1 Lezione dell'11 novembre 2002 13,00-15,00 SMC-Oculistica Dott ...
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<strong>Lezione</strong> dell’11 <strong>novembre</strong> <strong>2<strong>00</strong>2</strong><br />
<strong>13</strong>,<strong>00</strong>-<strong>15</strong>,<strong>00</strong><br />
<strong>SMC</strong>-<strong>Oculistica</strong><br />
<strong>Dott</strong>. S. Miglior<br />
Sbob. MANUELA FRITTOLI<br />
OCCHIO E MALATTIE SISTEMICHE<br />
La lezione di oggi riguarda i rapporti tra occhio, apparato visivo più in generale, e le<br />
malattie sistemiche, quindi quelle malattie che più frequentemente interferiscono con la<br />
funzione visiva e che più spesso richiedono un controllo oftalmologico su richiesta del<br />
medico internista.<br />
Potete ben immaginare come a livello oculare diverse malattie possono dare problemi.<br />
Chiaramente tutte quelle malattie che danno problemi a carico dell’apparato vascolare<br />
daranno problemi anche a livello oculare, anche malattie metaboliche di per sé poco diffuse<br />
che possono indurre problemi a carico dell’occhio, e malattie endocrinologiche, che a loro<br />
volta possono facilmente dare problemi a livello oculare.<br />
Va comunque sottolineato che le malattie più responsabili di alterazioni a livello oculare<br />
sono sostanzialmente quelle che inducono alterazioni a livello vascolare ed in particolare<br />
l’ipertensione sistemica e il diabete. Queste sono sicuramente di gran lunga le affezioni<br />
che interferiscono con l’occhio e devo dire che interferiscono in particolare con il bulbo<br />
oculare, quindi con l’apparato vascolare del bulbo oculare. E tenete presente che fino ad<br />
alcuni anni fa, non pochi, direi qualche decennio fa, l’ipertensione arteriosa era<br />
responsabile di grossi problemi a carico dell’occhio, oggi onestamente parlando è<br />
veramente raro, veramente difficile osservare quadri di retinopatie ipertensive assimilabili<br />
a quelli che si vedevano vent’anni fa e questo perché la terapia dell’ipertensione è<br />
sicuramente migliorata e infatti i pz. vengono trattati molto prima quindi è molto difficile<br />
osservare i quadri che fra poco vi mostrerò. Per altro sappiate che l’ipertensione sistemica è<br />
una delle ragioni più frequenti perché un internista richieda una visita oculistica e questo<br />
per un motivo molto semplice: l’internista può misurare la pressione, esaminare il pz., ecc.<br />
però non potrà mai visualizzare i vasi in modo specifico, perché l’unico modo per poterlo<br />
fare è guardare il fondo dell’occhio e quindi l’esame del fondo dell’occhio è un esame che<br />
direi è di routine nei classici protocolli diagnostici dell’ipertensione sistemica.<br />
IPERTENSIONE SISTEMICA<br />
A livello oculare cosa si può osservare in presenza di ipertensione sistemica. Si possono<br />
osservare tute quelle alterazioni che avete già sicuramente studiato in patologia generale,<br />
medicina interna, clinica medica, ecc. L’ipertensione è responsabile dell’ispessimento<br />
della parete arteriosa, di una sostanziale modifica del calibro dell’arteria che diventa<br />
irregolare, con interposizione di zone dove è più sottile e zone in cui è maggiore;<br />
ovviamente si ha un certo turgore venoso e, laddove l’alterazione vascolare è importante<br />
si possono facilmente osservare tutti quei quadri tipici di una situazione in cui c’è<br />
un’alterata permeabilità, cioè in poche parole tutte situazioni legate all’ essudazione di<br />
materiale dal lume vascolare all’ambiente circostante.<br />
1
A livello oculare le cose da tenere presente sono queste. Diamo ora un’occhiata alla<br />
vascolarizzazione a livello oculare: abbiamo sempre l’arteria che decorre parallelamente<br />
