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Miscellanea di storia dell'incisione calcografica. - Toni Pecoraro

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I. Incisione a bulino. — Si eseguisce in questo modo: presa una lamina <strong>di</strong> rame purissimo e<br />

perfettamente levigato, si spalma <strong>di</strong> un leggerissimo strato <strong>di</strong> vernice sulla quale si <strong>di</strong>segna il<br />

soggetto che si vuole. Stabilito così il <strong>di</strong>segno, col bulino s'incide questo <strong>di</strong>segno nel rame<br />

contornando dapprima tutte le parti, a riserva della forza, che si lascia per ultima cosa, come se si<br />

volesse che l'opera rimanesse così. Ed infine si allargano e fortificano i lineamenti seguendo<br />

in modo perfetto il <strong>di</strong>segno.<br />

L'uso del bulino richiede in chi lo maneggia una mano sicura e leggiera, una profonda conoscenza<br />

del <strong>di</strong>segno e delle leggi che regolano la luce e le ombre degli oggetti, ognuno dei quali esige un<br />

modo speciale <strong>di</strong> lavoro.<br />

Questa maniera è pure detta a punta secca.<br />

II. Incisione ad acquaforte. — Prima del secolo XV non si aveva nessuna cognizione <strong>di</strong> questa<br />

maniera d'intaglio. Andrea Mantegna, pittore <strong>di</strong> questo tempo, fu il primo che tentò d'intagliare con<br />

questo sistema sullo stagno: poscia Alberto Durer continuò gli esperimenti, usando il rame. Ecco in<br />

qual modo si opera: s'intonaca un rame ben preparato con un leggiero strato <strong>di</strong> vernice molle a base<br />

<strong>di</strong> cera, e dopo <strong>di</strong> averlo annerito col fumo <strong>di</strong> una candela o <strong>di</strong> una lampada, qualora non sia nera la<br />

vernice medesima, vi si delinea il soggetto e poi si toglie con punte <strong>di</strong> varie grandezze la vernice da<br />

tutti i lineamenti, lasciando nudo il rame: dal che ne risulta che tutte le parti che sul rame si voglion<br />

bianche rimangono coperte dalla vernice, mentre tutte le linee che si vogliono incise dall'acqua forte<br />

rimangono scoperte. Ciò fatto, s'innalza intorno alla tavola una sponda <strong>di</strong> cera da modellare atta a<br />

formare una specie <strong>di</strong> conca, nella quale si versa l'acquaforte o acido nitrico, <strong>di</strong>luito, che morde ed<br />

intacca il rame nei luoghi soltanto lasciati dalla punta scoperti. Quando, poi, si vuole che<br />

l'acquaforte non morda soverchio alcuni punti, vi si mescolano materie oleose che ne ritardano<br />

l'azione. — Due specie <strong>di</strong> dette acqueforti si conoscono dagli artisti e dagli Amatori: le prime<br />

sono quelle dei pittori, i quali con questo metodo facile e pronto gettano, per così <strong>di</strong>re, sul rame i<br />

loro pensieri, i loro <strong>di</strong>segni, i loro schizzi; applicano l'acquaforte, né più ritoccano il lavoro che si<br />

<strong>di</strong>ffonde nelle loro stampe originale quanto nei loro <strong>di</strong>segni; le altre sono le acqueforti degli<br />

incisori, i quali tornano sul loro lavoro e lo ritoccano, finché l'opera non sia ridotta a modo loro.<br />

Si sono, poi, in seguito riuniti questi due meto<strong>di</strong>, l'incisione ad acquaforte e l'incisione a bulino,<br />

perché gli incisori, affine <strong>di</strong> accordare meglio le parti, o <strong>di</strong> ammorbi<strong>di</strong>rle, hanno trovato opportuno<br />

<strong>di</strong> ritoccare spesse volte col bulino le incisioni fatte da prima all'acquaforte. In questo modo fecero<br />

del loro ingegno splen<strong>di</strong>de prove, glorificando le scuole a cui appartennero, i Caracci, Guido Reni,<br />

il Quercino tra i Bolognesi; il Tempesti e Stefano Della Bella tra i Fiorentini; Salvator Rosa, Luca<br />

Giordano, lo Spagnoletto, tra i Napoletani; il Cambiaso, i due Castiglioni, Biscaino, Piola, Podestà,<br />

Bracelli, tra i Liguri; Benasco, Pietri, Falda, Longhi, tra i Subalpini; e all'estero<br />

Vischer, Audran, Frey, Woollet, Morghen,ecc.<br />

Il rame che si usa nell'incisione è rosso ed è preparato appositamente. È purissimo, ossia non<br />

contiene materie eterogenee, poiché se fosse impuro, l'acido mordendo inegualmente le <strong>di</strong>verse<br />

sostanze mescolate nel rame, non permetterebbe quella rigorosa eguaglianza e regolarità <strong>di</strong> tagli che<br />

l'incisore si prefigge nel mettersi all'opera. È messo in commercio cosi preparato pei bisogni<br />

dell'artista.<br />

III. Incisione a maniera nera. — L'incisione detta alla maniera nera, in inglese mezzo tinto, in<br />

tedesco Schabkunst, (e da alcuni anche, ma impropriamente, a fumo), mentre veramente dovrebbe<br />

chiamarsi Incisione Inglese, fu inventata da Siegen <strong>di</strong> Sechten, <strong>di</strong> origine tedesco, ma nato in<br />

Olanda nel 1609, morto circa il 1680. Egli l'inventò verso il 1640 e fu sfruttata dal Principe<br />

Ruperto. In questo genere d'incisione più agevole e spe<strong>di</strong>to, si pratica tutto all'opposto <strong>di</strong> quello che<br />

si fa coll'acquaforte e col bulino. In questo si passa dai lumi alle ombre, dando a poco a poco un<br />

chiaroscuro al rame. In quelli, all'incontro, si passa dalle ombre ai lumi, ed il rame a poco a poco si<br />

schiarisce. Il rame viene preparato granito in nero per mezzo <strong>di</strong> uno strumento chiamato berceau <strong>di</strong><br />

forma circolare, armato <strong>di</strong> denti piccoli e finissimi, che si passa e ripassa in sensi <strong>di</strong>versi sulla<br />

lamina <strong>di</strong> rame, sino a che non siasi ottenuta una superficie granulosa, eguale e vellutata in tutte<br />

le sue parti. Però oltre al tempo che questa operazione richiede, offre gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Sul rame in

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