LA CITTà COME NON L'AVETE MAI VISTa - Urban
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SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MI<strong>LA</strong>NO<br />
<strong>LA</strong> <strong>CITTà</strong> <strong>COME</strong> <strong>NON</strong> L’AVETE <strong>MAI</strong> <strong>VISTa</strong> 01.03.04 - EURO zero<br />
una guida straordinaria per milano, roma, bologna, torino e napoli<br />
#26<br />
NAPOLI CIAK<br />
PAPPI CORSICATO: IL CINEMA DA NEW YORK A MARECHIARO<br />
TORINO IS MAGIC<br />
ANGELI, STREGHE E MISTERI: MA L’OCCULTO È COSÌ CATTIVO?<br />
MI<strong>LA</strong>NO GOSPEL<br />
URBAN <strong>COME</strong> I BLUES BROTHERS: ABBIAMO VISTO <strong>LA</strong> LUCE!
SOMMARIO|MARZO<br />
9 URBAN VOCI<br />
10 PAPPI, OCCHI DI NAPOLI<br />
14 MI<strong>LA</strong>NO, GOSPEL TOWN<br />
16 ROMA, PETIT BAZAR<br />
18 CAPATOSTA RAP<br />
22 TORINO IS MAGIC<br />
27FASHION CIRCUS<br />
35URBAN GUIDA<br />
69 LIA CELI: IL MORBO DEL<strong>LA</strong> ZUCCA PAZZA LIBRI 45<br />
FILM 46<br />
71 LIA CELI: SABATO, DOMENICA E DIVUDÌ<br />
URBAN Mensile - Anno 4, Numero 26 - 01.03.04<br />
direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />
aldo@urbanmagazine.it<br />
caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />
andrea@urbanmagazine.it<br />
redazione: SARA TEDESCHI<br />
sara@urbanmagazine.it<br />
grafica: ISIDE CASU<br />
iside@urbanmagazine.it<br />
segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />
daria@urbanmagazine.it<br />
MUSICA 36<br />
MEDIA 42<br />
(Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01)<br />
presidente: IVAN VERONESE<br />
general manager: MARCO BO<strong>LA</strong>NDRINA<br />
mbolandrina@urbanmagazine.it<br />
relazioni esterne: GIORGIO CINQUE<br />
giorgio@urbanmagazine.it<br />
distribuzione: DEA s.r.l. (tel.02 66223316)<br />
fotolito: BODY&TYPE<br />
via San Calocero 22, 20123 Milano<br />
stampa: CSQ (Centro Stampa Quotidiani),<br />
via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />
L’arte attacca i muri della città: una buona invasione per<br />
distrarre dal grigio diffuso. E poi, una guerra di tette...<br />
Pappi Corsicato, regista in Napoli (ma anche in New<br />
York). Dalla sua casa di Marechiaro il regista di Libera<br />
e I buchi neri racconta il suo percorso, le sue avventure<br />
e la sua città, tra il ragù della mamma e piazza<br />
Plebiscito. Gli occhi di Napoli, insomma. All’opera<br />
Noi siamo sicuri che al Signore piace così: intensa,<br />
allegra, cantata e suonata. Cosa? Ma la messa, no?<br />
<strong>Urban</strong> ci è andato, ha cantato e ballato le sue lodi<br />
insieme alla comunità centrafricana e, come Belushi<br />
nei Blues Brothers... ha visto la luce! Amen<br />
Nome Caparezza. Segni particolari: senza tradire<br />
il suo approccio scettico ha sfondato con un disco<br />
azzeccatissimo e ora ce lo ritroviamo in onda su<br />
ogni radio del regno. Chiacchierata veloce e telematica,<br />
praticamente una rap-intervista, con quello<br />
che è uscito dal tunnel<br />
Archiviamo i luoghi comuni sulla città di Satana e dei<br />
satanisti. E scopriamo con gran sorpresa che Torino<br />
è magica davvero, che gli angeli volteggiano, che in<br />
effetti c’è qualcosa di misterioso nell’aria. <strong>Urban</strong> è<br />
andato a vedere e indagare. Con una guida magica...<br />
Si dice spesso. Il circo della moda. Si dice ma non si<br />
fa. Beh. Noi l’abbiamo fatto, con tanto di musicisticlown<br />
e modelli famosi. Un bel Barnum, alla fine!<br />
TEATRO 48<br />
ARTE 51<br />
SHOPPING 53<br />
CLUB 55<br />
editore: URBAN ITALIA srl<br />
via Tortona 27, 20144 Milano<br />
telefono 02 42292141 - fax 02 47716084<br />
concessionaria esclusiva per la pubblicità:<br />
JOHNSONS ADV.<br />
via Valparaiso 4, 20144 Milano<br />
telefono 02 4390015 - fax 02 48017498<br />
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cover:<br />
Soft-City di Cristina Zamagni<br />
BAR E RISTORANTI:<br />
MI<strong>LA</strong>NO 57<br />
ROMA 61<br />
BOLOGNA 65<br />
TORINO 67<br />
NAPOLI 69<br />
URBAN 5
foto: Cesare Cicardini<br />
URBAN VOCI<br />
TANTE CITTÀ, UNA CITTÀ<br />
LETTERE<br />
CERTI FANTASMI<br />
Cari <strong>Urban</strong>i,<br />
se fate gli spiritosi con i fantasmi (<strong>Urban</strong> n. 25) non vi lamentate<br />
se poi vengono a visitarvi a notte fonda. Certe cose,<br />
specie a Napoli, bisognerebbe lasciarle in pace. E poi,<br />
scusate, siete andati a disturbare uno spettro vip, quello di<br />
Giuditta Guastamacchia, mentre nelle zone più popolari di<br />
Napoli ben altri spettri si aggirano, almeno così mi raccontava<br />
mia nonna. Comunque bravi, continuate così.<br />
Anna Veliero, Napoli<br />
Cara Anna, a visitare i fantasmi (questo numero a Torino) ci<br />
va il nostro Maurizio Marsico, gli abbiamo regalato una collana<br />
d’aglio. Se dovessero farsi vivi, dunque, andrebbero<br />
da lui. Come diceva Totò, a noi che ce frega, mica siamo<br />
Pasquale (o Maurizio, in questo caso).<br />
VADE RETRO, TONINO<br />
Spett. <strong>Urban</strong>,<br />
considerare Tonino Carotone un musicista, come fate sull’ultimo<br />
numero è semplicemente una truffa. Le canzoni sono<br />
tutte prese qui e là dalla canzone italiana degli anni ’60,<br />
copiare Celentano è roba vecchia persino per le balere dell’est<br />
europeo e la storiella trita e ritrita dell’artista ubriacone<br />
ha rotto le scatole da un sacco di tempo. O siete tonti e<br />
ci siete cascati, oppure ci prendete in giro. Ridicoli (voi e<br />
lui).<br />
Sandro Belli, Milano<br />
Povero Tonino, che ti ha fatto? Perché tanto odio? Ora dovremmo<br />
difenderlo, ma ci rinunciamo. Ricordo solo, en passant,<br />
che almeno dal punk in poi essere musicisti non è obbligatorio<br />
per fare musica…<br />
DOVE SI FIRMA?<br />
<strong>Urban</strong>,<br />
tutte d’accordissimo con il direttore: saldi al cinema e nei<br />
MARZO 26<br />
Hanno scritto, disegnato,<br />
scattato foto, pensato,<br />
suonato, ballato,<br />
e mangiato con noi<br />
questo mese:<br />
Ce lo ha detto un nostro amico: porca miseria sembrate<br />
un elastico! In che senso, scusi? Nel senso (ci ha<br />
messo qualche mezz’ora a spiegarsi) che saltabeccate<br />
tra Milano e Napoli, passate in un giro di pagina da<br />
Roma a Torino. Ha aggiunto: bravi! Avete inventato l’alta<br />
velocità prima di Lunardi (o sarà il teletrasporto dopo<br />
Star Trek?). Affascinante idea, ma troppa grazia.<br />
Però un’idea ci è venuta, lì per lì: e se tutto questo non<br />
fosse altro che la voglia di muoversi in un’unica grande<br />
città? Non so, qualcosa come Milano è un quartiere di<br />
Roma, che a sua volta magari è un sobborgo di Napoli e<br />
così via. I caratteri delle città, sommati tra loro, danno<br />
come risultato una sola immensa città. Mah.<br />
Intanto, però, sfogliando questo numero di <strong>Urban</strong> è<br />
un’idea che sembra stare in piedi. Voliamo qui e là, è<br />
vero. Da Pappi Corsicato – che nella sua casa di<br />
teatri! Saldi nei negozi di dischi e nelle librerie! Vedere due<br />
film e pagare un biglietto. Ci stiamo, dove si firma?<br />
Anna, Ludovica, Sara (e altre firme illeggibili), Roma<br />
Non si firma da nessuna parte, mica era una proposta di<br />
legge, era solo un’idea (in saldo).<br />
<strong>MAI</strong>ALI!<br />
Cari maiali urbani,<br />
molto divertente la scritta sul muro che vi dà dei maiali<br />
(<strong>Urban</strong> 25). Mi chiedo se davvero la motivazione sia la polemica<br />
sulle scritte sui muri, nel qual caso avete ragione:<br />
trattasi di follia pura. Ma mi viene un dubbio: non ve lo sarete<br />
scritto da soli?<br />
Andrea Ferrini, Bologna<br />
No, ce lo diciamo spesso, ma non ce lo scriviamo mai.<br />
daniela amenta<br />
sandro avanzo<br />
silvia ballestra<br />
eddi berni<br />
luca bernini<br />
alexio biacchi<br />
ciro cacciola<br />
monica capuani<br />
christian carosi<br />
antonello catacchio<br />
leonard catacchio<br />
alessandro cattelan<br />
lia celi<br />
baby chase<br />
cesare cicardini<br />
lucrezia cippitelli<br />
selvaggia conti<br />
cricchi&ferrante<br />
foto: Andrea Spotorno<br />
michela crociani<br />
alessandro de angelis<br />
paul de cellar<br />
jaqueline dumont<br />
carlo frassoldati<br />
ailén gamberoni<br />
camilla invernizzi<br />
labo m<br />
felix lahrer<br />
Marechiaro ci racconta un intreccio a tre: lui, Napoli e il<br />
cinema – si scappa alla Torino magica, passando per il<br />
suk premoderno di Roma che dimostra come una città<br />
ne possa contenere decine, e posti misteriosi, e persino<br />
epoche diverse. E poi ancora, andiamo a messa in una<br />
chiesa dove si canta e si balla (siamo sicuri che al<br />
Signore piace, così), per poi finire a farci raccontare la<br />
Caparezza-philosophy, che di questi tempi trovi (cantata)<br />
in ogni stazione radio. Un altro viaggetto, insomma,<br />
nella grande città che somma le “nostre” città. Niente<br />
male, come esplorazione, anche se è ovvio che non<br />
spetta a noi dirlo. Voi, fatevi il viaggio, e poi dite se la<br />
mappa era buona. Non perdetevi. Anzi sì – meglio –<br />
perdetevi pure, che è divertente. Buon marzo.<br />
cristina lattuada<br />
les clones<br />
fabio lovino<br />
paolo madeddu<br />
maurizio marsico<br />
beba minna<br />
annalisa pagetti<br />
laetizia saubesty<br />
sonia sartori<br />
ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
CINESI DE ROMA<br />
Spett. <strong>Urban</strong>,<br />
ancora una volta, questa volta con la scusa del tai chi<br />
(<strong>Urban</strong> 25), si parla dell’Esquilino e di piazza Vittorio<br />
come un luogo da sogno dove convivono le culture.<br />
Invece è semplicemente un casino, una specie di suk,<br />
dove i romani cercano di passare il meno possibile.<br />
Un conto è la tolleranza, un conto è la propaganda e<br />
l’ammirazione per l’invasione che questa città meravigliosa<br />
sta subendo (…) adesso basta!<br />
Carlo, Roma (via e-mail)<br />
Che mi risulti, di barbari a Roma ne sono arrivati tanti,<br />
e Roma sta sempre lì, con i suoi romani (arabi, cinesi,<br />
africani e pure romani de Roma). Embeh? E poi (tieniti<br />
forte!) noi adoriamo i suk!<br />
TROPPO URBANO<br />
Caro <strong>Urban</strong>,<br />
quando passo da Milano ti cerco e ti leggo con gusto.<br />
Il problema è che abito in provincia (peggio! In<br />
Brianza), e mi chiedo perché non arrivate fin qui, invece<br />
di costringermi a fare su e giù col trenino. Sarò<br />
onesta, non è che lo faccio apposta, ma quando arrivo<br />
a Milano cerco subito il giornale. Che bello sarebbe<br />
averlo al bar del paese!<br />
Giovanna, Appiano Gentile (via e-mail)<br />
Mica siamo urbani per niente, no? Però, un po’ di pazienza...<br />
aspettati una sorpresa.<br />
Per scriverci l’indirizzo è:<br />
URBAN, via Tortona 27, 20144 Milano<br />
redazione@urbanmagazine.it<br />
p.d. sfornelli<br />
andrea spotorno<br />
squaz<br />
d.p. tesei<br />
gianni troilo<br />
A.R.<br />
URBAN 7
Roberto Cuoghi, 2003<br />
URBAN VOCI<br />
TETTEGUINNESS<br />
Qui sotto, il ritaglio di un prestigioso quotidiano nazionale con<br />
alcune signorine che fanno propaganda alle loro grazie. Tutto normale,<br />
se non fosse che due di loro vantano il record del mondo in<br />
materia di tette. Ok, d’accordo, si sa che la pubblicità è l’anima del<br />
commercio, ma è anche vero che qui l’anima non c’entra niente e<br />
si parla di corpi. Delle due, chi avrà ragione? Bisognerebbe presentarsi<br />
con un metro da sarta, ma francamente... Certo, la città come<br />
non l’avete mai vista... e come non l’avete mai misurata.<br />
Paola Pivi, Senza titolo (asino), 2003<br />
ARTEVERTICALE<br />
Fino ad aprile,<br />
a Milano, l’arte<br />
contemporanea<br />
occupa muri,<br />
spazi e angoli<br />
di città, sfratta<br />
gli annunci<br />
pubblicitari e<br />
si fa vedere<br />
Guardatevi intorno, nel caos della città. Cercateli con lo sguardo in mezzo al<br />
traffico (evitando magari di tamponare la macchina davanti!), provate a trovarli<br />
tra una vetrina e l’altra, mischiati ai pedoni o mimetizzati tra le automobili: I nuovi<br />
mostri sono arrivati in città. Migliaia di poster sparpagliati sui muri di Milano,<br />
per le piazze del centro e per le strade dell’hinterland. Una mostra d’arte a cielo<br />
aperto, a metà strada tra la pubblicità e i ta-tze-bao. Tutto legale, però, tranquilli.<br />
Sedici artisti chiamati dalla Fondazione Nicola Trussardi (www.fondazionenicolatrussardi.com)<br />
presentano le loro opere alla città attraverso dei manifesti che<br />
trovate appesi nelle bacheche del Comune, che in genere ospitano pubblicità.<br />
L’arte contemporanea racchiusa in un poster per un’allegra e irrivirente occupazione<br />
degli spazi urbani. Un’antologia da sfogliare muro dopo muro. Guardatevi<br />
intorno allora, e cercate con lo sguardo i goffi mostri di Roberto Cuoghi, le tute<br />
bianche di Andrea Salvino, le guerre in giro per il mondo di Massimo Grimaldi o<br />
l’asino solitario di Paola Pivi. Avete tempo fino ai primi di aprile.<br />
URBAN CRISTINA<br />
Cristina Zamagni, 37 anni, italiana di Rimini, fotografa molto quotata in Italia<br />
e all’estero, è l’autrice della copertina di questo numero di <strong>Urban</strong>. L’immagine<br />
è tratta da un suo lavoro sulla città soffice (Soft-City), oggetto di una sua personale<br />
alla Fotolibreria Agorà di Torino. Dal ’94 a oggi Cristina ha esposto<br />
i suoi lavori in decine di mostre, ha vinto premi importanti e ha un palmarès<br />
di tutto rispetto. A noi di <strong>Urban</strong> piace però soprattutto per il suo lavoro sulle<br />
città, soft o hard che siano... come non le avete mai viste, ovvio.<br />
URBAN 9
10 URBAN<br />
PAPPI CORSICATO,<br />
regista, raccontatore<br />
di storie, guarda Napoli<br />
ai suoi piedi dalla casa<br />
di Marechiaro.<br />
E racconta una vita di<br />
cinema, da New York<br />
a piazza Plebiscito<br />
L’OCCHIO<br />
DI<br />
NAPOLI<br />
testo: Monica Capuani / foto: Cricchi&Ferrante<br />
In una giornata di sole da cartolina, l’Eurostar mi sbarca<br />
a Napoli Mergellina. Rima a parte, questa piccola<br />
stazione dall’aria antiquata è di tutt’altro impatto rispetto<br />
alla Stazione Centrale per chi arriva nella città<br />
partenopea e non è abituato alla sua prepotente<br />
dirompenza. Salto su un taxi seguendo le indicazioni che<br />
Pappi Corsicato mi ha dato per arrivare da lui, a<br />
Marechiaro. Il primo della fila è Renato, che con fare<br />
gentile mi fa accomodare in vettura. “Abbondantino<br />
fuorimano”, dice quando gli do l’indirizzo. È un Califano<br />
col naso pre-bagordi, capello brizzolato lunghezza anni<br />
’70 e occhiali fumé che nascondono lo sguardo.<br />
Socializza, io lo ascolto, parlo al telefono e, in men che<br />
non si dica, capisce che faccio la giornalista e, chissà<br />
come, mi chiama col mio nome. Si lancia in spiegazioni<br />
da Cicerone, mi mostra commosso Capri, “isola dei<br />
Romani”, e mentre percorriamo via Posillipo sempre più a<br />
picco sul mare, dice con enfasi che stiamo per entrare in<br />
paradiso, ovvero a Marechiaro. Poi si informa sul ritorno<br />
e mi allunga il suo numero offrendosi di<br />
riaccompagnarmi. Per fortuna non lo chiamo, perché<br />
scoprirò – tornando in stazione – che mi ha fatto<br />
spendere il triplo del dovuto. Si vede che la simpatia è un<br />
extra, in taxi…<br />
URBAN 11
La villa di famiglia dove Pappi vive dall’infanzia, vicina a<br />
quelle degli zii e del nonno, nascoste tra la vegetazione, è<br />
un osservatorio su un Eden esclusivamente marino. È qui<br />
che lavora, che prepara il suo esordio alla regia teatrale, e<br />
viene naturale invidiargli il posto. Ci sediamo tra torri di<br />
cataloghi d’arte, cd, libri e un pianoforte a coda dove<br />
poggia una ricca collezione di teiere marocchine dai colori<br />
sgargianti e variopinti bicchieri antichi. Musica di<br />
sottofondo: le compilation di colonne sonore introvabili<br />
che lui riesce a procurarsi grazie a emissari sparsi tra<br />
Giappone e Stati Uniti. Davanti a noi c’è solo il mare, e<br />
una giornata quasi primaverile. Sotto la grande vetrata,<br />
un’insenatura che crea quasi una piscina naturale, dove ha<br />
girato qualche scena di Buchi neri. La conversazione non<br />
parte da Napoli, però. Ma da New York.<br />
“Ci andai nell’80 per scoprire chi ero veramente. Studiai<br />
danza con Alvin Aley, decisi anche di accostarmi alla<br />
recitazione, all’Accademia d’arte drammatica prima, e poi,<br />
grazie a Geraldine Barron, all’Actor’s Studio dove vidi<br />
lavorare attori come Shelley Winters, Paul Newman,<br />
Jessica Lange. La passione per il cinema l’avevo ereditata<br />
da papà, che adorava Bette Davis e Katharine Hepburn.”<br />
Ma in una famiglia di ingegneri e architetti con<br />
un’impresa di costruzioni tramandata di padre in figlio,<br />
si può al massimo fare architettura col sogno della<br />
scenografia. “Di fronte alla facoltà c’era un cinema<br />
d’éssai, costava 100 lire. Il corso di analisi matematica,<br />
tostissimo, era così affollato che un giorno uscii e me ne<br />
andai a vedere Saranno famosi. Lo vidi tutti i giorni per<br />
due settimane. I musical, da Fred Astaire e Ginger Rogers<br />
in poi, erano sempre stati la mia passione.”<br />
Nei primi cinque anni a New York, Pappi abita nel West<br />
Village, poi si sposta tra Tribeca, Soho, East Village, Fifth<br />
Avenue e Washington Square. Quando l’Aids cambia<br />
completamente lo scenario, va a vivere tra Park Avenue e<br />
72nd Street. “L’Upper East Side era una specie di mito,<br />
perché ero un superfan di Colazione da Tiffany.” Un<br />
giorno, in una piccola sala di Manhattan, vede La legge<br />
del desiderio (“Ci tornai circa tremila volte”) e ha una<br />
folgorazione per Pedro Almodovar. “La sua idea di<br />
cinema mi incoraggiò a fare regia. Tornato in Italia, seppi<br />
che era a Roma per ricevere il David. Feci dei debiti e mi<br />
precipitai all’Hotel de la Ville, dove avevo saputo che<br />
alloggiava. Gli mandai un mazzo di fiori e chiesi di<br />
incontrarlo qualche minuto. Mi offrii come assistente<br />
volontario e, tempo dopo, lui mi chiamò sul set di<br />
Legami! Rientrato a Napoli, alla fine degli anni ’80, che a<br />
New York erano stati un trionfo di vita artistica e di<br />
creatività, ero totalmente spaesato. La città era diversa,<br />
c’erano quartieri degradati che prima non avevo mai<br />
visto – Secondigliano, il 167 (dal numero della legge),<br />
Le Vele – e poi, sull’altro versante, una periferia di lusso<br />
altrettanto desolata come i grattacieli del Centro<br />
Direzionale, dove una certa borghesia si era del tutto<br />
omologata. Nella cultura napoletana, che è quella dei<br />
‘bassi’, le case sono vicine e i palazzi sono a dimensione<br />
più umana. Quel tentativo di riscoperta ha fatto sì che ci<br />
fosse molta Napoli nel cortometraggio Libera, che poi<br />
con l’aggiunta di altri due episodi è diventato il mio<br />
primo film.”<br />
Ai tempi della rinascita della città grazie al sindaco<br />
Bassolino, è stata l’arte contemporanea a far scendere<br />
Pappi Corsicato da Marechiaro per girare videoclip sui<br />
grandi artisti – da Anish Kapoor a Richard Serra, Rebecca<br />
Horn, Francesco Clemente, Anselm Kiefer, Jeff Koons –<br />
invitati in città da Edoardo Cicelin e Achille Bonito Oliva.<br />
“Poi, però, c’è stata una ricaduta perché Napoli, come i<br />
suoi abitanti, è incostante, dà tutto per scontato, dovuto,<br />
e chi se ne ’mporta. Oggi, di Napoli mi piacciono gli<br />
scorci risparmiati dai restauri troppo leccati che fanno<br />
Cinecittà, gli angoli lasciati in una commovente<br />
fatiscenza. Ci sono degli squarci al centro storico, intorno<br />
a via dei Cumani, che, se non fosse per l’arrivo di una<br />
macchina, ti danno l’illusione di essere ancora nel ’600.<br />
Mi piace assorbire la storia grazie a questo tipo di<br />
vibrazioni estetiche. In quei momenti, vieni investito da<br />
“oggi mi piace la napoli risparmiata dai restauri troppo leccati”<br />
quattro secoli in un colpo solo. Ho un rapporto speciale<br />
con piazza del Plebiscito, che ogni anno ospita una<br />
grande installazione d’arte contemporanea. Lì ho girato<br />
tanti di quei video, a tutte le ore, con tutti i climi, che<br />
quello spazio è diventato una specie di ossessione. È<br />
enorme, è un set cinematografico. Il parcheggio è stato<br />
smantellato e finalmente si vede quella meraviglia che è il<br />
Palazzo Reale. È una piazza imponente, il cuore di Napoli,<br />
dove si va a passeggiare con i bambini. Altra piazza che<br />
amo molto è San Domenico, dov’è il palazzo in cui il<br />
madrigalista Gesualdo da Venosa uccise sua moglie.<br />
Spesso ci vado a piedi: scendo a Mergellina da Posillipo,<br />
parcheggio e, a piedi, faccio via Comunale fino a via<br />
Chiaia, piazza Municipio, e sono arrivato.”<br />
La napoletanità di Pappi? “È in una certa ironia che<br />
non scade nella spacconaggine, in una certa joie de vivre.<br />
Ma mi sento anche molto Rossella O’Hara: ‘Domani è un<br />
altro giorno’”. Per quanto riguarda il cibo, Pappi (che<br />
mangia al Leon d’Oro in piazza Dante, alla Bersagliera, e<br />
a La Vela a Marechiaro; per la pasticceria, rigorosamente<br />
Moccia) è un po’ atipico per essere napoletano, visto che<br />
non ama né il pesce né il caffè. Il ragù sì, però, e voci<br />
accreditate dicono che sua madre lo faccia davvero come<br />
la tradizione comanda. Si è fatta l’una e mezzo. “Pappi, il<br />
pranzo è pronto!”, esclama una voce femminile dall’altra<br />
stanza. “Arrivo…”. Io devo rientrare di corsa a Roma,<br />
purtroppo. Uscendo mi ritrovo nella piscina in cui è girato<br />
Chimera. E sul treno penso che forse mi sono persa il<br />
ragù del secolo. Più saporito di quello, mitico, di Donna<br />
Rosa Priore. Accidenti a <strong>Urban</strong>!<br />
URBAN 13
Benvenuto è angolano e di mestiere fa il<br />
programmatore informatico. Da un anno la fede lo ha<br />
trasformato in Pastore. “Sapevo parlare bene ai fratelli”,<br />
dice: una predisposizione naturale. Aspetta sulla porta<br />
l’arrivo cadenzato dei fedeli, una stretta di mano, un<br />
saluto fatto con tre toccate reciproche di tempie, l’inizio<br />
della predica che tarda. “Sapete com’è – sorride sornione<br />
– gli africani perdono il pelo, ma non il vizio di arrivare in<br />
ritardo”. Toni pacati quando racconta, dal suo metro e<br />
novanta di altezza, come sia dovuto scappare quindici<br />
anni fa dai disastri del colonialismo portoghese. Fervore<br />
religioso ora che si tratta di celebrare le lodi del Signore<br />
dinanzi alla sua nuova famiglia. Il gigantesco impianto<br />
stereo, quattro casse Bose agli angoli del capannone del<br />
Christian Centre di via Gadames 121, a Milano,<br />
amplificano la profonda voce di Benvenuto che stenta a<br />
emergere. I suoi avversari, un nutrito gruppo di musicisti,<br />
tre coristi che poi diventano quattro e l’oratore principale<br />
del quale traduce i testi. Dal francese all’italiano con un<br />
