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Sacre impronte e oggetti - Università degli Studi di Torino

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Su alcuni <strong>oggetti</strong> achiropiti della civiltà in<strong>di</strong>ana<br />

giacente. Anzitutto una precisazione: un liṅga non è necessariamente<br />

un betilo, perché non è fatto esclusivamente <strong>di</strong> pietra. Ciò chiarito, il<br />

liṅga è un simbolo cosmologico aniconico che sostituisce l’icona antropomorfica<br />

nel sanctum dei templi de<strong>di</strong>cati a Śiva (per questo è detto comunemente<br />

śivaliṅga), che rappresenta a un tempo l’axis mun<strong>di</strong> (dal<br />

mito <strong>di</strong> Śiva come liṅgodbhāvamūrti, l’icona scaturita dalla mandorla<br />

che si apre al centro del pilasto <strong>di</strong> fuoco nel corso del conflitto per la<br />

supremazia tra Brahmā e Viṣṇu) 2 e il potere creativo <strong>di</strong> Śiva, sempre in<br />

precario equilibrio tra ascesi ed erotismo, o più precisamente fra trattenimento<br />

ed emissione del seme (Śiva come para<strong>di</strong>gma dell’ūrdhvaretas,<br />

l’asceta che trattenendo il seme entro il corpo lo fa risalire lungo la colonna<br />

spinale fino al brahmarandhra, il “foro <strong>di</strong> Brahmā” al vertice del<br />

capo) 3 . In riferimento al mito <strong>di</strong> Śiva come liṅgodbhāvamūrti la parte<br />

sommitale del liṅga è occupata da Brahmā, quella centrale da Śiva-Rudra,<br />

quella inferiore da Viṣṇu. Se si eccettuano le tipologie più decisamente<br />

antropomorfiche, con caratteristiche anatomiche in evidenza come<br />

il solco del glande (Guḍimallam, Āndhra Pradeś, tempio <strong>di</strong> Paraśurāmeśvara),<br />

il liṅga si presenta come un pilastro arrotondato alla<br />

sommità e fissato su una base quadrangolare o circolare, che rappresenta<br />

la “matrice” (yoni). A parte quelli achiropiti <strong>di</strong> cui si tratterà infra,<br />

possono essere fatti <strong>di</strong> roccia, pietre preziose, metallo, leghe metalliche,<br />

legno, argilla (śailaja, ratnaja, dhātuja, lohaja, dāruja, mṛnmaya) e<br />

momentanei (kṣaṇika), ossia fatti <strong>di</strong> materiali plasmabili, privi <strong>di</strong> una<br />

forma propria e non durevoli come la farina, la pasta <strong>di</strong> sandalo, la<br />

sabbia, la cenere o lo sterco vaccino. La forma arrotondata può estendersi<br />

anche alla base inferiore, assimilandosi pertanto a un ellissoide <strong>di</strong><br />

rotazione, in modo da evocare l’immagine dell’uovo cosmico<br />

(brahmāṇḍa, “uovo <strong>di</strong> Brahmā”, il simbolo macrocosmico che richiama<br />

in àmbito microcosmico l’embrione umano, piṇḍāṇḍa, “uovo in forma<br />

2 Si vedano anzitutto Kūrmapurāṇa 1,26 secondo l’ed. Veṅkaṭeśvara Press,<br />

Bombay 1924 (rist. anastatica Nāg, Delhi 1983), 57-60 per il testo sanscrito, e<br />

G.V. TAGARE, The Kūrma Purāṇa, Ancient In<strong>di</strong>an Tra<strong>di</strong>tion and Mythology Series<br />

20, Delhi 1981, 220-229 per una traduzione inglese. Varianti trascurabili in<br />

questa sede nel Liṅga-, Vāyu e Śivapurāṇa.<br />

3 Lo stu<strong>di</strong>o classico in merito è quello <strong>di</strong> W. DONIGER, Asceticism and Eroticism<br />

in the Mythology of Śiva, London - New York 1973, ripubblicato come Śiva,<br />

The Erotic Ascetic, London - New York 1981, e <strong>di</strong>sponibile anche in traduzione<br />

italiana (<strong>di</strong> F. Orsini), Śiva, L’asceta erotico, Milano 1997.<br />

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