IL PUERPERIO
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Lezione di Ginecologia & Ostetricia<br />
02\04\03 h15,30-17,30<br />
Prof. Lissoni<br />
Sbob.: Giulia Balestri<br />
<strong>IL</strong> <strong>PUERPERIO</strong><br />
E’ un argomento spesso trascurato nell’ ambito dell’ ostetricia e della ginecologia in<br />
quanto evento che, in gran parte, la donna vive e completa al di fuori dall’ osservazione<br />
medica.<br />
Storicamente rappresentava il periodo in cui questa veniva confinata fuori dalla vita sociofamiliare,<br />
in quanto ritenuta impura, dopo il parto.<br />
Attualmente con il concetto di puerperio intendiamo il periodo di tempo necessario al<br />
ritorno dell’ apparato genitale alle condizioni pregravidiche,<br />
che ha una durata di circa 6 settimane.<br />
Ovviamente il ritorno alle condizioni pregravidiche non va inteso come una restitutio ad<br />
integrum, perché gravidanza,travaglio e parto causano modificazioni anche permanenti a<br />
carico di cervice, vagina, perineo e utero.<br />
Durante il puerperio, nelle donne che non allattano al seno, si ristabilisce inoltre il normale<br />
asse ipotalamo-ipofisi-ovaio.<br />
[Le modificazioni dell’organismo materno nelle ore immediatamente successive al<br />
parto, la terza\quarta fase del parto a seconda dei testi, non verranno trattate in questa<br />
sede e comprendono l’ espulsione della placenta e degli annessi e la formazione del<br />
globo di sicurezza.<br />
La lezione riguarderà i momenti successivi, dal termine delle 2 ore nelle quali, per<br />
legge, la donna è trattenuta in sala parto sotto la diretta responsabilità di chi ha<br />
assistito al parto.]<br />
INVOLUZIONE DELL’ UTERO<br />
Dopo il secondamento, l’ utero, anatomicamente, si trova con il suo fondo a metà dello<br />
spazio ombelico-pubico (leggermente al di sopra nelle pluripare per le modificazioni<br />
dovute alle precedenti gravidanze).<br />
Dal pdv MACROSCOPICO, la sierosa che lo riveste presenta all’ esterno un aspetto<br />
rugoso, in relazione alle enormi modificazioni di volume cui va incontro in un breve<br />
intervallo di tempo.<br />
Le pareti del viscere di solito hanno uno spessore di 4-5 cm e presentano un aspetto<br />
francamente ischemico, pallido, legato alla contrazione tetanica che avviene durante la<br />
formazione del globo di sicurezza.<br />
La cavità endometriale è rivestita dalla decidua basale.<br />
Nei 2 gg. successivi al parto l’ utero tende a restare di volume costante, per poi ridursi<br />
progressivamente fino a rientrare all’ interno della piccola pelvi nel giro di 2 settimane;<br />
torna alle dimensioni pregavidiche in 4 settimane-1 mese.<br />
-Il peso dell’ utero dopo il parto è di circa 1Kg;
-dopo 1 settimana è di 500 g;<br />
-in 2 settimane torna alle dimensioni della 12° sett. di gestazione e pesa<br />
300 g;<br />
-a involuzione completata (3-4 settimane) torna a 100 g.<br />
Dal pdv MICROSCOPICO il numero delle miocellule non si riduce, ma ne cambia<br />
drammaticamente il volume. Non è ancora stato definito il meccanismo di eliminazione e<br />
digestione delle proteine contrattili che, nella gravidanza, compongono gran parte della<br />
struttura muscolare uterina.<br />
A livello della cavità, la decidua basale può presentare un aspetto e uno spessore irregolari,<br />
con ampi stravasi ematici.<br />
Nel giro di 2-3 gg dal parto la decidua tende a differenziarsi in 2 strati:<br />
-uno strato superficiale, in cui si osservano fenomeni necrotici;<br />
-uno strato basale che mantiene invece un buon trofismo, dal quale avrà<br />
origine la riepitelizzazione completa della cavità uterina e la ripresa funzionale della<br />
mucosa endometriale, in vista di nuovi eventi gravidici.<br />
L’ eliminazione dello strato superficiale avviene attraverso il fenomeno della<br />
LOCHIAZIONE, cioè l’ espulsione dello strato necrotico deciduale, che dapprima<br />
presenta un colorito rossastro per la avvenuta formazione di lacune emorragiche nel suo<br />
contesto (LOCHIA RUBRA); successivamente, eliminata la componente emorragica, il<br />
prodotto dello sfaldamento tenderà a schiarirsi (LOCHIA ALBA).<br />
