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Focus on | Le cure primarie<br />
30<br />
aziendalistiche l’istituzione dei Distretti.<br />
Negli anni successivi al Decreto Legislativo n.<br />
229/99 la realizzazione dei processi di autonomia<br />
regionale secondari a specifiche normative, fra le<br />
quali ha assunto notevole rilevanza la Legge Costituzionale<br />
dell’Ottobre 2001 di modifica al titolo<br />
V della Costituzione, ha determinato una forte<br />
diversificazione delle organizzazioni nelle singole<br />
Regioni. I processi devolutivi hanno inciso<br />
solo in parte sulla rete distrettuale. I Distretti, pur<br />
in questo contesto, sono stati sempre presenti nelle<br />
organizzazioni sanitarie e si sono inseriti in tutti<br />
i modelli regionali, anche fra loro fortemente<br />
diversificati. Nel periodo devolutivo la rete distrettuale<br />
è divenuta la soluzione organizzativa<br />
migliore per recepire e per avviare i nuovi modelli<br />
di gestione delle malattie croniche ed è stata<br />
la sede più adatta per l’applicazione di nuove<br />
forme di assistenza sanitaria per la presenza di una<br />
rete capillare di Presidi territoriali. Il Distretto, in<br />
questo contesto devolutivo, è divenuto spesso il<br />
motore per la mobilizzazione delle risorse della<br />
comunità, il collegamento con il livello istituzionale<br />
e il centro di valutazione dei risultati attesi<br />
dalle singole azioni assistenziali.<br />
IL DISTRETTO E IL NUOVO CORSO<br />
DELLE CURE PRIMARIE<br />
Nel 2006, con il nuovo assetto politico, il Ministero<br />
della Salute ha manifestato una forte attenzione<br />
sulla sanità distrettuale e in particolare<br />
sulle cure primarie. Nel Documento “New Deal”,<br />
presentato il 27 Giugno 2006 durante l’audizione<br />
del Ministro della Salute alla Commissione Affari<br />
Sociali della Camera dei Deputati, si legge:<br />
“bisogna partire dai distretti, che non sono diventati<br />
ciò che dovevano diventare” per “realizzare<br />
esperienze nelle quali costituire team fra medici<br />
di famiglia, medici di distretto, specialisti am-<br />
bulatoriali, professioni sanitarie in un lavoro che<br />
deve essere a rete e non gerarchico e frammentato”.<br />
Questo è stato un primo importante segnale<br />
di attenzione al quale ne sono seguiti altri,<br />
come l’insediamento della Commissione ministeriale<br />
per le cure primarie e per l’integrazione<br />
sociosanitaria del febbraio 2007. In quest’occasione<br />
è stato presentato un Documento di servizio<br />
sulla costruzione del “secondo pilastro della<br />
sanità da affiancare all’ospedale” nel quale il Distretto<br />
è definito come:<br />
1. il punto di incontro tra domanda di salute<br />
dei cittadini e offerta di cure benessere e<br />
nuova socialità;<br />
2. il luogo della programmazione integrata delle<br />
attività sanitarie e assistenziali, reso possibile<br />
dalla corrispondenza del distretto con<br />
la zona sociale e dalla condivisione, da parte<br />
della ASL e dell’Ente locale, del Piano delle<br />
Attività Territoriali (PAT) e del Piano Sociale<br />
di Zona (PSZ) o delle loro forme evolutive<br />
(Piani per la salute, Piani comunitari<br />
per la salute, Piani integrati di salute);<br />
3. l’area-sistema ricomprendente in un modello<br />
a rete presidi e servizi, ora dispersi, finalizzati<br />
a dare risposte territoriali ai problemi<br />
di salute e di cura dei cittadini, compresi<br />
quelli per la tutela del materno-infantile,<br />
della salute mentale, delle dipendenze,<br />
delle disabilità (l’esatta definizione qualiquantitativa<br />
di questi bisogni potrebbe essere<br />
demandata ad un apposito “Piano regolatore<br />
dei presidi sociosanitari”);<br />
4. lo spazio privilegiato per la presa in carico<br />
del cittadino e per l’integrazione tra le attività<br />
sanitarie e quelle di tipo sociale, con la<br />
definizione del percorso assistenziale individuale<br />
per le persone portatrici di bisogni<br />
complessi (dipendenze, disagio mentale,fa-