<br />

settori lavorativi e produttivi (cantieri, industrie, laboratori ecc.); commento<br />

novità legislative; risposte ai quesiti dei lettori e facsimili da compilare.<br />

Formato pagina: A4<br />

Numero medio di pagine: 64<br />

Anno di fondazione: 1996<br />

La rivista 626Progetto Sicurezza nasce nel 1997 nel momento più “caldo” nell’ambito<br />

della sicurezza sul lavoro. È appena entrato in vigore il D.Lgs.626/1994 e la<br />

casa editrice intende porsi sul mercato con una rivista di informazione legislativa<br />

e di pratica professionale pensata principalmente per gli operatori della pubblica<br />

amministrazione (settore al quale l’editore si rivolge per tradizione).<br />

Tuttavia il mercato si allarga velocemente anche al settore privato poiché<br />

l’interesse nell’ambito sicurezza è grandissimo. Attualmente la maggior parte<br />

degli abbonati sono privati (liberi professionisti che operano nel settore) con un<br />

discreto numero di abbonamenti nella pubblica amministrazione.<br />

Un paio di anni fa abbiamo operato una serie di cambiamenti grafici e contenutistici<br />

per restare al passo con i cambiamenti del mercato. In particolare,<br />

abbiamo scelto di dedicare il maggior numero di pagine ad approfondimenti<br />

e articoli di taglio operativo, trasferendo la documentazione legislativa sulla<br />

newsletter (uno strumento informatico) che, essendo quindicinale, permette<br />

di informare in maniera più tempestiva gli abbonati.<br />

L’obiettivo fondamentale della rivista è quello di evidenziare la “prevenzione”,<br />

nell’ottica sicuramente banale, ma forse non del tutto (considerata la quantità<br />

di incidenti che quotidianamente accadono nei luoghi di lavoro) che “prevenire<br />

è meglio che curare”. È anche per questo fine che pubblichiamo regolarmente,<br />

sia sulla newsletter che sulla rivista, la rubrica “Rassegna stampa” che noi in<br />

redazione definiamo “bollettino di guerra” nella quale riportiamo le notizie<br />

Ansa che informano con una triste regolarità sugli incidenti che ogni giorno<br />

avvengono in tutti i settori produttivi.<br />

626Progetto Sicurezza offre la possibilità di aggiornarsi sulle tecniche di pre-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

venzione e protezione, sulle ultime novità in materia legislativa e sugli ultimi<br />

prodotti e attrezzature in grado di assicurare l’abbattimento o la riduzione dei<br />

rischi.<br />

La struttura della rivista è particolarmente funzionale perché è suddivisa in<br />

settori lavorativi (agricoltura, artigianato, cantieri edili, industrie, laboratori,<br />

uffici). Per ognuno di essi vengono affrontati regolarmente temi di grande attualità<br />

e utilità, sia dal punto di vista legislativo che tecnico pratico.<br />

L’altro grande pregio della rivista è quello di avere un direttore che si fa garante<br />

dei contenuti pubblicati che è un “tecnico” che opera da anni in questo settore<br />

e che quindi sceglie gli argomenti da trattare anche in base a quelle che sa essere<br />

le necessità di informazione del momento.<br />

Una materia così ampia, complessa e in continua evoluzione tecnico - normativa<br />

com’è la sicurezza dei lavoratori, costituisce una realtà ben delineata e<br />

molto articolata che necessita di uno strumento informativo specifico per essere<br />

affrontata in modo veramente efficace.<br />

626Progetto Sicurezza offre un sistema informativo articolato indispensabile<br />

per tenere sotto controllo la sicurezza sul lavoro. Infatti, la rivista approfondisce<br />

la conoscenza e la valutazione dei rischi inerenti gli ambienti di lavoro con una<br />

particolare attenzione ai cantieri e a tutte le lavorazioni che presentano rischi<br />

specifici; commenta tempestivamente le novità legislative; spiega come applicare<br />

la disciplina normativa e come compilare schede e documenti di prassi amministrativa<br />