RIGENERAZIONE DELL’ ENDOMETRIO<br />
Il processo ha inizio a livello dello strato basale: le cellule epiteliali che rivestivano il fondo<br />
delle ghiandole endometriali cominciano a proliferare, come anche quelle dello stroma<br />
interghiandolare.<br />
La rigenerazione è piuttosto rapida:la cavità uterina viene completamente rivestita in circa<br />
7-10 gg.<br />
Entro 3 settimane dal parto si assiste ad una normalizzazione della mucosa endometriale,<br />
sia dell’ epitelio che dello stroma. L’ aspetto istologico dell’ endometrio è normale- fatta<br />
eccezione per il sito di inserzione placentare, sede di processi più lenti e peculiari- ed<br />
appare come un endometrio in fase proliferativa. L’ unica differenza, rispetto ad un<br />
endometrio fuori dallo stato gravidico, è la presenza, in quello puerperale, di residui di<br />
decidua andati incontro a fenomeni di degenerazione ialina ed infiltrazione leucocitaria.<br />
Il sito di inserzione placentare invece, ha tempi decisamente più lunghi e la rigenerazione<br />
del tessuto di rivestimento avviene a questo livello con modalità differenti: al di fuori del<br />
sito di inserzione, la rigenerazione si completa in 2-3 settimane mentre, secondo Williams,<br />
in questa sede occorrono almeno 6 settimane.<br />
Ciò accade perché qui si ha un notevole sovvertimento della struttura endometriale,<br />
appunto per la formazione dei laghi vascolari e per l’ infiltrazione da parte<br />
del tessuto villare…<br />
Subito dopo il parto la focaccia placentare riduce la sua superficie a circa 1\4, grosso<br />
modo come il palmo di una mano e, dopo 2 settimane, si riduce a 3-4 cm di diametro.<br />
Alla base del sito, istologicamente, si trova una ricca popolazione di vasi trombizzati che<br />
presentano meccanismi di rigenerazione e organizzazione del trombo.
Il tessuto endometriale neoformato ricostruisce la continuità attraverso un processo di<br />
sottominamento: il letto placentare, sovrastato dallo strato della placenta, viene<br />
sottominato dal tessuto endometriale neoformato che espelle verso l’ esterno questi<br />
trombi, questo tessuto necrotico, con un processo di esfoliazione.<br />
Si tratta di un tipo di ricostruzione peculiare rispetto a quanto accade di norma e, in un’<br />
ottica teleologica, è un processo che mira ad evitare la formazione di cicatrici retraenti,<br />
rendendo l’ utero funzionalmente adatto ad ospitare una nuova gravidanza.<br />
Il tess. cicatriziale sito all’ interno della cavità uterina, infatti, è spesso sede di anomalie<br />
dell’ impianto placentare. Esso può essere conseguenza di procedure chirurgiche, dell’<br />
asportazione di miomi o neoformazioni aggettanti nella cavità, oppure di un’ istereotomia<br />
in corso di parto cesareo: l’ incisione della testa uterina, se non appropriatamente riparata,<br />
lascia un tessuto cicatriziale su cui, nel caso di inserzione bassa del piatto placentare in una<br />
successiva gravidanza, possono verificarsi processi patologici a carico della placentazione,<br />
come la placenta ACCRETA o quella PERCRETA. Questa è una vecchia classificazione<br />
attraverso cui si graduava la penetrazione del tessuto placentare nella parete uterina: il<br />
grado più elevato è la placenta percreta, in cui la parete è invasa a tutto spessore.<br />
Quindi un sito placentare che ripara normalmente e spontaneamente ricostituisce una<br />
perfetta continuità.<br />
MODIFICAZIONI DEI VASI UTERINI<br />
Si ha una neoformazione di vasi stimolata dalla gravidanza.<br />
L’ arteria uterina fuori gravidanza ha un calibro di 35 mm; in gravidanza arriva a 1,5-2<br />
cm e questo si ripercuote a cascata in tutto il circolo uterino: i vasi vengono obliterati<br />
grazie a un processo di ialinizzazione e si verifica una sostituzione con vasi di calibro<br />
minore.<br />
Il processo di ialinizzazione e sostituzione dei vasi lascia dei residui caratteristici simili a<br />
quelli che si presentano nel tessuto ovarico dopo<br />
l’ ovulazione, con la riparazione del corpo luteo e la formazione del corpo albicante.<br />
MODIFICAZIONI IN CERVICE E SUI<br />
