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luigi fumi. la vita e l'opera nel 150° anniversario della nascita

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40 ATTILIO BARTOLI LANGELI<br />

Era questa <strong>la</strong> cultura storiografica media del periodo, re<strong>la</strong>tivamente<br />

indistinta fra <strong>la</strong> comune fede positivistica e <strong>la</strong> ben più elitaria impostazione<br />

“economico-giuridica”. Fumi ne è buon rappresentante,<br />

senza troppe bril<strong>la</strong>ntezze ma con solida forza di metodo. In lui e in<br />

molti come lui è impossibile distinguere lo storico del medioevo,<br />

l’editore di fonti, l’archivista. Documento e storia fanno tutt’uno,<br />

perché <strong>la</strong> storia (o meglio <strong>la</strong> storiografia) è fatta di documenti. Si<br />

rammenti il frontespizio del Codice diplomatico: protagonista totale<br />

del libro è <strong>la</strong> documentazione, l’autore (l’autore vero) si limita alle<br />

« illustrazioni e note ».<br />

Dal punto di vista tecnico, il modo di <strong>la</strong>vorare sui documenti del<br />

Fumi – cioè il suo modo di trascrivere, regestare, estrapo<strong>la</strong>re – non<br />

può che essere definito empirico. Vale a dire che, fatta salva <strong>la</strong> correttezza<br />

e l’acribia, in ogni occasione egli seppe aderire con duttilità<br />

da un <strong>la</strong>to ai caratteri del<strong>la</strong> documentazione esaminata, dall’altro alle<br />

esigenze del “prodotto” che andava e<strong>la</strong>borando. Era anche questa<br />

una condizione comune agli studiosi dell’epoca. Se oggi siamo abituati<br />

a confrontarci con norme e criteri più o meno autorevoli, ricordiamo<br />

che soltanto <strong>nel</strong> 1906 l’Istituto storico italiano si provò a e<strong>la</strong>borare<br />

un modello unico nazionale, con le Norme per <strong>la</strong> stampa delle<br />

« Fonti per <strong>la</strong> storia d’Italia». Fino ad allora valevano l’esperienza, <strong>la</strong><br />

pratica, <strong>la</strong> tradizione locale.<br />

Consideriamo ancora una volta il Codice diplomatico del<strong>la</strong> città<br />

d’Orvieto. La dichiarazione di metodo è al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> Prefazione:<br />

La ragione perchè talora fu preferito il regesto, e talora <strong>la</strong> riproduzione<br />

fedele del documento sta sopra tutto <strong>nel</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva importanza del<strong>la</strong> carta<br />

[...]. Dove si poteva darne l’essenza virtuale, senza perdervi altro che le<br />

formule più comuni, ho fatto il regesto, e più o meno ampio, secondo che<br />

i casi consigliavano. Quelli atti che non potranno mai transuntarsi bene, nè<br />

varrebbe nemmeno farne, presso a poco, una traduzione, [...] dovevano<br />

essere dati per intiero, perchè non perdessero del loro carattere [...]. A<br />

volte poi capitano alle mani documenti <strong>la</strong>ceri, monchi, vicini a perire, e<br />

allora non si sa trattenere <strong>la</strong> voglia di pubblicarli come sono, anche con le<br />

stesse loro sigle e abbreviature, perchè possono ben presto toccare sorte<br />

anche peggiore. Tutte quelle diligenze poi che simili pubblicazioni richiedono<br />

io non ho trascurato di farle [...].<br />

Ecco così l’alternanza fra le trascrizioni integrali, i regesti in italiano,<br />

i “transunti” composti da brani in italiano e brani trascritti:<br />

procedura alquanto disinvolta (e per questo criticata ad esempio dal

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