Il Cavaliere d'Africa, Ilaria Goffredo - Quelli di ZEd

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Quella sera era in programma una passeggiata per Malindi, perciò indossai una gonna di jeans sfilacciata con pezzi di tulle e velo sulle punte. La fasciatura purtroppo non potevo ancora toglierla e così conciata sembravo una ninja. La coprii alla meglio con i capelli sciolti e resi ondulati dall’aria di mare. La cena fu servita fuori perché c’era il pesce spada in spiedi cotto sul fuoco vivo. I tavoli e le sedie erano disposti disordinatamente per sfruttare lo spazio pianeggiante disponibile nello spiazzale d’ingresso. In realtà era pieno di pietre sul terreno sconnesso, infatti la mia sedia era un po’ in pendenza. Era comunque splendido mangiare sotto le stelle con la sola luce del fuoco e di qualche candela sui tavoli. Mentre Mundu impiattava il pesce spada
da lui arrostito, vidi Edward sempre al tavolo dei professori. Era molto bello e per la prima volta lo vedevo in jeans. I capelli divisi in due treccine lo rendevano davvero speciale, tutti gli altri ragazzi kenyoti che avevo conosciuto avevano i capelli rasati. Con questi pensieri nella mente assaggiai il pesce spada. Era veramente buono. A ciascuno di noi spettavano due fette enormi ed era così carnoso che sembrava carne anziché pesce. «Buono questo pesce spada!» gridò Martina a Mundu. Lui si avvicinò e disse qualcosa in swahili a Helen a tavola con noi che tradusse: «Non è pesce spada, è barracuda!» Barracuda? Non sapevo che si potesse mangiare. Il barracuda era più grande del pesce spada e più piccolo di uno squalo, ma molto
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Questo libro è disponibile anche i
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«E se i suoi occhi fossero nel cie
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PARTE PRIMA PRIMA DELLA LUCE Quando
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tranquillamente, solo per me, anche
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diventare manager d’albergo o qua
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che pian piano ci avvicinammo e div
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preferita. I capelli biondi erano r
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Fiorella si sedette vicino a noi e
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classe, tutti gli altri si erano ri
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progetti umanitari per scuole, orfa
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arancioni e portava un ciondolo d
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agazzo. Clarissa era una ragazza ab
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come tutti gli altri che raccogliev
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Maristella per aiutarla a dare una
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feste, era lì che davamo sfogo al
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trascinando delle sedie di plastica
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Caffè per la colazione: riempimmo
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Quella giornata si concluse in modo
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Aveva tanta pazienza ed era un brav
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«Oh, niente, Giacomo si è allonta
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Mi piaceva il colore del cielo del
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ifilavano un video su varie questio
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suo figlio e incontra un uomo che l
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«dicono che ci sono notizie import
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avuto un riscontro concreto sull’
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presidenza dove spiegherò tutto ci
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agazza e un ragazzo ci volevamo ben
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guardavano. Io indossavo una maglie
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«Io sono sicura di accettare» ris
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già aperta. Il professore alzò lo
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mentre infilzavo una penna con la f
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il passaporto, però non andai a ri
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Anche quello era sistemato. Infine
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sarebbe piaciuto condividere con la
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tipica aria da secchione; vicino a
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agazzo, Antonello, aveva preso post
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deserte: non riuscivo a credere ai
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aracche in lamiera; queste ultime e
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più avanti lasciava spazio a un ed
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Non sapevo come interpretare quelle
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l’avevo inquadrato come persona.
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ospitale. C’erano due letti singo
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Sorrisi al pensiero della mia amica
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«Ok, scherzavo!» Stava già scend
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Mi versò un mestolo di pennette e
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«Bè, allora bon appetit!» Tintin
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ghiacciata sulla pelle mi fece tras
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Posai velocemente i frammenti di ve
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«Va bè, andiamo a riposarci che a
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professori, Salome e… poi lo vidi
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morbide, tipica bellezza africana.
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«Vedi quel corridoio?» Indicò un
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«Dai, vieni che facciamo tardi.»
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Page 176 and 177: in mezzo alla pista. Vidi Martina b
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