(modulistica che viene riportata regolarmente su ogni numero della<br />

rivista); offre esemplificazioni pratiche e casi risolti, oltre a utili informazioni<br />

commerciali su prodotti e attrezzature in grado di assicurare l’abbattimento o<br />

la riduzione dei rischi.<br />

Grazie alla newsletter on line Progetto Sicurezza news, è possibile ricevere ogni<br />

quindici giorni via e-mail l’aggiornamento di normativa, prassi, giurisprudenza,<br />

normativa tecnica in merito alla sicurezza del lavoro, il monitoraggio continuo<br />

anche della normativa europea nonché approfondimenti e notizie sui temi relativi<br />

alla sicurezza del lavoro e alla sicurezza in cantiere, linee guida e programmi<br />

di adeguamento per imprese ed enti pubblici.<br />

(ANNA GIOIA)<br />

4.6. Prevenzione Oggi<br />

Editore: ISPESL<br />

Direttore responsabile: Gerardo Capozza<br />

Numero redattori e collaboratori: 4<br />

Indirizzo: Via Alessandria 220/E – Roma<br />

Tel.: 06. 442 506 48<br />

Fax: 06. 442 509 72<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

131


132<br />

CAPITOLO 4<br />

Sito internet: http://prevenzioneoggi.ispesl.it<br />

E-mail: prevenzioneoggi@ispesl.it<br />

Periodicità: trimestrale<br />

Target: professionisti della prevenzione e della sicurezza sul lavoro<br />

Zona di diffusione: nazionale e internazionale<br />

Argomenti trattati: lavori scientifici attinenti a prevenzione, sicurezza, salute e<br />

benessere dei lavoratori<br />

Formato pagina: A4<br />

Numero medio di pagine: 130<br />

Anno di fondazione: 1989<br />

Altro: la rivista è bilingue, italiano e inglese<br />

(IDILLIO TAGLIAFERRO)<br />

4.7. Fogli Informazione ISPESL<br />

Editore: ISPESL<br />

Direttore responsabile: Vincenzo Lucarelli<br />

Numero redattori e collaboratori: 3<br />

Indirizzo: Via Alessandria 220/E – Roma<br />

Tel.: 06. 442 506 48<br />

Fax: 06. 442 509 72<br />

E-mail: redazione.fogli@ispesl.it<br />

Periodicità: trimestrale<br />

Target: soggetti coinvolti o comunque interessati alle tematiche della prevenmzione<br />

e della sicurezza sul lavoro<br />

Zona di diffusione: nazionale<br />

Argomenti trattati: tematiche tecnico-scientifiche, divulgative e normative riguardanti<br />

la prevenzione e la sicurezza sul lavoro<br />

Formato pagina: A4<br />

Numero medio di pagine: 100<br />

Anno di fondazione: 1988<br />

(IDILLIO TAGLIAFERRO)<br />

4.8 . Bollettino Snop<br />

Editore: Società Nazionale Operatori della Prevenzione<br />

Direttore responsabile: Claudio Venturelli<br />

Direttore Editoriale: Alberto Baldasseroni<br />

Numero redattori e collaboratori: 5, a tempo parziale<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

Indirizzo: Via Prospero Finzi, 15 – 20126 Milano<br />

Sito internet: http://www.snop.it<br />

E-mail: rivista@snop.it<br />

Periodicità: quadrimestrale<br />

Target: operatori professionalmente interessati ai temi della prevenzione in sanità<br />

pubblica<br />

Zona di diffusione: tutta Italia<br />

Argomenti trattati: (temi degli ultimi tre numeri monografici) cancerogeni in<br />

ambienti di vita e di lavoro; disinfestazione urbana; incidenti stradali e problematiche<br />

di sanità pubblica collegate.<br />

Formato pagina: A4<br />

Numero medio di pagine: 48<br />

Anno di fondazione: 1985<br />

Il testo che segue vuole essere un tentativo di bilancio del progetto comunicativo<br />

della SNOP, così come si è sviluppato nel corso dei 17 anni di vita dell’associazione.<br />

