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BRIXIA SACRA<br />

chetta; tale questione occupa un buon tratto della disquisizione e viene risolta<br />

da Cornelio accogliendo la versione della Cronichetta, non solo in quanto tale<br />

versione sarebbe sostenuta anche dalle «scritture», cioè dagli antichi documenti,<br />

ma anche perché, conclude il nostro in modo piuttosto pragmatico e<br />

disincantato «havendo il re Desiderio fatto un monastero della bellezza, che era<br />

quello prima che da Corrado imperatore distrutto fosse […], s’ha ragionevolmente<br />

da credere che il tutto fosse fatto […] per sodisfar in parte al gran favore<br />

ricevuto dal Signor Dio, di trovar un tanto tesoro, quanto doveva essere in<br />

que’ tre leoni d’oro, et se fossero stati di marmore solamente, non era il re Desiderio<br />

tanto devoto […] c’havesse voluto fare una tanta spesa, né usata tanta<br />

liberalità» 15 . Come fonti, oltre alla nota Chronica del Capriolo 16 , s’è detto che<br />

Cornelio cita appunto una Cronichetta «pure di Brescia» definendola «molto<br />

volgata», di cui non fornisce altri particolari; si avanza tuttavia l’ipotesi che tale<br />

fonte si possa identificare con la Cronichetta breve e dilettevole nella qual si narra<br />

il principio di questa città di Brescia, operetta anonima al tempo di Cornelio<br />

che è invece ora attribuibile al bresciano Bernardino Vallabio la cui sigla B.<br />

V. ricorre nel frontespizio dell’edizione cinquecentesca; a rendere più verisimile<br />

tale ipotesi sembra concorrere non solo la definizione identica di Cronichetta,<br />

ma anche la medesima circostanziata narrazione dei fatti 17 .<br />

In questa prima parte, Cornelio si sofferma sul primo periodo di vita dell’abbazia<br />

e spiega che aveva possedimenti e «castelli» anche in molte parti d’Italia<br />

e che nel solo territorio di Leno si estendeva per ventimila piò di terra –<br />

ben più, nota Cornelio, rispetto agli attuali 1200 – possedendo «molini, rasseghe»<br />

e ricevendo l’entrata di «gabelle, ponti e [altri] porti» tanto che «in questo<br />

monasterio si potevano con decoro mantenere quel numero [cinquanta] de<br />

monaci con la servitù consuete» 18 . Parlando dell’origine dell’abbazia e descrivendone<br />

la ricchezza e l’estensione dei possedimenti, Cornelio si permette uno<br />

dei pochi giudizi espliciti che ricorrono nel «sommario», affermando che la<br />

ragione del suo decadimento è da attribuirsi alla scelta di dipendere direttamente<br />

dal Papa e di non entrare a far parte della Congregazione benedettina:<br />

«Le guerre poi succedute […] hanno cagionato aver la rovina di quest’abbadia<br />

[…] la quale secondo ‘l suo istituto, mai si è unita alla Congregatione de monaci<br />

benedettini, ma s’è voluta conservare sotto ‘l solo dominio de Sommi Pontefici<br />

et de regi d’Italia. Il che se avessero fatto, forsi si saria conservata nel proprio<br />

decoro» 19 ; tale questione del decadimento ritorna tuttavia ancora una volta<br />

nel corso della sua trattazione e Cornelio evoca, come altri motivi, in primo<br />

luogo il non aver saputo far rispettare i diritti che all’abbazia erano riconosciu-<br />

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