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LA CITTà COME NON L'AVETE MAI VISTa - Urban

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SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MI<strong>LA</strong>NO<br />

<strong>LA</strong> <strong>CITTà</strong> <strong>COME</strong> <strong>NON</strong> L’AVETE <strong>MAI</strong> <strong>VISTa</strong> 01.03.04 - EURO zero<br />

una guida straordinaria per milano, roma, bologna, torino e napoli<br />

#26<br />

NAPOLI CIAK<br />

PAPPI CORSICATO: IL CINEMA DA NEW YORK A MARECHIARO<br />

TORINO IS MAGIC<br />

ANGELI, STREGHE E MISTERI: MA L’OCCULTO È COSÌ CATTIVO?<br />

MI<strong>LA</strong>NO GOSPEL<br />

URBAN <strong>COME</strong> I BLUES BROTHERS: ABBIAMO VISTO <strong>LA</strong> LUCE!


SOMMARIO|MARZO<br />

9 URBAN VOCI<br />

10 PAPPI, OCCHI DI NAPOLI<br />

14 MI<strong>LA</strong>NO, GOSPEL TOWN<br />

16 ROMA, PETIT BAZAR<br />

18 CAPATOSTA RAP<br />

22 TORINO IS MAGIC<br />

27FASHION CIRCUS<br />

35URBAN GUIDA<br />

69 LIA CELI: IL MORBO DEL<strong>LA</strong> ZUCCA PAZZA LIBRI 45<br />

FILM 46<br />

71 LIA CELI: SABATO, DOMENICA E DIVUDÌ<br />

URBAN Mensile - Anno 4, Numero 26 - 01.03.04<br />

direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />

aldo@urbanmagazine.it<br />

caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />

andrea@urbanmagazine.it<br />

redazione: SARA TEDESCHI<br />

sara@urbanmagazine.it<br />

grafica: ISIDE CASU<br />

iside@urbanmagazine.it<br />

segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />

daria@urbanmagazine.it<br />

MUSICA 36<br />

MEDIA 42<br />

(Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01)<br />

presidente: IVAN VERONESE<br />

general manager: MARCO BO<strong>LA</strong>NDRINA<br />

mbolandrina@urbanmagazine.it<br />

relazioni esterne: GIORGIO CINQUE<br />

giorgio@urbanmagazine.it<br />

distribuzione: DEA s.r.l. (tel.02 66223316)<br />

fotolito: BODY&TYPE<br />

via San Calocero 22, 20123 Milano<br />

stampa: CSQ (Centro Stampa Quotidiani),<br />

via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />

L’arte attacca i muri della città: una buona invasione per<br />

distrarre dal grigio diffuso. E poi, una guerra di tette...<br />

Pappi Corsicato, regista in Napoli (ma anche in New<br />

York). Dalla sua casa di Marechiaro il regista di Libera<br />

e I buchi neri racconta il suo percorso, le sue avventure<br />

e la sua città, tra il ragù della mamma e piazza<br />

Plebiscito. Gli occhi di Napoli, insomma. All’opera<br />

Noi siamo sicuri che al Signore piace così: intensa,<br />

allegra, cantata e suonata. Cosa? Ma la messa, no?<br />

<strong>Urban</strong> ci è andato, ha cantato e ballato le sue lodi<br />

insieme alla comunità centrafricana e, come Belushi<br />

nei Blues Brothers... ha visto la luce! Amen<br />

Nome Caparezza. Segni particolari: senza tradire<br />

il suo approccio scettico ha sfondato con un disco<br />

azzeccatissimo e ora ce lo ritroviamo in onda su<br />

ogni radio del regno. Chiacchierata veloce e telematica,<br />

praticamente una rap-intervista, con quello<br />

che è uscito dal tunnel<br />

Archiviamo i luoghi comuni sulla città di Satana e dei<br />

satanisti. E scopriamo con gran sorpresa che Torino<br />

è magica davvero, che gli angeli volteggiano, che in<br />

effetti c’è qualcosa di misterioso nell’aria. <strong>Urban</strong> è<br />

andato a vedere e indagare. Con una guida magica...<br />

Si dice spesso. Il circo della moda. Si dice ma non si<br />

fa. Beh. Noi l’abbiamo fatto, con tanto di musicisticlown<br />

e modelli famosi. Un bel Barnum, alla fine!<br />

TEATRO 48<br />

ARTE 51<br />

SHOPPING 53<br />

CLUB 55<br />

editore: URBAN ITALIA srl<br />

via Tortona 27, 20144 Milano<br />

telefono 02 42292141 - fax 02 47716084<br />

concessionaria esclusiva per la pubblicità:<br />

JOHNSONS ADV.<br />

via Valparaiso 4, 20144 Milano<br />

telefono 02 4390015 - fax 02 48017498<br />

info@johnsonsadv.it<br />

cover:<br />

Soft-City di Cristina Zamagni<br />

BAR E RISTORANTI:<br />

MI<strong>LA</strong>NO 57<br />

ROMA 61<br />

BOLOGNA 65<br />

TORINO 67<br />

NAPOLI 69<br />

URBAN 5


foto: Cesare Cicardini<br />

URBAN VOCI<br />

TANTE CITTÀ, UNA CITTÀ<br />

LETTERE<br />

CERTI FANTASMI<br />

Cari <strong>Urban</strong>i,<br />

se fate gli spiritosi con i fantasmi (<strong>Urban</strong> n. 25) non vi lamentate<br />

se poi vengono a visitarvi a notte fonda. Certe cose,<br />

specie a Napoli, bisognerebbe lasciarle in pace. E poi,<br />

scusate, siete andati a disturbare uno spettro vip, quello di<br />

Giuditta Guastamacchia, mentre nelle zone più popolari di<br />

Napoli ben altri spettri si aggirano, almeno così mi raccontava<br />

mia nonna. Comunque bravi, continuate così.<br />

Anna Veliero, Napoli<br />

Cara Anna, a visitare i fantasmi (questo numero a Torino) ci<br />

va il nostro Maurizio Marsico, gli abbiamo regalato una collana<br />

d’aglio. Se dovessero farsi vivi, dunque, andrebbero<br />

da lui. Come diceva Totò, a noi che ce frega, mica siamo<br />

Pasquale (o Maurizio, in questo caso).<br />

VADE RETRO, TONINO<br />

Spett. <strong>Urban</strong>,<br />

considerare Tonino Carotone un musicista, come fate sull’ultimo<br />

numero è semplicemente una truffa. Le canzoni sono<br />

tutte prese qui e là dalla canzone italiana degli anni ’60,<br />

copiare Celentano è roba vecchia persino per le balere dell’est<br />

europeo e la storiella trita e ritrita dell’artista ubriacone<br />

ha rotto le scatole da un sacco di tempo. O siete tonti e<br />

ci siete cascati, oppure ci prendete in giro. Ridicoli (voi e<br />

lui).<br />

Sandro Belli, Milano<br />

Povero Tonino, che ti ha fatto? Perché tanto odio? Ora dovremmo<br />

difenderlo, ma ci rinunciamo. Ricordo solo, en passant,<br />

che almeno dal punk in poi essere musicisti non è obbligatorio<br />

per fare musica…<br />

DOVE SI FIRMA?<br />

<strong>Urban</strong>,<br />

tutte d’accordissimo con il direttore: saldi al cinema e nei<br />

MARZO 26<br />

Hanno scritto, disegnato,<br />

scattato foto, pensato,<br />

suonato, ballato,<br />

e mangiato con noi<br />

questo mese:<br />

Ce lo ha detto un nostro amico: porca miseria sembrate<br />

un elastico! In che senso, scusi? Nel senso (ci ha<br />

messo qualche mezz’ora a spiegarsi) che saltabeccate<br />

tra Milano e Napoli, passate in un giro di pagina da<br />

Roma a Torino. Ha aggiunto: bravi! Avete inventato l’alta<br />

velocità prima di Lunardi (o sarà il teletrasporto dopo<br />

Star Trek?). Affascinante idea, ma troppa grazia.<br />

Però un’idea ci è venuta, lì per lì: e se tutto questo non<br />

fosse altro che la voglia di muoversi in un’unica grande<br />

città? Non so, qualcosa come Milano è un quartiere di<br />

Roma, che a sua volta magari è un sobborgo di Napoli e<br />

così via. I caratteri delle città, sommati tra loro, danno<br />

come risultato una sola immensa città. Mah.<br />

Intanto, però, sfogliando questo numero di <strong>Urban</strong> è<br />

un’idea che sembra stare in piedi. Voliamo qui e là, è<br />

vero. Da Pappi Corsicato – che nella sua casa di<br />

teatri! Saldi nei negozi di dischi e nelle librerie! Vedere due<br />

film e pagare un biglietto. Ci stiamo, dove si firma?<br />

Anna, Ludovica, Sara (e altre firme illeggibili), Roma<br />

Non si firma da nessuna parte, mica era una proposta di<br />

legge, era solo un’idea (in saldo).<br />

<strong>MAI</strong>ALI!<br />

Cari maiali urbani,<br />

molto divertente la scritta sul muro che vi dà dei maiali<br />

(<strong>Urban</strong> 25). Mi chiedo se davvero la motivazione sia la polemica<br />

sulle scritte sui muri, nel qual caso avete ragione:<br />

trattasi di follia pura. Ma mi viene un dubbio: non ve lo sarete<br />

scritto da soli?<br />

Andrea Ferrini, Bologna<br />

No, ce lo diciamo spesso, ma non ce lo scriviamo mai.<br />

daniela amenta<br />

sandro avanzo<br />

silvia ballestra<br />

eddi berni<br />

luca bernini<br />

alexio biacchi<br />

ciro cacciola<br />

monica capuani<br />

christian carosi<br />

antonello catacchio<br />

leonard catacchio<br />

alessandro cattelan<br />

lia celi<br />

baby chase<br />

cesare cicardini<br />

lucrezia cippitelli<br />

selvaggia conti<br />

cricchi&ferrante<br />

foto: Andrea Spotorno<br />

michela crociani<br />

alessandro de angelis<br />

paul de cellar<br />

jaqueline dumont<br />

carlo frassoldati<br />

ailén gamberoni<br />

camilla invernizzi<br />

labo m<br />

felix lahrer<br />

Marechiaro ci racconta un intreccio a tre: lui, Napoli e il<br />

cinema – si scappa alla Torino magica, passando per il<br />

suk premoderno di Roma che dimostra come una città<br />

ne possa contenere decine, e posti misteriosi, e persino<br />

epoche diverse. E poi ancora, andiamo a messa in una<br />

chiesa dove si canta e si balla (siamo sicuri che al<br />

Signore piace, così), per poi finire a farci raccontare la<br />

Caparezza-philosophy, che di questi tempi trovi (cantata)<br />

in ogni stazione radio. Un altro viaggetto, insomma,<br />

nella grande città che somma le “nostre” città. Niente<br />

male, come esplorazione, anche se è ovvio che non<br />

spetta a noi dirlo. Voi, fatevi il viaggio, e poi dite se la<br />

mappa era buona. Non perdetevi. Anzi sì – meglio –<br />

perdetevi pure, che è divertente. Buon marzo.<br />

cristina lattuada<br />

les clones<br />

fabio lovino<br />

paolo madeddu<br />

maurizio marsico<br />

beba minna<br />

annalisa pagetti<br />

laetizia saubesty<br />

sonia sartori<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

CINESI DE ROMA<br />

Spett. <strong>Urban</strong>,<br />

ancora una volta, questa volta con la scusa del tai chi<br />

(<strong>Urban</strong> 25), si parla dell’Esquilino e di piazza Vittorio<br />

come un luogo da sogno dove convivono le culture.<br />

Invece è semplicemente un casino, una specie di suk,<br />

dove i romani cercano di passare il meno possibile.<br />

Un conto è la tolleranza, un conto è la propaganda e<br />

l’ammirazione per l’invasione che questa città meravigliosa<br />

sta subendo (…) adesso basta!<br />

Carlo, Roma (via e-mail)<br />

Che mi risulti, di barbari a Roma ne sono arrivati tanti,<br />

e Roma sta sempre lì, con i suoi romani (arabi, cinesi,<br />

africani e pure romani de Roma). Embeh? E poi (tieniti<br />

forte!) noi adoriamo i suk!<br />

TROPPO URBANO<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

quando passo da Milano ti cerco e ti leggo con gusto.<br />

Il problema è che abito in provincia (peggio! In<br />

Brianza), e mi chiedo perché non arrivate fin qui, invece<br />

di costringermi a fare su e giù col trenino. Sarò<br />

onesta, non è che lo faccio apposta, ma quando arrivo<br />

a Milano cerco subito il giornale. Che bello sarebbe<br />

averlo al bar del paese!<br />

Giovanna, Appiano Gentile (via e-mail)<br />

Mica siamo urbani per niente, no? Però, un po’ di pazienza...<br />

aspettati una sorpresa.<br />

Per scriverci l’indirizzo è:<br />

URBAN, via Tortona 27, 20144 Milano<br />

redazione@urbanmagazine.it<br />

p.d. sfornelli<br />

andrea spotorno<br />

squaz<br />

d.p. tesei<br />

gianni troilo<br />

A.R.<br />

URBAN 7


Roberto Cuoghi, 2003<br />

URBAN VOCI<br />

TETTEGUINNESS<br />

Qui sotto, il ritaglio di un prestigioso quotidiano nazionale con<br />

alcune signorine che fanno propaganda alle loro grazie. Tutto normale,<br />

se non fosse che due di loro vantano il record del mondo in<br />

materia di tette. Ok, d’accordo, si sa che la pubblicità è l’anima del<br />

commercio, ma è anche vero che qui l’anima non c’entra niente e<br />

si parla di corpi. Delle due, chi avrà ragione? Bisognerebbe presentarsi<br />

con un metro da sarta, ma francamente... Certo, la città come<br />

non l’avete mai vista... e come non l’avete mai misurata.<br />

Paola Pivi, Senza titolo (asino), 2003<br />

ARTEVERTICALE<br />

Fino ad aprile,<br />

a Milano, l’arte<br />

contemporanea<br />

occupa muri,<br />

spazi e angoli<br />

di città, sfratta<br />

gli annunci<br />

pubblicitari e<br />

si fa vedere<br />

Guardatevi intorno, nel caos della città. Cercateli con lo sguardo in mezzo al<br />

traffico (evitando magari di tamponare la macchina davanti!), provate a trovarli<br />

tra una vetrina e l’altra, mischiati ai pedoni o mimetizzati tra le automobili: I nuovi<br />

mostri sono arrivati in città. Migliaia di poster sparpagliati sui muri di Milano,<br />

per le piazze del centro e per le strade dell’hinterland. Una mostra d’arte a cielo<br />

aperto, a metà strada tra la pubblicità e i ta-tze-bao. Tutto legale, però, tranquilli.<br />

Sedici artisti chiamati dalla Fondazione Nicola Trussardi (www.fondazionenicolatrussardi.com)<br />

presentano le loro opere alla città attraverso dei manifesti che<br />

trovate appesi nelle bacheche del Comune, che in genere ospitano pubblicità.<br />

L’arte contemporanea racchiusa in un poster per un’allegra e irrivirente occupazione<br />

degli spazi urbani. Un’antologia da sfogliare muro dopo muro. Guardatevi<br />

intorno allora, e cercate con lo sguardo i goffi mostri di Roberto Cuoghi, le tute<br />

bianche di Andrea Salvino, le guerre in giro per il mondo di Massimo Grimaldi o<br />

l’asino solitario di Paola Pivi. Avete tempo fino ai primi di aprile.<br />

URBAN CRISTINA<br />

Cristina Zamagni, 37 anni, italiana di Rimini, fotografa molto quotata in Italia<br />

e all’estero, è l’autrice della copertina di questo numero di <strong>Urban</strong>. L’immagine<br />

è tratta da un suo lavoro sulla città soffice (Soft-City), oggetto di una sua personale<br />

alla Fotolibreria Agorà di Torino. Dal ’94 a oggi Cristina ha esposto<br />

i suoi lavori in decine di mostre, ha vinto premi importanti e ha un palmarès<br />

di tutto rispetto. A noi di <strong>Urban</strong> piace però soprattutto per il suo lavoro sulle<br />