sottofondo costante di ligala, il dialetto diffuso in Congo,<br />
Camerun, Angola. Vengono un po’ tutti da quelle parti i<br />
fedeli del pomeriggio, separati anche a migliaia di<br />
chilometri dalle scelte operate in Europa secoli prima.<br />
Alla domenica mattina gli anglofoni, adesso i francofoni.<br />
Una babele di lingue che s’innalza al cielo, in un<br />
crescendo polifonico dove non c’è schema, limite,<br />
contenimento. Chiunque può parlare, tutti pregano a loro<br />
modo. Il ragazzo in abito blu, fisico watusso, braccia<br />
allargate, un sorriso beato e un fazzoletto nella mano<br />
sinistra per asciugare le lacrime di gioia. Le tante mamas<br />
che affollano la chiesa evangelista in abiti sontuosi,<br />
acconciature elaborate, battendo le mani e accennando<br />
ritmi afro. Un altro passa tutto il tempo seduto con il capo<br />
reclinato in avanti e snocciola preghiere indistinguibili.<br />
Intorno a lui il rituale ossessivo della musica tradizionale<br />
avvolge la predica bilingue, le esclamazioni di fede urlate<br />
ai quattro venti, la mistica collettiva che si realizza.<br />
Eppure, nonostante il volume abbia raggiunto livelli<br />
inimmaginabili in qualsiasi altra sede di culto, la chitarra<br />
elettrica faccia fatica a non andare in controtempo, la<br />
grancassa continui a esplodere tuoni viscerali, nonostante<br />
tutto, ognuno riesce a trovare uno spazio interiore dove<br />
pregare il suo Signore.<br />
Un bimbetto di una manciata d’anni, che fino a ora aveva<br />
giocato con i pennarelli della sua vicina, si gira sulla sedia<br />
con occhi raggianti e bianco candore di denti per<br />
annunciare: “Restate con noi, adesso si balla!”. Deve aver<br />
colto qualcosa nella predica che è sfuggito ai profani,<br />
perché di lì a poco, cambia lo scenario. Tutti i piccoli<br />
presenti in sala si raccolgono davanti al palco, fronte al<br />
pubblico, gli uomini in gessato alla Spike Lee e le donne<br />
in tailleur o in variopinte fantasie stampate si alzano<br />
all’unisono e parte la danza. Dall’adorazione alle lodi del<br />
Signore, le mani mimano movimenti antichi, l’Africa torna<br />
a farsi viva nella sua forma tribale e collettiva. La<br />
comunità si ritrova nei passi ritmati dai bonghi e nelle<br />
parole tratte dalla Bibbia. Il crescendo sembra non aver<br />
fine, ben oltre le notevoli potenzialità dell’amplificatore.<br />
14 URBAN<br />
Se c’è qualcuno lassù, oltre i pazienti condomini, è<br />
impossibile che non li senta.<br />
Spetta all’Evangelista venuto dal Belgio riportare un po’<br />
di calma, la musica lascia spazio a toni suadenti per<br />
raccontare il capitolo III, versetto 21 della Genesi: la storia<br />
del peccato originale è interpretata con enfasi e<br />
trasporto, lo sguardo lontano, un continuo muoversi sul<br />
palco. Benvenuto fatica a rincorrere l’invitato straniero, lo<br />
traduce e ne riprende il fervido gesticolare che descrive le<br />
tentazioni del viscido serpente, il furto della mela e la<br />
conseguente condanna a lavorare per il resto della vita,<br />
dannazione! Tutto mimato, interpretato, reso colorito e<br />
avvincente dal duetto di agili teatranti.<br />
La musica ritorna, prima lenta poi sempre più alta, si<br />
inserisce anche il Profeta, che ci tiene, nonostante<br />
l’influenza, a partecipare attivamente alla celebrazione.<br />
Una raffica di Alleluia esplode nei microfoni, fanno eco i<br />
fedeli, il capannone è invaso per l’ultima volta, prima di<br />
un lungo applauso e le strette di mano. La messa è finita,<br />
dopo tre ore, potete andare in pace.<br />
SECONDO NOI IL SIGNORE è un tipo allegro, ed è<br />
contento se i suoi fedeli pregano con gioia. Per questo<br />
siamo andati a una messa particolare. Un tuffo nella<br />
spiritualità africana, tra gospel, chitarre elettriche,<br />
sermoni e bimbi che ballano. Mama Africa, a Milano<br />
testo: Christian Carosi / foto: Cesare Cicardini<br />
UNDIODACANTARE URBAN 15
ROMAPETITBAZAR<br />
HA GIRATO IL MONDO. Ha lavorato nella grande moda, nei villaggi turistici, nella tivù, senza mai<br />
smettere di viaggiare. Ora Simona Calcagno ha un piccolo bazar, a Roma. E il mondo lo vende<br />
testo: Daniela Amenta / foto: Gianni Troilo<br />
La colonna sonora potrebbe essere affidata a Duke<br />
Ellington. O a Dizzy Gillespie. Qualcosa a metà tra<br />
Sophisticated Lady e A Night in Tunisia, per intenderci.<br />
Qualcosa di apolide e cosmopolita per sonorizzare un<br />
luogo che ne contiene molti. E una storia che ne<br />
racchiude parecchie altre.<br />
Roma, interno giorno. Il luogo è Altrove (via della Luce<br />
35/b, tel. 06-58310042), praticamente il cuore di<br />
Trastevere. La storia la racconta Simona Calcagno,<br />
proprietaria del più piccolo suk d’Occidente. Prego,<br />
accomodatevi. Qui il superfluo diventa uno stato<br />
dell’anima indispensabile. Incuriosisce quel copricapo<br />
mongolo? Non c’è problema. La Lady vi racconterà chi lo<br />
portava e perché, quando indossarlo e come.<br />
O come far crescere in casa una minuscola piantina di<br />
quadrifogli o come brindare con gli antichi e curiosi<br />
bicchieri senza base – i pomponette – che non si<br />
poggiano da nessuna parte. Si tengono in mano, si beve,<br />
nel breve spazio del rituale della conversazione. Poi, via,<br />
nel ghiaccio. E che dire di quel soprabito afgano, il<br />
chapman? Si porta così, in questo modo. Il modo è la<br />
porta di accesso trasversale alla moda pensata e<br />
realizzata con piglio d’artigiano. La piccola donna ha la<br />
erre moscia e parla, gesticola, vende dorje in cristallo<br />
dell’Himalaya e tappeti in rafia del Grande Atlas. Per ogni<br />
oggetto c’è un racconto narrato dalla Lady. Alle spalle una<br />
sequenza infinita di esperienze: capo villaggio al Club<br />
Med di Marrakesh, animatrice in Guadalupa, proprietaria<br />
di una discoteca in Turchia, tv consulting della Cbs, e<br />
dirigente di Odeon Tv ai tempi in cui, con Calisto Tanzi,<br />
sorvolava Parma a bordo di un elicottero privato.<br />
Somiglia a un griot, Simona. Un cantastorie d’Africa,<br />
quelli che attraversano i villaggi per spiegare alla gente<br />
assiepata in piazza cosa è successo a Dakar. “Distribuivo<br />
le serie televisive americane e le proponevo alle reti in<br />
Italia. Soap, film, telenovela. Da Perry Mason ai Confini<br />
della realtà fino ai Simpson. È un mercato durissimo. Ma è<br />
un mercato e io nei bazar mi ci trovo a meraviglia.” E<br />
parla, con questa erre snobissima, mescolando parole<br />
inglesi e francesi. Parla e incanta, sovrapponendo i tour<br />
de force a Cannes per visionare i nuovi telefilm e i viaggi<br />
in Anatolia. Parla e mostra i gioielli che crea, d’acciaio e<br />
brillanti. Gioielli astrali, li chiama. Per ogni segno una<br />
spilla con le stelle dello zodiaco. “Dribblai Pierre Cardin a<br />
una festa e gli presentai la mia collezione.<br />
Gli strappai un appuntamento. Quando mi presentai nel<br />
suo ufficio, la segretaria mi disse ‘Monsieur ha pochi<br />
minuti’. Invece restammo a discutere per due ore e<br />
progettare la diffusione dei gioielli. Ma poi, purtroppo,<br />
l’affare saltò. ”<br />
Trionfo del tatto, della vista e dell’olfatto (zenzero?<br />
pepe?). Prendi quel set di lenzuola da viaggio, in seta<br />
rossa. Entrano in tasca, avrebbero fatto la gioia di<br />
Chatwin. Quando arriva lo “spacciatore” di stoffe, un<br />
carovaniere derviscio, è una festa. Simona realizza e<br />
inventa una sfilata su due piedi insieme ai clienti.<br />
“Con questo taglio ci facciamo una gonna, e guarda qui,<br />
guarda che colori…” Riconosce i tessuti con uno sguardo,<br />
una carezza. Saranno i prossimi capi “etno-trash” di<br />
Simona. Quasi li vedi. “Sono stata il controllore di qualità<br />
alla maison di Ungaro, in avenue Montaigne, a Parigi.” E<br />
parla di uno dei templi dell’alta moda come del bungalow<br />
in riva al mare delle Antille. E ride. E va veloce. “Perché c’è<br />
sempre da partire, andare a vedere, andare a comprare<br />
nuovi oggetti nel mondo.” Riempire macchine, spedire<br />
casse, scegliere. “Raccogliere culture per farle vivere più a<br />
lungo possibile. Riadattarle a noi ma con rispetto.<br />
Il mio sogno ora è accogliere artigiani anche principianti,<br />
e insieme riprodurre le arti più antiche.<br />
Il compito che mi sono assegnata è restaurare le<br />
magnifiche ‘pezze’ che ci arrivano, con le nostre carovane,<br />
inviate nell'altrove. Lembi di culture in perdizione e<br />
trattenerle, salvarle, valorizzarle, costruirci intorno la<br />
moda. È riconoscere in un ‘gesto’ antico e tradizionale,<br />
l'attualità che lo inserisce nel nostro mondo moderno<br />
dell'apparire”.<br />
Vestiti che parlano la lingua del sacro, del prezioso<br />
e del bello. Così lontano, così vicino.<br />
16 URBAN URBAN 17
TUTTI LO<br />
CERCANO, TUTTI<br />
LO VOGLIONO, è la<br />
star del momento.<br />
Ma lui ostenta una<br />
sacrosanta<br />
diffidenza: “Feste?<br />
Quali feste? Io<br />
trovo divertente<br />
leggere in<br />
bagno!”. Piccola<br />
intervista con<br />
Caparezza, uno<br />
che vuole uscire<br />
dal tunnel...<br />
Grazie al singolo Fuori dal tunnel, in classifica su radio,<br />
tv e giornali, il suo faccione da finto profeta è<br />
dappertutto. Merito di un insperato richiamo<br />
all’intelligenza individuale, subito raccolto da chi,<br />
evidentemente, non si è ancora addormentato davanti al<br />
(media)video. Risultato: i giornali se lo litigano, le tv pure,<br />
le radio non ne parliamo. Ma chi è, davvero, Caparezza?<br />
All’anagrafe è registrato come Michele Salvemini, nato a<br />
Molfetta più o meno 29 anni fa. A Sanremo come Miki<br />
Mix, in gara nel 1996 con un brano intitolato E la notte<br />
se ne va e relativo album, spariti in breve nel nulla, come<br />
la sua ambigua immagine da rapper patinato. Aver<br />
cominciato dal peggio gli è servito, però, visto che<br />
adesso, in Italia, ovunque, è solo Caparezza (“testariccia”,<br />
amici del nord), professione “disoccupato con l’alibi<br />
dell’arte”, due album ufficiali all’attivo (?!, del 2000, e il<br />
più recente Verità supposte) e altre 3/4 prove in proprio<br />
(Ricomincio da capa, Zappa e Con Caparezza nella<br />
monnezza, tutti del 1999) che sono servite da<br />
laboratorio. In attesa di incontrarlo a Molfetta, la sua<br />
metropoli, ecco un rapido ma significativo scambio di<br />
mail…<br />
Il secondo album è davvero sempre il più difficile?<br />
Per quanto mi riguarda sì… poi ognuno c’ha le sue<br />
fisse…<br />
Tutta Italia canta “Sono fuori dal tunnelellellell del<br />
divertimentooooo”: te l’aspettavi?<br />
Assolutamente no.<br />
Cosa ti ricordi di quando eri dentro al tunnel?<br />
Era tutto così buio… e più mi inoltravo meno riuscivo a<br />
respirare.<br />
Nel “tunnel” ci racconti tutto quello che non ti piace<br />
dell’industria del divertimento a tutti i costi. Parliamo<br />
di quello che ti piace. Come deve essere una festa?<br />
Quale festa? Io posso divertirmi anche al di fuori di una<br />
festa… Per dirla tutta trovo che sia divertente leggere in<br />
bagno.<br />
Come ti immagini il tuo locale preferito?<br />
CAPATOSTA<br />
testo: Luca Bernini / foto: Fabio Lovino<br />
Senza mura.<br />
Le ragazze?<br />
Mogli e buoi dei paesi miei.<br />
Tu vivi a Molfetta. Perché?<br />
Sono nato e vissuto lì… so che sembra scontato...<br />
Cosa ti piace di più e cosa di meno della tua città?<br />
Mi piace la mia città quando è sincera e non insozzata<br />
dal fighettume di turno.<br />
Hai mai vissuto in una grande città?<br />
Circa 7 anni a Milano.<br />
Come la vorresti?<br />
La vorrei grande, tipo Molfetta…<br />
C’è una cura “Caparezza” per l’Italia che racconti?<br />
Se parliamo di supposte credo di sì…<br />
Freak Antoni diceva “Non c’è gusto in Italia a essere<br />
intelligenti”: concordi?<br />
Io credo che ci sia gusto a essere intelligenti quando tutti<br />
sono stupidi.<br />
Parliamo di te: l’oggetto a cui sei più legato?<br />
Non mi lego agli oggetti.<br />
La tua foto preferita?<br />
Quelle dove esco sfuocato…<br />
Cosa ti intristisce e cosa ti mette di buon umore?<br />
Il buon umore mi intristisce, e la tristezza mi diverte<br />
alquanto.<br />
Il viaggio che non hai ancora fatto?<br />
Induno Olona.<br />
Quello che rifaresti?<br />
La Giordania.<br />
L’ironia è…<br />
Necessaria.<br />
Il razzismo è…<br />
Scontato.<br />
Ti gusta la zizza piena: sei innamorato delle donne o<br />
di una sola?<br />
Sono innamorato delle zizze.<br />
Cosa hai fatto (o non hai fatto) per una donna?<br />
Parafrasando Jovanotti: “So fare poco ma quel che faccio<br />
provo a farlo bene”.<br />
La cosa che ti ha più ferito nella vita è stata...<br />
Un tavolo di cristallo nel gomito.<br />
La soddisfazione più grande…?<br />
Mettersi tre punti sul gomito senza anestesia.<br />
La volta che ti sei sentito più in imbarazzo?<br />
Quando mi hanno chiesto “Che significa Caparezza?”<br />
La radio, la tv, internet, i giornali: quale media ti piace<br />
e da quale ti difendi?<br />
Io credo di essere un media, in senso lato… e mi difendo<br />
da tutti gli altri… solo che non mi piaccio…<br />
Cosa guardi in tv?<br />
Poca roba.<br />
Cosa ti fa schifo e cosa ti piace?<br />
Mi fa schifo la tv di costume spicciola e mi piacciono i<br />
programmi dove paraculano la tv di costume spicciola.<br />
Perché la Puglia è il centro d’Italia in questo<br />
momento?<br />
Credi?<br />
Cos’è il mare per te?<br />
Il mare d’estate dalle mie parti è invivibile… preferisco la<br />
montagna, più solitaria e riflessiva…<br />
E la marja?<br />
Ognuno è devoto alla sua Maria…<br />
A cosa non rinunceresti mai?<br />
Non lo so…<br />
L’ultimo libro che hai letto è…<br />
Dai ricordi di un fuoriuscito di Gaetano Salvemini.<br />
E invece il film?<br />
Le invasioni barbariche.<br />
Quale testo dei tuoi fai più fatica a rappare?<br />
Hanno una difficoltà standard.<br />
… for president: metti un nome al posto dei puntini.<br />
Giulietto Chiesa.<br />
La politica?<br />
Necessaria.<br />
Hai simpatie di qualche tipo?<br />
Se alludi al tipo politico… credo che ci sia la sinistra,<br />
il centrosinistra che poi è la destra, e poi c’è la<br />
fantascienza… in genere sono abituato a non credere<br />
alla fantascienza.<br />
Il terzo album è sempre il più…<br />
No… credo che sia sempre il meno…<br />
18 URBAN URBAN 19
22 URBAN<br />
MAGICATORINO<br />
<strong>LA</strong> CITTÀ DEI SATANISTI? Un luogo comune. Ma a Torino la magia è di casa<br />
lo stesso, con i suoi simboli e i suoi luoghi segreti. Viaggio spericolato tra gli<br />
elementi e gli angoli di una città che – bianca o nera – alla magia ci crede<br />
testo: Maurizio Marsico / foto: Cesare Cicardini<br />
URBAN 23
UNA <strong>CITTà</strong> IN CUI <strong>LA</strong> MAGIA STA DAPPERTUTTO... PERSINO AI GIARDINI REALI, PER UNA PRESENTAZIONE FIAT...<br />
Il tempo di un giro di tacco scaramantico sui “gioielli” del<br />
torello, in galleria Vittorio Emanuele a Milano, e veloce come<br />
un intercity sono già a Torino Porta Susa, destinazione<br />
piazza Statuto e poi via, in via San Donato, dove incontro<br />
Giuditta Dembech, classe 1937, autrice del best-seller<br />
Torino Magica (Edizioni l’Ariete, volume 1 e 2) a casa sua.<br />
Una casa luminosa e letteralmente piena di angeli, angeli<br />
e ancora angeli. Una bottiglietta a forma di Madonna<br />
(provenienza Lourdes) con (probabilmente) acqua santa<br />
inside è sulla scrivania, e qui e là c’è pure qualche Budda<br />
che, dall’alto del suo nirvana, protegge le stanze. Come dire:<br />
non ci credo, ma mi adeguo. Torino Magica è un libro che<br />
dagli anni ’70 a oggi continua a vendere, a essere<br />
ripubblicato di anno in anno e aggiornato con fatti, notizie<br />
e leggende che attestano la città come il vero capoluogo<br />
esoterico dello stivale. Perché Augusta Taurinorum è<br />
bella e drammatica, magica ed enigmatica, decadente e<br />
austera, ma anche vero e proprio laboratorio alchemico.<br />
Dove, in una dimensione parallela invisibile e occulta,<br />
le forze evolutive del “bene” convivono con quelle<br />
distruttive del “male” in straordinario equilibrismo.<br />
Una città di luce e tenebre, di benessere e di malessere.<br />
Di energie, di forze sottili, di forme-pensiero. Di fiumi<br />
e di monti. Bianca e nera. Oscura e solare. Angelica<br />
e demoniaca. O almeno, così la “vede” la Dembech.<br />
La tradizione esoterica più antica la vuole inserita sia<br />
nel triangolo della magia bianca con Praga e Lione, che<br />
in quello del satanismo con Londra e San Francisco.<br />
Qui si giocherebbe il derby apocalittico tra le creature<br />
celesti e gli esseri infernali. Botte da orbi. Sopra questo<br />
cielo opaco e giù nelle profondissime intimità del<br />
sottosuolo chissà quali battaglie, quali scontri…<br />
Ma camminando per le piazze e per le vie, a prima vista<br />
tutto questo non appare, non si vedono codoni e<br />
zampini e nemmeno battiti d’ali folgoranti. Sembra però<br />
più bella di Milano, quello sì, il che è tutto dire, vista la<br />
reputazione. Ma dov’è la magia? Dove la stregoneria?<br />
“Un’immagine simbolo, che rende bene l’identità della<br />
Torino di oggi, si trova adesso al Museo del Cinema<br />
sotto la Mole, dove forse a caso (ma il caso non esiste),<br />
hanno messo a fianco della statua in rame dell’angelo<br />
Tauriel (che un tempo svettava sulla Mole) un<br />
inquietante Moloch”, dice la Dembech.<br />
Bisogna finirla con il luogo comune che identifica la città<br />
come demoniaca, maligna e satanica soltanto. Torino per<br />
fortuna non è solo questo, è anche una città di luce. Una<br />
città che possiede i suoi talismani bianchi come la<br />
Sindone, o il tempio della Gran Madre.<br />
Una città dove gli opposti sono in straordinaria<br />
armonia”, così mi illumina la signora Dembech. “Il<br />
fulcro della zona bianca è l’area di piazza Castello.<br />
Qui le energie fluiscono attraverso i canali simbolici<br />
rappresentati dai quattro elementi. Il Duomo con la<br />
Sindone, centro protettivo che emana l’elemento<br />
‘fuoco’. Il varco tra i Dioscuri, all’entrata dei Giardini<br />
Reali, dove si propaga l’energia rigenerante<br />
dell’elemento ‘aria’. La fontana dei Tritoni all’interno<br />
dei Giardini Reali, dove invece troviamo l’energia<br />
intuitiva dell’elemento ‘acqua’. E la grotta alchemica,<br />
presente nel sottosuolo e non visibile ai più,<br />
catalizzatrice delle energie telluriche rappresentate<br />
dall’elemento ‘terra’. Tutti questi luoghi magici si<br />
trovano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro.”<br />
Perbacco.<br />
Si vabbè, ma a Torino non c’erano 40.000 satanisti,<br />
faccio io (ben sapendo che l’argomento non incontra<br />
proprio il suo massimo gradimento)? “Sciocchezze.<br />
Quelli veri sono pochi e stanno bene attenti a non farsi<br />
scoprire, sono persone di potere che evitano i luoghi<br />
‘satanici’ da cartolina che qui ormai conoscono tutti,<br />
come il vecchio cimitero dei nobili o la Rella Rosin,<br />
dove sui ruderi di una chiesa sconsacrata si officiavano<br />
messe nere. Il centro diabolico della città è invece<br />
piazza Statuto, dove si trova un obelisco su cui a volte<br />
appaiono scritte sataniche, proprio lì sotto c’è la<br />
centrale fognaria cittadina, ed è una zona dove<br />
transitano tossicomani in pena. Sempre qui, una<br />
ventina d’anni fa, mentre da un’altra parte della città<br />
andava in scena un carnevale allegorico – che<br />
rappresentava in modo molto realistico un sabba (teste<br />
di caprone mozzate comprese) – il cinema Statuto<br />
andava a fuoco. Sessantaquattro le vittime. Trentuno<br />
uomini, trentuno donne. Un bambino e una bambina.<br />
Sulle ceneri del cinema hanno costruito poi un edificio,<br />
ma che per moltissimo tempo è rimasto disabitato…<br />
Ma così si entra nel regno dell’imponderabile…”<br />
Ma è proprio a due passi da qui!, penso a voce alta. “Sì,<br />
ma come può vedere, c’è un campanile da un lato e un<br />
campanile (con un bellissimo angelo) dall’altro”, mi<br />
conforta Giuditta Dembech. Ah, beh!<br />
Allora, via, andiamo a dare un’occhiata alla fontana<br />
“angelica” di piazza Solferino, con le due figure maschili<br />
che apparentemente rappresentano l’autunno e<br />
l’inverno, mentre esotericamente (Dembech docet)<br />
simboleggiano i due Giovanni: l’Evangelista e<br />
l’Annunciatore, il Giovanni che ride e il Giovanni che<br />
piange… e così mi torna in mente un altro Giovanni, che<br />
a Torino è figura imprescindibile… Speravo di trovare la<br />
mia guida impreparata? Macchè, la Dembech parte in<br />
quarta: “L’Avvocato si interessava agli aspetti esoterici<br />
della città e so per certo che ha letto alcuni dei miei libri.<br />
Era molto amato, persino dagli operai più umili, e ha<br />
avuto un funerale degno di un faraone. Mi ricordo anche<br />
una strana coincidenza: in occasione della presentazione<br />
di un nuovo modello di automobile (non mi ricordo se<br />
fosse una Punto o una Panda), si chiusero i Giardini<br />
Reali, allestiti e notevolmente abbelliti per l’occasione.<br />
Poi, durante la presentazione la nuova vettura compì tre<br />
giri completi. Tre giri rituali importantissimi dal punto di<br />
vista simbolico. Chissà…”. Affascinante ipotesi, anche se<br />
mi costringo a restare con i piedi per terra prima di<br />
cadere vittima della vertigine tra analogie, coincidenze,<br />
dietrologia…<br />
Mah. Angeli e angeli caduti. Ciò che sta in alto e ciò<br />
che sta in basso. Caso, sorpresa, fortuna, malasorte e<br />
caos. Incantesimi, miracoli e fatture. È già tutto scritto<br />
nel destino? Il presente è solo una delle tante realtà<br />
dell’immaginazione? Ma quale realtà? Quale<br />
immaginazione? Sogniamo o siamo sognati?<br />
Enigmi marzulliani mi affollano i pensieri mentre<br />
passeggio in una Torino come da copione grigia…<br />
Forse decriptare il presente sotto forma di presagi non<br />
è affatto sano. Però, osservando un po’ meglio inizio ad<br />
accorgermi di piccoli particolari a cui prima non avevo<br />
fatto caso: toh, una fioriera nel giardino con testa di<br />
diavolo… e guarda, guarda lì… c’è un bassorilievo con<br />
il muso da gargoyle … e là un battiporta a forma di<br />
caprone. Ma soprattutto: Cosa ci fa questa stella a<br />
cinque punte intarsiata nel pavè? Boh, meglio andare,<br />
comunque…<br />
URBAN 25
CLOWNFASHION<br />
Les clones sono i gemellini techno-house che fanno ballare<br />
la francia. mischiano di tutto, come anche la moda dovrebbe fare.<br />
Invece di farli suonare, li abbiamo fotografati. ne è venuto<br />
fuori un circo. Il circo della moda?<br />
ANNA: GIACCA MOSCHINO CHEAP&CHIC, SHORT ANTEPRIMA<br />
URBAN 27
28 URBAN<br />
clone: T-SHIRT Engel Hart / anna: VESTITO Sybilla, CINTURA Junko Shimada, ORECCHINI Tsumori Chisato<br />
Anna: MINIGONNA GF Ferré, SCARPE Bruno Frisoni / Olga: TOP E SCARPE Junko Shimada<br />
URBAN 29
30 URBAN<br />
