Malvino Stolfa - Isola Nostra

ISOLA 

NOSTRA 

I titoli 

«... e là fantasticando coi miei pensieri, ai miei occhi s’apria, 

la giacente città, e l’alpi e il mare e la seminascosta, Isola mia» 

Pasquale Besenghi 

PERIODICO DELLA COMUNITÀ 

DEGLI ISOLANI 

ANNO XXXX 

N. 357 

TRIESTE, 15 Giugno 2004 

Poste Italiane S.p.A.-Sped. in Abb. Post . 

D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/04 n° 46) art. 1, comma 2, DCB 

Attenzione! In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Trieste C.P.O. detentore 

del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. 

ISOLA NOSTRA - Piazza S. Antonio n. 2 - 34132 TRIESTE - ITALIA M Tel. 040.638.236 

E-mail: isolanostra@triesteincontra.it - http: //arte.triesteincontra.it/isolanostra 

Malvino Stolfa: un grande figlio di Isola d'Istria 

Un nuovo cippo e una targa a Basovizza 

L'emigrazione giuliana nel mondo 

S. N. Pullino: Ballo del Mare 2004 

Lunedì dell'Angelo a Strugnano 

Gita della Colomba 

Nino Benvenuti, il “croato’’ nato a Isola

Domenica 18 luglio 

Santuario di Monte Grisa 

Madonna del Carmine 

La processione come di consueto partirà alle ore 

17.00 dalla rotonda sottostante il Santuario. Seguirà, 

intorno alle ore 17.30, la Santa Messa solenne. 

Domenica 8 agosto 

Borgo San Sergio (Trieste) 

Festa di San Donato 

Alle ore 10.30, Santa Messa cantata in onore del 

compatrono di Isola nella chiesa del rione 

triestino di Borgo San Sergio. 

Mercoledì 8 settembre 

Isola d'Istria 

Madonna di Loreto 

Nella ricorrenza della “Madonna Piccola’’, una 

Santa Messa sarà celebrata alle ore 15.30 a Isola 

nella chiesetta di Loreto. 

E-mail: isolanostra@triesteincontra.it 

CHIUSURA DI AGOSTO 

La Sede di Isola Nostra rimarrà chiusa per tutto il mese 

di agosto. La riapertura dell'ufficio è prevista per 

Mercoledì 1° settembre 

L’uscita del prossimo numero di Isola Nostra è prevista 

per la seconda quindicina di settembre 2004. 

Per evitare spiacevoli disguidi, è necessario che il 

materiale destinato alla pubblicazione arrivi in Redazione 

entro e non oltre il 

31 luglio 2004 

Grazie a tutti per la collaborazione. 

GITA DI SAN MAURO 2004 

Il Comitato organizzatore ha scelto quest'anno 

Domenica 3 ottobre 

per la celebrazione della 51.ma festa di San Mauro. Il programma 

prevede la celebrazione della S.Messa nel Duomo 

di Grado ed il pranzo all'Hotel Ristorante “Belvedere” 

di Tricesimo con l'immancabile e impareggiabile torta 

di “Isola Nostra’’. Come risaputo, il servizio è impeccabile 

e il trattamento signorile, con musicisti briosi e 

spumeggianti. E con divertenti sorprese. 

Per informazioni e prenotazioni contattare: 

OLIVO COLOMBAN (Trieste) Tel. 040-390976 

UMBERTO PARMA (Trieste) Tel. 040-910028 

DARIO DEGRASSI (Muggia) Tel. 040-272662 

GIGI CARBONI (Trieste) Tel. 040-911885 / 040-272472 

Cellulare 333-4000208 

MARIO DEPASE (Trieste) Tel. 040-226853 

FABIO VASCOTTO (Muggia) Tel. 040-272520 

040-272472 

ALDO VASCOTTO (Monfalcone) Tel. 0481-768791 

L'Organizzazione raccomanda di 

prenotarsi con una impegnativa 

nei mesi di luglio e agosto, per poter predisporre in 

tempo i pullman necessari. Non si accettano prenotazioni 

senza impegnativa. 

Buone vacanze!

15 Giugno 2004 ISOLA NOSTRA 

1 

ISOLA NOSTRA 

Periodico trimestrale della 

Comunità degli esuli d’Isola 

d’Istria fondato da 

Don Attilio Delise nel 1965 

Direttore responsabile 

Franco Stener 

Assistenti di redazione 

Anita Vascotto 

Attilio Delise 

Umberto Parma 

Hanno collaborato a questo numero: 

Annamaria Bologna Fabbri 

Tullio Bordato 

Alfredo Bussani 

Livio Carpenetti 

Sandro Carpenetti 

Olivo Colomban 

Omera Colocci 

Mario Costanzo 

Alessia Dagri 

Fabio Dandri 

Franco Degrassi 

Romildo Degrassi 

Editta Depase Garau 

Giusy Depase Agnoletto 

Mario Depase 

Mariuccia Depase Carboni 

Edoardo Fabbri 

Emilio Felluga 

Mario Lorenzutti 

Umberto Parma 

Walter Pohlen 

Emilio Prata 

Nerina Pugliese Bordato 

Franco Stener 

Nino Vascotto 

don Pietro Zovatto 

Gianni Zvitanovich 

Direzione, Redazione, 

Amministrazione 

Piazza Sant’Antonio, 2 

34132 TRIESTE 

Editrice: Associazione 

“ISOLA NOSTRA’’ 

Autorizzazione del Trib. di 

Trieste n. 843 del 4.5.1992 

Conto corrente postale 

n. 11256344 

Orario degli uffici: 

Martedì dalle 10 alle 12 

Mercoledì dalle 10 alle 12 

Giovedì dalle 10 alle 12 

Venerdì dalle 16 alle 18 

Telefono 040/63.82.36 

Grafica: 

STUDIO 92 RO-MA 

Tel. 040/945161 

Stampa: 

Artigraficheriva (Trieste) 

Riflessioni davanti al Tabernacolo 

E’ appena uscito un libro: 

“Le adorazioni eucaristiche” 

del Servo di Dio Marcello 

Labor (curato da V. Cian e con 

la presentazione del vescovo di 

Trieste mons. E. Ravignani). 

Una occasione opportuna per 

avviare questo numero di Isola 

Nostra con un pensiero spirituale 

che accompagni il mese 

di giugno. Si tratta di piccoli 

prologhi di avviamento per sostare 

in meditazione davanti al 

Santo Tabernacolo, nella Cattedrale 

di San Giusto, ove 

mons. Labor fu parroco dal 

1948 al 1953. I destinatari erano 

gli aggregati alle “Lampade 

Viventi”, gruppo di vita apostolica 

che avevano un desiderio 

di cibo sostanzioso e nutriente. 

Davanti all’Eucarestia il 

compagno di gioventù di Scipio 

Slataper si ferma con lo stupore 

adorante e meditativo di cui 

parlava il curato d’Ars nei riguardi 

di un pio vecchietto che 

trascorreva ore immobile e silenzioso 

presso il Tabernacolo. 

tL’altare del S.S. Sacramento nel Duomo di Isola. 

Dio guardava lui, e lui guardava 

Dio. Per dire una semplice 

parola: “Mio Signore e mio 

Dio”, come l’incredulo san 

Tommaso, e come lui, noi, sempre 

bisognosi di conversione. 

Sono tracce brevi, incisive, 

coinvolgenti, perché lontane da 

ogni devozionismo distorto, 

che puntano all’essenzialità di 

un cristocentrismo vissuto con 

amore. Presso il Tabernacolo 

l’anima è sospinta ad abbracciare 

la croce: “Venerdì santo: 

oggi è nata la Carità... Non vi 

è carità senza la Croce”. E croce 

significa distruzione di ogni 

egocentrismo, “lo sciopero dell’egoismo” 

di ogni cristiano che 

accolga il Vangelo con trasparenza 

adamantina. 

E presso il Tabernacolo Cristo 

ha desiderato che noi lo seguiamo, 

anche se non siamo 

“fiamma ma lumino”. Comunque 

sia la situazione Cristo ci 

investe, anche se “questa fioca 

fiammella fa fioco lume”. Un 

santo ha detto: “Fate quel che 

potete, Gesù farà quello che 

non possiamo fare noi”. 

Cosifatte tracce sospese tra 

uno slancio mistico e gli 

asperrimi bagliori della croce 

nell’Eucarestia, sono slanci 

d’affetto convogliati al trascendente, 

elevazioni liriche d’affetto 

di “pietà tenera”, caratteristica 

di una personalità spirituale 

matura. E i destinatari o possibili 

interlocutori altrettante 

“staffette” dello spirito che sanno 

stare e sostare davanti “al 

grande mistero del silenzio di 

Dio”. “Anche se la chiesa fosse 

vuota, noi andremo a riscaldare 

il nostro cuore accanto al 

Cuore di Gesù”, scriveva il servo 

di Dio Marcello Labor. 

don Pietro Zovatto 

CONFRATERNITA 

DEL CARMINE 

Il prossimo 18 luglio ricorderemo 

al Santuario di Monte 

Grisa la nostra plurisecolare 

festività della Madonna del 

Carmine e i 33 anni della 

ricostituzione a Trieste della 

sua Confraternita. 

Dopo la Santa Messa terremo 

l’assemblea degli iscritti, 

alla quale presenterò le dimissioni 

da Presidente del 

Consiglio Direttivo della 

Confraternita per motivi… 

anagrafici. Saranno necessarie 

quindi nuove elezioni e 

pertanto si raccomanda a tutti 

gli iscritti di intervenire. La 

riunione sarà breve, anche 

per permettere a coloro che 

sono sprovvisti di mezzi propri 

di non perdere l’autobus 

del ritorno. 

Colgo l’occasione per ringraziare 

tutti coloro che in 

questi anni si sono tanto prodigati 

per la buona riuscita 

della nostra festa e un grazie 

a tutti gli isolani che con la 

loro sempre numerosa partecipazione 

hanno sempre 

onorato e rispettato questa 

nostra bella e importante tradizione. 

Romildo Degrassi

2 ISOLA NOSTRA 

15 Giugno 2004 

FAMIGLIA, LAVORO, PATRIA E SPORT I SUOI VERI E SUBLIMI IDEALI 

Malvino Stolfa: un grande figlio di Isola d'Istria 

A 94 anni ha cessato di battere il cuore di un grande sportivo 

Emilio Felluga 

Aveva 16 anni quando entrò a far parte della 

Società Nautica “Giacinto Pullino”, sorta ad Isola 

da pochi mesi. Forte e robusto, già l’anno successivo 

conquistava il titolo di campione d’Italia 

nella categoria “ragazzi” insieme a Perentin, Deste 

e Dorigatti, con al timone Palese. 

L’entusiasmo ed il successo di Malvino non 

erano però condivisi in famiglia; il padre, che aveva 

avviato da poco un negozio di calzature, mal 

sopportava le assenze del figlio per motivi sportivi. 

Ma lo sport al giovane Stolfa era ormai entrato 

nel sangue. 

Senza mai abbandonare la Pullino, si era dedicato, 

assieme alla maestra Alceste Stefanutti, 

all’insegnamento della ginnastica, e in modo particolare a quella 

femminile, dando vita ad un bel gruppo che si fece conoscere, 

per la capacità e la simpatia, in tutta Italia. Fu in questo gruppo 

All’amico Malvino: 

un caro pensiero... 

un ricordo 

Mi unisco commossa alla 

moltitudine di persone e a tutti 

gli amici sportivi che hanno 

tanto amato il nostro Malvino. 

Lo si è potuto constatare, con 

il pianto nel cuore alla fine del 

suo ultimo viaggio, dalle parole 

commoventi dei familiari. 

Tutti sappiamo quanto Egli 

si sia dedicato, col suo nobile 

animo e con tanta passione, ad 

insegnare ai suoi ragazzi prima 

nelle scuole tecniche e spronandoli 

poi allo sport, in special 

modo al canottaggio, inserendoli 

nelle fila della “sua” 

Pullino, società che già a Isola 

vide nascere e crescere. Ma die- 

de animo pure alla squadra 

femminile di ginnastica della 

società Arrigoni, curando le sue 

atlete in ogni particolare, con 

esigenza e perfezione, portandole 

a conquistare validissimi 

risultati in varie città d’Italia. 

Riprese poi a Trieste, con 

tantissimi sacrifici e difficoltà, 

ma sostenuto dai suoi ragazzi e 

da altri amici amanti del remo, 

continuando imperterrito a lavorare 

con fervore e volontà 

fino a conquistare con grande 

soddisfazione la “Stella d’argento 

al merito sportivo”. 

Non basterà un Grazie 

Malvino! per quanto amore e passione 

hai dedicato allo sport. Ti 

saremo infinitamente riconoscenti 

e Ti ricorderemo sempre come 

uomo esemplare, animatore instancabile, 

Maestro ed Amico. 

Omera Colocci 

tRoma, fine anni ’30. Diretta da un giovane Malvino la squadra 

ginnica del Dopolavoro Arrigoni di Isola aveva partecipato ad una 

manifestazione nazionale, ottenendo lusinghieri piazzamenti. 

che conobbe la giovane Dorina, diventata poi la 

compagna inseparabile della sua vita. 

Finita la guerra e sconvolto l’ordine sociale 

della nostra comunità, si dedicò all’insegnamento 

delle materie tecniche ed alle scuole di avviamento 

e per apprendisti, sostituendo il più noto 

Ettore Longo. Ma, come si usa dire, il primo 

amore non si scorda mai: e Malvino rientrò nei 

ranghi della “Pullino” come dirigente, carica che 

mantenne sino alla fine del 1955 quando, come 

tutti noi, fu costretto ad abbandonare il paese natio. 

A Trieste si adoperò immediatamente per ricostruire 

la società, raccogliendo i giovani sparsi 

nei campi profughi; un compito arduo che dimostrò 

il suo l’amore per lo sport ma soprattutto per 

i giovani che in quei drammatici momenti avrebbero 

preso strade ben diverse se non fossero stati aiutati da persone 

come Malvino, dotate di forti ideali. 

Nel 1960 fu l’artefice della rinascita della società, risorta sulla 

scia della vittoria olimpica di Nino Benvenuti. Ma agli entusiasmi 

seguirono le fatiche e le difficoltà: una società remiera, per vivere, 

deve avere una sede, e la Pullino non l’aveva. Il peregrinare durò 

nove lunghi anni, fino a quando il Centro Giovanile Italiano di 

Muggia le diede generosa ospitalità. Malvino aveva allora cinquant’anni, 

ma la certezza di un “tetto” per la sua società gli diede 

quell’entusiasmo che a lungo aveva represso per tanti anni. 

tIsola, agosto 1954. Malvino Stolfa (primo da destra) in una delle ultime 

foto dei canottieri isolani. La “Pullino’’ dal 1951, per motivi politici, 

aveva dovuto cambiare nome diventando Società Nautica “G. Delise’’. 

E fu ancora una volta determinante per la rinascita. Tanti sono gli 

atleti che egli portò allo sport del remo, e diversi raggiunsero traguardi 

prestigiosi, come Ennio Fermo, olimpionico a Monaco nel 1972. 

Per questa attività fu insignito della “Stella d’argento al merito sportivo” 

da parte del Comitato Olimpico Nazionale Italiano. 

Sempre legato ad Isola, non mancava mai, insieme ai familiari, 

ad ogni incontro organizzato dalla Comunità, e dovunque apprezzava 

e lodava gli organizzatori. Nel 2000 la Pullino organizzò 

i festeggiamenti per il 75° anniversario della fondazione, e in 

quella occasione ricevette dal presidente della Federazione 

Gianantonio Romanini un significativo omaggio. Aveva difficoltà 

di parola, ma i suoi occhi lucidi per la commozione esprimevano 

fortemente la soddisfazione e la commozione interna. 

Ci siamo trovati in tanti al suo ultimo viaggio, per esprimere 

a Lui il nostro affetto e la nostra stima, ed alle figlie e agli amati 

nipoti e parenti tutta la nostra solidarietà.


3 

La morte del prof. Malvino 

Stolfa, anche se sapevo da lungo 

tempo ammalato, mi ha molto 

colpito, come credo tanti altri 

concittadini che lo conoscevano, 

e mi ha lasciato un senso 

di tristezza ed un vuoto profondo 

per il rapporto di stima e di 

affetto che da sempre nutrivo 

per lui. 

Se dovessi dire da quando lo 

ricordo, direi da sempre, sin da 

bambino piccolo, in quanto ad 

Isola il maestro Stolfa era talmente 

noto e stimato da tutti per 

il suo impegno di educatore e di 

uomo di sport che credo non ci 

fosse persona, specialmente tra 

i giovani, che non fosse stata sua 

allieva o che non avesse avuto, 

in qualche modo, l’occasione per 

conoscerlo, almeno di vista. 

La sua figura, contraddistinta 

dalla signorilità nel portamento 

e da un’innata compostezza, 

accompagnate dalla discrezione 

e dalla pacatezza nel 

modo di porsi, lo dotavano di 

un’autorevolezza che non intimidiva 

i suoi interlocutori, ma 

anzi infondeva loro fiducia. In 

particolare aveva verso i giovani 

una capacità particolare di 

porsi, senza che il suo ruolo di 

docente pesasse, e ciò rendeva 

facile e naturale ai discenti dialogare 

con lui: chiedere spiegazioni, 

esternare dubbi, far domande, 

anche le più impensate, 

alle quali lui rispondeva in maniera 

pacata e con chiarezza. 

Ancora adolescente ho avuto 

la fortuna di seguire alcune 

sue lezioni, non molte per la 

verità, alla scuola serale di disegno, 

quella di fianco al Municipio 

“sora el fontego”, che 

lui teneva a Isola e dalla quale 

sono passati generazioni di giovani, 

ed ho ancora ben vive 

nella mente le sue spiegazioni 

sul disegno geometrico e stilizzato, 

sull’acquerello e sulla 

composizione dei colori. 

Con l’esodo, lasciata Isola, 

tutti ci sparpagliammo ed anche 

amici, che in paese erano 

inseparabili o quasi, si trovarono 

improvvisamente costretti a 

cercare nuove vie da percorrere, 

in un ambiente nuovo e talvolta 

ostile, rendendo molto più 

difficili se non impossibili le 

occasioni d’incontro. Rimanemmo 

tuttavia legati, un gruppo 

di ex compagni di scuola, mi 

riferisco a Fabio Colocci, Bruno 

Piccinin, Emilio Felluga, Pio 

Riego Zennaro, Onorato 

Pugliese ed altri ancora, con i 

quali, pur avendo ognuno di noi 

intrapresa la propria strada, 

avevamo ancora mantenuto 

ingombrante, facendo tutto il 

possibile acciocché i problemi 

e le divergenze non pesassero 

sugli atleti e, da persona attenta 

quale era, prima che le pic- 

Ricordo di Malvino Stolfa 

delle occasioni per incontrarci. 

Per quanto mi riguarda, in particolare 

la vicinanza e la 

frequentazione della famiglia di 

Fabio Colocci mi davano l’occasione 

di incontrare talvolta il 

prof. Stolfa, che abitava nello 

stesso palazzo, e con lui, sempre 

affabile e gentile, scambiare 

qualche parola. 

Con il 1961 il mio lavoro mi 

portò spesso lontano da Trieste 

e qualche anno dopo dovetti 

trasferirmi del tutto in altre città 

d’Italia; ciò rese ancor più 

difficili e rare le occasioni d’incontro 

con gli amici 

sopraccitati, anche se i contatti 

non furono mai interrotti, e grazie 

a loro restavo informato su 

quanto veniva fatto per cercare 

di portare la Pullino, ormai formalmente 

ricostituita, a risorgere 

come realtà sportiva e sanzionare 

sul campo la sua rinascita. 

E da loro venivo a sapere 

dell’imponente lavoro che 

Malvino Stolfa andava svolgendo, 

cercando di ricompattare i 

giovani atleti che avevano già ad 

Isola incominciato a vogare, e 

come cercasse, nei campi profughi 

e nelle scuole dove insegnava, 

di invogliare i giovani 

studenti e non ad intraprendere 

il canottaggio con i colori della 

Pullino. 

Dopo i primi entusiasmi per 

l’avvenuta ricostituzione rimase 

pressoché solo, assieme a 

qualche altro vecchio dirigente, 

a tentare di portare a buon 

fine un tentativo che appariva 

ogni giorno più disperato. Con 

spirito instancabile, con grande 

determinazione e sorretto da 

un’incrollabile forza di volontà 

accompagnò passo a passo i vecchi 

e i nuovi atleti attraverso le 

continue peregrinazioni da una 

società consorella all’altra, attenuando 

e sopendo tutti i motivi 

di contrasto che potevano sorgere 

fra l’ospitante generoso e 

l’ospite, ben gradito all’inizio ma 

che poi, dopo qualche tempo, la 

forzata coabitazione rendeva 

cole scaramucce potessero sfociare 

in contrasti insanabili, cercava 

e trovava una nuova sistemazione, 

salvando così i buoni 

rapporti con tutti. 

Fu lui il vero e proprio anello 

di congiunzione fra la grande 

Pullino di Isola e la quella nuova 

sorta a Trieste dalle sue ceneri! 

La sua costanza fu però premiata 

quando fu trovata una 

sede, seppur modesta, a 

Muggia e numerosi atleti da lui 

formati vinsero, sia pure con 

colori diversi da quelli della 

Pullino, numerosi titoli italiani 

ed internazionali. 

Nel 1976 io tornai a Trieste, 

ma già due anni prima, 

mentre lavoravo a Marghera, la 

vicinanza con Trieste mi portò 

a frequentare molto più spesso 

la Pullino, anche perché i miei 

figli, ormai sufficientemente 

grandi, avevano intrapreso la 

pratica del canottaggio; da allora 

le occasioni di incontro con 

Malvino Stolfa divennero ricorrenti: 

le regate, le assemblee 

sociali, gli altri incontri in canottiera 

erano tutte occasioni di 

dialogo e di scambio di idee, 

alle quali lui mai si sottraeva. 

Nelle regate, da grande appassionato 

ed amante della sua 

Pullino qual’era, non riusciva 

a contenere la gioia e la commozione 

quando i nostri equipaggi 

vincevano la gara o si 

piazzavano ai primi posti e, da 

buon conoscitore della nostra 

disciplina sportiva, era prodigo 

di consigli tecnici e pronto ad 

analizzare in maniera appropriata 

l’andamento delle gare 

ed il comportamento degli atleti. 

Nelle assemblee e negli altri 

incontri sociali, nei quali si 

dibattevano i problemi e le difficoltà 

della Società, non mancava 

mai di portare il suo contributo 

di idee, sempre meditato 

e sempre appropriato. Aveva 

particolarmente a cuore gli 

ideali e la storia della Pullino e 

con essa di tutto lo sport isolano, 

e più volte ebbi occasione 

di incontrarlo alla Biblioteca 

Civica di Trieste dove con pazienza 

e costanza spulciava annate 

intere di quotidiani per ritrovare 

le cronache delle nostre 

vittorie e le memorie della nostra 

vita sociale. Avrebbe avuto 

caro, e noi dirigenti attuali 

condividiamo appieno il suo 

desiderio e cercheremo di realizzarlo, 

che fosse riservato, 

nell’ambito della nostra sede 

sociale, un piccolo spazio da 

dedicare quale museo storico 

della Pullino. 

Anche quando si ammalò e 

fu colpito da una grave malattia 

invalidante che gli tolse la 

parola, non mancò di frequentare 

la nostra sede sociale e di 

partecipare agli avvenimenti 

che vedevano la nostra società 

protagonista. I risultati positivi 

raggiunti nell’assetto 

societario ed i numerosi titoli 

conquistati negli ultimi anni lo 

riempivano di gioia che, pur 

non potendo parlare, esprimeva 

in maniera esplicita ed 

incontenibile con gli occhi, che 

spesso lasciavano cadere qualche 

lacrima di commozione, e 

con le eloquenti espressioni del 

viso. Ricordo come fosse ieri 

l’ultima volta che venne in canottiera, 

nel 2001, sorprendendoci 

tutti, in occasione della cerimonia 

di chiusura dell’anno 

sociale e del battesimo di alcune 

imbarcazioni; era accompagnato 

dalla figlia Daria, sfoggiava 

un sorriso felice che non 

lasciava dubbi su quanto fosse 

grande per lui il piacere di esser 

lì, festeggiato da tutti, nella 

sua società con i suoi soci e con 

i suoi atleti, a sentir parlare dei 

progressi e dei risultati ottenuti. 

A me piace però ricordarlo 

quando sul pontile galleggiante 

dava gli ultimi consigli agli 

atleti oppure li accoglieva felice 

e soddisfatto dopo il buon 

esito della gara. 

Abbiamo tutti un grande 

debito di riconoscenza verso di 

lui, e tutti lo ringraziamo dal 

profondo del cuore per quanto 

ha fatto, per gli insegnamenti 

che ci ha dato e per l’eredità 

morale che ci ha lasciato, che 

continueranno ad essere 

d’esempio e stimolo anche per 

le generazioni future. 

Grazie di cuore professor 

Stolfa! 