città, soft o hard che siano... come non le avete mai viste, ovvio.<br />

URBAN 9


10 URBAN<br />

PAPPI CORSICATO,<br />

regista, raccontatore<br />

di storie, guarda Napoli<br />

ai suoi piedi dalla casa<br />

di Marechiaro.<br />

E racconta una vita di<br />

cinema, da New York<br />

a piazza Plebiscito<br />

L’OCCHIO<br />

DI<br />

NAPOLI<br />

testo: Monica Capuani / foto: Cricchi&Ferrante<br />

In una giornata di sole da cartolina, l’Eurostar mi sbarca<br />

a Napoli Mergellina. Rima a parte, questa piccola<br />

stazione dall’aria antiquata è di tutt’altro impatto rispetto<br />

alla Stazione Centrale per chi arriva nella città<br />

partenopea e non è abituato alla sua prepotente<br />

dirompenza. Salto su un taxi seguendo le indicazioni che<br />

Pappi Corsicato mi ha dato per arrivare da lui, a<br />

Marechiaro. Il primo della fila è Renato, che con fare<br />

gentile mi fa accomodare in vettura. “Abbondantino<br />

fuorimano”, dice quando gli do l’indirizzo. È un Califano<br />

col naso pre-bagordi, capello brizzolato lunghezza anni<br />

’70 e occhiali fumé che nascondono lo sguardo.<br />

Socializza, io lo ascolto, parlo al telefono e, in men che<br />

non si dica, capisce che faccio la giornalista e, chissà<br />

come, mi chiama col mio nome. Si lancia in spiegazioni<br />

da Cicerone, mi mostra commosso Capri, “isola dei<br />

Romani”, e mentre percorriamo via Posillipo sempre più a<br />

picco sul mare, dice con enfasi che stiamo per entrare in<br />

paradiso, ovvero a Marechiaro. Poi si informa sul ritorno<br />

e mi allunga il suo numero offrendosi di<br />

riaccompagnarmi. Per fortuna non lo chiamo, perché<br />

scoprirò – tornando in stazione – che mi ha fatto<br />

spendere il triplo del dovuto. Si vede che la simpatia è un<br />

extra, in taxi…<br />

URBAN 11


La villa di famiglia dove Pappi vive dall’infanzia, vicina a<br />

quelle degli zii e del nonno, nascoste tra la vegetazione, è<br />

un osservatorio su un Eden esclusivamente marino. È qui<br />

che lavora, che prepara il suo esordio alla regia teatrale, e<br />

viene naturale invidiargli il posto. Ci sediamo tra torri di<br />

cataloghi d’arte, cd, libri e un pianoforte a coda dove<br />

poggia una ricca collezione di teiere marocchine dai colori<br />

sgargianti e variopinti bicchieri antichi. Musica di<br />

sottofondo: le compilation di colonne sonore introvabili<br />

che lui riesce a procurarsi grazie a emissari sparsi tra<br />

Giappone e Stati Uniti. Davanti a noi c’è solo il mare, e<br />

una giornata quasi primaverile. Sotto la grande vetrata,<br />

un’insenatura che crea quasi una piscina naturale, dove ha<br />

girato qualche scena di Buchi neri. La conversazione non<br />

parte da Napoli, però. Ma da New York.<br />

“Ci andai nell’80 per scoprire chi ero veramente. Studiai<br />

danza con Alvin Aley, decisi anche di accostarmi alla<br />

recitazione, all’Accademia d’arte drammatica prima, e poi,<br />

grazie a Geraldine Barron, all’Actor’s Studio dove vidi<br />

lavorare attori come Shelley Winters, Paul Newman,<br />

Jessica Lange. La passione per il cinema l’avevo ereditata<br />

da papà, che adorava Bette Davis e Katharine Hepburn.”<br />

Ma in una famiglia di ingegneri e architetti con<br />

un’impresa di costruzioni tramandata di padre in figlio,<br />

si può al massimo fare architettura col sogno della<br />

scenografia. “Di fronte alla facoltà c’era un cinema<br />

d’éssai, costava 100 lire. Il corso di analisi matematica,<br />

tostissimo, era così affollato che un giorno uscii e me ne<br />

andai a vedere Saranno famosi. Lo vidi tutti i giorni per<br />

due settimane. I musical, da Fred Astaire e Ginger Rogers<br />

in poi, erano sempre stati la mia passione.”<br />

Nei primi cinque anni a New York, Pappi abita nel West<br />

Village, poi si sposta tra Tribeca, Soho, East Village, Fifth<br />

Avenue e Washington Square. Quando l’Aids cambia<br />

completamente lo scenario, va a vivere tra Park Avenue e<br />

72nd Street. “L’Upper East Side era una specie di mito,<br />

perché ero un superfan di Colazione da Tiffany.” Un<br />

giorno, in una piccola sala di Manhattan, vede La legge<br />

del desiderio (“Ci tornai circa tremila volte”) e ha una<br />

folgorazione per Pedro Almodovar. “La sua idea di<br />

cinema mi incoraggiò a fare regia. Tornato in Italia, seppi<br />

che era a Roma per ricevere il David. Feci dei debiti e mi<br />

precipitai all’Hotel de la Ville, dove avevo saputo che<br />

alloggiava. Gli mandai un mazzo di fiori e chiesi di<br />

incontrarlo qualche minuto. Mi offrii come assistente<br />

volontario e, tempo dopo, lui mi chiamò sul set di<br />

Legami! Rientrato a Napoli, alla fine degli anni ’80, che a<br />

New York erano stati un trionfo di vita artistica e di<br />

creatività, ero totalmente spaesato. La città era diversa,<br />

c’erano quartieri degradati che prima non avevo mai<br />

visto – Secondigliano, il 167 (dal numero della legge),<br />

Le Vele – e poi, sull’altro versante, una periferia di lusso<br />

altrettanto desolata come i grattacieli del Centro<br />

Direzionale, dove una certa borghesia si era del tutto<br />

omologata. Nella cultura napoletana, che è quella dei<br />

‘bassi’, le case sono vicine e i palazzi sono a dimensione<br />

più umana. Quel tentativo di riscoperta ha fatto sì che ci<br />

fosse molta Napoli nel cortometraggio Libera, che poi<br />

con l’aggiunta di altri due episodi è diventato il mio<br />

primo film.”<br />

Ai tempi della rinascita della città grazie al sindaco<br />

Bassolino, è stata l’arte contemporanea a far scendere<br />

Pappi Corsicato da Marechiaro per girare videoclip sui<br />

grandi artisti – da Anish Kapoor a Richard Serra, Rebecca<br />

Horn, Francesco Clemente, Anselm Kiefer, Jeff Koons –<br />

invitati in città da Edoardo Cicelin e Achille Bonito Oliva.<br />

“Poi, però, c’è stata una ricaduta perché Napoli, come i<br />

suoi abitanti, è incostante, dà tutto per scontato, dovuto,<br />

e chi se ne ’mporta. Oggi, di Napoli mi piacciono gli<br />

scorci risparmiati dai restauri troppo leccati che fanno<br />

Cinecittà, gli angoli lasciati in una commovente<br />

fatiscenza. Ci sono degli squarci al centro storico, intorno<br />

a via dei Cumani, che, se non fosse per l’arrivo di una<br />

macchina, ti danno l’illusione di essere ancora nel ’600.<br />

Mi piace assorbire la storia grazie a questo tipo di<br />

vibrazioni estetiche. In quei momenti, vieni investito da<br />

“oggi mi piace la napoli risparmiata dai restauri troppo leccati”<br />

quattro secoli in un colpo solo. Ho un rapporto speciale<br />

con piazza del Plebiscito, che ogni anno ospita una<br />

grande installazione d’arte contemporanea. Lì ho girato<br />

tanti di quei video, a tutte le ore, con tutti i climi, che<br />

quello spazio è diventato una specie di ossessione. È<br />

enorme, è un set cinematografico. Il parcheggio è stato<br />

smantellato e finalmente si vede quella meraviglia che è il<br />

Palazzo Reale. È una piazza imponente, il cuore di Napoli,<br />

dove si va a passeggiare con i bambini. Altra piazza che<br />

amo molto è San Domenico, dov’è il palazzo in cui il<br />

madrigalista Gesualdo da Venosa uccise sua moglie.<br />

Spesso ci vado a piedi: scendo a Mergellina da Posillipo,<br />

parcheggio e, a piedi, faccio via Comunale fino a via<br />

Chiaia, piazza Municipio, e sono arrivato.”<br />

La napoletanità di Pappi? “È in una certa ironia che<br />

non scade nella spacconaggine, in una certa joie de vivre.<br />

Ma mi sento anche molto Rossella O’Hara: ‘Domani è un<br />

altro giorno’”. Per quanto riguarda il cibo, Pappi (che<br />

mangia al Leon d’Oro in piazza Dante, alla Bersagliera, e<br />

a La Vela a Marechiaro; per la pasticceria, rigorosamente<br />

Moccia) è un po’ atipico per essere napoletano, visto che<br />

non ama né il pesce né il caffè. Il ragù sì, però, e voci<br />

accreditate dicono che sua madre lo faccia davvero come<br />

la tradizione comanda. Si è fatta l’una e mezzo. “Pappi, il<br />

pranzo è pronto!”, esclama una voce femminile dall’altra<br />

stanza. “Arrivo…”. Io devo rientrare di corsa a Roma,<br />

purtroppo. Uscendo mi ritrovo nella piscina in cui è girato<br />

Chimera. E sul treno penso che forse mi sono persa il<br />

ragù del secolo. Più saporito di quello, mitico, di Donna<br />

Rosa Priore. Accidenti a <strong>Urban</strong>!<br />

URBAN 13


Benvenuto è angolano e di mestiere fa il<br />

programmatore informatico. Da un anno la fede lo ha<br />

trasformato in Pastore. “Sapevo parlare bene ai fratelli”,<br />

dice: una predisposizione naturale. Aspetta sulla porta<br />

l’arrivo cadenzato dei fedeli, una stretta di mano, un<br />

saluto fatto con tre toccate reciproche di tempie, l’inizio<br />

della predica che tarda. “Sapete com’è – sorride sornione<br />

– gli africani perdono il pelo, ma non il vizio di arrivare in<br />

ritardo”. Toni pacati quando racconta, dal suo metro e<br />

novanta di altezza, come sia dovuto scappare quindici<br />

anni fa dai disastri del colonialismo portoghese. Fervore<br />

religioso ora che si tratta di celebrare le lodi del Signore<br />

dinanzi alla sua nuova famiglia. Il gigantesco impianto<br />

stereo, quattro casse Bose agli angoli del capannone del<br />

Christian Centre di via Gadames 121, a Milano,<br />

amplificano la profonda voce di Benvenuto che stenta a<br />

emergere. I suoi avversari, un nutrito gruppo di musicisti,<br />

tre coristi che poi diventano quattro e l’oratore principale<br />

del quale traduce i testi. Dal francese all’italiano con un<br />

sottofondo costante di ligala, il dialetto diffuso in Congo,<br />

Camerun, Angola. Vengono un po’ tutti da quelle parti i<br />

fedeli del pomeriggio, separati anche a migliaia di<br />

chilometri dalle scelte operate in Europa secoli prima.<br />

Alla domenica mattina gli anglofoni, adesso i francofoni.<br />

Una babele di lingue che s’innalza al cielo, in un<br />

crescendo polifonico dove non c’è schema, limite,<br />

contenimento. Chiunque può parlare, tutti pregano a loro<br />

modo. Il ragazzo in abito blu, fisico watusso, braccia<br />

allargate, un sorriso beato e un fazzoletto nella mano<br />

sinistra per asciugare le lacrime di gioia. Le tante mamas<br />

che affollano la chiesa evangelista in abiti sontuosi,<br />

acconciature elaborate, battendo le mani e accennando<br />

ritmi afro. Un altro passa tutto il tempo seduto con il capo<br />

reclinato in avanti e snocciola preghiere indistinguibili.<br />

Intorno a lui il rituale ossessivo della musica tradizionale<br />

avvolge la predica bilingue, le esclamazioni di fede urlate<br />

ai quattro venti, la mistica collettiva che si realizza.<br />

Eppure, nonostante il volume abbia raggiunto livelli<br />

inimmaginabili in qualsiasi altra sede di culto, la chitarra<br />

elettrica faccia fatica a non andare in controtempo, la<br />

grancassa continui a esplodere tuoni viscerali, nonostante<br />

tutto, ognuno riesce a trovare uno spazio interiore dove<br />

pregare il suo Signore.<br />

Un bimbetto di una manciata d’anni, che fino a ora aveva<br />

giocato con i pennarelli della sua vicina, si gira sulla sedia<br />

con occhi raggianti e bianco candore di denti per<br />

annunciare: “Restate con noi, adesso si balla!”. Deve aver<br />

colto qualcosa nella predica che è sfuggito ai profani,<br />

perché di lì a poco, cambia lo scenario. Tutti i piccoli<br />

presenti in sala si raccolgono davanti al palco, fronte al<br />

pubblico, gli uomini in gessato alla Spike Lee e le donne<br />

in tailleur o in variopinte fantasie stampate si alzano<br />

all’unisono e parte la danza. Dall’adorazione alle lodi del<br />

Signore, le mani mimano movimenti antichi, l’Africa torna<br />

a farsi viva nella sua forma tribale e collettiva. La<br />

comunità si ritrova nei passi ritmati dai bonghi e nelle<br />

parole tratte dalla Bibbia. Il crescendo sembra non aver<br />

fine, ben oltre le notevoli potenzialità dell’amplificatore.<br />

14 URBAN<br />

Se c’è qualcuno lassù, oltre i pazienti condomini, è<br />

impossibile che non li senta.<br />

Spetta all’Evangelista venuto dal Belgio riportare un po’<br />

di calma, la musica lascia spazio a toni suadenti per<br />

raccontare il capitolo III, versetto 21 della Genesi: la storia<br />

del peccato originale è interpretata con enfasi e<br />

trasporto, lo sguardo lontano, un continuo muoversi sul<br />

palco. Benvenuto fatica a rincorrere l’invitato straniero, lo<br />

traduce e ne riprende il fervido gesticolare che descrive le<br />

tentazioni del viscido serpente, il furto della mela e la<br />

conseguente condanna a lavorare per il resto della vita,<br />

dannazione! Tutto mimato, interpretato, reso colorito e<br />

avvincente dal duetto di agili teatranti.<br />

La musica ritorna, prima lenta poi sempre più alta, si<br />

inserisce anche il Profeta, che ci tiene, nonostante<br />

l’influenza, a partecipare attivamente alla celebrazione.<br />

Una raffica di Alleluia esplode nei microfoni, fanno eco i<br />

fedeli, il capannone è invaso per l’ultima volta, prima di<br />

un lungo applauso e le strette di mano. La messa è finita,<br />

dopo tre ore, potete andare in pace.<br />

SECONDO NOI IL SIGNORE è un tipo allegro, ed è<br />

contento se i suoi fedeli pregano con gioia. Per questo<br />

siamo andati a una messa particolare. Un tuffo nella<br />

spiritualità africana, tra gospel, chitarre elettriche,<br />

sermoni e bimbi che ballano. Mama Africa, a Milano<br />

testo: Christian Carosi / foto: Cesare Cicardini<br />

UNDIODACANTARE URBAN 15


ROMAPETITBAZAR<br />

HA GIRATO IL MONDO. Ha lavorato nella grande moda, nei villaggi turistici, nella tivù, senza mai<br />

smettere di viaggiare. Ora Simona Calcagno ha un piccolo bazar, a Roma. E il mondo lo vende<br />

testo: Daniela Amenta / foto: Gianni Troilo<br />

La colonna sonora potrebbe essere affidata a Duke<br />

Ellington. O a Dizzy Gillespie. Qualcosa a metà tra<br />

Sophisticated Lady e A Night in Tunisia, per intenderci.<br />

Qualcosa di apolide e cosmopolita per sonorizzare un<br />

luogo che ne contiene molti. E una storia che ne<br />

racchiude parecchie altre.<br />

Roma, interno giorno. Il luogo è Altrove (via della Luce<br />

35/b, tel. 06-58310042), praticamente il cuore di<br />

Trastevere. La storia la racconta Simona Calcagno,<br />

proprietaria del più piccolo suk d’Occidente. Prego,<br />

accomodatevi. Qui il superfluo diventa uno stato<br />

dell’anima indispensabile. Incuriosisce quel copricapo<br />

mongolo? Non c’è problema. La Lady vi racconterà chi lo<br />

portava e perché, quando indossarlo e come.<br />

O come far crescere in casa una minuscola piantina di<br />

quadrifogli o come brindare con gli antichi e curiosi<br />

bicchieri senza base – i pomponette – che non si<br />

poggiano da nessuna parte. Si tengono in mano, si beve,<br />

nel breve spazio del rituale della conversazione. Poi, via,<br />

nel ghiaccio. E che dire di quel soprabito afgano, il<br />

chapman? Si porta così, in questo modo. Il modo è la<br />

porta di accesso trasversale alla moda pensata e<br />

realizzata con piglio d’artigiano. La piccola donna ha la<br />

erre moscia e parla, gesticola, vende dorje in cristallo<br />

dell’Himalaya e tappeti in rafia del Grande Atlas. Per ogni<br />

oggetto c’è un racconto narrato dalla Lady. Alle spalle una<br />

sequenza infinita di esperienze: capo villaggio al Club<br />

Med di Marrakesh, animatrice in Guadalupa, proprietaria<br />

di una discoteca in Turchia, tv consulting della Cbs, e<br />

dirigente di Odeon Tv ai tempi in cui, con Calisto Tanzi,<br />

sorvolava Parma a bordo di un elicottero privato.<br />

Somiglia a un griot, Simona. Un cantastorie d’Africa,<br />

quelli che attraversano i villaggi per spiegare alla gente<br />

assiepata in piazza cosa è successo a Dakar. “Distribuivo<br />

le serie televisive americane e le proponevo alle reti in<br />

Italia. Soap, film, telenovela. Da Perry Mason ai Confini<br />

della realtà fino ai Simpson. È un mercato durissimo. Ma è<br />

un mercato e io nei bazar mi ci trovo a meraviglia.” E<br />

parla, con questa erre snobissima, mescolando parole<br />

inglesi e francesi. Parla e incanta, sovrapponendo i tour<br />

de force a Cannes per visionare i nuovi telefilm e i viaggi<br />

in Anatolia. Parla e mostra i gioielli che crea, d’acciaio e<br />

brillanti. Gioielli astrali, li chiama. Per ogni segno una<br />

spilla con le stelle dello zodiaco. “Dribblai Pierre Cardin a<br />

una festa e gli presentai la mia collezione.<br />

Gli strappai un appuntamento. Quando mi presentai nel<br />

suo ufficio, la segretaria mi disse ‘Monsieur ha pochi<br />

minuti’. Invece restammo a discutere per due ore e<br />

progettare la diffusione dei gioielli. Ma poi, purtroppo,<br />

l’affare saltò. ”<br />

Trionfo del tatto, della vista e dell’olfatto (zenzero?<br />

pepe?). Prendi quel set di lenzuola da viaggio, in seta<br />

rossa. Entrano in tasca, avrebbero fatto la gioia di<br />

Chatwin. Quando arriva lo “spacciatore” di stoffe, un<br />

carovaniere derviscio, è una festa. Simona realizza e<br />

inventa una sfilata su due piedi insieme ai clienti.<br />

“Con questo taglio ci facciamo una gonna, e guarda qui,<br />

guarda che colori…” Riconosce i tessuti con uno sguardo,<br />

una carezza. Saranno i prossimi capi “etno-trash” di<br />

Simona. Quasi li vedi. “Sono stata il controllore di qualità<br />

alla maison di Ungaro, in avenue Montaigne, a Parigi.” E<br />

parla di uno dei templi dell’alta moda come del bungalow<br />

in riva al mare delle Antille. E ride. E va veloce. “Perché c’è<br />

sempre da partire, andare a vedere, andare a comprare<br />

nuovi oggetti nel mondo.” Riempire macchine, spedire<br />

casse, scegliere. “Raccogliere culture per farle vivere più a<br />

lungo possibile. Riadattarle a noi ma con rispetto.<br />

Il mio sogno ora è accogliere artigiani anche principianti,<br />

e insieme riprodurre le arti più antiche.<br />

Il compito che mi sono assegnata è restaurare le<br />

magnifiche ‘pezze’ che ci arrivano, con le nostre carovane,<br />

inviate nell'altrove. Lembi di culture in perdizione e<br />

trattenerle, salvarle, valorizzarle, costruirci intorno la<br />

moda. È riconoscere in un ‘gesto’ antico e tradizionale,<br />

l'attualità che lo inserisce nel nostro mondo moderno<br />

dell'apparire”.<br />

Vestiti che parlano la lingua del sacro, del prezioso<br />

e del bello. Così lontano, così vicino.<br />

16 URBAN URBAN 17


TUTTI LO<br />

CERCANO, TUTTI<br />

LO VOGLIONO, è la<br />

star del momento.<br />

Ma lui ostenta una<br />

sacrosanta<br />

diffidenza: “Feste?<br />

Quali feste? Io<br />

trovo divertente<br />

leggere in<br />

bagno!”. Piccola<br />

intervista con<br />

Caparezza, uno<br />

che vuole uscire<br />

dal tunnel...<br />

Grazie al singolo Fuori dal tunnel, in classifica su radio,<br />

tv e giornali, il suo faccione da finto profeta è<br />

dappertutto. Merito di un insperato richiamo<br />

all’intelligenza individuale, subito raccolto da chi,<br />

evidentemente, non si è ancora addormentato davanti al<br />

(media)video. Risultato: i giornali se lo litigano, le tv pure,<br />

le radio non ne parliamo. Ma chi è, davvero, Caparezza?<br />

All’anagrafe è registrato come Michele Salvemini, nato a<br />

Molfetta più o meno 29 anni fa. A Sanremo come Miki<br />

Mix, in gara nel 1996 con un brano intitolato E la notte<br />

se ne va e relativo album, spariti in breve nel nulla, come<br />

la sua ambigua immagine da rapper patinato. Aver<br />

cominciato dal peggio gli è servito, però, visto che<br />

adesso, in Italia, ovunque, è solo Caparezza (“testariccia”,<br />

amici del nord), professione “disoccupato con l’alibi<br />

dell’arte”, due album ufficiali all’attivo (?!, del 2000, e il<br />

più recente Verità supposte) e altre 3/4 prove in proprio<br />

(Ricomincio da capa, Zappa e Con Caparezza nella<br />

monnezza, tutti del 1999) che sono servite da<br />

laboratorio. In attesa di incontrarlo a Molfetta, la sua<br />

metropoli, ecco un rapido ma significativo scambio di<br />

mail…<br />

Il secondo album è davvero sempre il più difficile?<br />

Per quanto mi riguarda sì… poi ognuno c’ha le sue<br />

fisse…<br />

Tutta Italia canta “Sono fuori dal tunnelellellell del<br />

divertimentooooo”: te l’aspettavi?<br />

Assolutamente no.<br />

Cosa ti ricordi di quando eri dentro al tunnel?<br />

Era tutto così buio… e più mi inoltravo meno riuscivo a<br />

respirare.<br />

Nel “tunnel” ci racconti tutto quello che non ti piace<br />

dell’industria del divertimento a tutti i costi. Parliamo<br />

di quello che ti piace. Come deve essere una festa?<br />

Quale festa? Io posso divertirmi anche al di fuori di una<br />

festa… Per dirla tutta trovo che sia divertente leggere in<br />

bagno.<br />

Come ti immagini il tuo locale preferito?<br />

CAPATOSTA<br />

testo: Luca Bernini / foto: Fabio Lovino<br />

Senza mura.<br />

Le ragazze?<br />

Mogli e buoi dei paesi miei.<br />

Tu vivi a Molfetta. Perché?<br />

Sono nato e vissuto lì… so che sembra scontato...<br />

Cosa ti piace di più e cosa di meno della tua città?<br />

Mi piace la mia città quando è sincera e non insozzata<br />

dal fighettume di turno.<br />

Hai mai vissuto in una grande città?<br />

Circa 7 anni a Milano.<br />

Come la vorresti?<br />

La vorrei grande, tipo Molfetta…<br />

C’è una cura “Caparezza” per l’Italia che racconti?<br />

Se parliamo di supposte credo di sì…<br />

Freak Antoni diceva “Non c’è gusto in Italia a essere<br />

intelligenti”: concordi?<br />

Io credo che ci sia gusto a essere intelligenti quando tutti<br />

sono stupidi.<br />

Parliamo di te: l’oggetto a cui sei più legato?<br />

Non mi lego agli oggetti.<br />

La tua foto preferita?<br />

Quelle dove esco sfuocato…<br />

Cosa ti intristisce e cosa ti mette di buon umore?<br />

Il buon umore mi intristisce, e la tristezza mi diverte<br />

alquanto.<br />

Il viaggio che non hai ancora fatto?<br />

Induno Olona.<br />

Quello che rifaresti?<br />

La Giordania.<br />

L’ironia è…<br />

Necessaria.<br />

Il razzismo è…<br />

Scontato.<br />

Ti gusta la zizza piena: sei innamorato delle donne o<br />

di una sola?<br />

Sono innamorato delle zizze.<br />

Cosa hai fatto (o non hai fatto) per una donna?<br />

Parafrasando Jovanotti: “So fare poco ma quel che faccio<br />

provo a farlo bene”.<br />

La cosa che ti ha più ferito nella vita è stata...<br />

Un tavolo di cristallo nel gomito.<br />

La soddisfazione più grande…?<br />

Mettersi tre punti sul gomito senza anestesia.<br />

La volta che ti sei sentito più in imbarazzo?<br />

Quando mi hanno chiesto “Che significa Caparezza?”<br />

La radio, la tv, internet, i giornali: quale media ti piace<br />

e da quale ti difendi?<br />

Io credo di essere un media, in senso lato… e mi difendo<br />

da tutti gli altri… solo che non mi piaccio…<br />

Cosa guardi in tv?<br />

Poca roba.<br />

Cosa ti fa schifo e cosa ti piace?<br />

Mi fa schifo la tv di costume spicciola e mi piacciono i<br />

programmi dove paraculano la tv di costume spicciola.<br />

Perché la Puglia è il centro d’Italia in questo<br />

momento?<br />

Credi?<br />

Cos’è il mare per te?<br />

Il mare d’estate dalle mie parti è invivibile… preferisco la<br />

montagna, più solitaria e riflessiva…<br />

E la marja?<br />

Ognuno è devoto alla sua Maria…<br />

A cosa non rinunceresti mai?<br />

Non lo so…<br />

L’ultimo libro che hai letto è…<br />

Dai ricordi di un fuoriuscito di Gaetano Salvemini.<br />

E invece il film?<br />

Le invasioni barbariche.<br />

Quale testo dei tuoi fai più fatica a rappare?<br />

Hanno una difficoltà standard.<br />

… for president: metti un nome al posto dei puntini.<br />

Giulietto Chiesa.<br />

La politica?<br />

Necessaria.<br />

Hai simpatie di qualche tipo?<br />

Se alludi al tipo politico… credo che ci sia la sinistra,<br />

il centrosinistra che poi è la destra, e poi c’è la<br />

fantascienza… in genere sono abituato a non credere<br />

alla fantascienza.<br />

Il terzo album è sempre il più…<br />

No… credo che sia sempre il meno…<br />

18 URBAN URBAN 19


22 URBAN<br />

MAGICATORINO<br />

<strong>LA</strong> CITTÀ DEI SATANISTI? Un luogo comune. Ma a Torino la magia è di casa<br />

lo stesso, con i suoi simboli e i suoi luoghi segreti. Viaggio spericolato tra gli<br />

elementi e gli angoli di una città che – bianca o nera – alla magia ci crede<br />

testo: Maurizio Marsico / foto: Cesare Cicardini<br />

URBAN 23


UNA <strong>CITTà</strong> IN CUI <strong>LA</strong> MAGIA STA DAPPERTUTTO... PERSINO AI GIARDINI REALI, PER UNA PRESENTAZIONE FIAT...<br />

Il tempo di un giro di tacco scaramantico sui “gioielli” del<br />

torello, in galleria Vittorio Emanuele a Milano, e veloce come<br />

un intercity sono già a Torino Porta Susa, destinazione<br />

piazza Statuto e poi via, in via San Donato, dove incontro<br />

Giuditta Dembech, classe 1937, autrice del best-seller<br />

Torino Magica (Edizioni l’Ariete, volume 1 e 2) a casa sua.<br />

Una casa luminosa e letteralmente piena di angeli, angeli<br />

e ancora angeli. Una bottiglietta a forma di Madonna<br />

(provenienza Lourdes) con (probabilmente) acqua santa<br />

inside è sulla scrivania, e qui e là c’è pure qualche Budda<br />

che, dall’alto del suo nirvana, protegge le stanze. Come dire:<br />

non ci credo, ma mi adeguo. Torino Magica è un libro che<br />

dagli anni ’70 a oggi continua a vendere, a essere<br />

ripubblicato di anno in anno e aggiornato con fatti, notizie<br />

e leggende che attestano la città come il vero capoluogo<br />

esoterico dello stivale. Perché Augusta Taurinorum è<br />

bella e drammatica, magica ed enigmatica, decadente e<br />

austera, ma anche vero e proprio laboratorio alchemico.<br />

Dove, in una dimensione parallela invisibile e occulta,<br />

le forze evolutive del “bene” convivono con quelle<br />

distruttive del “male” in straordinario equilibrismo.<br />

Una città di luce e tenebre, di benessere e di malessere.<br />

Di energie, di forze sottili, di forme-pensiero. Di fiumi<br />

e di monti. Bianca e nera. Oscura e solare. Angelica<br />

e demoniaca. O almeno, così la “vede” la Dembech.<br />

La tradizione esoterica più antica la vuole inserita sia<br />

nel triangolo della magia bianca con Praga e Lione, che<br />

in quello del satanismo con Londra e San Francisco.<br />

Qui si giocherebbe il derby apocalittico tra le creature<br />

celesti e gli esseri infernali. Botte da orbi. Sopra questo<br />

cielo opaco e giù nelle profondissime intimità del<br />

sottosuolo chissà quali battaglie, quali scontri…<br />

Ma camminando per le piazze e per le vie, a prima vista<br />

tutto questo non appare, non si vedono codoni e<br />

zampini e nemmeno battiti d’ali folgoranti. Sembra però<br />

più bella di Milano, quello sì, il che è tutto dire, vista la<br />

reputazione. Ma dov’è la magia? Dove la stregoneria?<br />

“Un’immagine simbolo, che rende bene l’identità della<br />

Torino di oggi, si trova adesso al Museo del Cinema<br />

sotto la Mole, dove forse a caso (ma il caso non esiste),<br />

hanno messo a fianco della statua in rame dell’angelo<br />

Tauriel (che un tempo svettava sulla Mole) un<br />

inquietante Moloch”, dice la Dembech.<br />

Bisogna finirla con il luogo comune che identifica la città<br />

come demoniaca, maligna e satanica soltanto. Torino per<br />

fortuna non è solo questo, è anche una città di luce. Una<br />

città che possiede i suoi talismani bianchi come la<br />

Sindone, o il tempio della Gran Madre.<br />

Una città dove gli opposti sono in straordinaria<br />

armonia”, così mi illumina la signora Dembech. “Il<br />

fulcro della zona bianca è l’area di piazza Castello.<br />

Qui le energie fluiscono attraverso i canali simbolici<br />

rappresentati dai quattro elementi. Il Duomo con la<br />

Sindone, centro protettivo che emana l’elemento<br />

‘fuoco’. Il varco tra i Dioscuri, all’entrata dei Giardini<br />

Reali, dove si propaga l’energia rigenerante<br />

dell’elemento ‘aria’. La fontana dei Tritoni all’interno<br />

dei Giardini Reali, dove invece troviamo l’energia<br />

intuitiva dell’elemento ‘acqua’. E la grotta alchemica,<br />

presente nel sottosuolo e non visibile ai più,<br />

catalizzatrice delle energie telluriche rappresentate<br />

dall’elemento ‘terra’. Tutti questi luoghi magici si<br />

trovano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro.”<br />

Perbacco.<br />

Si vabbè, ma a Torino non c’erano 40.000 satanisti,<br />

faccio io (ben sapendo che l’argomento non incontra<br />

proprio il suo massimo gradimento)? “Sciocchezze.<br />

Quelli veri sono pochi e stanno bene attenti a non farsi<br />

scoprire, sono persone di potere che evitano i luoghi<br />

‘satanici’ da cartolina che qui ormai conoscono tutti,<br />

come il vecchio cimitero dei nobili o la Rella Rosin,<br />

dove sui ruderi di una chiesa sconsacrata si officiavano<br />

messe nere. Il centro diabolico della città è invece<br />

piazza Statuto, dove si trova un obelisco su cui a volte<br />

appaiono scritte sataniche, proprio lì sotto c’è la<br />

centrale fognaria cittadina, ed è una zona dove<br />

transitano tossicomani in pena. Sempre qui, una<br />

ventina d’anni fa, mentre da un’altra parte della città<br />

andava in scena un carnevale allegorico – che<br />

rappresentava in modo molto realistico un sabba (teste<br />

di caprone mozzate comprese) – il cinema Statuto<br />

andava a fuoco. Sessantaquattro le vittime. Trentuno<br />

uomini, trentuno donne. Un bambino e una bambina.<br />

Sulle ceneri del cinema hanno costruito poi un edificio,<br />

ma che per moltissimo tempo è rimasto disabitato…<br />

Ma così si entra nel regno dell’imponderabile…”<br />

Ma è proprio a due passi da qui!, penso a voce alta. “Sì,<br />

ma come può vedere, c’è un campanile da un lato e un<br />

campanile (con un bellissimo angelo) dall’altro”, mi<br />

conforta Giuditta Dembech. Ah, beh!<br />

Allora, via, andiamo a dare un’occhiata alla fontana<br />

“angelica” di piazza Solferino, con le due figure maschili<br />

che apparentemente rappresentano l’autunno e<br />

l’inverno, mentre esotericamente (Dembech docet)<br />

simboleggiano i due Giovanni: l’Evangelista e<br />

l’Annunciatore, il Giovanni che ride e il Giovanni che<br />

piange… e così mi torna in mente un altro Giovanni, che<br />

a Torino è figura imprescindibile… Speravo di trovare la<br />

mia guida impreparata? Macchè, la Dembech parte in<br />

quarta: “L’Avvocato si interessava agli aspetti esoterici<br />

della città e so per certo che ha letto alcuni dei miei libri.<br />

Era molto amato, persino dagli operai più umili, e ha<br />

avuto un funerale degno di un faraone. Mi ricordo anche<br />

una strana coincidenza: in occasione della presentazione<br />

di un nuovo modello di automobile (non mi ricordo se<br />

fosse una Punto o una Panda), si chiusero i Giardini<br />

Reali, allestiti e notevolmente abbelliti per l’occasione.<br />

Poi, durante la presentazione la nuova vettura compì tre<br />

giri completi. Tre giri rituali importantissimi dal punto di<br />

vista simbolico. Chissà…”. Affascinante ipotesi, anche se<br />

mi costringo a restare con i piedi per terra prima di<br />

cadere vittima della vertigine tra analogie, coincidenze,<br />

dietrologia…<br />

Mah. Angeli e angeli caduti. Ciò che sta in alto e ciò<br />

che sta in basso. Caso, sorpresa, fortuna, malasorte e<br />

caos. Incantesimi, miracoli e fatture. È già tutto scritto<br />

nel destino? Il presente è solo una delle tante realtà<br />

dell’immaginazione? Ma quale realtà? Quale<br />

immaginazione? Sogniamo o siamo sognati?<br />

Enigmi marzulliani mi affollano i pensieri mentre<br />

passeggio in una Torino come da copione grigia…<br />

Forse decriptare il presente sotto forma di presagi non<br />

è affatto sano. Però, osservando un po’ meglio inizio ad<br />

accorgermi di piccoli particolari a cui prima non avevo<br />

fatto caso: toh, una fioriera nel giardino con testa di<br />

diavolo… e guarda, guarda lì… c’è un bassorilievo con<br />

il muso da gargoyle … e là un battiporta a forma di<br />

caprone. Ma soprattutto: Cosa ci fa questa stella a<br />

cinque punte intarsiata nel pavè? Boh, meglio andare,<br />

comunque…<br />

URBAN 25


CLOWNFASHION<br />

Les clones sono i gemellini techno-house che fanno ballare<br />

la francia. mischiano di tutto, come anche la moda dovrebbe fare.<br />

Invece di farli suonare, li abbiamo fotografati. ne è venuto<br />

fuori un circo. Il circo della moda?<br />

ANNA: GIACCA MOSCHINO CHEAP&CHIC, SHORT ANTEPRIMA<br />

URBAN 27


28 URBAN<br />

clone: T-SHIRT Engel Hart / anna: VESTITO Sybilla, CINTURA Junko Shimada, ORECCHINI Tsumori Chisato<br />

Anna: MINIGONNA GF Ferré, SCARPE Bruno Frisoni / Olga: TOP E SCARPE Junko Shimada<br />

URBAN 29


30 URBAN<br />

JACQUELINE: TUTA RO<strong>MAI</strong>N KREMER, SHOES BRUNO FRISONI / CLONE: GIACCA PETAR PETROV, OCCHIALI BENÖIT MISSOLIN<br />

Olga: TOP Benöit Missolin, SHORT Lie Sang Bong / Clone: T-SHIRT Jack Henry<br />

URBAN 31


PHOTO&ILLUSTRATIONS: FELIX <strong>LA</strong>RHER@<strong>LA</strong>BO MANAGEMENT<br />