Dopo il parto si presentano come due strutture assottigliate, flaccide e, da strutture<br />
virtuali, tendono lentamente a ricostituirsi.Durante il parto, con la formazione della bocca<br />
uterina, con la dilatazione e<br />
l’ appianamento della cervice, una volta raggiunta la dilatazione completa e cominciata la<br />
la progressione della parte presentata, la cervice è una struttura virtuale, un tratto di quel<br />
contorno che è il canale del parto.<br />
Subito dopo il parto inizia il processo ricostruttivo della cervice e, da una struttura molto<br />
assottigliata, fragile, tende a ricostituirsi la cervice com’ era al di fuori del travaglio di<br />
parto.<br />
Il margine esterno quasi sempre presenta lacerazioni, per lo più laterali, che si<br />
ricostruiscono con una certa lentezza. Per alcuni giorni dopo il parto il canale cervicale<br />
resta beante; nei 4-5 giorni successivi all’ evento è possibile introdurre attraverso l’ orifizio<br />
uterino esterno due dita esploratrici. Questo è un segno grossolano per datare il parto. Al
termine della 1° settimana il canale cervicale si è ricostruito tanto da ammettere solo un<br />
dito.<br />
Al termine dell’ involuzione post-partum, la cervice ha modificato le sue caratteristiche<br />
rispetto a prima della gravidanza: il collo uterino della nullipara è tendenzialmente conico e<br />
l’ orifizio uterino esterno è puntiforme. Nel puerperio, conclusi i fenomeni di ricostruzione<br />
e di rimodellamento, la cervice si presenta cilindrica e l’ orifizio linearizzato, per lo più in<br />
senso latero-laterale, per gli esiti delle lacerazioni del parto.<br />
Inoltre l’ orifizio è lievemente depresso e, nella pluripara, svasato.<br />
A livello della MUCOSA del canale cervicale, l’ ectopia fisiologica della giovane nullipara,<br />
cioè la presenza della giunzione squamo-colonnare all’ esterno dell’ orifizio uterino, tende<br />
a risalire verso l’ interno e si porta a livello anatomico, andando a coincidere con il<br />
contorno dell’ orifizio stesso. In qualche caso, questi processi di retrazione cicatriziale<br />
possono rendere il suddetto contorno sfrangiato e irregolare.<br />
A livello del SEGMENTO UTERINO INFERIORE si osserva che esso si contrae e si<br />
retrae subito dopo il parto, ma risente della sua peculiare struttura anatomica: a livello<br />
uterino si riconosce una disposizione dei fasci muscolari in tre diverse strutture, cioè un<br />
fascio circolare, uno plessiforme e uno longitudinale.<br />
A livello del SUI i fasci sono invece disposti solo in senso trasversale, motivo per cui l'<br />
incisione del taglio cesareo avviene a questo livello, parallelamente ai fasci muscolari: in<br />
questo modo la perdita ematica risulta minore e la ricostruzione più facile.<br />
Si ha quindi una iporappresentazione della componente muscolare in questa parte di<br />
utero, responsabile del fatto che contrazione e retrazione del SUI dopo il parto non siano<br />
marcate come nel resto del corpo uterino.<br />
In 3-5 settimane, il SUI, che in gravidanza aveva perseguito una sua individualità<br />
anatomica, la perde e ritorna alle condizioni pregravidiche: esso torna ad essere un drappo<br />
pressochè virtuale tra corpo e orifizio dell’ utero.<br />
MODIFICAZIONI DELLA VAGINA E DELL’ INTROITO<br />
Nei primi giorni di puerperio, dopo il passaggio del mobile fetale, queste strutture<br />
presentano un canale ampio, le cui pareti appaiono lisce.<br />
Nel giro di 3 settimane, il canale vaginale gradualmente riduce le sue dimensioni, senza<br />
tuttavia ritornare al calibro originario.<br />
Le rugae della mucosa vaginale, in genere, ricompaiono entro la III settimana.<br />
I residui imenali, dopo il passaggio del mobile fetale, sono ridotti a minuti frammenti che<br />
cicatrizzano dando il quadro anatomico delle caruncole mirtiformi, tipiche della donna<br />
che ha partorito.<br />
MODIFICAZIONI DI PERITONEO E PARETE ADDOMINALE<br />
La sierosa che riveste l’ utero, durante la formazione del globo di sicurezza e i processi<br />
involutivi successivi, tende ad arricciarsi secondo linee che seguono grossolanamente i<br />
contorni dell’ utero.
