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Dignità del morente e assistenza al malato grave - Ospedale di Udine

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pazienti gravi era fatto in relazione <strong>al</strong>la inevitabilità <strong>del</strong>la loro morte ed un qu<strong>al</strong>siasi trattamento<br />

fatto loro prima avrebbe intaccato l’immagine <strong>del</strong>la inf<strong>al</strong>libilità terapeutica <strong>del</strong> me<strong>di</strong>co!)<br />

D<strong>al</strong> punto <strong>di</strong> vista clinico vi sono <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> considerare la futilità. Secondo<br />

Youngner 100 un trattamento è chiaramente futile innanzitutto quando f<strong>al</strong>lisce sotto l’aspetto<br />

strettamente fisiologico: una <strong>di</strong><strong>al</strong>isi che non è in grado <strong>di</strong> purificare più il sangue, un vasopressorio<br />

che non fa ris<strong>al</strong>ire più la pressione, una car<strong>di</strong>oversione o un antiaritmico che non sono in grado <strong>di</strong><br />

arrestare la fibrillazione car<strong>di</strong>aca sono interventi futili in quanto inefficaci. Ma un trattamento può<br />

essere considerato futile anche quando, sebbene funzioni in senso fisiologico <strong>di</strong>retto o loc<strong>al</strong>mente,<br />

esso non fa <strong>al</strong>tro che posporre la morte <strong>di</strong> pochi minuti: la car<strong>di</strong>oversione fa ripartire il cuore ma<br />

questo si ferma subito dopo e così ogni volta che si defibrilla; la <strong>di</strong><strong>al</strong>isi è in grado <strong>di</strong> purificare il<br />

sangue ma nel paziente moribondo a causa <strong>di</strong> un arresto car<strong>di</strong>aco essa non è in grado <strong>di</strong> posporre la<br />

morte dovuta ad <strong>al</strong>tra causa. Entrambi questi criteri sono <strong>di</strong> natura strettamente me<strong>di</strong>ca e non si<br />

richiede <strong>al</strong>cun consenso informato <strong>al</strong> paziente o <strong>al</strong>la famiglia: la decisione <strong>di</strong> inutilità <strong>del</strong>l’intervento<br />

è presa d<strong>al</strong> me<strong>di</strong>co esperto.<br />

Ma accanto <strong>al</strong> significato clinico, originario, <strong>del</strong> termine, la futilità viene oggi interpretata<br />

dagli eticisti ricevendo una connotazione mor<strong>al</strong>e in merito <strong>al</strong>la decisione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuare<br />

trattamenti me<strong>di</strong>ci, una decisione che non è sempre solo <strong>di</strong> competenza <strong>del</strong> me<strong>di</strong>co ma implica<br />

anche v<strong>al</strong>ori <strong>del</strong> paziente e <strong>del</strong>la sua famiglia, oltre quelli <strong>del</strong> me<strong>di</strong>co. A questo punto lo scontro fra<br />

le due <strong>di</strong>verse interpretazioni è <strong>di</strong>ventato inconciliabile e ci si è preoccupati <strong>di</strong> dare <strong>del</strong>le linee guida<br />

per affrontare l’argomento. L’Associazione dei Me<strong>di</strong>ci Americani ha re<strong>al</strong>izzato un approccio<br />

process-based <strong>al</strong>la determinazione <strong>del</strong>la futilità 101 , includendo un processo in sette tappe: nelle<br />

prime quattro si cerca <strong>di</strong> arrivare ad una <strong>del</strong>iberazione partendo da una negoziazione che coinvolge<br />

il paziente, i suoi rappresentanti e il me<strong>di</strong>co e via via, nel caso non si arrivi ad un accordo, il<br />

consulente eticista e il comitato <strong>di</strong> etica; nelle <strong>al</strong>tre due tappe si cerca <strong>di</strong> trovare una soluzione<br />

<strong>al</strong>l’eventu<strong>al</strong>e <strong>di</strong>saccordo inconciliabile tra me<strong>di</strong>co e paziente/sostituto prevedendo il trasferimento<br />

nella stessa istituzione o in <strong>al</strong>tra; infine, nell’ultima tappa <strong>di</strong> danno in<strong>di</strong>cazioni per la conclusione<br />

laddove tutte le <strong>al</strong>tre <strong>al</strong>ternative sono esaurite.<br />

