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Il Grimorio di papa Onorio (le evocazioni diaboliche) - Fuoco Sacro

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COMMENTO 6<br />

Con la ce<strong>le</strong>brazione del sacrificio <strong>di</strong> sangue, l’evocatore ha in pratica concluso la parte inizia<strong>le</strong> dell'operazione. Di fronte a sé ha<br />

l'immagine visibi<strong>le</strong> e concreta <strong>di</strong> quello spirito che, attraverso <strong>le</strong> fasi precedenti del rito, ha lui stesso formato agendo con la<br />

fantasia creatrice nel me<strong>di</strong>atore plastico, e ha <strong>di</strong>namizzato fornendogli <strong>le</strong> caratteristiche della forza magica cui, con la cerimonia, ha<br />

inteso fare appello. Deve ora rivolgersi all'entità evocata e stabilire con essa un patto conforme ai propri desideri.<br />

Questo paragrafo del grimorio, e <strong>le</strong> parti successive del testo, sono stati inseriti dall'autore per fornire particolari aggiuntivi su<br />

aspetti specifici del cerimonia<strong>le</strong>, per definire <strong>le</strong> formu<strong>le</strong> evocatorie precise da pronunziarsi nel<strong>le</strong> fasi culminanti dell'opera e nel<br />

corso della conversazione con il dèmone, e per illustrare la specia<strong>le</strong> natura del<strong>le</strong> entità evocate. II linguaggio rimane ancora<br />

altamente simbolico, ma è in questi paragrafi che sono inserite <strong>le</strong> informazioni operative più concrete.<br />

La « Messa dei Morti» cui l’autore fa riferimento simbo<strong>le</strong>ggia, come si e già detto, lo specifico stato <strong>di</strong> « morte ritua<strong>le</strong> » in cui<br />

l’operatore deve calarsi prima <strong>di</strong> ce<strong>le</strong>brare il sacrificio e pronunciare <strong>le</strong> formu<strong>le</strong> evocatorie (il cui testo verrà fornito più avanti, nel<br />

paragrafo 8). «<strong>Onorio</strong>» precisa tuttavia che dalla Messa (quella che nella liturgia cattolica si ce<strong>le</strong>bra il 2 novembre) va tralasciata la<br />

<strong>le</strong>ttura del Vangelo <strong>di</strong> Giovanni. II brano in questione (Giov. V, 25-29) recita cosi: « In quel tempo, Gesù <strong>di</strong>sse ai Giudei: In verità<br />

in verità vi <strong>di</strong>co: viene il momento — ed è ora — in cui i morti sentiranno la voce del Figlio <strong>di</strong> Dio e coloro che l'avranno ascoltata<br />

vivranno. Perché come il Padre ha la vita in Sé, così ha dato al Figlio la vita in Sé e Gli ha dato il potere <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care perché è un<br />

Figlio d'uomo. Non meravigliatevi <strong>di</strong> questo, perché viene il momento in cui tutti coloro che sono nel<strong>le</strong> tombe sentiranno la voce <strong>di</strong><br />

Lui e ne usciranno: quelli che fecero bene, in resurrezione <strong>di</strong> vita; quelli che fecero ma<strong>le</strong>, in resurrezione <strong>di</strong> condanna ».<br />

Poiché il ritua<strong>le</strong> non prevede la ce<strong>le</strong>brazione effettiva del<strong>le</strong> Messe, che vengono citate dall'autore soltanto per in<strong>di</strong>care<br />

simbolicamente <strong>le</strong> operazioni interiori cui deve sottoporsi l’esorcista, è chiaro che anche la citazione esplicita del brano <strong>di</strong> Giovanni<br />

ha valore in<strong>di</strong>cativo. II suo testo conferma il dato: l’Evangelista infatti ripete ciò che è scritto anche nell'apocrifa Bolla <strong>papa</strong><strong>le</strong><br />

premessa al grimorio, va<strong>le</strong> a <strong>di</strong>re che all'uomo è concesso potere anche sul mondo ultraterreno, purché sappia assumere in sé statura<br />

<strong>di</strong>vina. E questo é, appunto, il fine ultimo <strong>di</strong> ogni insegnamento magico, nonché la premessa in<strong>di</strong>spensabi<strong>le</strong> ad ogni efficace<br />

operazione destinata ad agire sul comp<strong>le</strong>sso della struttura macrocosmica.

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