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BRIXIA SACRA<br />

Fu determinato che le bestie del Commune potessero pascolare dove pascolavano<br />

quelle del monasterio et come fossero a nome del sodetto monasterio.<br />

Fu determinato che l’abbate et il monasterio investissero di novo tutti quelli che<br />

mostrassero con qualche raggione giudiciaria essere di prima stati patroni di qualche<br />

bene, come terre o case et si facessero le dette investiture infra il termine di Pasqua<br />

prossima et senza mercede alcuna, determinando le cose secondo si vedevano prima<br />

terminati o come pareva a loro secondo il giusto et che trovandosi qualche parte di terreno<br />

o casa che fosse senza legittimo patrone, cioè che fosse restato senza legittimo<br />

herede quello che n’hebbe già la prima investitura.<br />

Fu determinato ancora che se per l’avenire fossero mancati heredi a quelli che di<br />

novo s’investissero, quei tali beni ritornassero parimente all’abbadia come a suo originale<br />

patrone.<br />

Fu anco dichiarato che da forestieri, i quali non erano sogetti alle gravezze della<br />

comunità, potesse l’abbate et il monasterio dimmandar quello gli pareva di raggione.<br />

Fu di più sentenziato che andando debitori il Commune et li particolari debitori al<br />

monasterio di qualonque gravezze non pagate per l’addietro, il tutto gli fosse rilasciato<br />

et che il monasterio non gli potesse più dimmandare cosa alcuna che però nell’avenire<br />

fossero obbligati pagare ogni cosa dovuta al monasterio.<br />

Fu parimente determinato che la detta communità et i particolari dovessero dare et<br />

pagare ogn’altra cosa dovuta all’abbatia espressa o no in detti capitoli.<br />

[c. 374v] Finalmente fu posta pena a quelli non osservavano tutto ciò che si contiene<br />

nella detta sentenza lire doicento bresciane; qual sentenza fu letta et pubblicata in<br />

Brescia sotto il portico della Cancelleria il dì 10 di giugno l’anno 1297 alla presenza di<br />

molti testimonii, preti, frati et secolari et da tutte due le parti fu accettato ogni cosa, come<br />

n’attesta il nodaro chiamato Bonadeo di Ghedi, il quale s’è sottoscritto et fu letta parimente<br />

in Leno alla presenza di tutti li monaci dell’abbadia et di tutta la Vicinia d’essa<br />

terra et alla presenza de testimonii forastieri et da tutte due le parti qui pure fu il tutto<br />

accettato, come n’attestò l’istesso nodaro che fece le pubblicazioni et si sottoscrisse.<br />

Questa sentenza fu fatta sotto il dominio dell’abbate Pietro da Parma, il qual resse<br />

l’abbadia per qualche tempo et fece molte investiture, delle quali se ne vede un libro,<br />

oltre le molte particolari che si vedono in carta pergamena. Si vede ancora un’investitura<br />

feudale d’alcuni beni di S. Martino dell’Argine fatta da lui, il quale conferì anco<br />

la chiesa di S. Pietro di Ottalengo e quella di S. Pietro di Leno col consenso de’ monaci,<br />

che si trovava in monasterio et la diede ad un padre Domenico Rodengo.<br />

Per quanto si può vedere in un breve fatto da un Arnaldo vescovo Sabinense et<br />

legato della Sedia Apostolica sotto papa Clemente Quinto nel settimo anno del suo<br />

pontificato, nel 1312, trovo che Aicardo fu confirmato abbate da questo legato, nel<br />

qual breve s’esplica, come per la morte d’Uberto venne ad essere vacante quest’abbadia<br />

del suo prelato. Onde che si vede che Uberto fu abbate avanti d’Aicardo, del quale<br />

si vede una patente con la quale costituisce un vicario all’abbadia et anco di Porza-<br />

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