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Miscellanea di storia dell'incisione calcografica. - Toni Pecoraro

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manca nella prova Durazzo qualche maggior finimento, sarà in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> esser fatta prima dell'altra; e<br />

se il taglio non vi comparisce come nell'altra, non posso mai supporre che non vi sia. Li zolfi de'PP.<br />

Camaldolesi già ricordati paiono, a vedergli, improntali e piani. Cadutone un frammento e ben<br />

pulito nella superficie, vi si è scoperto il taglio anche nelle linee più sottili, come fuor <strong>di</strong> loro<br />

aspettazione han veduto più professori e periti con certezza che ne avanzi pur una fuor dell'Assunta<br />

che nel gabinetto nazional <strong>di</strong> Parigi riconobbe il sig. ab. Zani, e pubblicò nel 1803; a cui aggiungo<br />

la Epifania <strong>di</strong> stile men grande, ma <strong>di</strong> più minuto lavoro, che ho veduta presso il sig. senator<br />

Martelli, e so esisterne replica presso S. E. Seratti: lo stile la fa credere del Finiguerra, e lavorata<br />

innanzi l'Assunta. Si è dubitato che ne abbia la R. Galleria; questione che lascio intatta a migliori<br />

penne. Di assai argentieri, tutt'incogniti, si veggon le prove nella raccolta Durazzo; e deesi la<br />

scoperta <strong>di</strong> molte al sig. Antonio Armanno gran<strong>di</strong>ssimo conoscitore <strong>di</strong> stampe, da ricordarsi altre<br />

volte. Egli su le tracce segnate dal Vasari nel citato passo, argomentò ch'elle potean essere state<br />

confuse co' <strong>di</strong>segni a penna per la somiglianza; le cercò in più raccolte <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, le riconobbe, le<br />

acquistò pel co. Giacomo, suo mecenate.<br />

Molte <strong>di</strong> esse provennero dall'antichissima galleria Gad<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze; e sono <strong>di</strong> artefici inferiori al<br />

Finiguerra, eccetto due che non paiono indegne <strong>di</strong> sì accre<strong>di</strong>tato bulino. A queste ne furono aggiunte<br />

poi non poche altre <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse scuole d'Italia. Scuopre la loro origine talora il <strong>di</strong>segno; e con più<br />

certezza le iscrizioni ed altr'in<strong>di</strong>zi meno equivoci. Per atto <strong>di</strong> esempio, in un Presepio si legge <strong>di</strong><br />

carattere retrogrado Dominus Philippus Stancharius fieri fecit; ove la famiglia, che si nomina, ag-<br />

dell'arte d'imprimere, i quali han creduto che quell'inganno all'occhio può provenire: 1. dalla sottigliezza del<br />

taglio fatto con lo stile, o se <strong>di</strong> bulino deggia credersi, scemato sempre passando dalla lamina alla terretta, e<br />

da questa allo zolfo: 2. dalla densità della tinta indurita poi entro i tagli o cavi dello zolfo; 3. da una patina <strong>di</strong><br />

colore azzurrino data al lavoro <strong>di</strong> cui qua e là rimangon vestigi, e da quella che anche a'quadri e alle carte<br />

suol dare il tempo. Non dubito, che se nello zolfo Durazzo si faccia l'esperimento, il risultato sarà lo stesso.<br />

Le prove estrinseche della sua originalità addotte dal Gori, e l'aspetto istesso <strong>di</strong> quel monumento che ho<br />

presente alla memoria, non permettono che io sospetti <strong>di</strong> fraude<br />

giunta ad altre circostanze, ad<strong>di</strong>ta Bologna. Una stampina rappresenta una donna che volgesi a un<br />

gatto, e vi è scritto pure a rovescio va in la caneva; e in altra leggesi Mantengave Dio; l'una e l'altra<br />

lombarda o veneta, per quanto mostra il <strong>di</strong>aletto. Da tutto ciò può arguirsi, che le parole del Vasari,<br />

ove al Finiguerra ascrive la pratica <strong>di</strong> provare i suoi lavori prima <strong>di</strong> porvi il niello, non posson<br />

limitarsi a lui solo o alla sua scuola. Pare anzi che tal pratica tenessero e il Caradosso e gli altri<br />

migliori Italiani come una parte non picciola dell'arte loro; e che essi ancora da tali prove, e non dal<br />

caso, fosser <strong>di</strong>retti a perfezionare i lor nielli. Nè osta che il Vasari ne taccia. Assai ha parlato in più<br />

luoghi, ove si querela <strong>di</strong> non essere a sufficienza istruito su la <strong>storia</strong> de' Veneti e dei Lombar<strong>di</strong>; e se<br />

tante cose ignorò circa la lor pittura, dovette ignorarne molto più circa la loro incisione.<br />

Adunque le prove de' niellatori in carta trovansi per tutta Italia, e si conoscono specialmente<br />

dall'andamento delle lettere, che scritte negli originali a <strong>di</strong>ritto, nella impressione procedono come i<br />

caratteri orientali da destra a sinistra; e similmente il rimanente della stampa torna al contrario: per<br />

figura, sta a sinistra un santo che per <strong>di</strong>gnità dee tenere la destra; e gli attori tutti scrivono, suonano<br />

agiscono con la mano manca. Vi sono altri segni che le <strong>di</strong>stinguono. Perciocché essendo tirate a<br />

mano o a rullo non lasciali solco ne' <strong>di</strong>ntorni; nè può in esse sperarsi quella sottigliezza e precisione<br />

<strong>di</strong> linee, che il torchio mise poi nelle stampe. Oltre a ciò le <strong>di</strong>stingue il colore, per cui si servirono <strong>di</strong><br />

negrofumo e <strong>di</strong> olio, o <strong>di</strong> altra tinta leggerissima; ma e questo e il precedente son segni dubbi, come<br />

or vedremo. Si è congetturato (1) che simili prove si facessero dagli argentieri anche intorno a' lor<br />

lavori a graffito e ad altri non niellati. Che che sia <strong>di</strong> ciò elle si conservarono ne' loro stu<strong>di</strong> e in<br />

quelli<br />

(1) Il Sig. Heineken nomina generalmente le opere degli argentieri. Idèe ec. pag. 217.

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