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4<br />

L’intelligenza artificiale<br />

Egidio Pentiraro a colloquio con Marvin Minsky<br />

Harvard University, di N.<br />

Rochester della I.B.M. Corporation<br />

e di C.E. Shannon dei Bell<br />

Telephone Laboratories.<br />

Tutti personaggi che hanno una<br />

storia nell’ICT riscontrabile dai<br />

volenterosi in Internet.<br />

Nel documento di chiamata alla<br />

comunità scientifica essi allora<br />

proponevano che si verificasse<br />

se ogni aspetto dell’apprendimento<br />

o ogni altra caratteristica<br />

dell’intelligenza potesse dare<br />

luogo all’avvio di una serie di<br />

studi basati sull’ipotesi che una<br />

macchina - leggi oggi computer -<br />

fosse in grado di simularli.<br />

In particolare si doveva investigare<br />

come con le macchine si<br />

potesse utilizzare il linguaggio per<br />

pervenire ad astrazioni e concetti,<br />

partendo da tipologie di problemi<br />

risolvibili dagli esseri umani e di<br />

svilupparli in modo che, attraverso<br />

fasi intermedie, si pervenisse a una<br />

loro soluzione automatica, definitiva<br />

e accresciuta.<br />

In quello storico enunciato<br />

abbiamo sempre avvertito una<br />

qualcosa che non ci soddisfaceva<br />

completamente come se in quelle<br />

parole riecheggiassero antichi miti<br />

o l’evocazione alchemica dell’homunculus<br />

di Paracelso, del Golem<br />

del rabbino praghese Jehudah<br />

Loew; di Frankenstein di Mary<br />

Shelley; del Doktor Faustus di<br />

Thomas Mann.<br />

Qui ci fermiamo per non scadere<br />

nei fumetti e nella fantascienza.<br />

Ai soliti volenterosi, suggeriamo<br />

di attivarsi in Internet per gli<br />

eventuali approfondimenti, mentre<br />

ai giovani, che amano il reggae<br />

e Shaggy, ricordiamo che il<br />

termine inglese Bombastic è stato<br />

coniato proprio per dileggiare<br />

Paracelso per il suo eclettico<br />

esibizionismo.<br />

Torniamo a bomba, anche noi,<br />

come si faceva in giochi antichi.<br />

È innegabile che l’intelligenza<br />

artificiale, o “AI”, in cinquanta<br />

anni abbia avuto i suoi successi e<br />

si sia evoluta.<br />

A nostro modesto giudizio, ciò è<br />

avvenuto attuando solo parzialmente<br />

l’obiettivo iniziale che<br />

tendeva ad accoppiare in simbiosi<br />

l’intelligenza dell’uomo con la<br />

matematica e la potenza di calcolo<br />

delle macchine.<br />

L’AI il suo successo più noto lo<br />

ebbe, quando una macchina batté<br />

Kasparov nel 1997 in una partita a<br />

scacchi. Dall’AI si sono staccati<br />

rami molto interessanti come<br />

quello dei cosiddetti Sistemi<br />

esperti.<br />

Tuttavia occorre fare un’ulteriore<br />

distinzione di valore all’interno di<br />

questa categoria della ricerca,<br />

distinguendo la bipartizione tra i<br />

sistemi esperti veri e propri e<br />

quelli basati sulla conoscenza.<br />

È differenza non da poco, dal<br />

momento che i sistemi esperti<br />

sono nati con l’intenzione esplicita<br />

di catturare l’esperienza di un<br />

esperto umano in un settore ben<br />

preciso (ed è qui che noi pensiamo<br />

che si siano creati soprattutto<br />

sistemi furbi e non sistemi intelligenti),<br />

mentre i sistemi basati sulla<br />

conoscenza utilizzano (con maggior<br />

evidente successo) quella che<br />

può provenire da una varietà di<br />

fonti e non escludono che la<br />

conoscenza stessa sia appresa.<br />

Appresa anche da Internet?<br />

Propendiamo per il sì. Google ne<br />

è un esempio e ancor di più di<br />

Google sono intelligenti altri<br />

motori di ricerca o altri sistemi che<br />

qui non citiamo, perché ciò ci<br />

porterebbe a considerazioni interessanti<br />

ma che ci svierebbero dal<br />

nostro obiettivo.<br />

A noi preme distinguere la capacità<br />