STYLIST: <strong>LA</strong>ETIZIA SAUBESTY<br />

MODELS: ANNA@KARIN / OLGA@NEXT / JACQUELINE / LES CLONES (WWW.CLONESOUND.COM)<br />

MAKE UP: VIKTORIA SORENSDOTTER@<strong>LA</strong>BO MANAGEMENT<br />

SPECIAL THANKS: NICO & JULIEN<br />

32 URBAN<br />

OLGA: TOP TSUMORO CHISATO, PANTALONI PREEN, ORECCHINI YOSHIKO CREATION PARIS


GUIDA|MARZO<br />

Carol Rama, Die sonne steht hoch, 1954<br />

MUSICA 36<br />

MEDIA 42<br />

LIBRI 45<br />

FILM 46<br />

<strong>LA</strong> STAR DEL MESE: Carol Rama.<br />

Torino, Fondazione Re Rebaudengo, 9 marzo - 6 giugno<br />

I VOTI DI URBAN<br />

BUONI E CATTIVI<br />

CAPO<strong>LA</strong>VORO<br />

Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />

GRANDE<br />

Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />

BUONO<br />

Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />

VABBÈ<br />

Coraggio, consideriamola una prova generale<br />

BLEAH!<br />

Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />

HA DISEGNATO QUESTO MESE PER URBAN<br />

Fumettista e illustratore underground, Squaz, alias<br />

Pasquale Todisco, ha pubblicato su diversi periodici<br />

italiani e stranieri e partecipato a mostre in giro per<br />

il mondo. Vive (e disegna) a Milano.<br />

opere di Franco Matticchio, da sinistra a destra Il Cactus; La ballerina del tempo<br />

TEATRO 48<br />

ARTE 51<br />

SHOPPING 53<br />

CLUB 55<br />

Eccoci qui, gente. Siamo in quella strana terra di nessuno<br />

che non è più inverno e non è ancora primavera.<br />

O meglio: chi si tiene la sua copia di <strong>Urban</strong> a portata di<br />

mano (consultare prima dell’uso... di qualsiasi cosa), comincia<br />

a leggere che è ancora inverno e finisce che è<br />

primavera conclamata. Però, prima che vi lanciate in uno<br />

di quegli ottovolanti di luoghi comuni che in questo<br />

Paese abbondano diciamo subito: non ce ne frega niente<br />

se le stagioni sono come quelle di una volta, di più,<br />

di meno o cose così.<br />

Ci riguarda, invece, la forma che prende la città. Perché<br />

diventa più verde (anche quel poco verde spelacchiato,<br />

diciamo, sembra irrimediabilmente intenzionato ad<br />

essere più verde). Perché si esce di più – più volentieri –<br />

e dunque la città la si usa di più. E poi perché capita in<br />

FOOD: Milano 57<br />

Roma 61<br />

Bologna 65<br />

Torino 67<br />

Napoli 69<br />

DENTRO <strong>LA</strong> CITTA,<br />

RESTANDO FUORI<br />

Marzo: ora si può “uscire” senza necessariamente “entrare” da un’altra parte<br />

ROMA / Van Morrison<br />

Inutile ogni definizione, ogni tentativo<br />

di biografia. Il fatto è semplice: al<br />

Nuovo Auditorium Parco della Musica<br />

la sera del 17 marzo c’è il concerto di<br />

Van Morrison. “Van the man”, grande<br />

signore del palco, approda a Roma per<br />

offrire poesia e le migliori perle della<br />

sua carriera di irascibile irlandese, folk<br />

singer (ma non solo) e gigantesco interprete<br />

bianco del rhythm’n’blues.<br />

I biglietti vanno dai 18 ai 50 euro.<br />

Informazioni allo 06-328171 e su<br />

www.auditoriumroma.com.<br />

17 marzo<br />

MI<strong>LA</strong>NO / Fiera del consumo critico<br />

Fa’ la cosa giusta!, la prima fiera del<br />

consumo critico, approda in via<br />

Tortona 27 al SuperstudioPiù.<br />

Sciegliete pure tra 100 stand, libreria<br />

tematica, postazioni internet, ristorazione<br />

bio-equa, giochi e simulazione<br />

di consumo critico (anche per bimbi),<br />

incontri e seminari su commercio<br />

equo e solidale, finanza etica, agricoltura<br />

biologica, mobilità sostenibile,<br />

turismo responsabile, gruppi di acquisto<br />

solidale, energie alternative e rinnovabili,<br />

pace e non violenza. www.falacosagiusta.org.<br />

13 -14 marzo<br />

primavera che alcuni spazi apparentemente abbandonati<br />

vengano inghiottiti dalla vita. Finalmente si può “star<br />

fuori”, il che significa tavolini all’aperto (a Roma e<br />

Napoli è la norma, ma a Milano la lotta contro asfalto e<br />

lamiere si fa epocale), spettacoli all’aperto, aperitivi all’aperto<br />

e tutto il resto che è meglio fare all’aperto.<br />

Dunque vien da guardare con più attenzione la città “di<br />

fuori”, e con essa scoprire nuovi angoli e nuovi percorsi,<br />

il che significa anche nuovi (diciamo: stagionali) modi di<br />

usare quel che ci gira intorno. Riusciremo per i prossimi<br />

mesi ad avere nuovi sguardi, a scorgere angoli che ci<br />

erano preclusi? Ci proveremo, naturalmente, a partire<br />

da queste pagine e da quelle dei prossimi mesi.<br />

Dopotutto, anche fuori, siamo sempre dentro. In città.<br />

A.R.<br />

Franco<br />

Matticchio,<br />

illustratore del<br />

Corriere della<br />

Sera, di The New<br />

Yorker, Linus,<br />

Diario e<br />

Internazionale,<br />

sa anche<br />

dipingere. E<br />

bene. Vedere per<br />

credere le18 tele<br />

in esposizione<br />

alla Galleria<br />

Nuages. A<br />

Milano, fino<br />

al 13 marzo<br />

L , AFRICA, L , IR<strong>LA</strong>NDA E <strong>LA</strong> COSA GIUSTA<br />

TO-MI-RO / Cinema africano<br />

Il nome esatto è Festival del cinema<br />

africano, d’Asia e America Latina. Si<br />

comincia a Milano (22-28 marzo)<br />

con il Concorso Finestre sul Mondo,<br />

cioè lungometraggi provenienti da<br />

Africa, Asia e America Latina, concorso<br />

cortometraggi, lungometraggi,<br />

documentari e non fiction africani,<br />

fuoriconcorso e retrospettiva. Ci si<br />

sposta poi a Torino (3-6 aprile) e a<br />

Roma (31 marzo - 8 aprile). Vari i<br />

luoghi, documentarsi bene sul sito:<br />

www.festivalcinemaafricano.org.<br />

22 marzo - 8 aprile<br />

URBAN 35


36 URBAN<br />

FNAC HITS<br />

La musica che gira intorno<br />

e gli italiani che colpiscono<br />

ancora. Ecco il prodotto nazionale<br />

più comprato in<br />

febbraio nei negozi Fnac.<br />

Suoni nostri, per una volta<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

FIOREL<strong>LA</strong> MANNOIA<br />

Concerti<br />

ELISA<br />

Lotus<br />

VERDENA<br />

Il suicidio del samurai<br />

DANIELE SILVESTRI<br />

Live transito<br />

LE VIBRAZIONI<br />

Le Vibrazioni<br />

TIZIANO FERRO<br />

111<br />

ROBERTO<br />

VECCHIONI<br />

Rotary Club of Malindi<br />

AMALIA GRE’<br />

Amalia Gre’<br />

AA.VV.<br />

Faber amico fragile:<br />

tributo a Fabrizio<br />

De Andrè<br />

LIGABUE<br />

Giro d’Italia<br />

TELEX<br />

… Parata di ospiti per il primo<br />

album solo di Gianni<br />

Maroccolo (ex-Litfiba): Pelù,<br />

Raiz, Donà, Godano,<br />

Consoli, Battiato, Renga e<br />

tanti altri… data d’uscita 1<br />

aprile… Bella squadra anche<br />

per Voli imprevedibili, tributo<br />

a Franco Battiato: giocano<br />

Morgan, Delta V, Planet<br />

Funk, Consoli (2), Raiz (2),<br />

Pacifico, Negrita, Paola<br />

Turci e altri… Nuova colonna<br />

sonora per i Motel<br />

Connection dopo quella per<br />

il film di Marco Ponti Santa<br />

Maradona: per lo stesso regista<br />

hanno scritto A+R<br />

Andata/Ritorno, in uscita a<br />

marzo… Un progetto discografico<br />

interessante è quello<br />

della Alfredo Rey e la sua<br />

Orchestra, cover italiane in<br />

salsa swing: Non m’annoio di<br />

Jovanotti è già stata adottata<br />

dalle radio, ma dentro ci sono<br />

Dalla, Nannini, Battisti,<br />

Vasco, Tiziano Ferro e classici<br />

d’annata: titolo, Alta infedeltà…<br />

Appuntatevi anche il<br />

titolo dell’album più languido<br />

del momento: si intitola They<br />

died for beauty ed è uscito a<br />

nome Ilya.<br />

MUSICA<br />

NORAH, MOBY E C<strong>LA</strong>SSE<br />

Con il nuovo che arranca, due autori si guardano indietro. Con risultati davvero eccellenti<br />

NORAH JONES<br />

Feels like home<br />

EMI<br />

VOODOO CHILD<br />

Baby Monkey<br />

Labels<br />

Se il nuovo arranca, per fortuna<br />

c’è il vecchio che ritorna a<br />

chiudere il cerchio: forse è per<br />

questo che due dischi sostanzialmente<br />

analoghi per filosofia,<br />

per quanto radicalmente diversi,<br />

si trovano a dividersi questo<br />

spazio. E così abbiamo da un lato<br />

Norah Jones, 25enne di<br />

Milwakee, 16 milioni di copie<br />

vendute con il suo album d’esordio<br />

Come with me, una doccia di<br />

Grammy Awards vinti a colpi di<br />

pianoforte e voce, con una ricetta<br />

musicale definita banalmente<br />

jazz, ma che in realtà ha in sé la<br />

Altro che Janet<br />

Jackson! Il videoclip<br />

diventa pornosoft<br />

Vent’anni fa, i Frankie Goes to<br />

Hollywood lo avevano previsto:<br />

“We are living in a land where sex<br />

and horror are the new gods”. E<br />

più cresce la sensazione dell’orrore<br />

in giro, più Mtv diventa<br />

MasturboTeleVisione. E passino i<br />

programmi alla Kiss & Tell, quella<br />

roba pallosissima presentata dalla<br />

versione giovanile della<br />

D’Eusanio. E passino le pubblicità<br />

in cui le tipe si leccano, mulinano<br />

perfetta mescola del Dna nazionale<br />

americano: jazz, folk,<br />

country, pop, blues. Come i<br />

Presidenti scolpiti sulla roccia<br />

del Monte Rushmore, i Grandi<br />

Padri (Dylan, Joplin, Waits, Cash)<br />

guardano dall’alto la piccola<br />

Norah declinare il Verbo,<br />

riuscendo nell’improbo compito<br />

di plasmare alla perfezione forme<br />

nuove da materia vecchia ma<br />

sempre buona.<br />

Prodotta da un vecchio volpone<br />

come Arif Mardin (produceva<br />

Ringo Starr e i grandi della black<br />

music quando buona parte di<br />

noi aveva i brufoli), Norah ha<br />

commosso anche Tom Waits,<br />

che per Feels like home le ha offerto<br />

la sua The long way home.<br />

Semplice, raffinata eppure rustica,<br />

diretta, evocativa, Norah scrive<br />

e canta dischi buoni per tutti,<br />

che non possono non piacere a<br />

chi – semplicemente – è cresciuto<br />

ascoltando la musica americana.<br />

Insomma, in poche parole,<br />

Norah è talmente indietro da<br />

essere avanti.<br />

Lo stesso discorso merita quello<br />

che a tutti gli effetti si presenta<br />

come il nuovo progetto di Moby.<br />

Infatti è proprio lui che si nasconde<br />

dietro l’esotico nome “Voodoo<br />

Child”. E proprio per questo<br />

ascoltare Baby monkey è un esperienza<br />

frustrante. Se il disco, un<br />

concentrato di techno-nostalgia<br />

anni ’90, fosse stato prodotto da<br />

mister x o y, lo avremmo probabilmente<br />

snobbato. Invece, chiusa la<br />

dovuta premessa, passiamo ai fatti<br />

e ci troviamo di fronte a 12<br />

pezzi, uno più acido dell’altro. La<br />

cassa irrimediabilmente in quattro,<br />

suoni freddi che fanno pensa-<br />

rivale di Mtv, ovvero Allmusic. Ma<br />

onestamente, si può parlare di<br />

Allmusic?). Accendi la tv pensando<br />

che avrai della musica, ma la<br />

musica non c’è, ci sono Kylie che<br />

si tocca, Christina che si fa toccare,<br />

Beyoncè a quattro zampe,<br />

Kelis che sventola i glutei, Britney<br />

e Nonna Madonna che si baciano<br />

(oh, che audacia), Lorna che mugola.<br />

E naturalmente i grandi artisti<br />

hip-hop, quelli che si gloriano<br />

con brani tipo “Sono un pappone”<br />

attorniati da aspiranti zoccole,<br />

mentre attorno c’è ancora chi<br />

parla di Cnn del ghetto, quando<br />

in realtà è il Playboy Channel dei<br />

re alla Detroit dei Drexcya, ripetizioni<br />

degne del peggior rave di<br />

periferia... in fondo Moby ci sa fare,<br />

Baby Monkey è una lunga e<br />

scaltra citazione di quello che furono<br />

gli anni ’90 sotto il segno<br />

della dance-elettronica. Mentre<br />

tutti guardano agli ’80 come il<br />

posto giusto per rubare suoni<br />

“trendy”, il signor Voodoo Child<br />

fa un passo indietro per farne due<br />

avanti e sostanzialmente non fa<br />

altro che (ri)scrivere uno dei suoi<br />

dischi pre-stardom, convincendoci<br />

ancora una volta del fatto che<br />

oggi come oggi guardarsi molto<br />

dietro equivale a guardare avanti.<br />

Se amate Moby per Play risparmiatevi<br />

la delusione, se invece<br />

avete sudato con Go in cuffia il<br />

sorriso è garantito.<br />

LUCA BERNINI &<br />

ALESSANDRO DE ANGELIS<br />

DOPO IL POP, ARRIVA IL PIPP<br />

le tette, sembrano volersi infilare<br />

l’aranciata nel sedere. Ma è imbarazzante<br />

vedere come la musica<br />

si sia adeguata a essere colonna<br />

sonora di cortometraggi pornosoft<br />

tutti uguali, con persino<br />

Giorgia e Paola & Chiara a fare le<br />

porcelle. Intendiamoci, il sesso<br />

nel pop c’è sempre stato, da Elvis<br />

a Jagger – ma se mai è esistita<br />

una cultura pop ora esiste solo<br />

una cultura pipp, celebrata ogni<br />

giorno con una patetica bandiera<br />

della pace o uno spot a favore di<br />

un prigioniero politico come foglie<br />

di fico (parentesi: diplomazia<br />

imporrebbe di parlare anche della<br />

liceali, sapientemente diluito con<br />

una overdose di noiosine (Dido,<br />

Lene Marlin, Evanescence) buttate<br />

lì per farci preferire le loro colleghe<br />

zozzone. Di fronte a questo,<br />

è commovente (o, per rimanere<br />

in tema, toccante) come le<br />

case discografiche contino sulla<br />

videomusica per vendere i dischi<br />

e si inginocchino davanti a Mtv,<br />

quando è evidente che la stessa<br />

Mtv si sta scavando la fossa: se<br />

fai fuori la musica, a parità di<br />

“dirty dancing” i teenagers si buttano<br />

sulla De Filippi.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

SOPHIA - PEOPLE ARE LIKE SEASONS<br />

SOPHIA<br />

People are like seasons<br />

City Slang - Extralabels<br />

I soliti ben informati ci dicono<br />

che Robin Proper-Sheppard sia<br />

persona assai socievole e incline<br />

al buonumore, probabilmente<br />

perché da sempre riversa<br />

tutta la sua malinconia nella<br />

musica che scrive, prima con i<br />

God Machine (semplicemente il<br />

perfetto punto d’incontro fra<br />

l’impatto dei Led Zeppelin e la<br />

severa oscurità dei Joy<br />

Division) e ora con i suoi<br />

Sophia. People are like<br />

seasons, rispetto a quanto fatto<br />

in precedenza, aggiunge dei<br />

colori più tenui e meno foschi<br />

che in passato, lasciando spesso<br />

senza respiro per l’intensità<br />

di alcuni passaggi e allargando<br />

l’orizzonte del gruppo oltre le<br />

consuete, splendide, ballate<br />

verso territori più accessibili e<br />

solari. Rinchiudere la musica<br />

dei Sophia in una definizione è<br />

compito difficile e probabilmente<br />

fuorviante (che ne dite<br />

di pop confidenziale?). Meglio,<br />

molto meglio, lasciarsi trasportare<br />

nel caleidoscopio di emozioni<br />

che riesce a regalare questo<br />

disco, una delle prime cose<br />

davvero degne di nota che ci<br />

ha regalato questo 2004.<br />

ALEXIO BIACCHI<br />

DELTA V<br />

Le cose cambiano<br />

Bmg Ricordi<br />

Se siete di quelli sempre felici<br />

e innamorati, questo disco non<br />

fa al caso vostro. Se invece coltivate<br />

anche solo un piccolo<br />

dubbio sulla vita, sugli affetti,<br />

allora questo disco vi farà sentire<br />

sicuramente meno soli nel-<br />

Che senso ha comprarsi un dvd<br />

fatto solo da una raccolta di videoclip?<br />

Beh, se appartenete al<br />

gruppo proud to be maranza nel<br />

senso ironico e funky del termine,<br />

ha senso se il dvd è quello<br />

DELTA V - LE COSE CAMBIANO<br />

l’affrontare il tunnel della maturità.<br />

È un disco crudo, con tematiche<br />

cariche d’emotività e<br />

di smarrimento e musiche che<br />

proiettano chi ascolta nella colonna<br />

sonora di un film che<br />

non esiste nelle sale cinematografiche.<br />

Le cose cambiano ti<br />

costringerà a conoscerti, a non<br />

mentirti, a svegliarti dal torpore<br />

costruito sull’accettazione<br />

serafica del tutto già fatto, visto,<br />

vissuto. Basta non fermarsi<br />

alla cover battistiana di<br />

Prendila così e andare oltre,<br />

per scoprire piccoli gioielli come<br />

La costruzione di un<br />

errore, Via da qui e Due giorni.<br />

BABY CHASE<br />

JOSS STONE<br />

The soul sessions<br />

Virgin<br />

In questo periodo di carestia<br />

discografica, appena s’intravede<br />

la gallina dalle uova d’oro,<br />

si rischia di esaurirne le potenzialità<br />

in un batter d’occhio. E<br />

quindi dopo il pop rock di Avril<br />

ecco il pop soul di Joss, l’ennesima<br />

giovane di talento da<br />

adorare prima ancora che possa<br />

dimostrare chi è! La sedicenne<br />

inglese è brava, ha una<br />

voce magnifica, ma questa raccolta<br />

di cover, curata da nomi<br />

illustri e confezionata in stile<br />

vintage, è “solo” un’ottima riproduzione<br />

di cose già sentite,<br />

che ricorda in modo impressionante<br />

un vecchio disco di<br />

Raphael Saadiq, storica voce<br />

dell’R&B contemporaneo. Non<br />

è un album sterile, ma gli appassionati<br />

del genere sanno riconoscere<br />

il soul, quello vero,<br />

come gli intenditori amano il<br />

buon vino.<br />

MARCO BRANCATELLI<br />

degli Outkast, quelli che avete<br />

sentito e visto mille volte in<br />

quella meravigliosa parodia anni<br />

’60 dei passaggi tv che è Hey<br />

ya, ovviamente presente a fine<br />

raccolta. Gli Outkast sono l’evoluzione<br />

più friendly e piacevole<br />

di un due rap/hip hop eccetera<br />

eccetera che all’inizio (1993) faceva<br />

la faccia cattiva e incazzosa<br />

<strong>LA</strong>MBCHOP - AW CMON/NO YOU CMON<br />

Le regole sono chiare: “The<br />

composer’s cut è il titolo di una<br />

serie di cd in cui un compositore<br />

viene invitato a scegliere e assemblare<br />

diversi brani di altri<br />

musicisti come anche di propri,<br />

seguendo queste semplici regole<br />

indicate dal produttore: almeno<br />

tre autori non italiani, ma almeno<br />

cinque autori italiani; non<br />

più di dodici brani, di cui tre<br />

composti dal curatore della<br />

composizione”. Il risultato è l’album<br />

di Maurizio Marsico, artista<br />

milanese, eclettico scrittore (e<br />

firma di <strong>Urban</strong>!), e la sua musica<br />

applicata. Come dire…?<br />

Contemporaneo.<br />

LUCA BERNINI<br />

Ai tempi di Caught out there si<br />

urlò al miracolo; poi Kelis finì nel<br />

dimenticatoio. Dopo anni, ecco<br />

che inizia a girare nei club e nelle<br />

radio un singolo che dovrebbe<br />

essere considerato illegale<br />

per la sua capacità di trascinarti<br />

in pista: Milkshake. Prima di scomodare<br />

Nostro Signore, questa<br />

volta sarà meglio ascoltare tutto<br />

il disco, anche perché dopo le<br />

prime quattro tracce, il miracolo<br />

sembra compiersi: Trick me è un<br />

brano energico, dalle atmosfere<br />

retrò, che ben fa da traino a<br />

Milkshake mentre In public, in<br />

coppia col partner Nas, è l’anello<br />

di congiunzione tra Crazy in<br />

love, della premiata ditta<br />

Beyoncè Jay-Z, e la pornografia.<br />

Peccato che dopo tanta grazia ci<br />

sia il nulla, o quasi. L’unico pez-<br />

in mezzo a limousine e altri accessori<br />

da black star arricchite.<br />

Poi hanno deciso che era più<br />

bello divertirsi che prendersi<br />

troppo sul serio, e allora via libera<br />

a pezzi come Mrs Jackson,<br />

con animali che ballano e cantano<br />

a sync tra situazioni comiche<br />

o temporali portasfiga, oppure<br />

la parodia dell’officina tipo per<br />

AUF DER MAUR - AUF DER MAUR<br />

zo a salvarsi è Millionaire feat.<br />

Dre 3000. Per il resto sembra di<br />

ascoltare una traccia unica da<br />

30 minuti. Forse per il miracolo<br />

bisogna attendere ancora un po’<br />

o, al limite, pregare per un greatest<br />

hits.<br />

ALESSANDRO CATTE<strong>LA</strong>N<br />

Non è difficile perdersi nel nuovo<br />

progetto dei Lambchop, due<br />

album venduti separatamente<br />

perché differenti per tematiche,<br />

ma legati intimamente dal botta<br />

e risposta dei titoli: ci sono orchestre<br />

meravigliose, la voce di<br />

Kurt Wagner a ipnotizzare, e un<br />

senso di abbandono che lega il<br />

loro country trip hop di<br />

Nashville alle spiritual ballads<br />

del migliore Van Morrison.<br />

Quindi dateci dentro e lasciatevi<br />

trasportare in un mondo rallentato<br />

e magico da esplorare in<br />

verticale.<br />

LUCA BERNINI<br />

AUF DER MAUR<br />

Auf Der Maur<br />

Capitol/Labels<br />

Rock nel sangue e the perfect<br />

look sexy-agguerrito: Melissa Auf<br />

Der Maur si presenta così, con il<br />

suo primo album in proprio post-<br />

Hole & post-Pumpkins: al suo<br />

fianco amici musicisti come<br />

Queens of the Stone Age, Kyuss,<br />

James Iha, e Josh Homme e Steve<br />

Durand alla scrittura, con lei, naturalmente.<br />

Il risultato è un disco<br />

rock, affilato e massiccio, costruito<br />

su misura intorno a lei,<br />

Melissa, che dimostra di avere<br />

idee chiare in mente e la forza di<br />

farle funzionare.<br />

LUCA BERNINI<br />

OUTKAST, IRONIA IN VIDEOCLIP<br />

OUTKAST<br />

The videos – Dvd<br />

Arista / Bmg Ricordi<br />

MAURIZIO MARSICO<br />

The composer’s cut<br />

Auditorium Edizioni<br />

KELIS<br />

Tasty<br />

Arista Records - Virgin<br />

<strong>LA</strong>MBCHOP<br />

Aw cmon/No you cmon<br />

Labels<br />

Partiti dall’hip-hop incazzoso, sono approdati al sarcasmo e alla parodia. Ecco i clip in dvd<br />

ogni maschietto che si rispetti,<br />

fatta di girls che ballano e riparano<br />

auto d’epoca… Tutto con<br />

grande gusto e divertimento.<br />

Tra i video anche The way you<br />

move, nuovo singolo della band,<br />

arrivato prima nei negozi grazie<br />

a questo dvd.<br />

EDDI BERNI<br />

ROMA<br />

CONCERTI<br />

a cura di Baby Chase<br />

TORINO<br />

Samuele Bersani<br />

4 marzo<br />

Teatro Colosseo<br />

Info: 011-6698034<br />

Danilo Rea, Enrico Rava,<br />

Gato Barbieri<br />

27 marzo<br />

Teatro Piccolo Regio<br />

Puccini<br />

Info: 011-88151<br />

MI<strong>LA</strong>NO<br />

Belle e Sebastian<br />

17 marzo<br />

Alcatraz<br />

Info: 02-69016352<br />

David Byrne<br />

22 marzo<br />

Teatro Manzoni<br />

Info: 02-7636901<br />

Morgan<br />

31 marzo<br />

Alcatraz<br />

Info: 02-69016352<br />

BOLOGNA<br />

Verdena<br />

19 marzo<br />

Estragon<br />

Info: 051-365825<br />

Modena City Ramblers<br />

27-28 marzo<br />

Estragon<br />

Info: 051-365825<br />

Almamegretta<br />

12 marzo<br />

C.S. Villaggio Globale<br />

Info: 06-57300329<br />

UB 40<br />

27 marzo<br />

Palacisalfa<br />

Info: 06-57288024<br />

NAPOLI<br />

Nek<br />

22 marzo<br />

Teatro Bellini<br />

Info: 02-530061<br />

URBAN 37


42 URBAN<br />

FOOTBALL<br />

Ditelo (a tutti)<br />

con uno striscione<br />

Per qualcuno “in fondo il calcio<br />

è solo un gioco”, soprattutto<br />

se domenica le cose non sono<br />

andate proprio benissimo.<br />

Per altri, il calcio è invece una<br />

“passione molto forte”.<br />

Eufemismo molto in voga che<br />

in genere cela vere e proprie<br />

malattie. Cristiano Militello nel<br />

suo Giulietta è ’na zoccola – Gli<br />

striscioni più esilaranti degli<br />

stadi italiani (Kowalski editore,<br />

10 euro) racconta questi “posseduti<br />

dall’adrenalina da balaustra”<br />

e lo fa, in tempi di pay-tv,<br />

procuratori, posticipi, anticipi e<br />

posticipi degli antipici, concentrandosi<br />

sul “media”, sul mezzo<br />

di comunicazione da stadio per<br />

eccellenza: lo striscione.<br />

Una selezione di 500 striscioni<br />

(esclusi, giustamente, quelli<br />

più deliranti) comparsi negli<br />

stadi italiani negli ultimi 20 anni:<br />

scritte quasi mai politically<br />

correct, spesso creative, ironiche,<br />

poeticamente sboccate. Un<br />

viaggio divertente e appassionato<br />

negli stadi d’Italia dove,<br />

come noto a chi li frequenta,<br />

pietà l’è morta. Ci sono i romanisti<br />

che lanciano imprecazioni<br />

contro i laziali (“Ve se possa<br />

seccà lu raccoltu”) o giocano<br />

delicatamente sulle parole<br />

(“Annatevelo Appiah”), torinisti<br />

che ironizzano sui cugini bianconeri<br />

(“Siete più brutti della<br />

multipla”) e ultrà che ironizzano<br />

su se stessi (“Je suis terrun”,<br />

quelli della Fidelis Andria, “C’è<br />

rimasta solo la gnocca”, la curva<br />

dell’Inter). Capitolo a parte,<br />

e tutto da gustare, per il povero<br />

“C’è chi pippa e Cecchi Gori”,<br />

già presidente Viola. L’oscar<br />

della genialità va però a una<br />

scritta comparsa non allo stadio,<br />

ma davanti al cimitero di<br />

Napoli, dopo il primo scudetto<br />

di Maradona & C.: “Nun sapete<br />

che vi siete persi”. Anche se<br />

Militello dimentica di citare<br />

l’aggiunta successiva, a mo’<br />

di chiosa teologica: “E chi ve<br />

l’ha ditt?".<br />

ANDREA DAMBROSIO<br />

MEDIA<br />

NAPOLI A STRISCE,<br />

DISEGNI DA LEGGERE Napoli Comicon:<br />

fumetto e animazione<br />

immagine:<br />

con la Francia nel<br />

cuore. Gemellato<br />

con Angoulême<br />

Un appuntamento da non disertare<br />

la sesta edizione di Napoli<br />

Comicon, salone internazionale<br />

del fumetto e dell’animazione<br />

dedicato quest’anno a Francia e<br />

Belgio, patrie storiche del fumetto,<br />

la “Bande Dessinée”. Un<br />

evento non da poco considerata<br />

la partnership con il Festival<br />

International de la BD di<br />

Angoulême, la più importante<br />

rassegna europea (e mondiale)<br />

sul fumetto.<br />

Molto e variegato il da farsi tra il<br />

5 e il 7 marzo a Castel Sant’<br />

Elmo, a cominciare dalla celebrazione<br />

dei 30 anni della casa editrice<br />

Les Humanoïdes Associés, il<br />

gruppo più innovativo nella storia<br />

del fumetto francese, che ha<br />

pubblicato autori come Moebius,<br />

Druillet e Dionnet, Bilal,<br />

Jodorowski, Caza, Corben,<br />

Margerin e molti altri.<br />

Segue l’excursus della storia del<br />

fumetto franco-belga con tavole<br />

originali, dall’inizio del ’900 a<br />

oggi, di Hergè, Reiser, Jijè, Morris<br />

e con famosi personaggi:<br />

Becassine, Lucky Luke, Spirou e<br />

Tintin. Se non bastasse ecco una<br />

mostra su Diabolik, le personali<br />

di Joann Sfar, David B., grande<br />

BOLOGNA, <strong>LA</strong> MEGLIO TV<br />

Videoarte, videoteatro, videodanza: risposta a chi dice che la tv non può essere intelligente<br />

