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28 >FUORI PORTA<<br />
<strong>L'Azione</strong> 20 OTTOBRE 2<strong>01</strong>2<br />
"Liberi di fare", in carcere<br />
Un progetto che evolve ad attività lavorativa<br />
di SILVIA RAGNI<br />
di fare’: a Pesaro, presso la sezione femminile<br />
della Casa Circondariale, un progetto<br />
pedagogico che è un appuntamento sso. Ne<br />
‘Libere<br />
parliamo con Gina Iacomucci della Cooperativa<br />
Sociale Labirinto, che gestisce il laboratorio.<br />
Come nasce ‘Libere di fare’?<br />
Nasce dall’esperienza della ludoteca Riù, legata a un progetto<br />
della Regione Marche. Il Comune di Pesaro ha messo<br />
a disposizione delle risorse economiche al ne di garantire<br />
questo centro permanente di educazione ambientale e, dal<br />
luglio 2005, ha af dato la gestione della ludoteca alla Cooperativa<br />
Sociale Labirinto. A Riù, raccogliamo il materiale<br />
di scarto più disparato per cercare di dargli un senso nuovo,<br />
ma sempre coerente con la sua natura, ricercando possibili<br />
strategie verso uno sviluppo sostenibile. Traduciamo queste<br />
idee in progetti culturali, attività ludiche, corsi di formazione,<br />
percorsi educativi rivolti a scuole, genitori, insegnanti,<br />
curiosi. Poniamo il pensiero critico e creativo al centro: per<br />
una funzione attiva e consapevole, per valorizzare l’unicità<br />
di ognuno e le diversità. Ecco, da tutto questo nasce ‘Libere<br />
di fare’: un laboratorio permanente all’interno dell’istituzione.<br />
L’organizzazione dello spazio, la scelta dei materiali, la<br />
strutturazione del tempo sono i suoi elementi portanti.<br />
Come viene gestito?<br />
Alle detenute, durante un incontro, viene presentato il progetto<br />
e le cose che possono essere costruite: chi è interessata<br />
a frequentare il laboratorio, deve iscriversi. Tutto il percorso<br />
che porta alla costruzione è ‘di cura’ e di attenzione per le<br />
cose e per le relazioni, perché è questa la parte più importante:<br />
cerchiamo di motivare le iscritte a costruire oggetti e, in<br />
PSICOLOGIA E SALUTE<br />
a cura della Dott.ssa Giuseppina Malasisi<br />
Quanta fame di carezze!<br />
La psicologia come scienza del comportamento umano si è, da sempre,<br />
interessata ad individuare le motivazioni che sottendono i modi di fare<br />
delle persone. Per motivazione s’intende un bisogno fondamentale<br />
dell’essere umano che necessita di essere soddisfatto altrimenti si va<br />
incontro a un deterioramento mentale e sico. Uno psicologo americano<br />
di nome Erik Berne, a tal proposito, ha usato il termine fame come<br />
sinonimo di motivazione per sottolineare l’importanza di alcuni bisogni<br />
psicologici, come quello di essere toccato e di essere riconosciuto dagli<br />
altri. La fame di essere toccati e riconosciuti può essere appagata con<br />
le carezze intese non solo in senso sico, bensì come qualsiasi atto che<br />
implichi una forma di riconoscimento della presenza dell’altro. Possono<br />
essere date carezze sia con un reale contatto sico, sia attraverso<br />
qualsiasi forma simbolica di riconoscimento come uno sguardo, un<br />
saluto, un complimento o qualsiasi azione che signi chi “so che ci sei”.<br />
La fame di carezze si manifesta ben presto nell’essere umano, i neonati,<br />
anche se accuditi dal punto di vista sico, evidenziano n dai primi<br />
giorni di vita il bisogno di contatto con qualcosa di morbido e caldo,<br />
come il corpo di un’altra persona. Quando il bambino cresce, la sua<br />
fame <strong>prima</strong>ria di contatto sico si trasforma in fame di riconoscimento:<br />
un sorriso, un cenno, un aggrottamento delle sopracciglia, una parola<br />
sostituiscono, in parte, e gradualmente le carezze siche. Tutte queste<br />
