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N. 36 n.s. – Settembre-Dicembre 2007 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
EDUCARE AD AMARE È PARTE INTEGRANTE DI OGNI PERCORSO FORMATIVO<br />
ESSERE BUONI MAESTRI<br />
Tutti noi con i diversi ruoli e le differenti responsabilità nella società siamo educatori; ma saremo<br />
veramente tali, soltanto nella misura in cui sapremo impegnarci fattivamente per gli altri.<br />
eneralmente parlando, troppo spes-<br />
Gso avvertiamo i segni di una qualche<br />
fatica e di un po’ di timore, a volte<br />
anche di paura, di fronte ad un mondo<br />
che cambia vorticosamente e si presenta<br />
tanto diverso da quello di un tempo.<br />
Questi segni di incertezza e di preoccupazione<br />
emergono più facilmente ogni<br />
qualvolta si tratti di dare voce a sofferenze<br />
e a disagi, facendo prevalere,<br />
quasi sempre, le voci critiche che toccano<br />
le valutazioni collettive più che la<br />
coscienza del singolo e non si tratta,<br />
certamente, nè di disimpegno, nè di<br />
rassegnazione diffusa, nè di mancanza<br />
di buona volontà, ma soltanto di imperizia<br />
ad affrontare, in modo tutto nuovo<br />
e diverso, le novità che ci sommergono.<br />
Sicuramente è un processo forte e<br />
a volte molto doloroso come riaprire<br />
delle ferite è una operazione dolorosa,<br />
ma necessaria: bisogna pulirle, disinfettarle.<br />
È quasi una tendenza generale alla<br />
smobilitazione e al disimpegno, un ripiegamento<br />
introverso, incentrato sulla<br />
difesa dei “vantaggi acquisiti” che cerca<br />
di far gravare sugli altri il peso della<br />
crisi, facendo così incrinare “la solidarietà”,<br />
inquinando la “qualità umana”<br />
delle relazioni non costruendo la comunità,<br />
anzi rallentandola o addirittura<br />
minandola nelle sue fondamenta.<br />
Eppure bisogna avere il coraggio di<br />
fermarsi per guardare in faccia il perchè<br />
delle nostre fughe, del nostro alienamento<br />
nel fare, del nostro presuntuoso<br />
altruismo, così diverso e lontano dal<br />
“dono di sè”; la nostra incapacità ad<br />
immaginare una società nella quale prevalga<br />
la dimensione del “dono” rispetto<br />
a quella dello “scambio” mercificatorio,<br />
ne purtroppo rappresenta una novità<br />
il connubio dell’ignoranza con la<br />
malafede.<br />
Ecco, allora che affrontando, con<br />
verità e coraggio, le questioni che oggi<br />
interpellano il nostro vivere sociale,<br />
possiamo scoprire come ci appaia ricca,<br />
interessante e provocatoria la prospettiva<br />
del rapporto vicendevole tra comunità<br />
e persona.<br />
Infatti, il fraterno colloquio tra gli<br />
uomini è premessa, condizione e garan-<br />
zia per la realizzazione di ogni persona<br />
e per l’esistenza e lo sviluppo della comunità<br />
umana; certo mette in gioco in<br />
modo radicale tutta la nostra persona<br />
che deve vivere con “l’altro” una relazione<br />
che edifica la società ed innanzitutto<br />
noi stessi.<br />
Anche se, oggi, la categoria della<br />
fraternità appare parecchio sfocata e<br />
desueta, perchè non siamo pronti ad accettare<br />
il “conflitto”, la fatica di vivere<br />
“con” gli altri e, di più, la fatica di vivere<br />
“per” gli altri, protesi alla costruzione<br />
della vera città, spinti dal desiderio,<br />
dalla costanza e dall’impegno di<br />
tutti i cittadini di essere comunità,<br />
Non possiamo costruire una vera<br />
comunità se diventa espressione solo di<br />
una elite, di un gruppo privilegiato che<br />
possiede i mezzi e si permette delle relazioni;<br />