JACQUELINE: TUTA RO<strong>MAI</strong>N KREMER, SHOES BRUNO FRISONI / CLONE: GIACCA PETAR PETROV, OCCHIALI BENÖIT MISSOLIN<br />
Olga: TOP Benöit Missolin, SHORT Lie Sang Bong / Clone: T-SHIRT Jack Henry<br />
URBAN 31
PHOTO&ILLUSTRATIONS: FELIX <strong>LA</strong>RHER@<strong>LA</strong>BO MANAGEMENT<br />
STYLIST: <strong>LA</strong>ETIZIA SAUBESTY<br />
MODELS: ANNA@KARIN / OLGA@NEXT / JACQUELINE / LES CLONES (WWW.CLONESOUND.COM)<br />
MAKE UP: VIKTORIA SORENSDOTTER@<strong>LA</strong>BO MANAGEMENT<br />
SPECIAL THANKS: NICO & JULIEN<br />
32 URBAN<br />
OLGA: TOP TSUMORO CHISATO, PANTALONI PREEN, ORECCHINI YOSHIKO CREATION PARIS
GUIDA|MARZO<br />
Carol Rama, Die sonne steht hoch, 1954<br />
MUSICA 36<br />
MEDIA 42<br />
LIBRI 45<br />
FILM 46<br />
<strong>LA</strong> STAR DEL MESE: Carol Rama.<br />
Torino, Fondazione Re Rebaudengo, 9 marzo - 6 giugno<br />
I VOTI DI URBAN<br />
BUONI E CATTIVI<br />
CAPO<strong>LA</strong>VORO<br />
Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />
GRANDE<br />
Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />
BUONO<br />
Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />
VABBÈ<br />
Coraggio, consideriamola una prova generale<br />
BLEAH!<br />
Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />
HA DISEGNATO QUESTO MESE PER URBAN<br />
Fumettista e illustratore underground, Squaz, alias<br />
Pasquale Todisco, ha pubblicato su diversi periodici<br />
italiani e stranieri e partecipato a mostre in giro per<br />
il mondo. Vive (e disegna) a Milano.<br />
opere di Franco Matticchio, da sinistra a destra Il Cactus; La ballerina del tempo<br />
TEATRO 48<br />
ARTE 51<br />
SHOPPING 53<br />
CLUB 55<br />
Eccoci qui, gente. Siamo in quella strana terra di nessuno<br />
che non è più inverno e non è ancora primavera.<br />
O meglio: chi si tiene la sua copia di <strong>Urban</strong> a portata di<br />
mano (consultare prima dell’uso... di qualsiasi cosa), comincia<br />
a leggere che è ancora inverno e finisce che è<br />
primavera conclamata. Però, prima che vi lanciate in uno<br />
di quegli ottovolanti di luoghi comuni che in questo<br />
Paese abbondano diciamo subito: non ce ne frega niente<br />
se le stagioni sono come quelle di una volta, di più,<br />
di meno o cose così.<br />
Ci riguarda, invece, la forma che prende la città. Perché<br />
diventa più verde (anche quel poco verde spelacchiato,<br />
diciamo, sembra irrimediabilmente intenzionato ad<br />
essere più verde). Perché si esce di più – più volentieri –<br />
e dunque la città la si usa di più. E poi perché capita in<br />
FOOD: Milano 57<br />
Roma 61<br />
Bologna 65<br />
Torino 67<br />
Napoli 69<br />
DENTRO <strong>LA</strong> CITTA,<br />
RESTANDO FUORI<br />
Marzo: ora si può “uscire” senza necessariamente “entrare” da un’altra parte<br />
ROMA / Van Morrison<br />
Inutile ogni definizione, ogni tentativo<br />
di biografia. Il fatto è semplice: al<br />
Nuovo Auditorium Parco della Musica<br />
la sera del 17 marzo c’è il concerto di<br />
Van Morrison. “Van the man”, grande<br />
signore del palco, approda a Roma per<br />
offrire poesia e le migliori perle della<br />
sua carriera di irascibile irlandese, folk<br />
singer (ma non solo) e gigantesco interprete<br />
bianco del rhythm’n’blues.<br />
I biglietti vanno dai 18 ai 50 euro.<br />
Informazioni allo 06-328171 e su<br />
www.auditoriumroma.com.<br />
17 marzo<br />
MI<strong>LA</strong>NO / Fiera del consumo critico<br />
Fa’ la cosa giusta!, la prima fiera del<br />
consumo critico, approda in via<br />
Tortona 27 al SuperstudioPiù.<br />
Sciegliete pure tra 100 stand, libreria<br />
tematica, postazioni internet, ristorazione<br />
bio-equa, giochi e simulazione<br />
di consumo critico (anche per bimbi),<br />
incontri e seminari su commercio<br />
equo e solidale, finanza etica, agricoltura<br />
biologica, mobilità sostenibile,<br />
turismo responsabile, gruppi di acquisto<br />
solidale, energie alternative e rinnovabili,<br />
pace e non violenza. www.falacosagiusta.org.<br />
13 -14 marzo<br />
primavera che alcuni spazi apparentemente abbandonati<br />
vengano inghiottiti dalla vita. Finalmente si può “star<br />
fuori”, il che significa tavolini all’aperto (a Roma e<br />
Napoli è la norma, ma a Milano la lotta contro asfalto e<br />
lamiere si fa epocale), spettacoli all’aperto, aperitivi all’aperto<br />
e tutto il resto che è meglio fare all’aperto.<br />
Dunque vien da guardare con più attenzione la città “di<br />
fuori”, e con essa scoprire nuovi angoli e nuovi percorsi,<br />
il che significa anche nuovi (diciamo: stagionali) modi di<br />
usare quel che ci gira intorno. Riusciremo per i prossimi<br />
mesi ad avere nuovi sguardi, a scorgere angoli che ci<br />
erano preclusi? Ci proveremo, naturalmente, a partire<br />
da queste pagine e da quelle dei prossimi mesi.<br />
Dopotutto, anche fuori, siamo sempre dentro. In città.<br />
A.R.<br />
Franco<br />
Matticchio,<br />
illustratore del<br />
Corriere della<br />
Sera, di The New<br />
Yorker, Linus,<br />
Diario e<br />
Internazionale,<br />
sa anche<br />
dipingere. E<br />
bene. Vedere per<br />
credere le18 tele<br />
in esposizione<br />
alla Galleria<br />
Nuages. A<br />
Milano, fino<br />
al 13 marzo<br />
L , AFRICA, L , IR<strong>LA</strong>NDA E <strong>LA</strong> COSA GIUSTA<br />
TO-MI-RO / Cinema africano<br />
Il nome esatto è Festival del cinema<br />
africano, d’Asia e America Latina. Si<br />
comincia a Milano (22-28 marzo)<br />
con il Concorso Finestre sul Mondo,<br />
cioè lungometraggi provenienti da<br />
Africa, Asia e America Latina, concorso<br />
cortometraggi, lungometraggi,<br />
documentari e non fiction africani,<br />
fuoriconcorso e retrospettiva. Ci si<br />
sposta poi a Torino (3-6 aprile) e a<br />
Roma (31 marzo - 8 aprile). Vari i<br />
luoghi, documentarsi bene sul sito:<br />
www.festivalcinemaafricano.org.<br />
22 marzo - 8 aprile<br />
URBAN 35
36 URBAN<br />
FNAC HITS<br />
La musica che gira intorno<br />
e gli italiani che colpiscono<br />
ancora. Ecco il prodotto nazionale<br />
più comprato in<br />
febbraio nei negozi Fnac.<br />
Suoni nostri, per una volta<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
FIOREL<strong>LA</strong> MANNOIA<br />
Concerti<br />
ELISA<br />
Lotus<br />
VERDENA<br />
Il suicidio del samurai<br />
DANIELE SILVESTRI<br />
Live transito<br />
LE VIBRAZIONI<br />
Le Vibrazioni<br />
TIZIANO FERRO<br />
111<br />
ROBERTO<br />
VECCHIONI<br />
Rotary Club of Malindi<br />
AMALIA GRE’<br />
Amalia Gre’<br />
AA.VV.<br />
Faber amico fragile:<br />
tributo a Fabrizio<br />
De Andrè<br />
LIGABUE<br />
Giro d’Italia<br />
TELEX<br />
… Parata di ospiti per il primo<br />
album solo di Gianni<br />
Maroccolo (ex-Litfiba): Pelù,<br />
Raiz, Donà, Godano,<br />
Consoli, Battiato, Renga e<br />
tanti altri… data d’uscita 1<br />
aprile… Bella squadra anche<br />
per Voli imprevedibili, tributo<br />
a Franco Battiato: giocano<br />
Morgan, Delta V, Planet<br />
Funk, Consoli (2), Raiz (2),<br />
Pacifico, Negrita, Paola<br />
Turci e altri… Nuova colonna<br />
sonora per i Motel<br />
Connection dopo quella per<br />
il film di Marco Ponti Santa<br />
Maradona: per lo stesso regista<br />
hanno scritto A+R<br />
Andata/Ritorno, in uscita a<br />
marzo… Un progetto discografico<br />
interessante è quello<br />
della Alfredo Rey e la sua<br />
Orchestra, cover italiane in<br />
salsa swing: Non m’annoio di<br />
Jovanotti è già stata adottata<br />
dalle radio, ma dentro ci sono<br />
Dalla, Nannini, Battisti,<br />
Vasco, Tiziano Ferro e classici<br />
d’annata: titolo, Alta infedeltà…<br />
Appuntatevi anche il<br />
titolo dell’album più languido<br />
del momento: si intitola They<br />
died for beauty ed è uscito a<br />
nome Ilya.<br />
MUSICA<br />
NORAH, MOBY E C<strong>LA</strong>SSE<br />
Con il nuovo che arranca, due autori si guardano indietro. Con risultati davvero eccellenti<br />
NORAH JONES<br />
Feels like home<br />
EMI<br />
VOODOO CHILD<br />
Baby Monkey<br />
Labels<br />
Se il nuovo arranca, per fortuna<br />
c’è il vecchio che ritorna a<br />
chiudere il cerchio: forse è per<br />
questo che due dischi sostanzialmente<br />
analoghi per filosofia,<br />
per quanto radicalmente diversi,<br />
si trovano a dividersi questo<br />
spazio. E così abbiamo da un lato<br />
Norah Jones, 25enne di<br />
Milwakee, 16 milioni di copie<br />
vendute con il suo album d’esordio<br />
Come with me, una doccia di<br />
Grammy Awards vinti a colpi di<br />
pianoforte e voce, con una ricetta<br />
musicale definita banalmente<br />
jazz, ma che in realtà ha in sé la<br />
Altro che Janet<br />
Jackson! Il videoclip<br />
diventa pornosoft<br />
Vent’anni fa, i Frankie Goes to<br />
Hollywood lo avevano previsto:<br />
“We are living in a land where sex<br />
and horror are the new gods”. E<br />
più cresce la sensazione dell’orrore<br />
in giro, più Mtv diventa<br />
MasturboTeleVisione. E passino i<br />
programmi alla Kiss & Tell, quella<br />
roba pallosissima presentata dalla<br />
versione giovanile della<br />
D’Eusanio. E passino le pubblicità<br />
in cui le tipe si leccano, mulinano<br />
perfetta mescola del Dna nazionale<br />
americano: jazz, folk,<br />
country, pop, blues. Come i<br />
Presidenti scolpiti sulla roccia<br />
del Monte Rushmore, i Grandi<br />
Padri (Dylan, Joplin, Waits, Cash)<br />
guardano dall’alto la piccola<br />
Norah declinare il Verbo,<br />
riuscendo nell’improbo compito<br />
di plasmare alla perfezione forme<br />
nuove da materia vecchia ma<br />
sempre buona.<br />
Prodotta da un vecchio volpone<br />
come Arif Mardin (produceva<br />
Ringo Starr e i grandi della black<br />
music quando buona parte di<br />
noi aveva i brufoli), Norah ha<br />
commosso anche Tom Waits,<br />
che per Feels like home le ha offerto<br />
la sua The long way home.<br />
Semplice, raffinata eppure rustica,<br />
diretta, evocativa, Norah scrive<br />
e canta dischi buoni per tutti,<br />
che non possono non piacere a<br />
chi – semplicemente – è cresciuto<br />
ascoltando la musica americana.<br />
Insomma, in poche parole,<br />
Norah è talmente indietro da<br />
essere avanti.<br />
Lo stesso discorso merita quello<br />
che a tutti gli effetti si presenta<br />
come il nuovo progetto di Moby.<br />
Infatti è proprio lui che si nasconde<br />
dietro l’esotico nome “Voodoo<br />
Child”. E proprio per questo<br />
ascoltare Baby monkey è un esperienza<br />
frustrante. Se il disco, un<br />
concentrato di techno-nostalgia<br />
anni ’90, fosse stato prodotto da<br />
mister x o y, lo avremmo probabilmente<br />
snobbato. Invece, chiusa la<br />
dovuta premessa, passiamo ai fatti<br />
e ci troviamo di fronte a 12<br />
pezzi, uno più acido dell’altro. La<br />
cassa irrimediabilmente in quattro,<br />
suoni freddi che fanno pensa-<br />
rivale di Mtv, ovvero Allmusic. Ma<br />
onestamente, si può parlare di<br />
Allmusic?). Accendi la tv pensando<br />
che avrai della musica, ma la<br />
musica non c’è, ci sono Kylie che<br />
si tocca, Christina che si fa toccare,<br />
Beyoncè a quattro zampe,<br />
Kelis che sventola i glutei, Britney<br />
e Nonna Madonna che si baciano<br />
(oh, che audacia), Lorna che mugola.<br />
E naturalmente i grandi artisti<br />
hip-hop, quelli che si gloriano<br />
con brani tipo “Sono un pappone”<br />
attorniati da aspiranti zoccole,<br />
mentre attorno c’è ancora chi<br />
parla di Cnn del ghetto, quando<br />
in realtà è il Playboy Channel dei<br />
re alla Detroit dei Drexcya, ripetizioni<br />
degne del peggior rave di<br />
periferia... in fondo Moby ci sa fare,<br />
Baby Monkey è una lunga e<br />
scaltra citazione di quello che furono<br />
gli anni ’90 sotto il segno<br />
della dance-elettronica. Mentre<br />
tutti guardano agli ’80 come il<br />
posto giusto per rubare suoni<br />
“trendy”, il signor Voodoo Child<br />
fa un passo indietro per farne due<br />
avanti e sostanzialmente non fa<br />
altro che (ri)scrivere uno dei suoi<br />
dischi pre-stardom, convincendoci<br />
ancora una volta del fatto che<br />
oggi come oggi guardarsi molto<br />
dietro equivale a guardare avanti.<br />
Se amate Moby per Play risparmiatevi<br />
la delusione, se invece<br />
avete sudato con Go in cuffia il<br />
sorriso è garantito.<br />
LUCA BERNINI &<br />
ALESSANDRO DE ANGELIS<br />
DOPO IL POP, ARRIVA IL PIPP<br />
le tette, sembrano volersi infilare<br />
l’aranciata nel sedere. Ma è imbarazzante<br />
vedere come la musica<br />
si sia adeguata a essere colonna<br />
sonora di cortometraggi pornosoft<br />
tutti uguali, con persino<br />
Giorgia e Paola & Chiara a fare le<br />
porcelle. Intendiamoci, il sesso<br />
nel pop c’è sempre stato, da Elvis<br />
a Jagger – ma se mai è esistita<br />
una cultura pop ora esiste solo<br />
una cultura pipp, celebrata ogni<br />
giorno con una patetica bandiera<br />
della pace o uno spot a favore di<br />
un prigioniero politico come foglie<br />
di fico (parentesi: diplomazia<br />
imporrebbe di parlare anche della<br />
liceali, sapientemente diluito con<br />
una overdose di noiosine (Dido,<br />
Lene Marlin, Evanescence) buttate<br />
lì per farci preferire le loro colleghe<br />
zozzone. Di fronte a questo,<br />
è commovente (o, per rimanere<br />
in tema, toccante) come le<br />
case discografiche contino sulla<br />
videomusica per vendere i dischi<br />
e si inginocchino davanti a Mtv,<br />
quando è evidente che la stessa<br />
Mtv si sta scavando la fossa: se<br />
fai fuori la musica, a parità di<br />
“dirty dancing” i teenagers si buttano<br />
sulla De Filippi.<br />
PAOLO MADEDDU<br />
SOPHIA - PEOPLE ARE LIKE SEASONS<br />
SOPHIA<br />
People are like seasons<br />
City Slang - Extralabels<br />
I soliti ben informati ci dicono<br />
che Robin Proper-Sheppard sia<br />
persona assai socievole e incline<br />
al buonumore, probabilmente<br />
perché da sempre riversa<br />
tutta la sua malinconia nella<br />
musica che scrive, prima con i<br />
God Machine (semplicemente il<br />
perfetto punto d’incontro fra<br />
l’impatto dei Led Zeppelin e la<br />
severa oscurità dei Joy<br />
Division) e ora con i suoi<br />
Sophia. People are like<br />
seasons, rispetto a quanto fatto<br />
in precedenza, aggiunge dei<br />
colori più tenui e meno foschi<br />
che in passato, lasciando spesso<br />
senza respiro per l’intensità<br />
di alcuni passaggi e allargando<br />
l’orizzonte del gruppo oltre le<br />
consuete, splendide, ballate<br />
verso territori più accessibili e<br />
solari. Rinchiudere la musica<br />
dei Sophia in una definizione è<br />
compito difficile e probabilmente<br />
fuorviante (che ne dite<br />
di pop confidenziale?). Meglio,<br />
molto meglio, lasciarsi trasportare<br />
nel caleidoscopio di emozioni<br />
che riesce a regalare questo<br />
disco, una delle prime cose<br />
davvero degne di nota che ci<br />
ha regalato questo 2004.<br />
ALEXIO BIACCHI<br />
DELTA V<br />
Le cose cambiano<br />
Bmg Ricordi<br />
Se siete di quelli sempre felici<br />
e innamorati, questo disco non<br />
fa al caso vostro. Se invece coltivate<br />
anche solo un piccolo<br />
dubbio sulla vita, sugli affetti,<br />
allora questo disco vi farà sentire<br />
sicuramente meno soli nel-<br />
Che senso ha comprarsi un dvd<br />
fatto solo da una raccolta di videoclip?<br />
Beh, se appartenete al<br />
gruppo proud to be maranza nel<br />
senso ironico e funky del termine,<br />
ha senso se il dvd è quello<br />
DELTA V - LE COSE CAMBIANO<br />
l’affrontare il tunnel della maturità.<br />
È un disco crudo, con tematiche<br />
cariche d’emotività e<br />
di smarrimento e musiche che<br />
proiettano chi ascolta nella colonna<br />
sonora di un film che<br />
non esiste nelle sale cinematografiche.<br />
Le cose cambiano ti<br />
costringerà a conoscerti, a non<br />
mentirti, a svegliarti dal torpore<br />
costruito sull’accettazione<br />
serafica del tutto già fatto, visto,<br />
vissuto. Basta non fermarsi<br />
alla cover battistiana di<br />
Prendila così e andare oltre,<br />
per scoprire piccoli gioielli come<br />
La costruzione di un<br />
errore, Via da qui e Due giorni.<br />
BABY CHASE<br />
JOSS STONE<br />
The soul sessions<br />
Virgin<br />
In questo periodo di carestia<br />
discografica, appena s’intravede<br />
la gallina dalle uova d’oro,<br />
si rischia di esaurirne le potenzialità<br />
in un batter d’occhio. E<br />
quindi dopo il pop rock di Avril<br />
ecco il pop soul di Joss, l’ennesima<br />
giovane di talento da<br />
adorare prima ancora che possa<br />
dimostrare chi è! La sedicenne<br />
inglese è brava, ha una<br />
voce magnifica, ma questa raccolta<br />
di cover, curata da nomi<br />
illustri e confezionata in stile<br />
vintage, è “solo” un’ottima riproduzione<br />
di cose già sentite,<br />
che ricorda in modo impressionante<br />
un vecchio disco di<br />
Raphael Saadiq, storica voce<br />
dell’R&B contemporaneo. Non<br />
è un album sterile, ma gli appassionati<br />
del genere sanno riconoscere<br />
il soul, quello vero,<br />
come gli intenditori amano il<br />
buon vino.<br />
MARCO BRANCATELLI<br />
degli Outkast, quelli che avete<br />
sentito e visto mille volte in<br />
quella meravigliosa parodia anni<br />
’60 dei passaggi tv che è Hey<br />
ya, ovviamente presente a fine<br />
raccolta. Gli Outkast sono l’evoluzione<br />
più friendly e piacevole<br />
di un due rap/hip hop eccetera<br />
eccetera che all’inizio (1993) faceva<br />
la faccia cattiva e incazzosa<br />
<strong>LA</strong>MBCHOP - AW CMON/NO YOU CMON<br />
Le regole sono chiare: “The<br />
composer’s cut è il titolo di una<br />
serie di cd in cui un compositore<br />
viene invitato a scegliere e assemblare<br />
diversi brani di altri<br />
musicisti come anche di propri,<br />
seguendo queste semplici regole<br />
indicate dal produttore: almeno<br />
tre autori non italiani, ma almeno<br />
cinque autori italiani; non<br />
più di dodici brani, di cui tre<br />
composti dal curatore della<br />
composizione”. Il risultato è l’album<br />
di Maurizio Marsico, artista<br />
milanese, eclettico scrittore (e<br />
firma di <strong>Urban</strong>!), e la sua musica<br />
applicata. Come dire…?<br />
Contemporaneo.<br />
LUCA BERNINI<br />
Ai tempi di Caught out there si<br />
urlò al miracolo; poi Kelis finì nel<br />
dimenticatoio. Dopo anni, ecco<br />
che inizia a girare nei club e nelle<br />
radio un singolo che dovrebbe<br />
essere considerato illegale<br />
per la sua capacità di trascinarti<br />
in pista: Milkshake. Prima di scomodare<br />
Nostro Signore, questa<br />
volta sarà meglio ascoltare tutto<br />
il disco, anche perché dopo le<br />
prime quattro tracce, il miracolo<br />
sembra compiersi: Trick me è un<br />
brano energico, dalle atmosfere<br />
retrò, che ben fa da traino a<br />
Milkshake mentre In public, in<br />
coppia col partner Nas, è l’anello<br />
di congiunzione tra Crazy in<br />
love, della premiata ditta<br />
Beyoncè Jay-Z, e la pornografia.<br />
Peccato che dopo tanta grazia ci<br />
sia il nulla, o quasi. L’unico pez-<br />
in mezzo a limousine e altri accessori<br />
da black star arricchite.<br />
Poi hanno deciso che era più<br />
bello divertirsi che prendersi<br />
troppo sul serio, e allora via libera<br />
a pezzi come Mrs Jackson,<br />
con animali che ballano e cantano<br />
a sync tra situazioni comiche<br />
o temporali portasfiga, oppure<br />
la parodia dell’officina tipo per<br />
AUF DER MAUR - AUF DER MAUR<br />
zo a salvarsi è Millionaire feat.<br />
Dre 3000. Per il resto sembra di<br />
ascoltare una traccia unica da<br />
30 minuti. Forse per il miracolo<br />
bisogna attendere ancora un po’<br />
o, al limite, pregare per un greatest<br />
hits.<br />
ALESSANDRO CATTE<strong>LA</strong>N<br />
Non è difficile perdersi nel nuovo<br />
progetto dei Lambchop, due<br />
album venduti separatamente<br />
perché differenti per tematiche,<br />
ma legati intimamente dal botta<br />
e risposta dei titoli: ci sono orchestre<br />
meravigliose, la voce di<br />
Kurt Wagner a ipnotizzare, e un<br />
senso di abbandono che lega il<br />
loro country trip hop di<br />
Nashville alle spiritual ballads<br />
del migliore Van Morrison.<br />
Quindi dateci dentro e lasciatevi<br />
trasportare in un mondo rallentato<br />
e magico da esplorare in<br />
verticale.<br />
LUCA BERNINI<br />
AUF DER MAUR<br />
Auf Der Maur<br />
Capitol/Labels<br />
Rock nel sangue e the perfect<br />
look sexy-agguerrito: Melissa Auf<br />
Der Maur si presenta così, con il<br />
suo primo album in proprio post-<br />
Hole & post-Pumpkins: al suo<br />
fianco amici musicisti come<br />
Queens of the Stone Age, Kyuss,<br />
James Iha, e Josh Homme e Steve<br />
Durand alla scrittura, con lei, naturalmente.<br />
Il risultato è un disco<br />
rock, affilato e massiccio, costruito<br />
su misura intorno a lei,<br />
Melissa, che dimostra di avere<br />
idee chiare in mente e la forza di<br />
farle funzionare.<br />
LUCA BERNINI<br />
OUTKAST, IRONIA IN VIDEOCLIP<br />
OUTKAST<br />
The videos – Dvd<br />
Arista / Bmg Ricordi<br />
MAURIZIO MARSICO<br />
The composer’s cut<br />
Auditorium Edizioni<br />
KELIS<br />
Tasty<br />
Arista Records - Virgin<br />
<strong>LA</strong>MBCHOP<br />
Aw cmon/No you cmon<br />
Labels<br />
Partiti dall’hip-hop incazzoso, sono approdati al sarcasmo e alla parodia. Ecco i clip in dvd<br />
ogni maschietto che si rispetti,<br />
fatta di girls che ballano e riparano<br />
auto d’epoca… Tutto con<br />
grande gusto e divertimento.<br />
Tra i video anche The way you<br />
move, nuovo singolo della band,<br />
arrivato prima nei negozi grazie<br />
a questo dvd.<br />
EDDI BERNI<br />
ROMA<br />
CONCERTI<br />
a cura di Baby Chase<br />
TORINO<br />
Samuele Bersani<br />
4 marzo<br />
Teatro Colosseo<br />
Info: 011-6698034<br />
Danilo Rea, Enrico Rava,<br />
Gato Barbieri<br />
27 marzo<br />
Teatro Piccolo Regio<br />
Puccini<br />
Info: 011-88151<br />
MI<strong>LA</strong>NO<br />
Belle e Sebastian<br />
17 marzo<br />
Alcatraz<br />
Info: 02-69016352<br />
David Byrne<br />
22 marzo<br />
Teatro Manzoni<br />
Info: 02-7636901<br />
Morgan<br />
31 marzo<br />
Alcatraz<br />
Info: 02-69016352<br />
BOLOGNA<br />
Verdena<br />
19 marzo<br />
Estragon<br />
Info: 051-365825<br />
Modena City Ramblers<br />
27-28 marzo<br />
Estragon<br />
Info: 051-365825<br />
Almamegretta<br />
12 marzo<br />
C.S. Villaggio Globale<br />
Info: 06-57300329<br />
UB 40<br />
27 marzo<br />
Palacisalfa<br />
Info: 06-57288024<br />
NAPOLI<br />
Nek<br />
22 marzo<br />
Teatro Bellini<br />
Info: 02-530061<br />
URBAN 37
42 URBAN<br />
FOOTBALL<br />
Ditelo (a tutti)<br />
con uno striscione<br />
Per qualcuno “in fondo il calcio<br />
è solo un gioco”, soprattutto<br />
se domenica le cose non sono<br />
andate proprio benissimo.<br />
Per altri, il calcio è invece una<br />
“passione molto forte”.<br />
Eufemismo molto in voga che<br />
in genere cela vere e proprie<br />
malattie. Cristiano Militello nel<br />
suo Giulietta è ’na zoccola – Gli<br />
striscioni più esilaranti degli<br />
stadi italiani (Kowalski editore,<br />
10 euro) racconta questi “posseduti<br />
dall’adrenalina da balaustra”<br />
e lo fa, in tempi di pay-tv,<br />