Con il termine di Progetto Comunicativo intendiamo i contenuti, ma<br />

anche i media atti a raggiungere il target della Società, cioè tutti gli operatori<br />

che, a vario titolo, si occupano professionalmente di prevenzione nei confronti<br />

dei fattori di rischio per la salute umana, con speciale enfasi nei confronti degli<br />

operatori pubblici del sistema della prevenzione (Sistema Sanitario, Sistema di<br />

protezione ambientale, in particolare). Il quadro di riferimento, come già analizzato<br />

in scritti apparsi sulla nostra rivista, il Bollettino SNOP, ha subito profondi<br />

cambiamenti sia sul versante dei contenuti, sia su quello dei “contenitori”.<br />

Sembra opportuno richiamare alcune radici del nostro impegno ultraventennale<br />

sul versante degli strumenti informativi. Si può senz’altro affermare che il<br />

principale strumento di divulgazione dei contenuti SNOP sia stato fin dal primo<br />

momento il Bollettino. Questa rivista si pone in diretta continuità con una serie<br />

di esperienze a cui accenneremo brevemente.<br />

La stagione delle riviste militanti<br />

Definiamo in questa maniera quel periodo storico immediatamente successivo<br />

alla rottura della fine degli anni sessanta nel campo della divulgazione e<br />

della comunicazione scientifica che si affianca, in qualche caso precedendola,<br />

alla contemporanea messa in discussione del valore indiscutibile del messaggio<br />

scientifico. Rimanendo nel campo che ci è più vicino, segnaleremo senz’altro<br />

nella rivista Sapere-Nuova serie, avviata nel 1974 e in quella Medicina a Servizio<br />

delle Masse Popolari, che vede la luce nel 1973, due fonti essenziali per capire dove<br />

affondano le radici del Bollettino. Non meno importante ai fini della ricostruzione<br />

che qui tentiamo è la nascita della rivista Epidemiologia e Prevenzione che<br />

dal numero zero del 1976 non ha più cessato di rinnovare il dibattito sui modi<br />

e sui contenuti della ricerca epidemiologica e, in generale, sul funzionamento<br />

del sistema sanitario nazionale. Più defilato appare il ruolo di un’ultima rivista,<br />

Medicina Democratica, la quale, poco tempo dopo la sua fondazione, avvenuta<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

133


134<br />

CAPITOLO 4<br />

nel 1975 si avviava a sostenere un dibattito molto interno al movimento politico<br />

omonimo.<br />

Tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta Sapere e Medicina a<br />

Servizio delle Masse Popolari cessano le loro pubblicazioni. Una significativa<br />

parte del “Collettivo redazionale” che curava Sapere transita al principio del<br />

1983 nella redazione di una nuova rivista, dal taglio moderno e dalla grafica<br />

originale, SE-Scienza Esperienza, che proseguirà con cadenza mensile a diffondere<br />

il messaggio di una divulgazione critica della Scienza, fino al n.51/52 del<br />

Gennaio/Febbraio 1988. Quell’esperienza si rivela anticipatrice di un bisogno<br />

diffuso di riflessione sulla Scienza che vada al di là della semplice divulgazione.<br />

SE programmaticamente sceglie, in continuità con Sapere della cessata serie, di<br />

ricomporre le separatezze nel mondo scientifico. “Una delle ragioni fondanti di<br />

questo giornale”, dice Giovanni Cesareo nell’editoriale che apre la nuova rivista,<br />

“è proprio quella di affrontare il discorso sulla scienza tenendo conto della discontinuità<br />

e della specificità dei processi, ma criticando nel contempo l’ottica<br />

e la pratica della separazione, tra le differenti discipline, tra scienza e politica,<br />

tra produzione e uso, tra teoria e pratica, ancora oggi dominanti.” Come non<br />

ricordare l’editoriale di apertura del numero di marzo 1974 di Sapere, terzo della<br />