forme di riconoscimento, sia positive sia negative, esercitano una stimolazione<br />
sul cervello di chi le riceve e per mezzo di esse l’individuo<br />
veri ca di esistere, di essere vivo, di essere preso in considerazione. La<br />
fame di carezze è talmente importante che è preferibile avere carezze<br />
Pesaro, il Riù della sezione femminile<br />
questo modo, creiamo relazioni all’interno di un luogo che,<br />
per natura dello stesso, è la privazione delle relazioni. La<br />
s da non è tanto il prodotto, quanto la possibilità - pur nella<br />
segregazione - di mantenere relazioni di senso.<br />
In che modo evolverà, ‘Libere di fare’?<br />
Probabilmente, da ‘attività ricreativa’ a ‘attività lavorativa’:<br />
penso che il passaggio da un’attività di volontariato ad una<br />
retribuita possa signi care, per le detenute, una diversa assunzione<br />
di responsabilità nel patto (contratto) che ogni lavoratore<br />
ha con chi gli commissiona un lavoro. Tutti sappiamo che la<br />
capacità di assumersi la responsabilità ricevuta corrisponde,<br />
nel patto datore-lavoratore, ad un compenso economico, lo<br />
stipendio. Questo, seppur fondamentale, non esaurisce il valore<br />
del rapporto professionale; perché il lavoro è per ognuno<br />
di noi indipendenza economica, ma anche emancipazione e<br />
riconoscimento sociale.<br />
Il riciclo include, insito, il concetto che tutto può essere<br />
negative piuttosto che non avere nulla. Il comportamento provocatorio<br />
di un bambino può, a volte, essere dovuto alla mancanza di riconoscimenti<br />
positivi, infatti, è meglio avere un rimprovero o una sculacciata<br />
che essere ignorato. Naturalmente per formare persone emotivamente<br />
sane sono necessarie le carezze positive, le quali possono variare da<br />
un livello minimo come un saluto, a espressioni di affetto e di totale<br />
accettazione incondizionata del tipo: “Ti voglio bene”, “sono contento<br />
di avere un glio come te”, “mi piace stare insieme a te”, ecc.<br />
I riconoscimenti positivi possono essere dati anche su ciò che si è<br />
fatto, come ad esempio “bravo, hai fatto un buon lavoro” “bello il tuo<br />
disegno”, “nuoti come un campione” ecc. Le carezze positive quando<br />
sono appropriate, pertinenti e non eccessive, danno alla persona che<br />
le riceve una sensazione di benessere, di vitalità, di importanza, la<br />
aiutano a prendere consapevolezza delle proprie abilità e a costruire<br />
l’autostima. Esse costituiscono un vero e proprio nutrimento a livello<br />
psicologico. La fame di riconoscimento non appartiene solo ai bambini,<br />
bensì accompagna l’essere umano in tutte le età, così come la fame di<br />
cibo. In base ad essa si determina l’uso che si fa del tempo. Le varie<br />
attività che si svolgono durante il giorno sono nalizzate ad ottenere<br />
riconoscimenti e quando queste volgono al termine spesso la persona<br />
si sente vuota e inquieta.<br />
Per esempio molte mamme che dedicano tutto il loro tempo ai gli e<br />
ai lavori domestici possono sentirsi sopraffatte da un senso di noia e<br />
inadeguatezza, quando i bambini crescono e vanno a vivere per conto<br />
loro. Così gli uomini che hanno trascorso tutto il loro tempo al lavoro<br />
possono vivere il pensionamento con senso di perdita e smarrimento.<br />
Af nché ciò non accada è importante che la persona abbia una buona<br />
capacità di riconoscere se stessa per tutto ciò che ha fatto e sia in grado<br />
di trovare nuovi modi per strutturare il proprio tempo e per ricevere le<br />
carezze di cui ha bisogno.<br />
reinterpretato sotto nuove forme, riutilizzato per iniziare<br />
nuove esperienze. Non trova che il collegamento con l’esperienza<br />
detentiva sia pregnante?<br />
