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N. 36 n.s. – Settembre-Dicembre 2007 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
a seconda parte della Descrizione set-<br />
L tecentesca del Principato Ultra tratta,<br />
come si è detto, di alcune città e terre della<br />
provincia1. Qui di seguito si riportano le<br />
pagine che si riferiscono a due importanti<br />
città irpine: quella di Montefusco, capoluogo<br />
della provincia, e quella di Ariano,<br />
una delle città più antiche e più ricche del<br />
Principato.<br />
La descrizione di Montefusco è soprattutto<br />
una lunga dissertazione sulla storia<br />
della città e della sua istituzione principale,<br />
la Regia Udienza, ma non mancano<br />
notizie sul centro abitato, sui suoi casali<br />
e sul territorio circostante, oltre alle<br />
informazioni sulla vita economica, sociale<br />
e religiosa del paese, con l’elenco delle<br />
“famiglie più ragguardevoli”.<br />
Il manoscritto fu compilato pochi anni<br />
dopo il sisma del 1732, uno dei più rovinosi<br />
per la provincia irpina, e gran parte<br />
dei centri urbani descritti mostravano ancora<br />
le ferite del terremoto. Così, a proposito<br />
dell’antico castello di Montefusco,<br />
nel XVII secolo sede del Tribunale dell’Udienza<br />
e delle “orride, e malaggevoli”<br />
carceri della provincia, l’autore ricorda la<br />
ricostruzione dell’edificio promossa da<br />
Carlo di Borbone, che aveva voluto prigioni<br />
più umane, con celle “ampie, agiate,<br />
e di assai buona forma”, ben diverse da<br />
quelle dei tempi passati, “che sovventi<br />
volte […] riuscivano di sepolcro ai poveri<br />
imprigionati”.<br />
Nelle pagine dedicate ad Ariano l’autore<br />
evidenzia lo stretto rapporto tra la<br />
città e i terremoti che nel corso dei secoli<br />
l’avevano più volte rasa al suolo; all’epoca<br />
della descrizione molti cittadini arianesi<br />
vivevano ancora nelle baracche approntate<br />
dopo il sisma, anche se l’economia<br />
della città, grazie anche agli aiuti concessi<br />
dal sovrano, cominciava lentamente a<br />
risollevarsi. Per quanto riguarda la storia<br />
sociale del paese, la trattazione di Ariano<br />
è conclusa da un elenco di famiglie insolitamente<br />
lungo; il contenzioso sorto tra<br />
gli arianesi per stabilire quali fossero le<br />
casate più antiche e illustri del paese aveva<br />
suggerito all’autore, ignaro “de’ loro<br />
archivi, e delle loro antiche particulari memorie”,<br />
di mantenersi prudentemente al<br />
di fuori della questione, citando come “raguardevoli”<br />
tutti i nuclei familiari che<br />
avessero una discreta rendita economica,<br />
sebbene in molti casi essa fosse di gran<br />
EM<strong>IL</strong>IO RICCIARDI<br />
L’IRPINIA NEL SETTECENTO (II)<br />
lunga inferiore a quella di altre famiglie<br />
della provincia.<br />
Si è cercato, compatibilmente con le<br />
esigenze tipografiche, di rendere le pagine<br />
come appaiono sul manoscritto; l’apparato<br />
critico originario è stato riportato<br />
tra parentesi e in corsivo, senza sciogliere<br />
le abbreviazioni usate dall’autore; nello<br />
stesso modo e con lo stesso carattere sono<br />
state riportate le glosse a margine di alcune<br />
pagine.<br />
* * *<br />
Capo II - Divisamento particulare<br />
della città, e di talune terre più cospicue<br />
della provincia di Principato Ultra<br />
Egli si è ragionevole cosa, e doverosa, perché<br />
dovemo di tutte le città, e delle terre della<br />
provinzia, spezialmente delle più cospicue, qui<br />
brevemente ragionare, tralasciando l’ordine alfabetico,<br />
prender principio, ed incominciamento<br />
dal capo, e metropoli della provinzia,<br />
cioè da Montefusco, che città dee riputarsi,<br />
ancora che piccol paese si fosse, e stasse di<br />
senza del vescovo, per la cui fisa residenza in<br />
talun luogo, avviene in questo nostro Regno di<br />
Napoli, secondo scrive Luca di Penna (a), che<br />
ricevesse, e portasse cotal luogo lo specioso<br />