I legamenti larghi e i legamenti rotondi, che sono stati sottoposti ad un notevole<br />
stiramento, tornano circa alle dimensioni originarie, pur mantenendo per diverse settimane<br />
una certa lassità, con un recupero incompleto della tonicità iniziale.<br />
A livello dei muscoli retti dell’ addome, senza adeguati stimoli motori dopo il parto, può<br />
permanere una diastasi, fisiologica al termine della gravidanza. In tal caso, la parete<br />
addominale sarà costituita, a livello della linea mediana, solo da peritoneo, fascia dei mm.<br />
retti assottigliata, grasso sottocutaneo e cute; questa condizione predispone alla formazione<br />
di ernie.<br />
MODIFICAZIONI DEL TRATTO URINARIO<br />
Si verificano notevoli modificazioni della mucosa vescicale, che presenta iperemia, edema,<br />
vasi congesti e spesso ematomi sottomucosi.<br />
Nel post-partum la vescica aumenta la sua capacità, ma riduce la contrattilità, per cui è<br />
abbastanza frequente l’ assenza dello stimolo minzionale, fino alla formazione di un globo<br />
vescicale. Infatti, la sovradistensione e il trauma meccanico del parto, conducono spesso ad<br />
una riduzione, per lo più transitoria, della funzione minzionale. In questi casi è di<br />
fondamentale importanza l’ assistenza ostetrica, in quanto il regolare svuotamento<br />
vescicale in travaglio, il pronto riconoscimento di una sproporzione feto-pelvica, ossia il<br />
non protrarre eccessivamente la compressione dell’ estremità cefalica del feto sulla<br />
vescica, sono elementi che possono prevenire tali complicanze.<br />
Talvolta la progressione dell’ estremo cefalico può infatti causare uno strizzamento<br />
meccanico della vescica che, se piena, sottoporrà a stimoli inusuali il sistema sfinteriale.<br />
A livello degli ureteri in gravidanza si ha una fisiologica dilatazione, legata alla riduzione<br />
del tono muscolare ureterale indotta dal progesterone e dai processi compressivi esercitati<br />
dall’ utero.Questa dilatazione regredisce di solito in 2-8 settimane senza lasciare particolari<br />
esiti funzionali; tuttavia, se si associa l’ ipotonia vescicale legata ai traumi inconsulti, si<br />
comprende come le infezioni delle vv. urinarie siano frequenti in puerperio.<br />
Il 2% delle puerpere sviluppa un’ incontinenza urinaria da sforzo che riconosce come<br />
fattori di rischio:<br />
-la circonferenza cefalica e il peso del neonato;<br />
-la durata del processo espulsivo;<br />
-l’ esecuzione o meno di un’ incisione episiotomica(incisione del tessuto<br />
perineale per favorire il passaggio del feto), mediana-preferita dalla<br />
donna, anche se garantisce un minor guadagno di spazio-, o<br />
paramediana- cioè una lacerazione controllata del ventre muscolare che<br />
garantisce più spazio ma ha una riparazione più difficoltosa.<br />
Secondo alcuni, a questo punto, il danno vescicale si sarebbe già<br />
verificato, mentre per altri la ridotta tensione della muscolatura dell’<br />
egresso pelvico tenderebbe a favorire la continenza, garantita dal<br />
mantenimento della vescica e del suo collo nella cinta manometrica<br />
pelvica.<br />
[l’ incisione, infatti, riduce lo stress sui muscoli del pavimento pelvico, quindi il danno sulla<br />
muscolatura che, mantenendo un miglior tono, favorisce il mantenimento di vescica e<br />
collo vescicale nella suddetta cinta manometrica.Il detrusore vescicale, infatti, non è un<br />
muscolo particolarmente prestante: per mantenere un’ adeguata continenza deve essere
contenuto dalla muscolatura del pavimento pelvico, cosicchè tutte le pressioni agenti sulla<br />
cavità peritoneale si esercitino, secondo la legge di Pascal, sia sulla vescica che sullo<br />
sfintere.<br />
In caso di danno del pavimento pelvico, il collo vescicale tenderà a scivolare fuori dalla<br />
cinta manometrica e lo stimolo pressorio, dovuto a sforzo o contrazione addominale, agirà<br />
solo sul corpo vescicale, non sullo sfintere. L’ unico responsabile della continenza<br />
resterebbe quindi lo sfintere uretrale,struttura muscolare non particolarmente rilevante.]<br />
Per lo più questa incontinenza regredisce in 3 mesi.<br />
MODIFICAZIONI EMATOLOGICHE<br />
• In gravidanza si ha uno stato di anemia relativa per l’ aumento del volume plasmatico;<br />
• si registra un aumento della portata cardiaca;<br />
• durante il travaglio e nel post-partum si ha leucocitosi (che non va intesa come indice<br />
di processi infettivi in atto, ma come mobilizzazione dei leucociti di riserva) e<br />
trombocitosi;<br />
• ci sono inoltre granulocitosi e eosinopenia .<br />
Il volume ematico torna ai livelli pregravidici in 7gg dal parto.<br />
Fibrinogeno e VES, che sono gradualmente aumentati nel corso della gravidanza, restano<br />
tali per circa una settimana nel post-partum e non vanno considerati nella diagnosi di<br />
processi infiammatori.<br />
La portata cardiaca resta elevata per almeno 48 h dopo il parto.<br />
Uno degli eventi più immediati nel post-partum è la bradicardia; è possibile che la portata<br />
cardiaca resti elevata, nonostante il polso sia bradicardico, per l’ aumentato ritorno<br />
venoso. Non è un fatto eccezionale che la puerpera abbia una frequenza cardiaca di 60<br />
bpm, mentre una di 80-90 bpm desta il sospetto che si sia verificata un’ eccessiva perdita<br />
ematica o che sia presente un processo infiammatorio.<br />
Nella puerpera è opportuno non rilevare la temperatura corporea a livello ascellare,<br />
perché quest’ area è prossima alle mammelle che si stanno preparando alla lattazione e si<br />
corre pertanto il rischio di sovrastimare una temperatura in realtà fisiologica.<br />
La si può misurare con il rilevatore timpanico o con il classico termometro a mercurio a<br />
livello della piega inguinale.<br />
MODIFICAZIONI PONDERALI<br />
Di solito, con il parto e la conseguente perdita ematica, l’ espulsione del feto, degli annessi<br />
e della placenta, si ha una perdita di 5-6 Kg.<br />
L’ incrementata diuresi fa perdere altri 2-3 Kg nel post-partum.