alla vena; abbiamo esattamente 4 quadranti (supero-temporale, infero-temporale, inferolaterale,<br />
supero-laterale) e in questi quadranti osserverete sempre più o meno regolare<br />
un’arteria che circola vicino ad una vena, ed in effetti arteria e vena assumono dei rapporti<br />
anatomici abbastanza importanti e questo spiega il perché di certi reperti oltolmoscopici<br />
che dovete tenere presenti perché sulla base del referto che viene redatto dall’oculista poi<br />
l’internista ha il preciso dovere di valutare la terapia del proprio pz. ed eventualmente<br />
aggiustarla.<br />
Le alterazioni classiche sono:<br />
- assottigliamento dei vasi arteriosi, vasi arteriosi che diventano più sottili,<br />
emanano un riflesso decisamente più marcato;<br />
- le vene appaiono decisamente più turgide, più tese, più gonfie del normale;<br />
- ma la cosa che diventa ben evidente è la presenza, laddove si osservano degli<br />
incroci tra arterie e vene, di queste situazioni, lo vedete, l’arteria attraversa in modo<br />
netto la vena, le passa al di sopra e determina una specie di schiacciamento. La<br />
vena appare cioè proprio schiacciata. E vi sono casi dove questo fenomeno è<br />
molto marcato e casi dove è appena accennato e direi che questo è il segno<br />
veramente facile da distinguere, perché in realtà riconoscere un assottigliamento<br />
dell’albero vascolare arterioso o un certo turgore dell’albero vascolare venoso<br />
credetemi non è facile. Soprattutto per chi non ha la possibilità di vedere spesso i<br />
pz., è cioè una valutazione soggettiva, qualitativa, che si presta quindi un po’ a<br />
diverse interpretazioni mentre invece l’osservazione di questi quadri patognomonici<br />
e tipici dell’ipertensione arteriosa diventa effettivamente di rilievo. Comunque in<br />
sostanza finché non si osserva una cosa di questo tipo è veramente difficile poter<br />
dire se c’è indubbiamente un quadro di retinopatia ipertensiva iniziale o non c’è.<br />
Ovviamente questo quadro, attenzione, è un segno dell’ipertensione cronica, non può<br />
essere legato ad un improvviso rialzo od uno spike pressorio che si è verificato qualche<br />
giorno prima e che è durato qualche giorno, ma è un segno dell’alterazione cronica della<br />
parete vascolare.<br />
Segni di ipertensione acuta, e parliamo di ipertensione veramente marcata, parliamo di<br />
ipertensione che supera i 2<strong>00</strong> sia diastolica che sistolica sono alterazioni di tipo<br />
sostanzialmente quasi ischemico, cioè quegli essudati cotonosi che sono un segno tipico di<br />
una sofferenza ischemica della parte più superficiale della retina, così come si possono<br />
osservare anche delle microemorragie, alterazioni chiaramente legate ad una più marcata<br />
ed importante alterazione della parete vascolare.<br />
E’ ovvio che i quadri possono coesistere, possiamo avere pz. trattati con terapia<br />
ipertensiva che possono purtroppo andare incontro a sbalzi pressori importanti ed ecco che<br />
si possono osservare in questi pz. diversi segni.<br />
E in casi più gravi si può arrivare ad avere tanti essudati duri (gialli, diversi dagli essudati<br />
cotonosi bianchi), emorragie sparse e soprattutto le emorragie cominciano ad essere più<br />
superficiali e si ha sofferenza a livello papillare, si ha edemapapillare che in qualche modo<br />
è un quadro generalizzato, vanno ad essere alterati i vasi più superficiali della papilla. In<br />
questi casi un esame FAG (un esame che, dopo aver iniettato un colorante e utilizzando<br />
determinate pellicole, ci fa apparire i vasi ben bianchi, iniettati di colorante e il fondo della<br />
retina grigiastro per la presenza di rete capillare, e la macula invece scura perché ricordate<br />
