prefazione di federico moccia - Assistenza Riparazioni Computer ...

Rimpiango di non essere stata vicino a mia mamma che
stava soffrendo.
Rimpiango di essere stata bocciata tre volte e di aver
perso un sacco di tempo.
Qualcosa, comunque, avevo imparato.
Finalmente conoscevo i miei limiti.
Avevo capito che di limiti non ne avevo.
Avevo capito che quando si ha a che fare con droghe così
potenti che hanno il potere di distruggere la
personalità, la volontà, la forza, la positività,
chiunque perde il senso della realtà e il senso del
limite.
Ho smesso di usare Plegine quando ho iniziato a lavorare
al Beccaria, al carcere minorile di Milano.
Angelo Santagostino, il mio coordinatore, era una figura
autoritaria ma buona che è riuscito a darmi quello che,
con la morte di mio padre, mi era mancato.
Poi ci sono stati Lele, Walter, Vanna, Emma, Valeria,
tutti loro hanno contribuito alla mia guarigione.
Il Beccaria è stato la mia cura.
Sono stata fortunata.
Ho iniziato a fumarmi le canne, convinta che fossero
gestibilissime e leggerissime.
Canne per socializzare, canne per scrivere, canne per
amare, canne per parlare, canne per dormire, canne per
avere ispirazioni poetiche, canne per volare in alto,
canne per fare all’amore, canne per sognare.
Sognare troppo, sognare sempre e dimenticarsi la realtà,
perderla di vista, annullarla, cancellarla, abolirla,
annientarla.
Canne a non finire.
Tachicardie, perdite di tempo, poca saliva per baciare,
poche persone da frequentare, poco tempo per studiare,
poca memoria per ricordare, troppi sbalzi d’umore per
amare, poca voglia di lavorare, troppo tempo speso in una
giornata per cercare.