nome di città. Imperocché, senza recar qui altro<br />
argomento, bastevol cosa si è a dire, che residendo<br />
in Montefusco il Regio Tribunale dell’<br />
Audienza, viene ella per tale occasione capo, e<br />
madre degli altri luoghi della provinzia costituita,<br />
come ogni altro esempio tralasciando,<br />
per tale la riconobbe la città di Napoli, alloracchè<br />
nel felice ingresso del re nostro signore,<br />
che Iddio guardi, e delle sue vittoriose armi<br />
in esso Regno, trovandosi egli giunto in Aversa,<br />
mandò la città di Napoli lettera a Montefusco,<br />
siccome ad altre metropoli delle provinzie,<br />
perché lo riconoscesse signore del Regno, e<br />
che in suo nome a tutte le altre città, e terre<br />
della provinzia avesse lo stesso similmente fatto<br />
fare, come diggià subitamente si fece. Essendo<br />
adunque Montefusco metropoli, e capo<br />
della provinzia ragionevolmente il titol di città<br />
le compete (a); onde città in molti dispacci, e<br />
moderni, ed antichi dei passati viceré del Regno<br />
diretti per diverse faccende al Tribunal<br />
della Udienza viene Montefusco denominata.<br />
La città adunque di Montefusco circa gli<br />
anni di Cristo 780 i Longobardi sopra un<br />
monte fondarono, senza sapersi, se non vo-<br />
11<br />
gliamo con taluni scrittori favoleggiare, perché<br />
l’aggiunto di Fusco, o eglino, od altri l’apponessero.<br />
Ella ne’ tempi andati più stesa si era di<br />
quello che oggidì la vedemo, e forte luogo, e<br />
fornito riputato, sicché ed il re Tancredi nell’anno<br />
1193 ritornando di Puglia qui dimorovvi<br />
(Anonym Cassinen in Chronic), ed il re<br />
Ruggiero, da poi che per consiglio del cardinal<br />
Crescenzi rettore beneventano depredò la città<br />
di Benevento, portossi, e colla molta gente fatta<br />
prigioniera, in Montefusco si trattenne (Falco<br />
in Chronic); d’onde partitosi poi, perché i<br />
beneventani affrenati rimanessero, vi lasciò un<br />
contestabile, cioè uno di quei contestabili, che<br />
minori chiamavansi, la dicui podestà a quella<br />
de’ governadori d’oggidì de’ luoghi di questo<br />
nostro Regno si era uguale, a differenza del<br />
maestro, o del magno contestabile, l’autorità<br />
del quale di gran lunga più stesa si era, e grandissimamente<br />
da quella de’ minori contestabili<br />
differiva.<br />
Ma piucche ogni altro il re Ferdinando I<br />
d’Aragona, alloracché i Franzesi nelle possessioni<br />
di questo suo regno lo molestavano,<br />
ritiratosi come in luogo forte e sicuro, in Montefusco,<br />
vi fece in essa città durevol permanenza.<br />
E qui soggiornando ristorò la dilui collegial<br />
chiesa, intitolata S. Giovanni del Baglio,<br />
e vi affisse le sue armi, le quali presentemente<br />
ancor vi si vedono; della qual chiesa,<br />
poicche di regia collazione, non riputo fuor<br />
di proposito recarne qui con brevità particulare<br />
ragguaglio.<br />
La chiesa di S. Giovanni del Baglio, o sia<br />
del Vaglio, situata in Montefusco, non vi è<br />
dubbio veruno che sia di regia collazione si<br />
fosse, e pleno iure alla maestà dei serenissimi<br />
re di questo Regno spettasse: imperciocché<br />
quantunque della dilei regal fondazione nessuna<br />
contezza oggidì si tenesse, essendosi, o a<br />
cagione dell’antichità, o per le guerre, ed altre<br />
calamità nel Regno accadute, le necessarie<br />
scritture disperse, pure da quelle, che trovansi<br />
presentemente nell’archivio di essa chiesa, ed<br />
altrove registrate, si legge, ed osserva, che il re<br />
Carlo I d’Angiò nell’anno 1270, e Carlo II<br />
nell’anno 1291, e 1290; il re Roberto negli anni<br />
1310, 1333, e 1339, e la regina Giovanna I<br />
co’ loro regali collazioni varie persone delle<br />
cappellanie di essa chiesa investirono; come<br />
si legge ancora, che nell’anno 1390 il re Ladislao<br />
fece della mentovata chiesa concessione al<br />
monistero de pp. Benedittini di Monte Vergine<br />
della città di Avellino; il che fu cagione, che<br />
anni appresso, cioè nell’1392, il clero di essa