Franco Degrassi 

Presidente della S.N.Pullino



CONTINUA L'IMPEGNO DI MARCELLO LORENZINI PER IL RICORDO DEI MARTIRI DELLE FOIBE 

Un nuovo cippo e una targa a Basovizza 

Roberto Zonta 

Foiba di Basovizza, sabato 

8 maggio. Alla presenza di 

Autorità militari e civili, si è 

svolta l'annuale cerimonia in 

ricordo dei Martiri delle foibe. 

La cerimonia, alcuni anni fa, 

per volere del Presidente del 

Comitato per le Onoranze ai 

Martiri delle Foibe, Paolo Sardos 

Albertini, è stata anticipata 

(rispetto alla data che vedeva 

questo rito celebrato nel sabato 

più vicino al 12 giugno, 

ricorrenza della fine della nefasta 

occupazione titina di Trieste, nel 

1945) per permettere la 

partecipazione degli studenti 

delle Scuole Medie superiori. 

Dopo l'alzabandiera, sul 

palco allestito per la circostanza, 

Mons. Eugenio Ravignani ha 

celebrato la Santa Messa. Nella 

sua omelia il presule ha avuto 

commosse parole dicendo che il 

diritto al ricordo è un dovere nei 

confronti di coloro che subirono 

quell'infame martirio. 

Dopo la conclusione della 

Santa Messa, alcuni studenti 

delle Scuole Medie Superiori 

hanno letto poesie e brani ispirati 

a questa tragedia, ascoltati da un 

pubblico numeroso, malgrado 

l'inclemenza del tempo. 

Prima dell'inizio della 

cerimonia è stato scoperto un 

cippo con una targa di bronzo 

recante commosse ed ispirate 

Lo scoprimento del cippo, a Basovizza, prima dell'annuale cerimonia 

tMons. Eugenio Ravignani, Vescovo di Trieste, finita di celebrare 

la S. Messa, si trattiene ad ascoltare alcune poesie e brani in ricordo 

dei Martiri delle foibe, letti da studenti delle Scuole Medie Superiori. 

tMarcello Lorenzini con, alla sua sinistra, la signora Elisabetta Mereu Pross della Lega Nazionale di 

Trieste e l'ing. Dalla Bona, accanto al cippo inaugurato nell'occasione. 

parole dettate dal giornalista 

Marcello Lorenzini, già 

Direttore di Isola Nostra, che ha 

fortemente voluto che questa 

iscrizione illumini tutti i 

distratti passanti sulla tragedia 

che si è consumata su queste 

terre a guerra finita. 

La spesa per il cippo, 

collocato all'ingresso del Sacrario 

a cura della Federazione 

Grigioverde e del Comitato per i 

Martiri delle Foibe, è stata 

sostenuta da un familiare di un 

infoibato che vuole mantenere 

l'anonimato. 

Non sono mancate alcune 

stridenti note polemiche sul 

quotidiano locale Il Piccolo. 

Poco gradite sono state le 

parole che definiscono torme di 

invasori calati nella nostra 

terra sotto l'influsso di una 

malefica stella vermiglia i 

soldati titini che “liberarono’’ 

Trieste. Si continua a negare 

l'olocausto dei giuliani, fiumani 

e dalmati riconducendo quei 

tragici fatti non a un 

preordinato piano di conquista, 

ma a semplici regolamenti di 

conti susseguenti alla vittoria 

sulla dittatura fascista. Tutti 

colpevoli coloro che hanno 

abbandonato le loro terre, le 

loro case, i loro ricordi più cari 

per affermare il loro diritto di 

essere italiani. 

Trascriviamo qui sotto 

l'iscrizione riportata sulla targa, 

sottoponendola al giudizio dei 

lettori di Isola Nostra. 

O TU CHE IGNARO PASSI 

PER QUESTO CARSO FORTE MA BUONO, 

FERMATI! SOSTA SU QUESTA GRANDE TOMBA! 

È UN CALVARIO CON IL VERTICE 

SPROFONDATO NELLE VISCERE DELLA TERRA 

QUI, NELLA PRIMAVERA DEL 1945 

FU CONSUMATO UN ORRENDO OLOCAUSTO 

A GUERRA FINITA! 

NELL'ABISSO FUMMO PRECIPITATI A CENTINAIA 

CRIVELLATI DAL PIOMBO E STRAZIATI DALLE ROCCE 

NESSUNO CI POTRÀ MAI CONTARE! 

AVIDITÀ DI CONQUISTA, ODIO E VENDETTA 

CONGIURARONO E INFIERIRONO CONTRO DI NOI 

ESSERE ITALIANI ERA LA NOSTRA COLPA 

A GETTARCI NEL BARATRO FURONO TORME D'INVASORI 

CALATI NELLA NOSTRA TERRA SOTTO L'INFLUSSO 

DI UNA MALEFICA STELLA VERMIGLIA 

PER VILTÀ GLI UOMINI NON CI HANNO RESO GIUSTIZIA 

CE L'HA RESA DIO ACCOGLIENDO I NOSTRI SPIRITI 

PURIFICATI DA TANTO MARTIRIO 

O TU CHE, ORA NON PIÙ IGNARO, SCENDERAI DA QUESTO CARSO 

RICORDA E RACCONTA LA NOSTRA TRAGEDIA.


5 

Don Dagri: a quarant'anni dalla morte 

Nel quarantesimo anniversario della scomparsa 

di mons. Giuseppe Dagri, avvenuta a Trieste 

l’11 luglio 1964, gli isolani ricordano con profonda 

riconoscenza il loro ultimo parroco. 

Ordinato sacerdote nel 1929, con la sua prima 

messa iniziò il suo apostolato nella natia 

Isola. Fu subito un grande amico dei giovani, 

ai quali dedicò premurose cure anche attraverso 

le evasioni ricreative. Amante della musica 

e del canto, li coltivò con assidua passione. Era 

anche un buon parlatore. Ma le amarezze erano 

in agguato, come nella vita di ciascun uomo 

e forse più ancora in quella del sacerdote. E 

così, dopo alcuni anni, lasciò Isola per Trieste, 

a prestarvi la sua opera nella parrocchia della 

Beata Vergine del Soccorso. 

Fu una breve parentesi: nel 1936 ritornava 

ad Isola, accolto festosamente come parroco; 

un inizio gioioso e promettente, che di certo 

non poteva far prevedere quale sarebbe stata la 

drammatica conclusione della missione di don Giuseppe nella 

sua terra natale, caduta anch’essa sotto l’oppressore straniero. 

Negli anni del terrore dovette assistere alla dispersione e al calvario 

del suo popolo. Minacciato, angariato, cacciato da casa, 

Foibe, ora la memoria è condivisa 

Un sì lungo 60 anni, ma è arrivato, definitivo. E’ il sì con cui il 

Senato ha approvato a larghissima maggioranza e con voto trasversale 

l’istituzione del “Giorno del Ricordo” per le vittime delle foibe. 

D’ora in poi, ogni 10 febbraio verranno onorati gli italiani di 

Istria, Fiume e Dalmazia buttati a morire nelle profonde cavità 

carsiche dai partigiani di Tito allo scopo di de-italianizzare quelle 

terre e farle proprie. La legge che istituisce il Giorno del Ricordo, 

però, non si ferma alla memoria: stabilisce 

infatti che in quella data ogni 

anno “siano previste iniziative per 

diffondere la conoscenza dei tragici 

eventi presso i giovani delle scuole”. 

Anche perché gli stessi docenti 

non conoscono un capitolo da decenni 

poco trattato o “censurato” sui 

testi scolastici. 

Vengono così riconosciuti il 

Museo della Civiltà Istriana progettato 

a Trieste e l’Archivio storico di 

Fiume con sede a Roma, una vera 

miniera di documenti inoppugnabili, 

ed è favorita “la realizzazione di studi 

e convegni”, anche se purtroppo 

gran parte dei protagonisti (vittime e 

carnefici) sono ormai passati a miglior 

vita. Per questo la legge prevede 

una “insegna della memoria” al 

coniuge superstite, ai figli o ai discendenti 

di coloro che sono stati 

infoibati o in altro modo soppressi 

tra il famigerato 8 settembre 1943 e 

il 10 febbraio 1947, firma del Tratta- 

tUna cartolina commemorativa di Angelo Battistella. 

aggredito, non abbandonò il campo, sostenendo 

una lotta impari con intrepidezza e 

tenacia a rischio anche della vita, finché 

venne costretto all’esilio. 

Fu nuovamente a Trieste, dove la stima 

e la fiducia del vescovo mons. Santin gli 

valsero, in successione, vari, delicati ed importanti 

incarichi, tra i quali la direzione 

dell’Azione Cattolica e quella del settimanale 

diocesano. Elevato alla dignità 

canonicale ed assente il vescovo per il Concilio, 

ricoprì la carica di pro-vicario generale, 

con particolari facoltà di governo. In 

tutto seppe dar prova di responsabilità, impegno 

e capacità. Fu, insomma, un vero 

sacerdote, che amò la Chiesa e quanti gli 

furono affidati. E pur provato dalle tribolazioni, 

le sopportò con fortezza e in silenzio. 

La chiamata suprema lo colse all’improvviso, 

ma certamente con tutte le carte in regola. In chi lo 

conobbe, lo apprezzò e gli volle bene, quarant’anni non hanno 

cancellato la memoria di mons. Giuseppe Dagri, che oggi va 

rinverdita con doveroso pensiero di riconoscenza. 

to di Pace di Parigi. 

Sì, perché la falcidie degli italiani delle nostre terre non avvenne 

solo con l’infoibamento: anzi, a migliaia sparirono nel nulla 

dopo rastrellamenti notturni cui seguivano processi farsa di fronte 

a presunti Tribunali del Popolo conclusi con una raffica di mitra o 

una pietra legata al collo e una “sentenza” di annegamento. O ancora 

per stenti nei campi di concentramento , operativi anche ben 

oltre la fine della guerra. Ecco quindi 

spiegato così il divario tra chi parla di 

duemila vittime e chi di ventimila. 

Ai familiari di tutti loro arriverà 

una targa: “La Repubblica Italiana ricorda”, 

e lo stesso riconoscimento 

andrà ai congiunti degli italiani che 

persero la vita entro il 1950 in conseguenza 

di deportazione, prigionia e 

torture. Infatti in quegli anni, quando 

il resto d’Italia, cieco o ignaro, si godeva 

la rinascita del dopoguerra, per 

altri italiani, i giuliani e dalmati, iniziava 

forse la fase più atroce della 

guerra: lo sterminio. 

Il disegno di legge piace a un centro-destra 

che lo ha sempre invocato, 

ma anche a un centro-sinistra diverso 

dal passato. “Su quelle vicende c’è stata 

una sorta di congiura del silenzio” 

– ha commentato il presidente dei deputati 

DS Luciano Violante, sottolineando 

l’isolamento assoluto cui furono 

sottoposti i 350 mila esuli istriani 

scampati alle foibe.



MANIFESTAZIONI CELEBRATIVE A CINQUANT’ANNI DALLE PRIME PARTENZE 

L’emigrazione giuliana nel mondo 

Alessandra Norbedo 

Il 15 marzo 1954, quando 

Trieste è ancora amministrata 

dal Governo Militare Alleato, 

parte dalla Stazione Marittima 

la prima nave, il “Castel Verde”, 

con gli emigranti triestini 

e giuliani diretti in Australia. 

E’ l’inizio del consistente 

flusso migratorio dalla Venezia 

Giulia, che si protrasse sino al 

1961. Un evento doloroso e 

sconcertante, anche perché mai 

avvenuto in precedenza a Trieste. 

Molte migliaia di triestini e 

di giuliani, di esuli istriani, 

fiumani e dalmati emigrarono 

principalmente in Australia ma 

anche negli Stati Uniti, in Canada 

e nei paesi dell’America 

Latina. Le partenze hanno luogo 

per la maggior parte dalla 

Stazione Marittima di Trieste, 

ma anche dai porti di Napoli e 

Genova. 

Una pagina di storia, della 

nostra storia, che deve essere 

doverosamente ricordata. Un 

richiamo al dovere di solidarietà 

verso i nostri concittadini in 

terre lontane, che deve continuare 

concretamente nel tempo. 

Perché ancora oggi, dopo 

cinquant’anni, le Comunità formate 

dai giuliano-dalmati in 

Australia, nei paesi dell’America 

Latina, in Canada e negli 

Stati Uniti, in Sud Africa e nelle 

città dell’Europa manifestano 

un profondo attaccamento 

alla terra d’origine, esprimono 

la volontà e l’impegno di conservare 

gelosamente la loro 

identità culturale, anche per le 

nuove generazioni, e costituiscono 

una preziosa risorsa per 

Trieste, per la regione Friuli 

Venezia Giulia e per l’Italia, nei 

rapporti con gli altri paesi del 

mondo. 

L’Associazione Giuliani nel 

Mondo, insieme alla Regione, 

alla provincia e al comune di 

Trieste – nella ricorrenza del 

50° anniversario della prima 

partenza del “Castel Verde” – 

hanno promosso una serie di 

manifestazioni celebrative del- 

tTrieste, 30 giugno 1956. A bordo della “Toscana’’ in partenza per 

l'Australia viene issata una copia della statua di San Giusto custodita 

nella cattedrale. Un ricordo che accompagna i profughi dalle terre 

giuliane e dalmate in partenza per terre lontane. 

l’emigrazione giuliana che hanno 

avuto luogo a Trieste dall’11 

al 16 marzo scorsi. 

Si sono svolti quindi un incontro 

dei rappresentanti dei 

Giuliano-dalmati all’estero con 

il presidente della provincia di 

Trieste Fabio Scoccimarro presso 

l’aula del Consiglio Provinciale 

e un incontro con il Presidente 

della Regione Riccardo 

Illy nell’aula consiliare del Palazzo 

regionale. 

Un convegno storicorievocativo 

dell’emigrazione 

giuliana in Australia ha avuto 

luogo presso il Palazzo dei 

Congressi alla Stazione Marittima, 

convegno presieduto dal 

prof. Pio Nodari durante il quale 

illustri studiosi e gli stessi 

protagonisti di tale emigrazione 

hanno portato la loro viva 

testimonianza. 

E’ stata celebrata nella Cattedrale 

di San Giusto una Santa 

Messa presieduta dal vescovo 

mons. Eugenio Ravignani, 

durante la quale è stato benedetto 

il “San Giusto d’oro”, 

opera dello scultore triestino 

Tristano Alberti, conferito nel 

1986 dai cronisti triestini ai 

Giuliani d’Australia e portato 

quindi a Trieste per tale ricorrenza. 

Inoltre, lunedì 15 marzo, è 

stata deposta una corona alla 

targa in ricordo degli emigranti 

giuliani presso la Stazione Ma- 

rittima mentre, nella sala del 

Consiglio Comunale, si è svolta 

la manifestazione celebrativa 

con i saluti e gli interventi del 

sindaco di Trieste Roberto 

Dipiazza e del presidente dell’Associazione 

Giuliani nel 

Mondo Dario Rinaldi. 

Martedì 16 marzo i rappresentanti 

dei Club Giulianodalmati 

presenti a Trieste hanno 

potuto visitare – nel Magazzino 

18 del Porto Vecchio – le 

masserizie degli esuli custodite 

dall’I.R.C.I. in attesa della 

loro collocazione nel futuro 

Museo della civiltà istriano, fiumana 

e dalmata, e quindi hanno 

incontrato presso la sede 

dell’Unione degli Istriani i presidenti 

delle associazione degli 

esuli che operano a Trieste. 

Infine ricordiamo che nella 

bella sala espositiva di Palazzo 

Costanzi è stata inaugurata la 

mostra “Con le nostre radici nel 

nuovo millennio”, esposizione 

itinerante sull’emigrazione 

giuliana nel mondo, evento culturale 

che illustra ai visitatori – 

attraverso foto d’epoca, pannelli 

illustrativi, brani di interviste 

a diretti testimoni – la realtà 

difficile e dolorosa di chi ha lasciato 

la propria Patria per una 

terra lontana. 

tTrieste, 30 giugno 1956. Partenza per l'Australia della “Toscana’’.


7 

La parola “impressione” può 

essere modificata, nei suoi sinonimi, 

con “impronta, segno, traccia, 

orma, marchio, stampa, ristampa, 

edizione” ma che noi 

utilizziamo per mettere il punto 

su molte cose, come ad esempio: 

... al me fa ‘na strana 

impression ... 

... gò l’impression che stasera 

pioverà ... 

... gò l’impression che te son 

mona ... 

... gò l’impression che 

inveze de far ciacole frizemo 

fritole ... 

... me ga fato impression 

savèr quele robe ..., e via di 

questo passo ma, se 

estrapoliamo gli altri significati, 

possiamo scorgere contenuti 

forse meno banali. 

Vedete, cari amici lettori, 

oggi possiamo ripetere “grazie, 

grazie, grazie ai grandi spazi 

che si aprono al nostro futuro 

senza frontiere e filo spinato 

con estenuanti file alla diga per 

passare il confine”. Quei tempi, 

dentro di noi, paiono tuttora vicini 

e ci danno l’impressione di 

essere “ancora” a Isola Nostra. 

Ma “ancora” è una parola 

che prendiamo da dentro il cuore, 

che portiamo nella mente, 

nell’intimo, nell’animo. Come 

dire che, per ognuno di noi, 

l’impressione è un atto, un’impronta, 

un’effigie. Una specie 

di “marchio” o “segno” per 

quello che vogliamo imprimere 

nel bene e nel male rendendone 

più facile il riconoscimento. 

Il termine “impressione”, 

nel traslato, vuol significare “il 

nostro intero sentimento”, quello 

che portiamo dentro di noi 

stessi, appunto. Allora possiamo 

sostenere che gavemo solo 

l’impression de esser lontani dai 

nostri siti natii, de ciacolar ancora 

nel nostro dolce idioma, 

de pasegiar su par Mesagrisa o 

Callelarga, de andar al cine in 

su o in zo a sielta, de ballar a 

Porto Apollo... 

Sì, gò l’impression che 

semo ancora là e se scambiemo 

quele quatro ciacole dele robe 

che gavemo drento e che ne fa 

piaser confidar a qualchedùn, 

specialmente ‘n’amico (nel più 

nobile significato della parola)... 

tutto dipende dall’impressione 

che uno ha. 

...Go’ l'impression che... 

tTrieste,1° luglio 1955. Imbarco di profughi sulla “Fairsea’’. Le 

lacrime accompagnano il ricordo delle proprie case, un addio verso 

terre sconosciute 

Tempi che cambiano... 

la Slovenia in Europa 

Come cambiano i tempi... ora la Slovenia fa parte dell’Unione 

Europea e della NATO: ricordo che in tempi non troppo 

lontani questo era impensabile. Se pensiamo quanta discordia, 

quante lacrime ha portato quel confine,... ora si dovrebbe tornare 

alla normalità. 

Infatti si sta discutendo a Trieste se sarà opportuno, dopo il 

primo maggio 2004, giorno in cui la Slovenia a pieno titolo è 

entrata a far parte dell’Unione Europea, di dare la possibilità a 

tutti quegli sloveni che lo desiderano di poter lavorare nella 

Venezia Giulia, se non altro anche per colmare certe carenze 

di manodopera in alcuni settori. 

Mi auguro che tutti questi avvenimenti possano portare armonia 

e comprensione tra le etnie che vivono in queste martoriate 

terre, che trionfi la civiltà sull’odio e che il rispetto sia di 

casa da tutte e due le parti. 

Per noi dell’Esodo questo è arrivato troppo tardi... se penso 

a quanti sono andati per il mondo, a quanti hanno abbandonato 

le proprie case, i propri cari, i propri cimiteri e tutto quello 

che avevano di più caro. L’istriano è un popolo mite, lavoratore 

e amante della famiglia e delle cose semplici, attaccato 

alla propria terra e ai propri principi... se ne è andato senza 

lanciare bombe o commettere attentati, quasi in punta di piedi 

ma consapevole anche a cosa andava incontro. 

Ha lavorato duro, non ha chiesto aiuto a nessuno, ma con 

la propria capacità ed onestà ha potuto risorgere, non importa 

dove sia andato. Ha fatto studiare i figli per un avvenire migliore, 

e non ha mai dimenticato di parlare, in famiglia, delle 

nostre origini e delle nostre tradizioni. 

Speriamo che un giorno l’Istriano sia ricordato così, e che 

nelle scuole si racconti la storia di questo popolo, da tutte e 

due le parti dell’Adriatico... raccontando la verità. 

Mario Lorenzutti (Canada) 

Ecco, volevo esser breve 

nel paragrafo ma, come sempre, 

gò l’impression de esser andà 

oltra de qualche riga... Alora, 

disevo, me par de ‘ver 

l’impression che qualchedùn se 

diverti a ciorne ancora pel cul 

(come ne capita da cinquant’anni 

a questa parte...). 

Allora, penso, xe stada solo 

‘n’impression quela che noi, 

sinquanta ani fa, semo stai 

scassai da casa nostra da gente 

che sventolava ‘na bandiera co’ 

‘na stela zala? E ogi, ano 2004, 

xe ancora ‘n’impression quela 

che, chi ne gà scassà, torna sventolando 

n’altra bandiera ... ma 

co’ dodise stele e sempre zale? 

Che sia l’impression? Che 

sia l’inflasion? 

O forsi che sia parché i ne 

ga ciapà per un toco de formaio 

ancora da gratàr? 

Al cambio, come al solito, 

ghe convien a quei altri che da 

‘na stela i passa a dodise 

trovandose anca ‘na cichera 

piena de formaio ma, a nu’altri, 

cossa ne ven in cambio? 

Legendo i giornai, vardando 

la television e ‘scoltando la radio, 

no go avù l’impression che 

le nostre case ritornarà nostre, 

che i nostri beni ‘bandonai i no 

sarà più ‘bandonai, che no sarà 

dodise stelle quele che ne farà 

tornar sula nostra tera, che 

l’Union no farà tornar i confini 

come che i iera prima del 1945... 

go l’impression che i nostri paesi, 

le strade e le piasse, no i 

portarà i nomi de come le iera 

stade batesade, che la riva no sarà 

mai più quela, che su par Zanon 

sarà sempre più faticoso ‘ndar... 

ma, cari amici, (e questa no xe 

n’impression), a mi me brusa el 

dedrio e, ancora ‘na volta, a ga 

ragion de brusar... prima par colpa 

de ‘na stela e ‘desso, duto de 

un colpo, par dodise, e, chissà 

perché, le va a finir sempre là... 

Sarà anca ‘impression, ma 

me sa tanto che dovarò 

contentarme, come da cinquanta 

ani a ‘sta parte, a licar la crosta 

del formaio... ormai ransida 

e ‘mufida e, questa no xe 

n’impression, questa xe la pura 

e dura realtà. 

Salute fioi, salute. E no’ 

steve a impressionar, no servi 

più a niente... 

Walter Pohlen



IL GIOCO DELL'OCA 

1120 km in bici da Mosca a San Pietroburgo 

Fabio Dandri Non si può proprio dire che Fabio Dandri ami trascorrere le 

Mosca – San Pietroburgo in 

bici era un’idea. Nata quasi per 

caso, da quel grande entusiasmo 

per la gente e i paesaggi della 

Russia cresciuto un anno prima 

sui binari della “Transiberiana”. 

Una pedalata attraverso fiumi 

e laghi e campagne e foreste, 

non i 650 chilometri della trafficata 

strada principale; un percorso 

all’apparenza accessibile e 

sufficientemente documentato. 

Non sapevamo ancora, però, che 

la mappa in nostro possesso si 

sarebbe trasformata di giorno in 

giorno sempre più in un tabellone 

da gioco dell’oca. 

Regole: 2 persone – 10 giorni 

– 1120 chilometri. 

Se avessimo intuito il gioco 

a Trieste, avremmo guadagnato 

subito un bel numero di caselle 

grazie al contributo degli sponsor, 

“Centralviaggi” e “Sportler”, 

catena di negozi di articoli sportivi, 

che hanno creduto nell’iniziativa 

e messo a nostra disposizione 

volo e biciclette. Spedite 

imballate per via aerea, le abbiamo 

montate, in mezzo alla curiosità 

dei russi, sui gradini del- 

t... Dalle carte stradali, qui doveva esserci un ponte... 

sue vacanze in rinomate località turistiche o in qualche paradiso 

tropicale. Nel 2001 lo troviamo in Pakistan, insieme agli alpinisti 

triestini Mauro Bole e Mario Cortese, alla conquista di una 

parete di oltre 1000 metri sul Monte Shipton Spire (una delle sue 

foto ebbe l’onore della copertina della prestigiosa “Rivista del 

Club Alpino Italiano”). Nel 2002, insieme all’amico Marco 

Milani, un viaggio sulla Transiberiana da Vladivostock a Mosca, 

alla scoperta della Russia reale, che non è certamente quella 

dei viaggi organizzati-globalizzati-tuttocompreso. Lo scorso 

agosto, quasi idealmente a completare il viaggio iniziato l’anno 

precedente nell’Estremo Oriente, una nuova avventura di nuovo 

insieme all’amico Marco: da Mosca a San Pietroburgo, ma 

stavolta pedalando in bicicletta per oltre 1000 km, spesso su 

“strade” che tali erano solo sulle carte. 

tFabio Dandri e Marco Milani sulla Piazza Rossa a Mosca. Nonostante 

qualche problema con la polizia, comincia qui l'avventura 

che li porterà a San Pietroburgo. 

ca 70 km.! E cercando la strada, 

su e giù e su e giù lungo gli stessi 

tre chilometri, abbiamo trovato 

anche una ospitale e gentile 

famiglia cosicché, per una volta 

e davanti ad una padella di succulenti 

funghi freschi, è stato piacevole 

saltare un turno. 