Cercate il formato giusto? Il linguaggio<br />

per dirlo? Provate a<br />

farvi un giro al Ttv Festival,<br />

Performing Art On Screen, che si<br />

tiene a Bologna dal 3 al 13<br />

marzo. L’evento è dedicato a film,<br />

video, programmi televisivi, nonché<br />

media e formati per arti visuali<br />

e sceniche, cioè teatro, danza<br />

e opera contemporanea.<br />

Quattro le sezioni tra cui spaziare:<br />

opera video (un excursus tra<br />

le opere musicali composte per la<br />

tv), videodanza (con il meglio della<br />

produzione delle reti televisive<br />

maestro del fumetto contemporaneo<br />

(che espone anche a Bologna<br />

dal 2 al 25 marzo all’associazione<br />

Hamelin, info allo 051-233401),<br />

Jacques de Loustal e una collettiva<br />

sulla Nouvelle BD Flamande,<br />

scuola di fumettisti belgi fiamminghi.<br />

Poi, per la già sperimentata<br />

internazionali), videoteatro (anteprime<br />

tra Ingmar Bergman e Jon<br />

Fosse) e giovani artisti. Novità di<br />

questa edizione una grande videoteca<br />

con più di 3500 titoli a<br />

disposizione dei visitatori.<br />

Il tutto si snoda tra il Cassero<br />

(via Don Minzoni) e il Cinema<br />

Lumière (Manifattura delle Arti,<br />

via Azzo Gardino). Tutto il programma<br />

e le informazioni su<br />

www.riccioneteatro.it.<br />

Ttv Festival<br />

Bologna, sedi varie<br />

3-13 marzo<br />

rassegna Futuro Anteriore, c’è<br />

una mostra organizzata con il<br />

Centro Fumetto Andrea Pazienza,<br />

con10 autrici e un autore. Ospiti,<br />

anteprime, incontri, seminari, laboratori,<br />

premi e una chicca: il<br />

primo albo a fumetti francese, Mr.<br />

Lajaunisse, datato 1839. A chiu-<br />

dere limoncello e babà per tutti<br />

(non a fumetti...). Info allo 081-<br />

4238127<br />

SARA TEDESCHI<br />

Napoli Comicon<br />

Castel S. Elmo<br />

5-7 marzo<br />

David B.<br />

immagine tratta dal film The Cunning Little Vixen<br />

HITCHCOCK, MITO TV Torino,<br />

Chi non ricorda<br />

i telefilm e le serie<br />

noir del grande Hitch?<br />

Un saggio a metà tra<br />

l’omaggio e la filosofia<br />

Tanto per cominciare dai numeri,<br />

è una cosa che fa impressione.<br />

Alfred Hitchcock diresse con la<br />

sua mano – inconfondibile – 17<br />

telefilm per la tivù. Ne produsse<br />

altri 268 lunghi mezz’ora (Alfred<br />

Hitchcock Presents) e poi altri 93<br />

lunghi un’ora (Alfred Hitchcock<br />

Hour). Il tutto a cavallo tra gli anni<br />

’50 e ’60, saltando qui e là tra<br />

le prestigiosissime prime serate<br />

tv di Cbs e Nbc.<br />

Per farla breve: tutti quelli che<br />

hanno gli occhi e qualche annetto<br />

più dei venti si sono beccati,<br />

almeno una volta, il profilo del<br />

grande Alfred, le sue battute di<br />

humour nero e soprattutto la<br />

sua splendida mano di autore. I<br />

più attenti (ci sono anche i maniaci<br />

che in ogni episodio riconoscono<br />

il piccolo cammeo del<br />

Maestro) conoscono registi e<br />

sceneggiatori, ma tutti sanno<br />

che il marchio era sempre il suo.<br />

Puro Hitchcock per il piccolo<br />

schermo.<br />

Piccolo “caso”: un autore così<br />

studiato, indagato e osannato<br />

non ha mai avuto il bene di un’analisi<br />

approfondita sulla sua<br />

opera televisiva. A riparare a<br />

questa lacuna, ecco un testo che<br />

potrebbe essere fondamentale<br />

per gli Hitchcock-maniaci:<br />

L’ombra e il profilo, la tv di Alfred<br />

Hitchcock, scritto da Emanuele<br />

Bigi, giovane ed espertissimo<br />

appassionato (Edizioni Lindau,<br />

142 pagine, 14 euro e mezzo<br />

spesi molto bene). Analisi filmica,<br />

naturalmente, ma soprattutto<br />

analisi di un tempo televisivo<br />

che sembra lontanissimo, quan-<br />

do lo schermo di casa chiamava<br />

principi del cinema da mandare<br />

in onda. Non c’è solo questo, ma<br />

anche la grande intuizione di<br />

Hitchcock, che capì al volo le<br />

potenzialità di un mezzo “nuovo”<br />

e contribuì con il suo lavoro,<br />

le sue idee, il suo delizioso spirito<br />

noir alle fortune dell’età d’oro<br />

della tivù. Più che ottimo (lo è),<br />

ecco un libro necessario, per dare<br />

ad Alfred ciò che gli spetta.<br />

A.R<br />

CARTOONS<br />

si rianima<br />

l’animazione<br />

Due giorni con Calimero, il<br />

draghetto Grisù, Gelsomina e<br />

Omettino. Una non-stop di<br />

proiezioni, seminari, conferenze,<br />

incontri con gli autori,<br />

gli artisti e gli esperti di animazione.<br />

Il 20 e 21 marzo alla<br />

GAM, Galleria Civica d’Arte<br />

Moderna e Contemporanea<br />

di Torino (via Magenta 31)<br />

c’è IncontriArteAnimazione.<br />

Un’occasione di aggiornamento,<br />

confronto e scambio<br />

sull’animazione come linguaggio<br />

di espressione artistica,<br />

sperimentazione e comunicazione.<br />

In programma il<br />

ricordo di Walter Cavazzuti,<br />

grande autore dell’animazione<br />

italiana, le origini del mito<br />

(naturalmente con Walt<br />

Disney), l’animazione tedesca,<br />

i cortometraggi prodotti<br />

dalle scuole e le giovani promesse<br />

italiane.<br />

Info: www.gamtorino.it<br />

URBAN 43


immagine: Photonica (tratta dalla copertina del libro)<br />

LIBRI<br />

SESSO E SCRITTURA<br />

BEATA NEGRITUDINE<br />

Irriverente, divertente, colto, ricco di citazioni. Letteratura e jazz, il Canada colpisce ancora<br />

<strong>COME</strong> FAR L’AMORE<br />

CON UN NEGRO<br />

SENZA FAR FATICA<br />

Dany Laferrière<br />

La Tartaruga, 144 pp.<br />

12,40 euro<br />

Ancora buone notizie dal<br />

Canada, anche se l’autore in<br />

questione è originario di Haiti<br />

ed è fuggito da Port-au-Prince<br />

IL NUVOLO INNAMORATO<br />

Nazim Hikmet<br />

Mondadori, 158 pp., 7 euro<br />

“La letteratura, in ciascuno<br />

dei suoi generi, comincia con la<br />

fiaba e con la fiaba finisce”.<br />

Così scrive il grande poeta turco<br />

Nazim Hikmet nella prima<br />

edizione delle fiabe da lui scelte<br />

e riscritte nella seconda metà<br />

degli anni Cinquanta, che<br />

all’età di ventitré anni. Come<br />

far l’amore con un negro senza<br />

far fatica (titolo chilometrico<br />

che richiama alla mente Il poeta<br />

russo preferisce i grandi negri,<br />

libro culto dello scrittore russo<br />

transfuga negli Stati Uniti<br />

Edward Limonov, che qui viene<br />

infatti citato), è stato pubblicato<br />

nel 1985 in francese (Dany<br />

Laferrière vive a Québec).<br />

escono adesso in Italia per la<br />

prima volta col titolo Il nuvolo<br />

innamorato. Grazie al lavoro e<br />

alla bella postfazione del traduttore<br />

Giampiero Bellingeri<br />

veniamo a conoscere così quest’aspetto<br />

da noi inedito della<br />

produzione di un grandissimo,<br />

molto amato dal pubblico ma<br />

pressoché ignorato dall’establishment.<br />

È con grande piacere allora che<br />

Sebbene Laferrière voglia<br />

opporre al russo un suo eventuale<br />

Il poeta negro sogna d’inculare<br />

un buon vecchio stalinista<br />

sulla prospettiva Nevsky,<br />

oltre alla condizione di scrittore<br />

“esiliato”, squattrinato e romantico,<br />

con Limonov,<br />

Laferrière condivide la stessa<br />

miscela di sesso e letteratura:<br />

fra una scopata e l’altra, citazioni<br />

colte e tanti libri. Oltre a<br />

una strepitosa Miz Letteratura<br />

– universitaria che frequenta la<br />

casa del protagonista. C’è infatti<br />

un notevole viavai di bianche<br />

nell’appartamento lurido<br />

di Montreal dove regnano i due<br />

giovani arrivati da Haiti e tutte<br />

vengono chiamate “Miz”:<br />

Miz Erba Medica, Miz Mistic,<br />

Miz Snob, Miz Punk, Miz<br />

Sophisticated Lady…<br />

C’è anche molto Henry Miller<br />

e molto jazz, Parker, Coltrane,<br />

Miles Davis (“Charlie Parker<br />

buca la notte. Una notte umida<br />

e pesante da Tristi tropici”)<br />

poiché Bouba, il più serafico e<br />

filosofico dei due coinquilini, è<br />

un vero fanatico del genere.<br />

Bouba è esperto di Corano e<br />

le Miz più scoppiate fanno la<br />

fila fuori dalla porta per essere<br />

illuminate dal grande saggio<br />

che vegeta sul divano e guarda<br />

solo le donne più brutte. Il<br />

protagonista, invece, da bravo<br />

pragmatico, si dà molto da fare:<br />

lavora duro con le donne<br />

(titoli illuminanti di capitoli?<br />

“Ed ecco che Miz Letteratura<br />

mi fa uno di quei pompini”,<br />

“Come un fiore sul mio cazzo<br />

Quando il più grande poeta turco decise di riscrivere le favole. Uno straordinario piccolo libro<br />

si accoglie questo librino.<br />

Sedici fiabe che nascono dai<br />

racconti della nonna (Hikmet,<br />

perseguitato nel suo paese per<br />

l’impegno civile a favore dei<br />

più poveri, proviene in realtà<br />

da una famiglia aristocratica,<br />

coltissima e cosmopolita) e<br />

dalla tradizione turca raccolta<br />

dal folklorista Boratav, ma anche<br />

ispirata dalla vivace passione<br />

di tanti studiosi e scritto-<br />

negro”, “Il pene negro e la demoralizzazione<br />

dell’Occidente”) e riflette sui<br />

rapporti neri-bianche (degli<br />

anni ’80 dice: “Sono tempi decisamente<br />

difficili per un dongiovanni<br />

negro coscienzioso e<br />

professionale”), vuol diventare<br />

scrittore e per questo ha comprato<br />

una Remington 22 appartenuta<br />

a Chester Himes in<br />

un negozio da robivecchi che<br />

vende sogni a giovani scrittori<br />

(la macchina per scrivere appartenuta<br />

ad Hemingway, quella<br />

di Baldwin, quella di<br />

Tennessee Williams…).<br />

Il jazz è ovviamente anche nello<br />

stile di Laferrière, fraseggi e improvvisazioni<br />

fra capitoli più<br />

densi ove l’autore indugia appunto<br />

sulla Negritudine e pagine<br />

più ariose di dialoghi serrati fra i<br />

due sessi a confronto, accanto<br />

alle accelerazioni che raccontano<br />

le prodezze a letto e capitoletti<br />

più poetici (“Una cronaca della<br />

mia stanza al 3670, rue Saint-<br />

Denis”). Da quella stanza very<br />

bohémien si esce poco (è lì che<br />

si scrive e si ricevono le fidanzate,<br />

sotto i colpi d’un inquilino del<br />

piano di sopra altrettanto esuberante)<br />

se non per qualche sortita<br />

in locali underground a dragare<br />

nuove ragazze, più o meno folli,<br />

più o meno misteriose e incoscienti,<br />

ma che non sfigurano<br />

mai in questo coraggioso e divertente<br />

testo negro-jazz che<br />

tanto deve alla letteratura bianca,<br />

soprattutto europea…<br />

HIKMET, LE BELLE FIABE DEL POETA<br />

SILVIA BALLESTRA<br />

ri russi che più di altri si sono<br />

occupati di fiabe (basti ricordare<br />

Propp). È infatti nel periodo<br />

moscovita – lì frequentò<br />

l’Università e lì riparò dopo più<br />

di dieci anni di carcere per dissidenza<br />

– che Hikmet mette<br />

mano a questo lavoro. E risuonano<br />

ancora la Nuvola in calzoni<br />

e il Flauto di vertebre del<br />

suo giovanile modello, Vladimir<br />

Majakovskij.<br />

ROMANZO<br />

Diventare una star<br />

ai tempi terribili<br />

dell’integralismo.<br />

Una storia algerina<br />

<strong>LA</strong> STEL<strong>LA</strong> D’ALGERI<br />

Aziz Chouaki<br />

Edizioni e/o, 200 pp.<br />

14,50 euro<br />

Moussa, giovane algerino<br />

(ma poi si scopre che ha già<br />

trentacinque anni suonati),<br />

cantante ai matrimoni, vuole<br />

diventare una popstar come<br />

Michael Jackson (prima dello<br />

sfacelo). Vivido affresco<br />

dell’Algeria degli anni ’90,<br />

col FIS in ascesa e la fuga in<br />

massa verso Parigi alla ricerca<br />

di una vita normale che<br />

non sia quattordici-in-unastanza,<br />

penurie varie, difficoltà<br />

a metter su una vita<br />

indipendente, scontrandosi<br />

con le tradizioni e le famiglie.<br />

La stella d’Algeri, dello<br />

scrittore, drammaturgo e<br />

musicista jazz Aziz Chouaki,<br />

ha anche il merito di farci<br />

conoscere la frizzante e<br />

stilosa vita notturna di<br />

Algeri prima che l’integralismo<br />

spazzi tutto via ammazzando<br />

scrittori, maestre<br />

e musicisti.<br />

E il sogno di Moussa: a un<br />

passo dal successo definitivo,<br />

con l’agognata cassetta<br />

registrata in pugno e le serate<br />

pienissime al Triangle,<br />

il locale più trendy della<br />

città, sparirà tutto. Anche<br />

la storia d’amore con Fatiha,<br />

anche l’amicizia col sodale<br />

Rachid. Allora bisognerà<br />

cancellare i ricordi col fumo,<br />

l’alcol e le pasticche. Fino<br />

all’ennesima delusione,<br />

il passaporto negato.<br />

Violenza, musica, notti scintillanti,<br />

miseria di periferia,<br />

uno stile che mescola raffinatezze<br />

arabe a slang modernissimo.<br />

Come la musica<br />

algerina più bella, suonata<br />

nella terra maledetta dove<br />

si ammazzano i musicisti.<br />

A.R.<br />

URBAN 45


46 URBAN<br />

THRILLER<br />

Provate a sposarvi<br />

sotto falso nome<br />

Si intitola Sotto falso nome ed<br />

è un altro film che tende a<br />

svelare altarini nascosti. Jerzy<br />

Novak è uno scrittore di successo.<br />

In realtà è lo pseudonimo<br />

usato da Daniel Brodsky,<br />

che può così vivere indisturbato,<br />

lontano dalla curiosità dei<br />

media. Sta in Svizzera, dove<br />

vive con una italiana e proprio<br />

in Italia deve andare per assistere<br />

al matrimonio del figlio<br />

adulto della sua compagna. E<br />

lì succede l’imprevisto: un incontro<br />

occasionale, una notte<br />

di passione, poi la cerimonia.<br />

Per scoprire che la sposa è<br />

proprio la donna con cui ha<br />

trascorso la notte. È l’inizio di<br />

un percorso sempre più accidentato<br />

in cui si consumano<br />

passioni e affiorano ricatti legati<br />

a vicende molto più inquietanti<br />

che non un rapporto<br />

extraconiugale. Roberto Andò<br />

firma la regia del thriller affidandosi<br />

al talento di Daniel<br />

Auteuil, fiancheggiato dalla<br />

consacrata Greta Scacchi e<br />

dall’emergente Anna<br />

Mouglalis.<br />

GARZANTINA<br />

- Quanti mariti hai avuto?<br />

- Miei o di altre? (Tim Curry e<br />

Lesley Ann Warren, Signori il<br />

delitto è servito)<br />

- È la storia della mia vita: c’è<br />

sempre qualcuno che ama la<br />

mia ragazza e lei che ama lui.<br />

(Groucho Marx, Una ragazza in<br />

ogni porto)<br />

- Gente, bisogna fare ai ragazzi<br />

un processo giusto e leale prima<br />

di impiccarli. (Spencer<br />

Charters, Alba di gloria)<br />

- Ragazzo, la tua infelicità sarà<br />

la mia missione nella vita.<br />

(Harvey Keitel a Brad Pitt,<br />

Thelma & Louise)<br />

- Io ho fatto una rapina, tu fai<br />

l’imprenditore: i soldi li rubiamo<br />

tutt’e due uguale. Solamente<br />

che io rischio di più. (Silvio<br />

Orlando, Figli di Annibale)<br />

- Con il mio ex marito c’eravamo<br />

innamorati a prima vista.<br />

Forse gli dovevo dare una seconda<br />

occhiata. (Mia Farrow,<br />

Crimini e misfatti)<br />

- Le cazzate sono la cosa più<br />

bella della vita. (Gérard<br />

Depardieu, Troppo bella per te)<br />

FILM<br />

UNA VITA IN PISTA,<br />

BAL<strong>LA</strong> CON ALTMAN<br />

Un nuovo film corale del grande regista americano. Storia di una ballerina e dei suoi dubbi tra<br />

prove sfiancanti e vite complicate. Un film appassionante anche per chi non frequenta la danza<br />

THE COMPANY<br />

Robert Altman<br />

Robert Altman ha confezionato<br />

indimenticabili film corali.<br />

Dall’ormai lontano, quanto mitico,<br />

Nashville, in cui affrontava<br />

il mondo della musica country,<br />

ad America oggi, al più recente<br />

Gosford Park. Qui è tornato a<br />

girare negli States, a Chicago,<br />

con l’intento preciso di mostrare<br />

il mondo dei danzatori e di<br />

fare appassionare il pubblico<br />

alla dimensione quotidiana, alla<br />

fatica e al sacrificio che sono<br />

dietro la magia. “I ballerini fanno<br />

l’impossibile – dichiara il regista<br />

– e tutti vorremmo essere<br />

come loro. Sono così belli, così<br />

vulnerabili, così espressivi.<br />

Sono l’essenza di quel che di<br />

solito intendiamo come etereo.”<br />

La loro è una battaglia<br />

contro due elementi naturali:<br />

l’invecchiamento e la forza di<br />

gravità. Quel che è curioso di<br />

questo progetto è l’origine: la<br />

storia infatti è stata scritta da<br />

Neve Campbell, eroina, tra gli<br />

altri film, della serie Scream.<br />

Neve ha un passato di ballerina.<br />

Per anni in Canada ha praticato<br />

la danza, prima di essere<br />

scoperta dal cinema e cambiare<br />

indirizzo artistico. E da tempo<br />

voleva raccontare il vero<br />

volto di questo mondo, la fatica,<br />

il sudore, le delusioni e ha<br />

cominciato quindi a scrivere un<br />

soggetto sull’argomento insieme<br />

a Barbara Turner, che ha<br />

poi sceneggiato il film.<br />

Mentre Barbara ha trascorso<br />

un paio d’anni a studiare e osservare<br />

il mondo dei danzatori,<br />

cercando di cogliere i minimi<br />

dettagli, Neve si preparava alla<br />

parte, nel tentativo di rendere<br />

plausibile la sua interpretazione.<br />

È infatti l’unica ballerina<br />

del film che non faccia parte<br />

veramente di The Joffrey<br />

Ballett, la compagnia di danza<br />

di Chicago che massicciamente<br />

e magnificamente fa bella mostra<br />

di sé nel film. E alla fine ha<br />

vinto la scommessa perché non<br />

è stata mai usata alcuna controfigura;<br />

tutti i numeri di danza<br />

sono suoi.<br />

La storia è quella di una giovane<br />

ballerina che potrebbe<br />

essere sul punto di diventare<br />

una grande star ma è tormentata<br />

da un’infinità di dubbi e di<br />

insicurezze. E naturalmente la<br />

giovane è lei: Neve Campbell.<br />

Affiancata da Malcolm<br />

McDowell nei panni del direttore<br />

della compagnia e da James<br />

Franco, unico a non essere<br />

chiamato a ballare perché interpreta<br />

il ragazzo della protagonista.<br />

Inevitabile che accanto<br />

alla massima attenzione sul<br />

versante danzerino ci sia altrettanta<br />

precisione nella scelta<br />

musicale. E la colonna sonora<br />

del film è già infatti un piccolo<br />

classico (e una volta tanto il<br />

termine non è casuale). Si diceva<br />

della magia della danza,<br />

cioè il tentativo di rendere armoniosa<br />

e artistica una pulsio-<br />

ne umana quasi istintiva. Non è<br />

certo la prima volta che il balletto<br />

e il suo mondo irrompono<br />

sul grande schermo, addirittura<br />

molti ballerini sono anche diventati<br />

ottimi interpreti cinematografici,<br />

ma è forse la prima<br />

volta in cui si cerca di fare<br />

scattare un meccanismo di<br />

identificazione con i protagonisti<br />

della vicenda. Attanagliati<br />

dai problemi quotidiani, imbrigliati<br />

dalle difficoltà, circondati<br />

di dubbi, eppure caparbi e testardi<br />

nel provare e riprovare e<br />

riprovare sino a superare tutto<br />

questo per arrivare a quella dimensione<br />

eterea, come suggerisce<br />

Altman.<br />

E il risultato è quello di un<br />

film capace di appassionare<br />

tutti, compresi quanti solitamente,<br />

di fronte a un balletto,<br />

si fanno prendere dallo sconforto<br />

dando via libera alla noia<br />

e allo sbadiglio.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

<strong>LA</strong> RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PER<strong>LA</strong><br />

