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CRONACA DELL'ANNO 1341 - Università degli Studi di Verona

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<strong>1341</strong><br />

Carlo Ciucciovino<br />

inviandole nelle fortezze del territorio e si è ritirato in città, Manfredo immette nel suo castello <strong>di</strong><br />

Cardè (a 8 miglia da Saluzzo) un sostanzioso contingente <strong>di</strong> armati. Il 7 aprile, il grosso dei<br />

collegati muove da Moncalieri, con l’intenzione <strong>di</strong> coprire le 20 miglia del percorso in una sola<br />

notte e piombare all’alba sotto le mura <strong>di</strong> Saluzzo. L’ottima conoscenza delle strade rende<br />

possibile l’impresa ed effettivamente, alle prime luci, i primi armati assaltano le fortificazioni, i<br />

Saluzzesi però reagiscono validamente, anche se non sono ancora bene or<strong>di</strong>nati e riescono a<br />

ricacciare i collegati. L’assalto viene replicato per altre due volte, ma inutilmente. Nella battaglia i<br />

collegati perdono molti uomini. Manfredo <strong>di</strong> Saluzzo invia un messaggero dando tempo fino al<br />

tramonto del sole alla città per capitolare e consegnargli Tommaso II e i suoi figli. La giornata<br />

dentro le mura procede tra bollenti <strong>di</strong>battiti tra coloro che vorrebbero cedere alla forza e i leali al<br />

marchese che vogliono invece combattere. Tra questi vi sono i Gebenni, i Vacca, gli Orselli, i<br />

Costigliole e i parenti del nostro testimone oculare: i de Fia.<br />

Tommaso può contare sulla rassicurante presenza <strong>di</strong> suo zio Giovanni, chiamato<br />

significativamente “il grande”, ma è chiaramente in netta inferiorità numerica. Tommaso e<br />

Giovanni non possono poi ignorare che vi è un partito <strong>di</strong> “tra<strong>di</strong>tori” 45 che vorrebbero consegnare<br />

Saluzzo a Manfredo. Vengono controllate e febbrilmente fortificate le <strong>di</strong>fese citta<strong>di</strong>ne, Giovanni<br />

<strong>di</strong> Saluzzo è ovunque a <strong>di</strong>rigere le operazioni.<br />

Manfredo attende impazientemente che il sole tramonti e, nel frattempo, anche per dare<br />

agli asse<strong>di</strong>ati un segnale della sua feroce determinazione, concede ai suoi soldati <strong>di</strong> devastare i<br />

<strong>di</strong>ntorni, rapire donne, rubare bestie e beni, incen<strong>di</strong>are le case e i mulini. Le devastazioni<br />

arrivano fino a Cervignasco, a metà strada per Cardè. In questo villaggio fortificato i conta<strong>di</strong>ni<br />

hanno portato al sicuro tutti i loro beni, ma le <strong>di</strong>fese vengono facilmente penetrate dagli armati<br />

<strong>di</strong> Manfredo, che uccidono chiunque capiti loro a tiro. Cade sotto i colpi <strong>di</strong> spada Giacomino<br />

Lumello, signore del luogo, viene massacrata la sua famiglia e i suoi servi. Fanciulli e donne non<br />

vengono risparmiati. Un contingente è andato verso Carmagnola, ma una fitta pioggia li<br />

convince a desistere dall’attacco.<br />

Intanto, le macchine da guerra che servono ad abbattere le mura e fiaccare la resistenza<br />

sono in arrivo.<br />

Una parte dei collegati si <strong>di</strong>spone a Lagnasco a 4 miglia ad oriente <strong>di</strong> Saluzzo, altri a<br />

Scarnafigi. Diversi contingenti militari sono tutt’intorno a Saluzzo, che è così completamente<br />

circondata.<br />

Il 12, l’esercito dei collegati è pronto a scatenare l’attacco. Nella notte sul 13 i “tra<strong>di</strong>tori”<br />

interni appiccano le fiamme a <strong>di</strong>versi quartieri citta<strong>di</strong>ni; i <strong>di</strong>fensori hanno il morale bassissimo,<br />

sono minati da <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e interne, gli assoldati sono in arretrato <strong>di</strong> stipen<strong>di</strong> e mugugnano,<br />

combattendo malvolentieri per chi non li paga, la popolazione è impaurita per la manifesta<br />

superiorità del nemico. Non appena Tommaso e Giovanni <strong>di</strong> Saluzzo entrano nelle porte del<br />

castello e le serrano, i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Saluzzo espongono la ban<strong>di</strong>era bianca sopra la torre della Porta<br />

de’ Vacca. Le porte vengono aperte, i citta<strong>di</strong>ni sperano <strong>di</strong> veder ricompensata la loro<br />

arrendevolezza, ma non hanno fatto i conti con la ferocia <strong>di</strong> Manfredo che lascia le briglie sciolte<br />

ai suoi. I soldati dei collegati si macchiano delle più turpi nefandezze, infierendo contro gente<br />

che non può più e non sa <strong>di</strong>fendersi. Duecento persone vengono uccise nel corso della lunga<br />

giornata, senza riguardo a sesso o età; le donne vengono violate, le case saccheggiate e anche le<br />

chiese vengono spogliate dei loro arre<strong>di</strong>.<br />

Il nerbo dell’esercito si porta sotto le mura del castello ed intima la resa a Tommaso. Una<br />

parte <strong>degli</strong> armati è inviato sui colli circostanti la città ad abbattere le case ed i palazzi nobiliari<br />

che li ornano. Ai Saluzzesi sopravissuti viene imposta una grave esazione, pena la completa<br />

<strong>di</strong>struzione della città.<br />

I collegati tentano un assalto alla fortezza e Teodoro <strong>di</strong> Saluzzo, fratello <strong>di</strong> Manfredo, è<br />

ferito ad un piede da una trave lanciata dagli spalti.<br />

45 Così li definisce Giovan Giacomo de Fia.<br />

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