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crisi globale, oggi come nel 1929? - Liceo Scientifico Antonelli

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SCIENZA.<br />

CHI HA PAURA<br />

DELL’INFINITO?<br />

Fin dall’antichità<br />

l’infinito sconcerta e attrae<br />

le menti umane. Ma<br />

l’infinito esiste <strong>come</strong><br />

dimensione reale o <strong>come</strong><br />

aspirazione illusoria? Un<br />

percorso fino ai giorni<br />

nostri...<br />

Ammettiamolo: chi di noi<br />

odierni pensatori della modernità è in<br />

grado di resistere al fascino<br />

dell’infinito? E’ una parola che<br />

suscita moti <strong>nel</strong>la nostra fantasia e<br />

aziona l’immaginazione, che ci porta<br />

ad abbattere con la mente i limiti di<br />

ciò che conosciamo e a postulare un<br />

“oltre”, lontano, forse irraggiungibile,<br />

talmente ampio da esulare dalle nostre<br />

capacità umane. Che qualcosa di<br />

infinito ci sia, esista, sebbene non<br />

siamo in grado di identificarlo, è in<br />

noi <strong>come</strong> un presentimento inconscio,<br />

sottile e nascosto, che ci attrae e<br />

inquieta allo stesso tempo. Ma questo<br />

infinito, alla fine, che cos’è?<br />

Contrariamente a quel che<br />

possiamo aspettarci, <strong>nel</strong> mondo antico<br />

l’infinito risultava molto meno<br />

attraente di quanto sia <strong>oggi</strong> per noi.<br />

Babilonesi ed Egizi, per esempio, non<br />

presero mai in esame il concetto, non<br />

certamente per incapacità<br />

intellettuale, ma perché,<br />

semplicemente, l’infinito non era per<br />

loro di alcun interesse o utilità. I<br />

primi che ne diedero una definizione<br />

furono infatti i Greci, i quali lo<br />

chiamarono àpeiron, cioè “senza<br />

limite” ( a, «senza» e péras,<br />

«limite»); è proprio in questo àpeiron<br />

che il filosofo Anassimandro (VII-VI<br />

secolo a. C.), concependolo <strong>come</strong><br />

materia indefinita e illimitata,<br />

identificò l’archè, il principio,<br />

l’origine di tutte le cose.<br />

E’ evidente che però l’infinito,<br />

definito <strong>come</strong> “ciò che non ha limite”,<br />

assuma una connotazione tutta<br />

negativa; con la sua nascita, perciò,<br />

ha origine anche la domanda che<br />

animerà la discussione circa l’infinito<br />

nei millenni successivi: è possibile<br />

dare una definizione positiva<br />

dell’infinito? In altre parole: è<br />

possibile l’esistenza di un infinito<br />

concreto, attuale? Tale argomento<br />

divenne per il mondo greco e le<br />

società antiche in generale un vero e<br />

proprio tabù; con il concetto di<br />

infinito attuale nasce anche la paura,<br />

detta “horror infiniti”, per qualcosa<br />

ritenuto assolutamente impensabile.<br />

La credenza era infatti che solo ciò<br />

che era finito e limitato fosse<br />

conoscibile e il limite veniva ad<br />

assumere così il significato di ideale<br />

estetico, di perfezione; “la natura<br />

evita cose infinite”, diceva Aristotele:<br />

ovvero, l’infinito è privo di quella<br />

completezza e finalità verso cui la<br />

natura è costantemente tesa.<br />

In quest’ottica è da intendersi<br />

anche il concetto di universo per i<br />

Greci; esso, il cosmos, era simbolo<br />

dell’ordine, in opposizione al caos,<br />

per cui non poteva assolutamente<br />

essere considerato infinito: per questo<br />

il modello cosmologico comunemente<br />

proposto <strong>nel</strong>l’antichità greca (con<br />

l’eccezione dell’atomista Democrito)<br />

è quello della sfera, entità dotata di un<br />

limite ben preciso. Anche Copernico,<br />

pur <strong>nel</strong>l’immensa rivoluzione che la<br />

sua teoria ha portato, mantenne l’idea<br />

della sfera (e dunque di un universo<br />

raccolto, finito), “limitandosi” a<br />

spostare il centro di essa dalla Terra al<br />

Sole.<br />

Di infinito attuale, dunque,<br />

neanche a parlarne. I tempi non sono<br />

maturi. L’infinito comincia però a<br />

farsi timidamente spazio <strong>come</strong><br />

infinito potenziale, la cui<br />

identificazione si deve ad Aristotele.<br />

L’infinito non è dunque ciò al di fuori<br />

del quale non c’è nulla (infinito<br />

attuale), bensì ciò al di fuori del quale<br />

c’è sempre qualcosa, ovvero per cui<br />

esiste la possibilità di aggiungere<br />

sempre elementi a una quantità<br />

determinata senza che ci sia un<br />

elemento ultimo. Il primo esempio: i<br />

numeri naturali. Essi sono infiniti,<br />

poiché, aggiungendo un qualsiasi<br />

numero a un altro, sarà sempre<br />

possibile aggiungerne ulteriormente<br />

uno in più; otterremo perciò, di volta<br />

in volta, quantità sempre finite, ma<br />

che sembrano potenzialmente in<br />

grado di tendere all’infinito.<br />

Per Aristotele, quindi, il numero<br />

è infinito solo in fieri. Del resto, egli<br />

dichiara che “il numero è infinito in<br />

potenza, ma non in atto( …) Questo<br />

nostro discorso non intende<br />

sopprimere per nulla le ricerche dei<br />

matematici, per il fatto che esso<br />

esclude che l’infinito per<br />

accrescimento sia tale da poter<br />

essere percorso in atto. In realtà essi<br />

stessi allo stato presente non sentono<br />

il bisogno di infinito, ma di una<br />

quantità più grande quanto essi<br />

vogliono, ma pur sempre finita”.<br />

Per la matematica, dunque,<br />

l’infinito attuale, oltre che “orribile”<br />

al pensiero, è anche perfettamente<br />

inutile. Per definire la sua retta,<br />

Euclide (IV-III secolo a.C.) non ne ha<br />

bisogno, poiché si limita a indicarla<br />

<strong>come</strong> un segmento, finito ma<br />

prolungabile da entrambi i lati. Lo<br />

stesso si può dire circa l’infinitezza<br />

dei numeri primi: vale infatti la regola<br />

per cui “data una qualsiasi quantità di<br />

numeri primi esiste sempre un<br />

numero primo che non fa parte di<br />

questa quantità”. Persino Gauss<br />

(XVIII-XIX secolo d.C.), concorrente<br />

al titolo di “princeps<br />

mathematicorum”, dichiara che “non<br />

è mai lecito usare l’infinito attuale in<br />

matematica”. Per concludere, anche il<br />

più recente Poincaré (XIX-XX<br />

secolo) ritiene che l’infinito attuale<br />

non esiste e che noi chiamiamo<br />

“infinito” solo la “capacità di creare<br />

sempre nuovi oggetti,<br />

indipendentemente dal numero di<br />

oggetti già esistenti”.<br />

E’ questa dunque la realtà?<br />

L’infinito ci terrorizza in questo<br />

modo? L’horror è così forte da<br />

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