procuratori, posticipi, anticipi e<br />
posticipi degli antipici, concentrandosi<br />
sul “media”, sul mezzo<br />
di comunicazione da stadio per<br />
eccellenza: lo striscione.<br />
Una selezione di 500 striscioni<br />
(esclusi, giustamente, quelli<br />
più deliranti) comparsi negli<br />
stadi italiani negli ultimi 20 anni:<br />
scritte quasi mai politically<br />
correct, spesso creative, ironiche,<br />
poeticamente sboccate. Un<br />
viaggio divertente e appassionato<br />
negli stadi d’Italia dove,<br />
come noto a chi li frequenta,<br />
pietà l’è morta. Ci sono i romanisti<br />
che lanciano imprecazioni<br />
contro i laziali (“Ve se possa<br />
seccà lu raccoltu”) o giocano<br />
delicatamente sulle parole<br />
(“Annatevelo Appiah”), torinisti<br />
che ironizzano sui cugini bianconeri<br />
(“Siete più brutti della<br />
multipla”) e ultrà che ironizzano<br />
su se stessi (“Je suis terrun”,<br />
quelli della Fidelis Andria, “C’è<br />
rimasta solo la gnocca”, la curva<br />
dell’Inter). Capitolo a parte,<br />
e tutto da gustare, per il povero<br />
“C’è chi pippa e Cecchi Gori”,<br />
già presidente Viola. L’oscar<br />
della genialità va però a una<br />
scritta comparsa non allo stadio,<br />
ma davanti al cimitero di<br />
Napoli, dopo il primo scudetto<br />
di Maradona & C.: “Nun sapete<br />
che vi siete persi”. Anche se<br />
Militello dimentica di citare<br />
l’aggiunta successiva, a mo’<br />
di chiosa teologica: “E chi ve<br />
l’ha ditt?".<br />
ANDREA DAMBROSIO<br />
MEDIA<br />
NAPOLI A STRISCE,<br />
DISEGNI DA LEGGERE Napoli Comicon:<br />
fumetto e animazione<br />
immagine:<br />
con la Francia nel<br />
cuore. Gemellato<br />
con Angoulême<br />
Un appuntamento da non disertare<br />
la sesta edizione di Napoli<br />
Comicon, salone internazionale<br />
del fumetto e dell’animazione<br />
dedicato quest’anno a Francia e<br />
Belgio, patrie storiche del fumetto,<br />
la “Bande Dessinée”. Un<br />
evento non da poco considerata<br />
la partnership con il Festival<br />
International de la BD di<br />
Angoulême, la più importante<br />
rassegna europea (e mondiale)<br />
sul fumetto.<br />
Molto e variegato il da farsi tra il<br />
5 e il 7 marzo a Castel Sant’<br />
Elmo, a cominciare dalla celebrazione<br />
dei 30 anni della casa editrice<br />
Les Humanoïdes Associés, il<br />
gruppo più innovativo nella storia<br />
del fumetto francese, che ha<br />
pubblicato autori come Moebius,<br />
Druillet e Dionnet, Bilal,<br />
Jodorowski, Caza, Corben,<br />
Margerin e molti altri.<br />
Segue l’excursus della storia del<br />
fumetto franco-belga con tavole<br />
originali, dall’inizio del ’900 a<br />
oggi, di Hergè, Reiser, Jijè, Morris<br />
e con famosi personaggi:<br />
Becassine, Lucky Luke, Spirou e<br />
Tintin. Se non bastasse ecco una<br />
mostra su Diabolik, le personali<br />
di Joann Sfar, David B., grande<br />
BOLOGNA, <strong>LA</strong> MEGLIO TV<br />
Videoarte, videoteatro, videodanza: risposta a chi dice che la tv non può essere intelligente<br />
Cercate il formato giusto? Il linguaggio<br />
per dirlo? Provate a<br />
farvi un giro al Ttv Festival,<br />
Performing Art On Screen, che si<br />
tiene a Bologna dal 3 al 13<br />
marzo. L’evento è dedicato a film,<br />
video, programmi televisivi, nonché<br />
media e formati per arti visuali<br />
e sceniche, cioè teatro, danza<br />
e opera contemporanea.<br />
Quattro le sezioni tra cui spaziare:<br />
opera video (un excursus tra<br />
le opere musicali composte per la<br />
tv), videodanza (con il meglio della<br />
produzione delle reti televisive<br />
maestro del fumetto contemporaneo<br />
(che espone anche a Bologna<br />
dal 2 al 25 marzo all’associazione<br />
Hamelin, info allo 051-233401),<br />
Jacques de Loustal e una collettiva<br />
sulla Nouvelle BD Flamande,<br />
scuola di fumettisti belgi fiamminghi.<br />
Poi, per la già sperimentata<br />
internazionali), videoteatro (anteprime<br />
tra Ingmar Bergman e Jon<br />
Fosse) e giovani artisti. Novità di<br />
questa edizione una grande videoteca<br />
con più di 3500 titoli a<br />
disposizione dei visitatori.<br />
Il tutto si snoda tra il Cassero<br />
(via Don Minzoni) e il Cinema<br />
Lumière (Manifattura delle Arti,<br />
via Azzo Gardino). Tutto il programma<br />
e le informazioni su<br />
www.riccioneteatro.it.<br />
Ttv Festival<br />
Bologna, sedi varie<br />
3-13 marzo<br />
rassegna Futuro Anteriore, c’è<br />
una mostra organizzata con il<br />
Centro Fumetto Andrea Pazienza,<br />
con10 autrici e un autore. Ospiti,<br />
anteprime, incontri, seminari, laboratori,<br />
premi e una chicca: il<br />
primo albo a fumetti francese, Mr.<br />
Lajaunisse, datato 1839. A chiu-<br />
dere limoncello e babà per tutti<br />
(non a fumetti...). Info allo 081-<br />
4238127<br />
SARA TEDESCHI<br />
Napoli Comicon<br />
Castel S. Elmo<br />
5-7 marzo<br />
David B.<br />
immagine tratta dal film The Cunning Little Vixen<br />
HITCHCOCK, MITO TV Torino,<br />
Chi non ricorda<br />
i telefilm e le serie<br />
noir del grande Hitch?<br />
Un saggio a metà tra<br />
l’omaggio e la filosofia<br />
Tanto per cominciare dai numeri,<br />
è una cosa che fa impressione.<br />
Alfred Hitchcock diresse con la<br />
sua mano – inconfondibile – 17<br />
telefilm per la tivù. Ne produsse<br />
altri 268 lunghi mezz’ora (Alfred<br />
Hitchcock Presents) e poi altri 93<br />
lunghi un’ora (Alfred Hitchcock<br />
Hour). Il tutto a cavallo tra gli anni<br />
’50 e ’60, saltando qui e là tra<br />
le prestigiosissime prime serate<br />
tv di Cbs e Nbc.<br />
Per farla breve: tutti quelli che<br />
hanno gli occhi e qualche annetto<br />
più dei venti si sono beccati,<br />
almeno una volta, il profilo del<br />
grande Alfred, le sue battute di<br />
humour nero e soprattutto la<br />
sua splendida mano di autore. I<br />
più attenti (ci sono anche i maniaci<br />
che in ogni episodio riconoscono<br />
il piccolo cammeo del<br />
Maestro) conoscono registi e<br />
sceneggiatori, ma tutti sanno<br />
che il marchio era sempre il suo.<br />
Puro Hitchcock per il piccolo<br />
schermo.<br />
Piccolo “caso”: un autore così<br />
studiato, indagato e osannato<br />
non ha mai avuto il bene di un’analisi<br />
approfondita sulla sua<br />
opera televisiva. A riparare a<br />
questa lacuna, ecco un testo che<br />
potrebbe essere fondamentale<br />
per gli Hitchcock-maniaci:<br />
L’ombra e il profilo, la tv di Alfred<br />
Hitchcock, scritto da Emanuele<br />
Bigi, giovane ed espertissimo<br />
appassionato (Edizioni Lindau,<br />
142 pagine, 14 euro e mezzo<br />
spesi molto bene). Analisi filmica,<br />
naturalmente, ma soprattutto<br />
analisi di un tempo televisivo<br />
che sembra lontanissimo, quan-<br />
do lo schermo di casa chiamava<br />
principi del cinema da mandare<br />
in onda. Non c’è solo questo, ma<br />
anche la grande intuizione di<br />
Hitchcock, che capì al volo le<br />
potenzialità di un mezzo “nuovo”<br />
e contribuì con il suo lavoro,<br />
le sue idee, il suo delizioso spirito<br />
noir alle fortune dell’età d’oro<br />
della tivù. Più che ottimo (lo è),<br />
ecco un libro necessario, per dare<br />
ad Alfred ciò che gli spetta.<br />
A.R<br />
CARTOONS<br />
si rianima<br />
l’animazione<br />
Due giorni con Calimero, il<br />
draghetto Grisù, Gelsomina e<br />
Omettino. Una non-stop di<br />
proiezioni, seminari, conferenze,<br />
incontri con gli autori,<br />
gli artisti e gli esperti di animazione.<br />
Il 20 e 21 marzo alla<br />
GAM, Galleria Civica d’Arte<br />
Moderna e Contemporanea<br />
di Torino (via Magenta 31)<br />
c’è IncontriArteAnimazione.<br />
Un’occasione di aggiornamento,<br />
confronto e scambio<br />
sull’animazione come linguaggio<br />
di espressione artistica,<br />
sperimentazione e comunicazione.<br />
In programma il<br />
ricordo di Walter Cavazzuti,<br />
grande autore dell’animazione<br />
italiana, le origini del mito<br />
(naturalmente con Walt<br />
Disney), l’animazione tedesca,<br />
i cortometraggi prodotti<br />
dalle scuole e le giovani promesse<br />
italiane.<br />
Info: www.gamtorino.it<br />
URBAN 43
immagine: Photonica (tratta dalla copertina del libro)<br />
LIBRI<br />
SESSO E SCRITTURA<br />
BEATA NEGRITUDINE<br />
Irriverente, divertente, colto, ricco di citazioni. Letteratura e jazz, il Canada colpisce ancora<br />
<strong>COME</strong> FAR L’AMORE<br />
CON UN NEGRO<br />
SENZA FAR FATICA<br />
Dany Laferrière<br />
La Tartaruga, 144 pp.<br />
12,40 euro<br />
Ancora buone notizie dal<br />
Canada, anche se l’autore in<br />
questione è originario di Haiti<br />
ed è fuggito da Port-au-Prince<br />
IL NUVOLO INNAMORATO<br />
Nazim Hikmet<br />
Mondadori, 158 pp., 7 euro<br />
“La letteratura, in ciascuno<br />
dei suoi generi, comincia con la<br />
fiaba e con la fiaba finisce”.<br />
Così scrive il grande poeta turco<br />
Nazim Hikmet nella prima<br />
edizione delle fiabe da lui scelte<br />
e riscritte nella seconda metà<br />
degli anni Cinquanta, che<br />
all’età di ventitré anni. Come<br />
far l’amore con un negro senza<br />
far fatica (titolo chilometrico<br />
che richiama alla mente Il poeta<br />
russo preferisce i grandi negri,<br />
libro culto dello scrittore russo<br />
transfuga negli Stati Uniti<br />
Edward Limonov, che qui viene<br />
infatti citato), è stato pubblicato<br />
nel 1985 in francese (Dany<br />
Laferrière vive a Québec).<br />
escono adesso in Italia per la<br />
prima volta col titolo Il nuvolo<br />
innamorato. Grazie al lavoro e<br />
alla bella postfazione del traduttore<br />
Giampiero Bellingeri<br />
veniamo a conoscere così quest’aspetto<br />
da noi inedito della<br />
produzione di un grandissimo,<br />
molto amato dal pubblico ma<br />
pressoché ignorato dall’establishment.<br />
È con grande piacere allora che<br />
Sebbene Laferrière voglia<br />
opporre al russo un suo eventuale<br />
Il poeta negro sogna d’inculare<br />
un buon vecchio stalinista<br />
sulla prospettiva Nevsky,<br />
oltre alla condizione di scrittore<br />
“esiliato”, squattrinato e romantico,<br />
con Limonov,<br />
Laferrière condivide la stessa<br />
miscela di sesso e letteratura:<br />
fra una scopata e l’altra, citazioni<br />
colte e tanti libri. Oltre a<br />
una strepitosa Miz Letteratura<br />
– universitaria che frequenta la<br />
casa del protagonista. C’è infatti<br />
un notevole viavai di bianche<br />
nell’appartamento lurido<br />
di Montreal dove regnano i due<br />
giovani arrivati da Haiti e tutte<br />
vengono chiamate “Miz”:<br />
Miz Erba Medica, Miz Mistic,<br />
Miz Snob, Miz Punk, Miz<br />
Sophisticated Lady…<br />
C’è anche molto Henry Miller<br />
e molto jazz, Parker, Coltrane,<br />
Miles Davis (“Charlie Parker<br />
buca la notte. Una notte umida<br />
e pesante da Tristi tropici”)<br />
poiché Bouba, il più serafico e<br />
filosofico dei due coinquilini, è<br />
un vero fanatico del genere.<br />
Bouba è esperto di Corano e<br />
le Miz più scoppiate fanno la<br />
fila fuori dalla porta per essere<br />
illuminate dal grande saggio<br />
che vegeta sul divano e guarda<br />
solo le donne più brutte. Il<br />
protagonista, invece, da bravo<br />
pragmatico, si dà molto da fare:<br />
lavora duro con le donne<br />
(titoli illuminanti di capitoli?<br />
“Ed ecco che Miz Letteratura<br />
mi fa uno di quei pompini”,<br />
“Come un fiore sul mio cazzo<br />
Quando il più grande poeta turco decise di riscrivere le favole. Uno straordinario piccolo libro<br />
si accoglie questo librino.<br />
Sedici fiabe che nascono dai<br />
racconti della nonna (Hikmet,<br />
perseguitato nel suo paese per<br />
l’impegno civile a favore dei<br />
più poveri, proviene in realtà<br />
da una famiglia aristocratica,<br />
coltissima e cosmopolita) e<br />
dalla tradizione turca raccolta<br />
dal folklorista Boratav, ma anche<br />
ispirata dalla vivace passione<br />
di tanti studiosi e scritto-<br />
negro”, “Il pene negro e la demoralizzazione<br />
dell’Occidente”) e riflette sui<br />
rapporti neri-bianche (degli<br />
anni ’80 dice: “Sono tempi decisamente<br />
difficili per un dongiovanni<br />
negro coscienzioso e<br />
professionale”), vuol diventare<br />
scrittore e per questo ha comprato<br />
una Remington 22 appartenuta<br />
a Chester Himes in<br />
un negozio da robivecchi che<br />
vende sogni a giovani scrittori<br />
(la macchina per scrivere appartenuta<br />
ad Hemingway, quella<br />
di Baldwin, quella di<br />
Tennessee Williams…).<br />
Il jazz è ovviamente anche nello<br />
stile di Laferrière, fraseggi e improvvisazioni<br />
fra capitoli più<br />
densi ove l’autore indugia appunto<br />
sulla Negritudine e pagine<br />
più ariose di dialoghi serrati fra i<br />
due sessi a confronto, accanto<br />
alle accelerazioni che raccontano<br />
le prodezze a letto e capitoletti<br />
più poetici (“Una cronaca della<br />
mia stanza al 3670, rue Saint-<br />
Denis”). Da quella stanza very<br />
bohémien si esce poco (è lì che<br />
si scrive e si ricevono le fidanzate,<br />
sotto i colpi d’un inquilino del<br />
piano di sopra altrettanto esuberante)<br />
se non per qualche sortita<br />
in locali underground a dragare<br />
nuove ragazze, più o meno folli,<br />
più o meno misteriose e incoscienti,<br />
ma che non sfigurano<br />
mai in questo coraggioso e divertente<br />
testo negro-jazz che<br />
tanto deve alla letteratura bianca,<br />
soprattutto europea…<br />
HIKMET, LE BELLE FIABE DEL POETA<br />
SILVIA BALLESTRA<br />
ri russi che più di altri si sono<br />
occupati di fiabe (basti ricordare<br />
Propp). È infatti nel periodo<br />
moscovita – lì frequentò<br />
l’Università e lì riparò dopo più<br />
di dieci anni di carcere per dissidenza<br />
– che Hikmet mette<br />
mano a questo lavoro. E risuonano<br />
ancora la Nuvola in calzoni<br />
e il Flauto di vertebre del<br />
suo giovanile modello, Vladimir<br />
Majakovskij.<br />
ROMANZO<br />
Diventare una star<br />
ai tempi terribili<br />
dell’integralismo.<br />
Una storia algerina<br />
<strong>LA</strong> STEL<strong>LA</strong> D’ALGERI<br />
Aziz Chouaki<br />
Edizioni e/o, 200 pp.<br />
14,50 euro<br />
Moussa, giovane algerino<br />
(ma poi si scopre che ha già<br />
trentacinque anni suonati),<br />
cantante ai matrimoni, vuole<br />
diventare una popstar come<br />
Michael Jackson (prima dello<br />
sfacelo). Vivido affresco<br />
dell’Algeria degli anni ’90,<br />
col FIS in ascesa e la fuga in<br />
massa verso Parigi alla ricerca<br />
di una vita normale che<br />
non sia quattordici-in-unastanza,<br />
penurie varie, difficoltà<br />
a metter su una vita<br />
indipendente, scontrandosi<br />
con le tradizioni e le famiglie.<br />
La stella d’Algeri, dello<br />
scrittore, drammaturgo e<br />
musicista jazz Aziz Chouaki,<br />
ha anche il merito di farci<br />
conoscere la frizzante e<br />
stilosa vita notturna di<br />
Algeri prima che l’integralismo<br />
spazzi tutto via ammazzando<br />
scrittori, maestre<br />
e musicisti.<br />
E il sogno di Moussa: a un<br />
passo dal successo definitivo,<br />
con l’agognata cassetta<br />
registrata in pugno e le serate<br />
pienissime al Triangle,<br />
il locale più trendy della<br />
città, sparirà tutto. Anche<br />
la storia d’amore con Fatiha,<br />
anche l’amicizia col sodale<br />
Rachid. Allora bisognerà<br />
cancellare i ricordi col fumo,<br />
l’alcol e le pasticche. Fino<br />
all’ennesima delusione,<br />
il passaporto negato.<br />
Violenza, musica, notti scintillanti,<br />
miseria di periferia,<br />
uno stile che mescola raffinatezze<br />
arabe a slang modernissimo.<br />
Come la musica<br />
algerina più bella, suonata<br />
nella terra maledetta dove<br />
si ammazzano i musicisti.<br />
A.R.<br />
URBAN 45
46 URBAN<br />
THRILLER<br />
Provate a sposarvi<br />
sotto falso nome<br />
Si intitola Sotto falso nome ed<br />
è un altro film che tende a<br />
svelare altarini nascosti. Jerzy<br />
Novak è uno scrittore di successo.<br />
In realtà è lo pseudonimo<br />
usato da Daniel Brodsky,<br />
che può così vivere indisturbato,<br />
lontano dalla curiosità dei<br />
media. Sta in Svizzera, dove<br />
vive con una italiana e proprio<br />
in Italia deve andare per assistere<br />
al matrimonio del figlio<br />
adulto della sua compagna. E<br />
lì succede l’imprevisto: un incontro<br />
occasionale, una notte<br />
di passione, poi la cerimonia.<br />
Per scoprire che la sposa è<br />
proprio la donna con cui ha<br />
trascorso la notte. È l’inizio di<br />
un percorso sempre più accidentato<br />
in cui si consumano<br />
passioni e affiorano ricatti legati<br />
a vicende molto più inquietanti<br />
che non un rapporto<br />
extraconiugale. Roberto Andò<br />
firma la regia del thriller affidandosi<br />
al talento di Daniel<br />
Auteuil, fiancheggiato dalla<br />
consacrata Greta Scacchi e<br />
dall’emergente Anna<br />
Mouglalis.<br />
GARZANTINA<br />
- Quanti mariti hai avuto?<br />
- Miei o di altre? (Tim Curry e<br />
Lesley Ann Warren, Signori il<br />
delitto è servito)<br />
- È la storia della mia vita: c’è<br />
sempre qualcuno che ama la<br />
mia ragazza e lei che ama lui.<br />
(Groucho Marx, Una ragazza in<br />
ogni porto)<br />
- Gente, bisogna fare ai ragazzi<br />
un processo giusto e leale prima<br />
di impiccarli. (Spencer<br />
Charters, Alba di gloria)<br />
- Ragazzo, la tua infelicità sarà<br />
la mia missione nella vita.<br />
(Harvey Keitel a Brad Pitt,<br />
Thelma & Louise)<br />
- Io ho fatto una rapina, tu fai<br />
l’imprenditore: i soldi li rubiamo<br />
tutt’e due uguale. Solamente<br />
che io rischio di più. (Silvio<br />
Orlando, Figli di Annibale)<br />
- Con il mio ex marito c’eravamo<br />
innamorati a prima vista.<br />
Forse gli dovevo dare una seconda<br />
occhiata. (Mia Farrow,<br />
Crimini e misfatti)<br />
- Le cazzate sono la cosa più<br />
bella della vita. (Gérard<br />
Depardieu, Troppo bella per te)<br />
FILM<br />
UNA VITA IN PISTA,<br />
BAL<strong>LA</strong> CON ALTMAN<br />
Un nuovo film corale del grande regista americano. Storia di una ballerina e dei suoi dubbi tra<br />
prove sfiancanti e vite complicate. Un film appassionante anche per chi non frequenta la danza<br />
THE COMPANY<br />
Robert Altman<br />
Robert Altman ha confezionato<br />
indimenticabili film corali.<br />
Dall’ormai lontano, quanto mitico,<br />
Nashville, in cui affrontava<br />
il mondo della musica country,<br />
ad America oggi, al più recente<br />
Gosford Park. Qui è tornato a<br />
girare negli States, a Chicago,<br />
con l’intento preciso di mostrare<br />
il mondo dei danzatori e di<br />
fare appassionare il pubblico<br />
alla dimensione quotidiana, alla<br />
fatica e al sacrificio che sono<br />
dietro la magia. “I ballerini fanno<br />
l’impossibile – dichiara il regista<br />
– e tutti vorremmo essere<br />
come loro. Sono così belli, così<br />
vulnerabili, così espressivi.<br />
Sono l’essenza di quel che di<br />
solito intendiamo come etereo.”<br />
La loro è una battaglia<br />
contro due elementi naturali:<br />
l’invecchiamento e la forza di<br />
gravità. Quel che è curioso di<br />
questo progetto è l’origine: la<br />
storia infatti è stata scritta da<br />
Neve Campbell, eroina, tra gli<br />
altri film, della serie Scream.<br />
Neve ha un passato di ballerina.<br />
Per anni in Canada ha praticato<br />
la danza, prima di essere<br />
scoperta dal cinema e cambiare<br />
indirizzo artistico. E da tempo<br />
voleva raccontare il vero<br />
volto di questo mondo, la fatica,<br />
il sudore, le delusioni e ha<br />
cominciato quindi a scrivere un<br />
soggetto sull’argomento insieme<br />
a Barbara Turner, che ha<br />
poi sceneggiato il film.<br />
Mentre Barbara ha trascorso<br />
un paio d’anni a studiare e osservare<br />
il mondo dei danzatori,<br />
cercando di cogliere i minimi<br />
dettagli, Neve si preparava alla<br />
parte, nel tentativo di rendere<br />
plausibile la sua interpretazione.<br />
È infatti l’unica ballerina<br />
del film che non faccia parte<br />
veramente di The Joffrey<br />
Ballett, la compagnia di danza<br />
di Chicago che massicciamente<br />
e magnificamente fa bella mostra<br />
di sé nel film. E alla fine ha<br />
vinto la scommessa perché non<br />
è stata mai usata alcuna controfigura;<br />
tutti i numeri di danza<br />
sono suoi.<br />
La storia è quella di una giovane<br />
ballerina che potrebbe<br />
essere sul punto di diventare<br />
una grande star ma è tormentata<br />
da un’infinità di dubbi e di<br />
insicurezze. E naturalmente la<br />
giovane è lei: Neve Campbell.<br />
Affiancata da Malcolm<br />
McDowell nei panni del direttore<br />
della compagnia e da James<br />
Franco, unico a non essere<br />
chiamato a ballare perché interpreta<br />
il ragazzo della protagonista.<br />
Inevitabile che accanto<br />
alla massima attenzione sul<br />
versante danzerino ci sia altrettanta<br />
precisione nella scelta<br />
musicale. E la colonna sonora<br />
del film è già infatti un piccolo<br />
classico (e una volta tanto il<br />
termine non è casuale). Si diceva<br />
della magia della danza,<br />
cioè il tentativo di rendere armoniosa<br />
e artistica una pulsio-<br />
ne umana quasi istintiva. Non è<br />
certo la prima volta che il balletto<br />
e il suo mondo irrompono<br />
sul grande schermo, addirittura<br />
molti ballerini sono anche diventati<br />
ottimi interpreti cinematografici,<br />
ma è forse la prima<br />
volta in cui si cerca di fare<br />
scattare un meccanismo di<br />
identificazione con i protagonisti<br />
della vicenda. Attanagliati<br />
dai problemi quotidiani, imbrigliati<br />
dalle difficoltà, circondati<br />
di dubbi, eppure caparbi e testardi<br />
nel provare e riprovare e<br />
riprovare sino a superare tutto<br />
questo per arrivare a quella dimensione<br />
eterea, come suggerisce<br />
Altman.<br />
E il risultato è quello di un<br />
film capace di appassionare<br />
tutti, compresi quanti solitamente,<br />
di fronte a un balletto,<br />
si fanno prendere dallo sconforto<br />
dando via libera alla noia<br />
e allo sbadiglio.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
<strong>LA</strong> RAGAZZA CON L’ORECCHINO DI PER<strong>LA</strong><br />
<strong>LA</strong> RAGAZZA CON<br />
L’ORECCHINO DI PER<strong>LA</strong><br />
Peter Webber<br />
Tracy Chevalier ha incantato il<br />
mondo con l’omonimo romanzo,<br />
ora Peter Webber ci prova con il<br />
cinema. Con un vantaggio, la storia,<br />
fantasiosa, sulla giovane servetta<br />
di casa Vermeer e il suo<br />
rapporto con il grande pittore<br />
può avvalersi della capacità evocativa<br />
delle immagini. Forse non<br />
tutto scorre perfettamente nel<br />
racconto, ma i seguaci di<br />
Vermeer non potranno che<br />
apprezzare il lavoro di scavo<br />
creativo che sottende la sua<br />
opera e soprattutto la capacità di<br />
elaborare la luce reale per ridare<br />
quelle emozioni fissate magistralmente<br />
sulla tela. Nei panni della<br />
servetta modesta ma dal naturale<br />
talento per l’armonia troviamo<br />
Scarlett Johansson, dopo i fasti<br />
giapponesi di Lost in translation,<br />
mentre Colin Firth è chiamato a<br />