Nuova serie, nel quale Benedetto Terracini, a proposito del cancro da lavoro,<br />

titolava “I ruoli separati”, riferendosi alla distanza, ingiustificabile, tra scienza di<br />

laboratorio e ricerca sul campo, applicata ai cicli produttivi per la prevenzione<br />

delle malattie tra i lavoratori.<br />

Quanto all’altra rivista, Medicina a Servizio delle Masse Popolari, cessa le sue<br />

pubblicazioni verso la fine del 1978. Una parte importante del suo gruppo di<br />

redazione, quella radicata sui temi della lotta alla nocività in fabbrica, finirà per<br />

confluire nell’esperienza del Bollettino SNOP qualche anno dopo. In tale gruppo<br />

spicca la figura e il lavoro di Laura Bodini, vera animatrice di tante iniziative<br />

editoriali, punto di riferimento essenziale nel campo della prevenzione dei rischi<br />

legati al lavoro.<br />

Due buoni maestri . . .<br />

Non sarebbe possibile comprendere la storia di quel periodo e quindi anche<br />

i prodromi dell’impegno della SNOP senza far riferimento al pensiero e all’insegnamento<br />

di due buoni Maestri. Il primo è Giulio Maccacaro.<br />

Non è questa la sede per discuterne, ma ci sia consentito il rimando alle sue<br />

opere e, soprattutto, al ruolo che ricoprì nello stimolare, promuovere ed anche<br />

organizzare, molte delle iniziative editoriali cui abbiamo fatto cenno. Fulcro<br />

dell’esperienza di Sapere-Nuova serie, scomparve alla vigilia del lancio di E&P-<br />

Epidemiologia e Prevenzione, alla cui progettazione aveva dato un contributo<br />

decisivo. Fece appena in tempo ad avviare Medicina Democratica senza poterne<br />

seguire gli sviluppi. Ma non c’è alcun dubbio che la sua lezione rimane fondante<br />

per un’intera collettività di scienziati, operatori della prevenzione, divulgatori<br />

scientifici, militanti nel campo della salvaguardia e della tutela della salute e<br />

dell’ambiente.<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

Accanto a lui non possiamo dimenticare Giovanni Berlinguer, medico sociale<br />

per antonomasia, figura chiave nell’impostazione del ruolo di un medico di sanità<br />

pubblica volto al nuovo, attento testimone di una cultura dell’equità e dei diritti<br />

dei più deboli di fronte alla salute. Non casualmente queste due eminenti figure<br />

furono a fianco nell’animare quella collana editoriale della Feltrinelli, Medicina<br />

e Potere, tanto importante nella formazione della cultura di una vera e propria<br />

coorte di operatori durante gli anni settanta.<br />

. . . e due grandi amici<br />

Accanto alle opere di Maccacaro e Berlinguer sono stati essenziali i contributi<br />

di altri due studiosi di storia della sanità attivi in ambiti accademici distanti fra<br />

loro, ma animati entrambi da una straordinaria capacità di narrazione e conoscenza<br />

delle radici della sanità italiana. La Storia della Sanità in tre volumi di<br />

Giorgio Cosmacini e i numerosi scritti sulla sanità pubblica di Antico Regime di<br />

Carlo Maria Cipolla hanno dato spessore temporale al percorso formativo degli<br />

operatori che hanno dato vita all’esperienza SNOP e quindi ai suoi strumenti<br />

informativi.<br />

Gli sviluppi recenti<br />

Durante gli ultimi anni ottanta e tutti i novanta il fronte delle riviste dedicate<br />

al discorso critico sulla scienza subisce alcune battute d’arresto. Il progetto<br />

comunicativo di una scienza basata su scelte compatibili, su rotture di steccati<br />

disciplinari, sulla partecipazione dei soggetti interessati, viene messo a dura prova<br />

dall’apparente trionfo del cosiddetto “pensiero unico”, quello che identifica nel<br />

modello sociale uscito vittorioso dalla Guerra Fredda l’unica scelta possibile per<br />

gli abitanti del pianeta.<br />

A rimettere in movimento il quadro, oltre che l’impellenza di scelte di politica<br />

ambientale rispettose della salute presente e futura del genere umano, sono<br />

anche gli sviluppi tecnologici nel campo dell’informazione, resi più facili dal<br />

crollo dei muri ideologici. A partire dalla metà degli anni novanta l’affermarsi<br />

dell’interconnettività planetaria del World Wide Web spalanca nuovi scenari per<br />

