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8 15 marzo 2012<br />
ISOLA NOSTRA<br />
10 febbraio: il Giorno del Ricordo<br />
Il 10 febbraio si celebra<br />
il Giorno del Ricordo, in<br />
coincidenza con l’anniversario<br />
di quel Trattato di Pace<br />
punitivo (Parigi, 10 febbraio<br />
1947) che comportò la perdita<br />
delle terre dell’Adriatico<br />
Orientale e l’esodo di 300.000<br />
istriani, fiumani e dalmati.<br />
Noi venimmo via per sfuggire<br />
al regime comunista jugoslavo<br />
e alla sua politica di<br />
sopraffazione e di denazionalizzazione,<br />
vera e propria<br />
pulizia etnica condotta ai nostri<br />
danni tra episodi di una grande<br />
ferocia.<br />
In Italia, dopo più di mezzo<br />
secolo d’ignoranza, di insensibilità<br />
e di indifferenza, sono<br />
intervenuti dei cambiamenti.<br />
Accogliendo un augurio espresso<br />
anni prima da Montanelli, il<br />
10 febbraio 2003, il Governo<br />
dell’epoca, per bocca del vicepremier<br />
Gianfranco Fini, chiese<br />
ufficialmente scusa ai profughi<br />
giuliano-dalmati e ai loro discendenti<br />
per la maniera in cui l’Italia<br />
li aveva per tanti anni trattati:<br />
“Il Governo italiano vi chiede<br />
ufficialmente scusa per tutto ciò<br />
che è accaduto e per tutto ciò che<br />
colpevolmente i libri di scuola<br />
non hanno raccontato e insegnato”.<br />
Alcune piazze e alcune<br />
strade sono state intitolate alle<br />
vittime degli eccidi commessi dai<br />
partigiani di Tito. E’ stato emesso<br />
un francobollo per commemorare<br />
il nostro esodo. Uno anche<br />
per ricordare il liceo ginnasio<br />
“G.R.Carli” di Pisino.<br />
Ma la posta con questi nuovi<br />
francobolli è giunta troppo tardi<br />
per i miei genitori e per tanti<br />
altri, che si sono spenti lontani<br />
dalle amate terre, lasciando ai<br />
superstiti un lutto perenne per<br />
quel mondo distrutto.<br />
“Finalmente – mi sono comunque<br />
detto – finalmente un<br />
popolo esce dall’ombra”. Un<br />
popolo che ha dovuto un’infinità<br />
di volte sorbirsi l’attributo<br />
di “slavo”, mentre i tenaci mass<br />
media italiani hanno sempre<br />
usato il nome slavo – Pula,<br />
Rijeka, Porec… - per le nostre<br />
località di nascita dall’antico<br />
nome italiano. Il non riconoscimento<br />
– ad un individuo, ad un<br />
gruppo, ad un popolo – del suo<br />
passato e della sua identità è un<br />
grave diniego che fa tremendamente<br />
male.<br />
I giuliano-dalmati e i loro<br />
figli si sono inseriti pacificamente<br />
e silenziosamente nei<br />
nuovi approdi. Noi esuli non<br />
abbiamo espresso violenze,<br />
terrorismo e neppure un revanscismo<br />
urlante. Nella mite Italia<br />
è fiorito invece il terrorismo<br />
delle Brigate Rosse; rosse come<br />
la stella dei nostri carnefici.<br />
I giuliano-dalmati hanno<br />
avuto diritto, in Italia, alla celebrazione<br />
di Tito e del suo magnifico<br />
mosaico di popoli. Alla fine<br />
però il laboratorio jugoslavo,<br />
edificato anche sui nostri morti,<br />
è esploso nel sangue. Il “nuovo<br />
uomo socialista”, esperto di<br />
autogestione e campione di<br />
antifascismo, acclamato nei<br />
consessi internazionali e oggetto<br />
di forti invidie in Italia, ha così<br />
potuto riproporre ai suoi vicini<br />
di casa la pulizia etnica e gli<br />
antichi metodi di morte. Questa<br />
volta, però, sotto i riflettori dei<br />
Carpi, 12 febbraio<br />
Anche qui a Carpi (Modena) celebriamo il Giorno del Ricordo. Era in programma l’inaugurazione<br />
di una lapide in ricordo delle Foibe e dell’esodo dei Giuliani e Dalmati: si tratta<br />
di un blocco di granito donato dalla cava carsica di Aurisina. Doveva essere presente, oltre a<br />
dirigenti dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia di Bologna e di Roma, anche il sindaco<br />