che a livello della macula non abbiamo capillari) ci permette di evidenziare tante piccole<br />
emorragie che mascherano ovviamente la fluorescenza sottostante e un edema a livello<br />
papillare lo si capisce da questa soffusione che noi vediamo come aumento del contrasto,<br />
dal bianco etc.<br />
2
Qualora l’ipertensione determini anche problemi a livello renale, il quadro diventa<br />
decisamente più importante: si osserva una marcata componente essudativa, legata alla<br />
perdita di proteine, di lipidi, da parte dell’albero vascolare nel tessuto retinico e, questi<br />
lipidi, proteine non riescono ad essere riassorbiti dagli stessi vasi retinici allo stesso ritmo<br />
con il quale vengono eliminati dai vasi sistemici e per questo si accumulano e creano questi<br />
piastroni localizzati quasi sempre attorno alla pupilla o alla macula.<br />
Questo per farvi capire come il problema della detossificazione del sangue da parte del<br />
rene sia importante; un pz. in fase predialitica e dopo il trattamento modifica in modo<br />
importante il quadro retinico perché si modifica in modo importante la componente di<br />
proteine e di altre molecole a livello ematico, sostanze che prima non venivano eliminate<br />
attraverso il rene e che ora vengono eliminate attraverso la dialisi.<br />
In poche parole la retinopatia ipertensiva è un quadro potenzialmente importante che può<br />
essere anche causa di grave compromissione visiva. In realtà i casi che noi osserviamo<br />
sostanzialmente non sono tra virgolette letali per la funzione visiva. La retinopatia<br />
ipertensiva assume determinata importanza quando si osservano marcati schiacciamenti del<br />
ramo venoso da parte del ramo arterioso, perché in questi casi effettivamente il rischio di<br />
sviluppare occlusione venosa di branca è molto elevato e il pz. deve esserne allertato così<br />
come il medico curante che deve dare al pz. una terapia che gli permetta di mantenere il<br />
sangue più fluido possibile. Altre volte abbiamo a che fare con quadri che evolvono verso<br />
il papilledema, papilledema che può evolvere negativamente verso una atrofia delle fibre<br />
nervose e pertanto può esitare verso una perdita irreversibile del contingente nervoso del<br />
nervo ottico. Ancora l’ipertensione è un fattore che aggrava i pz. affetti da diabete. Pz.<br />
affetti da diabete e che sono anche ipertesi generalmente hanno un’evoluzione verso le<br />
complicanze più gravi del diabete direi decisamente più rapida. Pertanto il pz. iperteso<br />
deve essere ben riconosciuto dall’oftalmologo anche per questo problema.<br />
DIABETE<br />
Quadro diverso è quello legato al diabete.<br />
Il diabete è una malattia metabolica estremamente importante, estremamente diffusa e<br />
soprattutto è una malattia metabolica cronica, cioè quando si instaura ci accompagna per<br />
tutta la vita. Dovete ben sapere che il diabete elettivamente e direi quasi nella totalità dei<br />
casi determina alterazioni a livello oculare. Alterazioni oculari che si possono osservare a<br />
livello di diversi tessuti : per esempio in epoca pre-insulinica era un fattore di rischio<br />
fondamentale per lo sviluppo di cataratta, oggi, effettivamente, questo rischio c’è ma è<br />
decisamente minore; può dar luogo ad alterazioni neuro muscolari, per esempio può<br />
determinare delle paresi, paralisi dei nervi oculomotori (tipico esempio può essere la paresi<br />
del VI nervo cranico che è quasi sempre legata ad una situazione di diabete); ma direi che<br />
di gran lunga la situazione più importante è quella legata alla retinopatia diabetica.<br />
Retinopatia diabetica che probabilmente è la complicanza più diffusa tra quelle legate al<br />