la divulgazione scientifica, ampliando notevolmente il raggio d’azione dei media<br />

a disposizione. Tra i più attenti a questi sviluppi si mostra il gruppo di giornalisti<br />

scientifici che fanno capo all’agenzia Zadig, eredi in buona parte dell’esperienza<br />

di SE. In particolare grazie alla tecnologia informativa sviluppata da quest’agenzia<br />

nasce Epicentro, in collaborazione con l’ISS-Centro Nazionale per l’Epidemiologia,<br />

giustamente definito “Portale dell’epidemiologia italiana”. Ma riprende<br />

anche il cammino della gloriosa rivista SE-Scienza-Esperienza, a partire proprio<br />

dal mese di ottobre 2003. A Zadig approda anche E&P, dopo innumerevoli<br />

traversie con gli editori, seguite alla fine del sodalizio con la Sigma-Tau, ditta<br />

farmaceutica coinvolta negli scandali della corruzione sanitaria.<br />

Il progetto comunicativo della SNOP: gli esordi<br />

Il Bollettino SNOP partì a metà del 1985 (il primo numero in realtà, in attesa<br />

di autorizzazione, uscì come supplemento al n.17 della rivista Prisma, periodico<br />

degli operatori socio-sanitari dell’Emilia-Romagna) con 24 pagine 1 e senza<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

135


136<br />

CAPITOLO 4<br />

indice dei contenuti. Nella terza di copertina appariva l’elenco dei referenti<br />

SNOP dalle diverse realtà regionali caratteristica che sarebbe rimasta intatta nel<br />

corso degli anni avvenire, ma che allora rappresentava l’emblema di una sorta di<br />

redazione collettiva, o almeno questo era nelle intenzioni dei soci fondatori.<br />

Il lavoro di costruzione del Bollettino SNOP degli esordi era essenzialmente<br />

basato su tecniche analogiche. Fatto il palinsesto, si provvedeva per via telefonica<br />

a contattare i potenziali autori dei pezzi e di ritorno se ne avevano prodotti<br />

di diversa qualità “grafica”: qualcuno spediva veri e propri manoscritti che<br />

costringevano a un faticoso lavoro di decifrazione e di ribattitura; altri mandavano<br />

dattiloscritti che talvolta abbisognavano di cure sia per la forma (refusi di<br />

stampa, frasi scappate alla penna e che dovevano essere riscritte con una certa<br />

fantasia, ecc.), sia per la sostanza, costringendo, anche in questo caso, a un micidiale<br />

lavoro di ribattitura che spesso si concludeva con un taglia-cuci-incolla<br />

di arrangiata memoria; qualcuno più moderno era già in grado di spedire testi<br />

scritti con word-processor al computer e questo consentiva di effettuare questa<br />

prima parte di correzioni al telefono con il diretto interessato. Tutto viaggiava<br />

per posta cartacea e, appena dopo, semmai per fax. Ottenuti tutti i materiali<br />

seguiva poi la fase di composizione dei testi che veniva gestita dalla tipografia e<br />

supervisionata, per il progetto grafico, dal designer, da sempre Roberto Maremmani.<br />

In tipografia tutti i testi venivano ribattuti e inviati a un programma di<br />

computer tipo desk-top publishing, per essere impaginati. A noi, ma soprattutto<br />

al Direttore di allora, Laura (Lalla) Bodini, toccava l’ennesimo compito ingrato<br />

di correzione, stavolta delle bozze. Esisteva una precisa correlazione tra numero<br />

di errori presenti nelle bozze di stampa inviateci dalla tipografia e due caratteristiche:<br />

orario di immissione, leggibile a piè di pagina, e sigla del tastierista.<br />

Avevamo ormai imparato a riconoscere il tipo di errori in base all’orario e alla<br />

sigla. Finalmente, dopo gli ultimi ritocchi grafici e le immissioni dell’ultima<br />

ora, sempre problematiche, il tutto tornava alla tipografia ed andava in stampa<br />

il numero. L’invio, tramite posta ordinaria, avveniva con tariffa scontata, dato il<br />

basso (per la verità nullo) tasso di pubblicità presente nella pubblicazione.<br />

