STAZIONI FAR WEST - Cinque Quotidiano
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N<br />
TEL: 06.5124466<br />
TEL: 06.5130299<br />
on era una semplice casa, ma una<br />
roccaforte inespugnabile, dalla quale<br />
gestivano la loro attività di spaccio<br />
di cocaina. Una vera e propria centrale<br />
dello smercio, l’abitazione-bunker di via<br />
Francesco Di Benedetto, quartiere Romanina,<br />
dove da diversi anni quattro sorelle<br />
del clan Casamonica portavano avanti i<br />
loro affari illeciti con la massima sicurezza,<br />
pensando di essere al riparo da occhi indiscreti<br />
e soprattutto dalla lente d’ingrandimento<br />
delle forze dell’ordine. Il nome dell’indagine,<br />
“Alcatraz”, prende spunto dalle<br />
misure di protezione della “fortezza”, dotata<br />
di inferriate massicce sia davanti alla porta<br />
d’ingresso che alle finestre del primo e del<br />
secondo piano: anche per questo ci sono<br />
voluti due anni di appostamenti, controlli<br />
e pedinamenti giornalieri e notturni per<br />
chiudere il cerchio sulle responsabili, tutte<br />
donne tra i 45 e i 50 anni, e per fare luce<br />
sull’organizzazione del “lavoro”. Lo spaccio<br />
aveva inizio nel primo pomeriggio e proseguiva<br />
fino a tarda notte: i familiari delle<br />
pusher, che avevano un ruolo più “defilato”,<br />
effettuavano dei veri e propri pattugliamenti<br />
lungo le vie limitrofe all’abitazione per verificare<br />
la presenza di carabinieri o polizia<br />
giovedì 14 febbraio 2013 9<br />
ROMANINA Quattro donne della famiglia spacciavano nella villetta protetta con inferriate a porte e finestre<br />
Blitz nella casa blindata: espugnata<br />
la “roccaforte” del clan Casamonica<br />
Per due anni i carabinieri hanno sorvegliato quel bunker in via Francesco di Benedetto e ricostruito l’attività di vendita di cocaina<br />
Le pusher non uscivano mai e incontravano i clienti al cancello dove avveniva lo scambio. Da ieri due sono costrette agli arresti domiciliari<br />
di Diego Cappelli<br />
Foto d’archivio<br />
cronaca<br />
mentre la cessione dello stupefacente veniva<br />
effettuata con modalità predefinite<br />
note a tutti i clienti. Gli acquirenti giungevano<br />
a bordo della loro autovettura davanti<br />
all’abitazione dei Casamonica e, dopo essersi<br />
accostati sulla strada, suonavano al<br />
citofono e attendevano fuori dal portone<br />
d’ingresso: una delle sorelle, dopo aver<br />
verificato chi aveva suonato al citofono,<br />
apriva il portone di accesso al loggiato<br />
esterno e si faceva consegnare il denaro<br />
che passava a un’altra donna all’interno<br />
dell’abitazione mentre una terza complice<br />
prendeva lo stupefacente, normalmente<br />
nascosto all’interno degli indumenti intimi,<br />
e lo consegnava alla spacciatrice alla porta,<br />
che lo passava poi all’acquirente. Nel corso<br />
delle indagini alcuni clienti, dopo essere<br />
stati fermati dai carabinieri, avvisavano<br />
le donne del clan fornendo loro sia i modelli<br />
sia le targhe delle auto “civetta”. Ma sono<br />
state proprio le dosi sequestrate ai tossicodipendenti<br />
della Romanina a far scattare<br />
l’indagine dei carabinieri del nucleo operativo<br />
Roma Centro a far partire le ordinanze<br />
di custodia cautelare emesse dal gip<br />
del tribunale di Roma Pier Luigi Balestrieri.<br />
Da ieri due delle pusher sono agli arresti<br />
domiciliari, mentre le altre due donne sono<br />
state sottoposte all’obbligo di presentazione<br />
in caserma.