<strong>LA</strong> RAGAZZA CON<br />

L’ORECCHINO DI PER<strong>LA</strong><br />

Peter Webber<br />

Tracy Chevalier ha incantato il<br />

mondo con l’omonimo romanzo,<br />

ora Peter Webber ci prova con il<br />

cinema. Con un vantaggio, la storia,<br />

fantasiosa, sulla giovane servetta<br />

di casa Vermeer e il suo<br />

rapporto con il grande pittore<br />

può avvalersi della capacità evocativa<br />

delle immagini. Forse non<br />

tutto scorre perfettamente nel<br />

racconto, ma i seguaci di<br />

Vermeer non potranno che<br />

apprezzare il lavoro di scavo<br />

creativo che sottende la sua<br />

opera e soprattutto la capacità di<br />

elaborare la luce reale per ridare<br />

quelle emozioni fissate magistralmente<br />

sulla tela. Nei panni della<br />

servetta modesta ma dal naturale<br />

talento per l’armonia troviamo<br />

Scarlett Johansson, dopo i fasti<br />

giapponesi di Lost in translation,<br />

mentre Colin Firth è chiamato a<br />

dare un volto al grande pittore<br />

del ’600 olandese che ha saputo<br />

scatenare la fantasia e la meraviglia<br />

dei posteri.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

TERRA DI CONFINE<br />

Kevin Kostner<br />

Per qualche tempo è stato il<br />

cocco del cinema americano.<br />

Dirigendo Balla coi lupi era addirittura<br />

assurto a genio. Poi il<br />

Un’altra storia di<br />

straordinaria quotidianità<br />

firmata<br />

Silvio Soldini. Molto<br />

brava la Maglietta<br />

AGATA E <strong>LA</strong> TEMPESTA<br />

Silvio Soldini<br />

Qualche anno fa Silvio Soldini<br />

aveva stupito tutti positivamente<br />

con Pane e tulipani. Ora, dopo<br />

essersi un po’ bruciato nel vento,<br />

torna a un racconto che in qualche<br />

modo sembra essere in sintonia<br />

con la vicenda di Rosalba,<br />

casalinga, moglie e madre insoddisfatta,<br />

dimenticata in autostra-<br />

CODE 46<br />

declino rapido e quasi inarrestabile.<br />

Un flop dopo l’altro e un<br />

sacco di guai. Ora Kevin prova di<br />

nuovo a battere le praterie del<br />

selvaggio West per ritrovare ispirazione<br />

e successo. Vaccari dalla<br />

vita libera, sceriffi corrotti, boss<br />

del paese, folgorazioni d’amore<br />

non sembrano però tratti vincenti<br />

per rinnovare un genere, neppure<br />

per rientrare nelle grazie<br />

del pubblico. Tutto scorre senza<br />

entusiasmo nel letto di un fiume<br />

di situazioni già scritte e già<br />

viste. Neppure negli Usa il film si<br />

è rivelato un successo clamoroso.<br />

Ma Kevin continua a ribadire<br />

che questo è lo spirito del suo<br />

modo di intendere la settima<br />

arte e, in qualche modo, la sua<br />

vita di attore e di regista.<br />

Contento lui...<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

AL<strong>LA</strong> FINE ARRIVA POLLY<br />

John Hamburg<br />

Reuben è la persona giusta al<br />

posto giusto. Lavora presso<br />

un’assicurazione occupandosi di<br />

prevedere ogni rischio. Del resto<br />

fa parte della sua natura, avere<br />

tutto sotto controllo, evitare<br />

rischi, germi e quant’altro. Ma<br />

succede che si sposi per ritrovare<br />

la mogliettina tra le pinne di<br />

un sub in viaggio di nozze. Tutto<br />

va a rotoli. Poi arriva Polly, tanto<br />

lui è nevrotico quanto lei è disinvolta,<br />

non si cura più di tanto<br />

da e capace di costruirsi una<br />

nuova vita. La protagonista è ancora<br />

lei, Licia Maglietta, questa<br />

volta però nei panni di Agata. Al<br />

calduccio della libreria che diri-<br />

delle conseguenze, vive serenamente<br />

la vita con gli alti e bassi<br />

sempre in agguato. Uscire con lei<br />

è una lotteria, ma Reuben ne<br />

subisce il fascino irresistibilmente.<br />

Una commedia spassosa, confezionata<br />

su misura per Ben<br />

Stiller, che trascorre il tempo a<br />

lavarsi le mani in preda ai tic, e<br />

per Jennifer Aniston, impegnata<br />

a far dimenticare di essere la<br />

signora Brad Pitt con il suo personale<br />

talento brillante.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

Halle Berry è una dottoressa che<br />

lavora in un ospedale psichiatrico.<br />

Un giorno si sveglia scoprendo<br />

di avere cambiato ruolo: è<br />

una paziente dell’inquietante villa<br />

e viene accusata di avere liquidato<br />

il marito, anche se lei non<br />

ricorda assolutamente nulla. La<br />

variante sta nell’ultraterreno, nel<br />

fantasmatico. Un’altra prova d’attrice<br />

chiamata a diventare più<br />

brutta di quel che è in realtà per<br />

dare spessore al personaggio<br />

che interpreta. Alla regia una<br />

vecchia conoscenza europea,<br />

Mathieu Kassovitz, partito dalla<br />

natia Francia per approdare a<br />

Hollywood. Ma i risultati sono<br />

contrastanti, nonostante diversi<br />

motivi di interesse. La dimensione<br />

europea gli si addice di più.<br />

Accanto alla Berry, Robert<br />

AGATA RIVUOLE <strong>LA</strong> SUA VITA<br />

GOTHIKA<br />

GOTHIKA<br />

Mathieu Kassovitz<br />

ge, la vita scorre tranquilla senza<br />

sussulti. Poi iniziano a verificarsi<br />

eventi imprevisti. Spunta un<br />

amore improbabile. Il fratello<br />

sembra non essere tale. E come<br />

THE BUTTERFLY EFFECT<br />

Downey junior, genio e sregolatezza<br />

californiane.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

THE BUTTERFLY EFFECT<br />

Eric Bress e J. Mackye Gruber<br />

Evan ha perso la memoria della<br />

sua infanzia. Il medico che lo ha<br />

in cura lo ha spinto a tenere un<br />

diario. Leggendolo, Elan scopre<br />

qualcosa di sconvolgente: non<br />

solo rilegge episodi passati, ma<br />

li rivive e può modificare così<br />

il corso degli avvenimenti. Ogni<br />

volta però cambiano anche<br />

i destini delle persone coinvolte.<br />

La storia del viaggio nel tempo<br />

non è nuova, ma c’è qualcosa<br />

che cattura nel film e che ha<br />

saputo colpire nel segno. Al<br />

punto che negli Usa il film ha<br />

incassato una cifra enorme.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

CODE 46<br />

Michael Winterbottom<br />

Nel futuro prossimo venturo il<br />

poliziotto William indaga su una<br />

truffa a un’assicurazione. William<br />

scopre la colpevole, Maria, ma ne<br />

è intrigato e vive un momento di<br />

passione infrangendo diverse<br />

regole. Soprattutto il codice 46.<br />

Nel groviglio futuro si sanno<br />

infatti molte cose, ma altre<br />

memorie sono cancellate... Tim<br />

Robbins e Samantha Morton i<br />

protagonisti.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

se non bastasse succedono cose<br />

davvero stravaganti che sono di<br />

problematica interpretazione,<br />

come quelle lampadine che<br />

esplodono al suo passaggio.<br />

Agata vuole andare a fondo,<br />

vuole capire. Per questo si ritrova<br />

nel paesino di Cicognara, dove<br />

gli avvenimenti prendono una<br />

piega inattesa, quasi surreale.<br />

E la ricerca di soluzioni ai propri<br />

problemi sconfina nella possibilità<br />

di ridefinire la propria vita.<br />

Accanto a Licia Maglietta si esibiscono<br />

Giuseppe Battiston,<br />

Emilio Solfrizzi e Marina<br />

Massironi, esploratori di sentimenti,<br />

guidati da Soldini, in cerca<br />

di itinerari e punti di vista solitamente<br />

poco battuti dal nostro<br />

cinema.<br />

ITALIANS<br />

Castellitto alla sua<br />

seconda regia. Con<br />

il libro della moglie<br />

Sergio Castellitto non ha<br />

dovuto andare molto lontano<br />

da casa per trovare la storia<br />

del suo secondo film come<br />

regista: Non ti muovere.<br />

Praticamente un imperativo<br />

rivolto a lui, visto che il romanzo,<br />

premio Strega, è<br />

opera di Margaret<br />

Mazzantini, sua moglie nella<br />

vita reale. E di una storia famigliare<br />

si tratta. Una ragazzina<br />

ha un grave incidente<br />

col motorino, viene ricoverata<br />

e operata in ospedale. È<br />

in coma. L’ospedale è lo<br />

stesso dove lavora il padre<br />

che nell’assistere la figlia si<br />

lascia andare a una lunga<br />

confessione. Non è solo il<br />

racconto di un tradimento<br />

perpetrato nei confronti della<br />

moglie, ma il tradimento<br />

dei suoi sentimenti e di se<br />

stesso. Ha immolato tutto<br />

sull’altare dell’ipocrisia e<br />

della vita apparentemente<br />

brillante. Ora, sottoposto a<br />

una prova durissima, trova finalmente<br />

il coraggio di guardare<br />

quel che è veramente.<br />

Castellitto interpreta anche il<br />

ruolo di protagonista, accanto<br />

a un’inedita Penelope<br />

Cruz nei panni dell’amante<br />

perduta (che ha confessato<br />

di avere versato calde lacrime<br />

alla lettura del libro) e a<br />

Claudia Gerini in veste di<br />

moglie. Un melodramma a<br />

tinte forti che sin dal romanzo<br />

ha mostrato però un’intensità<br />

narrativa inconsueta<br />

per il cinema italiano.<br />

A.C.<br />

URBAN 47


48 URBAN<br />

REPLICHE<br />

Giro d’Italia<br />

in poltronissima<br />

FABBRICA<br />

Milano, Teatro Verdi<br />

Ascanio Celestini raccoglie la<br />

memoria di chi lavora negli altiforni<br />

e la restituisce in forma<br />

di spettacolo. Una lettera alla<br />

madre, un ipercinetico monologo,<br />

in cui si contemplano le<br />

ceneri del sogno di una società<br />

contadina quando idealizzava<br />

l’industria come unica possibilità<br />

di riscatto sociale.<br />

2-14 marzo<br />

<strong>LA</strong> COSCIENZA<br />

DI ZENO<br />

Bologna, Teatro Duse<br />

Nuovo e corretto allestimento<br />

della rielaborazione per il palcoscenico<br />

firmata negli anni<br />

’60 da Tullio Kezich dal romanzo<br />

di Svevo. Massimo<br />

Dapporto è un partecipe interprete<br />

del protagonista dall’incerta<br />

volontà di abbandonare<br />

il fumo. 12-21 marzo<br />

<strong>LA</strong>SCIAMI ANDARE,<br />

MADRE<br />

Roma, Teatro Eliseo<br />

Sempre sorprendente Lina<br />

Wertmüller! Adatta alla scena<br />

il romanzo di Helga Schneider<br />

trasformandolo in un musik<br />

drama, ma soprattutto chiama<br />

Roberto Herlitzka per il ruolo<br />

della donna che durante la<br />

guerra scelse di abbandonare i<br />

figli per impegnarsi come<br />

guardiana nei campi di concentramento.<br />

Con Milena<br />

Vukotic. Fino al 18 aprile<br />

FAUST TRILOGIA<br />

Napoli, Galleria Toledo<br />

Lenz Rifrazioni, uno dei gruppi<br />

più vitali della sperimentazione,<br />

srotola il frutto di tre anni<br />

del proprio lavoro, la titanica e<br />

temeraria immersione nelle tre<br />

riscritture goethiane del “monumento<br />

della civiltà umana”.<br />

20 - 28 marzo<br />

TEATRO<br />

IN FESTA PER PINTER<br />

Milano premia uno<br />

dei più grandi autori<br />

viventi. Guida al<br />

Pinter day di marzo<br />

24 marzo: Pinter Day. Sul palco<br />

del Teatro Filodrammatici il celebre<br />

drammaturgo inglese riceve<br />

un’onorificenza pubblica. Per lui è<br />

anche l’occasione di assistere alla<br />

prima italiana di Prove d’autore,<br />

testo emblematico che racchiude<br />

per intero la sua carriera (con la<br />

traduzione italiana di Alessandra<br />

Serra è edito da Einaudi). Scritti<br />

che risalgono agli inizi teatrali, interventi<br />

pubblici, anticipazioni del<br />

suo impegno civile e politico –<br />

nel tempo lo avrebbero portato al<br />

fianco di associazioni come Pen e<br />

Amnesty International o alla testa<br />

del 20th June Group con cui<br />

avrebbe organizzato incontri sulla<br />

censura e sulle libertà civili – e<br />

ancora articoli di giornale, sketch<br />

e sperimentazioni di un silenzio<br />

disseminato di parole. Il tutto<br />

confluito in una forma che è un<br />

testo teatrale senza essere teatro.<br />

“Spesso non sapevo neppure io<br />

dove sarebbero andati a parare,<br />

infilavo loro uno di quei guinzagli<br />

lunghi a scatto, che si adoperano<br />

per i cani irrequieti, e li lasciavo<br />

circolare liberamente, ma se mi<br />

sfuggivano di mano riuscivo poi a<br />

I classici del balletto<br />

parodiati en travestì<br />

45-185-73: le misure di un<br />

corpo. Non di una star dello<br />

schermo ma di un corpo di ballo<br />

(classico), star dei massimi<br />

IL MAESTRO E MARGHERITA<br />

Milano, Teatro Carcano<br />

Sfida dura per Andrea Battistini<br />

e i suoi attori trasferire sul palco<br />

la narrazione bulgakoviana: la<br />

vincono stimolando la fantasia<br />

dello spettatore. Con stanze magiche<br />

di velluto rosso, con acrobazie<br />

su un’asta roteante, con il<br />

gatto Beghemot rappresentato<br />

nelle forme di un pianista mascherato<br />

che resta muto e si<br />

esprime suonando.<br />

3 - 7 marzo<br />

riacchiapparli”. La messa in scena<br />

è opera di Claudio Beccari e degli<br />

attori Flavio Bonacci, Adriana De<br />

Guilmi, Claudio Moneta, Gianni<br />

Quillico e Cinzia Spanò e costituisce<br />

il momento di punta di un<br />

progetto che nelle scorse settimane<br />

ha portato già sullo stesso<br />

palcoscenico del Filodrammatici<br />

(tel. 02-8693659) altri testi del<br />

Pinter degli anni ’80 (Il bicchiere<br />

della staffa e Il linguaggio della<br />

montagna) che Claudio Morganti<br />

ha voluto affrontare accanto ad<br />

Atto senza parole n°2 di Samuel<br />

teatri di tutto il globo. 45 è la<br />

taglia media del piede, 185<br />

l’altezza media, ’73 l’anno di<br />

creazione della compagnia a<br />

New York. Ovviamente si parla<br />

di uomini, di ballerini con il tutù<br />

e le scarpette rosa. Le parodie<br />

en travesti dei classici di<br />

TRA C<strong>LA</strong>SSICI, IRANIANI E CONTEMPORANEI<br />

THE MUTE WHO<br />

WAS DREAMED<br />

Bologna San Lazzaro, ITC Teatro<br />

Primo dramma contemporaneo<br />

uscito dall’Iran dopo la rivoluzione<br />

islamica del ’79 e alloro al<br />

Fringe di Edimburgo. Attila<br />

Pessyani, allievo di Brook e<br />

Kantor, dirige uno spettacolo<br />

quasi senza parole ispirato ad<br />

Anna dei miracoli. La lotta contro<br />

il mutismo come metafora della<br />

possibilità di comprensione tra civiltà<br />

differenti. 5 e 6 marzo<br />

Beckett per evidenziare i legami<br />

che intercorrono tra i due massimi<br />

commediografi del dopoguerra,<br />

per mostrare come siano stati<br />

loro a decretare l’avvenuto esaurimento<br />

delle possibilità della parola,<br />

l’inutilità degli eventi affidati<br />

alla memoria, la perdita di un senso<br />

univoco del linguaggio.<br />

Pinter ha dichiarato che intende<br />

approfittare della coincidenza dei<br />

cartelloni milanesi per assistere<br />

al Teatro Grassi (tel. 02-7233<br />

3222) anche all’allestimento di<br />

Balanchine e Petipa realizzate<br />

dai Ballets Trockadero de<br />

Monte Carlo sono entrate nella<br />

storia della danza del ’900, virtuosamente<br />

ineccepibili, autoironiche,<br />

al limite del blasfemo.<br />

Da vedere almeno una volta<br />

nella vita per poter entrare nel<br />

QUANDO SI È QUALCUNO<br />

Roma, Teatro Argentina<br />

Un tardo lavoro autobiografico<br />

di Pirandello non più rappresentato<br />

in Italia dal 1933 affidato a<br />

Massimo Castri, tra i più pirandelliani<br />

dei nostri registi. Un<br />

protagonista (Albertazzi) che<br />

può rispecchiare la sua vita nella<br />

messa in scena. Con accanto<br />

una coppia di interpreti di assoluto<br />

valore: Paola Bacci e<br />

Luciano Virgilio.<br />

10 marzo - 7 aprile<br />

un altro suo testo, tra i suoi più<br />

cari e tra i più emblematici della<br />

sua maturazione, quel Vecchi<br />

tempi che ha interpretato anche<br />

in veste d’attore e che nel 1973<br />

lo coinvolse in un celebre scontro<br />

con Visconti (protagonisti<br />

dell’attuale messa in scena:<br />

Umberto Orsini e Greta Scacchi).<br />

Nel frattempo sullo schermo<br />

del Teatro Gnomo di via<br />

Lanzone (tel. 02-804125), in<br />

una non-stop di 5 giorni, (dal<br />

24 al 28 marzo), passano le immagini<br />

della retrospettiva<br />

Moonlight, completa dei film cui<br />

Pinter ha partecipato in veste di<br />

sceneggiatore, con titoli famosissimi<br />

come Il servo e La donna<br />

del tenente francese. La rassegna<br />

al Gnomo comprende poi<br />

importanti trasposizioni televisive<br />

Bbc e Rai di testi teatrali fondamentali<br />

di Pinter, come per<br />

esempio Ceneri alle ceneri,<br />

interpretata da Jerzy Stuhr<br />

e Adriana Asti e diretta dallo<br />

stesso Pinter.<br />

novero dei fan che possono<br />

permettersi di appellarli col<br />

vezzeggiativo di Trocks.<br />

Les Ballets Trockadero de<br />

Monte Carlo<br />

Torino, Teatro Nuovo<br />

17 marzo<br />

QUALI FANTASMI<br />

Napoli, Teatro Nuovo<br />

SANDRO AVANZO<br />

Prove d’autore<br />

Milano, Teatro Filodrammatici<br />

24 marzo - 8 aprile<br />

Vecchi tempi<br />

Milano, Teatro Grassi<br />

9 marzo - 4 aprile<br />

TUTTE LE MISURE DEL CORPO (DA BALLO)<br />

L’avanguardia scopre Eduardo.<br />

Ecco la prima tappa di un progetto<br />

triennale di Alfonso Santagata<br />

dedicato al più importante autore-attore-regista<br />

della scena italiana<br />

della seconda metà del ’900.<br />

Si parte con una trilogia di atti<br />

unici, farse ed equivoci scelti per<br />

sperimentare una lingua in grado<br />

di comunicare a differenti livelli e<br />

di condizionare i movimenti degli<br />

attori. 16 - 21 marzo


Luca Vitone, Nevertheless in motion (Eppur si muove), 2003<br />

ARTE<br />

I LUOGHI SBANDIERATI<br />

Milano, una ricerca su memoria e spazi sociali con uso di bandiere<br />

Varrebbe la pena di visitare la<br />

mostra di Luca Vitone alla galleria<br />

Emi Fontana solo per il titolo:<br />

Nulla da dire solo da essere.<br />

Genovese di nascita e milanese<br />

d’adozione, Vitone è un “ideali-<br />

Roma, conferenze<br />

tra arte e artisti<br />

Se tra i curatori londinesi va di<br />

moda leggere Georges Bataille, il<br />

trend romano sembra essere<br />

quello di invitare gli artisti a parlare<br />

di sé, per la curiosità di un<br />

pubblico sempre più interessato a<br />

conoscere l’arte contemporanea e<br />

a confrontarsi con i suoi protagonisti.<br />

La serie di conferenze dal titolo<br />

Art Highlights che ha luogo<br />

presso il Macro (tel. 06-67107<br />

900) è giunta alla seconda edizione.<br />

I prossimi appuntamenti<br />

ATELIER VAN LIESHOUT<br />

Milano, 02-29404373<br />

Dietro all’Atelier Van Lieshout si<br />

nasconde, oltre al suo fondatore<br />

Joep, l’attività di molti creativi che<br />

dal 1995 lavorano tra arte, design<br />

e architettura. Da ricordare il<br />

progetto AVL-Ville, sorta di villaggio<br />

auto-sufficiente realizzato dal<br />

gruppo per l’area del porto di<br />

Rotterdam. Il villaggio è dotato di<br />

propria moneta, centrale di energia<br />

elettrica, ospedale e scuole.<br />

Alla galleria Giò Marconi sono<br />

esposte creazioni che vi lasceranno<br />

sbalorditi. Fino al 17 marzo<br />

sta”. Ciò che lo interessa è il luogo,<br />

non inteso in senso strettamente<br />

architettonico, ma in<br />

quanto spazio sociale, comunitario,<br />

in cui è possibile percepire il<br />

vivere quotidiano, il rapporto con<br />

coinvolgono artisti, critici e curatori<br />

che hanno raggiunto negli ultimi<br />

tempi un successo internazionale:<br />

il tedesco Tobias<br />

Rehberger e il brasiliano Ernesto<br />

Neto saranno presenti rispettivamente<br />

il 13 e il 20 marzo, mentre<br />

in aprile sarà la volta del curatore<br />

Gerald Matt e di Anri Sala, artista<br />

d’origine albanese, ma naturalizzato<br />

parigino, tra i più interessanti<br />

delle ultime generazioni. Di altra<br />

natura è il seminario organizzato<br />

dalla Fondazione Baruchello<br />

al quale partecipano Emilio<br />

Fantin e Cesare Pietroiusti. Potete<br />

seguire il convegno previsto il 5 e<br />

IL NUDO<br />

FRA IDEALE E REALTÀ<br />

Bologna, 051-502859<br />

La GAM ospita una mostra che<br />

raccoglie numerose opere (dipinti,<br />

sculture, disegni, video e fotografie),<br />

dal Neoclassicismo a oggi, sul<br />

tema del nudo. Ingres, Degas,<br />

Schiele, Klimt, Man Ray,<br />

Mapplethorpe, Goldin sono solo<br />

alcuni degli artisti che con le loro<br />

opere hanno indagato nel corso<br />

dei secoli questo tema tanto affascinante<br />

quanto carico di valenze<br />

sociali e culturali.<br />

Fino al 9 maggio<br />

la memoria personale e collettiva.<br />

E del luogo lo colpisce il modo<br />

in cui identificarlo, attraverso<br />

la produzione culturale, la musica,<br />

persino il cibo. Ricostruire per<br />

esempio dei percorsi dimenticati,<br />

siano questi legati alla musica, al<br />

cibo o alla geografia è uno dei<br />

suoi obiettivi principali. In un’intervista<br />

ha detto: “Sono contrario<br />

alla creazione di monumenti che<br />

rappresentano la memoria o il<br />

potere attraverso un’immagine<br />

che sovrasta e intimorisce. Mi interessa<br />

creare qualcosa che invita<br />

le persone a partecipare…” E in<br />

effetti, i suoi interventi spesso<br />

sono veri e propri laboratori a cui<br />

il pubblico è invitato a prendere<br />

parte. A Milano Vitone prosegue<br />

il ciclo di lavori sulle bandiere iniziato<br />

nel 1996. La galleria Emi<br />

Fontana (tel. 02-56322237) per<br />

l’occasione sarà riempita di bandiere<br />

che scendono dal soffitto.<br />

Bandiere cariche di significati,<br />

che riportano frasi di pensatori libertari<br />

e riflessioni sul concetto<br />

d’individuo. Leggere bene gli<br />

“avvertimenti”.<br />

D.P. TESEI<br />

Luca Vitone<br />

Milano, Galleria Emi Fontana<br />

Fino al 27 marzo<br />

RACCONTO DI ME: PARO<strong>LA</strong> D , ARTISTA<br />

6 marzo (tel. 06-3346000), oppure<br />

attendere la metà di aprile,<br />

quando saranno presentati pub-<br />

QUATTRO MOSTRE, DENTRO L , EUROPA<br />

BUELL - HIGHLIGHTS<br />

Bologna, 051-332828<br />

La Maison Française de<br />

Bologne ospita quattordici<br />

nuove opere pittoriche dell’artista<br />

francese Buell che si rifanno<br />

esplicitamente ad altrettante<br />

stazioni della Via Crucis.<br />

L’intento della mostra, dal titolo<br />

Highlights, l’art, le sport, le<br />

sacré, è quello di avvicinare,<br />

anche attraverso un percorso<br />

sonoro, il pubblico all’arte contemporanea,<br />

all’idea di sacro<br />

nella società attuale e allo<br />

sport. Fino al 30 marzo<br />

blicamente i lavori realizzati durante<br />

gli incontri. Iscrivetevi su<br />

www.fondazionebaruchello.com.<br />

DISEGNARE NELLE CITTÀ<br />

Milano, 02-724341<br />

Temete di essere piombati improvvisamente<br />

in Portogallo? No,<br />

siete nelle sale della Triennale.<br />

Curata dall’architetto Àlvaro Siza,<br />

la mostra Architettura in<br />

Portogallo (2004), attraverso le<br />

fotografie di Gabriele Basilico e la<br />

documentazione di progetti di vari<br />

architetti, pone lo sguardo su<br />

situazioni architettoniche recentemente<br />

realizzate in Portogallo,<br />

prendendo in esame alcune città,<br />

tra cui Lisbona e Porto.<br />

Fino al 28 marzo<br />

Ernesto Neto, N. 2 “Venus Blue Cave”, 2001<br />

IN MOSTRA<br />

La natura, la materia,<br />

i terremoti e il<br />

linguaggio<br />

CHANCE<br />

Napoli, 081-295882<br />

Chance non è solo il titolo<br />

della mostra che ospita opere<br />

di Sergio Breviario, Luca<br />

Trevisani e Diego Zuelli, ma<br />

anche un format che lo spazio<br />