Le prime avvisaglie di un cambiamento<br />

È indubbio che costruire una rivista sia una delle attività che ha subito i più<br />

profondi cambiamenti negli ultimi anni. L’inizio del terremoto di cui oggi cogliamo<br />

i caratteri salienti possono essere fatti risalire alla metà degli anni novanta,<br />

quando si cominciò a parlare di Internet, almeno nel nostro paese. Nel processo<br />

produttivo sopra delineato saltavano come per incanto varie fasi di lavoro. I testi<br />

cominciarono, prima sporadicamente, poi sempre più di frequente, ad arrivare<br />

sotto forma di file per PC. In un primo momento giravano dischetti (i “buffi”<br />

floppy da 5’e 1/4 , poi i diskette da 3’ e ½ ), ma poi, grazie alle connessioni di<br />

posta elettronica precocemente adottate, si cominciò a far girare i testi per via<br />

telematica. Questo sgravava la redazione da molti pesanti compiti, pur senza<br />

diminuire il problema della continua rincorsa al “pezzo” da inserire nel palinsesto.<br />

La tipografia abolì, semplicemente, il massacrante e sottopagato lavoro notturno<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

di immissione dati, il taglia e cuci, da attività fatta con forbici e colla, divenne<br />

il “cliccare” le due icone corrispondenti, simboleggianti i medesimi strumenti,<br />

di un programma di calcolatore.<br />

Il Bollettino SNOP, almeno fino alla recente ristrutturazione, si è caratterizzato<br />

per una irrisolta ambivalenza tra contenuti professionali, perlopiù dedicati<br />

al campo della prevenzione nei luoghi di lavoro, e cronaca degli avvenimenti e<br />

delle politiche della prevenzione in atto nelle diverse realtà territoriali, soprattutto<br />

regionali. Questo approccio ai contenuti è stato il frutto inevitabile della<br />

confluenza nello stesso strumento comunicativo di esigenze differenti, quelle di<br />

un’offerta di strumenti di lavoro e quella di lobbying sulle politiche relative al<br />

settore della prevenzione adottate o in via d’adozione ai vari livelli di governo.<br />

Incombeva anche sul Bollettino il compito di dar conto della vita associativa, con i<br />

suoi alti e bassi, non altrimenti veicolata da altri strumenti di comunicazione.<br />

L’equilibrio nei contenuti della rivista ha tuttavia funzionato abbastanza bene<br />

finché a fianco del Bollettino la Società ha prodotto un altro filone editoriale, gli<br />

Atti dei convegni tematici, organizzati a partire da quello di Sesto San Giovanni<br />

del 1986 sul comparto legno e proseguiti con una lunga serie tutta incentrata sulle<br />

tematiche della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Anche i periodici incontri<br />

nazionali SNOP hanno via, via assunto carattere tematico, riferendosi più alla<br />

messa a punto degli strumenti di lavoro che a temi di policy della prevenzione.<br />

La conclusione di quella stagione può essere fatta cadere intorno alla metà degli<br />

anni novanta, quando va in crisi il modello comunicativo basato sulla sinergia<br />

fra Bollettino e Atti dei convegni tematici.<br />

La recente ristrutturazione<br />

Gli anni trascorsi da quel momento in poi vengono spesi da un ristretto<br />

numero di operatori impegnati nel progetto SNOP, per aggiornarsi sulle nuove<br />

tecnologie e giungere alla formulazione di un nuovo assetto degli strumenti<br />

di comunicazione della Società. Il processo è lungo e “costoso” soprattutto in<br />

termini di soggetti che soffrono il passaggio vivendolo come una sorta di emarginazione<br />

rispetto ai modi del comunicare. Pesano sulle difficoltà incontrate<br />

fattori generazionali (effetto “età”), di calo della tensione e dell’impegno ideale<br />

