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Focus on | Le cure primarie<br />

36<br />

no sulle persone, rendono l’infermiere un professionista<br />

capace di fornire un contributo specifico<br />

e peculiare, all’interno delle cure primarie,<br />

nei modelli di gestione della malattia cronica, delle<br />

fragilità e delle disabilità.<br />

Gli interventi infermieristici, rivolti a gruppi<br />

di pazienti o alla comunità per il supporto e il<br />

buon controllo della malattia, possono essere agiti<br />

in modo trasversale nei diversi setting assistenziali<br />

sia attraverso interventi di tipo intra o iter<br />

professionale, sia garantendo la continuità assistenziale,<br />

sia agendo il ruolo di “case manager”<br />

per il singolo assistito.<br />

In quest’ottica i percorsi formativi infermieristici<br />

dovranno essere indubbiamente rivisti e ripensati<br />

per poter fornire ai futuri professionisti o<br />

agli infermieri già impegnati nei diversi luoghi di<br />

cura e assistenza quelle competenze, scientificamente<br />

avanzate e basate sull’evidenza, che permettano<br />

loro di agire il proprio e ridefinito ruolo<br />

professionale e di porsi con una progettualità<br />

specifica ed un proprio sapere nell’ambito dei<br />

team socio-sanitari.<br />

Le peculiarità dell’assistenza primaria e gli<br />

orientamenti organizzativi assunti per garantire la<br />

corretta risposta alla domanda di salute dei cittadini<br />

inducono a ritenere che l’infermiere, supportato<br />

dalla sua organizzazione professionale, organizzativa<br />

e formativa dovrà approfondire e sviluppare<br />

ulteriori competenze tecnico scientifiche,<br />

educative e relazionali che lo mettano in grado<br />

di porre in essere azioni inerenti:<br />

• la prevenzione e la promozione della salute;<br />

• la valutazione, l’identificazione e la decodifica<br />

dei bisogni degli assistiti;<br />

• l’assistenza diretta comprensiva della gestione<br />

dei disturbi cognitivi e del rischio derivante<br />

dalle condizioni di lunga assistenza,<br />

soprattutto di tipo complesso;<br />

• l’assistenza nella terminalità di vita (cure palliative);<br />

• l’educazione terapeutica orientata a supportare<br />

l’autoassistenza per il mantenimento<br />

dell’autosufficienza;<br />

• la comunicazione e l’utilizzo di modalità di<br />

lavoro integrate e di partnership;<br />

• l’utilizzo dei dati epidemiologici a supporto<br />

delle decisioni proprie e dell’équipe.<br />

Attualmente, la presenza di infermieri nelle attività<br />

territoriali risulta gravemente carente e ciò<br />

inficia significativamente ogni innovazione coerente<br />

con i reali bisogni della collettività e le ipotesi<br />

progettuali che vengono presentate.<br />

Il problema derivante dallo scarso numero di<br />

infermieri impegnati nel territorio o comunque<br />

nelle cure primarie deve essere rigorosamente<br />

affrontato pena l’inevitabile mancata realizzazione<br />

di tutte le ipotesi presentate e l’aumento<br />

delle criticità ampiamente manifestate dai singoli<br />

cittadini, dalle famiglie e dai servizi socio<br />

sanitari territoriali che non riescono a dare risposte<br />

soddisfacenti alle fasce più fragili e deboli<br />

della società.<br />

Inutili sarebbero tutte le riflessioni, i propositi<br />

e i progetti per modificare e implementare l’attuale<br />

sistema delle cure territoriali con particolare<br />

riferimento alle cure primarie.<br />

Nell’ambito delle cure primarie, comunque,<br />

l’orientamento della collettività professionale infermieristica<br />

italiana è di adoperarsi affinché l’infermiere<br />

possa assumere le funzioni previste dall’Oms<br />

con l’attivazione della figura dell’infermiere<br />

di famiglia.<br />

L’Oms, infatti, definisce l’infermiere, insieme<br />

al medico, il “perno della rete dei servizi”. Il ruolo<br />

dell’infermiere di famiglia è quello di un professionista<br />

che “aiuterà gli individuai ad adattarsi

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