N° 1 del 2012 - Collegio IPASVI Pavia
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16 PAGINA Infermiere a <strong>Pavia</strong><br />
camente eseguiamo giorno dopo giorno,<br />
turno dopo turno. Sono provocatorio, lo<br />
so, però un fondo di verità purtroppo c’è<br />
perché sono anch’io turnista e siamo talmente<br />
stressati e stanchi che ci va bene<br />
anche accettare questo tipo di comportamento.<br />
Negarlo sarebbe mentire e non fare<br />
nulla per far crescere la nostra professione.<br />
Sempre più spesso sento dire:<br />
“Faccio quello che devo fare e non di<br />
più!”oppure: “Cosa dobbiamo fare di più<br />
di quello che facciamo?”.<br />
Quasi mi convinco. Ma non mi rassegno!<br />
E ancora: “Dobbiamo anche, per assistere<br />
bene una persona, sapere la storia<br />
<strong>del</strong> suo Paese? Ma per favore!!!”.<br />
Sarà, però se non vogliamo essere classificati<br />
come dei mestieranti, come diceva<br />
madre Chiarina Garbossa, direttrice <strong>del</strong>la<br />
vecchia scuola per infermieri <strong>del</strong> Policlinico<br />
San Matteo di <strong>Pavia</strong>, bisogna aprire la<br />
nostra mente e conoscere, capire, studiare<br />
le tradizioni e la cultura di un popolo.<br />
Non c’è altra scelta. È, da parte nostra,<br />
onestà intellettuale ammettere che il mondo<br />
cambia, le migrazioni sono la quotidianità<br />
e non ci saranno più solamente i nostri<br />
“vecchi” che parlano il dialetto, da assistere<br />
e curare. Se vogliamo costruire un percorso<br />
assistenziale serio dobbiamo farci<br />
aiutare e non trovo scandaloso che qualcuno,<br />
un giorno, venga a raccontarci in un<br />
contesto seminariale i motivi per cui masse<br />
di persone lasciano i loro paesi d’origine.<br />
Oppure che qualche responsabile di<br />
un centro di prima accoglienza migranti ci<br />
aiuti a capire come dobbiamo comportarci<br />
di fronte al fenomeno <strong>del</strong>le migrazioni. E<br />
ancora: perché non confrontarsi con chi<br />
lavora negli ambulatori per migranti? D’altronde<br />
“dobbiamo capire che viviamo in<br />
una società che è sempre più globalizzata,<br />
diversa da quella di venti anni fa.” come dice<br />
Francesco Paterno, regista <strong>del</strong> lungometraggio<br />
“Cose <strong>del</strong>l’altro mondo”, un<br />
film realistico <strong>del</strong>la situazione dei migranti<br />
in provincia di Treviso, terra leghista, da<br />
non perdere assolutamente. Un altro tipo<br />
di assistenza è un problema anche nostro<br />
e non lo possiamo <strong>del</strong>egare. Se lo facciamo,<br />
il loro dolore, il dolore degli altri, come<br />
canta il maestro De Andrè, sarà sempre un<br />
dolore a metà.<br />
Ritornando a noi, voglio concentrarmi<br />
sul ricordo <strong>del</strong>la storia di una donna marocchina<br />
di 50 anni. Me la ricordo sempre<br />
a letto, con un copricapo sobrio a raccogliere<br />
i lunghi capelli che una sola volta ho<br />
visto sciolti quando una sua parente la stava<br />
pettinando. Sempre in silenzio ma circondata<br />
da tanti familiari che, rispettosi dei<br />
tempi e <strong>del</strong>le regole di reparto, entravano<br />
uno alla volta e rigorosamente durante le<br />
ore previste dal regolamento interno. Que-<br />
sta donna chiaramente non parlava italiano<br />
per cui aspettavamo uno dei figli per<br />
poter comunicare con lei. Non comunicava<br />
nemmeno il suo dolore, ricordo che era<br />
entrata per un herpes che si estendeva su<br />
parte <strong>del</strong> corpo. Faceva le sue terapie,<br />
punto e basta. Ogni sera c’era il rito <strong>del</strong>la<br />
comunicazione tra figlio e infermiere dove<br />
ci si passava le “consegne” per cui noi venivamo<br />
a conoscenza di particolari utili per<br />
poter assistere nel migliore dei modi. Chissa’<br />
se ce l’abbiamo fatta!!!!. Ogni sera il rito<br />
<strong>del</strong> bagno, aiutata dalla figlia, e il rito <strong>del</strong><br />
cibo (proibitissimo portare cibo dall’esterno!!!!).<br />
I figli le portavano alcuni piatti <strong>del</strong>la<br />
sua cucina che lasciavano un profumo<br />
intenso in camera che se ne andava dopo<br />
ore.<br />
Tra poco ci troveremo a dover pianificare<br />
“un’altra assistenza” fatta di incastri culturali<br />
che vanno conosciuti e dovremo<br />
convincerci che l’Italia e il microcosmo in<br />
cui viviamo è in continua evoluzione, anche<br />
se ci riesce difficile accettarlo. “L’infermiere<br />
dovrà adattare la sua prospettiva ad<br />
una visione più dinamica <strong>del</strong>la società in<br />
cui vive e <strong>del</strong> mondo e dovrà essere pronto<br />
a rispondere agli stimoli socio-culturali<br />
di un ambiente di lavoro destinato a cambiare<br />
in senso multietnico: capire le esigenze<br />
degli utenti immigrati e stabilire un<br />
buon rapporto con le altre culture saranno<br />
aspetti sempre più importanti <strong>del</strong> suo lavoro.<br />
All’infermiere è quindi richiesta, oggi<br />
più che in passato, una formazione che lo<br />
renda capace di fornire un’assistenza multiculturale.<br />
Maggiore attenzione deve essere<br />
dedicata al processo di comunicazione:<br />
una particolare apertura mentale e una modifica<br />
di atteggiamenti stereotipici sono necessarie<br />
al fine di accettare e capire la diversità.<br />
Garantire il diritto alla salute allo<br />
straniero vuol dire anche preparare l’infermiere<br />
ad accoglierlo e a dargli un’assistenza<br />
personalizzata. La formazione antropologica,<br />
ma anche la riscoperta <strong>del</strong>la relazione<br />
interetnica e interpersonale, permettono<br />
un migliore approccio con gli utenti di<br />
altre culture. Ecco quindi che l’incontro<br />
con gli utenti immigrati rappresenta un’occasione<br />
per diventare professionisti più<br />
competenti anche in ambito isoculturale,<br />
oltre che persone umanamente e intellettualmente<br />
più ricche.”<br />
(tratto da: http://www.click.vi.it/sistemieculture/Bortolaso5.html)<br />
l’autore<br />
* Infermiere<br />
Malattie Infettive e Tropicali<br />
IRCCS San Matteo - <strong>Pavia</strong><br />
Presidente AINS Onlus