diabete e sostanzialmente colpisce sia i pz. giovani, quelli affetti da diabete di tipo 1, sia i<br />
pz. anziani, affetti da diabete di tipo 2, nonostante, attenzione, il diabete in queste due<br />
categorie sia diverso in termini di iperglicemia perché sappiamo bene che è decisamente<br />
più grave nel giovane insulino - dipendente che non nell’anziano. E’ però anche vero che<br />
nell’anziano esistono tutta un’altra serie di situazioni di rischio legate sostanzialmente<br />
all’invecchiamento o alla coesistenza di altre malattie che purtroppo interferiscono<br />
negativamente con l’evoluzione della malattia stessa.<br />
Sostanzialmente esistono diversi stadi nella retinopatia diabetica :<br />
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un primo stadio che prende il nome di “Retinopatia background”, retinopatia semplice<br />
che infatti è compatibile con una funzione visiva normale, in cui sostanzialmente il quadro<br />
clinico è caratterizzato da:<br />
- microaneurismi<br />
- piccole emorragie<br />
- essudati duri<br />
Questa retinopatia semplice può poi evolvere verso 2 stadi :<br />
uno in cui prevale l’edema maculare e in cui si può avere, anzi si ha, una diminuzione<br />
della funzione visiva legata proprio all’edema maculare che quindi interferisce con la<br />
ricezione del segnale, con una buona trasformazione del segnale luminoso; dall’altra parte<br />
può evolvere verso una forma ischemica sostanzialmente, forma ischemica che determina<br />
la formazione di neovasi, e che quindi prende il nome di “retinopatia proliferativa”;<br />
neovasi che si estendono verso il corpo vitreo e questo è alla base di tutta una serie di<br />
complicanze più importanti e purtroppo altamente gravi per la funzione visiva quali<br />
l’emovitreo, il il distacco di retina, ecc.<br />
Diciamo però che, dal punto di vista schematico, nella retinopatia proliferativa, finchè non<br />
si ha un interessamento diretto a livello maculare, la funzione visiva può essere anche<br />
buona, mentre nella maculopatia diabetica la funzione visiva è già fin dall’inizio alterata.<br />
Patogenesi della retinopatia diabetica<br />
Quali sono le alterazioni che noi osserviamo a livello vascolare nel diabete.<br />
Abbiamo lesioni a carico della parete vascolare che in ultimo portano ad un ispessimento<br />
della membrana basale e sostanzialmente ad un’alterazione della barriera ematoretinica<br />
interna (ricordiamoci che sono vasi retinici non sono vasi sistemici).<br />
Seconda alterazione è una modificazione del flusso ematico legata ad aumento della<br />
viscosità ematica per ridotta deformabilità degli eritrociti, questi fanno più fatica a<br />
procedere.<br />
Il tutto è aggravato dal fatto che le piastrine sono alterate e tendono ad essere più<br />
aggregabili, più adesive e questo non fa altro che peggiorare il flusso ematico.<br />
Queste situazioni portano ad una serie di alterazioni:<br />
- l’alterazione della parete capillare porta naturalmente alla rottura delle barriera<br />
emato-retinica e questo porta all’essudazione, all’aumento del passaggio di liquidi,<br />
e non solo di liquidi dai vasi ai tessuti circostanti e ricordatevi, lo abbiamo detto<br />
nella prima lezione, che la retina deve rimanere di regola asciutta, nessun elemento<br />
retinico deve arrivare ad essere in diretto contatto con elementi di derivazione<br />
ematica, tutto questo porta all’edema;<br />
- modificazione del flusso ematico determina tutta una serie di alterazioni,<br />
iperviscosità e quindi la possibilità di avere microtrombosi, una certa stasi<br />
sanguigna, in poche parole contribuisce allo sviluppo di quei territori retinici non<br />
perfusi, si va quindi verso una ischemia retinica generalmente inizialmente<br />
