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LA CHIESA DI SAN MARCO “IN SYLVIS” - Istituto studi atellani

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secolo), mostra diverse tracce delle ridipinture, dovute al restauro dell’edificio 4 .<br />

Si aggiunga che la maggior parte dei soggetti, per alcune caratteristiche sia<br />

stilistiche che tecniche, sembrano avere diversi modelli, sia in affresco che<br />

plastici, probabilmente scaturiti dal clima storico e “ideologico” del periodo<br />

preso in esame, secondo il quale non vi era una committenza unitaria, ma<br />

tuttavia vi erano dei “canoni” di realizzazione dettati dalla Corporazione dei<br />

pittori, che sin dal 1521 appare documentata in Napoli 5 .<br />

Si sviluppa così il sistema di una serie di repliche che non sono assenti nella<br />

nostra chiesa di Afragola, soprattutto nei temi della Madonna o della Madonna<br />

con Bambino, e della Pietà.<br />

Dall’analisi propriamente artistica degli affreschi, è stato approfondito<br />

l’argomento della tecnica esecutiva e del restauro dei dipinti murali di San<br />

Marco della Selvetella, sempre condizionati dall’azione di certi fattori fisici,<br />

chimici, ambientali, oltre che relativi ai pigmenti, che sono serviti per elaborare<br />

una serie di problematiche che definiscono l’identità specifica delle opere d’arte.<br />

Dalle analisi di questi affreschi si deduce che essi furono eseguiti con colori<br />

ben cristallizzati e coesi, ricchi di carbonato di calcio, a volte deboli e porosi,<br />

con diversi problemi di fessurazioni di tipo strutturale.<br />

In molti casi il restauro degli affreschi ha permesso di individuare i diversi<br />

interventi di conservazione, come le diverse campionature e le relative modalità<br />

di intervento sullo strato pittorico. La calce, grassa o magra, mescolata<br />

intimamente con sabbia quarzosa (silice, in parte presente anche in alcune fosse<br />

su via Arena ad Afragola), forma l’intonaco dei muri che è stato il supporto delle<br />

opere pittoriche.<br />

Si è visto, per esempio, che su di esse è possibile lo <strong>studi</strong>o dei microrilievi<br />

che denotano l’andamento della “stesura” degli arricci e degli intonaci, oltre alla<br />

consuetudine dei frescanti di non abbandonare l’uso dei colori densi e di non<br />

terminare il dipinto con tratti di colori ben diluiti; oppure che i colori prevalenti<br />

sono il marrone, il rosso, il bianco ed il verde, che erano maggiormente reperibili<br />

anche in zona, se non provenienti da botteghe specializzate, secondo uno schema<br />

ben consolidato, anziché innovativo come accadrà in altre opere del Regno<br />

napoletano.<br />

Abbiamo anche cercato di realizzare, nella Chiesa di san Marco della<br />

“Selvetella”, una classificazione delle diverse cause di degrado degli affreschi:<br />

tra questi certamente l’esecuzione difettosa, ma anche la copertura per mezzo di<br />

bianco o scialbo, per non parlare della disgregazione e caduta del colore, sino<br />

agli oscuramenti dovuti all’uso e frequentazione continua del monumento in<br />

diverse epoche. Gli affreschi della Chiesa di San Marco di Afragola rientra, in<br />

sostanza in quella forma di pittura precettistica che ancora nel periodo<br />

successivo sarà ispirata al rigorismo religioso pre- e post- Controriforma 6 . Per<br />

questo motivo, Afragola stessa rientra nella geografia della pittura<br />

cinquecentesca del Regno di Napoli come esempio inedito di interconnessione<br />

ed osmosi fra nobiltà locale e nobiltà e committenze della capitale, che faranno<br />

di essa un centro nevralgico della cultura meridionale.<br />

4 R. WOLBERS, Cleaning Painted Surfaces-Aqueous Methods, London, 2000, pp. 13-28;<br />

G. ACCARDO-G. VIGLIANO, Strumenti e materiali del restauro. Metodi di analisi, misura e<br />

controllo, Roma 1989.<br />

5 AA.VV., Barocco mediterraneo, Napoli 1989, passim.<br />

6 AA. VV., L‟architettura religiosa della Controriforma in Cultura materiale, arti e<br />

territorio in Campania, in La Voce della Campania, Napoli-Salerno, pp. 327-342.<br />

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