(effetto “periodo”), fino al mancato coinvolgimento di nuove fasce più giovani<br />

di operatori (effetto “coorte di nascita”). Si arriva comunque all’oggi con la definizione<br />

di un nuovo assetto, non ancora definitivo, ma abbastanza impostato.<br />

Il Bollettino SNOP tende a caratterizzarsi sempre più come strumento di<br />

approfondimento e riflessione sui metodi e sugli strumenti di lavoro, offerto<br />

al contributo degli operatori, ma anche programmato per monografie dedicate<br />

ai diversi aspetti della Prevenzione. Gli steccati disciplinari vengono in parte<br />

superati scegliendo temi per loro natura pluridisciplinari. Ne sono buoni esempi<br />

i primi tre numeri della nuova serie dedicati rispettivamente ai cancerogeni, agli<br />

atti di un convegno molto importante sugli infestanti urbani, agli infortuni<br />

stradali.<br />

Il compito di aggiornare con ordine sulla cronaca degli eventi che coinvol-<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3<br />

137


138<br />

CAPITOLO 4<br />

gono le politiche della prevenzione viene trasferito a un nuovo strumento, la<br />

newsletter SNOP InForma, ricca di una veste grafica ed editoriale pienamente<br />

riconducibile alla tradizione del vecchio Bollettino, ma esistente solo sul sito<br />

della società www.snop.it e quindi solamente virtuale.<br />

Infine la vita interna dell’Associazione viene descritta e aggiornata sulle pagine<br />

del sito web, secondo una modalità interattiva sempre più sviluppata.<br />

Rimangono ancora da decidere le migliori forme di comunicazione per la<br />

divulgazione del dibattito e delle scelte di politica della prevenzione del Direttivo<br />

Nazionale e del Presidente, finora gestite attraverso una nota informativa<br />

dell’Ufficio di Presidenza che viene inviata, come “copia nascosta” a fini di rispetto<br />

della privacy, attualmente a una rubrica di indirizzi di e-mail consistente<br />

in 1600 nominativi circa, rappresentativi sia di servizi, enti o associazioni ma<br />

anche di singoli individui.<br />

I contenuti della comunicazione SNOP<br />

Se sul piano degli strumenti abbiamo fatto importanti, seppure tardivi passi<br />

avanti, rimane indietro un serio dibattito sui contenuti della comunicazione<br />

SNOP. Questo tema è naturalmente intrecciato con l’’identità stessa del soggetto<br />

emittente, faticosamente mutata anch’essa in seguito ai cambiamenti del quadro<br />

di riferimento istituzionale nel campo d’interesse. La nascita del Dipartimento di<br />

Prevenzione e il trasferimento delle competenze in tema di controllo del rischio<br />

ambientale a un differente circuito culturale, quello delle Agenzie per l’Ambiente,<br />

hanno inciso sul mandato societario. Chi rilegge l’editoriale del primo numero<br />

della rivista intitolato significativamente “Perché la SNOP” si rende conto del<br />

tempo passato da quel momento e dei mutamenti intercorsi. Se nel convegno<br />

di Parma del 1989 viene deciso l’allargamento della società a tutti i settori della<br />

prevenzione, superando l’angustia della prevenzione nei luoghi di lavoro, tuttavia<br />

con il successivo referendum per la sottrazione dell’ambiente alle USL si realizza<br />

una frattura culturale tra operatori della prevenzione nei luoghi di lavoro e operatori<br />

dell’igiene pubblica che avevano individuato proprio nelle competenze in<br />

materia di ambiente il terreno privilegiato di colloquio e di maturazione di una<br />

pratica di lavoro comune. È solo in tempi più recenti che importanti componenti<br />

della sanità pubblica cominciano a contribuire allo sviluppo delle politiche<br />

della società in tema di prevenzione. Importante elemento di coesione appare a<br />

questo punto l’impegno speso sul versante della cosiddetta “Prevenzione basata<br />

su prove di efficacia”, atteggiamento mentale, prima ancora che strumentario<br />

professionale, che accomuna tutti gli operatori impegnati nel campo della prevenzione<br />

a prescindere dalla rispettiva matrice culturale di origine. Coerente<br />

appare la scelta di spendere molte energie su questo versante.<br />

Quale futuro per il progetto comunicativo della SNOP<br />

I nodi da sciogliere davanti a noi appaiono di varia natura. In primo luogo<br />

esiste la necessità di garantire le risorse minime per gestire l’esistente struttura,<br />

possibilmente senza l’affanno tremendo con cui attualmente va avanti la rivista.<br />