localizzata;<br />
- e in questo percorso viene sicuramente aiutata dal fatto che le piastrine si aggregano<br />
facilmente e quindi determinano occlusione capillare, quindi veramente lo sviluppo<br />
di queste aree di non perfusione.<br />
Lo sviluppo di queste aree porta poi all’ischemia che è alla base del processo proliferativo<br />
dei neovasi.<br />
Cosa succede quando la parete si altera:<br />
- si ispessisce la parete quindi chiaramente il lume capillare si riduce, si ha perdita<br />
di liquidi all’esterno del vaso, si rompe la barriera emato-retinica, si ha<br />
essudazione, si altera la parete a tal punto che si possono creare delle zone<br />
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caratterizzate da assottigliamento, quindi si possono avere i cosiddetti<br />
“microaneurismi”, dilatazioni sacciformi;<br />
- dall’altra parte si ha una tendenza all’iperaggregabilità piastrinica ed è ovvio che<br />
questo determina una alterazione proprio all’interno del lume vascolare,<br />
attraverso il microaneurisma si ha una perdita ancora maggiore di liquidi perché<br />
la parete è più sottile e ad un certo punto gli eritrociti che tendono ad essere meno<br />
deformabili si impilano e in pratica si viene a rallentare prima e a bloccare poi la<br />
circolazione nell’ambito di questi eritrociti;<br />
- poi chiaramente nel momento in cui il flusso inizia a rallentare le piastrine si<br />
aggregano quasi istantaneamente quindi il tutto non fa che peggiorare.<br />
Ed effettivamente quello che si osserva è una rarefazione della rete capillare; e<br />
ovviamente alla perdita della rete capillare corrisponde un’assenza di ossigenazione del<br />
tessuto retinico ad essa adiacente.<br />
Osservando oftalmoscopicamente un pz. con retinopatìa iniziale possiamo osservare :<br />
essudati duri ancora di poco conto, emorragie retiniche, e questi sono i segni iniziali<br />
classici prima o poi, direi, nella vita presenti in tutti i diabetici.<br />
Se noi eseguiamo un esame FAG, che in questo tipo di pz. diventa l’esame fondamentale,<br />
possiamo osservare, come vedete, tutte queste piccole lampadine che si accendono che<br />
altro non sono che microaneurismi difficilmente visibilili oftalmoscopicamente, ben visibili<br />
invece con l’esame FAG, dove abbiamo zone che si riempiono di colorante e che diventano<br />
quindi bene evidenti.<br />
MACULOPATIA ESSUDATIVA<br />
L’evoluzione verso la forma caratterizzata dall’edema maculare è caratterizzata da una<br />
marcata essudazione in questa regione. Da cosa capite che c’è un edema maculare ? Dalla<br />
presenza di essudati duri-essudati duri che, ripeto, sono sempre segno di perdita di liquidi<br />
dai vasi circostanti ed essudazione - che assumono spesso un aspetto detto “circinnato”<br />
perché quello che noi vediamo dell’essudato duro è formato da lipidi, da proteine, perché la<br />
componente liquida che li accompagna tende ad essere almeno un po’ riassorbita dai vasi<br />
circostanti, ed in pratica questi esudati sono sempre vicino ai vasi perché i vasi stessi non<br />
riescono a riassorbire questa componente lipidica, proteica, ecc.<br />
Poi, a livello foveale, in questi pz. non c’è più il classico riflesso, non la si distingue quasi<br />
più, perché c’è un ispessimento della parete retinica. Ancora l’esame FAG in questi pz. fa<br />
vedere chiaramente tutte le alterazioni microaneurismatiche del circolo capillare e, in tempi<br />
più tardivi, aspettando che il colorante continui a circolare, questo colorante esce e<br />
diffonde e si creano delle zone segno dell’edema, dei liquidi che si accumulano a livello<br />
retinico.<br />
EVOLUZIONE DELLA RETINOPATIA<br />
a) Forma proliferante<br />