E’ stato effettuato uno studio in cui si è valutata la dinamica della normalizzazione del<br />
peso nel puerperio e si è osservato che, mediamente, il peso ritorna ai livelli pregravidici +<br />
1,4 Kg in 6 mesi.<br />
Un meno brillante ritorno al peso pregravidico si ha in caso di un aumento ponderale<br />
superiore a 9 Kg al termine. Si considera fisiologico -a seconda dei criteri dell’ ostetricoun<br />
aumento ponderale di 9-13 Kg al termine della gravidanza.<br />
LA LATTAZIONE<br />
L’ anatomia della ghiandola mammaria va saputa per l’ esame.<br />
• Il COLOSTRO è un secreto prodotto dalla ghiandola mammaria dal secondo giorno<br />
dopo il parto e precede la secrezione del latte materno.Si differenzia da questo per una<br />
composizione diversa non tanto dal pdv qualitativo, ma quantitativo: rispetto al latte ha<br />
più proteine, più minerali (per i valori si possono consultare i testi: a chi vuole fare<br />
ostetricia il prof. consiglia il Williams), meno zuccheri e grassi . Contiene i “corpuscoli<br />
di colostro” ,corpuscoli lipoidei di origine incerta, che per alcuni autori sono cellule dei<br />
dotti galattofori desquamate, mentre per altri sono macrofagi che hanno fagocitato dei<br />
lipidi.Nel colostro- che prima si riteneva non avesse specifiche funzioni, ma fosse solo il<br />
prodotto dell’ avvio dell’ attività mammaria- c’ è in realtà abbondanza di IgA, proteine<br />
del complemento, lisozima e lattoperossidasi. Sembra pertanto avere un ruolo<br />
significativo nei processi immunitari.<br />
• La TRANSIZIONE da colostro a latte è graduale, non improvvisa: la secrezione del<br />
primo dura per lo più 5 gg, dal 2° al 7° giorno del post-partum e il secreto va incontro<br />
a una graduale modificazione e arricchimento fino a divenire latte maturo durante i 30<br />
gg successivi al parto.Il latte stabilizza quindi la sua composizione a 4 sett. dal parto.<br />
• Il LATTE MATERNO è una sospensione di grassi e proteine in una soluzione di<br />
minerali e carboidrati, prevalentemente lattosio, isotonica al plasma. Le proteine che<br />
esso contiene hanno un elevato peso molecolare, ad es. la caseina, la a-lattoalbumina,<br />
la b-lattoglobulina, importanti nella regolazione dell’ attività mammaria. Gli AA<br />
contenuti nel latte sono di origine mista: quelli essenziali provengono dal torrente<br />
circolatorio materno, mentre quelli non essenziali sono in parte prodotti dalla ghiandola<br />
mammaria, in parte derivanti dal circolo materno. Nel latte sono presenti sostanze<br />
biologicamente attive, in particolare <strong>IL</strong>-6 e IgA. Si ritrovano<br />
inoltre linfociti T “ad alta memoria” (High Memory T-Lymphocyte) che contengono<br />
informazioni rilevanti sulla storia immunologica della madre e conferiscono al neonato<br />
una memoria immunologica per il riconoscimento antigenico e l’ innesco di una<br />
risposta, che di per sé questo non avrebbe e che non acquisisce con l’ allattamento<br />
artificiale. Nel latte si ritrova anche<br />
della prolattina . E’ presente anche una discreta<br />
quantità di Epidermal Growth Factor, che non viene inattivato a livello gastrico ed è<br />
associato ai processi di maturazione e crescita dell’ epitelio del tratto digerente<br />
neonatale.<br />
Il processo della lattazione consiste nella conversione di glucosio in lattosio operata dall’<br />
enzima lattosio-sintetasi, regolato da un altro enzima, la galattosil-trasferasi, e dalla alattoalbumina,<br />
un tempo definite rispettivamente Proteina A e Proteina B.