Il problema delle strade dipende 

dal fatto che i villaggi delle 

campagne si stanno spopolando: 

abbiamo percorso persino 50 

km incontrando solo una decina 

di persone o cinque macchine. Allora 

le case in legno, vuote e abbandonate, 

si danneggiano, talvolta 

si incendiano e nel giro di 

poco tempo anche le strade e i 

ponti, senza manutenzione, spariscono. 

Ne abbiamo fatto esperienza 

già il secondo giorno: lo 

sterrato che stavamo seguendo 

entrava ed usciva dal fiume, e del 

ponte nessuna traccia! Abbiamo 

dovuto spogliarci, sollevare prima 

le bici, poi i bagagli e, una casella 

avanti una indietro una avanti 

una indietro, guadare a piedi il 

fiume con l’acqua alla cintola. 

Comunque, nonostante la 

pioggia incessante e il vento, i 

continui e imprevisti saliscendi, 

gli sterrati pieni di buche e acqua 

e talvolta fameliche zanzare, 

i dadi ci hanno serbato un 

occhio di riguardo. Abbiamo 

sempre trovato un albergo dove 

dormire, tranne in due occasioni 

in cui abbiamo dovuto accontentarci 

dei nostri vestiti bagnati, 

dei materassini di emergenza 

e di due piccole baracche 

diroccate. Ma anche là, per un 

po’, i dadi sembravano girare 

dalla nostra parte, visto che 

l’hotel-fantasma era segnalato. 

Dopo qualche riparazione 

casereccia alla bici di Marco, che 

per rendere la partita più avvincente 

ha prima pensato di centrare 

un camion e poi gli si è anche 

rotto un copertone, abbiamo 

raggiunto San Pietroburgo. 

Come da programma... o quasi. 

E come da programma abbiamo 

cercato la via Pisereva, per 

donare le nostre biciclette ai bambini 

di un orfanotrofio. E poi, via 

i dadi!, abbiamo fatto i turisti. 

l’aeroporto di Vnukovo per poi 

raggiungere l’hotel e lì aspettare 

il giorno successivo, inizio del 

nostro “Bike Trip Russia 2003” 

e anche inizio del gioco dell’oca. 

Partenza dalla Piazza Rossa, 

e già fermi un turno. Una solerte 

guardia cercava di farci capire 

che non si possono portare le bici 

nella piazza. Abbiamo immediatamente 

pensato all’anno precedente 

ed agli incontri negativi 

con la polizia, alle multe ed alla 

minacciata prigione... ma per 

fortuna non centra, quella fa parte 

del “monopoli”. 

L’itinerario programmato per 

il viaggio si modificava quasi 

ogni giorno, perché alcune strade 

non esistevano più oppure 

erano tratturi al limite della 

percorribilità, e perché frecce e 

indicazioni stradali erano molto 

scarse e sbagliare era molto più 

facile del previsto. Non so a 

quante caselle corrispondano, 

ma due errori ci sono costati cir- Finalmente a piedi!


9 

Nino Benvenuti, il “croato” nato a Isola 

Le molte imprese sportive 

e quelle lontane dal ring fatte 

di amori, sconfitte e rivincite. 

La vita di Nino Benvenuti, l’ex 

campione del mondo dei pesi 

medi, è prossima a diventare 

una fiction prodotta per RaiUno 

da Adriano Ariè. Tratta dal testo 

autobiografico intitolato “Il mondo in pugno” pubblicato 

da Benvenuti nel 2001 per la Sperling & Kupfer, la 

nuova serie televisiva inizierà le riprese nella prossima 

primavera in sedi al momento previste tra Roma, New 

York e Trieste. 

Nei panni del protagonista, il Nino Benvenuti dai 

primordi pugilistici sino ai fasti internazionali, l’attore 

Maurizio Aiello, il partenopeo da molte stagioni 

alla ribalta delle fiction di successo made in 

Italy: da “Un posto al sole” al “Maresciallo 

Rocca”, passando per “Amori e segreti” 

del regista triestino Gianni Lepre. Per la 

protagonista femminile, che interpreterà 

l’attuale moglie di Benvenuti, Nadia 

Bertoncello, la scelta dovrebbe cadere su 

Elena Sofia Ricci. 

Nel lavoro televisivo, però, Nino Benvenuti 

non intende stare solo dietro alle 

quinte. Anzi. Sua la voce narrante fuori 

campo che farà da continuo collante agli 

episodi. Sua la guida per i rudimenti 

pugilistici che aiuteranno Maurizio Aiello 

ad impadronirsi maggiormente del linguaggio 

tecnico necessario. “Aiello ha fatto 

dello sport, ama il pugilato e non dovrebbe essere difficile per 

lui apprendere le basi – spiega Benvenuti – Lavoreremo insieme 

e anche di questo si è dimostrato particolarmente entusiasta, come 

del resto dell’intero progetto artistico”. 

L’opera televisiva dovrebbe esaurirsi in due puntate ma il progetto 

potrebbe estendersi anche ad una trasposizione filmica destinata 

al mercato statunitense, da sempre particolarmente sensibile 

alle storie intrise di sport e riscatto sociale. “Preferirei che la 

storia ponesse l’accento sulla vicenda del campione di pugilato – 

confessa Benvenuti. – Il privato permane una sfera mai facile, 

difficile da raccontare anche se legata fortemente alle mie vicende 

fondamentali”. 

Difficile in effetti slegare il glorioso sentiero pugilistico percorso 

da Benvenuti da quello, spesso tormentato e per questo 

affascinante, dei trascorsi mondani. Lo sa bene il campione, che 

punta piuttosto a caratterizzare l’imminente biografia televisiva 

con il valore educativo della boxe: “Il pugilato – aggiunge – deve 

poter dare un messaggio socio-formativo. In questa fiction aspiro 

emerga questo fatto, e per tanti motivi. D’accordo, è uno sport 

duro, spesso cruento e discusso, ma in grado di fornire anche 

insegnamenti utili per la vita di ogni giorno. Il carattere, la determinazione, 

la voglia di arrivare che si concentrano sul ring o in 

allenamento sanno spesso aiutarti anche nelle storie dolorose della 

vita, nel desiderio di riscatto e di rivincita”. 

L’immagine lontana del ragazzo di Isola che percorre ogni 

giorno caterve di chilometri in bicicletta per raggiungere Trieste 

per allenarsi è destinata a restare fondamentale. Al pari del ricordo 

della prima rudimentale palestra fatta in casa, dove i pugni, 

con le mani fasciate di stracci venivano tirati a sacchi di iuta riempiti 

di semi o granaglie. Erano i primi anni ’50 e si respirava il 

Su “Il Piccolo” di Trieste dello scorso 10 novembre era apparso 

un articolo del giornalista Francesco Cardella sul progetto 

di trasferire vita e carriera del nostro illustre compaesano 

Nino Benvenuti in una “fiction” da girare in primavera 

per la RAI. Ora che questo momento è giunto, ci sembra 

opportuno riproporre tale scritto, tra l’altro impostato in 

maniera egregia, per coloro che non lo avessero letto. 

tUn giovane Nino Benvenuti con al collo la medaglia 

d'oro vinta nel pugilato alle Olimpiadi di 

Roma del 1960, primo prestigioso traguardo di 

una luminosissima carriera. 

clima dei fatti tragici legati alla 

storia dell’Istria; altri elementi 

che Benvenuti ha voluto diventassero 

parte viva e integrante 

della struttura della fiction: “La 

grande determinazione che mi 

ha sorretto nel corso della vita 

desidero emerga nelle puntate 

televisive – ha concluso. – E’ spesso un destino dei pugili 

combattere intensamente anche lontano dal ring, nella vita, 

ma è altrettanto vero che, proprio nelle situazioni difficili, è 

il carattere forgiato con lo sport che ti aiuta nella battaglia”. 

Una battaglia che continua. Nino Benvenuti non lancia 

la spugna e assieme allo sviluppo della fiction biografica è 

pronto anche per la nuova veste di conduttore televisivo 

con il programma “Italia che vai” in onda prossimamente 

su RaiUno. 

Fin qui tutto bene se contemporaneamente 

su “TV – Sorrisi e Canzoni”, rivista a fortissima 

diffusione nazionale, non fosse stata riportata 

, assieme a quella di altri attori, la foto 

di Nino con la seguente testuale didascalia: 

“L’ex campione di pugilato Nino Benvenuti 

(65 anni): è di origine croata”. 

Ora, posso anche capire che i nostri 

dirimpettai marittimi abbiano voluto dare 

la cittadinanza croata alla ricca famiglia 

veneziana dei Polo, nota per il suoi traffici 

con l’Oriente e con sedi commerciali in ogni 

dove incluse le isole dalmate. In fondo si è 

trattato di appropriarsi della fama di quel 

“Marko Polo” che ha lasciato ai posteri il libro (“Ena Miliona”?) 

tradotto in tante lingue incluso l’italiano. Quindi casa-museo in 

Dalmazia e nome su una nave. Cittadinanza che sembra però non 

essere conferita con altrettanta pompa al famoso brigante Colarich, 

nel passato terrore dei viandanti sulle strade del centro dell’Istria. 

Quello che invece non capisco è come un distratto 

pennivendolo di redazione e l’eventuale correttore di bozze di 

una rivista così importante e diffusa a livello nazionale, possano 

aver commesso una così grossa bestialità. Siccome errori forse 

meno eclatanti ma pur sempre incomprensibili avvengono spesso 

in riferimento alla Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, viene da 

pensare che nelle scuole italiane e nelle redazioni degli organi di 

informazione, le carte geografiche siano rimaste quelle pre-romane, 

dove sulle terre a est di Monfalcone è riportata la scritta 

“Hic sunt leones”, alla faccia del cartografo Pietro Coppo. 

D’accordo che forse in futuro, con le prescrizioni della recente 

legge sulla “Giornata del ricordo dell’esodo”, dalla scuola 

non usciranno più tanti “ignoranti” della nostra collocazione 

nell’ambito nazionale e delle nostre vicende; ma non esiste legge 

che possa eliminare l’ignoranza integrale di persone come quei 

“buontemponi” che di fronte al cognome di Nino Benvenuti (e 

non Ivan Dobrodosli) che addirittura ha in sé assonanze toscane, 

non hanno trovato di meglio che attribuirgli l’origine croata. 

In conclusione va detto che Nino Benvenuti, con le sue imprese 

pugilistiche che gli hanno valso gloria ed onori in tutto il mondo, ha 

costituito per gli isolani, e in particolare per quelli della sua generazione, 

uno dei motivi di orgoglio e quasi di riscatto civile dalla condizione 

di profughi da una piccola località istriana. Ed è per questo che 

oggi ribadiamo con forza che Nino è nostro e guai a chi ce lo tocca.. 

Nino Vascotto



Una bimba cresciuta in 

un campo profughi. E 

la sua memoria negata 

“Dentro quella rete Marisa 

vivrà prigioniera per dieci, lunghi 

interminabili anni; e per sempre 

lei sentirà addosso il peso di 

quella reclusione, ricordo molesto 

ancor oggi. Lì dentro, col passare 

del tempo si renderà conto 

di essere davvero diversa perché 

sentirà addosso il marchio della 

“profuga” con cui gli altri pretenderanno 

di identificarla. In quell’ambiente 

fatiscente e promiscuo 

lei diventerà signorina”. L’esperienza 

del campo profughi, che 

ha segnato la gran parte delle 

migliaia di esuli istriani viene 

narrata con efficacia da Marisa 

Brugna in “Memoria Negata”. 

Alla sua prima esperienza di narratrice, 

Marisa Brugna padroneggia 

una materia delicata e difficile 

come la memorialistica, offrendo 

un quadro sincero e spietato 

della vita dietro la rete. 

E’ il 1949: Marisa parte 

bambina, ha poco più di sei 

anni, dalla natia Orsera con il 

padre Bastian, la madre Catina 

e la sorella, su una barca. Per 

lei è un’esperienza elettrizzante, 

il primo viaggio, la scoperta 

di Trieste, la grande città con i 

suoi bei palazzi, ma avverte 

negli altri una profonda tristezza. 

E anche per lei si spegne 

subito la gioia con l’arrivo al 

La pagina letteraria di EGADE 

Quando l’Europa si riteneva la punta avanzata dell’umanità 

e l’autodeterminazione dei popoli sulla Carta Atlantica si 

annullava stretta dal filo spinato di Yalta, iniziò la fine del 

nostro mondo istro-veneto irrimediabilmente perduto. 

Marisa Brugna ripercorre il suo esodo in “Memoria negata” 

(edizioni Condares) dove c’è una parte di noi istriani, 

della nostra infanzia e dell’adolescenza descritte dall’autrice 

con l’immediatezza dell’insegnante: chiara, sensibile, con 

un tocco poetico che ci commuove. Riviviamo nelle sue pagine 

le sensazioni di disagio nei collegi, nei preventori e nelle 

colonie estive dove i cibi avevano sempre i sapori conditi 

con la mancanza d’affetto dei nostri cari che trascinavano 

l’esistenza nell’esiguo spazio del campo profughi. 

Egade 

Silos, enorme e sconfortante. 

Poi un altro lungo viaggio 

in treno fino a Latina, il primo 

campo in cui vengono inviati, 

seguito a quello di Marina di 

Carrara, dove trascorrerà quegli 

indimenticabili dieci anni. 

Per ironia della sorte la fermata 

dell’autobus più vicina al 

campo si chiama “fermata Paradiso”, 

ma quello non è davvero 

un paradiso. 

Un alloggio minuscolo dove 

ammucchiarsi in quattro. Nessuna 

intimità. Pochi soldi con i 

quali sopravvivere, guadagnati a 

giornata dal padre contadino, che 

piange la sua terra lasciata per 

sempre, e dalla madre costretta 

a fare la domestica. Il futuro è 

senza prospettive ma Marisa, innamorata 

della sua prima maestra 

in prima elementare, decide 

di seguire quella strada, e ci riu- 

scirà a prezzo di enormi sacrifici 

e, per cominciare, ribellandosi 

ai genitori per riuscire a frequentare 

le medie. 

Nel campo la vita è grama 

anche se la bambina, scatenata nei 

giochi, pare non accorgersene. E’ 

vittima anche di molestie da parte 

di un vecchio, che si faceva 

chiamare “nonno”, ma aveva ben 

altri scopi. Poi viene mandata in 

montagna, a Cima Sappada, perché 

è gracile, e qui deve subire le 

angherie di una direttrice disumana 

che la rendono anoressica, ma 

allora questo termine era sconosciuto. 

Tutte esperienze che segnano 

la bambina, che da 

monellaccio diventa sempre più 

chiusa in sè stessa e ha come conforto 

la sua sete di sapere, la sua 

voglia di studiare, unici antidoti 

a quel senso di insoddisfazione 

che la tormenta. 

Quando diventa signorina, un 

altro cambiamento: la famiglia si 

trasferisce in Sardegna, vicino ad 

Alghero, dove nel borgo 

Maristella, per volontà di un prete 

orserese, don Francesco 

Dapiran, si ricostituisce un borgo 

istriano. Le difficoltà sono 

immense e scoraggiano molti, 

non Marisa e i suoi familiari che 

finalmente hanno una casa, una 

casa vera. Marisa compie i suoi 

studi a Sassari e comincia la sua 

lunga attività di insegnamento, 38 

anni. Una volta in pensione sente 

il bisogno di scrivere per i suoi 

figli, per il suo nipotino, per la memoria 

del marito molto amato. 

Un bisogno che si rinforza 

quando Marisa ritorna a rivedere 

Orsera oltre cinquant’anni 

dopo la sua partenza, provocata 

dall’orrore delle foibe e delle 

persecuzioni subite. Perché avverte 

che il dramma della sua 

gente deve essere ricordato. Bisogna 

evitare appunto la “memoria 

negata” e Marisa Brugna aggiunge 

il suo contributo a quelli 

di tanti esuli che hanno sentito il 

bisogno di raccontare, creando 

la loro letteratura della diaspora, 

il documento migliore da offrire 

ad un’Italia che li ha traditi. Doppiamente 

traditi: consegnando le 

loro terre alla Jugoslavia e trattandoli 

in maniera infame quando 

avevano raggiunto la patria. 

Le umiliazioni subite pesano 

ancora sull’autrice, che ricorda le 

volte che le è stato rinfacciato il 

suo essere profuga. Che ricorda 

la carità micragnosa ricevuta. Che 

ricorda l’avvilimento provato nel 

vedere le belle e confortevoli case 

delle sue compagne di scuola “italiane”, 

pagine che echeggiano 

“Verde acqua” di Marisa Madieri 

e “Bora” di Anna Maria Mori e 

Nelida Milani. 

Il libro, che raccoglie, come 

scrive Marisa, “offese e rivincite”, 

si chiude con un’esortazione 

nel suo amato dialetto: 

“ai mii tre fioi: che no i se 

dismenteghi de aver anche sangue 

istrian nele vene”. E’ il solo 

modo per far sopravvivere un 

piccolo popolo, quello degli italiani 

d’Istria, altrimenti destinato 

a morte certa. 

Pierluigi Sabatti 

da “Il Piccolo” 

Nella traduzione di Nico 

Per la prima 

Nella traduzione di Nico M. 

Lorenzutti, è uscito per la prima 

volta in inglese “The Tigers 

of Mompracem” di Emilio 

Salgari, il libro che descrive le 

esotiche avventure del pirata 

Sandokan. 

Nico, nato a London, nello 

stato canadese dell’Ontario da 

genitori istriani (di Isola e 

Sicciole), si appassionò a questi 

racconti salgariani quando, 

da ragazzino, il papà gli raccontava 

dei suoi giochi con gli amici 

per le contrade di Isola, basati 

sulle avventure di


11 

Da “Memoria negata” abbandonare tutto; i piccoli ve- 

E a pagare a caro prezzo, erano 

stati soprattutto i bambini. Gli 

adulti avevano scelto di fuggire, 

optando per l’esilio e per l’abbandono 

di ogni bene affettivo 

e materiale. Essi avevano lasciato 

là per sempre persone care, 

case, tombe, chiese. Il cuore! Ed 

ora non potevano che soggiacere 

a quella scelta e portare avanti 

quella fuga che non avrebbe 

mai avuto il traguardo unico che 

le competeva : nessun porto, nessuna 

collina o pianura o paese o 

città o continente sarebbe più 

stato l’Istria, la Dalmazia. Nessun 

mare sarebbe più stato quello 

che lambiva scogli e isole galleggianti 

in stupende baie; nessun 

vento sarebbe stato più il 

borino che da Trieste spandeva 

fino a Zara i mille odori di quella 

terra. Non potevano protestare 

ora o ribellarsi. Recriminare, 

sì, ma nei ghetti, nelle stanzette. 

E negli animi. Era permesso loro 

solo la rassegnazione condita di 

nostalgia e rimpianto. 

I bimbi invece, fagottini tra 

valigie, caratei, canovacci avvolgenti 

qualcosa cui qualcuno 

non aveva saputo rinunciare, e 

masserizie varie su barche, vapori, 

treni, corriere, avevano subito 

una violenza indicibile. 

Strappati per sempre alla loro 

infanzia crescevano senza il loro 

passato. I ricordi si allontanavano, 

le immagini si offuscavano, 

sbiadivano anche i volti cari; restavano 

dei lampi che però risultava 

sempre più arduo collocare 

nello spazio e nel tempo. 

I grandi avevano scelto di 

nivano abbandonati dalla loro 

storia, dalla linfa vitale insita 

nei trascorsi di ciascun essere. 

I grandi, lì dentro, non avevano 

futuro e ancor più perciò si 

aggrappavano al rimpianto di 

ciò che avevano posseduto e 

perso; sospiravano profondamente 

a pieni polmoni quasi 

mancasse davvero l’aria per irrorarli 

di ossigeno, e spesso, 

molto spesso, piangevano. 

I bimbi non potevano piangere 

per ciò che quasi non albergava 

più nelle menti e neppure 

nei cuori. Essi erano costretti 

ed indirizzati a percorrere 

il tragitto che seguiva, partendo 

da lì: dal Campo, da quella 

libertà imprigionata, dalla 

miseria, dalla promiscuità, dai 

topi, dai pidocchi. 

Una barriera rigida ed impenetrabile 

separava il prima e il 

dopo dei più piccoli; ed era umanamente 

impossibile alla loro età 

riallacciarsi al prima. Restava solo 

il dialetto, la bella e dolce parlada 

che non permetteva di recidere 

definitivamente il cordone ombelicale 

quale legame inscindibile. 

Sussistevano anche altri fattori 

che si sarebbero in seguito 

rivelati incisivi nella loro personalità, 

ma essi non erano in 

grado di riconoscerli, né di avvantaggiarsene 

al momento. 

Albergavano di già nei loro 

animi, crescevano in modo direttamente 

proporzionale allo 

sviluppo corporeo e, come tasselli 

di un mosaico, andavano 

ad incastrarsi gli uni agli altri 

per la futura formazione quali 

individui decisi, forti e fieri così 

come erano stati i loro veci. 

Una volta maturi ripescheranno 

in pieno le caratteristiche 

di quella gente che in massa era 

venuta via e ostenteranno i pregi 

di una simile stirpe. E proprio 

coloro che erano stati gli esuli 

bambini, ricercheranno le loro 

radici, vanteranno le loro origini, 

esalteranno l’esodo quale atto 

di fede in ideali e libertà. Adulti 

si riscatteranno davanti agli occhi 

altrui, si scrolleranno di dosso, 

ma non dall’intimo, squallore 

e rinunce e l’internamento dei 

Campi, e avanzeranno incontro 

alla vita a testa alta, valendosi 

delle molte capacità ereditate e 

trasmesse loro geneticamente 

dagli avi. 

Poi chiederanno giustizia: 

vorranno che l’esodo non venga 

dimenticato, vorranno che il 

loro passato, di cui anch’essi già 

da tempo si sono riappropriati, 

resti vivo per sempre. Fa parte 

di un bagaglio di cui assolutamente 

nessuno, ma in primo luogo 

nessun Italiano, avrebbe dovuto 

disfarsene. 

Pretenderanno la redenzione 

dell’esodo e che la verità sia 

scritta e divulgata. Sono stati vittime 

ignare di fatti bellici e successive 

convenzioni politiche 

sconvolgenti, pertanto non proveranno 

autocommiserazione, 

né vorranno la pietà altrui, ma 

solo il rispetto dovuto. 

In veste di insegnante, ma 

ancor più di educatrice, Marisa 

negli anni futuri porterà avanti 

simili concetti. Saranno il suo 

impegno morale, costituiranno il 

suo credo per il quale sempre di 

più si infervorerà al punto di de- 

Lorenzutti 

volta Emilio Salgari in inglese 

Sandokan e dei suoi pirati, finendo 

per immedesimarsi nei 

personaggi. 

Nei viaggi in Italia, ancora 

piccolino ma già amante della 

lettura, ricevette in regalo o 

comperò tutti i libri che poté trovare 

, appassionandosi sempre 

più alla lettura di questi racconti. 

E così sia durante gli studi 

universitari a London, sua città 

natale, che durante la sua permanenza 

in Giappone (dove insegnava 

inglese) o nei suoi viaggi 

in Asia e in Europa (partecipò 

anche agli stages dei “Giuliani 

nel mondo” a Trieste), Nico non 

perse mai di vista i libri di Salgari 

e tutto quello che parlasse di 

questa materia. 

Fece le sue ricerche e, non 

trovando alcun libro in inglese, 

pensò che un giorno avrebbe 

provato a tradurre lui queste storie, 

affinché anche i ragazzi che 

parlano questa lingua avessero 

la possibilità di leggerle e di divertirsi. 

Cosa che poteva anche 

essere gradita agli adulti appassionati 

di libri di avventure. 

Così, finalmente, lo scorso 

ottobre il libro è stato stampato 

ed un sogno si è avverato. Se 

qualcuno è interessato al libro 

può visitare il sito Internet: 

www.amazon.com “Sandokan” 

– “The Tigers of Mompracem” 

by Emilio Salgari (author, 

traslated by Nico Lorenzutti). 

Ci sembrava opportuno far 

sapere che un figlio di istriani, 

nato in Canada, abbia tradotto 

questa opera, sperando di contribuire 

alla diffusione della 

cultura italiana nel mondo di 

lingua inglese. 

Franca e Mario 

Lorenzutti (Canada) 

cidere di raccontare la storia 

giuliana, non più ad una scolaresca 

che la ascolta in religioso silenzio, 

o ad un conoscente qualsiasi 

che apprende stupefatto fatti 

della sua vita che neppure immaginava. 

