PsG PRIMAVERA '12 via e-mail - Vito Mancuso
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*<br />
1941----1943 1943 1943 1943<br />
ETTY TTY TTY HILLESUM ILLESUM ILLESUM<br />
DDDDIARIO IARIO IARIO IARIO 1941 1941 1941<br />
ADELPHI DELPHI<br />
EDIZIONI EDIZIONI<br />
EDIZIONI<br />
un un <strong>via</strong>ggio <strong>via</strong>ggio<br />
<strong>via</strong>ggio<br />
nel nel mondo<br />
mondo<br />
interiore<br />
interiore<br />
Il diario di una donna di Amsterdam di 27 anni.<br />
Un’incessante ricerca dell’essenziale,<br />
delle sorgenti della propria esistenza,<br />
del veramente umano in aperto contrasto<br />
con l’inumanità che la circonda : una battaglia<br />
contro le forze dell’io e le forze della storia.<br />
L’Olanda vive l’occupazione tedesca<br />
con la relativa persecuzione degli ebrei<br />
rivolta alla loro distruzione a cui Etty,<br />
ebrea, cerca di erigere una barriera interiore.<br />
Paradossalmente, per lei è un periodo di crescita<br />
e di liberazione individuale che la porta ad un<br />
atteggiamento verso la vita di “altruismo radicale”.<br />
Le ultime parole del suo diario sono:<br />
SI VORREBBE ESSERE UN BALSAMO PER MOLTE FERITE.<br />
L’inizio del Diario corrisponde al momento<br />
in cui Etty conosce Julius Spier, allievo di Jung<br />
(nel Diario indicato con S.) di cui fu paziente,<br />
poi amante e compagna intellettuale.<br />
Mentre scrive, gli ebrei sono sempre più stretti<br />
nel ghetto, poi Etty si trova nel “campo<br />
di smistamento” di Westerbork e<br />
muore ad Auschwitz nel 1943.<br />
Parole che diventano testimonianza.<br />
estratti estratti dal dal diario<br />
diario<br />
Di Di Etty Etty Hillesum Hillesum 1941 1941-1943 1941 1943 1943 *<br />
Devo badare a tenermi in contatto con questo quaderno, vale a dire con me stessa:<br />
altrimenti potrebbe andar male, potrei smarrirmi a ogni momento, anche adesso mi<br />
sento un po’ così, ma potrebbe essere stanchezza.<br />
I pensieri sono spesso così chiari e limpidi nella mia testa, i sentimenti così profondi, ma<br />
non riesco ancora a metterli per iscritto. Dev’essere più che altro la vergogna. Mi sento<br />
molto impacciata, non ho il coraggio di lasciarmi andare. Ma sarà pur necessario,<br />
se voglio indirizzare la mia vita verso un fine ragionevole e soddisfacente.<br />
La vita è difficile davvero, è una lotta di minuto in minuto (non esagerare, tesoro!), ma<br />
è una lotta invitante, Una volta io m’immaginavo un futuro caotico perché mi rifiutavo<br />
di vivere l’istante più prossimo. Ero come un bambino molto viziato, volevo che tutto<br />
mi fosse regalato.<br />
É tutto sbagliato un’altra volta. “Io voglio qualcosa e non so che cosa”.<br />
Di nuovo mi sento presa da una grandissima irrequietezza e ansia di ricerca, tutto è<br />
in tensione nella mia testa. Penso con una certa invidia alle ultime due domeniche:<br />
le giornate si stendevano dinanzi a me come grandi, aperte pianure che potevo<br />
attraversare liberamente, erano prospettive ampie e sgombre. E ora mi ritrovo<br />
in mezzo agli arbusti.<br />
Tutto è cominciato ieri sera, quando l’irrequietezza ha preso a salirmi dentro da ogni<br />
parte come i vapori da una palude ... è ricominciata quella scontentezza quel cercare<br />
irrequieto e sentire il vuoto dietro le cose: sentire che la vita non trova un<br />
suo compimento ma è un rimescolio senza costrutto. E in questo momento sono nella<br />
palude. E neppure il pensiero che anche questo passa, dopo tutto, riesce<br />
a darmi un po’ di pace .<br />
E con ciò ho toccato un punto importante. Una volta, se mi piaceva un fiore, avrei<br />
voluto premermelo sul cuore, o addirittura mangiarmelo. La cosa era più difficile<br />
quando si trattava di un paesaggio intero, ma il sentimento era identico. Ero troppo<br />
sensuale, vorrei quasi dire troppo “possessiva” : provavo un desiderio troppo fisico per<br />
le cose che mi piacevano, le volevo avere. È per questo che sentivo sempre quel<br />
doloroso insaziabile desiderio, quella nostalgia per un qualcosa che mi appariva<br />
irraggiungibile, nostalgia che chiamavo allora « impulso creativo ». Credo che fossero<br />
queste forti emozioni a farmi pensate di esser nata per fare l’artista. Ora, d’un tratto,<br />
non è più così, anche se non so dire per quale processo interiore. Me ne sono appena<br />
resa conto stamattina, ripensando a una piccola passeggiata intorno all’Ijsclub qualche<br />
sera fa. Era il crepuscolo: tenere sfumature nel cielo, misteriose sagome delle case,<br />
gli alberi vivi col trasparente intreccio dei loro rami, in una parola era un incanto.<br />
Mi ricordo benissimo di come sentivo ‘una volta’: trovavo tutto talmente bello che mi<br />
faceva male al cuore. Allora la bellezza mi faceva soffrire e non sapevo che farmene<br />
di quel dolore. Allora sentivo il bisogno di scrivere o di far poesie, ma le parole non mi<br />
volevano mai venire. E mi sentivo terribilmente infelice. In fondo io mi ubriacavo di<br />
un paesaggio simile, e poi mi ritrovavo del tutto esaurita. Mi costava un’enorme<br />
quantità di energie. Ora chiamerei questo comportamento « onanismo ».<br />
Ma quella sera, solo pochi giorni fa, ho reagito diversamente, Ho accettato con gioia<br />
la bellezza di questo mondo di Dio, malgrado tutto. Ho goduto altrettanto<br />
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