di Trieste Cosolini. Ma è stato tutto rimandato a data da destinarsi a causa della bora presente in<br />
questi giorni a Trieste, dei pochi centimetri di neve romana, dei 60 centimetri di neve emiliana<br />
e dei tre centimetri de giasso Carpigiani (xe quindise giorni che sèmo soto zero…).<br />
Sarà mia premura tenervi informati, e comunque questa mia resterà un documento di come<br />
era il tempo in mezza Italia il giorno 12 del febbraio 2012.<br />
Un caro saluto, raccomandandovi de tenerve streti che no i ve trovi duti in laguna… Con<br />
affetto,<br />
Bruno Moscolin, isolan de via Manzioli<br />
London (Canada), 12 febbraio 2012<br />
Sono passati molti anni, esattamente dal 8 febbraio 1956,<br />
da quando ho lasciato la mia amata <strong>Isola</strong> d’Istria, ma il ricordo<br />
è sempre vivo in me.<br />
Se chiudo gli occhi vedo il tutto come se fosse oggi…<br />
Vedo mio padre, vedo mia madre, che con la morte nel cuore<br />
caricavano le nostre poche cose sul camion che ci avrebbe<br />
portati a Trieste, via dalla nostra terra per sempre. Si parlava<br />
poco, eravamo tristi e un po’ confusi, in poco tempo si<br />
perdeva tutto quello che si aveva costruito con tanti anni di<br />
lavoro, sudore e sacrificio. Cari genitori, quanto avete sofferto…<br />
abbiamo perduto tutto quello che avevamo di più caro.<br />
La nostra casa, i nostri amici, i parenti, la nostra chiesa, il<br />
nostro cimitero… il nostro mare, le nostre tradizioni. Siamo<br />
andati verso l’ignoto. Soprattutto per essere liberi, per non<br />
aver paura di esprimere le nostre idee senza il timore di essere<br />
portati via di notte come spesso accadeva… Ma soprattutto<br />
perché noi siamo stati sempre orgogliosamente italiani… e<br />
questo è un Grande Valore.<br />
E adesso dove siamo andati a finire? E’ vero, siamo stati<br />
sventagliati come polvere al vento per tutti gli angoli della<br />
terra… ma l’amore per il nostro Paese non è mai diminuito.<br />
<strong>Isola</strong>, noi ti ricorderemo e ti ameremo sempre! Noi isolani<br />
siamo nati con i piedi nel mare e con le mani sulla terra…<br />
Ierimo, sèmo e sarèmo sempre isolani, istriani e italiani!<br />
Dal Canada un abbraccio a tutti gli isolani sparsi per il<br />
mondo da<br />
Mario Lorenzutti, grilo<br />
mass media.<br />
In Italia, paese dell’antipatriottismo<br />
viscerale, l’apertura<br />
agli esuli trova i suoi accaniti<br />
resistenti. Per certuni sui morti<br />
di Basovizza “non c’è nulla di<br />
dimostrato”. A Marghera, per<br />
l’intitolazione di una piazza ai<br />
trucidati nelle foibe, un commando<br />
di estrema sinistra sferrò<br />
un attacco violento contro i partecipanti.<br />
Diverse targhe ricordo<br />
sono state nel corso degli anni<br />
vandalizzate. Anche quest’anno,<br />
apprendiamo dai giornali: “Foi-<br />
be: sfregio alla targa commemorativa”,<br />
“Bandiere comuniste e<br />
jugoslave nel corteo dei centri<br />
sociali contro le foibe”. Per<br />
la sindaco di Genova le foibe<br />
vanno ricondotte al fascismo:<br />
“Le foibe vanno ricordate nel<br />
contesto del fascismo”. Non<br />
solo: un sondaggio choc rivela<br />
che ben sei italiani su dieci non<br />
sanno cosa siano le foibe.<br />
Ma ormai qualcuno parla,<br />
comunque, di noi: noi, un popolo<br />
che non esisteva. Al di là<br />
delle ideologie, dei discorsi di<br />
parte e di partito, dei distinguo e<br />
delle insinuazioni, al di là della<br />
vera commozione, o anche dei<br />
chichès retorici rarissimi in<br />
verità, che si riconosca infine<br />
che quel trattato di pace sancì<br />
la sconfitta dell’Italia, con una<br />
resa incondizionata, e con la<br />
mutilazione del territorio nazionale,<br />
e con l’esodo di una<br />
popolazione inerme che ha<br />
vissuto delle tremende pagine<br />
di storia e che reca ancora oggi<br />
nel cuore un incancellabile<br />
fardello di memorie.<br />
Claudio Antonelli, Montreal