Questa volta vorrà che 

l’esilio di una bimba, simbolo di 

altri sfortunati fanciulli e di altre 

misere esistenze, sia conosciuto 

dai più, quale testimonianza di 

una parte della Storia italiana, testimonianza 

che si aggiunga a 

quelle di coloro che già hanno 

sentito il dovere di parlare, scrivere, 

decantare, tenere in vita e 

trasmettere la loro memoria. 

Scriverà pensando a quella 

picia che si ribellava perché 

sentiva il terreno franare sotto 

i suoi piedi ed era impossibilitata 

a costruirci sopra alcunché: 

non esisteva niente per la sua 

vita di essere umano, nessuna 

solidità sulla quale ergere un 

domani. Allora manifestava il 

rifiuto a tanta negatività proprio 

con irrequietezze, trasgressioni, 

gesti eclatanti finalizzati ad attirare 

l’attenzione. Su che cosa? 

Quale era il problema? Non 

voleva crescere troppo presto: 

voleva ondeggiare e piegarsi 

ancora un po’ alla leggera brezza 

dell’infanzia, ma un’infanzia 

libera, normale. Perché di 

questo era stata defraudata. 

Possedeva solo quella rivalsa 

per il momento: il gusto e l’ebbrezza 

della contestazione. 

E si rivedrà: placida fuori casa 

con gli estranei; un’onda in piena 

con i suoi. Fuori e dentro. Il 

fuori però, nonostante il 

perbenismo, non la eguagliava 

agli altri, anzi. Il dentro la proteggeva 

da sguardi sprezzanti, 

sorrisi di sussiego, da una sottile 

tolleranza. Era meglio dentro ed 

era peggio fuori, allora? Nella sua 

insoddisfazione, esisteva il gusto 

della sfida: mettere a dura prova 

la pazienza della mamma, andare 

in luoghi sconosciuti. Non era 

stata già una sfida quella di andare 

a Latina a sbirciare gli zingari 

nonostante i divieti? Appostata 

vicino ai ruderi di un fabbricato 

distrutto dai bombardamenti, li 

osservava e si interrogava sulle 

loro diversità: nudità e sporcizia 

innanzitutto. E poi quella più importante 

per studiare; ma anche 

il rubare era stato esaltante e ogni 

gioco spericolato, ogni acrobazia 

costituiva una sfida a se stessa. 

Qualsiasi conquista lo era e lo 

sarebbe sempre stata. Questa era 

la sua molla, il suo incentivo, il 

suo pungolo. 

Marisa Brugna



UNA FINESTRA SUL PASSATO 

... sfogliando le vecchie 

annate di “Isola Nostra’’ 

Isola dalle origini all'avvento del cristianesimo 

(da “Isola Nostra” n° 19 – maggio 1967) 

C’è una piccola e ridente 

cittadina sulla costa occidentale 

dell’Istria, fra Pirano e 

Capodistria, protesa tutta nell’azzurro 

mare che la lambisce 

da tre parti e chiusa ad anfiteatro 

dai monti. Questa è Isola 

d’Istria, che deve il nome alla 

sua posizione di vera isola com’era 

in realtà fino a poco più 

di un secolo fa. 

La sua origine si perde nel 

tempo e, se le vestigia storiche 

riguardo alla sua esistenza sono 

povere, ci aiuta a comprenderla 

la tradizione che, come sempre, 

fa da ponte tra storia e leggenda. 

Una terra così fertile com’è 

l’Istria non poteva non essere 

abitata sin dai tempi antichissimi, 

come non poteva sfuggire 

a tutte quelle popolazioni che 

durante le loro migrazioni sono 

passate sul suo territorio. Abitata 

prima dagli Istri, che diedero 

il nome a questa regione, 

avrà certamente trovato dominazioni 

buone e cattive, sorte 

questa riservata a tutte le terre 

prosperose. 

Il nostro territorio isolano, 

molto fertile, aveva la fortuna 

della presenza non molto lontano 

di un isolotto che, se anche 

della grandezza di meno di un 

km. quadrato e di origine rocciosa, 

poteva sempre prestare un 

sicuro rifugio, in tempi di pericolo, 

a chi era insediato sulla terraferma. 

Del resto questa non è 

l’unica isola a ridosso della costa 

istriana; non poco lontano c’è 

un altro isolotto, più grande, che 

diede origine alla cittadina di 

Capodistria; fuori Parenzo, 

Orsera e Rovigno vi sono altri 

isolotti della stessa natura e al 

largo di Fasana la più grande e 

famosa di tutte, Brioni. L’isolotto 

così vicino al nostro territorio, un 

tempo pascolo di capre selvatiche, 

diventò, al momento opportuno, 

luogo di rifugio all’uomo 

e poi sua stabile dimora. 

Isola certamente un tempo 

fu colonia greca, e da questa 

tResti dei mosaici rinvenuti a San Simon. 

dominazione si vuole derivi il 

suo nome, con i Romani che poi 

ne latinizzarono il nome greco 

di Aleto in “Alietum”, che per 

loro poteva anche indicare la 

natura del luogo situato sulla 

riva (ad litus). Non dimentichiamo 

che un rione di Isola noi lo 

chiamiamo con il nome primitivo 

di Alieto, da “aleto”, una specie 

di gabbiano solito a nidificare 

sulle scogliere e così chiamato 

dal verbo greco “alieuin”, che significa 

pescare; questo gabbiano 

è infatti un abile pescatore, 

ghiottissimo di pesce. 

Una seconda ipotesi vuole 

invece che il nome di Alieto sia 

dovuto ad una chiesetta edificata 

dai primi cristiani ove ora 

si trova il Duomo, e precisamente 

dalla famiglia romana 

Leto, convertita al cristianesimo 

da papa Sisto II e a Lui dedicata 

presso la propria abitazione 

(ad aedem Laeti), da cui 

“ad Laetum” e quindi Alieto. A 

dar credito a questa ipotesi potrebbe 

aiutarci il culto a questo 

santo papa che fu il primo patrono 

di Isola, oggi con San 

Donato diventato compatrono. 

Una terza ipotesi in riguardo 

al nome primitivo di Alieto (e 

parlo di ipotesi perché di certo 

ancora non abbiamo purtroppo 

niente) potrebbe essere quella di 

una chiesetta costruita sulla riva 

di questo isolotto che costituisce 

l’odierna Isola, in onore della 

Madonna “ad litus” (presso alla 

spiaggia) quindi Alieto, proprio 

dove oggi sorge la chiesa della 

Madonna degli Isolani sempre 

chiamata d’Alieto. 

Varie ipotesi queste da me 

accennate, tutte possibili e rispettabili, 

ma che complicano 

la vera origine del suo nome 

primitivo invece di facilitarne 

quella che deve essere la verità 

storica. Stando alla prima ipotesi, 

Alieto avrebbe dovuto trovarsi 

in località San Simone 

dove, come sappiamo, ci sono 

le vestigia della civiltà romana 

che fece seguito a quella greca, 

e quindi l’ipotesi più probabile. 

Accettando invece le altre 

due , Alieto avrebbe dovuto essere 

proprio sull’isolotto abitato 

invece, come si crede, dagli 

scampati di Aquileia al tempo 

della distruzione di quella città 

per mano di Attila. Però questi 

non la avrebbero chiamata 

Alieto, perché all’origine etimologica 

greca avrebbero preferito 

quella latina, essendo gli 

aquileiesi di origine romana. 

Ad ogni modo niente impedisce 

che tutte e tre le accennate 

ipotesi in merito al nome di 

Alieto riguardino sempre la 

stessa località situata sul piccolo 

promontorio di S.Simòn, non 

tanto lontano dall’odierna Isola. 

La spiaggia di Isola così vasta 

e con un retroterra tanto fertile 

fu abitata certamente fin dal 

tempo antico. 

A sostegno poi dell’ipotesi 

che Alieto da colonia greca sia 

diventata colonia romana molto 

tempo prima di Cristo, ecco 

le vestigia che si trovano ancor 

oggi in località San Simòn sia 

per quanto riguarda una o più 

ville romane sia per quanto 

concerne quell’importante porto 

romano così bene illustrato 

dal chiarissimo prof. Attilio 

Degrassi. In questa località, lavorando 

il campo che era di 

proprietà della famiglia Dudine 

(loca) è venuto alla luce, alla 

fine dell’800, un pavimento tutto 

a mosaico che certamente 

deve esser stato quello di una 

villa romana. Peccato che chi 

fece questa scoperta e quanti 

vennero a conoscenza di essa, 

non abbiano capito tutta l’importanza 

di questo ritrovamento. 

Il pavimento fu distrutto e 

quei piccoli pezzetti di marmo 

dai colori bianco, rosa, verde e 

nero, ( i “scagnei” che tanto 

hanno divertito noi ragazzetti e 

che sono i piccoli tasselli dei 

mosaici) furono dispersi e an-


13 

darono a finire sulla spiaggia 

vicina, dove sino a poco tempo 

fa se ne potevano trovare ancora 

degli esemplari. 

Sempre sulla spiaggia accanto 

si possono vedere con la 

bassa marea i resti del porto 

romano: una serie di lastroni 

che sprofondano sempre di più 

man mano si avvicinano alla 

terraferma, e che sono le fondamenta 

di quello che è stato il 

porto di Alieto, che ancor oggi 

lascia intravedere un pezzo della 

sua banchina (i “moleti” dai 

C’è stato un periodo così 

prospero per la nostra cittadina 

da muovere qualche armatore 

privato a tentare di contrapporre 

alla forte società di navigazione 

“Istria-Trieste” un suo piroscafo, 

su quella che era una delle 

linee più redditizie: la Trieste- 

Isola-Pirano.Un tentativo simile 

era stato intrapreso molti anni 

prima da Piero Benvenuti 

(cavarlese) con il piroscafo 

“Guido”, e più tardi l’impresa 

fu tentata da Giovanni Derossi 

col “Besenghi”. Sia l’uno che 

l’altro ebbero vita breve, eppure 

allora la “Istria-Trieste” quasi 

non esisteva. 

Prima che avesse a riuscirvi 

nella concorrenza l’armatore 

Schiavoni, con i suoi “Itala” 

e “Diadora”, come vedremo, 

voglio ricordare quel periodo di 

massima concorrenza che vide 

disputarsi il porto di Isola da 

ben tre piroscafi, che alla stessa 

ora si contendevano il nostro 

molo: un piroscafo dell’Istria- 

Trieste, lo “Spiro Xidias” o il 

“Primero” e un piroscafo della 

“Capodistriana”, il “Vettor 

Pisani”. Una concorrenza, dirò, 

spietata, che faceva perno sulla 

velocità; era il piroscafo della 

“Capodistriana”, il “Vettor 

Pisani”, che per non perdere 

tempo nella partenza, 

attraccava alla testata del molo, 

evitando così le manovre di 

marcia indietro. 

I viaggiatori venivano squadrati 

per bene dai “tifosi” di detti 

piroscafi e criticati poi a seconda 

di quello che prendevano, 

non volendo considerare il fatto 

che, di solito, si sceglieva quello 

che aveva la tariffa più bassa. 

quali tante volte ci siamo tuffati 

nelle limpide acque della baia 

di san Simon, quando facevamo 

i “cavarìi”). Questo porto 

forse era stato dedicato al dio 

Apollo e a ricordo di ciò forse 

la denominazione di Porto 

Apollo data alla località confinante 

con quella di San Simone. 

Ma, come ci dice ancora il 

prof. Degrassi, a conferma della 

località di Alieto, abbiamo in 

località Vilisan i resti di un altro 

porto che presuppone poi lì 

accanto un abitato come da sca- 

C’era una volta... l'Itala 

(da “Isola Nostra” n.° 190 – ottobre 1981 

La concorrenza infatti era basata 

solo su questo, che poi era 

l’unico e più valido motivo nella 

scelta. Certo né Isola né 

Pirano erano due porti atti a far 

continuare tale concorrenza e 

così in breve rimase il più forte: 

quello dell’Istria-Trieste. 

Più fortunato fu poi l’armatore 

Roberto Schiavon il quale, 

conoscendo la sensibilità degli 

isolani e il loro vecchio desiderio 

di avere un piroscafo che collegasse 

direttamente Isola con 

Trieste, associando il maestro di 

macchina Predonzani e qualcun 

altro, riuscì a piazzare prima l’ 

“Itala” e poi il “Diadora” che diventarono 

fino al 1944 i nostri 

vapori, che non avremmo tradito 

per nessun motivo. Furono in- 

vi eseguiti dallo stesso prof. 

Degrassi. 

Il suo nome odierno di Isola, 

prettamente latino, deriva 

dalla sua posizione geografica 

di vera isola, come certamente 

denominarono questo isolotto 

quando su di esso ripararono i 

fuggiaschi di Aquileia, anche 

per distinguerlo da quello che 

era l’abitato preesistente di 

Alieto. Potrei anche sbagliare, 

ma è tradizione costante che gli 

aquileiesi, distrutta la loro città 

da Attila, si rifugiassero a Isola 

trodotte due nuove corse: quella 

delle 9 e quella delle 13.30, e 

d’estate quella delle 20. 

Questi due piroscafi avevano 

avuto un passato glorioso, 

un tirocinio a prova di bomba 

come si dice, avendo fatto servizio 

di rimorchiatori e di salvataggio 

nei mari della 

Dalmazia e del Quarnero. 

Quante botte di mare non hanno 

sostenuto quei due scafi, e 

noi ce lo accorgevamo quando 

soffiava forte la bora e i 

cavalloni da essa innalzati, 

sembrava volessero sopraffarli. 

Imperterriti in mezzo ai flutti 

che li spazzavano da “pupa” a 

“prova”, con quel continuo 

pennacchio nerastro che usciva 

dalle loro ciminiere, doven- 

portando con sè la religione cristiana, 

forse non ancora conosciuta 

qui; potrebbe però darsi 

che il Cristianesimo a Isola fosse 

noto prima dell’arrivo di 

questi. A conferma di ciò il fatto 

che a Isola non si ricordavano 

i santi venerati dalla chiesa 

aquileiese bensì quelli della 

chiesa romana come Sisto, Lorenzo, 

Sebastiano e il santo africano 

Mauro, martirizzato a 

Roma, nonché alcuni santi 

orientali come Santa Fosca. 

A.D. 

do esser forzate le macchine per 

tener meglio il mare: non per 

niente avevano fatto il loro tirocinio 

in mari burrascosi per 

loro natura. 

Erano piccoli, ma per diversi 

anni seppero, con una tenacia 

indicibile, accontentare le 

nostre esigenze. Li consideravamo 

nostri anche perché il 

loro equipaggio, ad eccezione 

del capitano, era formato da isolani. 

Alla sera attraccavano alla 

diga, che era diventata così la 

loro base. 

E venne la guerra. Il 

“Diadora” fu requisito e come 

tanti altri finì in fondo al mare. 

L’Itala continuò a mantenere la 

linea Isola-Trieste e più tardi 

anche Capodistria. Più volte fu 

mitragliata dagli inglesi, poi anche 

per lei ebbe termine la lunga 

e gloriosa carriera. 

“Un tifoso dell’Itala”



RICORDO DI BRUNO MAIER 

Raccolto in un volume l’itinerario 

intellettuale di un fine uomo di cultura 

Bruno Maier (1922 – 2002), 

capodistriano, non è certo uno 

sconosciuto uomo di lettere passato 

come tanti altri senza lasciare 

traccia. Nell’Atene dell’Istria 

conseguì la maturità e di tappa 

in tappa, nel 1965, raggiunse la 

cattedra universitaria di Lingua 

e Letteratura italiana. 

Cominciò, negli anni difficili 

della seconda guerra mondiale, 

ad insegnare nel Seminario 

di Capodistria con un rettore 

d’eccezione, mons. Marcello 

Labor, compagno di studi ed 

amico di Scipio Slataper e 

Giani Stuparich. Passò qualche 

tempo come insegnante anche 

nella vicina Isola. 

La sua eredità si può trovare 

indicata nel volume bibliografico 

a lui dedicato da Diego Redivo. 

Un ricercatore accanito, un lavoratore 

indefesso, puntava tutto 

sulla forte personalità dotata di 

una volontà tetragona, che raggiungeva 

ciò che si prefiggeva. 

Nel campo della storia letteraria 

italiana visitò tutte le maggiori 

personalità: da Cecco Angiolieri 

a Dante e Boccaccio, dall’Ariosto 

al Tasso, dall’Alfieri al Foscolo. 

Sulla grande stagione letteraria 

triestina il suo nome è 

quello di un esploratore, con 

ricerche considerate ancor oggi 

di primissimo livello e fonda- 

mentali per gli stessi specialisti. 

Su Svevo, Saba, Stuparich, 

Slataper, Benco, ha aperto una 

nuova via storiografica, presentando 

Trieste come una città di 

cultura all’attenzione dell’Europa. 

E anche sull’Istria lasciò 

opere notevoli tra cui saggi sulla 

poetessa Lina Galli. 

Il libro “Ricordo di Bruno 

Maier” (Trieste, Parnaso 2003), 

scritto con trepido amore dalla 

consorte, Enza Giammancheri, 

e da Pietro Zovatto, suo discepolo, 

fornisce un itinerario biobibliografico 

intellettuale, che 

segue la scansione cronologica 

nella ascensione di un uomo di 

fine cultura e dalla capacità di 

S. N. “Pullino’’ 

ASSEMBLEA ANNUALE DEI SOCI 

Domenica 30 novembre nella sede di via Battisti a Muggia si è tenuta l’annuale assemblea dei 

soci, alla cui presidenza è stato eletto l’on. Giacomo Bologna, affiancato da Francesco 

Finocchiaro in qualità di segretario. Il presidente dott. Franco Degrassi ha letto la relazione 

morale, Donato Ciacchi quella tecnica e il dott. Ennio Drioli quella economica, approvate 

dall’assemblea che ha anche riconfermato per votazione il Direttivo uscente che, alla sua 

prima convocazione, ha provveduto alla distribuzione delle cariche: 

Franco Degrassi (presidente) 

Fabio Vascotto (vicepresidente) 

Francesco Finocchiaro (segretario) 

Dino Gubertini (tesoriere) 

Luciano Berro (consigliere) 

Fabio Colocci (consigliere) 

Ennio Drioli (consigliere) 

Umberto Parma (consigliere) 

Alfio Benvenuti (revisore dei conti) 

Walter Giraldi (revisore dei conti) 

Franco Stener (revisore dei conti) 

Luigi Carboni (responsabile canottiera) 

Bruno Derossi (responsabile canottiera) 

Dino Degrassi (maestro di casa) 

Donato Ciacchi (direttore sportivo) 

Maurizio Ustolin (allenatore) 

Marco Stener (medico sociale) 

Roberto Salvini (fisioterapista) 

Alla fine dei lavori si è tenuto nel vicino Hotel Lido il pranzo sociale, cui sono intervenute le 

autorità sportive e politiche, durante il quale sono stati premiati gli atleti distintisi durante la 

stagione agonistica. Non si è dimenticato che il vice-presidente Fabio Vascotto è stato insignito 

dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica durante la cerimonia solenne tenuta alla 

Prefettura di Trieste. 

lavoro vertiginosa. 

Nessuno poteva meglio lodare 

Bruno Maier se non i due 

maggiori protagonisti della cultura 

italiana del XX secolo, 

Giuseppe Prezzolini e Benedetto 

Croce, che lo consideravano 

“fine e acuto”; con un credito 

del genere difficilmente si può 

trovare un giudizio di valore più 

autorevole. 

Alla Giammancheri e a 

Zovatto bisogna essere grati per 

la fatica affrontata e per la bella 

edizione presentata alla repubblica 

letteraria italiana ed 

europea. 

Prigione 

A Bruno Maier 

G.B. 

Anch’io sono prigioniero 

dei miei ricordi, profumo 

dell’età più bella. 

Molto ho vagabondato 

nelle foreste della cultura 

lussureggiante, tra summe 

di sottile dialettica 

e fenomenologia dello spirito. 

Mai mi sono abbandonato 

dai filari di vigneti 

e dall’acqua fresca 

di casa mia. 

Tra i rami degli alberi 

nel cielo appesi 

ho intravisto una stella 

luminosa come diadema 

di saggezza orientale. 

Amo l’aroma del fiore... 

come il sublime Agostino 

ho paura dell’angelo che passa 

nella salita della notte. 

Pietro Zovatto


15 

PULLINO PULLINO PULLINO 

Ballo del Mare 2004 

Il “Ballo del Mare” con il 

tradizionale veglioncino si è 

tenuto sabato 27 marzo nei 

locali del salone-ristorante 

Descò di Domio (TS), con la 

partecipazione quest’anno del 

mago de Umago e dell’orchestra 

Attiwa. Ha condotto la 

serata il presidente della 

“Pullino” Franco Degrassi, 

affiancato dagli inesauribili 

membri del Direttivo e dagli 

amici sempre pronti a colla- 

borare. 

Oltre alla ricca pesca di beneficenza, 

per la quale si ringraziano 

i numerosi negozianti 

per le loro offerte, si ricorda 

il magnifico uovo pasquale 

di cioccolato, donato 

da Giovanni (Nino) Ulcigrai, 

titolare dell’omonima industria 

di prelibati dolci tradizionali, 

vinto dalla famiglia 

Piran con il sorteggio in base 

al numero di entrata posto 

sull’invito. Ricordiamo anche 

il concorso di “miss Pullino”, 

che ha visto giungere nell’ordine 

Roberta Diracca, Giulia 

Piran e Samantha Coretti: le 

tre fortunate sono state premiate 

con delle artistiche realizzazioni 

orafe eseguite da 

Renato Chicco. Nella realizzazione 

scenica di Umberto 

Parma si sono mossi nel turbine 

delle danze i numerosi 

presenti sotto lo sguardo attento 

del maestro di casa Dino 

Degrassi. 

Tra le personalità presenti 

alla festa va ricordato il prof. 

Italo Santoro, assessore allo 

sport del comune di Muggia, 

accompagnato dalla moglie 

Clelia, e il cav. Mario Sivitz, 

delegato del comitato regionale 

FIC-FVG presso il 

CONI di Trieste. 

F.S. 

tLa sala “Desco’’ di Domio riccamente addobbata per l'occasione. 

tIl “presentatore’’ Franco Degrassi dà inizio alla festa. 

tLe reginette della festa, da sinistra Samantha Coretti, Roberta Diracca (miss Pullino 2004) e Giulia 

Piran.

16 

ISOLA NOSTRA 15 Giugno 2004 

Lunedì dell'Angelo a Strugnano 

Annamaria Bologna Fabbri 

Era tradizione anche per noi 

isolani trascorrere il Lunedì dell’Angelo 

“fuori porta”. Strugnano 

era la meta d’obbligo. Là si univano 

il sacro ed il profano e l’uno 

non toglieva nulla all’altro ma si 

compenetravano in armonia sin 

a formare un tutt’uno vissuto da 

tutti con sentita partecipazione. Là 

c’era il santuario della Beata Vergine 

della Visione; là c’era il grande 

prato dove, come fiori di campo, 

gruppi multicolori di famiglie 

e di amici si incontravano per la 

scampagnata. Là si udivano i richiami 

dei bimbi intenti ai loro 

giochi e le loro risate argentine. 

Anche durante il secondo 

conflitto mondiale la tradizione 

continuò. Nel Santuario veniva 

celebrata la Santa Messa, 

durante la quale i fedeli locali 

cantavano l’inno “Madonna di 

Strugnano, stendi la mano...” e 

non mancava la scampagnata, 

fatta magari in tono minore. 

Strugnano era mèta di pellegrinaggi 

specialmente con la 

bella stagione. Ricordo ancora 

quando, da bambina, per tenere 

il passo della mamma dovevo 

saltellarle accanto non sen- 

za fatica; ricordo infine molto 

bene la mia “ultima volta” di 

Strugnano quando con le ragazzine 

dell’Azione Cattolica e la 

Nerina Moscolin andai a pregare, 

ma anche a ridere e scherzare. 

Anni belli quelli! Anni di 

spensieratezza, di allegria, di 

amicizie coltivate intensamente. 

Poi l’esodo forzato, che considero 

la più grande e dolorosa 

delle ingiustizie, fece riporre nella 

mia mente Strugnano, anche 

perché andare “dall’altra parte” 

era ed è motivo per me di indici- 

Carissimi amici isolani, 

è con tanta gratitudine che voglio ringraziare, tramite Isola 

Nostra, tutte le persone presenti Lunedì dell’Angelo all’appuntamento 

presso il santuario di Strugnano. Il tempo non era certo 

nelle sue migliori condizioni, freddo e vento ci hanno fatto 

compagnia, però i presenti hanno dimostrato ancora una volta 

quale e quanto sia l’attaccamento per le nostre tradizioni. Eravamo 

in tanti e sinceramente non avrei mai creduto di poterci 

contare, vista l’età incombente e la giornata fredda. 