In un recente saggio, Pellegrino 102 esamina in modo approfon<strong>di</strong>to il concetto <strong>di</strong> futilità,<br />

richiamandone l’origine in ambito clinico, rilevandone l’introduzione che è stata fatta sul piano<br />

mor<strong>al</strong>e e anche la <strong>di</strong>storsione che ne è seguita nell’ambito <strong>del</strong>le decisioni cliniche, inquadrandolo<br />

infine in un uso prudenzi<strong>al</strong>e ed ermeneutico <strong>al</strong> fine <strong>di</strong> evitare il pericolo <strong>di</strong> una stigmatizzazione<br />

automatica e una sv<strong>al</strong>utazione <strong>del</strong> v<strong>al</strong>ore <strong>del</strong>la vita <strong>di</strong> <strong>al</strong>cuni soggetti vulnerabili. Riman<strong>di</strong>amo a t<strong>al</strong>e<br />

saggio per un approfon<strong>di</strong>mento. Qui ricor<strong>di</strong>amo le conclusioni a cui giunge Pellegrino che <strong>al</strong> fine <strong>di</strong><br />

ovviare <strong>al</strong>le <strong>di</strong>verse interpretazioni <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> futilità (da <strong>al</strong>cuni interpretate in senso solo<br />

oggettivo, clinico, da <strong>al</strong>tri - enfatizzando la volontà <strong>del</strong> paziente - in senso più soggettivo, e in<br />

ultima an<strong>al</strong>isi, inutile, per i primi), propone una combinazione dei due <strong>di</strong>versi aspetti, oggettivo e<br />

soggettivo, che effettivamente non sono facilmente quantizzabili, utilizzando il concetto <strong>di</strong> futilità<br />

come una guida prudenzi<strong>al</strong>e per bilanciare tre criteri:<br />

a) il criterio <strong>di</strong> efficacia, nel senso <strong>di</strong> capacità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare positivamente la storia natur<strong>al</strong>e<br />

<strong>del</strong>la m<strong>al</strong>attia o i sintomi (la domanda chiave qui è se l’intervento in <strong>di</strong>scussione produce o meno<br />

una <strong>di</strong>fferenza in termini <strong>di</strong> morbi<strong>di</strong>tà, mort<strong>al</strong>ità, funzione, e la risposta è appannaggio<br />

<strong>del</strong>l’esperienza me<strong>di</strong>ca che cerca il bene biome<strong>di</strong>co);<br />

b) il criterio <strong>del</strong> beneficio glob<strong>al</strong>e, nel senso <strong>di</strong> ciò che il paziente/tutore percepisce come<br />

bene per il paziente stesso (la domanda chiave è qui se l’intervento v<strong>al</strong>e la pena per quel paziente<br />

specifico e dunque il dominio <strong>del</strong>la risposta è prev<strong>al</strong>entemente <strong>del</strong> paziente/tutore).<br />

100 S. J. YOUNGNER, Who defines futility? Journ<strong>al</strong> of the American Me<strong>di</strong>c<strong>al</strong> Association 1988; 260: 2094-2095.<br />

101 The American Me<strong>di</strong>c<strong>al</strong> Association Council on Ethic<strong>al</strong> and Ju<strong>di</strong>ci<strong>al</strong> Affairs, Me<strong>di</strong>c<strong>al</strong> futility in end-of-life care,<br />

Journ<strong>al</strong> of the American Me<strong>di</strong>c<strong>al</strong> Association 1999; 281: 937-941.<br />

102 E. D. PELLEGRINO, Decisions at the end of life: the use and abuse of the concept of futility. In: Vi<strong>al</strong> Correa J.,<br />

Sgreccia E. (eds), The <strong>di</strong>gnity of dying, Pontificia Academia Pro Vita-Libreria E<strong>di</strong>trice Vaticana: Città <strong>del</strong> Vaticano<br />

1999 (in print).<br />

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