La forma proliferante determina sviluppo di neovasi preretinici che quindi si<br />
sviluppano al di sotto della retina, quindi verso il corpo vitreo, e questo può<br />
determinare lo sviluppo di emorragie massive dentro il vitreo, emovitreo; distacco<br />
da trazione perché questi vasi sono accompagnati da tessuto fibroso di sostegno<br />
aderente alla retina e questo tessuto può contrarsi determinando un sollevamento<br />
retinico, un distacco di retina; e ultimo, ma non meno importante, la proliferazione<br />
si sviluppa non solo a livello retinico, ma anche a livello del segmento anteriore e<br />
soprattutto a livello dell’iride e questo può portare allo sviluppo di un glaucoma<br />
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miovascolare. E questo diciamo che è l’evoluzione classica della forma<br />
proliferante.<br />
b) Forma non proliferante<br />
Invece l’evoluzione più pericolosa, più rischiosa per la funzione visiva del pz.. nella<br />
maculopatia, è l’edema cistoide cioè un’alterazione a livello maculare che non è<br />
più correggibile semplicemente permettendo il riassorbimento dei liquidi. Si creano<br />
cioè delle alterazioni anatomiche a livello della regione maculare per cui si ha una<br />
perdita della componente cellulonervosa, si formano proprio delle cisterelline che<br />
purtroppo non permettono poi un recupero funzionale adeguato. Purtroppo quando<br />
si arriva ad osservare questa situazione clinica, indubbiamente tutti i trattamenti che<br />
possiamo fare hanno scarso effetto perché la malattia non è più suscettibile di<br />
miglioramento.<br />
Vediamo un po’ ora come possono evolvere a livello vascolare i quadri che abbiamo già<br />
illustrato :<br />
- i microaneurismi possono dare luogo in qualche modo ad un ulteriore ispessimento,<br />
possono rompersi determinando emorragie retiniche, possono contribuirte ad<br />
interferire con la normale circolazione all’interno della retina.<br />
- gli essudati si localizzano ovviamente in profondità negli spazi retinici e questo<br />
perché i capillari sono abbastanza profondi; è ovvio che se l’emorragia diventa più<br />
importante può coinvolgere anche gli spazi più superficiali, anche lo spazio<br />
preretinico, ma questo nelle situazioni più avanzate.<br />
Questo è lo sviluppo dell’edema maculare : la retina si ispessisce, il liquido non viene<br />
riassorbito dai vasi della regione perimaculare e quindi questo determina un’alterazione del<br />
funzionamento della trasmissione del segnale. Si vede quindi che è causata dalla<br />
rarefazione dei capillari e, laddove i capillari scompaiono, il tessuto diventa ischemico e da<br />
qui comincia a mandare in giro sostanze che stimolano la produzione di neovasi.<br />
Riconosciamo facilmente la presenza di vasi ischemici perché intorno a questi vasi<br />
troviamo i cosiddetti essudati cotonosi, quelli biancastri sfumati e che sono molto<br />
superficiali e che tendenzialmente mascherano quello che c’è al di sotto.<br />
Una retinopatia ischemica si riconosce per la presenza di determinati aspetti: essudati,<br />
colorito piuttosto scuro del fondo dell’occhio, emorragie, che se ci sono, sono molto scure.<br />
Soprattutto la si riconosce molto bene all’esame FAG : zone non perfuse, senza capillari,<br />
non si osserva la normale fluorescenza perché i neovasi non hanno la parete uguale ai<br />
capillari normali, parete che di per sé tende a perdere liquidi e pertanto questi liquidi<br />
circondano totalmente l’area interessata e sembra che si accenda una lampadina; la<br />
diffusione del colorante è rapida e noi riusciamo facilmente a riconoscerla. E’ chiaro che i<br />
neovasi si accompagnano a tessuto fibroso che sostiene il vaso e questo ovviamente induce<br />