La produzione di queste ultime è stimolata dalla prolattina e inibita dal progesterone:<br />
questo spiega perché in gravidanza, quando i livelli di progesterone sono elevati, non si ha<br />
lattazione, mentre alcuni giorni dopo il parto essa prende avvio. Spiega inoltre perché, nel<br />
caso di una nuova gravidanza durante l’ allattamento del figlio precedente, la donna nota<br />
un drammatico calo nella qualità e nella quantità del latte.<br />
Nel latte materno si ritrovano tutte le vitamine, ad eccezione della vit.K, che viene infatti<br />
somministrata al neonato per prevenire le emorragie.<br />
E’ presente una quantità di ferro piuttosto bassa, per cui gli Americani ne consigliano la<br />
supplementazione; la quantità contenuta non è in alcun modo influenzata dalla sideremia<br />
materna.<br />
Con il parto si ha un calo di progesterone, per cui la Proteina B non è più inibita e, con un<br />
meccanismo a cascata, dà il via alla produzione di lattosio. A livello cellulare il lattosio,<br />
prodotto nelle vescicole di Golgi, tende a richiamare osmoticamente acqua; il latte viene<br />
poi liberato per esocitosi nel lume della ghiandola mammaria.<br />
L’ intensità della lattazione è notevole: la produzione quotidiana è intorno ai 600 ml e,<br />
una volta avviata grazie alla caduta dei livelli progestinici, viene regolata dallo stimolo della<br />
suzione.<br />
La prolattina ha un’ importanza fondamentale: nella sindrome di Sheehan, in cui ne è<br />
bloccata la produzione a livello ipofisario, anche se la donna viene posta nelle condizioni di<br />
concepire, non potrà allattare. La sua concentrazione ematica è influenzata dalla suzione,<br />
in quanto si è notato che questo stimolo tende a liberare in circolo picchi di prolattina,<br />
quindi ad aumentare la lattazione, come pure libera ossitocina che ha come bersaglio, oltre<br />
alle cellule miometriali uterine, le cellule mioepiteliali perialveolari.<br />
La suzione, liberando ossitocina, favorisce la spremitura degli alveoli ghiandolari,<br />
riversando latte nei dotti galattofori.<br />
L’ ovulazione causa modificazioni della composizione del latte: nel periodo periovulatorio<br />
(da 5 gg prima a 7 gg dopo l’ ovulazione), aumenta la [Na+], la [Cl-] e si riduce la [K+],<br />
quella di lattosio e di glucosio.<br />
Questa è la spiegazione scientifica del fatto che la riattivazione dell’<br />
asse ipotalamo-ipofisi-ovaio faccia sìche il neonato gradisca meno il latte materno e<br />
diventi meno ansioso nel cercare la poppata.<br />
Gli ostetrici dell’ Associazione Americana di Pediatria nel ’97 hanno dichiarato che la<br />
ricerca fornisce forti evidenze che l’ allattamento al seno diminuisce l’ incidenza e\o la<br />
severità di diarrea, infezioni del basso tratto respiratorio, otiti, batteriemie, meningite<br />
batterica, botulismo, infezioni del tratto urinario…<br />
Ci sono anche studi che mostrano un possibile effetto protettivo del latte umano verso la<br />
SIDS(Sindrome da morte improvvisa neonatale), il diabete insulino-dipendente, il morbo<br />
di Crohn, la colite ulcerosa, i linfomi e la patologia allergica. E’ stato inoltre associato ad<br />
un migliore sviluppo cognitivo.<br />
LA CONTRACCEZIONE DURANTE L’ ALLATTAMENTO
In Italia si usano i progestinici, la Minipillola (come Cerazette) a partire da 2-3 settimane<br />
dopo il parto.<br />
In situazioni socialmente svantaggiate si possono somministrare formulazioni come il<br />
MedrossiProgesterone Acetato (MAP) depot a 6 settimane dal parto oppure- ma in Italia<br />
non ancora- procedere all’ impianto sottocute di progestinici a lento rilascio.<br />
Poiché il latte può risentire del tono ormonale della paziente, la contraccezione estroprogestinica<br />
combinata non dovrebbe iniziare prima di 6 settimane dopo il parto, a patto<br />
che la lattazione sia ben avviata e lo stato nutrizionale del neonato sia buono.<br />
FARMACI CONTROINDICATI IN ALLATTAMENTO<br />
-Bromocriptina, usata proprio per sospendere la lattazione;<br />
-antiblastici (Ciclofosfamide, Doxorubicina, Metotrexate);<br />
-Ciclosporina;<br />
-Litio (nel latte se ne trova circa 1\4 della concentrazione plasmatica);<br />
-Fenciclidina;<br />
-Fenildione;<br />
-elementi radioattivi usati in Diagnostica Nucleare:in caso sia necessaria<br />
una ricerca scintigrafica in corso di allattamento, è opportuno utilizzare<br />
un tracciante a rapida eliminazione.<br />
FARMACI DI SCELTA IN ALLATTAMENTO<br />
• Analgesici: il farmaco di prima scelta è il Paracetamolo; la seconda scelta sono l’<br />