Si tratta di risorse finanziarie, ma anche di risorse umane, visto che il tasso di<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

Strumenti per la formazione n. 3


CAPITOLO 4<br />

ricambio dei membri che “mollano” è basso. Intrecciato a questo c’è il problema<br />

delle scelte sulla collocazione della Società. Dato per scontato che si tratta<br />

di un processo in continuo e infinito divenire, tuttavia qualche punto fermo è<br />

bene fissarlo.<br />

“Al fondo rimane una domanda alla quale solo una verifica empirica, fatta<br />

cioè sul campo, cimentandosi con la realtà del mondo degli operatori potrà dare<br />

risposta: esiste ancora uno spazio per esperienze come quelle della SNOP?” Concludevo<br />

con queste parole un incontro redazionale allargato a colleghi interessati<br />

al nostro progetto, tenutosi a Bologna nell’ottobre 2003. Il sia pur breve tempo<br />

intercorso mi ha consentito di verificare come si possa dare a quella domanda,<br />

niente affatto retorica, una risposta probabilmente positiva. La divulgazione di<br />

temi scientifici e professionali veicolata dagli strumenti messi in campo dalla<br />

SNOP coglie un diffuso bisogno di conoscenza presente tra gli operatori della<br />

prevenzione e si propone come nodo essenziale di una rete informativa dalla quale<br />

anche gli altri “soggetti interessati” (stakeholders) e tra questi in primo luogo, per<br />

radicata tradizione, i lavoratori potranno attingere un messaggio originale, non<br />

subalterno a logiche di potere, da sempre schierato dalla parte dei deboli.<br />

(ALBERTO BALDESSARONI)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

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Gli Autori<br />

Diego Alhaique (2087 RLS)<br />

Alberto Baldessaroni (Bollettino SNOP)<br />

Stefano Beccastrini (CEDIF – ARPAT, Regione Toscana)<br />

Mara Bernardini (AUSL Modena)<br />

Marco Biocca (Agenzia Sanitaria regionale, Regione Emilia Romagna)<br />

Massimo Broggi (ISL – Igiene e Sicurezza del Lavoro)<br />

Andrea Calamusa (Osservatorio Comunicazione Sanitaria, Università degli<br />

Studi di Pisa)<br />

Annalaura Carducci (Osservatorio Comunicazione Sanitaria, Università<br />

degli Studi di Pisa)<br />

Luigi Casano (Confindustria)<br />

Cipriano Cavaliere (Rai Educational)<br />

Rossana D’Arrigo (Lavoro e <strong>Salute</strong>)<br />

Marinella De Maffutiis (ANMIL)<br />

Adolfo Di Corrado (in rappresentanza di CGIL, CISL, UIL)<br />

Virginio Galimberti (UNI, Comitato di Ricerca per i linguaggi simbolici)<br />

Anna Gioia (626Progetto Sicurezza)<br />

Michele Lepore (Ambiente & Sicurezza sul Lavoro)<br />

Graziano Maranelli (Direzione Igiene e sanità pubblica, Azienda Provinciale<br />

per i Servizi Sanitari, Provincia Autonoma di Trento)<br />

Marco Masi (CTIPLL - Coordinamento Tecnico Regioni e Province Autonome<br />

di Prevenzione nei Luoghi di Lavoro)<br />

Giovanni Pianosi (ASL Città di Milano)<br />

Monica Pisetta (Servizio Economia e programmazione sanitaria, Provincia<br />

Autonoma di Trento)<br />

Giorgio Russomanno (Confartigianato)<br />

Rosella Sobrero (Pubblicità Progresso)<br />

Idillio Tagliaferro (ISPESL)<br />

Anna Maria Todini (INAIL)<br />

Giustino Valtellino (CNCPT)<br />

Carlo Veronesi (AUSL Reggio Emilia)<br />

Giuseppe Zago (www.sicurezzaonline.it)<br />

Provincia Autonoma di Trento<br />

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