la possibilità di sviluppare un distacco di retina, neovascolarizzazione molto marcata al di<br />
sotto della papilla ottica e conseguente emovitreo, perdita di sangue nel corpo vitreo. Il<br />
tutto può poi naturalmente evolvere verso un distacco retineo.<br />
L’evoluzione naturale della malattia oltre a creare problemi a livello retineo può<br />
determinare anche lo sviluppo di un glaucoma vascolare. Glaucoma vascolare<br />
contraddistinto dal fatto che la pressione dell’occhio sale veramente tanto, non tutto d’un<br />
colpo come nel glaucoma acuto, però molto rapidamente perché i neovasi si sviluppano<br />
rapidamente, e sono pz. che viaggiano con pressioni a livello oculare intorno ai 40-50<br />
mmHg difficilmente trattabili perché non ci sono farmaci utili e difficilmente operabili<br />
perché sanguinano in un modo pazzesco. L’unico modo per trattare questo glaucoma<br />
vascolare è o l’inserimento di un tubicino che permetta di drenare il liquido dalla parte<br />
anteriore posteriormente nel quadrante sclerale più posteriore o, eventualmente, una<br />
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coagulazione dei corpi ciliari riducendo la produzione di umore acqueo che si fa con un<br />
laser o con il crio.<br />
TRATTAMENTO<br />
La patologia diabetica, peraltro, è una malattia non dico curabile però almeno controllabile.<br />
Quello che noi chiediamo al nostro collega internista, è ottenere questi due risultati :<br />
glicemia bassa ma soprattutto stabile, la più stabile possibile.<br />
Molto meglio viaggiare sui 2<strong>00</strong> di glicemia piuttosto che passare da 1<strong>00</strong> a 3<strong>00</strong><br />
continuamente, perché questi sbalzi sono veramente letali al fine dell’evoluzione della<br />
malattia. Altra cosa, e questo riguarda il diabete di tipo 2 in pz. in cui si ha la<br />
concomitanza di ipertensione arteriosa e diabete, i medici devono trattare al meglio<br />
l’ipertensione. Perché non è sufficiente trattare adeguatamente il diabete se poi la<br />
pressione rimane alta, perché questo induce la sovrapposizione di altre alterazioni vascolari<br />
e diventa quasi impossibile ottenere un miglioramento delle condizioni del pz.<br />
Cosa può fare l’oculista ?<br />
L’oculista può fondamentalmente ottenere due risultati e dividiamo ora in modo netto la<br />
situazione in cui si ha una maculopatia essudatizia e quindi edema maculare, da quella che<br />
è la retinopatia diabetica proliferante, o meglio preproliferante, cioè quella ischemica.<br />
In tutti e due i casi possiamo fare un trattamento col laser con due obiettivi ben diversi :<br />
- Il trattamento che noi impieghiamo sulla macula edematosa consiste o nel trattare<br />
direttamente i microaneurismi, cosa comunque molto difficile perché richiede un<br />
esame FAG che ci permetta di individuarli molto bene, per questo molto meglio<br />
fare quello che noi chiamiamo una “griglia maculare” cioè dei colpi con il laser di<br />
1<strong>00</strong>, <strong>15</strong>0 micron di diametro, abbastanza leggeri e sparsi, cercando di risparmiare<br />
possibilmente la regione foveale. Induciamo quindi delle microbruciature con lo<br />
scopo di stimolare l’epitelio danneggiato a contribuire al riassorbimento<br />
dell’edema. Ed in effetti questo trattamento funziona, riusciamo infatti a migliorare<br />
la capacità retinica ad assorbire l’edema.<br />
- Diverso è il trattamento della forma ischemica perché dobbiamo porci come<br />
obiettivo quello di eliminare, bruciare, tutto il territorio non perfuso. In precedenza<br />
si trattavano solo le aree ischemiche. In realtà si è visto che cambiava poco, è<br />
molto più conveniente eseguire quello che noi chiamiamo “panfotocoagulazione”,<br />