Ibuprofene e il Ketorolac. In casi estremi la morfina.<br />
• Antiepilettici: Carbamazepina, Fenitoina, Acido Valproico.<br />
• Antibiotici: Cefalosporine e Penicilline, Macrolidi e Aminoglicosidi.<br />
• Ormoni: Insulina, L-Tiroxina, PropilTioUracile…<br />
• Glucocorticoidi: Prednisolone, Prednisone.<br />
RIPRESA DELLA FUNZIONE OVARICA<br />
In assenza di allattamento, si verifica in 6-8 settimane, tempo necessario per la<br />
ricostruzione della continuità della mucosa endometriale.<br />
In caso di allattamento, in genere, non si osserva la ripresa del ciclo mestruale fino alla sua<br />
sospensione.E’ un evento molto variabile che si verifica a 2 -18 mesi.<br />
N.B.:In caso di allattamento possono comunque verificarsi ovulazioni senza mestruazione<br />
e viceversa.<br />
Il rischio di gravidanza in allattamento è circa del 4% annuo.<br />
PROCESSI PATOLOGICI IN <strong>PUERPERIO</strong>
Mastite: processo infiammatorio della ghiandola mammaria, estremamente raro se non<br />
nel puerperio, al di fuori del quale è più frequente conseguenza di neoplasie( mastite<br />
carcinomatosa).<br />
Colpisce l’ 1-2% delle puerpere durante la lattazione, quasi sempre monolateralmente,<br />
spesso dopo la III-IV settimana di allattamento.<br />
Il principale agente eziologico è lo Staphilococcus Aureus e si tratta per lo più di un’<br />
infezione ascendente: attraverso il capezzolo, in carenti condizioni igieniche, o attraverso<br />
piccole fissurazioni o ragadi, il germe risale nei dotti galattofori fino ai lobi.<br />
Di solito è preceduta da un quadro di “ingorgo mammario”,che tecnicamente non è un<br />
processo infiammatorio ma di stasi del latte nei dotti a livello di uno dei quadranti della<br />
mammella. Il latte è un terreno fertile per la proliferazione dei germi e, pertanto, non è<br />
infrequente il verificarsi di una sovrapposizione batterica.<br />
Il quadro clinico è quello classico infiammatorio (calor, tumor, rubor…). Si ha una<br />
reazione linfonodale distrettuale a livello ascellare e sovraclaveare.<br />
Nel 10% dei casi evolve verso l’ ascesso mammario.<br />
La diagnosi è clinica o per esame colturale del latte.<br />
La terapia antibiotica si effettua con Penicillina (utilizzabile in allattamento) a dosi piene.<br />
Come seconda scelta, ad es. in pazienti allergici ai b-lattamici, si può somministrare<br />
Eritromicina.<br />
In ceppi resistenti di S.Aureus è indicata la Vancomicina.<br />
E’ fondamentale la prosecuzione dello svuotamento della ghiandola, in quanto il latte che<br />
ristagna fa da terreno di coltura per i batteri.<br />
E’ possibile effettuare applicazioni fredde(Ice Bag?), usare reggiseni contenitivi…ovviamente,<br />
nel caso di un’ evoluzione in ascesso, per portarlo a maturazione, saranno<br />
invece opportune applicazioni calde e umide.<br />
Ascesso mammario: Se non ci sono segni di defervescenza entro 48-72h dall’ inizio della<br />
terapia antibiotica o se si sviluppa una massa palpabile, è forte il sospetto di ascesso.<br />
La diagnosi è per lo più clinica: alla palpazione la mammella, che in corso di mastite ha<br />
una consistenza aumentata, presenta un’ area di ridotta resistenza e libera fluttuazione per<br />
la formazione della raccolta ascessuale che tende poi a farsi strada verso l’ esterno.<br />
La terapia consiste in incisione, drenaggio e zaffatura, eseguiti sotto copertura antibiotica.<br />
Si sta valutando l’ efficacia del drenaggio ambulatoriale sotto guida ecografica.<br />
Emorragia puerperale:Si può verificare 1-2 setimane dopo il parto, per una anomala<br />
involuzione del sito di inserzione placentare: esso non viene gradualmente sottominato, ma<br />
c’ è un distacco improvviso del- l’ area necrotica che lo ricopre. Come la caduta di<br />
un’ escara, questo distacco può dare luogo al vivo sanguinamento dei vasi sottostanti.<br />
Ovviamente, accanto a questa ipotesi, bisogna considerare la possibile ritenzione di un<br />
lembo placentare o un secondamento incompleto, che può dar segno di sé con un<br />
sanguinamento nell’ immediato post-partum. Questo può essere riconosciuto all’ esame<br />
della faccia materna della placenta che viene effettuato dopo il parto.<br />
Può accadere che il lembo trattenuto nella cavità uterina venga ricoperto da fibrina,<br />
determinando la formazione di un “polipo placentare” che, distaccandosi, causerebbe un<br />
sanguinamento.<br />
E’ un evento raro, riguardante l’ 1% delle puerpere, ma problematico.