non è comunità o città se gli<br />
altri sono esclusi e vivono gli uni accanto<br />
agli altri, accontentandosi, senza<br />
accorgersene, di non urtarsi reciprocamente;<br />
perchè così sperimentiamo soltanto<br />
l’incertezza della quotidianità,<br />
persino della sopravvivenza, il terrore<br />
dell’ignoto che spezza questa catena<br />
della fraternità e chi è in preda alla paura<br />
non riesce più ad annodarla.<br />
Una vera comunità, una città è veramente<br />
protettiva quando mette ciascuno<br />
di noi in condizioni di vivere le<br />
proprie responsabilità e di assumerne<br />
di collettive; per questi motivi è importante<br />
aiutare la fiducia e la speranza<br />
con concretezza e progettualità.<br />
Rimane perciò la questione di una<br />
società che deve superare le proprie<br />
paure e quelle dei suoi componenti, i<br />
quali devono alimentare la reciproca sicurezza<br />
attraverso relazioni personali<br />
che dicano fedeltà, amicizia, disponibilità<br />
all’altro, accoglienza, per crescere<br />
in modo più umano e più armonico.<br />
Purtroppo la gente si sente sempre<br />
meno interpretata, sempre meno rappresentata<br />
e si disaffeziona alla sua comunità<br />
o alla sua città, a causa del degrado<br />
diffuso del costume dell’intera<br />
convivenza civile, dell’uso del potere<br />
per tornaconti personali o di gruppo,<br />
della pesante e dilagante corruzione, il<br />
sistema politico fuso, l’economia grip-<br />
3<br />
pata; ne consegue che l’attuale situazione<br />
può facilmente indurre ad un atteggiamento<br />
di sfiducia, di disimpegno,<br />
di abbandono dell’impegno già iniziato<br />
o alla tentazione di agire secondo la<br />
mentalità comune, cioè senza preoccuparsi<br />
di rendere un servizio ed una testimonianza<br />
eticamente irreprensibili.<br />
Perciò tutti siamo chiamati ad apportare<br />
fattivamente quel contributo<br />
operoso e responsabile per far sì che<br />
ogni luogo di vita diventi davvero un<br />
luogo umano e umanizzante e che, la<br />
società sia una autentica e viva comunità<br />
di persone, tra le quali regni un fraterno<br />
colloquio, inteso come elevazione<br />
degli uomini, come crescita spirituale<br />
e morale, come ascensione dalla mediocrità<br />
e dalla fragilità, dalla paura e<br />
dall’incertezza.<br />
È, quindi, un diritto ed un dovere<br />
che riguarda ciascuno di noi che deve<br />
continuamente confrontarsi con la necessità<br />
di salvaguardare la bontà dei fini<br />
e la moralità dei mezzi, senza mai<br />
cedere a competizioni e personalismi,<br />
ma cementare una testimonianza unitaria,<br />
benchè differenziata nelle sensibilità<br />
e nelle forme.<br />
Una presa di coscienza, dunque, è<br />
necessaria, consapevoli che il mondo<br />
di domani dipende dall’educazione di<br />
oggi, che illumini il senso e il valore<br />
della vita, amplia gli orizzonti della ragione<br />
e consolida i fondamenti della<br />
morale umana.<br />
Bisogna tendere a diffondere lo spirito<br />
fraterno con la parola, l’azione, l’esempio,<br />
perchè più intenso è l’amore<br />
fraterno, maggiore è la credibilità del<br />
messaggio predicato con l’operosità<br />
della vita; perchè ad esempio non cerchiamo,<br />
insieme a tante buone anime,<br />
di coordinare dei gruppi di volontari<br />
che si adoperino fraternamente a supporto<br />
delle persone anziane e di ammalati?<br />
Una cosa sono le chiacchiere, altro<br />
è mettere concretamente in campo<br />
buone azioni.<br />
Conoscete il nostro numero di telefono<br />
e la nostra E-mail, contattateci.<br />
Raffaele Salvante