Dopo la processione e la Santa Messa, seguite da tutti con grande 

fede, ci siamo trovati sul sagrato per scambiarci gli auguri, 

felici per l’incontro. Questa volta, dopo tanti anni, per la prima 

volta sono stata gratificata dalle significative parole pronunciate 

da alcuni dei presenti. Ho provato una forte emozione, perché 

mi hanno fatto capire quanto sia prezioso quello che porto 

avanti da tanti anni e con mia spontanea volontà. In particolare 

voglio ringraziare Anna Maria Bologna e il marito Edoardo 

Fabbri, Savina e Alessandra Norbedo e la signora Anita Slatti. 

Grazie pure al signor Fabio Ricasoli, isolano arrivato tra noi da 

Roma dopo ben cinquant’anni. 

Prima della fine ho voluto distribuire a tutti i bambini presenti 

le uova pasquali, ed altre cose ad alcune persone. Ho voluto 

premiare anche persone venute da lontano e quelle che sono 

state con noi per la prima volta. Un grazie speciale a Mario 

Depase, certa che gli isolani tutti sapranno apprezzare quello 

che fa per la nostra Comunità. 

Vi abbraccio, con l’augurio di un prossimo incontro 

aff.ma Nerina bonassa 

tVisto dal Santuario, uno scorcio suggestivo della baia con sullo sfondo il Duomo di Pirano. 

bile sofferenza. 

Venivo sollecitata a ritornarvi 

da diversi anni. C’erano 

alcune mie amiche d’infanzia 

che andavano. C’era la Nerina 

Bordato che mi invogliava a 

farlo. Ho quindi deciso: “Quest’anno 

ci andrò!” 

Partita presto da Trieste, sono 

arrivata al Santuario quando non 

c’era ancora nessuno. Sono entrata 

nella bella chiesetta, era 

vuota. C’ero soltanto io in quel 

vuoto, in quel silenzio. La commozione 

mi ha attanagliata ed ho 

rivissuto il passato sentendo accanto 

a me la presenza dei miei 

cari e di tante persone ormai 

scomparse. 

La gente, arrivata alla spicciolata, 

ha iniziato a riempire la chiesa, 

mentre la processione, partita 

dalla Croce che svetta alta sul 

monte, veniva annunciata dai 

cantori del coro delle Comunità 

Istriane che con i loro canti hanno 

reso ancor più solenne il rito 

della Santa Messa, officiata da 

don Roberto Rosa, con l’assistenza 

di Mario Depase il quale, al 

termine, ha porto i saluti di alcu- 

ni nostri compaesani d’Australia. 

Siamo usciti sul bel prato 

ammantato di erbetta cosparsa di 

bianche pratoline. La Nerina 

Bordato, bonassa per gli isolani, 

come ogni anno, anche questa 

volta ha accolto tutti offrendo 

ogni ben di Dio, dimostrando ancora 

la sua grande generosità. 

Mio marito, appassionato di 

fotografia, ha continuato a scattare 

delle foto. Ero felicissima! 

E’ stato per me come ritornare 

bambina, riprendere in mano i 

miei ricordi, i miei pensieri, le 

mie emozioni. 

Un signore si è avvicinato 

e mi ha detto: “Scusi, è lei la 

moglie del fotografo ufficiale?”. 

Mi è venuto da ridere e gli 

ho risposto: “Effettivamente mio 

marito è un ufficiale ma non un 

fotografo professionista”. 

- Sa, sono venuto da Roma per 

questa occasione e vorrei una 

foto ricordo. 

- Come da Roma! 

- Si, ma sono nato a Isola. Sono 

il figlio del maresciallo Ricasoli 

e mia mamma era Maria Dagri. 

- Dagri chi? I Dagri erano miei 

Un sentito grazie a... 

Don Roberto Rosa, che anche quest’anno, malgrado gli 

impegni, ha voluto essere presente al nostro incontro celebrando 

la S.Messa. 

Al coro delle Comunità Istriane, diretto dalla maestra 

Donatella Hribar, che con la Messa cantada ha fatto rivivere le 

feste dei tempi passati. 

A Nerina Pugliese, che con il marito Tullio Bordato e i 

familiari, anche quest’anno ha rinnovato la moltiplicazione dei 

pani e dei ... ovi. 

A Mario Depase, solerte ed impeccabile organizzatore di 

questa e delle altre nostre manifestazioni religiose.


17 

dirimpettai. Con loro eravamo 

molto amici. Scusi, ma Lei come 

si chiama? 

- Fabio. 

E tutto d’un fiato ho detto: 

- “Fabio, el fio dela Ia, el cugin 

de Ferucio e de Luciana, dela 

Nivia e de Mirela, dela Uci e 

de Alvise? 

- Si. 

- E mi son Anamaria Bologna. 

Un’altra signora accanto: 

- “Mi son la Nadia, la fia de Antonio, 

Toni, dela maceleria e de 

Vitoria” 

Quanti bei doni per me in 

questo pomeriggio del Lunedì 

dell’Angelo: il Santuario, i miei 

amici d’infanzia, Fabio che non 

vedevo da più di cinquant’anni. 

“Portami qua quell’isolano 

di Roma – mi ha detto Nerina ad 

un certo punto – ho un pensierino 

anche per quelli venuti da lontano”. 

Fabio era emozionato e raggiante 

ed in quel momento ho 

tLa processione. 

rivisto il piccolo biondino e timido 

che era (e che è tuttora, mi 

ha confermato la moglie). 

Anche se il sole non c’era e 

c’era un gran vento, il sole, in 

quel luogo l’avevamo tutti dentro 

di noi. 

E’ stata una grande gioia rivedere 

Strugnano, la mia gente, 

anche se al ritorno, osservando 

Isola dall’alto, ho sentito più 

forte la grande nostalgia per la 

“mia terra”, nostalgia che non 

mi abbandona mai. 

Complimenti ai fotografi 

Edoardo Fabbri 

e Tullio Bordato 

tQuatro ciacole, un bicer de vin 

e un ovo duro... 

tL'altare della chiesa dedicata alla Beata Vergine della Visione. 

tLa “vivandiera’’ Nerina bonassa in un momento di relax.

18 


Gita della Colomba 2004 

Nino Vascotto 

Come da consolidata tradizione, 

anche quest’anno è 

stata organizzata la gita primaverile 

della “Colomba” 

che ha avuto luogo la scorsa 

domenica 9 maggio. I nostri 

infaticabili organizzatori 

hanno tribolato alquanto a 

raccogliere le adesioni di 

partecipanti onde completare 

almeno due pullman; ciò 

dovuto da un lato alla preferenza 

che gli isolani ormai 

accordano all’autunnale 

gita di san Mauro, dall’altra 

a malanni fisici di questa 

anomala primavera. 

Partecipando mi aspettavo 

quindi una festa in tono 

minore, ma devo dire che così 

non è stato, anzi per certi 

versi l’ho trovata più piacevole 

del solito. Trattandosi di 

un numero minore di persone, 

non si sono verificate 

quelle condizioni di affollamento 

caotico, e ciò a benefi- 

tFesteggiamenti davanti alla 

rituale mega-torta di Isola Nostra. 

Tra Trieste e Udine vince 

l'allegria di tutti i partecipanti 

alla Gita della Colomba. 

tLa reginetta della festa, Livia Callegaris Degrassi, riceve un omaggio 

floreale dopo l'incoronazione. 

cio dei rapporti personali tra 

compaesani ed amici ospiti. 

Per il resto è stato mantenuto 

lo stesso standard di livello 

delle gite precedenti. 

Partenza da Trieste, sosta 

ad Aquileia per consentire 

a chi lo desiderava di 

assistere alla Messa 

granda in basilica con accompagnamento 

di un coro 

virile di Cervignano, che ci 

ha fatto gustare qualche 

“perla” di canto gregoriano. 

Trasferimento poi al ristorante 

“Belvedere” di 

Tricesimo, dove, ben sistemati 

nel salone con ampia 

pista di ballo, abbiamo potuto 

volteggiare senza urti 

o “pestoni” fino a sera. 

Menù ricco, forse addirittura 

più attraente del solito, 

eccellente il vino, perfetto il 

servizio e la tradizionale torta 

ornata simbolicamente da 

una colomba con ramoscello 

in volo tra gli stemmi della 

città di Trieste e dell’ospitante 

provincia di Udine. Non è 

mancata l’estrazione della 

lotteria gratuita durante la 

quale ha dato fondo alla sua 

verve istrionica l’amico Berto 

Parma. 

Questa volta poi il sorteggio 

ha indicato come 

Miss Colomba 2004 la signora 

Livia Callegaris 

Degrassi che, detto in segreto 

tra noi (2100 abbonati 

a Isola Nostra), era tra 

le più giovani ed attraenti 

signore in sala, con probabilità 

di vincere l’ambito 

titolo anche se fosse stato 

espresso dal voto. 

Ritorno a casa tra lampi 

e tuoni nella Bassa 

friulana e bel tempo sulla 

riviera triestina. Scambio 

vicendevole di saluti ed un 

arrivederci alla prossima 

occasione.


19 

tIl fotografo coglie l'attimo in 

cui il pirotecnico Umberto Parta, 

affiancato dal fido Olivo 

Colomban, elegge Miss Colomba 

2004. 

Ultrasessantenni al loro undicesimo incontro 

Già, quest’anno ricorre l’undicesimo anniversario della nascita 

di una piccola iniziativa: l’incontro annuale di un gruppo 

di amici isolani. Sempre sul Carso triestino, sempre attorno ad 

una tavola imbandita, sempre sufficientemente numerosi e 

chiassosi nella misura giusta. 

Incontrarsi una volta all’anno, oltre ad interrompere il 

solito tran-tran del pensionato (ma sono poi tutti pensionati?), 

significa anche avere l’opportunità di ricordare, insieme a degli 

amici di sempre, gli anni giovanili. Tra coetanei vissuti insieme 

per tanti anni, i ricordi comuni abbondano e fanno rivivere 

un passato lontano spensierato anche se non sempre felice. 

Una serata però è breve, passa veloce, vola e non si possono 

esaurire completamente tutti gli argomenti che si hanno in 

comune. E sono tanti! Si continuerà il prossimo anno. E poi a 

tavola non si può solo chiacchierare: c’è anche altro da fare. 

Quest’anno il numero dei partecipanti è stato inferiore al previsto; 

qualche fedele amico è mancato all’appuntamento per impegni 

imprevisti, qualche altro, purtroppo, per motivi di salute. 

A questi ultimi l’augurio più sincero di poter, in seguito, essere 

presenti. 

A Isola Nostra, grazie per l’ospitalità. 

L’anno venturo ci ritroveremo VENERDI 22 APRILE. 

Per conferme o rinunce, si prega gentilmente di telefonare 

almeno sette giorni prima ad ALFREDO (tel. 040-280084). 

Alfredo Bussani 

I partecipanti all’incontro conviviale, organizzato anche quest’anno come sempre dall’amico Alfredo Bussani: Edilio Benvenuti 

(cica) – Alfio Benvenuti (sissoti)- Salvino Beltrame (matalon) – Dario Bernardi – Alfredo Bussani – Luigi Carboni (snai) – 

Mario Chicco (paloto) – Bruno Degrassi (pansalonga) – Bruno Degrassi (barcaricio) – Ricciotti Degrassi (rece) – Claudio 

Degrassi (tr) – Mario Degrassi (mussina) – Dino Degrassi – Dario Degrassi (fritola) – Gilberto Delise (taiasuche) – Liberio 

Derossi – Mario Drioli 

(tocio) – Oscar Dudine 

(bazarin) – Mario 

Giovannini – Livio 

Marchesan (uci) – Neri 

Marchesan (ciaci) – Nino 

Moratto (celai) – Silvano 

Maraspin – Lucio Marin – 

Livio Musizza – Elio 

Piccinin – Emilio 

Russignan (manasse) – 

Nino Russignan (picirici)- 

Bruno Russignan (taca) – 

Italo Troian (mandolin) – 

Mario Troian (mandolin) – 

Omero Ulcigrai (borin) – 

Edio Tognon (bacan) – 

Mario Vascotto (saco) – 

Fabio Vascotto (nadal) – 

Salvatore Zugna – Gino 

Ulcigrai (torso).

AVVENIMENTI LIETI 

20 


1939-2004 : 65° anno di sacerdozio di mons. Pietro Fonda 

Vorrei, tramite Isola Nostra, ricordare il bel traguardo dei 65 anni 

di sacerdozio raggiunto da mons. Piero Fonda, sacerdote di esemplari 

virtù, che ha saputo confortare lo spirito degli Istriani presso il 

Campo Profughi di Padriciano dopo l’esodo dalle nostre terre. 

Nato il 7 agosto 1914 e vissuto a Pirano sino al 1954, è stato consacrato 

sacerdote il 4 giugno 1939 nella Cattedrale di san Giusto a 

Trieste, a conclusione degli studi presso i seminari di Capodistria e 

Gorizia. Attualmente presta ancora la sua opera nella chiesa di Sant’Antonio 

Vecchio di Trieste. 

A don Piero, anche a nome degli isolani che tante volte lo hanno 

visto presente alle nostre manifestazioni, i miei più sinceri auguri 

per il suo proficuo apostolato. 

Mario Depase 

Il 6 dicembre 2003 

Luigia Degrassi Ciach, 

ultima delle cinque sorelle calfa, 

attorniata dai cinque figli, nipoti, 

pronipoti e parenti ha festeggiato 

il suo 97° compleanno. Gode di ottima 

salute, alloggiata alla casa di 

riposo “Cinque Stelle’’ di via 

Torrebianca 8, struttura amministrata 

dalla famiglia Lessi, originaria 

di Cittanova, dove nonna Luigia 

si era trasferita dopo il matrimonio 

e sino all’esodo a Trieste. 

È bello festeggiare il proprio 94° compleanno assieme alla figlia, che 

ha festeggiato il suo 70°, attorniate dai parenti che augurano loro 

ancora tanti anni di salute e felicità. Nella foto, 

Anita Bembich ved. Depase 

con la figlia Giusy Depase Agnoletto (Ucci d’Arsenio). 

La mamma Giustina fa i suoi migliori auguri a 

Rodolfo Bettoso 

(nella foto, a Sappada nel 1960) per i suoi sessant’anni il giorno 15 

giugno. Si uniscono la moglie Rossana, i figli Sabina e Sandro, i 

nipoti, il fratello Stelio con la famiglia e i parenti tutti. 

Il 15 maggio 1954 a Isola si univano 

in matrimonio 

Maria Colomban 

e Mario Bessi 

A cinquant’anni da quel lieto 

giorno, tantissimi auguri dalle 

figlie Mirella e Giuliana con i 

generi Claudio e Nevio, dai nipoti 

Piero, Maura, Roberta, Alessandro 

con Chiara, Francesca con 

Andrea, Luca con Michela, dalla 

pronipote Valentina, dai fratelli 

Nella con Remigio, Bruno e Maria 

e dai parenti tutti.


21 

Il 24 febbraio 2004 la famiglia di Luigi Dandri è 

stata allietata dalla nascita del piccolo 

Reid Wesley Border 

La foto testimonia la presenza di quattro generazioni 

di sangue isolano a Winnipeg, in Canada: la bisnonna 

Bruna, la nonna Maria Assunta, la mamma 

Sabina e naturalmente “Lui’’. 

Tantissime felicitazioni dagli zii Gianna e Alfredo 

Bussani. 

Lo scorso 10 marzo ha compiuto 90 anni 

Nonna Antonietta Dandri Goina 

festeggiata dalle figlie Mariucci, Gianna e Iliana con le rispettive famiglie. 

Gli auguri più affettuosi di tanti anni ancora da trascorrere in salute e serenità da tutti i 

familiari, riuniti numerosi nella lieta ricorrenza. 

I nonni Lucio e Veleda Degrassi (fritola) si rallegrano 

per la nascita della piccola 

Silvia 

(7 dicembre 2003), nella foto con il fratellino 

Riccardo e i genitori Romina e Davide. 

A tutti congratulazioni vivissime, e per Silvia 

e Riccardo un sereno e gioioso avvenire. 

Il 25 aprile 1954 a Trieste mons. Dagri univa in matrimonio 

nella Cattedrale di San Giusto 

Bianca Benvenuti e Libero Giani 

Nel 50° anniversario i figli, i nipoti e tutti i parenti augurano 

loro ancora tanti anni felici. 

AVVENIMENTI LIETI

AVVENIMENTI LIETI 

22 

I bisnonni Mario Bologna e Giuseppina 

Lugnani con il piccolo 

Riccardo 

appena nato il 25 marzo 2004. Ai 

felici bisnonni, ai nonni Silvio e 

Vanna Bologna e ai genitori Marco 

Veschi e Monica Bologna gli auguri 

più cari. Al piccolo Riccardo, 

lunga vita serena e felice. 

Si uniscono agli auguri i parenti 

tutti. 


Il 7 marzo 2004, in un noto ristorante del Carso, 

Renata e Diego Bressan 

hanno festeggiato il loro 40° anniversario di matrimonio, attorniati 

dai figli Fabio con Laura e Fabrizio con Raffaella e Giada, dagli 

amici di sempre, i signori Fulvio, e dai consuoceri Giorgina e 

Umberto Parma. Nell’occasione, Renata ha voluto declamare ai 

presenti alcuni suoi versi: 

Volevo far ‘na poesia 

per racontarve la vita mia. 

Fioi, marì, nipote, amici sinceri: 

gò avudo tanti affetti veri. 

Ma no’ xè parole, no xè emozioni 

per racontarve tutti ‘sti doni. 

Adesso, ecome qua 

con l’ultimo sogno che xe arivà. 

Ma voleria, si, col vostro permesso 

ringraziar Dio de tanto successo. 

Il 1° dicembre 2003 a Brisbane, in Australia, è nato 

Michael 

Con tanta gioia lo annunciano a parenti ed amici in Australia e in Italia i 

genitori Roberto e Karen e la nonna Anna Maria Castro in D’Addario, che 

augurano a Michael una vita serena e piena di gioia. 

Il 25 aprile 2004, nella parrocchia di 

San Pio X. 

Giada Bressan 

ha ricevuto il Sacramento del Battesimo 

attorniata dall'affetto di genitori, 

nonni, parenti ed amici tutti, uniti 

nell'augurare alla piccola Giada una 

vita serena e felice. 

Con la benedizione del vescovo di Trieste 

mons. Ravignani, lo scorso 28 febbraio nel 

Duomo di Muggia hanno festeggiato i 55 

anni di matrimonio 

Annamaria e Bruno Dudine 

attorniati dall’affetto delle figlie Nelita e 

Lucilla, dai generi e dai carissimi nipoti 

Manuela, Michele e Caterina.


23 

UNA PORZION 

DE BACALA’ 

Nei giorni di magro il baccalà 

era il piatto principe delle 

cucine alietane. La sua preparazione 

era scandita da martellate 

accompagnate, spesso e 

volentieri, da esclamazioni tipo 

“Ahi, el me dito!”. La tecnica 

di preparazione consisteva nell’acquistare 

un bel baccalà possibilmente 

della qualità “Ragno” 

poi, cercata una robusta 

soca de legno e un martèl, ci si 

metteva fuori della soglia di casa 

incominciando la lavorazione. 

Appoggiando il baccalà sulla 

soca de legno, giù a pestarlo 

con il martello per farlo diventare 

tenero ma, se non si poneva 

la dovuta attenzione, il più 

delle volte anca i diti finivano 

sotto l’arnese ed ecco la famosa 

esclamazione “Ahi, el me dito!” 

La maggior parte dei lettori 

sa che il baccalà e lo stoccafisso 

derivano dallo stesso pesce: 

il merluzzo, appunto. Cambia 

solo la tecnica della preparazione 

e conservazione: il merluzzo 

prende la denominazione di 

baccalà quando è diliscato e 

aperto dalla parte del ventre 

mentre prende il nome di stoccafisso 

quando, dopo sventrato 

e pulito, è appeso al sole per 

farlo diventare duro e secco 

come un pezzo di legno. Questo 

per chiarezza, ma ad Alieto 

si chiamava baccalà lo stoccafisso, 

forse per imbrogliare le 

cose o perché era il modo più 

spontaneo per denominarlo. Ad 

ogni buon conto, baccalà o 

stoccafisso o merluzzo, come si 

preparava da noi poteva definirsi 

... afrodisiaco. 

Dopo l’operazione della 

pestatura, si raccoglieva quello 

che rimaneva attorno alla 

soca per almeno due metri quadrati 

e, dopo aver separato la 

polpa dalle schegge di legno, 

dalla giarina e qualche cicca, 

la si immergeva dentro un 

caldaròn pieno di acqua fredda 

lasciando bollire per benino. 

Dopo cotto si scolava e, della 

poltiglia rimasta, si faceva una 

cernita per separare la polpa 

dalle eventuali lische o qualche 

scheggia di legno non vista in 

precedenza. Quello che rimaneva 

andava messo in una terrina 

Alieto e la sua cucina tipica 

a cura di Walter Pohlen 

Settima puntata 

Alla riscoperta dei sapori perduti 

Viaggio attraverso tecie, farsore, pignatini, 

pignate, caldaroni e… arnesi de cusina vari 

aggiungendo oio de oliva, sal, 

‘na masenada de pevare , un 

pugno de pressemolo pestà e dò 

spighi de àio, pestai anca lori. 

Fatto questo, s’impugnava 

un bastone (un manico di scopa 

segato a metà) e ci si dava 

da fare a missiar duta ‘sta polpa 

fino a quando il braccio si 

paralizzava: questo era il segnale 

che il “bacalà mantecà” era 

pronto al consumo. La delizia 

marittima si presentava come 

una crema di colore bianco, liscia, 

vellutata, dall’odore e sapore 

da far rissàr i pei dei brassi. 

Niente di più meraviglioso 

de una porsion de bacalà 

mantecà per la vigilia di Natale. 

Poi, se questo piatto 

prelibato era accompagnato da 

un bel bicchiere di malvasia 

spumeggiante... allora, se vedeva 

anca la stela cometa e i re 

magi. 

CAPUSSI GARBI 

Piatto tipico tradizionale, fu 

importato dagli Uni assieme 

agli altri diventando presto piatto 

unico o minestra de piròn.I 

capussi garbi non devono mai 

mancare sulle tavole della festa, 

sia quella pagana o religiosa. 

Infatti i nostri “veci” avevano 

l’abitudine di dire che se 

in tola no xe un piato de capussi 

no xe gnanca festa. Ed era vero. 

I capussi garbi sono il risultato 

della macerazione in 

aceto (o in vino) del cavolocappuccio 

tagliato in fette sottili. 

Le nonne e le mamme di 

Alieto usavano tecniche diverse 

per prepararli secondo il loro 

umore, la loro dimestichezza 

tra tecie e farsore e... quello che 

si aveva nella dispensa di casa. 

Il modo più semplice è 

quello di scottarli in acqua bollente 

e, una volta pronti e scolati, 

si versano dentro una 

farsora dove già si trova il con- 

dimento, vale a dire oio, pestà 

de lardo, un spigo de àio, tre o 

quatro fete de zivola. Sempre 

mescolando si aggiunge una 

masenada de pevare fresco lasciando 

cuocere per qualche 

ora. Molti preparavano queste 

specialità nella maniera ungherese 

che in pratica consiste nella 

preparazione iniziale de un 

disfrìto de farineta zontando 

una scuciarada de asedo e un 

pugneto de pevare rosso 

ungarese (paprika forte). Dopo 

cotti e prima di servirli vi si 

aggiunge mezo bicèr de late 

garbo par dar el tòco finàl. 

Un altro modo di preparazione 

consiste nel gettare i 

capussi garbi zà strucai de la 

sò acqua dentro un tegame con 

oio e un pestà de lardo fumante 

e ben disfrito e poi, 

missiando duto col cuciar de 

legno, se lassa che i ciapi el 

color dell’oro vecio, squasi 

scuro versandoghe sora ogni 

tanto brodo o acqua bolente. Se 

lassa consumar disfrizendo fina 

quando l’aquolina no stà par 

sofegarve. 

Altre preparazioni si approntano 

aggiungendo carni di 

maiale, luganighe, costine che 

sprigionano un sapore “mille e 

una notte”. Queste aggiunte 

sono fatte nei pranzi di una certa 

importanza e molte volte serviti 

come piatto unico. 

Si può affermare che un 

piato de capussi garbi ze proprio 

un piato de signori ma 

quelli che lo gustavano di più 

erano i poveri perché gli 

altolocati (come diceva mia 

nonna) se imagna capussi garbi 

i storsi el naso. Povereti, sè 

vedi che i no capissi niente! 

RIBALTA VAPORI 

Persone bene informate 

asserivano che il 

mitico “Rex” fu affon- 

dato causa uno scontro con un 

branco di pesciolini del nome 

scientifico “latterino giralgiral” 

oppure, nel nostro dialetto: 

“girai”. 

Da allora la fantasia popolare 

battezza questo piccolo essere 

marino con l’altisonante 

nome di “ribalta vapori”. A parte 

questa diceria non meglio 

confermata, i “ribaltavapori” 

sono comunemente consumati 

in frittura, meglio se accompagnati 

da do fete de polenta cotta 

sui serci del spagher. 

Nelle osterie (come nelle 

case) si accompagnavano con 

bottiglie di malvasia quando 

l’occasione permetteva un 

“rebechin” di un certo pregio. 