Il trattamento standard era il courettage, e lo è ancora se la causa del sanguinamento è la<br />
ritenzione di un lembo placentare.<br />
Se invece esso è dovuto al distacco di questa sorta di escara, il raschiamento della parete<br />
uterina con la courette può solo peggiorare la situazione.<br />
A meno che non ci siano forti evidenze della presenza di un corpo estraneo in cavità,<br />
sarebbe opportuno, prima di intervenire, tentare un trattamento medico con degli<br />
uterotonici come la Metilergonovina o le prostaglandine che, favorendo la contrazione<br />
tetanica dell’ utero, bloccano le bocche vascolari responsabili del sanguinamento.<br />
Iperpiressia in puerperio:Può essere legata a diverse cause:<br />
-una mastite( l’ ingorgo mammario dà un rialzo termico non superiore ai<br />
39°C, subito dopo il parto, per massimo 24h);<br />
-in caso di taglio cesareo è più frequente una patologia dell’ apparato<br />
respiratorio, ora meno comune grazie al ricorso all’ anestesia epidurale;<br />
-una pielonefrite;<br />
-una tromboflebite;<br />
-un’ endometrite.<br />
Infezioni uterine:Riconoscono tra i fattori predisponenti: il parto cesareo (ha un rischio<br />
relativo di 10 volte rispetto al parto vaginale), l’ anemia, la colonizzazione batterica<br />
del tratto genitale inferiore, prolungate procedure di induzione del travaglio.<br />
I più frequenti agenti eziologici sono Enterococchi, Streptococchi, E.Coli, anaerobi…<br />
Il primo sospetto in caso di rialzo termico in puerperio deve essere l’ endometrite.<br />
Di solito la febbre supera i 38°C, è accompagnata da brividi e la batteriemia è<br />
documentata nel 10-20% dei casi.<br />
All’ esame clinico l’ utero risulta molto dolente, ha una consistenza pastosa, più morbida<br />
di quanto non sia normalmente in puerperio.<br />
I lochi sono maleodoranti.<br />
Il provvedimento più incisivo è la profilassi antibiotica.<br />
Ad infezione instaurata il trattamento di prima scelta è il b-lattamico, associato, in genere,<br />
alla Gentamicina.<br />
Se c’ è sospetto coinvolgimento di germi anaerobi è opportuno somministrare<br />
Metronidazolo.<br />
Possibili complicanze sono:<br />
-l’ infezione della ferita chirurgica nel taglio cesareo;<br />
-peritoniti e annessiti;<br />
-flemmoni parametriali (in cui il processo infettivo e la conseguente<br />
raccolta ascessuale si fanno strada tra le strutture parametriali.<br />
Clinicamente si apprezza una bozzatura simile ad un ematoma);<br />
-l’ ascesso pelvico;<br />
-la tromboflebite settica.<br />
Tromboflebite in puerperio:Storicamente il puerperio rappresentava un momento di<br />
segregazione in cui la donna, avendo partorito, si pensava dovesse stare a letto.<br />
Ma la stasi venosa e la vasodilatazione sono condizioni determinanti l’ insorgenza di<br />
tromboflebiti, tanto più se associate al deficit di Fattore V, proteina C ed S, clinicamente<br />
non evidente al di fuori della gravidanza.
Il classico quadro della “Phlegmasia alba dolens”, in cui la gamba si presenta bianca con<br />
sfumature bluastre, edematosa e dolente, è legato ad una trombosi venosa profonda degli<br />
arti inferiori.<br />
Questa è una delle più frequenti cause di complicanze come l’ embolia polmonare.<br />
Quindi è importante, per prima cosa, una mobilizzazione precoce della paziente. Poi è<br />
opportuno che le donne che presentino condizioni predisponenti, come le vene varicose,<br />
eseguano bendaggi con calze elastiche e una profilassi antitrombotica con Eparina a basso<br />
peso molecolare.<br />
Inoltre è utile condurre un’ accurata anamnesi familiare per ricercare eventuali deficit di<br />
fattori della coagulazione e un’ anamnesi fisiologica per sapere, ad es., se la donna ha<br />
dovuto interrompere l’ assunzione di contraccettivi orali per insufficienza circolatoria.<br />
Consiglio di prendere visione delle diapositive inviate dal prof., perché la lezione ne è stata<br />
una lettura “condita” da alcuni particolari, ma queste sono sicuramente più schematiche<br />
ed essenziali.