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LA CHIESA DI SAN MARCO “IN SYLVIS” - Istituto studi atellani

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conseguente espansione della cultura romana ad opera di quei pittori che<br />

fuggono dallo Stato Pontificio. Ciò porterà, ad esempio, un Marco Pino da Siena<br />

ad elaborare in Napoli una pittura più complessa, che si fa interprete delle ansie<br />

del suo tempo, nei tratti corposi e muscolosi delle sue figure, che egli articola in<br />

composizioni molto strutturate 15 .<br />

Gli affreschi della Chiesa di San Marco della Selvetella sono di un<br />

ventennio precedenti all’altro filone che si sviluppa ad opera di Silvestro Buono<br />

(Madonna con Bambino e i SS. Giovanni Evangelista e Battista, nel Duomo di<br />

Sorrento, datati 1540-1545), nella cui arte troviamo pittura dolce e sfumata,<br />

indirizzata a nuove aperture mentali 16 .<br />

Per lo <strong>studi</strong>o, poi, abbiamo utilizzato due sistemi semplici quanto efficaci<br />

che ci hanno consentito di fornire alcuni dati. I metodi applicati sono quello della<br />

luce radente e quello della macrofotografia.<br />

Le informazioni ottenute attraverso gli esami in luce radente sono state<br />

ulteriormente precisate variando il rapporto di ingrandimento dell’immagine e di<br />

filtraggio tramite programma di fotoritocco “Adobe Photoshop 5.0” 17 .<br />

Analizzando alcuni affreschi, come per esempio il Sant’Antonio della prima<br />

Cappella, notiamo che l’applicazione di un filtro giallo, contrastante, rinforza i<br />

colori del verde che si configurano come i colori del disegno o, se vogliamo, del<br />

bozzetto preparatorio del frescante.<br />

Con una successiva applicazione di un filtro grigio – ed, ovviamente, con la<br />

verifica diretta sull’affresco per non farsi troppo influenzare dal dato proveniente<br />

dal computer –, abbiamo anche evidenziato le parti interessate dai microrilievi<br />

durante la stesura dell’intonaco.<br />

Medesimo sistema è applicabile alla Madonna che allatta il Bambino,<br />

proveniente dallo stesso gruppo, che sostanzialmente fa pensare che la opera di<br />

pareggiamento dell’intonaco fu eseguita da una persona che utilizzava uno<br />

strumento piatto, di legno, con la mano destra.<br />

Lo si nota anche con l’applicazione, sullo stesso affresco, il giallo ed il blu,<br />

che evidenziano una serie di tratti scurissimi e significativi dell’opera dall’alto<br />

verso il basso e da sinistra verso destra, che individuerebbe un’azione di<br />

pennellature ottenuta con una mano destra. Seguendo sempre i dati provenienti<br />

dalla tabella dei colori maggiormente utilizzati, i risultati rilevano l’utilizzo di<br />

pochi colori-base: rosso, blu, giallo, verde, bianco e nero usati puri o variamente<br />

miscelati tra loro per ottenere colori composti.<br />

Le analisi condotte hanno permesso di osservare le caratteristiche<br />

superficiali della pellicola pittorica, come spessore, omogeneità e stato di<br />

conservazione. Interessanti osservazioni sono state eseguite sul blu-cobalto e<br />

sull’azzurro. Questo pigmento viene prodotto macinando e fondendo tre<br />

componenti: quarzo, carbonato di calcio e malachite, talvolta sostituita da<br />

15<br />

Per una panoramica generale del fenomeno, cfr. P. GIUSTI-P. LEONE DE CASTRIS,<br />

„Forestieri e regnicoli‟. La pittura moderna a Napoli nel primo Cinquecento, Napoli 1985.<br />

16<br />

F. ABBATE, Pittura e scultura tra Riforma e Controriforma, in La Voce della<br />

Campania, 21, 1979, pp. 343-358.<br />

17<br />

Per un esempio “pratico” dell’uso del fotoritocco, F. CAIL<strong>LA</strong>UD-A. GOTTARELLI,<br />

Microscavo archeologico, restauro e documentazione computerizzata: l‟esempio di una<br />

sepoltura ad incinerazione villanoviana, in Faenza, a. 83 (1997), n. 1-3, pp. 64-73, tavv. XI-<br />

XIII.<br />

29

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