dare un volto al grande pittore<br />
del ’600 olandese che ha saputo<br />
scatenare la fantasia e la meraviglia<br />
dei posteri.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
TERRA DI CONFINE<br />
Kevin Kostner<br />
Per qualche tempo è stato il<br />
cocco del cinema americano.<br />
Dirigendo Balla coi lupi era addirittura<br />
assurto a genio. Poi il<br />
Un’altra storia di<br />
straordinaria quotidianità<br />
firmata<br />
Silvio Soldini. Molto<br />
brava la Maglietta<br />
AGATA E <strong>LA</strong> TEMPESTA<br />
Silvio Soldini<br />
Qualche anno fa Silvio Soldini<br />
aveva stupito tutti positivamente<br />
con Pane e tulipani. Ora, dopo<br />
essersi un po’ bruciato nel vento,<br />
torna a un racconto che in qualche<br />
modo sembra essere in sintonia<br />
con la vicenda di Rosalba,<br />
casalinga, moglie e madre insoddisfatta,<br />
dimenticata in autostra-<br />
CODE 46<br />
declino rapido e quasi inarrestabile.<br />
Un flop dopo l’altro e un<br />
sacco di guai. Ora Kevin prova di<br />
nuovo a battere le praterie del<br />
selvaggio West per ritrovare ispirazione<br />
e successo. Vaccari dalla<br />
vita libera, sceriffi corrotti, boss<br />
del paese, folgorazioni d’amore<br />
non sembrano però tratti vincenti<br />
per rinnovare un genere, neppure<br />
per rientrare nelle grazie<br />
del pubblico. Tutto scorre senza<br />
entusiasmo nel letto di un fiume<br />
di situazioni già scritte e già<br />
viste. Neppure negli Usa il film si<br />
è rivelato un successo clamoroso.<br />
Ma Kevin continua a ribadire<br />
che questo è lo spirito del suo<br />
modo di intendere la settima<br />
arte e, in qualche modo, la sua<br />
vita di attore e di regista.<br />
Contento lui...<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
AL<strong>LA</strong> FINE ARRIVA POLLY<br />
John Hamburg<br />
Reuben è la persona giusta al<br />
posto giusto. Lavora presso<br />
un’assicurazione occupandosi di<br />
prevedere ogni rischio. Del resto<br />
fa parte della sua natura, avere<br />
tutto sotto controllo, evitare<br />
rischi, germi e quant’altro. Ma<br />
succede che si sposi per ritrovare<br />
la mogliettina tra le pinne di<br />
un sub in viaggio di nozze. Tutto<br />
va a rotoli. Poi arriva Polly, tanto<br />
lui è nevrotico quanto lei è disinvolta,<br />
non si cura più di tanto<br />
da e capace di costruirsi una<br />
nuova vita. La protagonista è ancora<br />
lei, Licia Maglietta, questa<br />
volta però nei panni di Agata. Al<br />
calduccio della libreria che diri-<br />
delle conseguenze, vive serenamente<br />
la vita con gli alti e bassi<br />
sempre in agguato. Uscire con lei<br />
è una lotteria, ma Reuben ne<br />
subisce il fascino irresistibilmente.<br />
Una commedia spassosa, confezionata<br />
su misura per Ben<br />
Stiller, che trascorre il tempo a<br />
lavarsi le mani in preda ai tic, e<br />
per Jennifer Aniston, impegnata<br />
a far dimenticare di essere la<br />
signora Brad Pitt con il suo personale<br />
talento brillante.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
Halle Berry è una dottoressa che<br />
lavora in un ospedale psichiatrico.<br />
Un giorno si sveglia scoprendo<br />
di avere cambiato ruolo: è<br />
una paziente dell’inquietante villa<br />
e viene accusata di avere liquidato<br />
il marito, anche se lei non<br />
ricorda assolutamente nulla. La<br />
variante sta nell’ultraterreno, nel<br />
fantasmatico. Un’altra prova d’attrice<br />
chiamata a diventare più<br />
brutta di quel che è in realtà per<br />
dare spessore al personaggio<br />
che interpreta. Alla regia una<br />
vecchia conoscenza europea,<br />
Mathieu Kassovitz, partito dalla<br />
natia Francia per approdare a<br />
Hollywood. Ma i risultati sono<br />
contrastanti, nonostante diversi<br />
motivi di interesse. La dimensione<br />
europea gli si addice di più.<br />
Accanto alla Berry, Robert<br />
AGATA RIVUOLE <strong>LA</strong> SUA VITA<br />
GOTHIKA<br />
GOTHIKA<br />
Mathieu Kassovitz<br />
ge, la vita scorre tranquilla senza<br />
sussulti. Poi iniziano a verificarsi<br />
eventi imprevisti. Spunta un<br />
amore improbabile. Il fratello<br />
sembra non essere tale. E come<br />
THE BUTTERFLY EFFECT<br />
Downey junior, genio e sregolatezza<br />
californiane.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
THE BUTTERFLY EFFECT<br />
Eric Bress e J. Mackye Gruber<br />
Evan ha perso la memoria della<br />
sua infanzia. Il medico che lo ha<br />
in cura lo ha spinto a tenere un<br />
diario. Leggendolo, Elan scopre<br />
qualcosa di sconvolgente: non<br />
solo rilegge episodi passati, ma<br />
li rivive e può modificare così<br />
il corso degli avvenimenti. Ogni<br />
volta però cambiano anche<br />
i destini delle persone coinvolte.<br />
La storia del viaggio nel tempo<br />
non è nuova, ma c’è qualcosa<br />
che cattura nel film e che ha<br />
saputo colpire nel segno. Al<br />
punto che negli Usa il film ha<br />
incassato una cifra enorme.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
CODE 46<br />
Michael Winterbottom<br />
Nel futuro prossimo venturo il<br />
poliziotto William indaga su una<br />
truffa a un’assicurazione. William<br />
scopre la colpevole, Maria, ma ne<br />
è intrigato e vive un momento di<br />
passione infrangendo diverse<br />
regole. Soprattutto il codice 46.<br />
Nel groviglio futuro si sanno<br />
infatti molte cose, ma altre<br />
memorie sono cancellate... Tim<br />
Robbins e Samantha Morton i<br />
protagonisti.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
se non bastasse succedono cose<br />
davvero stravaganti che sono di<br />
problematica interpretazione,<br />
come quelle lampadine che<br />
esplodono al suo passaggio.<br />
Agata vuole andare a fondo,<br />
vuole capire. Per questo si ritrova<br />
nel paesino di Cicognara, dove<br />
gli avvenimenti prendono una<br />
piega inattesa, quasi surreale.<br />
E la ricerca di soluzioni ai propri<br />
problemi sconfina nella possibilità<br />
di ridefinire la propria vita.<br />
Accanto a Licia Maglietta si esibiscono<br />
Giuseppe Battiston,<br />
Emilio Solfrizzi e Marina<br />
Massironi, esploratori di sentimenti,<br />
guidati da Soldini, in cerca<br />
di itinerari e punti di vista solitamente<br />
poco battuti dal nostro<br />
cinema.<br />
ITALIANS<br />
Castellitto alla sua<br />
seconda regia. Con<br />
il libro della moglie<br />
Sergio Castellitto non ha<br />
dovuto andare molto lontano<br />
da casa per trovare la storia<br />
del suo secondo film come<br />
regista: Non ti muovere.<br />
Praticamente un imperativo<br />
rivolto a lui, visto che il romanzo,<br />
premio Strega, è<br />
opera di Margaret<br />
Mazzantini, sua moglie nella<br />
vita reale. E di una storia famigliare<br />
si tratta. Una ragazzina<br />
ha un grave incidente<br />
col motorino, viene ricoverata<br />
e operata in ospedale. È<br />
in coma. L’ospedale è lo<br />
stesso dove lavora il padre<br />
che nell’assistere la figlia si<br />
lascia andare a una lunga<br />
confessione. Non è solo il<br />
racconto di un tradimento<br />
perpetrato nei confronti della<br />
moglie, ma il tradimento<br />
dei suoi sentimenti e di se<br />
stesso. Ha immolato tutto<br />
sull’altare dell’ipocrisia e<br />
della vita apparentemente<br />
brillante. Ora, sottoposto a<br />
una prova durissima, trova finalmente<br />
il coraggio di guardare<br />
quel che è veramente.<br />
Castellitto interpreta anche il<br />
ruolo di protagonista, accanto<br />
a un’inedita Penelope<br />
Cruz nei panni dell’amante<br />
perduta (che ha confessato<br />
di avere versato calde lacrime<br />
alla lettura del libro) e a<br />
Claudia Gerini in veste di<br />
moglie. Un melodramma a<br />
tinte forti che sin dal romanzo<br />
ha mostrato però un’intensità<br />
narrativa inconsueta<br />
per il cinema italiano.<br />
A.C.<br />
URBAN 47
48 URBAN<br />
REPLICHE<br />
Giro d’Italia<br />
in poltronissima<br />
FABBRICA<br />
Milano, Teatro Verdi<br />
Ascanio Celestini raccoglie la<br />
memoria di chi lavora negli altiforni<br />
e la restituisce in forma<br />
di spettacolo. Una lettera alla<br />
madre, un ipercinetico monologo,<br />
in cui si contemplano le<br />
ceneri del sogno di una società<br />
contadina quando idealizzava<br />
l’industria come unica possibilità<br />
di riscatto sociale.<br />
2-14 marzo<br />
<strong>LA</strong> COSCIENZA<br />
DI ZENO<br />
Bologna, Teatro Duse<br />
Nuovo e corretto allestimento<br />
della rielaborazione per il palcoscenico<br />
firmata negli anni<br />
’60 da Tullio Kezich dal romanzo<br />
di Svevo. Massimo<br />
Dapporto è un partecipe interprete<br />
del protagonista dall’incerta<br />
volontà di abbandonare<br />
il fumo. 12-21 marzo<br />
<strong>LA</strong>SCIAMI ANDARE,<br />
MADRE<br />
Roma, Teatro Eliseo<br />
Sempre sorprendente Lina<br />
Wertmüller! Adatta alla scena<br />
il romanzo di Helga Schneider<br />
trasformandolo in un musik<br />
drama, ma soprattutto chiama<br />
Roberto Herlitzka per il ruolo<br />
della donna che durante la<br />
guerra scelse di abbandonare i<br />
figli per impegnarsi come<br />
guardiana nei campi di concentramento.<br />
Con Milena<br />
Vukotic. Fino al 18 aprile<br />
FAUST TRILOGIA<br />
Napoli, Galleria Toledo<br />
Lenz Rifrazioni, uno dei gruppi<br />
più vitali della sperimentazione,<br />
srotola il frutto di tre anni<br />
del proprio lavoro, la titanica e<br />
temeraria immersione nelle tre<br />
riscritture goethiane del “monumento<br />
della civiltà umana”.<br />
20 - 28 marzo<br />
TEATRO<br />
IN FESTA PER PINTER<br />
Milano premia uno<br />
dei più grandi autori<br />
viventi. Guida al<br />
Pinter day di marzo<br />
24 marzo: Pinter Day. Sul palco<br />
del Teatro Filodrammatici il celebre<br />
drammaturgo inglese riceve<br />
un’onorificenza pubblica. Per lui è<br />
anche l’occasione di assistere alla<br />
prima italiana di Prove d’autore,<br />
testo emblematico che racchiude<br />
per intero la sua carriera (con la<br />
traduzione italiana di Alessandra<br />
Serra è edito da Einaudi). Scritti<br />
che risalgono agli inizi teatrali, interventi<br />
pubblici, anticipazioni del<br />
suo impegno civile e politico –<br />
nel tempo lo avrebbero portato al<br />
fianco di associazioni come Pen e<br />
Amnesty International o alla testa<br />
del 20th June Group con cui<br />
avrebbe organizzato incontri sulla<br />
censura e sulle libertà civili – e<br />
ancora articoli di giornale, sketch<br />
e sperimentazioni di un silenzio<br />
disseminato di parole. Il tutto<br />
confluito in una forma che è un<br />
testo teatrale senza essere teatro.<br />
“Spesso non sapevo neppure io<br />
dove sarebbero andati a parare,<br />
infilavo loro uno di quei guinzagli<br />
lunghi a scatto, che si adoperano<br />
per i cani irrequieti, e li lasciavo<br />
circolare liberamente, ma se mi<br />
sfuggivano di mano riuscivo poi a<br />
I classici del balletto<br />
parodiati en travestì<br />
45-185-73: le misure di un<br />
corpo. Non di una star dello<br />
schermo ma di un corpo di ballo<br />
(classico), star dei massimi<br />
IL MAESTRO E MARGHERITA<br />
Milano, Teatro Carcano<br />
Sfida dura per Andrea Battistini<br />
e i suoi attori trasferire sul palco<br />
la narrazione bulgakoviana: la<br />
vincono stimolando la fantasia<br />
dello spettatore. Con stanze magiche<br />
di velluto rosso, con acrobazie<br />
su un’asta roteante, con il<br />
gatto Beghemot rappresentato<br />
nelle forme di un pianista mascherato<br />
che resta muto e si<br />
esprime suonando.<br />
3 - 7 marzo<br />
riacchiapparli”. La messa in scena<br />
è opera di Claudio Beccari e degli<br />
attori Flavio Bonacci, Adriana De<br />
Guilmi, Claudio Moneta, Gianni<br />
Quillico e Cinzia Spanò e costituisce<br />
il momento di punta di un<br />
progetto che nelle scorse settimane<br />
ha portato già sullo stesso<br />
palcoscenico del Filodrammatici<br />
(tel. 02-8693659) altri testi del<br />
Pinter degli anni ’80 (Il bicchiere<br />
della staffa e Il linguaggio della<br />
montagna) che Claudio Morganti<br />
ha voluto affrontare accanto ad<br />
Atto senza parole n°2 di Samuel<br />
teatri di tutto il globo. 45 è la<br />
taglia media del piede, 185<br />
l’altezza media, ’73 l’anno di<br />
creazione della compagnia a<br />
New York. Ovviamente si parla<br />
di uomini, di ballerini con il tutù<br />
e le scarpette rosa. Le parodie<br />
en travesti dei classici di<br />
TRA C<strong>LA</strong>SSICI, IRANIANI E CONTEMPORANEI<br />
THE MUTE WHO<br />
WAS DREAMED<br />
Bologna San Lazzaro, ITC Teatro<br />
Primo dramma contemporaneo<br />
uscito dall’Iran dopo la rivoluzione<br />
islamica del ’79 e alloro al<br />
Fringe di Edimburgo. Attila<br />
Pessyani, allievo di Brook e<br />
Kantor, dirige uno spettacolo<br />
quasi senza parole ispirato ad<br />
Anna dei miracoli. La lotta contro<br />
il mutismo come metafora della<br />
possibilità di comprensione tra civiltà<br />
differenti. 5 e 6 marzo<br />
Beckett per evidenziare i legami<br />
che intercorrono tra i due massimi<br />
commediografi del dopoguerra,<br />
per mostrare come siano stati<br />
loro a decretare l’avvenuto esaurimento<br />
delle possibilità della parola,<br />
l’inutilità degli eventi affidati<br />
alla memoria, la perdita di un senso<br />
univoco del linguaggio.<br />
Pinter ha dichiarato che intende<br />
approfittare della coincidenza dei<br />
cartelloni milanesi per assistere<br />
al Teatro Grassi (tel. 02-7233<br />
3222) anche all’allestimento di<br />
Balanchine e Petipa realizzate<br />
dai Ballets Trockadero de<br />
Monte Carlo sono entrate nella<br />
storia della danza del ’900, virtuosamente<br />
ineccepibili, autoironiche,<br />
al limite del blasfemo.<br />
Da vedere almeno una volta<br />
nella vita per poter entrare nel<br />
QUANDO SI È QUALCUNO<br />
Roma, Teatro Argentina<br />
Un tardo lavoro autobiografico<br />
di Pirandello non più rappresentato<br />
in Italia dal 1933 affidato a<br />
Massimo Castri, tra i più pirandelliani<br />
dei nostri registi. Un<br />
protagonista (Albertazzi) che<br />
può rispecchiare la sua vita nella<br />
messa in scena. Con accanto<br />
una coppia di interpreti di assoluto<br />
valore: Paola Bacci e<br />
Luciano Virgilio.<br />
10 marzo - 7 aprile<br />
un altro suo testo, tra i suoi più<br />
cari e tra i più emblematici della<br />
sua maturazione, quel Vecchi<br />
tempi che ha interpretato anche<br />
in veste d’attore e che nel 1973<br />
lo coinvolse in un celebre scontro<br />
con Visconti (protagonisti<br />
dell’attuale messa in scena:<br />
Umberto Orsini e Greta Scacchi).<br />
Nel frattempo sullo schermo<br />
del Teatro Gnomo di via<br />
Lanzone (tel. 02-804125), in<br />
una non-stop di 5 giorni, (dal<br />
24 al 28 marzo), passano le immagini<br />
della retrospettiva<br />
Moonlight, completa dei film cui<br />
Pinter ha partecipato in veste di<br />
sceneggiatore, con titoli famosissimi<br />
come Il servo e La donna<br />
del tenente francese. La rassegna<br />
al Gnomo comprende poi<br />
importanti trasposizioni televisive<br />
Bbc e Rai di testi teatrali fondamentali<br />
di Pinter, come per<br />
esempio Ceneri alle ceneri,<br />
interpretata da Jerzy Stuhr<br />
e Adriana Asti e diretta dallo<br />
stesso Pinter.<br />
novero dei fan che possono<br />
permettersi di appellarli col<br />
vezzeggiativo di Trocks.<br />
Les Ballets Trockadero de<br />
Monte Carlo<br />
Torino, Teatro Nuovo<br />
17 marzo<br />
QUALI FANTASMI<br />
Napoli, Teatro Nuovo<br />
SANDRO AVANZO<br />
Prove d’autore<br />
Milano, Teatro Filodrammatici<br />
24 marzo - 8 aprile<br />
Vecchi tempi<br />
Milano, Teatro Grassi<br />
9 marzo - 4 aprile<br />
TUTTE LE MISURE DEL CORPO (DA BALLO)<br />
L’avanguardia scopre Eduardo.<br />
Ecco la prima tappa di un progetto<br />
triennale di Alfonso Santagata<br />
dedicato al più importante autore-attore-regista<br />
della scena italiana<br />
della seconda metà del ’900.<br />
Si parte con una trilogia di atti<br />
unici, farse ed equivoci scelti per<br />
sperimentare una lingua in grado<br />
di comunicare a differenti livelli e<br />
di condizionare i movimenti degli<br />
attori. 16 - 21 marzo
Luca Vitone, Nevertheless in motion (Eppur si muove), 2003<br />
ARTE<br />
I LUOGHI SBANDIERATI<br />
Milano, una ricerca su memoria e spazi sociali con uso di bandiere<br />
Varrebbe la pena di visitare la<br />
mostra di Luca Vitone alla galleria<br />
Emi Fontana solo per il titolo:<br />
Nulla da dire solo da essere.<br />
Genovese di nascita e milanese<br />
d’adozione, Vitone è un “ideali-<br />
Roma, conferenze<br />
tra arte e artisti<br />
Se tra i curatori londinesi va di<br />
moda leggere Georges Bataille, il<br />
trend romano sembra essere<br />
quello di invitare gli artisti a parlare<br />
di sé, per la curiosità di un<br />
pubblico sempre più interessato a<br />
conoscere l’arte contemporanea e<br />
a confrontarsi con i suoi protagonisti.<br />
La serie di conferenze dal titolo<br />
Art Highlights che ha luogo<br />
presso il Macro (tel. 06-67107<br />
900) è giunta alla seconda edizione.<br />
I prossimi appuntamenti<br />
ATELIER VAN LIESHOUT<br />
Milano, 02-29404373<br />
Dietro all’Atelier Van Lieshout si<br />
nasconde, oltre al suo fondatore<br />
Joep, l’attività di molti creativi che<br />
dal 1995 lavorano tra arte, design<br />
e architettura. Da ricordare il<br />
progetto AVL-Ville, sorta di villaggio<br />
auto-sufficiente realizzato dal<br />
gruppo per l’area del porto di<br />
Rotterdam. Il villaggio è dotato di<br />
propria moneta, centrale di energia<br />
elettrica, ospedale e scuole.<br />
Alla galleria Giò Marconi sono<br />
esposte creazioni che vi lasceranno<br />
sbalorditi. Fino al 17 marzo<br />
sta”. Ciò che lo interessa è il luogo,<br />
non inteso in senso strettamente<br />
architettonico, ma in<br />
quanto spazio sociale, comunitario,<br />
in cui è possibile percepire il<br />
vivere quotidiano, il rapporto con<br />
coinvolgono artisti, critici e curatori<br />
che hanno raggiunto negli ultimi<br />
tempi un successo internazionale:<br />
il tedesco Tobias<br />
Rehberger e il brasiliano Ernesto<br />
Neto saranno presenti rispettivamente<br />
il 13 e il 20 marzo, mentre<br />
in aprile sarà la volta del curatore<br />
Gerald Matt e di Anri Sala, artista<br />
d’origine albanese, ma naturalizzato<br />
parigino, tra i più interessanti<br />
delle ultime generazioni. Di altra<br />
natura è il seminario organizzato<br />
dalla Fondazione Baruchello<br />
al quale partecipano Emilio<br />
Fantin e Cesare Pietroiusti. Potete<br />
seguire il convegno previsto il 5 e<br />
IL NUDO<br />
FRA IDEALE E REALTÀ<br />
Bologna, 051-502859<br />
La GAM ospita una mostra che<br />
raccoglie numerose opere (dipinti,<br />
sculture, disegni, video e fotografie),<br />
dal Neoclassicismo a oggi, sul<br />
tema del nudo. Ingres, Degas,<br />
Schiele, Klimt, Man Ray,<br />
Mapplethorpe, Goldin sono solo<br />
alcuni degli artisti che con le loro<br />
opere hanno indagato nel corso<br />
dei secoli questo tema tanto affascinante<br />
quanto carico di valenze<br />
sociali e culturali.<br />
Fino al 9 maggio<br />
la memoria personale e collettiva.<br />
E del luogo lo colpisce il modo<br />
in cui identificarlo, attraverso<br />
la produzione culturale, la musica,<br />
persino il cibo. Ricostruire per<br />
esempio dei percorsi dimenticati,<br />
siano questi legati alla musica, al<br />
cibo o alla geografia è uno dei<br />
suoi obiettivi principali. In un’intervista<br />
ha detto: “Sono contrario<br />
alla creazione di monumenti che<br />
rappresentano la memoria o il<br />
potere attraverso un’immagine<br />
che sovrasta e intimorisce. Mi interessa<br />
creare qualcosa che invita<br />
le persone a partecipare…” E in<br />
effetti, i suoi interventi spesso<br />
sono veri e propri laboratori a cui<br />
il pubblico è invitato a prendere<br />
parte. A Milano Vitone prosegue<br />
il ciclo di lavori sulle bandiere iniziato<br />
nel 1996. La galleria Emi<br />
Fontana (tel. 02-56322237) per<br />
l’occasione sarà riempita di bandiere<br />
che scendono dal soffitto.<br />
Bandiere cariche di significati,<br />
che riportano frasi di pensatori libertari<br />
e riflessioni sul concetto<br />
d’individuo. Leggere bene gli<br />
“avvertimenti”.<br />
D.P. TESEI<br />
Luca Vitone<br />
Milano, Galleria Emi Fontana<br />
Fino al 27 marzo<br />
RACCONTO DI ME: PARO<strong>LA</strong> D , ARTISTA<br />
6 marzo (tel. 06-3346000), oppure<br />
attendere la metà di aprile,<br />
quando saranno presentati pub-<br />
QUATTRO MOSTRE, DENTRO L , EUROPA<br />
BUELL - HIGHLIGHTS<br />
Bologna, 051-332828<br />
La Maison Française de<br />
Bologne ospita quattordici<br />
nuove opere pittoriche dell’artista<br />
francese Buell che si rifanno<br />
esplicitamente ad altrettante<br />
stazioni della Via Crucis.<br />
L’intento della mostra, dal titolo<br />
Highlights, l’art, le sport, le<br />
sacré, è quello di avvicinare,<br />
anche attraverso un percorso<br />
sonoro, il pubblico all’arte contemporanea,<br />
all’idea di sacro<br />
nella società attuale e allo<br />
sport. Fino al 30 marzo<br />
blicamente i lavori realizzati durante<br />
gli incontri. Iscrivetevi su<br />
www.fondazionebaruchello.com.<br />
DISEGNARE NELLE CITTÀ<br />
Milano, 02-724341<br />
Temete di essere piombati improvvisamente<br />
in Portogallo? No,<br />
siete nelle sale della Triennale.<br />
Curata dall’architetto Àlvaro Siza,<br />
la mostra Architettura in<br />
Portogallo (2004), attraverso le<br />
fotografie di Gabriele Basilico e la<br />
documentazione di progetti di vari<br />
architetti, pone lo sguardo su<br />
situazioni architettoniche recentemente<br />
realizzate in Portogallo,<br />
prendendo in esame alcune città,<br />
tra cui Lisbona e Porto.<br />
Fino al 28 marzo<br />
Ernesto Neto, N. 2 “Venus Blue Cave”, 2001<br />
IN MOSTRA<br />
La natura, la materia,<br />
i terremoti e il<br />
linguaggio<br />
CHANCE<br />
Napoli, 081-295882<br />
Chance non è solo il titolo<br />
della mostra che ospita opere<br />
di Sergio Breviario, Luca<br />
Trevisani e Diego Zuelli, ma<br />
anche un format che lo spazio<br />
espositivo T293 ha adottato<br />
per presentare artisti<br />
emergenti. Questa prima puntata<br />
di Chance indaga principalmente<br />
la materia.<br />
Dal 6 marzo al 17 aprile<br />
DROMOCROMA<br />
Roma, 06-47824613<br />
“Dromocroma è un neologismo<br />
che gioca su una terminologia<br />
mutuata dal linguaggio tecnico<br />
proprio della geofisica, trasformandone<br />
il significato attraverso<br />
una variazione ortografica…<br />
da traccia dei tempi di propagazione<br />
di un’onda sismica in<br />
funzione della distanza dell’epicentro<br />
di un terremoto a fenomeno<br />
di natura visiva…”<br />
Non spaventatevi, la galleria<br />
Autori Cambi, in sostanza,<br />
ospita le opere di due giovani<br />
artiste, Marina Fulgeri e Ilana<br />
Halperin, che lavorano sulla reinterpretazione<br />
di fenomeni naturali<br />
(l’eruzione di un vulcano<br />
o lo scioglimento di un ghiacciaio).<br />
Fino al 20 marzo<br />
JOHN TREMB<strong>LA</strong>Y<br />