Quando si decideva di fare una 

magnada de ribaltavapori, alle 

donne di casa prendeva un colpo 

al solo pensiero della grande 

quantità che occorreva per 

sassiar duti quei ‘famai mai 

sassi. Il più delle volte, per una 

normale famiglia di quattro o 

sei persone, non bastava un 

mastela parché el buiòl iera 

picio. Ma come tutti sapevano, 

i ribalta-vapori va magnai 

‘pena ciapai, sensa netarli e 

come che i xe, duto compreso. 

Il solo essere vivente che saltava 

il pasto era il gatto dato che 

rimaneva senza lische e teste. 

La cottura non richiede 

esperienza culinaria nè grande 

attenzione: basta avere della 

farina bianca par sbianchisarli, 

una farsora piena de oio e tanta 

pasiensa per frizerli. Dopo 

un paio di minuti, si prelevano 

dal bagno d’olio facendoli scolare 

sopra la solita carta 

sugante e, spolverai de sal si 

servono caldissimi. 

Una bottiglia di quello buono, 

possibilmente bianco e nostrano, 

una terineta de radiceto 

de primo taio ben condì e un 

piatto stracolmo di ribalta-vapori 

può concludere una serata 

in allegria.



Fiori, frutti ed erbe officinali dell’Istria 

a cura di Giusy Depase 

ASPARAGO (SPARISO) 

(sparagus officinalis) 

E’ una pianta erbacea vivace fornita di un corto rizoma sotterraneo 

e di radici ingrossato-carnose; dal rizoma, in primavera, 

sorgono i giovani germogli, detti turioni, cioè gli 

asparagi commestibili. I turioni che ne vengono raccolti 

si sviluppano in fusti molto ramificati alti anche 

fino a 1,5 metri. 

DOVE SI TROVA: E’ normalmente coltivato per 

la produzione dei turioni, e talvolta si può trovare 

allo stato spontaneo nelle zone marine dell’Adriatico, 

dal Veneto alla Puglia, e del Tirreno nel Lazio 

e nella Campania. 

QUANDO SI RACCOGLIE: Le radici si raccolgono 

quando la pianta è in riposo, cioè in 

autunno e in primavera. Si rimuove la terra intorno 

alla pianta fino a giungere alle radici e se 

ne recidono alcune con un coltello, eseguendo 

un taglio netto. E’ bene non raccogliere più di 

un quarto delle radici in modo che la pianta 

possa continuare a vegetare. Le radici raccolte 

si lavano per eliminare la terra, si tagliano 

in pezzi lunghi 5 cm. e si spaccano 

in due per il lungo. 

COME SI CONSERVA. Le radici si 

essiccano al sole rimuovendole spesso. Si 

conservano in recipienti di vetro al riparo dall’umidità. 

PROPRIETA’: diuretiche, depurative, dimagranti. 

PRINCIPI ATTIVI: amminoacidi, vitamina C, sali organici vari. 

Questa pianta ci offre la deliziosa verdura primaverile e le virtù 

ASSENZIO DI MARE (SANTONEGO) 

(artemisia maritima) 

Questa graziosa pianta, leggermente glauca e ricoperta di peluria 

bianca, è fortemente aromatica e presenta in autunno fiori giallobruni, 

riuniti in capolini su un solo lato dei rami leggermente 

inclinati, che formano grappoli poco densi. 

DOVE SI TROVA: Cresce in Italia lungo le coste marine mediterranee, 

in terreni anche salmastri e acquitrinosi; non supera i 

30-40 cm., è perenne con foglie corte , ceppo gracile, legnoso, 

con sapore amaro, canforato. 

QUANDO SI RACCOGLIE: Si raccolgono le sommità fiorite 

nei mesi di luglio-agosto, all’inizio della fioritura, quando sono 

più ricche di principi attivi. 

COME SI CONSERVA. Le sommità fiorite si essiccano in strati 

sottili oppure riunendole in mazzetti. Le operazioni vanno eseguite 

all’ombra o in locale ben arieggiato, sempre al riparo dal 

sole. Si conservano in sacchetti di tela. 

PROPRIETA’: vermifugo, vulnerario 

PRINCIPI ATTIVI: santonina, sali minerali, colina, sostanze 

amare. 

L’assenzio è una pianta molto comune, usata da tempo immemorabile 

per le sue caratteristiche vermifughe, per combattere gli ascaridi e 

gli ossiuri. Il contenuto di santonina dà questa proprietà alla pianta. 

salutari delle sue radici. Le proprietà dell’asparago sono eminentemente 

diuretiche : è utile quindi per tutti quei disturbi in cui la 

ritenzione di acqua nell’organismo provoca scompensi. Le radici 

dell’asparago giovano ai malati di cuore, per eliminare l’acqua 

che ristagna nei tessuti per mancanza di un vigoroso circolo 

cardiaco, agli idropici e agli obesi. Le preparazioni a base 

di asparago sono tuttavia sconsigliabili a chi soffre di 

infiammazioni renali. 

Per tornare al campo alimentare, e sotto le condizioni 

precedentemente esposte, già un uso regolare dei germogli 

nelle preparazioni culinarie esercita una blanda 

ma sensibile azione diuretica. 

USO INTERNO: le radici. Per aumentare la 

diuresi. 

DECOTTO: 4 grammi in 100 ml. di acqua. Duetre 

tazze al giorno lontano dai pasti (non aggiungere 

zucchero). 

Come diuretico e aperitivo. 

TINTURA: 20 grammi in 100 ml. di alcool di 20° (a 

macero per venti giorni), un cucchiaio prima dei pasti. 

LO SCIROPPO DELLE CINQUE RADICI - Il famoso 

sciroppo diuretico delle cinque radici, tanto 

usato un tempo, aveva questa composizione: 100 

grammi di radici di asparago, 100 grammi di radici 

di finocchio, 100 grammi di radici di prezzemolo, 100 

grammi di radici di sedano selvatico, 100 di rusco, con 

3 litri di acqua distillata bollente e 2 kg. di zucchero. 

Mettere nella metà di acqua bollente le radici contuse e pestate e 

lasciare in infusione a caldo agitando ogni tanto. Passare per 

tela e aggiungere lo zucchero al liquido limpido, a caldo. Bollire 

alcuni minuti e conservare, dopo la filtrazione per tela, al fresco. 

E’ consigliabile evitare la somministrazione di preparati ottenuti 

con questa pianta ai bambini, mentre è assolutamente inoffensiva 

per uso esterno. 

USO INTERNO: a Isola si usava una manciata di santònego per 

aromatizzare le fritole, molto gradite dai bambini (ma anche dagli 

adulti), anche per il suo buon aroma. E così si somministrava 

anche la dose vulneraria e vermifuga.


25 

quarta sera 

- Darghe sempre la colpa ai zoveni fa parte 

dela mentalità dei veci par ‘iutarse a tignir a 

fren la pression. 

- Giusto. Ma mi digo che l’età no gà 

importansa a meno che, tì, no te sia un formaio 

o un vin. 

- Bele parole, ma recordè che a otanta ani 

se ga imparà squasi duto... el dificile xè ricordarlo! 

- Mì, par esser sicuro de esser ancora in 

‘stò mondo, al matìn ‘pena me sveio legio el 

Dò ciacole 

fora dala 

porta 

giornal... e se no’ son sui necrologi, me also e vado a togna. 

- Te ga proprio ragion, el giornal disi le robe solo dopo che le 

xè capitade. 

- La sfiga dei giorni nostri xe che el futuro no xè più quel che 

gavevimo ‘na volta. 

- Proprio cussì! 

- Gaver ragion xe niente sensa l’aiuto de un paiòn pien de 

schei, e la roba più bela del futuro xe che ‘l riva un giorno par 

volta... e cussì gavèmo tempo de far esperiensa. 

- L’esperiensa xe ‘na scuola dove ‘n omo impara quanto a xe 

stà mona nela vita. 

- Eh, sì, ma ‘scoltè... nò sentì anca vù? Stasera el silensio se ga 

messo le papusse e anca al paese a par un sogno... Nù e ‘l silensio, 

gnente altro... Anca la nostra vita xe stada cussì, da tanto a gnente... 

da tropa felicità a tropo dolor... da tropa confusion a tropo silensio. 

‘Ste sere calde par che le se sburti, giorno drio giorno, par ‘rivar 

prima a la fine del’istà... le passa come ‘na caressa dentro l’anima 

e cussì via fin a la fin de l’ano. Intorno de noi gavemo solo un 

corpo pien de àni parchè, savèmo ben, quando torna el Nadal e 

l’àno vecio va via... eco i ricordi che torna indrio portandone el 

nostro passà, ricordi de gente che ne gà volù ben, sia quei che 

gavemo vissìn sia quei che xe lontàn... sia quei che ne ga lassà... 

ma, par nù, i xe sempre drento al cuor... quanti ricordi... 

- Co’ ‘ste parole te me fassi ricordar me mama... me par de 

vèderla quando la ‘caressava ‘na scatolina lustra come un specio 

che, sul covercio, gavèva scrito “Souvenir de Venezia”. La iera 

de làta dura, col bordìn lavorà... e drento ghe iera un spetacolo: 

dei rochèi colorai come l’arcobalen, un ditàl che’l pareva de oro, 

un par de forbicine, qualche botòn de madreperla, ‘na cordisela 

tricolor, un metro rodolà coi numeri sbiadidi, un cuor de strassa 

rossa coi ricami a l’uncineto, un par de bilièti del vaporeto de 

Venesia... ricordi... 

- Ricordi... souvenir... regali... niente pol duràr, niente. Mi me 

ricordo de quando l’acqua de l’aguèr, vignindo zò de Canola, la 

sbrissava sule pière come volerle ‘caressar. Me gò sempre 

domandà se ‘stà acqua, quando la vedeva la luce, la iera contenta, 

alegra, piena de vita e sentimento. E quando da lassù, tra cel e 

tera, ‘sta lagrima ‘pena nata drento ‘na nuvola in quel meraviglioso 

celeste , squasi incantada, coi oci spalancai come un fio 

picio, cascando sula tera, la credeva de trovàr solo robe bele e 

bone. Quando la bagnava i pasteni e la scominciava a vignir zò 

dal monte, rasendo le coròne e ‘caressando le primule, la sbrissava 

fin tal mar come la gavessi volù trovar chissà cossa. Povera creatura, 

la su’ puressa, la su’ bontà e duto el ben che la portava drento al 

cuor e l’anima, xe andai col tempo invelenindose e ogi, quando 

la bevemo la sà de cloro, la spussa de marso e se no’ stemo ‘tenti, 

la ne fa vegnir anca la diarrea...bei regali ghe gavemo fato, la 

gavemo invelenida col nostro progresso e anca l’aria, ‘desso, ghe 

sta andando drio... me iero inamorà de quel’acqua fresca parchè 

savevo che anca i spini, le graie, el muscio, quando i sentiva 

a cura di 

Walter Pohlen 

in mente mè nona quando la contava storie dei 

tempi antichi. 

- Mi me ricordo mè mama quando d’inverno, 

dopo gaverme meso soto al paion, la contava 

sempre ‘ sta storièla prima de darme la bonanote: 

“Le sere de inverno le xe più calde quando, soto 

ai ‘ninsioi, i stramassi de foie par dei nidi e i 

batiti del cuor, come tamburi lontani, fa de spia 

ala vita. ‘Scolta, picio mio, el silensio a involtissa 

le case sbrissando sule stradele bagnade, e a va 

torsolando in giro spetando el matin par darte 

el bongiorno.” 

- Ricordi... ricordi... ‘sti giorni còri via come 

i fioi quando i xe strachi de sogàr, duti precisi, 

sfinidi, i par sarmenti che se perdi tal vento che riva dal mar... Un 

vento de buriana che strassina la nostra vecia barca lontan, sensa 

speransa de tornar indrio par andar sul scoio a far cavarii longhi e 

a darse schissade de acqua de mar... 

- La speransa? E cossa xe la speransa? No xe altro che ‘na 

candela che brusa pian e prima o dopo la finissi, lassandote tal 

scuro. La speransa? No xe altro che un sogno che dura ‘na note e 

col primo ciaro del matin al finissi lassandote la mente svoda e la 

boca amara. 

- Si, credemo duti che la speransa la duri par sempre, ma se 

solo una fiama che mori o ‘na luce che risussita... par studarse 

poco dopo. 

- Oh fioi... cossa gavè stasera, se’ diventai oratori de prima 

scelta o gavè leto qualche libro de cultura? Sù co’ la vita, no gavè 

altro de dir che roba nostalgica? 

- Mi, dopo ‘sta ciacolada, voi ‘ndar in leto a dormir e nò a 

girarme duta la note ‘tai ninsioi... forsa... contemo qualcossa de 

alègro, sinò digo bonanote e ve saludo... 

- Giusto, gavè ragion. Vardemo de ciapar fresco sensa farse 

vignir gropi de nostalgia... 

- Bon... alora, par svagarse, no resta altro che far un viageto... 

- Un viagèto a ‘sta ora... te son mona? 

- Intendo dir un viagèto co’ la fantasia, testòn! 

- Te ga anca fantasia? 

- E cossa te intendi dir co’ questo? 

- Niente, niente. Bon, bon, alora conta... 

- ‘Na volta ogni tanto, un viageto saria bel farlo, un viageto o 

‘na vacansa, fassè vù, fussi solo par imparar qualcossa... 

- No te mando a remengo parché te son me’ amico ma, in 

malora, questo sì! 

- Dai, ciapalo come un scherso, anca se, de qualche lession te 

gavessi proprio bisogno. 

- Dai fioi, finila de far i mone e ‘ndemo ‘vanti co’ ‘sto viagio. 

- Però, i viagi e le vacanse i meti su un tal remitur... 

- El remitur bisogna farlo, ma co’ l’intendimento de scordarse 

de duto e de duti, completamente... de stacar la spina, eco... 

- Mi, ‘na volta, go fato ‘na vacansa e dato che son fortunà 

come el can in ciesa, co’ son ‘rivà in tal posto, go ciapà un temporal 

coi fiochi: lampava, tonàva, saete da dute le parte, tempesta grossa 

come ovi de dindio... 

- I dìndi no’ fa ovi, casomai se le dindie che li fà... 

- Iera solo un modo de dir... 

- Par contar storie bisogna esser precisi altrimenti no se capissi 

niente. 

- Ti, anca se le storie le xe dite coi punti e virgola, no’ te capissi 

niente listesso. 

- Gò capì: ‘Note, fioi, xe ora de ‘ndar a paion. 

- Si, ‘ndemo. A diman de sera. 

- ‘Note! 

ciacolar quel picio aguèr, i ghe voleva ben. La me fasseva vignir (4. continua)



L’angolo dei ricordi 

Isola, primi anni ’50 in Vier. La prima a sinistra è Amalia 

Don con in braccio la figlia Fulvia. 

Ricordo di Fabio 

27 maggio 1996, e come dice Fabio nella sua poesia 

“Addio” 

uno squillo di telefono 

due tocchi di campana 

sono bastati 

per non vederti più! 

Mi è stato chiesto un ricordo, ma di te e della tua breve vita, 

tante cose sono state dette, tanti ricordi sono stati evocati! 

Fra i tanti ricordi ne ho uno che spesso ricorre nella mia mente 

ogni qualvolta mi capita di vedere un neonato: “nessuno è bello 

come Fabio!” 

Era l’anno della mia maturità e non avendo più impegni di studio 

ero venuta a Trieste per dare una mano in famiglia in occasione 

della tua nascita. Non dimenticherò mai quel momento in ospedale 

quando per la prima volta ti vidi: eri nato da poche ore, ma 

eri bellissimo, sembravi finto: non riuscivo a staccare lo sguardo 

da quel faccino, da quegli occhi profondi che già pareva seguissero 

tutto ciò che ti accadeva intorno. Quegli occhi che volevano 

vedere questo mondo che troppo presto avresti lasciato. 

In tanti ti abbiamo amato e finché il tuo cuore palpiterà ancora 

nei nostri cuori, sarai sempre presente e vivo fra noi. 

Tua cugina Rossana 

Nell’ottavo anniversario della perdita del nostro caro Fabio, 

lo ricordano con tanto amore la mamma Pia, il papà Emilio e 

la sorella Donatella. 

Giovanni Dudine e Libera Zanon in Dudine. 

Cara mamma e caro papà, spero tanto che ora siate di nuovo insieme 

e felici. 

Vostra figlia Franca e vostro nipote Fabio che vi ricordano sempre.


27 

Cogoleto (Genova), 17 

gennaio 2004 – Mario 

Vascotto (saco) fra i portatori 

del Cristo nella 

processione in onore di 

Sant’Antonio Abate, patrono 

del paese. Mario, 

ricordando le processioni 

del nostro passato ad 

Isola, nella sua parrocchia 

di Cogoleto è aggregato 

alla Confraternita 

di San Lorenzo. 

La magnificenza del pane 

Pane, 

dall’uomo sei il primo inventato, 

popoli interi tu hai sfamato, 

moneta di scambio sei stato nel passato. 

Pane, 

nelle guerre e carestie eri la sopravvivenza 

l’uomo ruba e uccide, se ne rimane senza 

adesca il pesce, celato dalla lenza. 

Pane, 

pane e acqua, in un remoto passato 

era l’unico cibo del condannato, 

ristoro del viandante e del disperato. 

Pane, 

quante cose, con esso si possono preparare 

torte, focacce, ciambelle, è possibile ricreare, 

così avanzi e spezzoni ritornano a magnificare. 

Pane, 

sulla tavola sei il completamento, 

meglio dei fiori sei come ornamento 

e ti accompagni a qualunque alimento. 

Pane, 

che adorni, dal negozio, ogni vetrina 

che profumi d’intorno di prima mattina 

con mille nomi è sfornato, dallo sfilatino alla tartina. 

Pane, 

se lo offri, ti senti contento 

se ti manca, è un vero tormento 

se lo vedi sprecare, ti senti sgomento. 

Pane, 

che integrale o raffinato 

sei il più bel sformato 

che l’uomo, nei millenni, si sia tramandato. 

Il pane è un elemento essenziale e pieno di significati nella nostra 

vita e nella nostra religione: lo troviamo sempre, nella S.Messa come 

nelle preghiere. E con questa mia poesia sul pane non sono più lo 

scanzonato cantastorie in vena di umorismo, ma di una serietà dettata 

dal ricordo di quando, durante la guerra, ho sofferto la fame. 

Emilio Prata 

Milano 1987 

Isola d’Istria, 1929 – Nella vecchia 

scuola in Piazza, ultimi giorni di 

lezione della classe ottava femminile 

(corrispondente all’attuale 

terza media) con le alunne in divisa 

da “giovani italiane”. L’insegnante 

è Giuseppina Casali, in 

piedi sotto la carta geografica. 

Da sinistra, in primo banco: 

Alice Lorenzutti, Evelina 

Costanzo, Giannina Moscolin e 

Giannina Degrassi. In secondo 

banco: G. Delise, Anna Dagri, 

Bruna Pozzetto e Vinicia Urbani. 

In terzo banco Antonia 

Musizza, Rina Felluga, Lidia 

Carpenetti e, dietro, Vanda Deste. 

In piedi Nerina Deste e Pina 

Belli. Alla macchina da scrivere 

Erminia ??. 

(foto di Evelina Costanzo)



Da quando mi sono trasferita a Roma, abbiamo avuto 

poche occasioni per vederci e sentirci, ma sappi che ti 

ricordo sempre con tanto, tanto affetto. Chissà se ti 

ricordi anche di questi amici con i quali ti sei fatto 

ritrarre? 

Un forte abbraccio, caro zio. Tua nipote Cristiana 

El capitel 

Su una strada de campagna 

duta impolverada, 

un vecio capitel col vetro roto, 

dentro 

una Madona un po’ sbiadida 

col mantel ‘dorà dal sol 

che cala. 

Vizin, una zigala 

finissi de cantar 

preparandose a dormir. 

In ciel, svolazar de useleti, 

un gran cinguetar de riciamo, 

po’ duti insieme su un ramo 

a passar la note. 

Nel vecio capitel 

la Madona la me par smarida 

de restar sola in quela sera, 

ormai scura, 

de una giornada quasi finida. 

Alora mi me fermo, 

ciogo un fior de rovo 

e ghe lo poso vizin 

e con un fulminante impizo un lumin 

mezo consumà. 

Decido così de farghe compagnia, 

e forse la ridi pian contenta 

a la luce del lumin 

co ghe comincio a parlar ... 

... Ave Maria ... 

Mario Costanzo 

L’angolo dei ricordi 

Ciao, caro Gino “barzula”! 

Guardando tra le vecchie carte, ho trovato 

questa foto che ti ritrae al lavoro sul transatlantico 

“Andrea Doria”. Sperando di farti 

cosa gradita, colgo l’occasione per salutarti 

e abbracciarti. 

Tua sorella Gisella 

Legio sempre volentieri Isola Nostra cole storie dei veci e non, piene de ricordi e nostalgia 

de Isola e dela loro tera. Anca mi ghe ne varia de contar tante, anca se co’ iero fio mi le 

contrade gaveva cambiado nome. Sì, parché mi son nato nel 1954 e i tempi cambiava a 

duta forsa. 

Abitavo in via Gortan 2 (ex via Gambini, credo), al primo portòn dela contrada che 

portava in Vièr (la porta prima me ricordo che iera una paneteria), e stavo là con mama 

e i noni. Quando mia nona xe morta semo vignudi via, iera l’otobre del 1970. Ancora 

‘desso a volte me domando el parché i me ga portado via de casa mia. Posso dir una 

roba? Co’ de fio stavo là e tornavo a casa de scola, dai zoghi o indiferente da dove, iero 

e me sentivo a casa... bon, quela impresion no’ la go avuda mai più! 

Visto che nei giorni passadi gavemo ‘vudo piova, me iero ricordà de un zogo che se 

faseva in contrada d’estate co’ la vegniva che Dio la mandava, a mastele diseva me 

nona Ana. La vegniva sò dal Domo par le contrade e sui lastroni in meso ala via: pareva 

un grando aguèr fin in riva ale Porte e dopo in mar. Alora noi in compagnia fasevimo le 

barchète de carta e le metevimo in meso a ‘sto “fiume”, e via dopo a corerghe drio 

discalsi, sercando de ‘iutar la propria barca a no’ ribaltarse o no’ farla finir in qualche 

tombin. Vinseva el paron de quela che ‘rivava più lontan! 

Iera altri tempi e altri gioghi, ma a noi ne bastava poco. A me’ nona Ana inveze no’ ghe 

bastava le mie scuse co’ tornavo in portòn e discalso corevo sù pe’ le scale coi pìe bagnai! 

Sandro Carpenetti 

(fio de Anita la rossa, e nevòdo de Ana e Bepi batistìn) 

Primule 

Tal’aria le spandi un alito de primavera, 

intiepidindo el giorno del mese de april. 

Tal’argine del’aguer, su l’erba fresca, 

un fio slunga ‘na man sfiorando la primula. 

“Sgrafa pian quela tèra, picio mio, 

e ciòr quel delicato fior fintanto che’l sol 

soridi sul matin 

dela tua giovinessa. 

Walter Pohlen


29 

Malvino 

Stolfa 

n. 1.4.1910 

Ha lasciato un grande vuoto 

nei nostri cuori. Lo 

annunciano la moglie Dorina, 

le figlie e i parenti tutti. 

Ringraziamo di cuore tutti 

coloro che ci sono stati vicini. 

Giuseppina 

Colomban 

ved. Degrassi 

n. 17.11.1912 

La ricorderanno sempre la figlia 

Laura con il marito Bruno, i 

nipoti Dario con Marina e 

Dorina con Roberto, i nipotini 

Livia, Umberto e Claudia, i 

cognati Adalgerio e Albino e 

tutti i parenti che le vollero bene. 

Maria 

(Mariucci) 

Drioli 

ved. Vascotto 

n. 28.6.1915 

Alceo 

Vascotto 

n. 7.4.1910 

m. 20.12.1960 

QUELLI CHE CI HANNO LASCIATO 

Il 10 marzo 2004 si è spento 

serenamente 

Il 19 febbraio ci ha lasciato la 

nostra cara 

Il 15 gennaio 2004 ha raggiunto 

il marito Alceo 

Le figlie Anna Maria e Maria 

Giovanna, assieme a Fedora, 

vogliono ricordarli uniti. 

Il 20 marzo 2004 ci ha lasciato 

il nostro caro 

Romildo 

Pugliese 

(bonassa) 

n. 7.7.1914 

Nell'annunciarne la scomparsa, 

lo ricordano con affetto la moglie 

Vittoria, i figli Dorina con Pino 

e Eddy con Ida, i nipoti Sabrina, 

Manuel, Marco e Christian e la 

sorella Nerina. 

L'11 gennaio 2004 a Monfalcone 

ci ha lasciato 

Anna 

Degrassi 

ved. Davanzo 

n. 14.1.1919 

Ricordandola caramente, lo 

annunciano i fratelli Adalgerio 

e Albino assieme alle cognate 

Nives e Bruna, ai nipoti e ai 

parenti tutti. 