espositivo T293 ha adottato<br />

per presentare artisti<br />

emergenti. Questa prima puntata<br />

di Chance indaga principalmente<br />

la materia.<br />

Dal 6 marzo al 17 aprile<br />

DROMOCROMA<br />

Roma, 06-47824613<br />

“Dromocroma è un neologismo<br />

che gioca su una terminologia<br />

mutuata dal linguaggio tecnico<br />

proprio della geofisica, trasformandone<br />

il significato attraverso<br />

una variazione ortografica…<br />

da traccia dei tempi di propagazione<br />

di un’onda sismica in<br />

funzione della distanza dell’epicentro<br />

di un terremoto a fenomeno<br />

di natura visiva…”<br />

Non spaventatevi, la galleria<br />

Autori Cambi, in sostanza,<br />

ospita le opere di due giovani<br />

artiste, Marina Fulgeri e Ilana<br />

Halperin, che lavorano sulla reinterpretazione<br />

di fenomeni naturali<br />

(l’eruzione di un vulcano<br />

o lo scioglimento di un ghiacciaio).<br />

Fino al 20 marzo<br />

JOHN TREMB<strong>LA</strong>Y<br />

Torino, 011-280406<br />

John Tremblay conduce da<br />

anni una ricerca sull’aspetto<br />

percettivo del linguaggio artistico.<br />

Lo fa attraverso la tela<br />

e il video. Il Centro d’arte<br />

contemporanea Velan ospita<br />

una personale dell’artista<br />

americano con la sua ultima<br />

produzione video in cui è evidente<br />

una sorta di rivisitazione<br />

delle esperienze della<br />

Optical Art degli anni ’60.<br />

Fino al 26 marzo<br />

URBAN 51


SHOPPING<br />

ANTICO E MODERNO<br />

DITELO IN EBRAICO<br />

Nel ghetto di<br />

Bologna biglietti<br />

d’auguri per ogni<br />

ricorrenza ebraica<br />

Daniela e il Talmud. Un po’ come<br />

(ve la ricordate?) Barbara<br />

Streisand nel film Yentl: una giovane<br />

donna ebrea che ha ereditato<br />

dal padre la passione per gli<br />

studi religiosi, passione talmente<br />

forte che la spinge a travestirsi<br />

da uomo, ma inutilmente, perché<br />

di fatto, anche fuori dal set cinematografico,<br />

lo studio dei testi<br />

sacri è prerogativa degli uomini.<br />

Daniela questo lo sa, e oltre a<br />

non essere maschio non è nemmeno<br />

ebrea. Ma con l’ebraismo<br />

a suo modo ha preso familiarità,<br />

un po’ per caso e un po’ per passione.<br />

Amante della calligrafia,<br />

ha reso il suo piccolo negozio<br />

di incisioni (tel. 051-237022),<br />

nel cuore del ghetto di Bologna,<br />

Dove vai, se le<br />

rotaie non ce le hai?<br />

Locomotive degli anni ’30 che<br />

trascinano senza fatica vagoni di<br />

lusso, convogli formati solo da vagoni<br />

merci, ogni tipo di segnale<br />

ferroviario, rotaie di ogni lunghezza:<br />

trovate tutto nel negozio di<br />

Enrique Konigsman (tel. 02-<br />

70006430). Fin dall’età di 7 anni<br />

ROMA: 4 SCUSE PER FARE SPESE<br />

POGGI<br />

Via del Gesù, 74<br />

I nostalgici dei negozi di belle<br />

arti impazziranno sentendo l’odore<br />

di trementina, e saranno<br />

presi da una vera e propria<br />

vertigine osservando una parete<br />

piena di colori a olio. E poi<br />

pennelli, solventi e tele di tutti<br />

i tipi. L’antica coloreria Poggi<br />

offre un passo indietro nel<br />

tempo in un mondo dominato<br />

da immagini digitali e colori pixelosi,<br />

dispensando consigli<br />

esperti e sapienti.<br />

un’originale bottega che incuriosisce<br />

anche chi dell’ebraismo sa<br />

poco o nulla. Con l’aiuto di un<br />

(ora ne ha 54), Enrique sognava<br />

di possedere un treno, ovviamente<br />

elettrico e di piccole dimensioni.<br />

Ora ne ha tanti: li compra, li<br />

cura e li vende. A collezionisti come<br />

lui. “I bambini spiano dentro<br />

la vetrina e vanno via veloci” racconta.<br />

“I miei clienti sono cantanti,<br />

carabinieri, presentatori televisivi,<br />

gente strana e solo uomini. Mai<br />

conosciuta una donna collezionista<br />

di treni”. È però alle donne, in<br />

CARTOLERIA PANTHEON<br />

Via della Rotonda, 15<br />

Quaderni rilegati, carta interamente<br />

realizzata a mano, libretti<br />

in brossura, album e carta<br />

da lettere, sigilli, ceralacca,<br />

finezze da veri scrittori del<br />

tempo che fu: ecco la vera cartoleria<br />

di una volta, che occupa<br />

lo stesso angolo dietro il<br />

Pantheon dal 1910. Un paradiso<br />

per gli amanti dei negozi<br />

con gli scaffali antichi e per i<br />

maniaci degli articoli da cartoleria<br />

pregiati. Chic!<br />

valido maestro, Lucio Pardo, presidente<br />

della Comunità ebraica<br />

bolognese, Daniela ha ricostruito<br />

IL PARADISO DEL CAPOTRENO Altro<br />

particolare vedove, che il capotreno<br />

Konigsman deve parte della<br />

sua collezione, tanto che in famiglia<br />

lo chiamano “l’uomo delle vedove”.<br />

Accade spesso infatti che<br />

si rivolga a lui la vedova di un collezionista,<br />

che non sa cosa farsene<br />

di locomotive e vagoni stipati<br />

nell’armadio. Pezzi pregiati come<br />

la locomotiva tedesca costruita<br />

nel 1933 che riposa sullo scaffale.<br />

È 43 volte più piccola dell’ori-<br />

TABACCHERIA FINCATO<br />

Via Colonna Antonina, 35<br />

Un negozio elegantissimo tra<br />

Montecitorio e Palazzo Chigi è<br />

il paradiso dei collezionisti della<br />

pipa, e ne ospita anche un<br />

piccolo museo. Qui è possibile<br />

scoprirne forme di tutti i tipi, o<br />

imparare che i collezionisti le<br />

amano solo antiche o solo moderne,<br />

e che possono essere<br />

costruite in legno, radica o<br />

schiuma. Fausto Fincato, il padrone,<br />

ha istituito le prime gare<br />

di fumo lento per appassionati.<br />

immagine: Charles Szlakmann tratta da L’ebraismo per principianti / Editrice La Giuntina<br />

i caratteri dell’alfabeto ebraico e,<br />

in un estroso connubio di fantasia<br />

e timore reverenziale, ha cominciato<br />

a creare esemplari unici<br />

fatti a mano di calendari, segnalibri,<br />

ex libris, bomboniere, inviti,<br />

biglietti d’auguri per Rosh<br />

Hashanàh, Pesach, Purìm, Bar-<br />

Mitzvàh e altre feste ebraiche.<br />

Ma l’originalità di questi lavori<br />

è anche nella contaminazione tra<br />

il religioso e l’urbano, come nelle<br />

incisioni che raffigurano le Due<br />

Torri bolognesi, emblema della<br />

città, sullo sfondo di simboli<br />

ebraici. La Tarlatana è un nome<br />

che sa di artigianato e che richiama<br />

la particolare stoffa usata<br />

dagli incisori per eliminare l’inchiostro<br />

in eccesso dalle lastre di<br />

rame. Uno straccio che ogni<br />

giorno tra le mani di Daniela rispolvera<br />

una storia antichissima.<br />

BEBA MINNA<br />

La Tarlatana<br />

Bologna, via de’ Giudei 1/c<br />

ginale, e costa 3 mila euro, ma un<br />

collezionista può spenderne anche<br />

300 mila per una di serie limitata.<br />

Ma qui trovate anche le<br />

cosidette “confezioni di avvio”<br />

(200 euro). Servono a iniziare<br />

il viaggio.<br />

SONIA SARTORI<br />

E-mark<br />

Milano, via Fiamma 17 (ingresso<br />

da via Archimede)<br />

L’IMAGE<br />

Via della Scrofa, 67<br />

Nonostante l’immagine un po’<br />

troppo anni ’80, l’Image è un negozio<br />

storico: infatti è stato il primo<br />

a importare dall’estero poster<br />

e cartoline con immagini d’arte e<br />

di grafica diffondendo questa<br />

moda ancora sconosciuta nella<br />

capitale. Quindi via con calendari,<br />

rubriche, quadretti, poster, affiches<br />

e manifesti tra Kandinsky, i<br />

muralisti messicani e le foto degli<br />

angoli più nascosti e inediti della<br />

città eterna.<br />

NAPOLI<br />

Oggetti che suonano:<br />

dischi per tutti<br />

FONOTECA MUSIC<br />

EXPLORER<br />

Via Cisterna dell’Olio, 10<br />

Napoli è una città che ha sempre<br />

avuto una fortissima passione<br />

per la musica; cantare e<br />

suonare è sempre stato proprio<br />

dei partenopei, veri e propri<br />

soul man. E nel centro ci<br />

sono ottimi e storici negozi<br />

di dischi. La Fonoteca per<br />

esempio, che oggi si è un po’<br />

globalizzata con il nome<br />

“Fonoteca Music Explorer”,<br />

è nata nel 1991 e nei primi<br />

anni di vita si limitava al noleggio<br />

dei cd per diventare oggi<br />

uno dei punti di riferimento<br />

musicali della città. Il negozio,<br />

specializzato in musica etnica,<br />

ma con grosse aperture al jazz<br />

e all’elettronica, è archivio di<br />

bellezze e rarità sonore. Uno<br />

dei pezzi forti è la sezione dell’usato,<br />

in cui si possono trovare<br />

a prezzi abbordabili ottimi<br />

dischi. Nonostante il negozio<br />

sia molto piccolo, quando è<br />

possibile vengono organizzate<br />

presentazioni di album a cui<br />

partecipano gli artisti.<br />

DEMOS<br />

Via San Sebastiano, 20<br />

negozio di culto che è<br />

anche una società di distribuzione<br />

di musica indipendente.<br />

Seguendo la passione per l’elettronica,<br />

le sperimentazioni<br />

e l’avanguardia, chi lo gestisce<br />

offre la possibilità di trovare<br />

dischi underground, introvabili<br />

perfino nei sotterranei di<br />

Berlino. Su due piani: al piano<br />

terra ci sono i vinili (sì, proprio<br />

i vinili), oltre a libri di musica e<br />

videocassette di ricerca. Sopra<br />

un’immensa raccolta di cd, che<br />

comporta ore e ore di studi<br />

prima di ogni acquisto.<br />

Andarci un po’ preparati con<br />

qualche idea in testa, mica come<br />

ai megastore. Info sul web:<br />

www.demosrecords.it.<br />

a cura di Leonard Catacchio<br />

URBAN 53


CLUB<br />

NOTTE OPEN SOURCE<br />

BAL<strong>LA</strong>TE COL MOUSE<br />

Un po’ night club,<br />

un po’ Internet<br />

point. Il LinuXclub<br />

tra balli reali e<br />

realtà virtuali<br />

LINUXCLUB<br />

Roma, via Libetta 15<br />

Un nome che è già tutto un programma:<br />

LinuXclub. L’idea di<br />

aprire uno spazio con questo nome<br />

nasce dalla volontà di diffondere<br />

e rendere facilmente fruibili<br />

i temi dell’“etica hacker”: condivisione,<br />

decentramento, comunità,<br />

integrazione. E così mentre le<br />

maggiori aziende di informatica<br />

del mondo decidono di passare<br />

a Linux, il sistema operativo<br />

open source sviluppato negli anni<br />

’90 che il mondo ricorda per il<br />

pinguino che lo rappresenta, e il<br />

dibattito sulla condivisione dei<br />

saperi e la proprietà intellettuale<br />

supera i confini degli addetti ai<br />

lavori, Roma si diverte a scommettere<br />

su un nuovo locale. Il<br />

LinuXclub, appunto.<br />

E se le pulsazioni del Goa fanno<br />

vibrare via Libetta e il viavai<br />

tra i locali aperti nella ex zona<br />

industriale ai piedi della<br />

Garbatella animano le notti di<br />

Ostiense, LinuXclub si propone<br />

come club, café, spazio espositivo,<br />

Internet point, mediateca,<br />

spazio per conferenze, cinema e<br />

teatro, laboratorio creativo.<br />

Forever open, e sempre accogliente.<br />

Uno spazio in cui passare<br />

con il proprio laptop (se proprio<br />

proprio non ne potete fare<br />

A sorpresa in città torna il rythm and blues. In un anno un vero boom in molti locali<br />

Cicli e ricicli storici: l’hip hop<br />

torna a essere un fenomeno<br />

commerciale, lontano mille miglia<br />

dalla cultura della strada e<br />

sempre più vicino a patinati fenomeni<br />

di costume. Basta ascoltare<br />

la radio, girare per la città<br />

ed ecco che l’immaginario black<br />

è presente in ogni angolo di<br />

a meno...) e controllare la posta<br />

seduti al bancone provvisto di<br />

accessi di rete. E, tra una email e<br />

l’altra, bersi l’aperitivo e ascoltare<br />

musica.<br />

In più si può consultare le riviste<br />

di settore nella biblioteca<br />

multimediale, seguire corsi di<br />

web-radio o organizzare seminari<br />

sulle televisioni digitali,<br />

guardare una mostra fotografica<br />

su uno degli schermi tentacolari<br />

che si protendono dalle pareti<br />

Milano. Le serate si moltiplicano<br />

in ogni dove e anche il più improvvisato<br />

in consolle con i cd<br />

masterizzati diventa un dj con<br />

stuolo di adepti griffati.<br />

Allora vediamola così: se non<br />

ve ne frega nulla delle radici culturali<br />

di questo fenomeno afroamericano,<br />

ma volete semplicemente<br />

ballare le hit r’n’b del momento<br />

senza tradurre quello che<br />

della sala centrale e, perché no,<br />

fare acquisti dei prodotti del<br />

commercio equo e solidale.<br />

Aperto dalle 9 di mattina fino a<br />

tarda notte, il LinuXclub (tel. 06-<br />

57250551) è perfetto per un tè<br />

del tardo pomeriggio ma anche<br />

e soprattutto per un momento<br />

di decompressione notturna tra<br />

un locale affollato e l’altro: l’ambiente<br />

ultratecnologico e il bar<br />

si prestano infatti a qualsiasi tipo<br />

di serata e l’attitudine elet-<br />

state cantando a squarciagola,<br />

state attenti a quanto organizzano<br />

i tipi di Five Stars. Il progetto<br />

(www.fivestarshiphop.com)<br />

nasce dalla collaborazione di<br />

professionisti come Giampaolo<br />

Di Tizio e Davide Mozzanica, e<br />

vede alla consolle dj resident<br />

Max Brigante e Fish (vi ricordate<br />

i Sottotono?). Nel giro di un anno<br />

le serate a 5 stelle in città si<br />

sono triplicate, divenendo eventi<br />

tronica dei dj residenti ricordano<br />

molto i locali berlinesi. Gira che<br />

ti rigira non sarà difficile incontrare<br />

la crew di Hot 4 Tandoori<br />

che, abbandonata qualche mese<br />

fa la Locanda Atlantide, sembra<br />

aver trovato qui un nuovo approdo.<br />

Chiuso la domenica, ma<br />

nello stesso tempo aperto: la<br />

serata è dedicata alle feste private<br />

o agli eventi particolari (info@linuxclub.it).<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

MI<strong>LA</strong>NO B<strong>LA</strong>CK, TUTTA R , N , B<br />

FIVE STARS<br />

Milano, sedi varie<br />

commerciali legati alla promozione<br />

di artisti (Sean Paul, Gang<br />

Starr e Busta Rhymes) e abbigliamento<br />

street (Timberland,<br />

No Fear e Smith). Dove e quando?<br />

Mercoledì al Casablanca<br />

(tel. 02-6260186), venerdì<br />

al Colony (tel. 02-58102766)<br />

e domenica all’Atlantique<br />

(tel. 02-55193925).<br />

AILÉN GAMBERONI<br />

NOTTI ITALIANE<br />

Dove si balla, da<br />

Napoli a Torino<br />

ALEXANDER PUB<br />

Napoli, via Santa Maria<br />

della Libertà 14<br />

Un po’ nascosto nella zona<br />

collinare della città, appartato<br />

in un vicolo conosciuto da tutti<br />

i frequentatori della vita notturna<br />

napoletana, l’Alexander<br />

Pub è un rifugio dedicato agli<br />

appassionati di giochi di società.<br />

Ovviamente si mangia e<br />

si beve a volontà con la possibilità<br />

di selezionare la musica<br />

di sottofondo. Lo trovate a 10<br />

minuti dalla funicolare e dalla<br />

Metropolitana di piazza<br />

Vanvitelli. Tel. 081-5604919<br />

CENTRO<br />

CULTURALE MACHÈ<br />

Torino, via della Consolata 9/g<br />

Il Machè, circolo Arci molto<br />

trendy, si trova nel cuore del<br />

centro, a pochi metri da piazza<br />

della Consolata. Nato dall’idea<br />

di una galleria d’arte (il sotterraneo<br />

è dedicato a esposizioni),<br />

si è poi allargato ai live<br />

jazz e blues, agli aperitivi con<br />

cocktail e taglieri e alla consultazione<br />

di libri e riviste d’arte<br />

contemporanea. Arredamento<br />

e colonna sonora sempre soft<br />

ed eleganti, ogni tanto aperitivo<br />

rigorosamente vegan.<br />

Perfetto per un’uscita romantica<br />

tra dandy intellettuali.<br />

Tel. 011-4364122<br />

AZIMUT<br />

Torino, via Modena 55<br />

Locale storico per il clubbing<br />

e punto di riferimento per la<br />

vita culturale della città. Da ex<br />

capannone industriale a loft, in<br />

tempi non sospetti, con possibilità<br />

di scelta tra due livelli<br />

dedicati (musica live o dj in<br />

consolle). Spesso ospita mostre<br />

di giovani artisti, dibattiti<br />

e presentazioni di libri. Le serate<br />

doc sono di giovedì e sabato,<br />

quando si tira anche l’alba.<br />

Tel. 011-232458<br />

URBAN 55


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MI<strong>LA</strong>NO<br />

<strong>LA</strong> CITTA DEI PANINI<br />

PASSA AL<strong>LA</strong> PIADINA<br />

Per amore o per<br />

forza il sandwich<br />

è il re della città.<br />

Ma piadine e focacce<br />

fanno la fronda.<br />

Vinceranno?<br />

Lo sappiamo, la tentazione è irresistibile<br />

ovunque e a qualsiasi<br />

ora. Perché sono saporite, morbide<br />

ma al tempo stesso fragranti.<br />

E unte quel tanto che le rende ancora<br />

più golose. Come? Di cosa<br />

stiamo parlando? Ma di focacce &<br />

piadine, ovvio. La materia è vasta<br />

e quindi sorge spontanea la domanda:<br />

dove e come – addentando<br />

per credere – farsi sotto in una<br />

città multistrato e dalla grande<br />

(almeno apparentemente) offerta<br />

come Milano? Alzi la mano chi ha<br />

il coraggio di tirarsi indietro davanti<br />

a una focaccia appena sfornata<br />

o una piada appena spiastrata<br />

(ma sì, tolta dalla piastra).<br />

Nessuno? Bene, allora ammettetelo:<br />

che abbiate dieci o cent’anni,<br />

focaccia e piadina (cioè F&P) sono<br />

ormai il vostro pane quotidiano.<br />

All’uscita di scuola, nella pausa<br />

pranzo, a merenda, per aperitivo<br />

o come spuntino notturno, ecco<br />

due must assolutamente sfiziosi e<br />

appaganti ben più del solito paninazzo,<br />

spesso e volentieri gommoso<br />

o carbonizzato. Però… siamo<br />

sinceri: una buona focaccia (liscia,<br />

alle olive, al formaggio eccetera)<br />

non si trova tutti i giorni.<br />

Anzi, spesso ti imbatti in vere e<br />

proprie schifacce indurite, mollicce,<br />

straunte, strasalate oppure…<br />

insipide. Ma tu hai fame (o fretta),<br />

trangugi e quando loro arrivano<br />

nello stomaco, restano lì modello<br />

mattone. Stesso discorso per le<br />

piadine: troppo facile, specialmente<br />

nei bar, trovarle confezionate<br />

e precotte, piene di additivi<br />

e conservanti. Risultato? Un bel<br />

crack sotto i denti e addio leggerezza<br />

(o dentiera).<br />

Anche perché di solito le piadine<br />

hanno già il loro bel ripieno, salato<br />

o dolce che sia, a renderle toste:<br />

quindi, se non sono più che<br />

fresche a partire dall’impasto…<br />

Insomma, occhi aperti e bocca…<br />

pure: fra tante F&P (fetecchie &<br />

postacci), la città offre comunque<br />

una bella manciata di indirizzi da<br />

gustare e ricordare.<br />

Visto però che abbondano bar,<br />

panetterie, gastronomie, caffetterie,<br />

pizzerie, perfino calzolerie<br />

(certe suole…) che si improvvisano<br />

Focaccerie o Piadinerie, per<br />

non perdere di vista (e gusto) le<br />

nostre beneamate F&P ci siamo<br />

concentrati sui posti più veri, duri&puri:<br />

solo focacce e solo piadine<br />

o giù di lì, solo d’asporto o da<br />

spartano consumo sul posto.<br />

Così, se cercate la F andate a<br />

colpo sicuro alla Focacceria del<br />

Borgo in via Maggi, da Pronti Via<br />

in Ascanio Sforza 17 o anche in<br />

risto-focaccerie tipo San<br />

Fruttuoso di Camogli in viale<br />

Corsica 3. Per una bella P, ecco<br />

Gradisca in via della Commenda<br />

35, la Piadineria di viale Bligny<br />

43 o Luca e Andrea in Alzaia<br />

Naviglio Grande 34, dove nel pomeriggio<br />

servono anche intriganti<br />

piadtails (piadine + cocktails).<br />

Se poi volete eleggere fra questi<br />

indirizzi la F o la P più sexy o appagante,<br />

fate pure: l’importante,<br />

come sempre, è farsi guidare da<br />

occhi, naso e lingua. Però giù le<br />

mani, ok?<br />

LUNCH: SI FA PRESTO A DIRE FOCACCIA<br />

PIZZA GALLERY<br />

02-48013263<br />

Voglia di focaccia? Godetevi qui<br />

(fino a mezzanotte!) due versioni<br />

per ogni ricetta (alta e bassa, al<br />

forno o fritta, semplice o farcita) e<br />

tuffate i denti in quella con gorgonzola<br />

& noci, sbocconcellate<br />

quella con patate formaggio e olive,<br />

gustate con calma le mini-size<br />

con grani di sale o pomodoro e<br />

origano. Il menu cambia ogni<br />

giorno: se non vi interessa il focacc-away,<br />

agguantate uno dei<br />

pochi sgabelli e sgranocchiate<br />

pure. I tranci (abbondanti) vengono<br />

2,50 euro. Via Marghera, 18.<br />

Sempre aperto.<br />

FOCACCERIE GENOVESI<br />

02-8373200<br />

Diciamolo: focacce (e focaccerie)<br />

come queste tengono compagnia,<br />

risollevano l’umore, fanno canticchiare.<br />

Provare per credere un<br />

trancio con crescenza, con i pomodorini,<br />

le cipolle, il pesto.<br />

Oppure buttatevi su quella sem-<br />

plice: semplicemente strepitosa,<br />

né troppo unta né troppo alta. Se<br />

poi è giovedì, prendete anche la<br />

salsa alle noci con annessi pansotti:<br />

non ve ne pentirete. E forse,<br />

esclamerete anche “Belin!”.<br />

Via Santa Croce, 2.<br />

Chiuso domenica.<br />

AL PANZEROTTO<br />

02-29531712<br />

Se arrivate in pieno lunch (o dinner)<br />

time troverete inevitabilmente<br />

una bella coda. Voi però non<br />

P.D. SFORNELLI<br />

demordete, aspettate e intanto<br />

studiate cosa mordere, soprattutto<br />

tra le proposte farcite: la focaccia<br />

spinaci e gorgonzola, quella<br />

con radicchio trevigiano e mozzarella<br />

o piuttosto quella con prosciutto<br />

cotto e funghi? Il sottotitolo<br />

del locale, “I veri sapori di<br />

Puglia”, è poi una promessa di<br />

trasgressioni golose: arancini di<br />

riso farciti, rustici, crocchette di<br />

patate. Tutto dai due euro e mezzo<br />

in su; chiude alle 22.<br />

Via Scarlatti angolo Buenos<br />

Aires, 51. Sempre aperto.<br />

illustrazione: Squaz<br />

FARCITO<br />

Dalla Romagna al<br />

centro di Milano<br />

il passo è breve. E<br />

può essere buono<br />

PIADINERIA<br />

02-58309186<br />

Sei sgabelli, un bancone, una<br />

grande mappiadina alla parete:<br />

il posto è tutto qui.<br />

Piccolo ma buono, visti i due<br />

piadesperti pronti a impastare<br />

sotto i vostri occhi e soddisfare<br />

ogni vostro piadesiderio.<br />

Le (buone) combinazioni<br />

sono più di venti, comprese<br />

un paio dolci e la variante<br />

con farina integrale.<br />

Da provare anche i cascioni,<br />

che stanno alle piadine come<br />

i calzoni alle pizze. Dai 3,30<br />

euro in su. Viale Bligny, 43.<br />

Chiuso domenica.<br />

GRADISCA<br />

02-55191143<br />

Un piada-pub aperto fino a<br />

tardi? Eccolo, con piadine<br />

ben impastate e cotte (al momento),<br />

proprio come in<br />

Romagna: una dozzina i tipi a<br />

5 euro, dalla crudo-stracchino<br />

alla speck-scamorza, con<br />

in più cassoni, tigelle, mix<br />

piadin-fagioli o piadin-insalata.<br />

Via della Commenda, 35.<br />

Chiuso sabato a pranzo e<br />

domenica.<br />

<strong>LA</strong> CAVEJA<br />

02-72003548<br />

Specialità del mini-posto (anche<br />

in via Lanzone e corso<br />

Italia)? Il rotolo, cioè la piadarrotolata<br />

versione light<br />

(morbida e sottile) messa in<br />

piastra davanti a voi.<br />

D’asporto o meno (vi dovrete<br />

arrotolare sui pochi sgabelli),<br />

scegliete fra il vegetariano, il<br />

bresaola o fontina o il crudo<br />

squacquerone (lo stracchino<br />

romagnolo) e rucola: good!<br />

Via Ponte Vetero, 11.<br />

Chiuso domenica.<br />

URBAN 57


illustrazione: Squaz<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MI<strong>LA</strong>NO<br />