Torino, 011-280406<br />
John Tremblay conduce da<br />
anni una ricerca sull’aspetto<br />
percettivo del linguaggio artistico.<br />
Lo fa attraverso la tela<br />
e il video. Il Centro d’arte<br />
contemporanea Velan ospita<br />
una personale dell’artista<br />
americano con la sua ultima<br />
produzione video in cui è evidente<br />
una sorta di rivisitazione<br />
delle esperienze della<br />
Optical Art degli anni ’60.<br />
Fino al 26 marzo<br />
URBAN 51
SHOPPING<br />
ANTICO E MODERNO<br />
DITELO IN EBRAICO<br />
Nel ghetto di<br />
Bologna biglietti<br />
d’auguri per ogni<br />
ricorrenza ebraica<br />
Daniela e il Talmud. Un po’ come<br />
(ve la ricordate?) Barbara<br />
Streisand nel film Yentl: una giovane<br />
donna ebrea che ha ereditato<br />
dal padre la passione per gli<br />
studi religiosi, passione talmente<br />
forte che la spinge a travestirsi<br />
da uomo, ma inutilmente, perché<br />
di fatto, anche fuori dal set cinematografico,<br />
lo studio dei testi<br />
sacri è prerogativa degli uomini.<br />
Daniela questo lo sa, e oltre a<br />
non essere maschio non è nemmeno<br />
ebrea. Ma con l’ebraismo<br />
a suo modo ha preso familiarità,<br />
un po’ per caso e un po’ per passione.<br />
Amante della calligrafia,<br />
ha reso il suo piccolo negozio<br />
di incisioni (tel. 051-237022),<br />
nel cuore del ghetto di Bologna,<br />
Dove vai, se le<br />
rotaie non ce le hai?<br />
Locomotive degli anni ’30 che<br />
trascinano senza fatica vagoni di<br />
lusso, convogli formati solo da vagoni<br />
merci, ogni tipo di segnale<br />
ferroviario, rotaie di ogni lunghezza:<br />
trovate tutto nel negozio di<br />
Enrique Konigsman (tel. 02-<br />
70006430). Fin dall’età di 7 anni<br />
ROMA: 4 SCUSE PER FARE SPESE<br />
POGGI<br />
Via del Gesù, 74<br />
I nostalgici dei negozi di belle<br />
arti impazziranno sentendo l’odore<br />
di trementina, e saranno<br />
presi da una vera e propria<br />
vertigine osservando una parete<br />
piena di colori a olio. E poi<br />
pennelli, solventi e tele di tutti<br />
i tipi. L’antica coloreria Poggi<br />
offre un passo indietro nel<br />
tempo in un mondo dominato<br />
da immagini digitali e colori pixelosi,<br />
dispensando consigli<br />
esperti e sapienti.<br />
un’originale bottega che incuriosisce<br />
anche chi dell’ebraismo sa<br />
poco o nulla. Con l’aiuto di un<br />
(ora ne ha 54), Enrique sognava<br />
di possedere un treno, ovviamente<br />
elettrico e di piccole dimensioni.<br />
Ora ne ha tanti: li compra, li<br />
cura e li vende. A collezionisti come<br />
lui. “I bambini spiano dentro<br />
la vetrina e vanno via veloci” racconta.<br />
“I miei clienti sono cantanti,<br />
carabinieri, presentatori televisivi,<br />
gente strana e solo uomini. Mai<br />
conosciuta una donna collezionista<br />
di treni”. È però alle donne, in<br />
CARTOLERIA PANTHEON<br />
Via della Rotonda, 15<br />
Quaderni rilegati, carta interamente<br />
realizzata a mano, libretti<br />
in brossura, album e carta<br />
da lettere, sigilli, ceralacca,<br />
finezze da veri scrittori del<br />
tempo che fu: ecco la vera cartoleria<br />
di una volta, che occupa<br />
lo stesso angolo dietro il<br />
Pantheon dal 1910. Un paradiso<br />
per gli amanti dei negozi<br />
con gli scaffali antichi e per i<br />
maniaci degli articoli da cartoleria<br />
pregiati. Chic!<br />
valido maestro, Lucio Pardo, presidente<br />
della Comunità ebraica<br />
bolognese, Daniela ha ricostruito<br />
IL PARADISO DEL CAPOTRENO Altro<br />
particolare vedove, che il capotreno<br />
Konigsman deve parte della<br />
sua collezione, tanto che in famiglia<br />
lo chiamano “l’uomo delle vedove”.<br />
Accade spesso infatti che<br />
si rivolga a lui la vedova di un collezionista,<br />
che non sa cosa farsene<br />
di locomotive e vagoni stipati<br />
nell’armadio. Pezzi pregiati come<br />
la locomotiva tedesca costruita<br />
nel 1933 che riposa sullo scaffale.<br />
È 43 volte più piccola dell’ori-<br />
TABACCHERIA FINCATO<br />
Via Colonna Antonina, 35<br />
Un negozio elegantissimo tra<br />
Montecitorio e Palazzo Chigi è<br />
il paradiso dei collezionisti della<br />
pipa, e ne ospita anche un<br />
piccolo museo. Qui è possibile<br />
scoprirne forme di tutti i tipi, o<br />
imparare che i collezionisti le<br />
amano solo antiche o solo moderne,<br />
e che possono essere<br />
costruite in legno, radica o<br />
schiuma. Fausto Fincato, il padrone,<br />
ha istituito le prime gare<br />
di fumo lento per appassionati.<br />
immagine: Charles Szlakmann tratta da L’ebraismo per principianti / Editrice La Giuntina<br />
i caratteri dell’alfabeto ebraico e,<br />
in un estroso connubio di fantasia<br />
e timore reverenziale, ha cominciato<br />
a creare esemplari unici<br />
fatti a mano di calendari, segnalibri,<br />
ex libris, bomboniere, inviti,<br />
biglietti d’auguri per Rosh<br />
Hashanàh, Pesach, Purìm, Bar-<br />
Mitzvàh e altre feste ebraiche.<br />
Ma l’originalità di questi lavori<br />
è anche nella contaminazione tra<br />
il religioso e l’urbano, come nelle<br />
incisioni che raffigurano le Due<br />
Torri bolognesi, emblema della<br />
città, sullo sfondo di simboli<br />
ebraici. La Tarlatana è un nome<br />
che sa di artigianato e che richiama<br />
la particolare stoffa usata<br />
dagli incisori per eliminare l’inchiostro<br />
in eccesso dalle lastre di<br />
rame. Uno straccio che ogni<br />
giorno tra le mani di Daniela rispolvera<br />
una storia antichissima.<br />
BEBA MINNA<br />
La Tarlatana<br />
Bologna, via de’ Giudei 1/c<br />
ginale, e costa 3 mila euro, ma un<br />
collezionista può spenderne anche<br />
300 mila per una di serie limitata.<br />
Ma qui trovate anche le<br />
cosidette “confezioni di avvio”<br />
(200 euro). Servono a iniziare<br />
il viaggio.<br />
SONIA SARTORI<br />
E-mark<br />
Milano, via Fiamma 17 (ingresso<br />
da via Archimede)<br />
L’IMAGE<br />
Via della Scrofa, 67<br />
Nonostante l’immagine un po’<br />
troppo anni ’80, l’Image è un negozio<br />
storico: infatti è stato il primo<br />
a importare dall’estero poster<br />
e cartoline con immagini d’arte e<br />
di grafica diffondendo questa<br />
moda ancora sconosciuta nella<br />
capitale. Quindi via con calendari,<br />
rubriche, quadretti, poster, affiches<br />
e manifesti tra Kandinsky, i<br />
muralisti messicani e le foto degli<br />
angoli più nascosti e inediti della<br />
città eterna.<br />
NAPOLI<br />
Oggetti che suonano:<br />
dischi per tutti<br />
FONOTECA MUSIC<br />
EXPLORER<br />
Via Cisterna dell’Olio, 10<br />
Napoli è una città che ha sempre<br />
avuto una fortissima passione<br />
per la musica; cantare e<br />
suonare è sempre stato proprio<br />
dei partenopei, veri e propri<br />
soul man. E nel centro ci<br />
sono ottimi e storici negozi<br />
di dischi. La Fonoteca per<br />
esempio, che oggi si è un po’<br />
globalizzata con il nome<br />
“Fonoteca Music Explorer”,<br />
è nata nel 1991 e nei primi<br />
anni di vita si limitava al noleggio<br />
dei cd per diventare oggi<br />
uno dei punti di riferimento<br />
musicali della città. Il negozio,<br />
specializzato in musica etnica,<br />
ma con grosse aperture al jazz<br />
e all’elettronica, è archivio di<br />
bellezze e rarità sonore. Uno<br />
dei pezzi forti è la sezione dell’usato,<br />
in cui si possono trovare<br />
a prezzi abbordabili ottimi<br />
dischi. Nonostante il negozio<br />
sia molto piccolo, quando è<br />
possibile vengono organizzate<br />
presentazioni di album a cui<br />
partecipano gli artisti.<br />
DEMOS<br />
Via San Sebastiano, 20<br />
negozio di culto che è<br />
anche una società di distribuzione<br />
di musica indipendente.<br />
Seguendo la passione per l’elettronica,<br />
le sperimentazioni<br />
e l’avanguardia, chi lo gestisce<br />
offre la possibilità di trovare<br />
dischi underground, introvabili<br />
perfino nei sotterranei di<br />
Berlino. Su due piani: al piano<br />
terra ci sono i vinili (sì, proprio<br />
i vinili), oltre a libri di musica e<br />
videocassette di ricerca. Sopra<br />
un’immensa raccolta di cd, che<br />
comporta ore e ore di studi<br />
prima di ogni acquisto.<br />
Andarci un po’ preparati con<br />
qualche idea in testa, mica come<br />
ai megastore. Info sul web:<br />
www.demosrecords.it.<br />
a cura di Leonard Catacchio<br />
URBAN 53
CLUB<br />
NOTTE OPEN SOURCE<br />
BAL<strong>LA</strong>TE COL MOUSE<br />
Un po’ night club,<br />
un po’ Internet<br />
point. Il LinuXclub<br />
tra balli reali e<br />
realtà virtuali<br />
LINUXCLUB<br />
Roma, via Libetta 15<br />
Un nome che è già tutto un programma:<br />
LinuXclub. L’idea di<br />
aprire uno spazio con questo nome<br />
nasce dalla volontà di diffondere<br />
e rendere facilmente fruibili<br />
i temi dell’“etica hacker”: condivisione,<br />
decentramento, comunità,<br />
integrazione. E così mentre le<br />
maggiori aziende di informatica<br />
del mondo decidono di passare<br />
a Linux, il sistema operativo<br />
open source sviluppato negli anni<br />
’90 che il mondo ricorda per il<br />
pinguino che lo rappresenta, e il<br />
dibattito sulla condivisione dei<br />
saperi e la proprietà intellettuale<br />
supera i confini degli addetti ai<br />
lavori, Roma si diverte a scommettere<br />
su un nuovo locale. Il<br />
LinuXclub, appunto.<br />
E se le pulsazioni del Goa fanno<br />
vibrare via Libetta e il viavai<br />
tra i locali aperti nella ex zona<br />
industriale ai piedi della<br />
Garbatella animano le notti di<br />
Ostiense, LinuXclub si propone<br />
come club, café, spazio espositivo,<br />
Internet point, mediateca,<br />
spazio per conferenze, cinema e<br />
teatro, laboratorio creativo.<br />
Forever open, e sempre accogliente.<br />
Uno spazio in cui passare<br />
con il proprio laptop (se proprio<br />
proprio non ne potete fare<br />
A sorpresa in città torna il rythm and blues. In un anno un vero boom in molti locali<br />
Cicli e ricicli storici: l’hip hop<br />
torna a essere un fenomeno<br />
commerciale, lontano mille miglia<br />
dalla cultura della strada e<br />
sempre più vicino a patinati fenomeni<br />
di costume. Basta ascoltare<br />
la radio, girare per la città<br />
ed ecco che l’immaginario black<br />
è presente in ogni angolo di<br />
a meno...) e controllare la posta<br />
seduti al bancone provvisto di<br />
accessi di rete. E, tra una email e<br />
l’altra, bersi l’aperitivo e ascoltare<br />
musica.<br />
In più si può consultare le riviste<br />
di settore nella biblioteca<br />
multimediale, seguire corsi di<br />
web-radio o organizzare seminari<br />
sulle televisioni digitali,<br />
guardare una mostra fotografica<br />
su uno degli schermi tentacolari<br />
che si protendono dalle pareti<br />
Milano. Le serate si moltiplicano<br />
in ogni dove e anche il più improvvisato<br />
in consolle con i cd<br />
masterizzati diventa un dj con<br />
stuolo di adepti griffati.<br />
Allora vediamola così: se non<br />
ve ne frega nulla delle radici culturali<br />
di questo fenomeno afroamericano,<br />
ma volete semplicemente<br />
ballare le hit r’n’b del momento<br />
senza tradurre quello che<br />
della sala centrale e, perché no,<br />
fare acquisti dei prodotti del<br />
commercio equo e solidale.<br />
Aperto dalle 9 di mattina fino a<br />
tarda notte, il LinuXclub (tel. 06-<br />
57250551) è perfetto per un tè<br />
del tardo pomeriggio ma anche<br />
e soprattutto per un momento<br />
di decompressione notturna tra<br />
un locale affollato e l’altro: l’ambiente<br />
ultratecnologico e il bar<br />
si prestano infatti a qualsiasi tipo<br />
di serata e l’attitudine elet-<br />
state cantando a squarciagola,<br />
state attenti a quanto organizzano<br />
i tipi di Five Stars. Il progetto<br />
(www.fivestarshiphop.com)<br />
nasce dalla collaborazione di<br />
professionisti come Giampaolo<br />
Di Tizio e Davide Mozzanica, e<br />
vede alla consolle dj resident<br />
Max Brigante e Fish (vi ricordate<br />
i Sottotono?). Nel giro di un anno<br />
le serate a 5 stelle in città si<br />
sono triplicate, divenendo eventi<br />
tronica dei dj residenti ricordano<br />
molto i locali berlinesi. Gira che<br />
ti rigira non sarà difficile incontrare<br />
la crew di Hot 4 Tandoori<br />
che, abbandonata qualche mese<br />
fa la Locanda Atlantide, sembra<br />
aver trovato qui un nuovo approdo.<br />
Chiuso la domenica, ma<br />
nello stesso tempo aperto: la<br />
serata è dedicata alle feste private<br />
o agli eventi particolari (info@linuxclub.it).<br />
LUCREZIA CIPPITELLI<br />
MI<strong>LA</strong>NO B<strong>LA</strong>CK, TUTTA R , N , B<br />
FIVE STARS<br />
Milano, sedi varie<br />
commerciali legati alla promozione<br />
di artisti (Sean Paul, Gang<br />
Starr e Busta Rhymes) e abbigliamento<br />
street (Timberland,<br />
No Fear e Smith). Dove e quando?<br />
Mercoledì al Casablanca<br />
(tel. 02-6260186), venerdì<br />
al Colony (tel. 02-58102766)<br />
e domenica all’Atlantique<br />
(tel. 02-55193925).<br />
AILÉN GAMBERONI<br />
NOTTI ITALIANE<br />
Dove si balla, da<br />
Napoli a Torino<br />
ALEXANDER PUB<br />
Napoli, via Santa Maria<br />
della Libertà 14<br />
Un po’ nascosto nella zona<br />
collinare della città, appartato<br />
in un vicolo conosciuto da tutti<br />
i frequentatori della vita notturna<br />
napoletana, l’Alexander<br />
Pub è un rifugio dedicato agli<br />
appassionati di giochi di società.<br />
Ovviamente si mangia e<br />
si beve a volontà con la possibilità<br />
di selezionare la musica<br />
di sottofondo. Lo trovate a 10<br />
minuti dalla funicolare e dalla<br />
Metropolitana di piazza<br />
Vanvitelli. Tel. 081-5604919<br />
CENTRO<br />
CULTURALE MACHÈ<br />
Torino, via della Consolata 9/g<br />
Il Machè, circolo Arci molto<br />
trendy, si trova nel cuore del<br />
centro, a pochi metri da piazza<br />
della Consolata. Nato dall’idea<br />
di una galleria d’arte (il sotterraneo<br />
è dedicato a esposizioni),<br />
si è poi allargato ai live<br />
jazz e blues, agli aperitivi con<br />
cocktail e taglieri e alla consultazione<br />
di libri e riviste d’arte<br />
contemporanea. Arredamento<br />
e colonna sonora sempre soft<br />
ed eleganti, ogni tanto aperitivo<br />
rigorosamente vegan.<br />
Perfetto per un’uscita romantica<br />
tra dandy intellettuali.<br />
Tel. 011-4364122<br />
AZIMUT<br />
Torino, via Modena 55<br />
Locale storico per il clubbing<br />
e punto di riferimento per la<br />
vita culturale della città. Da ex<br />
capannone industriale a loft, in<br />
tempi non sospetti, con possibilità<br />
di scelta tra due livelli<br />
dedicati (musica live o dj in<br />
consolle). Spesso ospita mostre<br />
di giovani artisti, dibattiti<br />
e presentazioni di libri. Le serate<br />
doc sono di giovedì e sabato,<br />
quando si tira anche l’alba.<br />
Tel. 011-232458<br />
URBAN 55
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MI<strong>LA</strong>NO<br />
<strong>LA</strong> CITTA DEI PANINI<br />
PASSA AL<strong>LA</strong> PIADINA<br />
Per amore o per<br />
forza il sandwich<br />
è il re della città.<br />
Ma piadine e focacce<br />
fanno la fronda.<br />
Vinceranno?<br />
Lo sappiamo, la tentazione è irresistibile<br />
ovunque e a qualsiasi<br />
ora. Perché sono saporite, morbide<br />
ma al tempo stesso fragranti.<br />
E unte quel tanto che le rende ancora<br />
più golose. Come? Di cosa<br />
stiamo parlando? Ma di focacce &<br />
piadine, ovvio. La materia è vasta<br />
e quindi sorge spontanea la domanda:<br />
dove e come – addentando<br />
per credere – farsi sotto in una<br />
città multistrato e dalla grande<br />
(almeno apparentemente) offerta<br />
come Milano? Alzi la mano chi ha<br />
il coraggio di tirarsi indietro davanti<br />
a una focaccia appena sfornata<br />
o una piada appena spiastrata<br />
(ma sì, tolta dalla piastra).<br />
Nessuno? Bene, allora ammettetelo:<br />
che abbiate dieci o cent’anni,<br />
focaccia e piadina (cioè F&P) sono<br />
ormai il vostro pane quotidiano.<br />
All’uscita di scuola, nella pausa<br />
pranzo, a merenda, per aperitivo<br />
o come spuntino notturno, ecco<br />
due must assolutamente sfiziosi e<br />
appaganti ben più del solito paninazzo,<br />
spesso e volentieri gommoso<br />
o carbonizzato. Però… siamo<br />
sinceri: una buona focaccia (liscia,<br />
alle olive, al formaggio eccetera)<br />
non si trova tutti i giorni.<br />
Anzi, spesso ti imbatti in vere e<br />
proprie schifacce indurite, mollicce,<br />
straunte, strasalate oppure…<br />
insipide. Ma tu hai fame (o fretta),<br />
trangugi e quando loro arrivano<br />
nello stomaco, restano lì modello<br />
mattone. Stesso discorso per le<br />
piadine: troppo facile, specialmente<br />
nei bar, trovarle confezionate<br />
e precotte, piene di additivi<br />
e conservanti. Risultato? Un bel<br />
crack sotto i denti e addio leggerezza<br />
(o dentiera).<br />
Anche perché di solito le piadine<br />
hanno già il loro bel ripieno, salato<br />
o dolce che sia, a renderle toste:<br />
quindi, se non sono più che<br />
fresche a partire dall’impasto…<br />
Insomma, occhi aperti e bocca…<br />
pure: fra tante F&P (fetecchie &<br />
postacci), la città offre comunque<br />
una bella manciata di indirizzi da<br />
gustare e ricordare.<br />
Visto però che abbondano bar,<br />
panetterie, gastronomie, caffetterie,<br />
pizzerie, perfino calzolerie<br />
(certe suole…) che si improvvisano<br />
Focaccerie o Piadinerie, per<br />
non perdere di vista (e gusto) le<br />
nostre beneamate F&P ci siamo<br />
concentrati sui posti più veri, duri&puri:<br />
solo focacce e solo piadine<br />
o giù di lì, solo d’asporto o da<br />
spartano consumo sul posto.<br />
Così, se cercate la F andate a<br />
colpo sicuro alla Focacceria del<br />
Borgo in via Maggi, da Pronti Via<br />
in Ascanio Sforza 17 o anche in<br />
risto-focaccerie tipo San<br />
Fruttuoso di Camogli in viale<br />
Corsica 3. Per una bella P, ecco<br />
Gradisca in via della Commenda<br />
35, la Piadineria di viale Bligny<br />
43 o Luca e Andrea in Alzaia<br />
Naviglio Grande 34, dove nel pomeriggio<br />
servono anche intriganti<br />
piadtails (piadine + cocktails).<br />
Se poi volete eleggere fra questi<br />
indirizzi la F o la P più sexy o appagante,<br />
fate pure: l’importante,<br />
come sempre, è farsi guidare da<br />
occhi, naso e lingua. Però giù le<br />
mani, ok?<br />
LUNCH: SI FA PRESTO A DIRE FOCACCIA<br />
PIZZA GALLERY<br />
02-48013263<br />
Voglia di focaccia? Godetevi qui<br />
(fino a mezzanotte!) due versioni<br />
per ogni ricetta (alta e bassa, al<br />
forno o fritta, semplice o farcita) e<br />
tuffate i denti in quella con gorgonzola<br />
& noci, sbocconcellate<br />
quella con patate formaggio e olive,<br />
gustate con calma le mini-size<br />
con grani di sale o pomodoro e<br />
origano. Il menu cambia ogni<br />
giorno: se non vi interessa il focacc-away,<br />
agguantate uno dei<br />
pochi sgabelli e sgranocchiate<br />
pure. I tranci (abbondanti) vengono<br />
2,50 euro. Via Marghera, 18.<br />
Sempre aperto.<br />
FOCACCERIE GENOVESI<br />
02-8373200<br />
Diciamolo: focacce (e focaccerie)<br />
come queste tengono compagnia,<br />
risollevano l’umore, fanno canticchiare.<br />
Provare per credere un<br />
trancio con crescenza, con i pomodorini,<br />
le cipolle, il pesto.<br />
Oppure buttatevi su quella sem-<br />
plice: semplicemente strepitosa,<br />
né troppo unta né troppo alta. Se<br />
poi è giovedì, prendete anche la<br />
salsa alle noci con annessi pansotti:<br />
non ve ne pentirete. E forse,<br />
esclamerete anche “Belin!”.<br />
Via Santa Croce, 2.<br />
Chiuso domenica.<br />
AL PANZEROTTO<br />
02-29531712<br />
Se arrivate in pieno lunch (o dinner)<br />
time troverete inevitabilmente<br />
una bella coda. Voi però non<br />
P.D. SFORNELLI<br />
demordete, aspettate e intanto<br />
studiate cosa mordere, soprattutto<br />
tra le proposte farcite: la focaccia<br />
spinaci e gorgonzola, quella<br />
con radicchio trevigiano e mozzarella<br />
o piuttosto quella con prosciutto<br />
cotto e funghi? Il sottotitolo<br />
del locale, “I veri sapori di<br />
Puglia”, è poi una promessa di<br />
trasgressioni golose: arancini di<br />
riso farciti, rustici, crocchette di<br />
patate. Tutto dai due euro e mezzo<br />
in su; chiude alle 22.<br />
Via Scarlatti angolo Buenos<br />
Aires, 51. Sempre aperto.<br />
illustrazione: Squaz<br />
FARCITO<br />
Dalla Romagna al<br />
centro di Milano<br />
il passo è breve. E<br />
può essere buono<br />
PIADINERIA<br />
02-58309186<br />
Sei sgabelli, un bancone, una<br />
grande mappiadina alla parete:<br />
il posto è tutto qui.<br />
Piccolo ma buono, visti i due<br />
piadesperti pronti a impastare<br />
sotto i vostri occhi e soddisfare<br />
ogni vostro piadesiderio.<br />
Le (buone) combinazioni<br />
sono più di venti, comprese<br />
un paio dolci e la variante<br />
con farina integrale.<br />
Da provare anche i cascioni,<br />
che stanno alle piadine come<br />
i calzoni alle pizze. Dai 3,30<br />
euro in su. Viale Bligny, 43.<br />
Chiuso domenica.<br />
GRADISCA<br />
02-55191143<br />
Un piada-pub aperto fino a<br />
tardi? Eccolo, con piadine<br />
ben impastate e cotte (al momento),<br />
proprio come in<br />
Romagna: una dozzina i tipi a<br />
5 euro, dalla crudo-stracchino<br />
alla speck-scamorza, con<br />
in più cassoni, tigelle, mix<br />
piadin-fagioli o piadin-insalata.<br />
Via della Commenda, 35.<br />
Chiuso sabato a pranzo e<br />
domenica.<br />
<strong>LA</strong> CAVEJA<br />
02-72003548<br />
Specialità del mini-posto (anche<br />
in via Lanzone e corso<br />
Italia)? Il rotolo, cioè la piadarrotolata<br />
versione light<br />
(morbida e sottile) messa in<br />
piastra davanti a voi.<br />
D’asporto o meno (vi dovrete<br />
arrotolare sui pochi sgabelli),<br />
scegliete fra il vegetariano, il<br />
bresaola o fontina o il crudo<br />
squacquerone (lo stracchino<br />
romagnolo) e rucola: good!<br />
Via Ponte Vetero, 11.<br />
Chiuso domenica.<br />
URBAN 57
illustrazione: Squaz<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MI<strong>LA</strong>NO<br />
INTIMI, MODAIOLI E NATURALI<br />
GIOIA 69<br />
02-66710180<br />
Il posto sta facendo gioire tutti i<br />
modaiol-victims di città e provincia.<br />
Per i due buttadentro all’ingresso,<br />
per il gettonato aperitivo<br />
(ma nei cocktail c’è più ghiaccio<br />
che altro), per l’arredo minimalmarmeggiante.<br />
E poi per l’ambita<br />
risto-zona illuminata da candle-only<br />
(siete cecati? Lasciate<br />
perdere) dove sbirciando i rich (!)<br />
& famous (!) si sbocconcellano<br />
crema di broccoli con capesante,<br />
tartare di branzino al dragoncello,<br />
tagliolini con bottarga o filetto<br />
di branzino: tutti corretti e<br />
belli a vedersi, ma poco saporiti<br />
e dai prezzi salati. Diciamolo: da<br />
un 69 ci saremmo aspettati più<br />
godimento. Cioè, piatti meno leccati<br />
e più orgasmanti. Via<br />
M. Gioia, 69. Sempre aperto.<br />
LIFEGATE RESTAURANT<br />
02-54116754<br />
Non è così frequente capitare<br />
in un ristorante, il primo, a im-<br />
Benvenuti al tour de fromage.<br />