Lo scorso 28 dicembre ci ha 

lasciato la nostra adorata 

Alessandra 

Civran 

n. 2.4.1956 

Con immenso dolore lo 

annunciano i genitori Mariucci 

e Nino, il fratello Walter con 

Elena, il marito, i figli, i nipoti e 

i parenti tutti. 

Il 20 dicembre 2004 negli Stati 

Uniti ci ha lasciato 

Fedilia 

Cecconi 

in Degrassi 

n. 24.3.1927 

Il marito Zilio insieme ai 

familiari ricorda con rimpianto 

la cara Fedilia, compagna nella 

vita per oltre 57 anni. 

Improvvisamente, il giorno 

2 aprile ci ha lasciato 

la nostra cara 

Ada 

Zaro 

Bressan 

n. 21.1.1921 

Nella triste circostanza, la 

ricordano con rimpianto il figlio 

Gianni con la moglie Armida e 

il nipote Alessandro. 

Il 15 dicembre 2003 è mancato 

il nostro caro 

Oliviero 

Deste 

n. 7.12.1921 

Lo annunciano e lo ricordano a 

quanti lo conobbero la moglie 

Nerina e i figli Paolo e Roberto 

con Viviana e tutti i parenti. 

Negli Stati Uniti il 16 marzo 

ci ha lasciato 

Oliviero 

Degrassi 

n. 1.9.1914 

Con rimpianto, lo annunciano a 

quanti lo hanno conosciuto la 

moglie Maria Degrassi, i figli 

Arianna con John e Giuliano con 

Connie e i nipoti Jenny, Jody e 

Jimmy , il fratello Zilio e la sorella 

Nerina con le rispettive famiglie. 

Da Trieste, con affetto lo 

ricordano i cognati Gina e 

Romildo con Irma unitamente 

a tutti i parenti delle famiglie 

Degrassi e Drioli. 

Mons. Emilio 

Stolfa 

n. 25.7.1875 

m. 9.9.1949 

A tanti anni dalla sua chiamata 

alla Casa del Padre un riconoscente 

ricordo da tutti gli isolani. 

Nell'approssimarsi 

dell'anniversario della scomparsa 

dei nostri carissimi genitori 

Reclus 

Vascotto 

m. 20.7.2000 

Maria 

(Pompea) 

Vascotto 

m. 26.6.2003 

sempre vivi per il nostro cuore 

e sempre amati anche se non 

presenti, li ricordiamo a quanti 

li conobbero, furono loro amici 

e vollero loro bene. Le figlie 

Italia e Marina con le rispettive 

famiglie. 

Isola Nostra, interpretando il 

pensiero degli isolani tutti, si 

unisce nel ricordo dell'indimenticato 

maestro e collaboratore. 

Il 6 aprile 2004 in Canada 

ci ha lasciato l'anima buona 

e generosa di 

Carmela 

Marchesan 

in Vascotto 

n. 15.7.1912 

Con immenso dolore la 

ricordano il marito Mario e le 

figlie Anita e Loredana con i loro 

familiari, nipoti e pronipoti. 

Dall'Italia la ricordano con 

affetto i fratelli Gemma e Bruno 

con le rispettive famiglie, le 

cognate, i nipoti e i parenti tutti. 

Il 29 marzo 2004 ci ha lasciato 

Claudio 

Marin 

n. 2.6.1927 

Lo ricordano con affetto la 

moglie Caterina, le figlie Louise 

e Claudia, il fratello Lucio e i 

parenti tutti.



Nel secondo anniversario 

Mariuccia 

Bologna 

Viene ricordata con immenso 

amore dai fratelli Giacomo e 

Annamaria con i familiari. 

Silvano 

Dagri 

n. 14.10.1922 

m. 21.6.2000 

Nel quarto anniversario della 

Tua scomparsa sei sempre 

ricordato con tanto affetto ed 

immenso rimpianto. La moglie 

Carmela, la figlia Alessandra con 

il marito, i nipoti e i parenti tutti. 

Giovanni 

Bosich 

n. 2.5.1902 

m. 21.8.1976 

Antonia 

Vuk 

Bosich 

n. 17.8.1899 

m. 10.4.1993 

Sono sempre ricordati dalla 

figlia Carmela assieme ai nipoti, 

pronipoti e parenti tutti. 

Cesare 

Dagri 

n. 22.3.1883 

m. 19.5.1959 

Flora 

Dagri 

n. Fantini 

n. 19.5.1896 

m. 11.12.1975 

La nuora Carmela unitamente ai 

nipoti e pronipoti e parenti tutti, 

li ricorda sempre con affetto. 

Nel secondo anniversario 

della scomparsa 

Nella 

Sodomaco 

ved. Foraus 

n. 23.12.1927 

m. 20.5.2002 

È sempre ricordata con 

rimpianto dai figli, dai nipoti e 

dai fratelli con i familiari. 

L'Associazione Isola Nostra e la 

Comunità Isolana ricordano la 

cara Nella con tanto affetto e 

rimpianto. 

Valerio 

Chicco 

m. 18.5.1993 

a New 

Orleans 

(USA) 

Con l'affetto di sempre lo 

ricordano la moglie Redenta, la 

figlia Mariuccia, il genero, i 

cognati e i nipoti. 

Bruno 

Beltrame 

n. 23.2.1929 

m. 25.4.2003 

Lo ricordano sempre con tanto 

rimpianto la moglie Leda, la 

figlia Emanuela con Fabio, i 

fratelli Guido, Anita e Caterina 

con i cognati, nipoti e parenti 

tutti. Una preghiera anche per 

tutti i familiari defunti. 

Vittorio 

Pesaro 

n. 27.1.1906 

m. 25.4.1981 

Maria 

Depase 

Pesaro 

n. 15.8.1906 

m. 24.5.1982 

Sono ricordati con affetto dai 

figli Leda, Licia e Marino 

unitamente ai familiari tutti. 

Margherita 

ved. Zanon 

n. 1887 

m. 1970 

Franca e Fabio ricordano la cara 

nonna Margherita e i suoi figli 

Ita 

Toni 

Libero 

Libera 

e lo zio Francesco 

Pini 

Bacci 

n. 22.4.1923 

m. 20.1.1993 

Anita 

Bacci 

n. Bressan 

n. 14.12.1923 

m. 9.5.1980 

Sono ricordati con immutato 

affetto dal figlio Flavio e da tutti 

i parenti che a loro vollero bene. 

Salvatore 

Menis 

n. 25.12.1912 

m. 18.6.2001 

Nel terzo anniversario della sua 

scomparsa, lo ricordano con 

immenso amore la moglie 

Maria, i figli Bruno e Valerio, la 

nuora Caterina, la nipote 

Raffaella ed i parenti tutti. 

Mario 

Drioli 

n. 25.6.1921 

m. 21.6.1995 

Nel nono anniversario della sua 

scomparsa è sempre ricordato 

con affetto e rimpianto dalla 

moglie Carmela Chicco, dai figli 

Marisa e Roberto con i familiari 

e parenti tutti. 

Violetta 

Degrassi 

n. 13.4.1932 

m. 12.5.2000 

Nel IV anniversario della 

scomparsa la ricordano con 

tanto rimpianto il marito Lucio 

Vascotto, il figlio Mario, la nuora 

Laura, la nipote Isabella e i 


Giuseppe 

Degrassi 

n. 19.3.1902 

m. 3.4.1953 

Maria 

Degrassi 

n. Degrassi 

n. 5.11.1907 

m. 25.4.1951 

A tanti anni dalla loro scomparsa 

li ricordano i figli Ranieri e 

Mariucci, il genero Lucio e 

familiari. 

Carlo 

Vascotto 

n. 21.3.1904 

m. 25.11.1994 

Teresa 

Vascotto 

n. Degrassi 

n. 8.6.1908 

m. 16.5.1985 

Giuseppina 

Degrassi 

n. 28.6.1905 

m. 9.5.1987 

Con tanto affetto e rimpianto 

sono sempre ricordati dai figli e 

nipoti Lucio, Livia e Gianni 

insieme ai familiari.


31 

Lucia 

Depase 

n. 21.12.1911 

m. 11.6.1989 

Sei sempre ricordata dai nipoti 

Piero e Mariuccia con le 

famiglie. 

Remigio 

Carboni 

n. 9.9.1914 

m. 26.6.1990 

Nilde 

Delise 

ved. Carboni 

n. 4.2.1915 

m. 30.5.2001 

Sono ricordati caramente dai 

figli Luigi e Annamaria con le 

rispettive famiglie. 

Carlo 

Bacci 

n. 10.10.1921 

m. 14.3.1967 

Vanda 

Zanon 

Bacci 

n. 23.11.1924 

m. 6.4.1999 

Vi ricordiamo sempre con 

amore. Franca ed Elisabetta. 

Rosa 

(Neverina) 

Braico 

in Carboni 

n. 31.8.1925 

m. 21.6.1996 

A otto anni dalla sua scomparsa, 

la ricordano con tanto affetto e 

rimpianto il marito Fabio, la 

figlia Giuliana, la nipote Barbara 

e i parenti tutti. 

Ing. Ivo 

Contesini 

n. 9.4.1911 

m. 30.9.1977 

a Torino 

Ivonne 

Cantamessa 

ved. Contesini 

n. 21.10.1921 

m. 2.6.2000 

a Torino 

Sono sempre ricordati con 

affetto e nostalgia dalla figlia 

Giuliana e parenti tutti. 

Carlo 

(Nino) 

Cernivani 

n. 13.5.1920 

m. 16.7.2003 

Nel primo anniversario della 

scomparsa lo ricordano sempre 

con affetto la moglie Neverina, 

il figlio Carlo con Nancy e gli 

adorati nipotini, la sorella 

Violetta, la cognata Vanda e tutti 

i familiari. 

Nella circostanza vogliono 

ricordare anche i suoceri 

Giuseppe e Rosalia e il cognato 

Albino. 

Giuseppe 

Cernivani 

n. 2.1.1896 

m. 29.2.1972 

Rosalia 

Iancovich 

Cernivani 

n. 21.2.1898 

m. 21.10.1986 

Albino 

Cernivani 

n. 8.9.1922 

m. 11.3.1958 

ad Anversa 

Giovanni 

Delise 

n. 3.1.1912 

m. 23.1.1990 

Livio 

Delise 

n. 10.6.1937 

m. 5.6.1974 

Li ricordano con affetto la 

moglie e mamma Lisetta con il 

figlio e fratello Marino, i 

familiari e parenti tutti. 

Antonio 

Degrassi 

n. 8.3.1891 

m. 16.7.1964 

Giuseppina 

Degrassi 

n. Bacci 

n. 25.3.1895 

m. 7.3.1985 

Li ricorda affettuosamente il 

figlio Olivo insieme alla nuora 

Lucia, ai nipoti Franco e 

Manuela e ai parenti tutti. 

Giuseppe 

Bonetti 

n. 4.5.1912 

m. 14.3.2003 

Celestina 

Bonetti 

n. 28.5.1914 

m. 12.8.1996 

Ricordandoli sempre con tanto 

affetto, la figlia Mariucci con i 

familiari. 

Nel decimo anniversario della 

scomparsa di 

Gabriele Delise 

lo ricordano con immenso 

affetto la moglie Lida e la figlia. 

Giacomo 

Troian 

m. 15.7.1945 

Gisella 

Bais 

Troian 

m. 15.1.1975 

Angelo 

Troian 

n. 1920 

disperso nel 

1940 

Sono ricordati sempre dal figlio 

e fratello Bruno, dalla nuora e 

cognata Bruna e dai nipoti. 

Bruno Perentin 

Anna Dagri Perentin 

Li ricordano sempre la figlia 

Bruna assieme al genero Bruno 

e ai nipoti. 

Luigi 

Felluga 

n. 11.6.1896 

m. 19.9.1956 

Elena 

Beltrame 

Felluga 

n. 19.4.1895 

m. 1.12.1974 

Li ricordano sempre con affetto 

il figlio Emilio e la nuora Pia. 

Nicola 

Vascotto 

n. 5.3.1963 

m. 20.6.2001 

Sei sempre vicino a noi. I tuoi 

cari.



Antonia 

Vascotto 

in Milloch 

n. 14.10.1921 

m. 6.3.1995 

È sempre ricordata con tanto 

affetto dal marito Giordano e 

dalla figlia Annamaria con il 

marito Riccardo e le nipoti Paola 

e Diana. 

Romualdo 

Beltrame 

n. 21.9.1923 

m. 28.7.1994 

Nel decimo anniversario della 

scomparsa lo ricordano con 

affetto i figli Francesco, Daniele, 

Riccardo e Verdiano, la sorella 

Lucia (da Roma) e i parenti tutti. 

Silvana 

Degrassi 

ved. Beltrame 

n. 19.2.1922 

m. 19.4.1998 

A sei anni dalla scomparsa è 

ricordata con affetto dai figli 

Francesco, Daniele, Riccardo e 

Verdiano, dalla sorella Romilda 

(in Australia) e dai parenti tutti. 

Angelo 

Moro 

n. 12.1.1921 

m. 29.5.1984 

Nel ventesimo anniversario 

della scomparsa è sempre 

ricordato dalla moglie Vilma e 

dalla figlia Edda con Mario e i 

nipoti Debora e Alex. 

Elisabetta 

Pugliese 

ved. Degrassi 

n. 2.7.1896 

m. 15.8.1990 

È sempre ricordata con tanto 

affetto dalla figlia Vilma e dai 

nipoti Edda, Mario, Debora e 

Alex. 

Maria 

(Ucci) 

Vascotto 

in Bernardi 

n. 3.4.1935 

m. 25.2.1993 

Nell'undicesimo anniversario 

della sua scomparsa La 

ricordano il marito Dario, la 

mamma Maria, la sorella 

Miranda, Bruno e i nipoti. 

Maria 

Delise 

ved. Ulcigrai 

m. 26.7.1988 

Pietro 

Ulcigrai 

m. 3.7.1994 

Li ricordano con immutato 

affetto i figli Gino e Alberto con 

le rispettive famiglie, il piccolo 

Francesco e la nipote Ada. 

Lino 

Dudine 

n. 31.8.1899 

m. 25.1.1972 

Lo ricordano sempre con affetto 

il figlio Aldo con la moglie e i 

nipoti. 

Giovanni 

Chicco 

n. 26.1.1895 

m. 5.12.1973 

Romilda 

Degrassi 

in Chicco 

n. 23.9.1900 

m. 20.3.1987 

Sono ricordati caramente dai 

figli Dino, Mario e Silva 

unitamente ai parenti tutti. 

Domenica 

Marchesan 

ved. Ulcigrai 

m. 19.5.1992 

Giovanni 

Ulcigrai 

m. 30.3.1947 

Pieretto 

Ulcigrai 

m. 18.1.1936 

Alcea e Antonella li ricordano 

con affetto. 

Anna 

Stolfich 

n. Zaro 

n. 7.1.1890 

m. 30.5.1978 

Bruno Stolfich 

n. 1922 m. 5.5.1994 

Giacomo Stolfich 

n. 7.2.1888 m. 16.12.1948 

Li ricorda con tanto affetto la 

figlia e sorella Bruna. 

Adelina 

Vascotto 

in Pozzetto 

n. 22.4.1922 

m. 26.1.1990 

Giovanni 

Pozzetto 

n. 11.11.1915 

m. 30.7.1993 

Amatissimi mamma, papà e 

nonni: finchè il nostro cuore e 

la nostra mente saranno vivi, 

vivo sarà il Vostro dolce ricordo. 

Con affetto e rimpianto, i figli 

Gianmario e Dario, la nuora 

Franca, i nipoti Maximiliano, 

Barbara e Marco unitamente ai 


Salvatore 

Perentin 

n. 10.7.1915 

m. 5.5.1987 

Il tempo passa ma Tu sei sempre 

presente nei nostri cuori. Ti 

ricordano con tanto affetto la 

moglie Lida e le figlie Donatella 

e Giuliana con i loro familiari. 

Ferruccio 

Perentin 

n. 18.6.1925 

m. 30.5.2003 

Nel primo anniversario della sua 

scomparsa è ricordato con tanto 

affetto e rimpianto dalla moglie 

Nevia e dai figli Fabio e Luisa 

con i loro familiari. 

Anteo 

Bologna 

n. 2.12.1926 

m. 8.6.1985 

È ricordato con tanto affetto e 

rimpianto dalla moglie Etta, 

dalle figlie Loriana e Antonella, 

dai generi, nipoti e parenti tutti. 

Giovanni 

Chicco 

n. 28.8.1888 

m. 3.1.1987 

Maria 

Chicco 

n. Antonaz 

n. 19.8.1899 

m. 26.3.1975 

Sono ricordati con tanto affetto 

dalle figlie Etta e Libera e dai 

nipoti. 

Lina Bacci 

Giuseppe Vascotto 

Sono sempre ricordati dai figli 

Lucio e Sandro


33 

Giuseppe 

Ragaù 

n. 19.3.1914 

m. 3.5.2001 

Nel terzo anniversario della 

scomparsa lo ricordano 

caramente la moglie Ada, i figli 

Gino, Lucio e Fiorello, il fratello 

Olivo, le nuore, i nipoti, i 

pronipoti e i parenti tutti. 

Anita 

Costanzo 

in Dapas 

n. 30.6.1920 

m. 5.5.2003 

Nel primo anniversario della 

scomparsa, la ricordano sempre 

con tanto affetto il marito Libero 

e il figlio Elvio insieme ai nipoti 

e ai parenti tutti. 

Enrico 

Dapas 

n. 5.10.1901 

m. 21.12.1981 

Angela 

Pozzetto 

in Dapas 

n. 17.6.1908 

m. 22.12.1998 

Enrico 

Degrassi 

n. 1.10.1896 

m. 14.3.1978 

Eufemia 

Degrassi 

n. Dapas 

n. 13.9.1898 

m. 28.7.1983 

Libero ed Elvio Dapas insieme 

a Silvano e Mariucci Degrassi 

ricordano con affetto i loro cari 

defunti. 

Giacinto 

Chicco 

n. 2.12.1920 

m. 7.6.1985 

Lo ricordano con rimpianto la 

moglie Pierina Bologna e i figli 

Dario e Valdi con le famiglie. 

Ernesto 

Bologna 

n. 22.5.1921 

m. 2.2.2000 

Nel 4° anniversario della 

scomparsa lo ricordano sempre 

con rimpianto la moglie 

Carmela, i figli Laura, Loredana 

e Nevio con i generi e la nuora, i 

nipoti e parenti tutti. 

Antonio 

Bologna 

n. 7.5.1901 

m. 24.5.1981 

Carolina 

Roiaz 

n. 17.5.1902 

m. 4.11.1959 


affetto dalle figlie Pierina ed 

Amalia con i familiari e nipoti. 

Lidia 

Bologna 

n. 21.10.1921 

m. 23.8.2001 

Cara Lidia, sei sempre ricordata 

dalle sorelle Pierina e Amalia 

insieme ai nipoti e pronipoti. 

Bruno 

Bologna 

n. 25.10.1928 

m. 13.4.1995 

Ricordandoti sempre, la figlia 

Susanna con Roberto e le nipoti 

Eleonora e Nicole. 

Jolanda 

Delise 

n. Vegliak 

n. 19.5.1920 

m. 2.6.2002 

Sono trascorsi due anni dalla sua 

scomparsa. Sarà sempre 

ricordata dalla sorella Isabella 

con il cognato Pini e la nipote 

Giuliana. 

Giuseppe 

Delise 

n. 6.4.1916 

m. 21.3.1971 

Lo ricordano sempre la cognata 

Isabella, il cognato Pini e la 

nipote Giuliana. 

Gina 

Veglia 

n. 14.5.1933 

m. 15.11.1978 

Virgilio 

Veglia 

n. 15.8.1929 

m. 13.11.1986 

Sono sempre ricordati dalla 

cognata e sorella Isabella, dal 

cognato Pini e nipote Giuliana. 

Mario 

Vegliach 

n. 26.1.1923 

m. 20.2.1995 

È sempre ricordato dalla sorella 

Isabella, dal cognato Pini e dalla 


Giuseppe 

Veglia 

n. 20.3.1927 

m. 10.10.1972 

È sempre ricordato dalla sorella 

Isabella e dal cognato Pini. 

Maria 

Dudine 

n. Chermaz 

n. 15.3.1899 

m. 11.6.1978 

Germano 

Dudine 

n. 14.10.1882 

m. 9.5.1971 


affetto dalla figlia Isabella 

insieme al genero Pini e alla 


Maddalena 

Dudine 

n. Bosich 

n. 13.1.1897 

m. 21.7.1992 

La ricorda sempre con affetto il 

figlio Pini insieme alla nuora 

Isabella e alla nipote Giuliana. 

Maria 

Benedetti 

n. Dudine 

m. 2.10.1977 

Il fratello Pini con Isabella e 

Giuliana ricorda sempre con 

affetto la cara sorella. 

Francesco 

Depase 

n. 27.1.1901 

m. 21.4.1987 

Lo ricordano con tanto affetto 

la moglie Anita, i figli Ucci, 

Romano, Gino e Dario con le 

nuore, il genero e i nipoti. 

Palmira 

Degrassi 

ved. 

Chiaselotti 

n. 18.6.1913 

m. 3.9.1996 

La ricordano sempre con affetto 

e rimpianto il figlio Lucio, i 

nipoti Rossella e Sergio e il 

pronipote Daniele.



Isolina 

Bacci 

ved. Vascotto 

n. 3.5.1911 

m. 19.9.1994 

Sebastiano 

Vascotto 

n. 30.4.1907 

m. 22.2.1963 

I figli Bruna, Livino, Viviana e 

Attilio con i nipoti Laura e 

Cristina li ricordano sempre con 

affetto. 

Giovanna 

Bacci 

ved. Beltrame 

n. 20.3.1899 

m. 5.3.1967 

Francesco 

Beltrame 

n. 5.4.1893 

m. 6.12.1961 

Da Roma, la figlia Lucia con la 

nipote Francesca e i familiari 

ricorda sempre i cari genitori. 

Carmela 

Bacci 

ved. Ulcigrai 

n. 9.3.1913 

m. 9.7.1981 

Mario 

Ulcigrai 

n. 11.11.1909 

m. 3.11.1964 

Li ricordano con affetto i figli 

Mariucci e Gianni con il genero 

Claudio, i nipoti e i parenti tutti. 

Anna 

Bacci 

ved. Felluga 

n. 22.7.1907 

m. 14.10.1993 

Eugenio 

Felluga 

n. 24.2.1907 

m. 28.10.1974 

Sono ricordati dalla figlia Bruna 

insieme al marito Fulvio Aprato 

e ai nipoti. 

Neverina 

Vascotto 

ved. Lanza 

n. 5.12.1918 

m. 15.3.1989 

Virgilio 

Lanza 

n. 7.1.1912 

m. 18.1.1979 

Sono ricordati con affetto dai 

nipoti Bruna, Viviana, Attilio, 

Laura e Cristina. 

Italo Pugliese (dela rica) 

n. 1907 m. 1994 

a Terre Haute (USA) 

Fulvio 

Pugliese 

n. 1943 

m. 1977 

a Burlington 

(Usa) 

Sono ricordati con tanto affetto 

e rimpianto dalla moglie e 

mamma Antonia e dalla figlia e 

sorella Marisa con il marito 

Jimmy e i nipoti tutti. 

Vittoria 

Pugliese 

ved. Degrassi 

n. 26.6.1897 

m. 5.12.1984 

La ricorda sempre il figlio 

Attilio insieme alla nuora 

Viviana e alle nipoti Cristina e 

Laura. 

Giuseppe 

(Mario) 

Degrassi 

n. 23.10.1923 

m. 29.10.1993 

A undici anni dalla scomparsa, 

la moglie Bruna, i fratelli, i 

cognati, le nipoti e i pronipoti lo 

ricordano con immutato affetto. 

Giovanni 

Goina 

n. 30.1.1897 

m. 14.5.1948 

A tanti anni dalla sua scomparsa 

lo ricorda il figlio Nino assieme 

alla moglie Pina, i nipoti e 


Neverina 

Vascotto 

in Colomban 

n. 16.11.1926 

m. 23.5.2001 

A tre anni dalla sua scomparsa, 

con profondo dolore la 

ricordano il marito Silvano con 

le figlie Claudia e Sandra, 

assieme a Gianfranco, Claudio, 

gli adorati nipoti Gabriele, 

Matteo e Marco, i fratelli, i 

cognati e parenti tutti. 

Oliviero 

Degrassi 

n. 30.3.1912 

m. 1.6.1994 

Giovanna 

Moratto 

ved. Degrassi 

n. 3.9.1912 

m. 27.10.2001 

Li ricordano con tanto affetto e 

rimpianto le figlie Bianca e 

Luisa, il genero Lorenzo, i 

nipoti e parenti tutti. 

Almerigo 

Fragiacomo 

m. 4.1.1975 

Caterina 

Fragiacomo 

m. 30.12.1980 

Severino 

Fragiacomo 

m. 9.9.1944 

Sono ricordati dalla cognata e zia 

Ada. 

