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Sacre impronte e oggetti - Università degli Studi di Torino

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Presentazione<br />

mica il simbolo della natura primor<strong>di</strong>ale dell’Islam. Ma, come fa notare<br />

Roberto Tottoli, l’appropriazione della pietra nera già venerata insieme<br />

ad altre reliquie bibliche prima dell’arrivo <strong>di</strong> Muhammad a Mecca<br />

avviene all’interno <strong>di</strong> un contesto storico <strong>di</strong> negoziazione e reinterpretazione<br />

delle tra<strong>di</strong>zioni monoteiste ebraiche e cristiane e con<strong>di</strong>vide con<br />

queste le stesse tensioni e aporie implicite nella sacralizzazione <strong>di</strong> luoghi<br />

e <strong>oggetti</strong> particolari.<br />

Impronta, immagine, reliquia: un approccio filosofico. Il confronto <strong>di</strong><br />

metodologie e <strong>di</strong> saperi <strong>di</strong>sciplinari <strong>di</strong>versi mi pare abbia bene messo a<br />

fuoco la rilevanza culturale e la complessità <strong>di</strong> significati presenti in<br />

questi singolari <strong>oggetti</strong>. Nei <strong>di</strong>versi contesti culturali, il minimo comune<br />

denominatore consiste più nella loro funzione <strong>di</strong> essere un canale<br />

privilegiato <strong>di</strong> relazione con il <strong>di</strong>vino, che nella loro essenza. La stessa<br />

<strong>di</strong>stinzione fra oggetto naturale e oggetto frutto in tutto o in parte della<br />

techne dell’uomo funziona soltanto in alcuni contesti culturali. Particolarmente<br />

interessante, nell’ambito del Me<strong>di</strong>terraneo in cui sono venute<br />

stratificandosi e confrontandosi le culture classica, giudaica, cristiana e<br />

islamica è il tema delle <strong>impronte</strong>. Anca Vasiliu ha <strong>di</strong>segnato la complessa<br />

articolazione fra impronta e immagine nel passaggio fra la tra<strong>di</strong>zione<br />

classica a quella cristiana. Se nell’età antica l’impronta come traccia<br />

“eternalizzata” <strong>di</strong> un passaggio fisico è considerata più “vera” dell’immagine,<br />

successivamente impronta e immagine vengono a sovrapporsi:<br />

l’immagine speculare viene ad un certo punto considerata come l’impronta<br />

lasciata sulla superficie riflettente dall’immagine e alcune immagini,<br />

come il Mandylion <strong>di</strong> Edessa, in cui la condensazione fra impronta<br />

e immagine è ritenuta opera <strong>di</strong>vina, <strong>di</strong>ventano icone, canali aperti <strong>di</strong><br />

comunicazione con il <strong>di</strong>vino, in cui il Dio incarnato e dunque fisicamente<br />

circoscrivibile si offre alla contemplazione e alla venerazione. Si<br />

comprende allora il ruolo decisivo recitato da questo tipo <strong>di</strong> immagini<strong>impronte</strong><br />

acheropite nella formazione della filosofia cristiana dell’immagine;<br />

una filosofia messa a punto soltanto con la vittoria sull’iconoclastia,<br />

dopo lunghi contrasti e che per affermarsi ha dovuto neutralizzare<br />

il <strong>di</strong>vieto biblico delle immagini. Graziano Lingua ricostruisce le<br />

fasi salienti <strong>di</strong> questo passaggio in cui le acheropite, come immagini del<br />

volto <strong>di</strong> Cristo che egli stesso ha impresso su un telo e ha donato, costituiscono<br />

il mito fondatore della legittimità delle immagini, il superamento<br />

dello scoglio rappresentato dalla fallacia della creatività artistica<br />

umana e, in quanto ritratti autentici, consentono la visione del <strong>di</strong>vino e<br />

dunque il transito ad un mondo superiore.<br />

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