cognitiva dell’uomo dai<br />

sistemi cognitivi permessi dalle<br />

macchine, pur sempre imitati per<br />

quanto intelligenti siano.<br />

Il nostro cervello dovrebbe essere<br />

il filtro attraverso il quale giudichiamo<br />

le ricerche o le operazioni<br />

che consente Internet, quindi il<br />

filtro globale attraverso il quale<br />

percepiamo il mondo, non il<br />

sistema che rappresenta il mondo.<br />

Nell’arco di cinquanta anni,<br />

quindi, l’intelligenza artificiale ha<br />

realizzato progressi e risultati;<br />

parallelamente è aumentata in<br />

maniera esponenziale la capacità<br />

di calcolo delle macchine.<br />

Tuttavia, anche se questi aspetti<br />

interagiscono, dobbiamo considerarli<br />

separatamente.<br />

Per il momento ci limitiamo a<br />

considerare che l’aumento della<br />

capacità di calcolo non sempre<br />

ha migliorato ogni aspetto dell’apprendimento<br />

e la soluzione<br />

automatica, definitiva e accresciuta<br />

dei problemi, come era<br />

nell’enunciato della chiamata a<br />

creare sistemi di intelligenza<br />

artificiale. Croce<br />

La potenza dei microprocessori<br />

aumenta ogni diciotto mesi,<br />

questo era uno degli enunciati<br />

della pretesa legge di Moore -<br />

prima e seconda -, attestante<br />

l’andamento dello sviluppo esponenziale<br />

della capacità dei calcolo<br />

delle macchine e da ciò è stato<br />

derivato il corollario dei suoi<br />

benefici. Ciò apre una tematica<br />

vasta e controversa della quale qui<br />

riprendiamo solamente due aspetti<br />

estremi - apparentemente lontani<br />

l’uno dall’altro - che tuttavia<br />

denunciano come la ridondanza di<br />

tecnologia, conseguente alla<br />

ridondanza della capacità di<br />

calcolo, ci sia imposta per ragioni<br />

economiche e abbia condotto allo<br />

sviluppo di condizioni non<br />

rispondenti alle esigenze reali.<br />

In primo luogo, l’aumento della<br />

velocità di calcolo ha prodotto il<br />

fenomeno della cosiddetta obsolescenza<br />

tecnologica che ha<br />

portato e porta all’estromissione<br />

dai sistemi produttivi di macchine<br />

ancora efficienti per sostituirle con<br />

altre nuove e più potenti sulle<br />

quali si creano sistemi ridondanti.<br />

Nel contempo si ignora che sulle<br />

macchine estromesse possono<br />

funzionare sistemi, più semplici e<br />

sicuri, altrettanto potenti ma anche<br />

gratuiti.<br />

Si è creata così artificiosamente<br />

l’esigenza che avrebbero le<br />

amministrazioni pubbliche, le<br />

imprese private e persino i<br />

cittadini ad acquisire nuovi tipi di<br />

hardware e di software, mentre<br />

l’hardware preteso obsoleto<br />

potrebbe funzionare altrettanto<br />

bene con sistemi e software liberi,<br />

gratuiti e disponibili.<br />

Si provi a immaginare l’importo<br />

che questi esborsi producono o<br />

produrrebbero al livello della pubblica<br />

amministrazione, dalla<br />

scuola in su, e si dimostra così che<br />

si configurano cifre che nel nostro<br />

paese sono paragonabili a quelle<br />

di una legge finanziaria.<br />

Chi se ne avvantaggia?<br />

Non certo il cittadino ma le grandi<br />

corporations informatiche che<br />

presentano bilanci superiori a<br />

quelli di molti stati nazionali.<br />

In secondo luogo, vogliamo porre<br />

in rilievo come l’aumento della<br />

capacità di calcolo (attuata con<br />

macchine obsolete o meno che<br />

siano) produce lo stravolgimento<br />

dei processi economici globali.<br />

Basta osservare i processi produttivi<br />

in atto oggi per rendersene<br />

conto dove imperano princìpi e<br />

realtà avulse dalla storia e dalle<br />

esigenze umane reali, e i nonsense<br />

che hanno condotto all’invenzione<br />

della new economy, cioè di<br />

un’economia che si rivolta contro<br />