Giovanni 

(Bruno) 

Fragiacomo 

n. 6.9.1915 

m. 10.5.1974 

È sempre ricordato con tanto 

affetto dalla moglie Ada insieme 

ai figli e parenti tutti. 

Attilio 

Pugliese 

n. 6.7.1910 

m. 26.6.1985 

Lo ricordano sempre con tanto 

affetto la moglie Livia, le figlie 

Mirella e Claudia, i nipoti, la 

sorella, i generi e le cognate. 

Nevio 

Bologna 

n. 9.12.1924 

m. 21.5.1999 

Nel quinto anniversario della 

sua scomparsa lo ricordano con 

tanto affetto e amore la moglie 

Neva con la figlia Marisa e il 

marito Franco, i nipotini Max e 

Francesca, il fratello Remigio e 

le cognate tutte.


35 

Mario 

Dagri 

n. 16.11.1906 

m. 7.5.1984 

Giovanna 

Bembich 

Dagri 

n. 27.12.1907 

m. 17.4.1998 

Maria 

Giraldi 

Dagri 

n. 26.11.1935 

m. 12.5.1996 

Siete sempre nei nostri cuori. 

Livino, Lucio, Grazia, Marino 

e le nipotine Francesca, Angela, 

Bruno, Loretta e i nipoti Daniele 

con Daria, Cristina e Alessia. 

PRO PULLINO 

• Dagli organizzatori della 

Gita della Colomba euro 100 

• In memoria di Malvino Stolfa 

euro 400 dalla cognata Odilla 

Stolfa con i nipoti Nelda 

Vascotto Viezzoli, Franca Turco 

Stolfa, Fabio Stolfa, Claudio 

Gombi con le rispettive famiglie 

• In memoria di Malvino Stolfa 

euro 25 da Milvia Codellia 

• In memoria di Malvino 

Stolfa euro 150 dalla moglie 

Dorina con i familiari 

• Ricordando il nostro 

Malvino Stolfa come esempio 

per i nostri giovani, euro 70 

da Omera Colocci 

• • Il gruppo degli ultrasessantenni 

in occasione del loro annuale incontro 

conviviale euro 50 

• Dai nipoti Vladimiro 

Copettari (Roma), Maria (Latina) 

e Arduino (Verona) euro 

75 in ricordo dello zio Romildo 

Pugliese 

• Da Nelita Pertot euro 25 ricordando 

lo zio Romildo 

Pugliese 

• Da Nerina Pugliese Bordato 

euro 25 ricordando con affetto 

il fratello Romildo 

• Da Loredano Pugliese (Isola) 

euro 25 in memoria dello 

zio Romildo 

PRO ISOLA NOSTRA 

• Dagli organizzatori della 

Gita della Colomba 100 

• Il gruppo degli ultrasessantenni 

in occasione del loro incontro 

conviviale 50 

• Carmela Bossi in Dagri 50 

in ricordo del marito Silvano e 

di tutti i cari defunti 

• Olivo Menis con Romana, 

Sergio e Paolo 10 in memoria 

di Mario Menis (m. 14.6.2001) 

• Carmela Chicco con i figli 

Marisa e Roberto 30 in memoria 

del marito e papà Mario Drioli 

• Maria Zaro ved. Menis 30 in 

memoria del marito Salvatore 

• Livino e Bruno Dagri 100 

in ricordo dei genitori e sorella 

• Giordano Milloch 30 ricordando 

la moglie Antonia 

Vascotto 

• Graziella Bettoso 30 in memoria 

dei genitori Solidea e 

Rodolfo 

• Graziella Bettoso 20 ricordando 

sempre i nonni e gli zii 

• Laura Degrassi Giacomin 

50 in ricordo della mamma Giuseppina 

• Rinalda Colomban 50 in 

memoria di Ettore, Carmela, 

Edvige e Rina Colomban 

• Rinalda Colomban 50 ricordando 

Malvino Stolfa 

• La moglie Dorina insieme ai 

familiari 150 in memoria di 

Malvino Stolfa 

• Famiglia Benvenuti (Genova) 

50 in ricordo del cognato e 

zio Malvino Stolfa 

• Milvia Codellia 25 in memoria 

di Malvino Stolfa 

• Pia ed Emilio Felluga 10 in 

memoria di Malvino Stolfa 


ricordo di Fabio 


memoria dei genitori e suoceri 

• Annamaria Bologna Fabbri 

200 in ricordo dell’amatissima 

sorella Mariuccia 

• Pierina Sorgarello con il 

cugino Sergio 10 ricordando 

con tanto affetto Fabio Felluga 

• Bruno Ficiur 20 

• Pietro Carpenetti 10 

• Albino Troian (Marano 

Lag.re) 50 

Un sentito grazie a... 

• Lucia Dagri 16 

• Bruno Mondo (Bologna) 30 

• Salvina Degrassi (Grado) 

30 in ricordo dei cari defunti 

• Liana Vascotto de Privitellio 

(Verona) 30 in ricordo della 

cugina Etta Bellini e di tutti i 

cari defunti 

• Famiglie Pesaro e Venturini 

100 ricordando con affetto la 

cugina Pina Colomban Degrassi 

• Francesco Beltrame 30 in 

memoria dei genitori Silvana e 

Romualdo 

• Ezzelino Carboni 25 ricordando 

tutti i cari defunti 

• Ester Zanon e Livio Dudine 

50 ricordando i propri cari defunti 

• Cosetta Simonovich 25 in 

ricordo della sorella Angela e 

di tutti i familiari defunti 

• Gianmario Pozzetto 30 ricordando 

i genitori Adelina e 

Giovanni 

• Vilma Beltrame (Fidenza/ 

PR) 50 in memoria del marito 

Livio e di tutti i familiari defunti 

• Bruna Benvenuto 20 

• Lucio e Sandro Vascotto con 

i familiari 50 in memoria del 

papà Giuseppe e della mamma 

Lina Bacci 

• Lucio e Sandro Vascotto 25 

in ricordo di Etta Bellini, 

Filomena Vascotto e Giuseppe 

Novello 

• La zia Antonietta Bologna 

e i cugini Luciana e Lucio 

Vascotto 25 in memoria di 

Mario Sodomaco 

• Aldo Dudine e famiglia 50 

in memoria del papà Lino 

• Elvia Vascotto Venier 15 in 

ricordo dei genitori Maria e 

Carlo 

• Dario Bernardi 20 in memoria 

della moglie Maria (Ucci) 

Vascotto 

• Vilma e Edda Moro 25 in 

memoria del marito e papà Angelo 

e della nonna Elisabetta 

Pugliese 

• Gino Ulcigrai 30 ricordando 

i genitori Maria e Pietro 

• Dorina Delise Troian 25 in 

ricordo dei cari genitori Anna 

e Giovanni 

• Mario Bressan (S.Zeno s.N./ 

BS) 25 

• Le figlie Anna Maria e Ma- 

ria Giovanna assieme a 

Fedora 50 per ricordare i cari 

genitori Alceo Vascotto e Maria 

Drioli 

• Evelina Degrassi Marini 20 

in memoria dei genitori Luigi 

Degrassi e Lucia Depase 

• Nadia Dagri (Prosecco) 30 

• Cristiana Laura Graf 

(Roma) 10 

• Franca Menis (Monza) 30 

in ricordo di mamma e papà 

• Alma Chicco (Grado) 50 in 

ricordo dei genitori Anna e Giovanni, 

dei fratelli Mario e Livio 

e di tutti i cari defunti 

• Luigi Carboni 25 in memoria 

di Italia Vellam Gerin 

• Mirella Raneri (Genova) 15 

• Bruna Stolfich 20 in memoria 

dei genitori Anna e Giacomo 

e del fratello Bruno 

• Bruna Vascotto 40 

• Viviana e Bruna Vascotto 40 

• Bruna Felluga (Monfalcone) 

20 

• Attilio Degrassi 20 in ricordo 

dello zio Italo e del cugino 

Fulvio Pugliese (+ USA) 

• Maria Ulcigrai in Sirotich 

25 

• Alcea Ulcigrai 40 

• Maria Giovannini Arbore 20 

• Olivo Knez (Garibaldi) (Isola) 

50 

• Olivo Degrassi 30 in memoria 

dei genitori Antonio 

Degrassi e Giuseppina Bacci 

• Nerina Colomban 25 

• Antonio Dudine (Isola) 30 

in memoria dei genitori Francesco 

e Fausta 

• Claudio e Liliana Degrassi 

20 in ricordo del fraterno amico 

Livio Vascotto 

• Maria Costanzo 25 ricordando 

i genitori Francesco e Maria 

Goina, le sorelle Alma e Anita 

e il cognato Bruno 

• Giacinto Lugnani 25 ricordando 

i genitori Luigi e Luigia 

Dagri e lo zio mons. Giuseppe 

Dagri 

• Maria Lugnani 25 in memoria 

dei genitori Luigi e Luigia 

Dagri e dello zio mons. Giuseppe 

Dagri 

• Bruna Lugnani 20 ricordando 

il marito Mario Delise e tutti 

i familiari defunti 

• Caterina Colomban Stulle



25 in memoria del marito Giovanni, 

dei genitori, del fratello 

Bruno, del cognato Bruno e dei 

suoceri 

• Claudio Gombi 20 

• Mariuccia Bonetti 10 

• Lida Perentin 30 in ricordo 

dei familiari defunti 

• Nevia Perentin 20 ricordando 

il marito Ferruccio 

• Nino e Pina Goina 25 ricordando 

il papà e suocero Giovanni 

• Pina e Nino Goina 25 ricordando 

la sorella e cognata 

Neverina 

• Bruno Liessi e Adriana 

Degrassi 50 in occasione del 97° 

compleanno di Luigia Degrassi 

Ciach 

• Dorina Pugliese 50 in ricordo 

del papà Romildo 

• Mariucci e Nino Civran 30 

ricordando la figlia Alessandra 

• Pierina Bologna 20 in ricor- 

do del marito Giacinto 

• Valdi Chicco 20 in memoria 

del papà Giacinto 

• Susanna Bologna 20 in ricordo 

del papà Bruno 

• Pierina e Amalia 60 ricordando 

i genitori Antonio Bologna 

e Carolina Roiaz 

• Carmela Kramf 20 in memoria 

del marito Ernesto Bologna 

• Carmine e Rita Delise 25 ricordando 

i genitori Giuseppe ed 

Elisa Delise e Rita Chivilò Delise 

• Bruno e Bruna Troian 

(Marano Lag.) 50 ricordando 

i propri cari defunti 

• Dino Chicco 30 ricordando i 

genitori Giovanni e Romilda 

• Antonia Chicco ved. Bologna 

20 in ricordo dei familiari 

defunti 

• Anna Maria Menis 15 in 

memoria del papà Fausto (nato 

il 22 luglio) 

• Annamaria Menis 15 ricor- 

DALL’ESTERO 

• Remigio Dodich (Canada) $ USA 50 in memoria dei genitori 

Antonio e Rosina 

• Romano Dodich (Canada) $ 50 

• Livio Braccini e famiglia (USA) $ 150 in memoria dei cari 

genitori Luigia e Augusto e della sorella Gianna. Un ricordo 

per tutti i cari parenti e amici defunti e per i vivi, affinché Dio 

li guardi, li protegga e li benedica 

• Famiglie Degrassi e Zaro (Australia) euro 40 

• Mario Vascotto (USA) euro 100 

• Palmira Weishmann (Austria) euro 30 

• Mariucci Lugnani Rigoni (Australia) $ 60 in memoria dei 

propri cari defunti 

• Zilio Degrassi (USA) $ 50 in ricordo della moglie Fedilia 

Cecconi Degrassi 

• Remigio Bologna (USA) euro 41 in ricordo del fratello Nevio 

• Neverina Cernivani (USA) $ 100 in ricordo del marito Carlo 

(Nino), dei suoceri e dei cognati 

• Maria Degrassi (USA) $ 50 in memoria del marito Oliviero 

• Arianna Degrassi (USA $ 50 in memoria del papà Oliviero 

• Bruno e Aristea Vascotto (USA) $ 50 in memoria del fratello 

e cognato Pietro Vittori 

• Mario e Nevia Poletti (USA) $ 65 in memoria dei familiari 

defunti 

• Livia e Argeo (USA) euro 50 in memoria di tutti i cari defunti 

Ringraziando i nostri affezionati lettori che dall’estero assiduamente 

contribuiscono alle iniziative di Isola Nostra, rinnoviamo 

l’invito, se possibile, ad evitare l’invio di assegni con 

piccoli importi. Come già riportato nel numero di dicembre, il 

cambio di assegni esteri con relativo versamento sul nostro conto 

corrente bancario è oltremodo oneroso, con un costo di 11,50 

euro (quasi 23.000 delle vecchie lire) per singolo assegno. Sarebbe 

eventualmente opportuno l’invio a mezzo posta di banconote 

di piccolo taglio e anche un eventuale (e poco probabile) 

smarrimento o furto compenserebbe tutte le altre spese per 

le commissioni. Sarà nostra cura comunque inviare a mezzo 

posta la conferma del ricevimento. 

Grazie per la collaborazione. 

dando i nonni e gli zii 

• Nadia Zaro 25 in memoria 

dei familiari defunti 

• Norma Troian Zaro 25 ricordando 

il marito Carlo 

• Franca e Elisabetta Bacci 25 

in memoria dei genitori Carlo 

Bacci e Vanda Zanon 

• Ada Fragiacomo Rusconi 

con i figli 50 in memoria dei 

propri cari defunti 

• Luci e Vasco 30 in ricordo 

dei nostri cari genitori, fratelli 

e cognati 

• Libero Dapas 50 ricordando 

la moglie Anita Costanzo 

• Sergio Delise 25 ricordando 


• Nerina Verch e famiglia 25 

in memoria della sorella Ada e 


• Maria Cristina Mazza 25 

• Arianna Tomasella Marcuzzi 

(Milano) 50 in memoria della 

mamma Romea Totis e della 

nonna Francesca Delise 

• Lucio Chiaselotti 26 in memoria 

della mamma Palmira 

Degrassi 

• Gianni Bressan e famiglia 

100 in ricordo della mamma 

Ada Zaro Bressan 

• Neva Bologna 30 in ricordo 

dell’amica Ada Bressan e di 

tutti i familiari defunti 

• Nella Depase e le amiche 40 

in ricordo della cara amica Ada 

Zaro ved. Bressan 

• Nella Depase 30 in memoria 


• Amalia Don e figli 25 in memoria 

del marito e papà Elmio 

• Amalia Don 25 ricordando 

gli zii Angela e Mario Delise 

• Gianna e Alfredo Bussani 

20 in occasione della nascita in 

Canada del piccolo Reid 

Wesley 

• Luisa Degrassi 20 in memoria 

dei genitori Oliviero e Giovanna 

Degrassi 

• Isabella Dudine 50 in memoria 

di tutti i familiari defunti 

• Lidia Delise insieme alla 

figlia 50 in memoria del marito 

e papà Gabriele 

• Egeo Carboni 40 in ricordo 

della moglie Rosa (Neverina) 

• Luci e Italo Carboni 20 ricordando 

i familiari defunti 

• Bruno e Gianna Fragiacomo 

30 

• Gianna Pertot 50 in ricordo 

dei cari genitori 

• Gianna Pertot 15 in memoria 

dei nonni Lucia e Ferdinando e 

della zia Elda 

• Nino Delise 50 in ricordo dei 

genitori Rosa e Giovanni e del 

fratello Bruno 

• N/N 25 

• Anita Vascotto 30 in memoria 


• Giustina Bettoso 25 

• Marino Delise 20 

• Assunta e Adalgisa Vascotto 

50 in ricordo della cara Etta 

Vascotto ved. Bellini 

• Le zie Assunta e Adalgisa 

Vascotto 50 ricordando il caro 

nipote Nicola 

• Lucio Degrassi 10 

• Mario Bologna 70 

• Ada Ragaù (Muggia) 50 ricordando 

il marito Giuseppe 

• Maria Degrassi con le figlie 

Milvia e Flavia 20 in ricordo 

del marito e papà Mario 

• Paolo e Giovanni Panjek 50 

in ricordo del papà Giuseppe e 

delle zie Matilde e Lisa 

• Mirella Bessi 10 in occasione 

del 50° di matrimonio dei 

genitori Maria e Mario 

• Don Italo Brazzafolli 20 

• Emilio Drioli (Monfalcone) 

50 in memoria di Onorina 

Vascotto Drioli 

• Bruno Perentin (Monfalcone) 

50 

• Ferruccio Dudine (Muggia) 

20 

• Salvatore Chicco (Monfalcone) 

20 in memoria dei familiari 

defunti 

• Bianca Gerin 50 in ricordo 

della cognata Italia 

• Silvano Carboni (Muggia) 50 

in memoria dei familiari defunti 

• Giuliana Contesini (Torino) 

50 ricordando i genitori Ivo e 

Ivonne 

• Franca e Fabio Giovannini 

25 in memoria dei genitori, dei 

nonni e di tutti i cari defunti 

• Romildo e Marco Degrassi 

con le famiglie 100 ricordando 

i parenti Oliviero Degrassi 

e Gina Carboni ved. Lugnani, 

recentemente scomparsi in 

America e in Australia 

• Giuseppina e Mario Bologna 

50 in occasione della nascita 

del pronipote Riccardo 

• Edio Tognon 110 

• Gemma Marchesan con il 

marito Silvio e i figli Dario e 

Tiziana 50 in memoria della cara 

sorella Carmela Marchesan in 

Vascotto (+ negli Stati Uniti)

• Annamaria e Bruno Dudine 

50 in occasione del loro 55° 

anniversario di matrimonio 

• Flavio Bacci 50 in memoria 

dei genitori Anita e Pini 

• Nerina Bressan in Deste 50 

in memoria del marito Oliviero 

• Maddalena Lorenzutti 25 in 

memoria del marito Duilio 

• Mariucci, Gianna e Iliana 

Goina 30 in occasione del 90° 

compleanno della mamma 

Antonietta Dandri 

• Rino Dandri 30 ricordando i 

genitori Pietro e Gemma 

• Bianca Benvenuti e Libero 

Giani 25 in occasione del loro 

50° anniversario di matrimonio 

• Marina e Italia Vascotto 50 

in ricordo dei genitori Reclus e 

Maria (Pompea) 

• Bruna Bologna e Claudio 

Delise (Venezia) 50 per ricordare 


• Palmira Bologna e Licia 

Borrelli (Cervignano/UD) 30 

per ricordare il marito e papà 

Albino e tutti i nostri cari defunti 

• Lucio Vascotto (Staranzano/ 

GO) 50 in ricordo di tutti i familiari 

defunti 

• Mariucci Degrassi in 

Ulcigrai con i figli (Sistiana) 30 

in memoria del marito e papà 

Luciano e di tutti i parenti defunti 

• Guido, Anita e Caterina 

Beltrame 60 in ricordo del caro 

fratello Bruno ad un anno dalla 

scomparsa 

• Leda Pesaro con la figlia 

Emanuela 20 in memoria del 

marito e papà Bruno Beltrame 

e dei genitori e nonni Vittorio e 

Maria 

• Gina Slanovitz 40 

• Liliana, Etta e Nino 45 in 

memoria dei genitori Carmela 

e Antonio 

• Giuseppe Franza 25 

• Libero Giorgesi 15 in memoria 

dei fratelli Enrico e Giovanni 

• Vladimiro Copettari (Roma) 

Associazione Isola Nostra 

Piazza Sant’Antonio n. 2 – 34132 Trieste 

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Presso Unicredit Banca (ex Cassa di Risp. Di Trieste) 

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E-mail: isolanostra@triesteincontra.it 

Muleti de ogi e quei de ieri 

Stavo fora, sentà su una panca, coi pensieri che i vagava qua e là (vita de pensionà), e 

osservavo ‘sta mularia de diese dodise ani che veniva fora dela scola. I iera vestidi ala va là 

che la và ben: camisa fora, braghe a armonica, cavei petinadi ala porcospin, coi zaini de 6-7 

chili in spala, quel col monopattino de alluminio, moderno, l’altro con quela tavola a rodele … 

e via lori. 

A casa far i compiti co’ l’aiuto de Internet e cole calcolatrici: Se te ghe avessi domandà del 

Pascoli, de Dante o Petrarca, i te varia sicuro risposto: ‘Chi saria? Chi li conossi?’. Ognidun 

col telefonin ricevù dai genitori aciochè i se fazessi vivi, ma che lori doperava per altro, e ai 

padri e madri la boleta… I te zoga come mati coi CD e cola Playstation, manovrando i telecomandi 

par ore come se lori fussi i protagonisti. I ga palestre piene de atressi rompi-ossi, e in 

vacanza i te va in ogni parte del mondo. Se sa, el mondo se cambià, e el benessere gà portà de 

duto. 

E me sovien, scartabelando nei mii ricordi, de noi muleti de Isola co gavevimo ‘sta stessa 

età. A scola i ne mandava bei neti, col grembiulin nero e el fioco bianco, le braghe pulite (fate 

a volte con un per de vece de papà) e le papusse che ne aveva fato mama lavorando de spago e 

dital. I cavei ben petinai, cola riga de parte, e se a volte ‘sti cavei no voleva star so, alora mama 

ghe dava ‘na ‘licada’ col savon. 

Zaino no gavevimo, al più una borsa de pele finta o i libri ligai col cinturin. I compiti li 

fasevimo soto i oci de mama o de nona, e i conti li fasevimo co’ l’abaco; ma una soma o una 

moltiplicasion dovevimo saver farla anca a memoria, sensa l’aiuto dele picie calcolatrici… 

E legevimo anca: ogni setimana andavimo là de Opasich a comprar i albi de Cino e Franco, 

de Mandrake e de Flash Gordon; albi che dopo se scambiavimo tra de noi, parchè no duti 

podeva comprarseli. Pian pian se cominciava anca a leger Dumas, Verne, Salgari, oltre che a 

scola i vari poeti che a noi i ne iera ‘sai noiosi. 

Se alenavimo anca noi nela palestra dela scola, per el sagio ginico anuale ; ma anca zogando 

con un balon strapazà, rivà da chissadove, fato de vecio corame. 

Altro che telefonin, noi se ciamavimo col fiscio. E ierimo specialisti nele corse e nel salto: 

nele corse quando scampavimo dopo eser stai a rubar sariese, e nel salto perché d’estate tanti 

de noi, in sima ala diga, saltava dal faràl. E el nostro monopatino iera de tre tavole e do 

baleniere. 

Ferie, vacanse, viagi? Se andavimo con papà o mama a Trieste iera un evento. Le vacanse 

tanti de noi le passava ai bagni locali e spesso, quando rivava el vaporeto “Diadora” o “Itala”, 

sul molo a butarse in acqua par ciapar el ‘ventin’ che i pasegeri butava. 

Ierimo anca noi birichini come questi de ogi. Ma credo che noi se divertivamo de più. No 

gavevimo i zogatoli e tuto quel che el tempo moderno, col benessere, ga portà, ma penso che in 

noi ghe sia stada più intesa, più semplicità. Ma se sa…col tempo tuto cambia… 

Ben, ‘desso che gò finì co’ ‘sti pensieri e ricordi, vado a casa a vardar el balon in television, 

‘n’altra roba moderna, ‘na cassetta che noi fioi alora no se aveva... 

Ve saludo tuti, 

Livio Carpenetti 

(Vienna) 

25 in memoria dello zio Romildo 

Pugliese 

• Maria Copettari (Latina) 25 

in memoria dello zio Romildo 

Pugliese 

• Arduino Copettari (Verona) 

25 in memoria dello zio 

Romildo Pugliese 

• Loredano Pugliese (Isola) 25 

in memoria dello zio Romildo 

Pugliese 

• Nelita Pertot 25 in memoria 

dello zio Romildo Pugliese 

• Nerina Pugliese Bordato 25 

ricordando con affetto il fratello 

Romildo 

• Bruno e Bruna Ruzzier 20 

in ricordo di Romildo Pugliese 

• Livia Pugliese 20 in memoria 

del marito Attilio 

• Licia Milloch 20 in memoria 

di Claudio Ronchi 

• Nadia Ulcigrai (Ronchi) 50 

in ricordo della cugina Edda 

Ulcigrai 

• Lucio Marin 25 in memoria 

del fratello Claudio 

• Anna Perentin 50 in memoria 

dei defunti 

Ringraziamo gli isolani che con la loro generosità 

permettono l’uscita del nostro giornale e la 

continuazione delle nostre iniziative per ricordare 

la storia di Isola e mantenerne vive le tradizioni 

a tanti anni dall’Esodo. Ancora grazie.

Marinaretti all'asilo 

Questo delizioso gruppo di “marinaretti” è stato ripreso il 25 marzo 1945 durante una recita organizzata 

dalle suore nell’asilo di Isola. Nella speranza che si ritrovino anche gli altri e “il comandante”, 

sono stati identificati: nella prima fila da destra, Fabio Depase, Lucio Degrassi, Eliano Dudine 

e Attilio Degrassi. Nella seconda fila, Bruno Gandolfo (1°), Fabio Moscolin (2°) e Gianni ?? (4°). 

(foto di Attilio Degrassi)

Malvino Stolfa - Isola Nostra

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