Sì. Pezzetti di carta, cartone, rotolini, scatole, stoffe, carte da<br />
parati, bottoni, matite, poesie, che avevano una precedente<br />
storia e altro impiego vengono riutilizzati, acquistano un’altra<br />
identità attraverso l’impegno e la cura delle donne che partecipano<br />
attivamente al gruppo. Ci teniamo molto che i risultati<br />
del lavoro siano belli, perché il carcere manca di bellezza. E’<br />
per antonomasia l’opposto. Facciamo questo perché la bellezza<br />
è un diritto di tutti e le cose belle non diventano ri uti.<br />
Quante sono, in media, le ‘domandine’ pervenute per<br />
l’iscrizione al corso?<br />
Dieci, 12, a volte 15: non poche, su circa una ventina di<br />
detenute.<br />
Sono mai state organizzate esposizioni dei prodotti?<br />
Sì, partecipando a iniziative che riportano l’attenzione sulle<br />
situazioni delle carceri e a convegni, eventi in cui si ri ette<br />
sui temi dell’ambiente e del riciclo. A Bologna gli oggetti<br />
sono stati dati in premio per una lotteria di raccolta fondi<br />
per il carcere La Dozza. Al CaterRaduno di Senigallia, un<br />
memory olfattivo è stato battuto all’asta (a favore di Libera)<br />
a 700 euro contro i 20 del costo di partenza!<br />
Camus disse: ‘Creare è dare forma al proprio destino’.<br />
Come commenterebbe questa frase?<br />
Citerei Bruner: il laboratorio è laboratorio di pensiero, ‘scientia<br />
rescindi in more’. ‘La conoscenza si traduce in consuetudini’<br />
che potremmo rendere liberamente con ‘il pensiero si<br />
traduce nei suoi prodotti’. Gli oggetti costruiti a ‘Libere di<br />
fare’ sono esempio di ciò che Bruner chiama esternalizzazione:<br />
l’esternalizzazione produce una testimonianza dei nostri<br />
sforzi mentali, libera l’attività cognitiva dal suo carattere<br />
implicito, rendendola più negoziabile e solidale.<br />
Una vita<br />
buona<br />
Un grande racconto della “vita buona”.<br />
Questo l’ambizioso traguardo<br />
che si pone il Copercom attraverso<br />
la campagna “La vita è buona...”.<br />
Da oggi è disponibile in home page<br />
del sito e sul canale YouTube del<br />
Coordinamento un video dedicato<br />
a questo tema. Testimonial della<br />
campagna che correrà sulla Rete è<br />
il poeta Davide Rondoni, al quale il<br />
Copercom ha chiesto di raccontare<br />
cos’è per lui “la vita buona” e di invitare<br />
le ragazze e i ragazzi di oggi<br />
a mettersi in gioco, partecipando<br />
a questo grande racconto. Il video<br />
sarà presto raggiungibile anche<br />
attraverso i siti delle 29 Associazioni<br />
aderenti al Coordinamento.<br />
Saranno loro a invitare soprattutto<br />
le proprie organizzazioni giovanili,<br />
a partecipare a questa piccola impresa<br />
di comunicazione. “Il Paese<br />
ha tanto bisogno di vita buona, vero<br />
pilastro del bene comune, e perciò<br />
speriamo – ha commentato il presidente<br />
del Copercom, Domenico<br />
Delle Foglie – che questa nostra<br />
iniziativa incontri il gradimento e<br />
la partecipazione di tanti giovani”.<br />
Inevitabile la scelta della Rete<br />
come strumento di comunicazione,<br />
anche perché le nuove tecnologie,<br />
attraverso i social network e l’apporto<br />
originale dei nostri giovani,<br />
consentiranno non solo al video di<br />
circolare, ma soprattutto spingeranno<br />
i giovani a reagire. Come?<br />
Molto semplice. I nostri giovani<br />
sono invitati a lmare, con i loro<br />
mezzi, pensiamo in particolare ai<br />
videofonini e alle webcam, le proprie<br />
dichiarazioni.<br />
Per facilitare l’invio dei vostri<br />
lmati, abbiamo aperto un nuovo<br />
indirizzo dedicato: lavitabuona@<br />
copercom.it.<br />
Per ulteriori informazioni scrivete<br />
a: info@copercom.it Oppure, telefonate<br />
allo 06/6634826.<br />
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