l’uomo.<br />

Siamo luddisti? No!<br />

Siamo dei laudatores temporis<br />

acti? Nemmeno!<br />

Semplicemente siamo consci che<br />

al mondo c’è chi è privilegiato<br />

dall’uso sfrenato della tecnologia e<br />

chi no, e forse noi siamo nel primo<br />

gruppo, ma non durerà molto.<br />

Compulsando alcuni dizionari<br />

ritrovati tra i libri di scuola di<br />

cinquanta anni fa abbiamo meticolosamente<br />

verificato la presenza<br />

del termine globalizzazione.<br />

Non l’abbiamo trovato; non c’è<br />

nemmeno nel Battaglia, almeno<br />

nell’accezione che ha oggi.<br />

Invece in Internet compare con<br />

più di 3,7 milioni di occorrenze<br />

che, solamente nella lingua italiana,<br />

denunciano una moltitudine<br />

di correlati empirici con sfumature<br />

di significato molteplici e dagli<br />

effetti inequivocabili.<br />

Soprattutto quest’ultima riflessione<br />

ci porta a convenire che tutte<br />

le manifestazioni dell’intelligenza<br />

che creano impresa, industria,<br />

finanza, grazie alle macchine e<br />

alla loro capacità di calcolo, sono<br />

concentrate in un numero limitato<br />

di luoghi dove si concentra anche<br />

la ricchezza. Invece il lavoro è<br />

delocalizzato e gestito grazie alla<br />

potenza di calcolo delle macchine<br />

e della tecnologia attraverso le reti<br />

telematiche nelle province più<br />

sperdute degli imperi, dove si<br />

accumula solamente la povertà.<br />

Allora è lecito argomentare e<br />

dedurre che la cooperazione tra<br />

l’intelligenza dell’uomo e la<br />

potenza di calcolo delle macchine<br />

ha globalizzato esponenzialmente<br />

anche lo sfruttamento dell’uomo<br />

sull’uomo?<br />

Noi siamo di questo avviso.<br />

E. Pentiraro<br />

ORESTE<br />

Pupo, Pappalardo, Califano, i<br />

Cugini di campagna.<br />

Il pubblico si diverte a irridere<br />

quelli che vestono ancora la<br />

zampa d’elefante e non si sono<br />

accorti del tempo che è fuggito.<br />

Il tempo è il più inafferrabile dei<br />

latitanti: nessuno lo può arrestare.<br />

Mai.<br />

Ma lo so che tu continuerai,<br />

finché l’ultimo riflettore dell’ultima<br />

televisione locale rimarrà<br />

acceso, a recitare la tua parte.<br />

Ad incitare i compagni alla<br />

rivolta senza curarti dei primi<br />

sghignazzi e degli ultimi<br />

sbadigli.<br />

Fiero e indomito come gli ultimi<br />

garibaldini ottuagenari nei<br />

fotogrammi del cinegiornale,<br />

come la rugosa diva del muto<br />

che percorre con grazia malinconica<br />

il viale del tramonto.<br />

Ulisse, per quanto bello di fama<br />

e di sventura non è stato fortunato<br />

a baciare la sua petrosa<br />

Itaca. C’è tornato per assaggiarne<br />

la noia e presto ne è<br />

dovuto fuggire, perché nessuna<br />

casa è all’altezza del suo<br />

ricordo.<br />

Gli sbadigli aumenteranno, i<br />

trafiletti diminuiranno, i giovani<br />

dei centri sociali esauriranno la<br />

loro curiosità, ma tu continuerai<br />

la tua battaglia.<br />

Perché il giorno in cui ti fermerai,<br />

compagno Oreste, ti troverai<br />

a pensare ad una viva intelligenza<br />

persa dietro ad un sogno<br />

fatto solo di parole, che tanti -<br />

più furbi - hanno saputo sfruttare<br />

meglio di te.<br />

Il giorno in cui ti fermerai,<br />

forse, penserai a quanto erano<br />

miserabili quegli anni in cui la<br />

generazione postbellica sfogò i<br />

propri eccessi di testosterone in<br />

una guerra per finta, mascherandosi<br />

dietro all’ipocrisia di un<br />

ideale.<br />

Una guerra per finta, ma con<br />

morti veri.<br />

Ma tu non ci pensare, compagno<br />

Oreste, imbraccia la fisarmonica<br />

come la cetra di Orfeo<br />

e continua a cantare per non<br />

guardarti indietro.<br />

F. Borzini

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