Una corsa in bici a piedi puzzoni?<br />
Ma no, sciocchini: un giro<br />
senza pedali ma con posate (e<br />
piatto, e bicchiere) fra colli e<br />
valli del vostro amato formaggio.<br />
Dove cioè potrete mettervi<br />
in borsa o in bocca a scelta il<br />
delicato e il puzzolente, il mor-<br />
patto ambientale zero: in questa<br />
gastrofiliale appena aperta<br />
(con cucina a vista!) della salutista<br />
Radio Lifegate, niente infatti<br />
è di peso sull’ambiente. Il<br />
che significa arredi con legno<br />
di recupero, sughero per insonorizzazioni,<br />
lampadone in<br />
carta pergamena sopra i tavoli<br />
(per capocciate a impatto...1).<br />
E poi materie prime bio, prodotti<br />
da commercio equo-solidale,<br />
cucina naturale, menu vegetarian-vegani.<br />
Già, ma come<br />
si mangia? Dal menu in carta<br />
riciclata senza distinzione fra<br />
antipasti o dessert potete scegliere<br />
una ventina di piatti,<br />
dall’indivia caramellata al carpaccio<br />
di seitan, dal tempura<br />
di baccalà alla bavarese di caffè<br />
d’orzo: peccato che, quando<br />
non sono esauriti, si presentino<br />
bene ma siano di gusto<br />
troppo light(gate). Il conto invece<br />
sarà abbastanza heavy<br />
per il portafoglio, sui 40 euro.<br />
I vini? Bio e senza solforosa,<br />
d’accordo, ma così così. Il servizio?<br />
Idem. La birra? “Oggi<br />
bido e il durazzo, il fresco e lo<br />
stagionato, l’italiano e lo straniero,<br />
il caprino e il vaccino.<br />
Possibile? Certo: se siete<br />
cheesemaniaci è quello che vi<br />
può capitare nel primo cheese<br />
bar aperto in città, la Taberna<br />
Imperiale di via Santa Croce 4.<br />
Un degustazionegozio nuovo e<br />
non l’hanno consegnata”.<br />
Come primo impatto, non c’è<br />
male. Brunch la domenica, giovedì<br />
cena indiana. Via Orti,<br />
10. Chiuso sabato a pranzo.<br />
ORSOBLU<br />
02-782516<br />
Il simpatico orsetto vi attende<br />
in un localino piccolo e carino,<br />
giocato per il lungo sui toni<br />
del blu-argento: niente carne<br />
di plantigrado qui, ma tanto<br />
pesce in ricette siculeggianti.<br />
A partire dal misto crudo che<br />
però necessita di ben venti minuti<br />
di preparazione (!).<br />
Nell’attesa buttatevi sul curioso<br />
risotto con fragole e gamberi,<br />
sulle delizie (tonno, spada,<br />
ricciola) marinate, sul fritto<br />
misto very light, sui saporiti<br />
moscardini alla Gattopardo o<br />
sui gustosi involtini di spada<br />
alla messinese. Servizio premuroso<br />
e professionale, vini<br />
interessanti, conto sui 30-40<br />
euro. Corso Concordia, 2.<br />
Chiuso domenica.<br />
Quelli che se ne intendono lo chiamano cheese bar. In realtà è una<br />
formaggeria con posti a sedere e buoni vini. Tutto buono e artigianale<br />
TAGIURA<br />
02-48950613<br />
Un posto semplice semplice<br />
dove l’arredamento, il servizio<br />
gentile e le porzioni generose<br />
contribuiranno a darvi la piacevole<br />
sensazione di stare a<br />
casa vostra. Con la differenza,<br />
e sia detto con rispetto, che a<br />
casa vostra non si mangia così<br />
(bene): tanti e buoni formaggi<br />
con marmellate casalinghe, salumi<br />
come piovesse, tagliatelle<br />
al ragù, parmigiana e, dulcis in<br />
fundo, dolci golosissimi. Noi ci<br />
permettiamo di suggerirvi una<br />
sana overdose di mascarpone<br />
con la frutta, ma non precludetevi<br />
per questo le altre ghiottonerie<br />
(ce n’è, ce n’è). Senza<br />
dimenticare che da queste<br />
parti si mangia solo a pranzo,<br />
tranne giovedì e venerdì sera,<br />
quando su prenotazione è<br />
possibile godersi anche una<br />
cena (buon rapporto qualitàprezzo).<br />
Via Tagiura, 5.<br />
Chiuso domenica.<br />
IL TOUR DE FROMAGE<br />
pulitissimo, dominato da un<br />
bancone che vi fa “Cheese!”<br />
appena entrati: enorme, vitreo,<br />
bombato, sinuoso. E straripante<br />
di ogni bendidio caseario da<br />
acquistare o consumare sul posto.<br />
Quello più serio, ovvio.<br />
Perché, duri e puri, i boss Livio<br />
Casu e Giorgio Mattielli impe-<br />
discono l’accesso ai finti formaggi<br />
industriali: niente cremine<br />
spalmabiline zeppe di emulsionanti,<br />
conservanti, gelificanti;<br />
niente imitazioni plastificate<br />
di fontina o groviera, niente<br />
flaccidi stracchini di nonni vari.<br />
In compenso, troverete il “parmigiano”<br />
di pecora sardo, le<br />
robiole caprine di Roccaverano,<br />
gli erborinati (ma dai, i formaggi<br />
con la muffa…) da tutto il<br />
mondo: quasi tutti a latte crudo,<br />
garanzia del miglior gusto<br />
su piazza.<br />
Non vi fidate? Allora entrate a<br />
qualsiasi ora (dalle 9 alle 21),<br />
puntate il dito sul vetro del<br />
bancone e intimate: “Voglio<br />
provare questo, questo, questo<br />
e anche quello”. Poi salite<br />
quattro gradini e accomodatevi<br />
a un tavolino in saletta degustazione:<br />
vi arriveranno i formaggi,<br />
tre tipi di pane e anche<br />
un bicchiere di vino serio da<br />
scegliere fra una trentina di etichette.<br />
Per una degustazione<br />
del genere spenderete sui 16<br />
euro, ma al momento del conto<br />
sarete già nel cheeseparadiso.<br />
Garantito al cacio.<br />
P.D. SFORNELLI<br />
SLOW FOOD<br />
Corsi di cibo in<br />
mezzo ai mobili<br />
È arrivato un bastimento<br />
Cargo di, pardon, carico<br />
di… bitto! Ehh?!? Sì, avete<br />
capito bene: una nave da carico,<br />
che trasporta il famoso<br />
formaggio della Valtellina,<br />
è approdata in città. Cioè,<br />
in realtà, era già lì, nei dintorni<br />
di via Padova, solo<br />
che prima non si sapeva che<br />
da Cargo (via Meucci 39,<br />
tel. 02-27221341) si potesse<br />
anche mangiare. E bere.<br />
Mbeh, vi stupite? Un po’ sì,<br />
dai, non capita tutti i giorni<br />
che un negozio di arredamento<br />
apra le porte alla<br />
cucina.<br />
Eppure, a guardar bene, gli<br />
ideatori di Cargo hanno naso<br />
per il cibo, visto che gli<br />
11 mila metri quadri del negozio<br />
si estendono sull’area<br />
dove dagli anni ’20 fino a<br />
poco tempo fa si fabbricava<br />
l’Ovomaltina. Adesso quindi,<br />
accanto a mobili e oggetti di<br />
tutto il mondo, da Cargo vedrete<br />
sfilare vini, formaggi e<br />
piatti tipici nostrani, serviti<br />
e spiegati da gourmet e<br />
sommelier di Slow Food.<br />
Questo mese Gusto in<br />
Cargo (programma completo<br />
su www.cargomilano.it) si<br />
presenta come luogo di incontro<br />
per chi vuole affinare<br />
il naso (sabato 20 marzo<br />
buffet d’assaggi, ore 12, laboratorio<br />
sull’olfatto, ore<br />
17), e per chi ha la Valtellina<br />
nel cuore (assaggi di vini e<br />
formaggi tipici sabato 27<br />
marzo, ore 12 buffet, dalle<br />
17 lezione di degustazione).<br />
Sempre a 5 euro. E non è finita.<br />
Ad aprile un sabato dedicato<br />
ai bambini (ci gusta),<br />
e a giugno un laboratorio di<br />
degustazione per i single (ci<br />
gusta ancora di più così imparate<br />
a cucinare pure voi).<br />
Buon appetito allora!<br />
BEBA MINNA<br />
URBAN 59
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
illustrazione: Squaz<br />
A CENA, COL DESIGN<br />
Buoni i piatti e belli<br />
i posti. Roma coniuga<br />
architettura e cibo,<br />
due settori in cui la<br />
ricerca funziona bene<br />
Siete attenti? Bene, allora non vi<br />
sarà certo sfuggito il Foodesign.<br />
Come, che cos’è? Allora siete attenti<br />
ma disinformati: non è altro<br />
che l’ultimo gridolino della ristorazione<br />
romana, quello del B&B<br />
(Bello fuori, Buono in tavola) che<br />
vuole ogni locale di questo genere<br />
in grado di esibire una cifra<br />
estetica (un bell’otto, meglio un<br />
bel dieci) intimamente unita alla<br />
filosofia (se preferite, “la mission”)<br />
del locale, per forza di cose glamvogue<br />
per non dire (ma sì, diciamolo)<br />
trendy. Guarda caso, proprio<br />
come il tipo di cucina che<br />
propone. Allora, dopo aver sco-<br />
perto e interiorizzato in pochi anni<br />
le cruderie giapponesi, il mix<br />
sudamediterraneo e quello nordafrasiatico<br />
ma anche il multilocale<br />
dove mangiar-ber-ascoltarmusicaballar-acquistarwine&food,adesso<br />
Roma sembra tutta concentrata<br />
sul “food entertaining”, l’estetica<br />
cioè del pasto che passa prima<br />
dall’ambiente e poi dal piatto.<br />
Così, viva il ristodesign: ormai<br />
non c’è indirizzo emergente che<br />
prima ancora d’ingaggiare lo<br />
chef non abbia ingaggiato<br />
l’architetto o l’interior design<br />
(che fa molto Casa Vogue) più<br />
“giusto”. Fateci caso: se fino a<br />
pochi mesi fa l’acquisto numero<br />
uno di ogni ristogestore era l’ultimo<br />
must culinario come l’iperforno<br />
o l’abbattitore (di clienti?<br />
No, di temperatura!), oggi viene<br />
prima di tutto il faretto a cromatismo<br />
variabile, il pannello re-<br />
troilluminato a scomparsa, il tocco<br />
feng shui del legno naturale,<br />
il pavimento in resina “graffiato”.<br />
E così (a seguire) i nomi architettosi<br />
come Studio Giammetta,<br />
Metamorphosis o la variegata<br />
banda della griffe Fuksas rischiano<br />
di diventare famosi presso il<br />
risto-people della Capitale almeno<br />
quanto gli starchef che hanno<br />
imposto il food come colonna<br />
portante del bien vivre e della<br />
modaiolezza (si dice così? Ma<br />
certo!).<br />
Visto che siete attenti, avrete notato<br />
che il fenomeno parte da<br />
lontano, anche molto lontano,<br />
cioè da avamposti come il Reef e<br />
la sabbia under i suoi pavimenti<br />
cristallosi, il Ketum col suo mix ristorient-discobar,<br />
il Bloom con i<br />
suoi ammiccamenti starkiani, il<br />
RED c/o Auditorium la cui sigla<br />
sta appunto per “Ristorazione E<br />
THE KITCHEN<br />
06-5741505<br />
Il look è da Grande Mel-minimale:<br />
piastrelle, cucina a vista,<br />
orologione, pavimento “industriale”.<br />
La cucina invece sa di<br />
Mediterraneo (riso zafferano e<br />
frutti di mare, spigola in crosta)<br />
con evasioni fusion (mazzancolle<br />
su riso thai); a volte però i<br />
piatti sono distratti, lo zafferano<br />
indeciso, la crosta stracotta.<br />
Insomma, per ora è più stile<br />
che sapore. Comunque buoni<br />
vini, musica relaxing, spesa sui<br />
Design”. Così, si spiega meglio il<br />
susseguente arrivo a cascata e relativo<br />
boom dei vari Room (scusate<br />
la rima), Trattoria, Izgud,<br />
Naboo, Cru, Bliss Dinner Club:<br />
tutti posti del “Prima-guarda-poimangia”<br />
che vantano ciascuno un<br />
proprio stile (e un proprio architetto)<br />
identificabile da subito nell’arredo,<br />
poi nel menu, quindi nel<br />
sottofondo musicale.<br />
Già, ecco l’altra bella novità della<br />
risto-vague romana: l’estrema<br />
attenzione alla colonna sonora,<br />
ormai parte integrante (e importante)<br />
di ogni ristolook che si rispetti.<br />
L’ultima tessera cioè di un<br />
mosaico sensoriale dove l’offerta<br />
visiv-gustativ-auditiva è all’insegna<br />
di un benessere totale, avvolgente,<br />
originale. E naturalmente,<br />
griff(ood)ato.<br />
TRATTORIA<br />
06-68301427<br />
PAUL DE CEL<strong>LA</strong>R<br />
QUI SI MANGIA L , ARCHITETTURA<br />
ROOM<br />
06-42020434<br />
Designelementi industrialorientali,<br />
colonne e tavoli foderati<br />
in rame, bancone techno<br />
con lucine blu, resina a terra<br />
fanno già la differenza. Quattro<br />
i menu da 25 euro, uno per<br />
continente, con piatti nostrani<br />
tipo riso con trigliette, lombatina<br />
perfetta (beh, quasi) d’agnello,<br />
dolce di melanzane, ricotta e<br />
cioccolato. Insomma, una bella<br />
sorpresa già affollata di giovani<br />
ben contenti di spendere anche<br />
45 euro. Via Lucullo, 9.<br />
Chiuso domenica a pranzo.<br />
LE CRU<br />
06-6784838<br />
Frutti di mare (a 2 euro l’uno),<br />
crostacei e guscio etno-chic per<br />
questo locale annesso allo storico<br />
Gilda, dove la cucina però è<br />
ancora da registrare. World music<br />
non invadente, pubblico modaiolo<br />
e danzatori (!) in pausa<br />
cena, che vi costerà sui 40 euro.<br />
Via Mercede, 10. Chiuso a<br />
pranzo e lunedì.<br />
35 euro. Via Conciatori, 3.<br />
Chiuso domenica.<br />
Fra luci e arredi al top (qui c’è la<br />
“scuola” di Fuksas), un giovane e<br />
abile chef milanese regala bei sapori<br />
tipo quaglie con paté, pasta<br />
ai pepi, variazioni d’agnello. Bel<br />
servizio di girls, ottima scelta di<br />
vini, gente elegante ai tavoli. La<br />
location è centrale, il prezzo over<br />
50. Via Pozzo Cornacchie, 25.<br />
Chiuso a pranzo e domenica.<br />
STYLE<br />
Giochi di luce, echi<br />
postmoderne: la<br />
capitale si traveste<br />
da New York City<br />
NABOO<br />
06-36003616<br />
Non avete le allucinazioni:<br />
ogni due ore il posto cambia<br />
veramente faccia grazie alla<br />
luce delle sale che gira dolcemente<br />
tra colori che vanno<br />
dal verde al rosso in tutte le<br />
gradazioni possibili.<br />
Arredamento minimal ferrocastagno,<br />
cucina italiana rivisitata<br />
(anche pizza), bei cocktail,<br />
lounge di sottofondo,<br />
prezzi umani (30 euro). Very<br />
young-oriented.<br />
Via Cossa, 51/b.<br />
Chiuso lunedì.<br />
NAZCA<br />
06-5747638<br />
Si balla, si beve, si ascolta tiratissima<br />
house in questo grande<br />
spazio tra tecno, luci postmoderne<br />
e piastrelle di stampo<br />
sudamericano. A pranzo si<br />
agisce con buffet-a-peso, la<br />
sera con carta con menu vegetariano<br />
e voglie mex-mex<br />
(cus cus di pesce, chimichanga<br />
di carne e fagioli). Look griffato<br />
Metamorphosis, pubblico<br />
giovane e frizzante, conto sui<br />
30 euro.<br />
Via del Gasometro, 40/42.<br />
Chiuso lunedì.<br />
BLISS<br />
06-5783146<br />
NY style per questo locale<br />
dove si balla domenica sera<br />
(con cena a buffet), mentre<br />
gli altri giorni è cocktail bar<br />
con cucina carnivora. La mano<br />
è dell’architetto Gianluca<br />
Gentili, vero NY lover (si vede,<br />
si vede), la clientela di<br />
giovanotti e sbarbine, il conto<br />
sui 35 euro.<br />
Via Ostiense, 131/h.<br />
Chiuso a pranzo e lunedì.<br />
URBAN 61
illustrazione: Squaz POLVERI<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
LE BUONE TAVOLE, LE BUONE CANTINE<br />
LE PAPERE<br />
06-41205790<br />
Nuovo, carino e coraggioso,<br />
apre i battenti in una zona periferica<br />
(Rebibbia) celebre a<br />
Roma finora più per motivi giudiziari<br />
(qui c’è il secondo carcere)<br />
che gastronomici. Ma l’arrivo<br />
del metro, l’insediamento di<br />
nuovi residenti, la vicinanza del<br />
Raccordo ha evidentemente incoraggiato<br />
i due titolari, fan<br />
uno della cucina l’altro del<br />
buon vino, ad aprire tentando<br />
la sorte. Il risultato, per ora, è<br />
una vera e bella sorpresa.<br />
Gentilezza e fantasia si accompagnano<br />
alla scelta di ottime e<br />
rare materie prime (il cece piccino<br />
toscano, le grandi lenticchie<br />
umbre e laziali, i migliori<br />
fagioli aretini) elaborate con<br />
mano prudente ma felice. Un<br />
po’ semplici i dessert (ma a ragione<br />
Anthony Burdain scrive<br />
che la pasticceria sta alla cucina<br />
come la neurologia alla medicina...),<br />
piacevolissima invece<br />
la scelta dei vini e il loro servi-<br />
zio. Pubblico bello misto che ha<br />
già decretato il successo di<br />
questa new entry dal conto ragionevole:<br />
30-35 euro.<br />
Via Casale di San Basilio, 211.<br />
Chiuso lunedì.<br />
VINARIUM<br />
06-4462110<br />
Mancava proprio un altro wine<br />
bar, a San Lorenzo: dove cioè i locali<br />
si susseguono uno via l’altro<br />
e dove, proprio nella via un tempo<br />
centro della contestazione più<br />
dura, ora convogliano allo stesso<br />
tempo ragazzi alternativi e maturi<br />
ricercatori di golosità. Non era facile,<br />
ma Vinarium si sta invece<br />
strameritando il suo posto al sole<br />
con un’atmosfera allegra e accogliente,<br />
un’ottima offerta di calici<br />
a prezzo umano e con i (pochi)<br />
piatti caldi del giorno che variano<br />
alla velocità della luce senza mai<br />
tradire. Con 20 euro vi fate un<br />
buon piatto e un buon bicchiere:<br />
al giorno d’oggi, meglio prendere<br />
che lasciare. Via dei Volsci, 103.<br />
Chiuso lunedì.<br />
F.I.S.H.<br />
06-47824962<br />
È decisamente in progress<br />
questo ristorante nato, come<br />
dice il nome (che sta, non lo indovinerete<br />
mai, per Fine<br />
International Seafood House),<br />
sull’onda dell’innamoramento<br />
marittimittico dei risto-clienti<br />
romani. Piazzato in uno dei<br />
quartieri (Monti) più divertenti<br />
e fitti di locali in città, propone<br />
piatti tendenzialmente esotici e<br />
fusion, oltre ai classici (ormai)<br />
sashimi e sushi anche se in<br />
versioni personalizzate. Piatti<br />
che dopo qualche incertezza<br />
iniziale mostrano adesso mano<br />
più sicura e sapori più divertenti,<br />
per non dire dei vini scelti<br />
ancor meglio e con più dovizia.<br />
I tavolini “eat & drink” affacciati<br />
sulla strada e il pur piccolo<br />
bancone assicurano insieme<br />
alla sala una strong aria<br />
metropolitana e un pubblico<br />
vario, dal ricambio frequente.<br />
Si va dai 16-20 euro di un sushi-break<br />
ai 40-50 per un menu<br />
Per tèstare fino in fondo, bisogna<br />
essere intènditori. E non<br />
è così semplice come credetè.<br />
Secondo Darrell Corti, mitico<br />
“tèstertaster” italoamericano<br />
famoso sia tra gli enofan che<br />
tra le tazze “bone china”, degustare<br />
tè sarebbe molto più<br />
complesso che degustare vino.<br />
Lui per primo dunque approverebbe<br />
il rinnovato teaboom<br />
che i tealover romani (sì, anche<br />
tèenager) hanno decretato a<br />
varietà come Taiping Hokui,<br />
Dong Yang Dong Bai, China<br />
Mao Feng, China White<br />
Monkey (i rari e preziosi bianchi)<br />
o il commovente verde Jin<br />
Shang Tien Hua, cammeo di<br />
gemme dal cui centro, una volta<br />
in infusione, spuntano d’incanto<br />
due capolini fioriti.<br />
Senza contare i tè neri della<br />
Kusmi, storica azienda russa<br />
fornitrice dello zar.<br />
Tutto questo tèrremoto grazie<br />
alla recentè apertura da partè<br />
di Yara Bitetti, reduce da esperienze<br />
al Riccioli Café, a L’ecole<br />
du thè parigina o al Tea<br />
College con Mr. Twinings in<br />
completo. Via dei Serpenti, 16.<br />
Chiuso lunedì.<br />
JOIA<br />
06-5740802<br />
Decisamente accogliente, al secondo<br />
piano di una palazzina<br />
di Testaccio, il posto comprende<br />
anche discoteca e piano bar<br />
sugli altri livelli. È il ristorante<br />
però a brillare di luce propria,<br />
condotto com’è da uno chef<br />
giovane e ambizioso alla caccia<br />
della qualità. Mare e terra in<br />
menu, apertura fino a tarda ora<br />
(in sintonia con la location) e<br />
bella terrazza sono i punti fermi<br />
di un locale dove abbondano<br />
classici riletti (uno per tutti:<br />
“cacio e pepe” con fiori di zucca),<br />
crudità modaiole ben eseguite,<br />
dolci golosi con evidente,<br />
amorosa abbondanza cioccolatosa.<br />
Cantina in sviluppo<br />
ma già promettente, pubblico<br />
nottambulo e modaiolo, conto<br />
sui 45-50 euro.<br />
Via Galvani, 20.<br />
Chiuso a pranzo e lunedì.<br />
E BUSTINE<br />
Cinesi, russi, orientali in genere. Roma<br />
scopre la sua nuova passione per gli infusi<br />
persona, di un suo “tèatro” in<br />
via del Pellegrino 85 (Tè e<br />
teiere, tel. 06-6868824), già<br />
affollato di tèmaniaci di ogni<br />
età e sesso. “Il tè è un’eredità<br />
dalla culla della civiltà – spiega<br />
lei – e per me è oggetto di studio<br />
perenne e di rispetto”. Già,<br />
perché in questo barnegozio<br />
c’è proprio tutto quel che vorreste<br />
acquistare (anche tazze,<br />
copriteiere, zuccheriere, cucchiaini,<br />
libri), gustare e conoscere<br />
in matèria.<br />
A cominciare proprio dal tè,<br />
che qui trovatè a foglia intera,<br />
cioè non in bustina o miscela<br />
(orrore!), nelle più diverse e rare<br />
provenienze e tipologie. Siete<br />
incuriositè ma non così tèmerarie?<br />
Fatevi tèntare da Yara, che<br />
oltre a proporvi gli aromi più<br />
esclusivi, organizza vari tèminari<br />
essendo anche tèacher di<br />
“Cuoche per caso”. Quando?<br />
Informatèvi in negozio o, se<br />
proprio avetè fretta, chiamatè<br />
da casa o ufficio: un tè(lefonico)<br />
non ve lo negherà nessuno.<br />
PAUL DE CEL<strong>LA</strong>R<br />
YETI<br />
Mangiare e leggere,<br />
leggere e mangiare<br />
Uno yeti si è stabilito al<br />
Pigneto, ma più che terrorizzare<br />
i passanti accoglie chi è alla<br />
ricerca di un posto tranquillo in<br />
cui mangiare, leggere qualcosa<br />
e chiacchierare. Lo Yeti è infatti<br />
il nome di un locale che ha<br />
aperto quest’inverno in via<br />
Perugia 4 (tel. 06-7025633), in<br />
mezzo all’isola pedonale di uno<br />
dei quartieri più vivaci della città.<br />
Alla faccia della Roma che<br />
corre e si affanna, Lo Yeti propone<br />
un modello di intrattenimento<br />
slow e ragionato: accanto<br />
al bancone della sala caffè,<br />
che sforna piatti freddi, insalate,<br />
brunch, colazioni e aperitivi<br />
molto gustosi, c’è una libreria<br />
con annesso internet point.<br />
Così chi passa di qui può guardare<br />
le ultime novità librarie gustando<br />
un vino novello biologico<br />
pugliese, o fare colazione<br />
leggendo uno dei quotidiani o<br />
dei fumetti messi a disposizione<br />
per la consultazione all’interno<br />
del locale. Salvatore, Salvo,<br />
Maurizio e Daniele della cooperativa<br />
“Libera… mente” hanno<br />
puntato sull’accessibilità di<br />
questo spazio che, privo di<br />
qualsiasi barriera architettonica<br />
è interamente accessibile anche<br />
a visitatori sulla sedia a rotelle.<br />
Ma Lo Yeti è accessibile anche<br />
per le tasche dell’eterogenea<br />
popolazione del quartiere, che<br />
può contare su prodotti biologici<br />
controllati senza dover<br />
rompere il salvadanaio.<br />
Buono il piatto di formaggi<br />
misti (6 euro), che si accompagna<br />
benissimo con i vini proposti<br />
dalla carta. E non snobbate<br />
la piccola e fornita libreria,<br />
che strizza l’occhio alla<br />
piccola editoria e alle produzioni<br />
indipendenti e offre<br />
un’ampia scelta di titoli di narrativa,<br />
di fumetti di autore e di<br />
libri su e per i bambini.<br />
LUCREZIA CIPPITELLI<br />
URBAN 63
illustrazione: Squaz<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» BOLOGNA<br />
TUTTI CARNIVORI,<br />
LESSO CHI LEGGE<br />
Non siete mai stati<br />
a Bologna se non<br />
avete affrontato un<br />
serio carrello dei<br />
bolliti. Ecco dove e<br />
come. Andateci piano<br />
Vi danno del bollito? Può capitare<br />
anche ai più svegli. Noi<br />
però vi conosciamo bene: non<br />
l’accogliereste con molto fair<br />
play. Sbottando e meravigliandovi<br />
per un simile affronto,<br />
protestereste subito tutta la<br />
vostra vivacità. Invece sbaglia-<br />
te a fraintendere, perché davanti<br />
a un bel lesso la scelta<br />
è una sola: aprire la bocca,<br />