INTIMI, MODAIOLI E NATURALI<br />

GIOIA 69<br />

02-66710180<br />

Il posto sta facendo gioire tutti i<br />

modaiol-victims di città e provincia.<br />

Per i due buttadentro all’ingresso,<br />

per il gettonato aperitivo<br />

(ma nei cocktail c’è più ghiaccio<br />

che altro), per l’arredo minimalmarmeggiante.<br />

E poi per l’ambita<br />

risto-zona illuminata da candle-only<br />

(siete cecati? Lasciate<br />

perdere) dove sbirciando i rich (!)<br />

& famous (!) si sbocconcellano<br />

crema di broccoli con capesante,<br />

tartare di branzino al dragoncello,<br />

tagliolini con bottarga o filetto<br />

di branzino: tutti corretti e<br />

belli a vedersi, ma poco saporiti<br />

e dai prezzi salati. Diciamolo: da<br />

un 69 ci saremmo aspettati più<br />

godimento. Cioè, piatti meno leccati<br />

e più orgasmanti. Via<br />

M. Gioia, 69. Sempre aperto.<br />

LIFEGATE RESTAURANT<br />

02-54116754<br />

Non è così frequente capitare<br />

in un ristorante, il primo, a im-<br />

Benvenuti al tour de fromage.<br />

Una corsa in bici a piedi puzzoni?<br />

Ma no, sciocchini: un giro<br />

senza pedali ma con posate (e<br />

piatto, e bicchiere) fra colli e<br />

valli del vostro amato formaggio.<br />

Dove cioè potrete mettervi<br />

in borsa o in bocca a scelta il<br />

delicato e il puzzolente, il mor-<br />

patto ambientale zero: in questa<br />

gastrofiliale appena aperta<br />

(con cucina a vista!) della salutista<br />

Radio Lifegate, niente infatti<br />

è di peso sull’ambiente. Il<br />

che significa arredi con legno<br />

di recupero, sughero per insonorizzazioni,<br />

lampadone in<br />

carta pergamena sopra i tavoli<br />

(per capocciate a impatto...1).<br />

E poi materie prime bio, prodotti<br />

da commercio equo-solidale,<br />

cucina naturale, menu vegetarian-vegani.<br />

Già, ma come<br />

si mangia? Dal menu in carta<br />

riciclata senza distinzione fra<br />

antipasti o dessert potete scegliere<br />

una ventina di piatti,<br />

dall’indivia caramellata al carpaccio<br />

di seitan, dal tempura<br />

di baccalà alla bavarese di caffè<br />

d’orzo: peccato che, quando<br />

non sono esauriti, si presentino<br />

bene ma siano di gusto<br />

troppo light(gate). Il conto invece<br />

sarà abbastanza heavy<br />

per il portafoglio, sui 40 euro.<br />

I vini? Bio e senza solforosa,<br />

d’accordo, ma così così. Il servizio?<br />

Idem. La birra? “Oggi<br />

bido e il durazzo, il fresco e lo<br />

stagionato, l’italiano e lo straniero,<br />

il caprino e il vaccino.<br />

Possibile? Certo: se siete<br />

cheesemaniaci è quello che vi<br />

può capitare nel primo cheese<br />

bar aperto in città, la Taberna<br />

Imperiale di via Santa Croce 4.<br />

Un degustazionegozio nuovo e<br />

non l’hanno consegnata”.<br />

Come primo impatto, non c’è<br />

male. Brunch la domenica, giovedì<br />

cena indiana. Via Orti,<br />

10. Chiuso sabato a pranzo.<br />

ORSOBLU<br />

02-782516<br />

Il simpatico orsetto vi attende<br />

in un localino piccolo e carino,<br />

giocato per il lungo sui toni<br />

del blu-argento: niente carne<br />

di plantigrado qui, ma tanto<br />

pesce in ricette siculeggianti.<br />

A partire dal misto crudo che<br />

però necessita di ben venti minuti<br />

di preparazione (!).<br />

Nell’attesa buttatevi sul curioso<br />

risotto con fragole e gamberi,<br />

sulle delizie (tonno, spada,<br />

ricciola) marinate, sul fritto<br />

misto very light, sui saporiti<br />

moscardini alla Gattopardo o<br />

sui gustosi involtini di spada<br />

alla messinese. Servizio premuroso<br />

e professionale, vini<br />

interessanti, conto sui 30-40<br />

euro. Corso Concordia, 2.<br />

Chiuso domenica.<br />

Quelli che se ne intendono lo chiamano cheese bar. In realtà è una<br />

formaggeria con posti a sedere e buoni vini. Tutto buono e artigianale<br />

TAGIURA<br />

02-48950613<br />

Un posto semplice semplice<br />

dove l’arredamento, il servizio<br />

gentile e le porzioni generose<br />

contribuiranno a darvi la piacevole<br />

sensazione di stare a<br />

casa vostra. Con la differenza,<br />

e sia detto con rispetto, che a<br />

casa vostra non si mangia così<br />

(bene): tanti e buoni formaggi<br />

con marmellate casalinghe, salumi<br />

come piovesse, tagliatelle<br />

al ragù, parmigiana e, dulcis in<br />

fundo, dolci golosissimi. Noi ci<br />

permettiamo di suggerirvi una<br />

sana overdose di mascarpone<br />

con la frutta, ma non precludetevi<br />

per questo le altre ghiottonerie<br />

(ce n’è, ce n’è). Senza<br />

dimenticare che da queste<br />

parti si mangia solo a pranzo,<br />

tranne giovedì e venerdì sera,<br />

quando su prenotazione è<br />

possibile godersi anche una<br />

cena (buon rapporto qualitàprezzo).<br />

Via Tagiura, 5.<br />

Chiuso domenica.<br />

IL TOUR DE FROMAGE<br />

pulitissimo, dominato da un<br />

bancone che vi fa “Cheese!”<br />

appena entrati: enorme, vitreo,<br />

bombato, sinuoso. E straripante<br />

di ogni bendidio caseario da<br />

acquistare o consumare sul posto.<br />

Quello più serio, ovvio.<br />

Perché, duri e puri, i boss Livio<br />

Casu e Giorgio Mattielli impe-<br />

discono l’accesso ai finti formaggi<br />

industriali: niente cremine<br />

spalmabiline zeppe di emulsionanti,<br />

conservanti, gelificanti;<br />

niente imitazioni plastificate<br />

di fontina o groviera, niente<br />

flaccidi stracchini di nonni vari.<br />

In compenso, troverete il “parmigiano”<br />

di pecora sardo, le<br />

robiole caprine di Roccaverano,<br />

gli erborinati (ma dai, i formaggi<br />

con la muffa…) da tutto il<br />

mondo: quasi tutti a latte crudo,<br />

garanzia del miglior gusto<br />

su piazza.<br />

Non vi fidate? Allora entrate a<br />

qualsiasi ora (dalle 9 alle 21),<br />

puntate il dito sul vetro del<br />

bancone e intimate: “Voglio<br />

provare questo, questo, questo<br />

e anche quello”. Poi salite<br />

quattro gradini e accomodatevi<br />

a un tavolino in saletta degustazione:<br />

vi arriveranno i formaggi,<br />

tre tipi di pane e anche<br />

un bicchiere di vino serio da<br />

scegliere fra una trentina di etichette.<br />

Per una degustazione<br />

del genere spenderete sui 16<br />

euro, ma al momento del conto<br />

sarete già nel cheeseparadiso.<br />

Garantito al cacio.<br />

P.D. SFORNELLI<br />

SLOW FOOD<br />

Corsi di cibo in<br />

mezzo ai mobili<br />

È arrivato un bastimento<br />

Cargo di, pardon, carico<br />

di… bitto! Ehh?!? Sì, avete<br />

capito bene: una nave da carico,<br />

che trasporta il famoso<br />

formaggio della Valtellina,<br />

è approdata in città. Cioè,<br />

in realtà, era già lì, nei dintorni<br />

di via Padova, solo<br />

che prima non si sapeva che<br />

da Cargo (via Meucci 39,<br />

tel. 02-27221341) si potesse<br />

anche mangiare. E bere.<br />

Mbeh, vi stupite? Un po’ sì,<br />

dai, non capita tutti i giorni<br />

che un negozio di arredamento<br />

apra le porte alla<br />

cucina.<br />

Eppure, a guardar bene, gli<br />

ideatori di Cargo hanno naso<br />

per il cibo, visto che gli<br />

11 mila metri quadri del negozio<br />

si estendono sull’area<br />

dove dagli anni ’20 fino a<br />

poco tempo fa si fabbricava<br />

l’Ovomaltina. Adesso quindi,<br />

accanto a mobili e oggetti di<br />

tutto il mondo, da Cargo vedrete<br />

sfilare vini, formaggi e<br />

piatti tipici nostrani, serviti<br />

e spiegati da gourmet e<br />

sommelier di Slow Food.<br />

Questo mese Gusto in<br />

Cargo (programma completo<br />

su www.cargomilano.it) si<br />

presenta come luogo di incontro<br />

per chi vuole affinare<br />

il naso (sabato 20 marzo<br />

buffet d’assaggi, ore 12, laboratorio<br />

sull’olfatto, ore<br />

17), e per chi ha la Valtellina<br />

nel cuore (assaggi di vini e<br />

formaggi tipici sabato 27<br />

marzo, ore 12 buffet, dalle<br />

17 lezione di degustazione).<br />

Sempre a 5 euro. E non è finita.<br />

Ad aprile un sabato dedicato<br />

ai bambini (ci gusta),<br />

e a giugno un laboratorio di<br />

degustazione per i single (ci<br />

gusta ancora di più così imparate<br />

a cucinare pure voi).<br />

Buon appetito allora!<br />

BEBA MINNA<br />

URBAN 59


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

illustrazione: Squaz<br />

A CENA, COL DESIGN<br />

Buoni i piatti e belli<br />

i posti. Roma coniuga<br />

architettura e cibo,<br />

due settori in cui la<br />

ricerca funziona bene<br />

Siete attenti? Bene, allora non vi<br />

sarà certo sfuggito il Foodesign.<br />

Come, che cos’è? Allora siete attenti<br />

ma disinformati: non è altro<br />

che l’ultimo gridolino della ristorazione<br />

romana, quello del B&B<br />

(Bello fuori, Buono in tavola) che<br />

vuole ogni locale di questo genere<br />

in grado di esibire una cifra<br />

estetica (un bell’otto, meglio un<br />

bel dieci) intimamente unita alla<br />

filosofia (se preferite, “la mission”)<br />

del locale, per forza di cose glamvogue<br />

per non dire (ma sì, diciamolo)<br />

trendy. Guarda caso, proprio<br />

come il tipo di cucina che<br />

propone. Allora, dopo aver sco-<br />

perto e interiorizzato in pochi anni<br />

le cruderie giapponesi, il mix<br />

sudamediterraneo e quello nordafrasiatico<br />

ma anche il multilocale<br />

dove mangiar-ber-ascoltarmusicaballar-acquistarwine&food,adesso<br />

Roma sembra tutta concentrata<br />

sul “food entertaining”, l’estetica<br />

cioè del pasto che passa prima<br />

dall’ambiente e poi dal piatto.<br />

Così, viva il ristodesign: ormai<br />

non c’è indirizzo emergente che<br />

prima ancora d’ingaggiare lo<br />

chef non abbia ingaggiato<br />

l’architetto o l’interior design<br />

(che fa molto Casa Vogue) più<br />

“giusto”. Fateci caso: se fino a<br />

pochi mesi fa l’acquisto numero<br />

uno di ogni ristogestore era l’ultimo<br />

must culinario come l’iperforno<br />

o l’abbattitore (di clienti?<br />

No, di temperatura!), oggi viene<br />

prima di tutto il faretto a cromatismo<br />

variabile, il pannello re-<br />

troilluminato a scomparsa, il tocco<br />

feng shui del legno naturale,<br />

il pavimento in resina “graffiato”.<br />

E così (a seguire) i nomi architettosi<br />

come Studio Giammetta,<br />

Metamorphosis o la variegata<br />

banda della griffe Fuksas rischiano<br />

di diventare famosi presso il<br />

risto-people della Capitale almeno<br />

quanto gli starchef che hanno<br />

imposto il food come colonna<br />

portante del bien vivre e della<br />

modaiolezza (si dice così? Ma<br />

certo!).<br />

Visto che siete attenti, avrete notato<br />

che il fenomeno parte da<br />

lontano, anche molto lontano,<br />

cioè da avamposti come il Reef e<br />

la sabbia under i suoi pavimenti<br />

cristallosi, il Ketum col suo mix ristorient-discobar,<br />

il Bloom con i<br />

suoi ammiccamenti starkiani, il<br />

RED c/o Auditorium la cui sigla<br />

sta appunto per “Ristorazione E<br />

THE KITCHEN<br />

06-5741505<br />

Il look è da Grande Mel-minimale:<br />

piastrelle, cucina a vista,<br />

orologione, pavimento “industriale”.<br />

La cucina invece sa di<br />

Mediterraneo (riso zafferano e<br />

frutti di mare, spigola in crosta)<br />

con evasioni fusion (mazzancolle<br />

su riso thai); a volte però i<br />

piatti sono distratti, lo zafferano<br />

indeciso, la crosta stracotta.<br />

Insomma, per ora è più stile<br />

che sapore. Comunque buoni<br />

vini, musica relaxing, spesa sui<br />

Design”. Così, si spiega meglio il<br />

susseguente arrivo a cascata e relativo<br />

boom dei vari Room (scusate<br />

la rima), Trattoria, Izgud,<br />

Naboo, Cru, Bliss Dinner Club:<br />

tutti posti del “Prima-guarda-poimangia”<br />

che vantano ciascuno un<br />

proprio stile (e un proprio architetto)<br />

identificabile da subito nell’arredo,<br />

poi nel menu, quindi nel<br />

sottofondo musicale.<br />

Già, ecco l’altra bella novità della<br />

risto-vague romana: l’estrema<br />

attenzione alla colonna sonora,<br />

ormai parte integrante (e importante)<br />

di ogni ristolook che si rispetti.<br />

L’ultima tessera cioè di un<br />

mosaico sensoriale dove l’offerta<br />

visiv-gustativ-auditiva è all’insegna<br />

di un benessere totale, avvolgente,<br />

originale. E naturalmente,<br />

griff(ood)ato.<br />

TRATTORIA<br />

06-68301427<br />

PAUL DE CEL<strong>LA</strong>R<br />

QUI SI MANGIA L , ARCHITETTURA<br />

ROOM<br />

06-42020434<br />

Designelementi industrialorientali,<br />

colonne e tavoli foderati<br />

in rame, bancone techno<br />

con lucine blu, resina a terra<br />

fanno già la differenza. Quattro<br />

i menu da 25 euro, uno per<br />

continente, con piatti nostrani<br />

tipo riso con trigliette, lombatina<br />

perfetta (beh, quasi) d’agnello,<br />

dolce di melanzane, ricotta e<br />

cioccolato. Insomma, una bella<br />

sorpresa già affollata di giovani<br />

ben contenti di spendere anche<br />

45 euro. Via Lucullo, 9.<br />

Chiuso domenica a pranzo.<br />

LE CRU<br />

06-6784838<br />

Frutti di mare (a 2 euro l’uno),<br />

crostacei e guscio etno-chic per<br />

questo locale annesso allo storico<br />

Gilda, dove la cucina però è<br />

ancora da registrare. World music<br />

non invadente, pubblico modaiolo<br />

e danzatori (!) in pausa<br />

cena, che vi costerà sui 40 euro.<br />

Via Mercede, 10. Chiuso a<br />

pranzo e lunedì.<br />

35 euro. Via Conciatori, 3.<br />

Chiuso domenica.<br />

Fra luci e arredi al top (qui c’è la<br />

“scuola” di Fuksas), un giovane e<br />

abile chef milanese regala bei sapori<br />

tipo quaglie con paté, pasta<br />

ai pepi, variazioni d’agnello. Bel<br />

servizio di girls, ottima scelta di<br />

vini, gente elegante ai tavoli. La<br />

location è centrale, il prezzo over<br />

50. Via Pozzo Cornacchie, 25.<br />

Chiuso a pranzo e domenica.<br />

STYLE<br />

Giochi di luce, echi<br />

postmoderne: la<br />

capitale si traveste<br />

da New York City<br />

NABOO<br />

06-36003616<br />

Non avete le allucinazioni:<br />

ogni due ore il posto cambia<br />

veramente faccia grazie alla<br />

luce delle sale che gira dolcemente<br />

tra colori che vanno<br />

dal verde al rosso in tutte le<br />

gradazioni possibili.<br />

Arredamento minimal ferrocastagno,<br />

cucina italiana rivisitata<br />

(anche pizza), bei cocktail,<br />

lounge di sottofondo,<br />

prezzi umani (30 euro). Very<br />

young-oriented.<br />

Via Cossa, 51/b.<br />

Chiuso lunedì.<br />

NAZCA<br />

06-5747638<br />

Si balla, si beve, si ascolta tiratissima<br />

house in questo grande<br />

spazio tra tecno, luci postmoderne<br />

e piastrelle di stampo<br />

sudamericano. A pranzo si<br />

agisce con buffet-a-peso, la<br />

sera con carta con menu vegetariano<br />

e voglie mex-mex<br />

(cus cus di pesce, chimichanga<br />

di carne e fagioli). Look griffato<br />

Metamorphosis, pubblico<br />

giovane e frizzante, conto sui<br />

30 euro.<br />

Via del Gasometro, 40/42.<br />

Chiuso lunedì.<br />

BLISS<br />

06-5783146<br />

NY style per questo locale<br />

dove si balla domenica sera<br />

(con cena a buffet), mentre<br />

gli altri giorni è cocktail bar<br />

con cucina carnivora. La mano<br />

è dell’architetto Gianluca<br />

Gentili, vero NY lover (si vede,<br />

si vede), la clientela di<br />

giovanotti e sbarbine, il conto<br />

sui 35 euro.<br />

Via Ostiense, 131/h.<br />

Chiuso a pranzo e lunedì.<br />

URBAN 61


illustrazione: Squaz POLVERI<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

LE BUONE TAVOLE, LE BUONE CANTINE<br />

LE PAPERE<br />

06-41205790<br />

Nuovo, carino e coraggioso,<br />

apre i battenti in una zona periferica<br />

(Rebibbia) celebre a<br />

Roma finora più per motivi giudiziari<br />

(qui c’è il secondo carcere)<br />

che gastronomici. Ma l’arrivo<br />

del metro, l’insediamento di<br />

nuovi residenti, la vicinanza del<br />

Raccordo ha evidentemente incoraggiato<br />

i due titolari, fan<br />

uno della cucina l’altro del<br />

buon vino, ad aprire tentando<br />

la sorte. Il risultato, per ora, è<br />

una vera e bella sorpresa.<br />

Gentilezza e fantasia si accompagnano<br />

alla scelta di ottime e<br />

rare materie prime (il cece piccino<br />

toscano, le grandi lenticchie<br />

umbre e laziali, i migliori<br />

fagioli aretini) elaborate con<br />

mano prudente ma felice. Un<br />

po’ semplici i dessert (ma a ragione<br />

Anthony Burdain scrive<br />

che la pasticceria sta alla cucina<br />

come la neurologia alla medicina...),<br />

piacevolissima invece<br />

la scelta dei vini e il loro servi-<br />

zio. Pubblico bello misto che ha<br />

già decretato il successo di<br />

questa new entry dal conto ragionevole:<br />

30-35 euro.<br />

Via Casale di San Basilio, 211.<br />

Chiuso lunedì.<br />

VINARIUM<br />

06-4462110<br />

Mancava proprio un altro wine<br />

bar, a San Lorenzo: dove cioè i locali<br />

si susseguono uno via l’altro<br />

e dove, proprio nella via un tempo<br />

centro della contestazione più<br />

dura, ora convogliano allo stesso<br />

tempo ragazzi alternativi e maturi<br />

ricercatori di golosità. Non era facile,<br />

ma Vinarium si sta invece<br />

strameritando il suo posto al sole<br />

con un’atmosfera allegra e accogliente,<br />

un’ottima offerta di calici<br />

a prezzo umano e con i (pochi)<br />

piatti caldi del giorno che variano<br />

alla velocità della luce senza mai<br />

tradire. Con 20 euro vi fate un<br />

buon piatto e un buon bicchiere:<br />

al giorno d’oggi, meglio prendere<br />

che lasciare. Via dei Volsci, 103.<br />

Chiuso lunedì.<br />

F.I.S.H.<br />

06-47824962<br />

È decisamente in progress<br />

questo ristorante nato, come<br />

dice il nome (che sta, non lo indovinerete<br />

mai, per Fine<br />

International Seafood House),<br />

sull’onda dell’innamoramento<br />

marittimittico dei risto-clienti<br />

romani. Piazzato in uno dei<br />

quartieri (Monti) più divertenti<br />

e fitti di locali in città, propone<br />

piatti tendenzialmente esotici e<br />

fusion, oltre ai classici (ormai)<br />

sashimi e sushi anche se in<br />

versioni personalizzate. Piatti<br />

che dopo qualche incertezza<br />

iniziale mostrano adesso mano<br />

più sicura e sapori più divertenti,<br />

per non dire dei vini scelti<br />

ancor meglio e con più dovizia.<br />

I tavolini “eat & drink” affacciati<br />

sulla strada e il pur piccolo<br />

bancone assicurano insieme<br />

alla sala una strong aria<br />

metropolitana e un pubblico<br />

vario, dal ricambio frequente.<br />

Si va dai 16-20 euro di un sushi-break<br />

ai 40-50 per un menu<br />

Per tèstare fino in fondo, bisogna<br />

essere intènditori. E non<br />

è così semplice come credetè.<br />

Secondo Darrell Corti, mitico<br />

“tèstertaster” italoamericano<br />

famoso sia tra gli enofan che<br />

tra le tazze “bone china”, degustare<br />

tè sarebbe molto più<br />

complesso che degustare vino.<br />

Lui per primo dunque approverebbe<br />

il rinnovato teaboom<br />

che i tealover romani (sì, anche<br />

tèenager) hanno decretato a<br />

varietà come Taiping Hokui,<br />

Dong Yang Dong Bai, China<br />

Mao Feng, China White<br />

Monkey (i rari e preziosi bianchi)<br />

o il commovente verde Jin<br />

Shang Tien Hua, cammeo di<br />

gemme dal cui centro, una volta<br />

in infusione, spuntano d’incanto<br />

due capolini fioriti.<br />

Senza contare i tè neri della<br />

Kusmi, storica azienda russa<br />

fornitrice dello zar.<br />

Tutto questo tèrremoto grazie<br />

alla recentè apertura da partè<br />

di Yara Bitetti, reduce da esperienze<br />

al Riccioli Café, a L’ecole<br />

du thè parigina o al Tea<br />

College con Mr. Twinings in<br />

completo. Via dei Serpenti, 16.<br />

Chiuso lunedì.<br />

JOIA<br />

06-5740802<br />

Decisamente accogliente, al secondo<br />

piano di una palazzina<br />

di Testaccio, il posto comprende<br />

anche discoteca e piano bar<br />

sugli altri livelli. È il ristorante<br />

però a brillare di luce propria,<br />

condotto com’è da uno chef<br />

giovane e ambizioso alla caccia<br />

della qualità. Mare e terra in<br />

menu, apertura fino a tarda ora<br />

(in sintonia con la location) e<br />

bella terrazza sono i punti fermi<br />

di un locale dove abbondano<br />

classici riletti (uno per tutti:<br />

“cacio e pepe” con fiori di zucca),<br />

crudità modaiole ben eseguite,<br />

dolci golosi con evidente,<br />

amorosa abbondanza cioccolatosa.<br />

Cantina in sviluppo<br />

ma già promettente, pubblico<br />

nottambulo e modaiolo, conto<br />

sui 45-50 euro.<br />

Via Galvani, 20.<br />

Chiuso a pranzo e lunedì.<br />

E BUSTINE<br />

Cinesi, russi, orientali in genere. Roma<br />

scopre la sua nuova passione per gli infusi<br />

persona, di un suo “tèatro” in<br />

via del Pellegrino 85 (Tè e<br />

teiere, tel. 06-6868824), già<br />

affollato di tèmaniaci di ogni<br />

età e sesso. “Il tè è un’eredità<br />

dalla culla della civiltà – spiega<br />

lei – e per me è oggetto di studio<br />

perenne e di rispetto”. Già,<br />

perché in questo barnegozio<br />

c’è proprio tutto quel che vorreste<br />

acquistare (anche tazze,<br />

copriteiere, zuccheriere, cucchiaini,<br />

libri), gustare e conoscere<br />

in matèria.<br />

A cominciare proprio dal tè,<br />

che qui trovatè a foglia intera,<br />

cioè non in bustina o miscela<br />

(orrore!), nelle più diverse e rare<br />

provenienze e tipologie. Siete<br />

incuriositè ma non così tèmerarie?<br />

Fatevi tèntare da Yara, che<br />

oltre a proporvi gli aromi più<br />

esclusivi, organizza vari tèminari<br />

essendo anche tèacher di<br />

“Cuoche per caso”. Quando?<br />

Informatèvi in negozio o, se<br />

proprio avetè fretta, chiamatè<br />

da casa o ufficio: un tè(lefonico)<br />

non ve lo negherà nessuno.<br />

PAUL DE CEL<strong>LA</strong>R<br />

YETI<br />

Mangiare e leggere,<br />

leggere e mangiare<br />

Uno yeti si è stabilito al<br />

Pigneto, ma più che terrorizzare<br />

i passanti accoglie chi è alla<br />

ricerca di un posto tranquillo in<br />

cui mangiare, leggere qualcosa<br />

e chiacchierare. Lo Yeti è infatti<br />

il nome di un locale che ha<br />

aperto quest’inverno in via<br />

Perugia 4 (tel. 06-7025633), in<br />

mezzo all’isola pedonale di uno<br />

dei quartieri più vivaci della città.<br />

Alla faccia della Roma che<br />

corre e si affanna, Lo Yeti propone<br />

un modello di intrattenimento<br />

slow e ragionato: accanto<br />

al bancone della sala caffè,<br />

che sforna piatti freddi, insalate,<br />

brunch, colazioni e aperitivi<br />

molto gustosi, c’è una libreria<br />

con annesso internet point.<br />

Così chi passa di qui può guardare<br />

le ultime novità librarie gustando<br />

un vino novello biologico<br />

pugliese, o fare colazione<br />

leggendo uno dei quotidiani o<br />

dei fumetti messi a disposizione<br />

per la consultazione all’interno<br />

del locale. Salvatore, Salvo,<br />

Maurizio e Daniele della cooperativa<br />

“Libera… mente” hanno<br />

puntato sull’accessibilità di<br />

questo spazio che, privo di<br />

qualsiasi barriera architettonica<br />

è interamente accessibile anche<br />

a visitatori sulla sedia a rotelle.<br />

Ma Lo Yeti è accessibile anche<br />

per le tasche dell’eterogenea<br />

popolazione del quartiere, che<br />

può contare su prodotti biologici<br />

controllati senza dover<br />

rompere il salvadanaio.<br />

Buono il piatto di formaggi<br />

misti (6 euro), che si accompagna<br />

benissimo con i vini proposti<br />

dalla carta. E non snobbate<br />

la piccola e fornita libreria,<br />

che strizza l’occhio alla<br />

piccola editoria e alle produzioni<br />

indipendenti e offre<br />

un’ampia scelta di titoli di narrativa,<br />

di fumetti di autore e di<br />

libri su e per i bambini.<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

URBAN 63


illustrazione: Squaz<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» BOLOGNA<br />

TUTTI CARNIVORI,<br />

LESSO CHI LEGGE<br />

Non siete mai stati<br />

a Bologna se non<br />

avete affrontato un<br />

serio carrello dei<br />

bolliti. Ecco dove e<br />

come. Andateci piano<br />

Vi danno del bollito? Può capitare<br />

anche ai più svegli. Noi<br />

però vi conosciamo bene: non<br />

l’accogliereste con molto fair<br />

play. Sbottando e meravigliandovi<br />

per un simile affronto,<br />

protestereste subito tutta la<br />

vostra vivacità. Invece sbaglia-<br />

te a fraintendere, perché davanti<br />

a un bel lesso la scelta<br />

è una sola: aprire la bocca,<br />

chiudere gli occhi e… affondare<br />

i denti in quella carne così<br />

tenera che si disfa in bocca.<br />

Già, il bollito di carne: un<br />

piatto per bolliti, direte voi.<br />

Invece no, cari miei. Piuttosto,<br />

un rito che oggi torna di moda<br />

proprio grazie ai primi rigetti<br />

da fast burger. Tant’è che insieme<br />

a questo piattino leggero<br />

leggero, ecco rifarsi avanti arrosti<br />

e cotolette, zamponi e cotechini,<br />

grigliate e bisteccone.<br />

Piatti tosti e robusti che acco-<br />

IL FASCINO DISCRETO DEL<strong>LA</strong> GRIGLIA<br />

ROADHOUSE GRILL<br />

051-6311705<br />

Vi ricordate Il duro del<br />

Roadhouse, il film con Patrick<br />

Swayze? Bene, ecco una cosuccia<br />

del genere, scazzottate a parte:<br />

un american saloon con cucina<br />

texana e pure tex-mex a base di<br />

piattoni unici. Di cosa? Che domande:<br />

meat rigorosamente alla<br />

griglia (Ribeye, New York Strip,<br />

Prime Rib, Filet Mignon, T-Bone<br />

Steak) con super contorni di chili,<br />

patatine fritte e ketchup. Conto<br />

sui 20, 25 euro. Via Stalingrado,<br />

40. Sempre aperto.<br />

<strong>LA</strong> GRIGLIA D’ORO<br />

051-307406<br />

D’accordo, d’accordo, l’arredamento<br />

non sarà il massimo<br />

dello stile, però il mancamento<br />

davanti al carrello degli arrosti<br />

o dei bolliti, da manuale o quasi,<br />

è assicurato. Senza contare<br />

poi la vasta scelta di carne<br />

alla griglia o di cotolette<br />

(quelle vere, una volta tanto)<br />

alla bolognese. Alla fine spenderete<br />

tra i 20 e i 30 euro,<br />

bevande escluse.<br />

Via Mazzini, 119. Chiuso<br />

mercoledì.<br />

munano nonni e nipoti, non così<br />

frequenti però al ristorante<br />

(i nonni? Ma no, i piatti!) in tempi<br />

di mangiarlight. Così, è certo<br />

più facile imbattersi nei soliti<br />

carpacci o straccetti di filetto<br />

con rucola e/o grana: secondi<br />

più dietetici e recenti ma oggetto<br />

ormai di lunch impiegatizi nei<br />

baretti più periferici.<br />

Meno male però che nella<br />

Bologna lussuriosa la ciccia più<br />

vera e carnosa, quella al forno<br />

o alla griglia per capirci, non<br />

manca: fate un salto al Don<br />

Camillo in via San Gervaso 5/d,<br />

alla Trattoria Boni in via Sturzo<br />

TRATTORIA<br />

MELONCELLO<br />

051-6143947<br />

Una trattoria d’una volta, ma<br />

già adeguata ai giorni nostri,<br />

dove andare allegramente di<br />

mascelle tra succulenti classici<br />

carnali. Per esempio?<br />

Spezzatino di vitello, ossobuco<br />

al sugo rosso, coniglio disossato,<br />

arista di maiale e arrosto di<br />

vitello al forno. E per contorno<br />

ecco un’altra delizia tutta emiliana,<br />

il friggione.<br />

Via Saragozza 240/a.<br />

Chiuso lunedì sera e martedì.<br />

22/c, da Vito in via Musolesi 9<br />

o alla Trattoria San Sisto in via<br />

San Donato 194, cioè tutti<br />

paradisi per meat-lovers a base<br />

di filettazzi, tagliate, stinchi<br />

(di maiale), trippe e spezzatini,<br />

e capirete masticando di che<br />

cos(ci)a stiamo parlando. Se poi<br />

avete appetito da cowboy/girl,<br />

potete farvi la vostra amata<br />

bi-steak alla griglia in una steakhouse<br />

american-style,<br />

il Roadhouse Grill in via<br />

Stalingrado 40. Come si dice,<br />

a ognuno la carnazza (anche<br />

quella nel piatto) che si merita...<br />

CICCERIA<br />

051-942896<br />

CARLO FRASSOLDATI<br />

Un nome, una garanzia (di ciccia).<br />

Anche perché il castrato<br />

è una specialità di Castel San<br />

Pietro che vale la trasferta: in<br />

questa trattoria lo trovate ricco<br />

e ben cotto, in compagnia di<br />

verdure alla griglia e vini delle<br />

colline. Non mancano piadine,<br />

crescentine e pasta fatta in<br />

casa (sì, ancora al mattarello!).<br />

Prezzi carnalmente onesti.<br />

Castel San Pietro, via<br />

Matteotti, 41.<br />

Chiuso mercoledi.<br />

FARE NOTTE<br />

Dal wine bar alla<br />

notte cubana.<br />

L’importante è<br />

tirar tardi, mangiare<br />

e bere bene<br />

BAR & WINERY<br />

051-227048<br />

Il nome non sarà molto originale,<br />

però è uno dei posticini<br />

più trendesclusivi in città, grazie<br />

anche alla fashion-location,<br />

in mezzo ai negozi di moda<br />

più top (conta? Eccome se<br />

conta). Per questo, per tutto<br />

l’arco della giornata, tra abatjour<br />

e arredo minimal, ci potete<br />

trovare modaiol people che<br />

prima o dopo lo shopping e<br />

con bel savoir-faire si schicchera<br />

un caffè, sorseggia bei<br />

cocktail, degusta bei vini,<br />

sgranocchia mini-pasticcini<br />

o assaggia mini-spicchietti di<br />

formaggi. Il tutto, s’intende, a<br />

prezzi adeguati: modesse<br />

oblige… Galleria Cavour, 1/r.<br />

Sempre aperto.<br />

COHIBA<br />

051-6390527<br />

Cercate una noche caliente<br />

per gambe e stomaco?<br />

Ecco un ristodiscopub dall’aria<br />

tropicalcubankitsch,<br />

dove bailar anche la salsa<br />

fino alle ore piccole.<br />

Nella zona ristorante, più<br />

tranquilla, potete invece assaggiare<br />

specialità di Fidel<br />

doc tipo platanos fritos<br />

(similbanane fritte), lechon<br />

asado (un leccone? Ma no,<br />

il maialino alla brace!), camaron<br />

borracho (gamberetti<br />

stufati) e anche langosta<br />

(bravi, l’aragosta!) cotta in<br />

birra e vino.<br />

Peccato solo per il servizio,<br />

un po’ lento e svagato...<br />

esattamente come a Cuba:<br />

rifatevi pure con un buon<br />

rum e un bel sigaro, entrambi<br />

cuban-caraibici.<br />

Via del Borgo San Pietro,<br />

54 a/b. Sempre aperto.<br />

URBAN 65


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» TORINO<br />

GOLOSI DI VERDURE<br />

RIMASTI AL VERDE<br />

Niente carne?<br />

Nessun problema.<br />

Torino offre molte<br />

chance a chi rifiuta<br />

di mangiare animali.<br />

Guida vegetariana<br />

Verdurine fan? Ipervegani?<br />

Insalatinaficionados?<br />

Macrobiotici? Insomma, siete vegetariani<br />

o giù di lì? Allora fatevi<br />

sotto e affilate i denti (si fa per dire)<br />

perché dopo il primo Vegan<br />

Festival di pochi mesi fa Torino<br />

sembra proprio avviata verso il<br />

mangiarverde più fresco e attuale.<br />

Niente paura, non vi parleremo<br />

dei ristoranti vegetariani old style,<br />

quelli no-meat ma con menu<br />

noiosetti, dedicati al ghetto dei<br />

turinvegani: di questi ricordate<br />

solo Il Punto Verde di via San<br />

Massimo, oggi rinfrescato nell’immagine,<br />

nei piatti e nel pubblico.<br />

Al grido di “vegetariani si diventa,<br />

non si nasce”, le new entries<br />

del veggie food rispondono<br />

invece con originalità alle<br />

esigenze più attuali: curiosità<br />

gastronomiche, wellness, scelte<br />

etiche e non violente, anche e<br />

soprattutto a tavola. Perché evitare<br />

la carne fa bene agli animali<br />

ma anche all’uomo, sostengono<br />

i nutrizionisti. Eccoli allora, i<br />

nuovi veg-locali: piacevoli e sani,<br />

con ingredienti biodinamici e<br />

multietnici, piatti creativi e relax<br />

assicurato, attirano finalmente<br />

curiosi di ogni età e sesso, dagli<br />

ortodossi ai neofiti. Tutti insie-<br />

VEGANI SUL POSTO E DA PORTAR VIA<br />

SESAMO’S KITCHEN<br />

011-655548<br />

Caffetteria , gastrovegetarianomia<br />

e biocucina (fino alle 19,30) in un<br />

solo, squisito locale figlio del vicino<br />

Sesamo, negozio di alimenti<br />

naturali in via Berthollet. Qui gli<br />

ingredienti sono tutti bio, le ricette<br />

etnico-vegane e trovate anche<br />

a richiesta piatti (certificati)<br />

Kasher Parve. Tra infissi azzurro<br />

cielo e arredi in legno si servono<br />

tè e tisane introvabili o quasi,<br />

centrifugati e torte sfiziose. A<br />

pranzo scelta fra zuppe di cereali<br />

me vegetarianamente. Quali sono?<br />

Tra i più gettonati la<br />

Mezzaluna di piazza Emanuele<br />

Filiberto, dove si mangia e si<br />

compra di tutto purché vegemacrobioequosolidale:<br />

alimenti, cosmesi,<br />

prodotti per la pulizia.<br />

Una bio-chicca è anche Sesamo’s<br />

Kitchen, risto-caffetteria di lec-<br />

e legumi, riso con zenzero e verdurine,<br />

tempura, seitan tonnè e<br />

piattini a base di tofu, soia verde<br />

e alghe marine. Il tutto per dieci<br />

euro circa: apriti, Sesamo.<br />

Via Saluzzo, 23 bis.<br />

Chiuso domenica.<br />

GASTRONOMIA<br />

VEGETARIANA<br />

011-3828605<br />

Cercate un take a-veggie-way vegan-macrobiotico?<br />

Magari che sia<br />

anche market e catering hi-level?<br />

Eccolo: le materie prime in vendi-<br />

cornie verdurose, sede di conferenze<br />

e corsi di cucina naturale.<br />

Piatti solo d’asporto invece per il<br />

momento alla Gastronomia<br />

Vegetariana in via Di Nanni: un<br />

vero peccato, perché la cucina<br />

qui è libera da schemi e rispettosa<br />

dell’ambiente. Aspettiamo...<br />

Un’alternativa? I ristoranti indiani,<br />

ta sono super a partire da frutta e<br />

verdura bio, cereali integrali o decorticati,<br />

dolcificanti naturali, perfino<br />

farine macinate a pietra da<br />

Raffaella Goria, anima e cuoca di<br />

questo bel posticino. È lei che,<br />

usando solo pentole in coccio e<br />

wok, prepara torte salate ripienissime<br />

di verdura di stagione (2 euro<br />

le mignon), la gettonatissima (e<br />

golosa) capricciosa con maionese<br />

di tofu, una bella paella vegetariana<br />

o un super taboulè di cous cous:<br />

insomma, un vero biodelight.<br />

Via Di Nanni, 116.<br />

Chiuso domenica e lunedì.<br />

attenti da sempre alle veggiesigenze:<br />

deliziosi per esempio i<br />

menu verdi del Red Fort in via<br />

Plana, serviti tra ardesia, arenaria<br />

e terre naturali. Per buona pace<br />

dello spirito, della vista e sì, anche<br />

dello stomaco.<br />

IL PUNTO VERDE<br />

011-885543<br />

CRISTINA <strong>LA</strong>TTUADA<br />

Per ora, è l’unico ristovegetariano<br />

ad apertura anche serale.<br />

Bene? Solo benino... Infatti ci<br />

sono dei però (però, però)... le<br />

sale sono biotristanzuole, le<br />

proposte a base di cruditè, tofu,<br />

tempeh e seitan, biocosì biocosì.<br />

Non male invece risi & risotti.<br />

Menu del Re a 25 euro (bevande<br />

escluse); alla carta invece<br />

il conto va dai 20 euro in su.<br />

Via San Massimo, 17.<br />

Chiuso domenica.<br />

illustrazione: Squaz<br />

TRADITIONAL<br />

Buoni vini e osterie<br />

come quelle<br />

di una volta. In<br />

città e in collina<br />

ROSSO RUBINO<br />

011-6502183<br />

Accogliente con stile, questa<br />

enoteca aperta da poco in<br />

San Salvario: arredi neri/rubino<br />

e pavimenti in legno<br />

fanno il paio con vini serissimi,<br />

grandi distillati e sfizi<br />

food. Il tutto a prezzi onesti,<br />

con costo del calice (di<br />

grandi etichette) da 1,60 a<br />

3,60 euro, mentre le stuzzicherie<br />

golose fanno 2 euro<br />

al piatto. Ogni giorno poi,<br />

ecco una nuova proposta di<br />

abbinamento tipo barbaresco<br />

da bere con una bella<br />

toma d’alpeggio stagionata:<br />

se amate vini & affini, è il<br />

posto che fa per voi.<br />

Via Madama Cristina, 21.<br />

Chiuso domenica.<br />

TROMLIN<br />

011-6613050<br />

Una trattoria in collina ferma<br />

nel tempo con arredo<br />

povero, servizio casalingo e<br />

menu fisso (ma ricco), assolutamente<br />

piemontese. A<br />

partire dall’antipasto: pinzimonio<br />

con bagna caoda delicata<br />

(meno male), tagliere<br />

di salami, frittate calde e<br />

crema di robiola. Poi ecco<br />

agnolotti al ragù, tajarin e<br />

cannelloni, seguiti dagli immancabili<br />

arrosto e coniglio.<br />

Per finire (che must!) le frittelle<br />

di mele con marmellata<br />

tiepida, proprio come una<br />

volta. Il conto di quella che<br />

sarà invariabilmente una<br />

grande abbuffata varierà fra<br />

i 25 e i 30 euro: dipende da<br />

quante bottiglie di vino vi<br />

sarete scolate.<br />

Cavoretto, via alla<br />

Parrocchia 7.<br />

Sempre aperto.<br />

URBAN 67


illustrazione: Squaz<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» NAPOLI<br />

CIBO COSMOPOLITA<br />

SAPORI DEL MONDO<br />

Napoli accoglie tutti, anche i “barbari” che portano cibi e pietanze da tutto il resto del<br />

pianeta. Piccola guida per passare dal Vesuvio e mangiarsi tutto il mondo. A tavola!<br />

Ammettiamolo: noi napoletani<br />

siamo curiosi assai, aperti a tutto<br />

(mentalmente, che pensate?),<br />

addirittura disposti a qualsiasi<br />

invasione barbarica. E, perché<br />

no, gastronomica: lo dimostra il<br />

recente boom in città della cucina<br />

barbara, appunto (beh, diciamo<br />

esotica. O meglio, etnica).<br />

Fateci caso: cinesi a parte, gli<br />

etno-risto rappresentano una<br />

bella novità dove andare per respirare<br />

aria nuova (in cucina) al<br />

posto dei soliti quattro salti in<br />

padella: volete mettere un sushi<br />

con uno spaghetto alle vongole?<br />

Un kebab contro un ripieno<br />

mozzarella e scarole?<br />

Suvvia, non siate antichi e fate<br />

anche voi come quella piccola<br />

folla di studenti, artisti e professionisti<br />

che da qualche mese sta<br />

decretando la gastroetnomania<br />

senza mezzi termini. Come dite?<br />

È una mania che costa cara?<br />

Vero, se vi basate sul mangiarjap:<br />

una cena al Jap-one in via<br />

Santa Maria Cappella Vecchia<br />

30 i/l (cuoco super, prenotazioni<br />

impossibili, aria sciccosnob) vi<br />

costerà una bella quarantina di<br />

euro a cranio. Prendere o lasciare.<br />

Per questo universitari e<br />

creativi lasciano e preferiscono<br />

posticini più cippettini: gli arabi<br />

“svelti” del Kebab Express in via<br />

Sedile di Porto 72, cinesi tipo<br />

Hong Kong in Vico I Quercia 5/a<br />

oppure l’afrotavola calda stile<br />

Burkina Faso in via Torino 110.<br />

Se questi sono ancora indirizzi<br />

per pochi gastro-avventurosi<br />

(scarsi i clienti italiani), tra<br />

Chiaia, San Ferdinando e<br />

Posillipo trovate diverse proposte<br />

più easy per ambiente e menu:<br />

dai giapponesi Kukai o<br />

Siddharta in zona Chiaia ai vari<br />

sudamericani concentrati fra via<br />

Martucci e via Bausan (Il Picaro,<br />

El Bocadillo, Corcovado). Senza<br />

dimenticare, per la serie “Magna<br />

Grecia” e se cercate il pieno di<br />

tatziki e moussakà, Zorbas in<br />

Gradini Amedeo 5. Insomma,<br />

buon etnoappetito.<br />

BASCHI, JAP, E UN PO , D , ARABIA<br />

A<strong>LA</strong>DIN<br />

Via S. Anna dei Lombardi, 19.<br />

Il nome rappresenta la prima<br />

catena di risto-arabi in città:<br />

tra quello storico in via Torino<br />

e quello più recente in piazza<br />

Garibaldi (solo take arab-away<br />

con kuzu sis, chauarma e altri<br />

arabeschi) c’è questo, il più caruccio.<br />

Qui un kebab in versione pita<br />

o sfilatino costa 2,50 euro, ma<br />

trovate anche crocchette di mais<br />

con feta, falafel, cus cus, giros,<br />

tagin. Arab sound in sottofondo,<br />

zero alcolici e... niente telefono.<br />

Via Sant’Anna dei Lombardi,<br />

19. Chiuso domenica a pranzo.<br />

<strong>LA</strong> CASA BASCA<br />

081-5752053<br />

In cucina una vera señorita di<br />

Bilbao (dov’è??? Nei Paesi Baschi<br />

spagnoli, geoignoranti!) prepara<br />

baccalà in infinite varianti, tutte<br />

ottime (il top? Al pil pil, al pil pil!).<br />

Ma ci sono anche carne, pesce e<br />

bei dolci; spenderete 30 euro per<br />

mangiar mucho e bene. Gente:<br />

prenotare! Via R. Galdieri, 6.<br />

Chiuso a pranzo e domenica.<br />

SIDDHARTA<br />

081-406181<br />

Un ambito sushi bar con very<br />

elegant menu dove le jap-specialità<br />

si alternano a proposte<br />

italo-classiche ma revisited<br />

(insalate, paste, carpacci e dolcetti).<br />

L’ambiente è ricercato,<br />

il design è impeccabile e lo<br />

spazio si articola in più rooms,<br />

ognuna co(o)l suo carattere.<br />

Dance after midnight. E il<br />

conto? Si aggira sui 30 euro.<br />

Via Vito Fornari, 15.<br />

Sempre aperto.<br />

KUKAI<br />

081-411905<br />

CIRO CACCIO<strong>LA</strong><br />

Io kukai, tu kukasti... sashimi,<br />

tofu, miso-zuppa, california roll<br />

(anche vegetariani), birra giapponese.<br />

Il tutto con sotto bella<br />

musica in un simpatico take<br />

away minimal e centralissimo,<br />

con personale very kind e<br />

spendendo il giusto. Cioè tra<br />

i 10 e i 15 euro se affamatissimi.<br />

Frequentazione ok: stranieri,<br />

gentlegay e radicalchic.<br />

Via Carlo de Cesare, 55/56.<br />

Chiuso a pranzo e domenica.<br />

PRIMA E DOPO<br />

Ostriche per aperitivo<br />

e dolci dopo<br />

il caffè. Ecco dove<br />

farlo per bene<br />

KALIGO<strong>LA</strong><br />

081-6583696<br />

È venezuelana e si chiama<br />

Trilli. Chi? Una delle attrazioni<br />

che fanno del neonato oyster<br />

bar a ridosso di piazza<br />

dei Martiri il posto più gettonato<br />

del momento. Le altre?<br />

Ottima scelta di vini, buona<br />

musica, savoir-faire. E una serie<br />

di stuzzichini rustici, dalle<br />

quiche al battuto di rucola,<br />

capaci di saziare anche una<br />

robusta fame da cena o giù<br />

di lì. Spenderete dai 10 ai 30<br />

euro, ma vi conviene prenotare.<br />

Via S. Maria Cappella<br />

Vecchia, 5. Chiuso lunedì.<br />

IL CAFFÈ<br />

DEI FRESCHI<br />

081-7641604<br />

Il turista immagina che i “freschi”<br />

possano essere babà,<br />

cornetti, pizzette o gli splendidi<br />

macinati di caffè. Invece<br />

i “freschi” sarebbero certi<br />

bellocci che a volte capita<br />

di avvistare anche qui, dopo<br />

il ventesimo babà ingollato<br />

(state freschi!). Comunque<br />

sia, un bel piccolo, simpatico<br />

e garbato bar appena spuntato<br />

fra le colonne di piazza<br />

Plebiscito.<br />

Piazzetta Carolina, 3.<br />

Sempre aperto.<br />

CAFFÈ VESUVIO<br />

081-19360815<br />

Mancava una pasticceria ufficiale<br />

nella bellissima piazza<br />

già zeppa di bar, baretti, barocchi<br />

e barricadieri no global.<br />

E allora eccone una nuova<br />

di zecca, con snack, gelati<br />

e cassiere niente male. Se vi<br />

accontentate...<br />

Piazza del Gesù Nuovo, 34.<br />

Sempre aperto.<br />

URBAN 69


testo: Lia Celi / illustrazione: Annalisa Pagetti<br />

PADRENASTROADIEU<br />

LE NUOVE TECNOLOGIE SONO UNA COSA BELLISSIMA, ma ti obbligano a buttare quelle vecchie. Così, milioni<br />

di italiani devono rottamare i loro vecchi vhs, raccolti in una vita di sforzi da cinéphiles, dopo aver buttato le loro<br />

vecchie cassette sostituite dai cd. Domanda: tra quanto tempo dovremo buttare i nuovi dvd diventati vecchi?<br />

Ottaviano Augusto, che di home-theater si intendeva<br />

poco, ma in materia di imperi era un’autorità, l’aveva già<br />

intuito duemila anni fa: “dvd et impera”. Il nuovo supporto<br />

digitale sta invadendo le nostre cineteche domestiche,<br />

e le vecchie videocassette non oppongono più<br />

resistenza della Guardia Nazionale irachena. Una razza<br />

superiore cerca il suo spazio vitale sui tuoi scaffali, e per<br />

la meno progredita etnia dei vhs non c’è scampo. E sei<br />

tu l’incaricato che deve toglierla materialmente di mezzo,<br />

in fretta. Ma non è facile.<br />

PADRE NASTRO<br />

Il buon senso ti consiglierebbe di gestire con calma l’interregno<br />

fra analogico e digitale e di liquidare le cassette<br />

alla spicciolata, via via che gli stessi titoli escono su<br />

dvd. Ma sono già usciti. I tuoi amici ce li hanno. Ogni<br />

giorno fissi con odio crescente la Grande Muraglia di<br />

astucci che un tempo era il tuo orgoglio e oggi ti inchioda<br />

a un medioevo mediatico in cui risuona il cigolio del<br />

rewind. Niente doppiaggi multipli e sottotitolati, niente<br />

supplementi da cinéphile. E poi, vuoi mettere l’estetica?<br />

Il dvd, snello e iridescente, contro lo squallido parallelepipedo<br />

nero? Tanto più che il grosso della tua cineteca<br />

è robaccia presa all’edicola, con la custodia in cartoncino<br />

che già a una settimana dall’acquisto pendeva lacera<br />

come le bende di un lebbroso. L’ideale sarebbe sbolognare<br />

tutta quella robaccia a un pirla che pur avendo già<br />

comprato un lettore dvd non sa resistere alla tentazione<br />

di portarsi via un sacco di vhs per quattro soldi. Peccato<br />

che il tuo negoziante ci abbia già pensato e il pirla in<br />

questione sia tu.<br />

DVD KILLED THE VIDEO STARS<br />

Le cassette sono un cadavere scomodo. Pura plastica riciclabile<br />

allo zero per cento. Il tuo cuore di ambientalista<br />

sanguina all’idea di lordare il pianeta con un’altra carriolata<br />

di derivati del petrolio. Che fare? O rifili tutta la collezione<br />

al prete dell’oratorio (ricordandoti troppo tardi che<br />

nella custodia dei Tre moschettieri c’è ancora la cassetta<br />

pirata di Buchi roventi, un acquisto giovanile che volevi<br />

occultare agli sguardi indiscreti), oppure srotoli il nastro<br />

e lo servi agli ospiti a mo’ di spaghetti cinesi (ci vuole<br />

molta salsa di soia, ma l’illusione è perfetta). Terza soluzione,<br />

stivare i vhs in cantina in attesa dell’inevitabile revival.<br />

Tempo un anno, e si ripeterà quel che successe dopo<br />

il passaggio dal vinile al compact disc: i gourmet del<br />

timpano, stufi del suono freddo e pulito del ciddì, hanno<br />

riscoperto le sonorità dei vecchi lp, ruvide e saporose come<br />

la pasta tirata al mattarello. Presto qualcuno rimpiangerà<br />

la definizione crepuscolare del vhs, il suo appeal plasticoso<br />

e casalingo, quel formato che riempiva così bene<br />

le mani, e soprattutto una qualità indispensabile per la<br />

classica serata pizza-film in casa: la cassetta, anche se incrostata<br />

di mozzarella, funziona. Il dvd si inceppa con<br />

URBANSATIRA<br />

una ditata, e manco puoi metterlo in lavastoviglie.<br />

IL RITORNO DEL RE(MAKE)<br />

Uno degli aspetti più seducenti del dvd è la sua inalterabilità.<br />

Il vhs era più umano, invecchiava e si sbiadiva,<br />

mentre il dvd è praticamente eterno. Ma qui sta la vera<br />

rivoluzione digitale: il supporto è imperituro, ma l’opera<br />

diventa più deperibile dello stracchino. Un film di successo<br />

può essere riproposto ogni due anni in “new edition”,<br />

siliconandolo con un nuovo supplemento superfluo: un<br />

finale alternativo, il making of del making of, un’ora di<br />

girato originariamente soppressa perché l’opera venisse<br />

classificata come film e non come sonnifero, l’intervista<br />

all’unico attore che aveva marinato il giorno che furono<br />

girate le interviste al cast del dvd precedente, il rarissimo<br />

trailer per il mercato papua e così via. Il fan di Guerre<br />

Stellari rinuncerà più volentieri alle mutande che all’ennesima<br />

minuzia inedita sul suo mito. Gli ottimisti inneggiano<br />

all’opera aperta, i pessimisti temono la perdita dell’“aura”.<br />

In effetti, se Michelangelo, appena scolpito il David,<br />

avesse inondato il mercato non solo con i bozzetti preparatori,<br />

ma anche con tutti i pezzi di marmo scartati, più<br />

le interviste al modello (“Imbarazzato a posare nudo? No,<br />

con Mike è scattato subito il feeling giusto”) e al cavatore<br />

di Carrara (“Gli voglio bene più che alla mi’ mamma”),<br />

i fiorentini l’avrebbero consegnato al bargello.<br />

Giustamente.<br />

URBAN 71

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