chiudere gli occhi e… affondare<br />
i denti in quella carne così<br />
tenera che si disfa in bocca.<br />
Già, il bollito di carne: un<br />
piatto per bolliti, direte voi.<br />
Invece no, cari miei. Piuttosto,<br />
un rito che oggi torna di moda<br />
proprio grazie ai primi rigetti<br />
da fast burger. Tant’è che insieme<br />
a questo piattino leggero<br />
leggero, ecco rifarsi avanti arrosti<br />
e cotolette, zamponi e cotechini,<br />
grigliate e bisteccone.<br />
Piatti tosti e robusti che acco-<br />
IL FASCINO DISCRETO DEL<strong>LA</strong> GRIGLIA<br />
ROADHOUSE GRILL<br />
051-6311705<br />
Vi ricordate Il duro del<br />
Roadhouse, il film con Patrick<br />
Swayze? Bene, ecco una cosuccia<br />
del genere, scazzottate a parte:<br />
un american saloon con cucina<br />
texana e pure tex-mex a base di<br />
piattoni unici. Di cosa? Che domande:<br />
meat rigorosamente alla<br />
griglia (Ribeye, New York Strip,<br />
Prime Rib, Filet Mignon, T-Bone<br />
Steak) con super contorni di chili,<br />
patatine fritte e ketchup. Conto<br />
sui 20, 25 euro. Via Stalingrado,<br />
40. Sempre aperto.<br />
<strong>LA</strong> GRIGLIA D’ORO<br />
051-307406<br />
D’accordo, d’accordo, l’arredamento<br />
non sarà il massimo<br />
dello stile, però il mancamento<br />
davanti al carrello degli arrosti<br />
o dei bolliti, da manuale o quasi,<br />
è assicurato. Senza contare<br />
poi la vasta scelta di carne<br />
alla griglia o di cotolette<br />
(quelle vere, una volta tanto)<br />
alla bolognese. Alla fine spenderete<br />
tra i 20 e i 30 euro,<br />
bevande escluse.<br />
Via Mazzini, 119. Chiuso<br />
mercoledì.<br />
munano nonni e nipoti, non così<br />
frequenti però al ristorante<br />
(i nonni? Ma no, i piatti!) in tempi<br />
di mangiarlight. Così, è certo<br />
più facile imbattersi nei soliti<br />
carpacci o straccetti di filetto<br />
con rucola e/o grana: secondi<br />
più dietetici e recenti ma oggetto<br />
ormai di lunch impiegatizi nei<br />
baretti più periferici.<br />
Meno male però che nella<br />
Bologna lussuriosa la ciccia più<br />
vera e carnosa, quella al forno<br />
o alla griglia per capirci, non<br />
manca: fate un salto al Don<br />
Camillo in via San Gervaso 5/d,<br />
alla Trattoria Boni in via Sturzo<br />
TRATTORIA<br />
MELONCELLO<br />
051-6143947<br />
Una trattoria d’una volta, ma<br />
già adeguata ai giorni nostri,<br />
dove andare allegramente di<br />
mascelle tra succulenti classici<br />
carnali. Per esempio?<br />
Spezzatino di vitello, ossobuco<br />
al sugo rosso, coniglio disossato,<br />
arista di maiale e arrosto di<br />
vitello al forno. E per contorno<br />
ecco un’altra delizia tutta emiliana,<br />
il friggione.<br />
Via Saragozza 240/a.<br />
Chiuso lunedì sera e martedì.<br />
22/c, da Vito in via Musolesi 9<br />
o alla Trattoria San Sisto in via<br />
San Donato 194, cioè tutti<br />
paradisi per meat-lovers a base<br />
di filettazzi, tagliate, stinchi<br />
(di maiale), trippe e spezzatini,<br />
e capirete masticando di che<br />
cos(ci)a stiamo parlando. Se poi<br />
avete appetito da cowboy/girl,<br />
potete farvi la vostra amata<br />
bi-steak alla griglia in una steakhouse<br />
american-style,<br />
il Roadhouse Grill in via<br />
Stalingrado 40. Come si dice,<br />
a ognuno la carnazza (anche<br />
quella nel piatto) che si merita...<br />
CICCERIA<br />
051-942896<br />
CARLO FRASSOLDATI<br />
Un nome, una garanzia (di ciccia).<br />
Anche perché il castrato<br />
è una specialità di Castel San<br />
Pietro che vale la trasferta: in<br />
questa trattoria lo trovate ricco<br />
e ben cotto, in compagnia di<br />
verdure alla griglia e vini delle<br />
colline. Non mancano piadine,<br />
crescentine e pasta fatta in<br />
casa (sì, ancora al mattarello!).<br />
Prezzi carnalmente onesti.<br />
Castel San Pietro, via<br />
Matteotti, 41.<br />
Chiuso mercoledi.<br />
FARE NOTTE<br />
Dal wine bar alla<br />
notte cubana.<br />
L’importante è<br />
tirar tardi, mangiare<br />
e bere bene<br />
BAR & WINERY<br />
051-227048<br />
Il nome non sarà molto originale,<br />
però è uno dei posticini<br />
più trendesclusivi in città, grazie<br />
anche alla fashion-location,<br />
in mezzo ai negozi di moda<br />
più top (conta? Eccome se<br />
conta). Per questo, per tutto<br />
l’arco della giornata, tra abatjour<br />
e arredo minimal, ci potete<br />
trovare modaiol people che<br />
prima o dopo lo shopping e<br />
con bel savoir-faire si schicchera<br />
un caffè, sorseggia bei<br />
cocktail, degusta bei vini,<br />
sgranocchia mini-pasticcini<br />
o assaggia mini-spicchietti di<br />
formaggi. Il tutto, s’intende, a<br />
prezzi adeguati: modesse<br />
oblige… Galleria Cavour, 1/r.<br />
Sempre aperto.<br />
COHIBA<br />
051-6390527<br />
Cercate una noche caliente<br />
per gambe e stomaco?<br />
Ecco un ristodiscopub dall’aria<br />
tropicalcubankitsch,<br />
dove bailar anche la salsa<br />
fino alle ore piccole.<br />
Nella zona ristorante, più<br />
tranquilla, potete invece assaggiare<br />
specialità di Fidel<br />
doc tipo platanos fritos<br />
(similbanane fritte), lechon<br />
asado (un leccone? Ma no,<br />
il maialino alla brace!), camaron<br />
borracho (gamberetti<br />
stufati) e anche langosta<br />
(bravi, l’aragosta!) cotta in<br />
birra e vino.<br />
Peccato solo per il servizio,<br />
un po’ lento e svagato...<br />
esattamente come a Cuba:<br />
rifatevi pure con un buon<br />
rum e un bel sigaro, entrambi<br />
cuban-caraibici.<br />
Via del Borgo San Pietro,<br />
54 a/b. Sempre aperto.<br />
URBAN 65
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» TORINO<br />
GOLOSI DI VERDURE<br />
RIMASTI AL VERDE<br />
Niente carne?<br />
Nessun problema.<br />
Torino offre molte<br />
chance a chi rifiuta<br />
di mangiare animali.<br />
Guida vegetariana<br />
Verdurine fan? Ipervegani?<br />
Insalatinaficionados?<br />
Macrobiotici? Insomma, siete vegetariani<br />
o giù di lì? Allora fatevi<br />
sotto e affilate i denti (si fa per dire)<br />
perché dopo il primo Vegan<br />
Festival di pochi mesi fa Torino<br />
sembra proprio avviata verso il<br />
mangiarverde più fresco e attuale.<br />
Niente paura, non vi parleremo<br />
dei ristoranti vegetariani old style,<br />
quelli no-meat ma con menu<br />
noiosetti, dedicati al ghetto dei<br />
turinvegani: di questi ricordate<br />
solo Il Punto Verde di via San<br />
Massimo, oggi rinfrescato nell’immagine,<br />
nei piatti e nel pubblico.<br />
Al grido di “vegetariani si diventa,<br />
non si nasce”, le new entries<br />
del veggie food rispondono<br />
invece con originalità alle<br />
esigenze più attuali: curiosità<br />
gastronomiche, wellness, scelte<br />
etiche e non violente, anche e<br />
soprattutto a tavola. Perché evitare<br />
la carne fa bene agli animali<br />
ma anche all’uomo, sostengono<br />
i nutrizionisti. Eccoli allora, i<br />
nuovi veg-locali: piacevoli e sani,<br />
con ingredienti biodinamici e<br />
multietnici, piatti creativi e relax<br />
assicurato, attirano finalmente<br />
curiosi di ogni età e sesso, dagli<br />
ortodossi ai neofiti. Tutti insie-<br />
VEGANI SUL POSTO E DA PORTAR VIA<br />
SESAMO’S KITCHEN<br />
011-655548<br />
Caffetteria , gastrovegetarianomia<br />
e biocucina (fino alle 19,30) in un<br />
solo, squisito locale figlio del vicino<br />
Sesamo, negozio di alimenti<br />
naturali in via Berthollet. Qui gli<br />
ingredienti sono tutti bio, le ricette<br />
etnico-vegane e trovate anche<br />
a richiesta piatti (certificati)<br />
Kasher Parve. Tra infissi azzurro<br />
cielo e arredi in legno si servono<br />
tè e tisane introvabili o quasi,<br />
centrifugati e torte sfiziose. A<br />
pranzo scelta fra zuppe di cereali<br />
me vegetarianamente. Quali sono?<br />
Tra i più gettonati la<br />
Mezzaluna di piazza Emanuele<br />
Filiberto, dove si mangia e si<br />
compra di tutto purché vegemacrobioequosolidale:<br />
alimenti, cosmesi,<br />
prodotti per la pulizia.<br />
Una bio-chicca è anche Sesamo’s<br />
Kitchen, risto-caffetteria di lec-<br />
e legumi, riso con zenzero e verdurine,<br />
tempura, seitan tonnè e<br />
piattini a base di tofu, soia verde<br />
e alghe marine. Il tutto per dieci<br />
euro circa: apriti, Sesamo.<br />
Via Saluzzo, 23 bis.<br />
Chiuso domenica.<br />
GASTRONOMIA<br />
VEGETARIANA<br />
011-3828605<br />
Cercate un take a-veggie-way vegan-macrobiotico?<br />
Magari che sia<br />
anche market e catering hi-level?<br />
Eccolo: le materie prime in vendi-<br />
cornie verdurose, sede di conferenze<br />
e corsi di cucina naturale.<br />
Piatti solo d’asporto invece per il<br />
momento alla Gastronomia<br />
Vegetariana in via Di Nanni: un<br />
vero peccato, perché la cucina<br />
qui è libera da schemi e rispettosa<br />
dell’ambiente. Aspettiamo...<br />
Un’alternativa? I ristoranti indiani,<br />
ta sono super a partire da frutta e<br />
verdura bio, cereali integrali o decorticati,<br />
dolcificanti naturali, perfino<br />
farine macinate a pietra da<br />
Raffaella Goria, anima e cuoca di<br />
questo bel posticino. È lei che,<br />
usando solo pentole in coccio e<br />
wok, prepara torte salate ripienissime<br />
di verdura di stagione (2 euro<br />
le mignon), la gettonatissima (e<br />
golosa) capricciosa con maionese<br />
di tofu, una bella paella vegetariana<br />
o un super taboulè di cous cous:<br />
insomma, un vero biodelight.<br />
Via Di Nanni, 116.<br />
Chiuso domenica e lunedì.<br />
attenti da sempre alle veggiesigenze:<br />
deliziosi per esempio i<br />
menu verdi del Red Fort in via<br />
Plana, serviti tra ardesia, arenaria<br />
e terre naturali. Per buona pace<br />
dello spirito, della vista e sì, anche<br />
dello stomaco.<br />
IL PUNTO VERDE<br />
011-885543<br />
CRISTINA <strong>LA</strong>TTUADA<br />
Per ora, è l’unico ristovegetariano<br />
ad apertura anche serale.<br />
Bene? Solo benino... Infatti ci<br />
sono dei però (però, però)... le<br />
sale sono biotristanzuole, le<br />
proposte a base di cruditè, tofu,<br />
tempeh e seitan, biocosì biocosì.<br />
Non male invece risi & risotti.<br />
Menu del Re a 25 euro (bevande<br />
escluse); alla carta invece<br />
il conto va dai 20 euro in su.<br />
Via San Massimo, 17.<br />
Chiuso domenica.<br />
illustrazione: Squaz<br />
TRADITIONAL<br />
Buoni vini e osterie<br />
come quelle<br />
di una volta. In<br />
città e in collina<br />
ROSSO RUBINO<br />
011-6502183<br />
Accogliente con stile, questa<br />
enoteca aperta da poco in<br />
San Salvario: arredi neri/rubino<br />
e pavimenti in legno<br />
fanno il paio con vini serissimi,<br />
grandi distillati e sfizi<br />
food. Il tutto a prezzi onesti,<br />
con costo del calice (di<br />
grandi etichette) da 1,60 a<br />
3,60 euro, mentre le stuzzicherie<br />
golose fanno 2 euro<br />
al piatto. Ogni giorno poi,<br />
ecco una nuova proposta di<br />
abbinamento tipo barbaresco<br />
da bere con una bella<br />
toma d’alpeggio stagionata:<br />
se amate vini & affini, è il<br />
posto che fa per voi.<br />
Via Madama Cristina, 21.<br />
Chiuso domenica.<br />
TROMLIN<br />
011-6613050<br />
Una trattoria in collina ferma<br />
nel tempo con arredo<br />
povero, servizio casalingo e<br />
menu fisso (ma ricco), assolutamente<br />
piemontese. A<br />
partire dall’antipasto: pinzimonio<br />
con bagna caoda delicata<br />
(meno male), tagliere<br />
di salami, frittate calde e<br />
crema di robiola. Poi ecco<br />
agnolotti al ragù, tajarin e<br />
cannelloni, seguiti dagli immancabili<br />
arrosto e coniglio.<br />
Per finire (che must!) le frittelle<br />
di mele con marmellata<br />
tiepida, proprio come una<br />
volta. Il conto di quella che<br />
sarà invariabilmente una<br />
grande abbuffata varierà fra<br />
i 25 e i 30 euro: dipende da<br />
quante bottiglie di vino vi<br />
sarete scolate.<br />
Cavoretto, via alla<br />
Parrocchia 7.<br />
Sempre aperto.<br />
URBAN 67
illustrazione: Squaz<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» NAPOLI<br />
CIBO COSMOPOLITA<br />
SAPORI DEL MONDO<br />
Napoli accoglie tutti, anche i “barbari” che portano cibi e pietanze da tutto il resto del<br />
pianeta. Piccola guida per passare dal Vesuvio e mangiarsi tutto il mondo. A tavola!<br />
Ammettiamolo: noi napoletani<br />
siamo curiosi assai, aperti a tutto<br />
(mentalmente, che pensate?),<br />
addirittura disposti a qualsiasi<br />
invasione barbarica. E, perché<br />
no, gastronomica: lo dimostra il<br />
recente boom in città della cucina<br />
barbara, appunto (beh, diciamo<br />
esotica. O meglio, etnica).<br />
Fateci caso: cinesi a parte, gli<br />
etno-risto rappresentano una<br />
bella novità dove andare per respirare<br />
aria nuova (in cucina) al<br />
posto dei soliti quattro salti in<br />
padella: volete mettere un sushi<br />
con uno spaghetto alle vongole?<br />
Un kebab contro un ripieno<br />
mozzarella e scarole?<br />
Suvvia, non siate antichi e fate<br />
anche voi come quella piccola<br />
folla di studenti, artisti e professionisti<br />
che da qualche mese sta<br />
decretando la gastroetnomania<br />
senza mezzi termini. Come dite?<br />
È una mania che costa cara?<br />
Vero, se vi basate sul mangiarjap:<br />
una cena al Jap-one in via<br />
Santa Maria Cappella Vecchia<br />
30 i/l (cuoco super, prenotazioni<br />
impossibili, aria sciccosnob) vi<br />
costerà una bella quarantina di<br />
euro a cranio. Prendere o lasciare.<br />
Per questo universitari e<br />
creativi lasciano e preferiscono<br />
posticini più cippettini: gli arabi<br />
“svelti” del Kebab Express in via<br />
Sedile di Porto 72, cinesi tipo<br />
Hong Kong in Vico I Quercia 5/a<br />
oppure l’afrotavola calda stile<br />
Burkina Faso in via Torino 110.<br />
Se questi sono ancora indirizzi<br />
per pochi gastro-avventurosi<br />
(scarsi i clienti italiani), tra<br />
Chiaia, San Ferdinando e<br />
Posillipo trovate diverse proposte<br />
più easy per ambiente e menu:<br />
dai giapponesi Kukai o<br />
Siddharta in zona Chiaia ai vari<br />
sudamericani concentrati fra via<br />
Martucci e via Bausan (Il Picaro,<br />
El Bocadillo, Corcovado). Senza<br />
dimenticare, per la serie “Magna<br />
Grecia” e se cercate il pieno di<br />
tatziki e moussakà, Zorbas in<br />
Gradini Amedeo 5. Insomma,<br />
buon etnoappetito.<br />
BASCHI, JAP, E UN PO , D , ARABIA<br />
A<strong>LA</strong>DIN<br />
Via S. Anna dei Lombardi, 19.<br />
Il nome rappresenta la prima<br />
catena di risto-arabi in città:<br />
tra quello storico in via Torino<br />
e quello più recente in piazza<br />
Garibaldi (solo take arab-away<br />
con kuzu sis, chauarma e altri<br />
arabeschi) c’è questo, il più caruccio.<br />
Qui un kebab in versione pita<br />
o sfilatino costa 2,50 euro, ma<br />
trovate anche crocchette di mais<br />
con feta, falafel, cus cus, giros,<br />
tagin. Arab sound in sottofondo,<br />
zero alcolici e... niente telefono.<br />
Via Sant’Anna dei Lombardi,<br />
19. Chiuso domenica a pranzo.<br />
<strong>LA</strong> CASA BASCA<br />
081-5752053<br />
In cucina una vera señorita di<br />
Bilbao (dov’è??? Nei Paesi Baschi<br />
spagnoli, geoignoranti!) prepara<br />
baccalà in infinite varianti, tutte<br />
ottime (il top? Al pil pil, al pil pil!).<br />
Ma ci sono anche carne, pesce e<br />
bei dolci; spenderete 30 euro per<br />
mangiar mucho e bene. Gente:<br />
prenotare! Via R. Galdieri, 6.<br />
Chiuso a pranzo e domenica.<br />
SIDDHARTA<br />
081-406181<br />
Un ambito sushi bar con very<br />
elegant menu dove le jap-specialità<br />
si alternano a proposte<br />
italo-classiche ma revisited<br />
(insalate, paste, carpacci e dolcetti).<br />
L’ambiente è ricercato,<br />
il design è impeccabile e lo<br />
spazio si articola in più rooms,<br />
ognuna co(o)l suo carattere.<br />
Dance after midnight. E il<br />
conto? Si aggira sui 30 euro.<br />
Via Vito Fornari, 15.<br />
Sempre aperto.<br />
KUKAI<br />
081-411905<br />
CIRO CACCIO<strong>LA</strong><br />
Io kukai, tu kukasti... sashimi,<br />
tofu, miso-zuppa, california roll<br />
(anche vegetariani), birra giapponese.<br />
Il tutto con sotto bella<br />
musica in un simpatico take<br />
away minimal e centralissimo,<br />
con personale very kind e<br />
spendendo il giusto. Cioè tra<br />
i 10 e i 15 euro se affamatissimi.<br />
Frequentazione ok: stranieri,<br />
gentlegay e radicalchic.<br />
Via Carlo de Cesare, 55/56.<br />
Chiuso a pranzo e domenica.<br />
PRIMA E DOPO<br />
Ostriche per aperitivo<br />
e dolci dopo<br />
il caffè. Ecco dove<br />
farlo per bene<br />
KALIGO<strong>LA</strong><br />
081-6583696<br />
È venezuelana e si chiama<br />
Trilli. Chi? Una delle attrazioni<br />
che fanno del neonato oyster<br />
bar a ridosso di piazza<br />
dei Martiri il posto più gettonato<br />
del momento. Le altre?<br />
Ottima scelta di vini, buona<br />
musica, savoir-faire. E una serie<br />
di stuzzichini rustici, dalle<br />
quiche al battuto di rucola,<br />
capaci di saziare anche una<br />
robusta fame da cena o giù<br />
di lì. Spenderete dai 10 ai 30<br />
euro, ma vi conviene prenotare.<br />
Via S. Maria Cappella<br />
Vecchia, 5. Chiuso lunedì.<br />
IL CAFFÈ<br />
DEI FRESCHI<br />
081-7641604<br />
Il turista immagina che i “freschi”<br />
possano essere babà,<br />
cornetti, pizzette o gli splendidi<br />
macinati di caffè. Invece<br />
i “freschi” sarebbero certi<br />
bellocci che a volte capita<br />
di avvistare anche qui, dopo<br />
il ventesimo babà ingollato<br />
(state freschi!). Comunque<br />
sia, un bel piccolo, simpatico<br />
e garbato bar appena spuntato<br />
fra le colonne di piazza<br />
Plebiscito.<br />
Piazzetta Carolina, 3.<br />
Sempre aperto.<br />
CAFFÈ VESUVIO<br />
081-19360815<br />
Mancava una pasticceria ufficiale<br />
nella bellissima piazza<br />
già zeppa di bar, baretti, barocchi<br />
e barricadieri no global.<br />
E allora eccone una nuova<br />
di zecca, con snack, gelati<br />
e cassiere niente male. Se vi<br />
accontentate...<br />
Piazza del Gesù Nuovo, 34.<br />
Sempre aperto.<br />
URBAN 69
testo: Lia Celi / illustrazione: Annalisa Pagetti<br />
PADRENASTROADIEU<br />
LE NUOVE TECNOLOGIE SONO UNA COSA BELLISSIMA, ma ti obbligano a buttare quelle vecchie. Così, milioni<br />
di italiani devono rottamare i loro vecchi vhs, raccolti in una vita di sforzi da cinéphiles, dopo aver buttato le loro<br />
vecchie cassette sostituite dai cd. Domanda: tra quanto tempo dovremo buttare i nuovi dvd diventati vecchi?<br />
Ottaviano Augusto, che di home-theater si intendeva<br />
poco, ma in materia di imperi era un’autorità, l’aveva già<br />
intuito duemila anni fa: “dvd et impera”. Il nuovo supporto<br />
digitale sta invadendo le nostre cineteche domestiche,<br />
e le vecchie videocassette non oppongono più<br />
resistenza della Guardia Nazionale irachena. Una razza<br />
superiore cerca il suo spazio vitale sui tuoi scaffali, e per<br />
la meno progredita etnia dei vhs non c’è scampo. E sei<br />
tu l’incaricato che deve toglierla materialmente di mezzo,<br />
in fretta. Ma non è facile.<br />
PADRE NASTRO<br />
Il buon senso ti consiglierebbe di gestire con calma l’interregno<br />
fra analogico e digitale e di liquidare le cassette<br />
alla spicciolata, via via che gli stessi titoli escono su<br />
dvd. Ma sono già usciti. I tuoi amici ce li hanno. Ogni<br />
giorno fissi con odio crescente la Grande Muraglia di<br />
astucci che un tempo era il tuo orgoglio e oggi ti inchioda<br />
a un medioevo mediatico in cui risuona il cigolio del<br />
rewind. Niente doppiaggi multipli e sottotitolati, niente<br />
supplementi da cinéphile. E poi, vuoi mettere l’estetica?<br />
Il dvd, snello e iridescente, contro lo squallido parallelepipedo<br />
nero? Tanto più che il grosso della tua cineteca<br />
è robaccia presa all’edicola, con la custodia in cartoncino<br />
che già a una settimana dall’acquisto pendeva lacera<br />
come le bende di un lebbroso. L’ideale sarebbe sbolognare<br />
tutta quella robaccia a un pirla che pur avendo già<br />
comprato un lettore dvd non sa resistere alla tentazione<br />
di portarsi via un sacco di vhs per quattro soldi. Peccato<br />
che il tuo negoziante ci abbia già pensato e il pirla in<br />
questione sia tu.<br />
DVD KILLED THE VIDEO STARS<br />
Le cassette sono un cadavere scomodo. Pura plastica riciclabile<br />
allo zero per cento. Il tuo cuore di ambientalista<br />
sanguina all’idea di lordare il pianeta con un’altra carriolata<br />
di derivati del petrolio. Che fare? O rifili tutta la collezione<br />
al prete dell’oratorio (ricordandoti troppo tardi che<br />
nella custodia dei Tre moschettieri c’è ancora la cassetta<br />
pirata di Buchi roventi, un acquisto giovanile che volevi<br />
occultare agli sguardi indiscreti), oppure srotoli il nastro<br />
e lo servi agli ospiti a mo’ di spaghetti cinesi (ci vuole<br />
molta salsa di soia, ma l’illusione è perfetta). Terza soluzione,<br />
stivare i vhs in cantina in attesa dell’inevitabile revival.<br />
Tempo un anno, e si ripeterà quel che successe dopo<br />
il passaggio dal vinile al compact disc: i gourmet del<br />
timpano, stufi del suono freddo e pulito del ciddì, hanno<br />
riscoperto le sonorità dei vecchi lp, ruvide e saporose come<br />
la pasta tirata al mattarello. Presto qualcuno rimpiangerà<br />
la definizione crepuscolare del vhs, il suo appeal plasticoso<br />
e casalingo, quel formato che riempiva così bene<br />
le mani, e soprattutto una qualità indispensabile per la<br />
classica serata pizza-film in casa: la cassetta, anche se incrostata<br />
di mozzarella, funziona. Il dvd si inceppa con<br />
URBANSATIRA<br />
una ditata, e manco puoi metterlo in lavastoviglie.<br />
IL RITORNO DEL RE(MAKE)<br />
Uno degli aspetti più seducenti del dvd è la sua inalterabilità.<br />
Il vhs era più umano, invecchiava e si sbiadiva,<br />
mentre il dvd è praticamente eterno. Ma qui sta la vera<br />
rivoluzione digitale: il supporto è imperituro, ma l’opera<br />
diventa più deperibile dello stracchino. Un film di successo<br />
può essere riproposto ogni due anni in “new edition”,<br />
siliconandolo con un nuovo supplemento superfluo: un<br />
finale alternativo, il making of del making of, un’ora di<br />
girato originariamente soppressa perché l’opera venisse<br />
classificata come film e non come sonnifero, l’intervista<br />
all’unico attore che aveva marinato il giorno che furono<br />
girate le interviste al cast del dvd precedente, il rarissimo<br />
trailer per il mercato papua e così via. Il fan di Guerre<br />
Stellari rinuncerà più volentieri alle mutande che all’ennesima<br />
minuzia inedita sul suo mito. Gli ottimisti inneggiano<br />
all’opera aperta, i pessimisti temono la perdita dell’“aura”.<br />
In effetti, se Michelangelo, appena scolpito il David,<br />
avesse inondato il mercato non solo con i bozzetti preparatori,<br />
ma anche con tutti i pezzi di marmo scartati, più<br />
le interviste al modello (“Imbarazzato a posare nudo? No,<br />
con Mike è scattato subito il feeling giusto”) e al cavatore<br />
di Carrara (“Gli voglio bene più che alla mi’ mamma”),<br />
i fiorentini l’avrebbero consegnato al bargello.<br />
Giustamente.<br />
URBAN 71