cioè una bruciatura con il laser con colpi molto vicini in modo tale da bruciare<br />
quanta più retina possibile e questo con lo scopo di ridurre il consumo di ossigeno<br />
nella retina periferica, meno utile dal punto di vista funzionale, preservando la zona<br />
centrale. Ed effettivamente funziona perché bruciando le aree ischemiche, queste<br />
non producono più quei fattori che stimolano la formazione di neovasi, si evita in<br />
tal modo la neovascolarizzazione e si prevengono tutte quelle complicanze molto<br />
più gravi quali l’emovitreo, il distacco di retina ecc. Quindi sono pz. in cui si<br />
raggiunge un certo compromesso. E l’efficacia di questo trattamento è stata, tra<br />
l’altro, valutata da trials clinici ed ora è il trattamento di riferimento.<br />
- Quando, purtroppo, si hanno situazioni più gravi, come nel distacco di retina, non<br />
rimane altro che la chirurgia, quindi la vitrectomia, l’unico intervento che ci<br />
permetta di asportare tutto il corpo vitreo e tutti i neovasi e, per via endoscopica,<br />
eseguire una panfotocoagulazione totale che permetta di evitare le recidive.<br />
Diciamo però che quando andiamo ad operare pz. che hanno avuto questi tipi di<br />
problemi, il risultato funzionale è veramente scarso. La malattia ha ormai<br />
determinato una lesione dei tessuti nervosi assolutamente irreversibile.<br />
7
N.B.<br />
Ripeto il concetto : questo si verifica sia nei diabetici senili che giovanili; un certo tipo di<br />
comportamento può ovviamente migliorare la prognosi ma, purtroppo, qualche<br />
manifestazione si avrà in tutti i pz. Quindi questa è una complicanza da conoscere e da<br />
conoscere bene anche perché molto dipende da quanto il medico stimolerà il pz. diabetico.<br />
MALATTIE DELLE VIE OTTICHE<br />
Parliamo ora delle malattie che interessano in modo diretto l’occhio come elemento facente<br />
parte del SNC.<br />
A questo punto spostiamo un po’ la nostra attenzione da quella che è la retina di per sé alla<br />
papilla ottica, punto di inizio del nervo ottico. Papilla ottica che, è bene ricordarlo, ha un<br />
aspetto ben chiaro, ben definito : la papilla normale viene definita come rosea, piana, il<br />
che vuol dire che il piano papillare non è rilevato rispetto a quello retinico, a margini<br />
netti, cioè i margini papillari sono ben evidenziabili rispetto ai tessuti circostanti.<br />
Papilledema<br />
Il quadro più tipico legato ad una alterazione delle vie ottiche è il papilledema, cioè<br />
l’edema della papilla. E’ caratterizzato da una papilla più che rosea direi iperemica,<br />
sicuramente appare rilevata sul piano retinico, i margini della papilla non sono più ben<br />
netti, sono sfumati, si osserva anche un certo turgore dei vasi venosi perché il sangue<br />
venoso fa fatica ad essere eliminato a livello della vena retinica centrale, si osserva una ben<br />
evidente trama dello strato delle fibre nervose retiniche, e alterazioni dei vasi che non sono<br />
più rettilinei ma tortuosi.<br />
All’esame FAG si osserva un aumento della fluorescenza a livello papillare perché i<br />
capillari sono dilatati e questo permette una perdita del colorante al di fuori dei capillari<br />
stessi.<br />
Le cause di un papilledema possono essere sostanzialmente due. O un fatto infiammatorio<br />
che ha però delle caratteristiche cliniche molto particolari, che abbiamo già visto quando<br />
abbiamo parlato della papillite, edema presente ma circoscritto e soprattutto accompagnato<br />
da segni clinici soggettivi marcati. Il pz. con la papillite ha un improvviso calo visivo, nel<br />
giro di qualche ora o qualche giorno, si evidenzia un calo visivo molto marcato. Marcato<br />
calo visivo che non avviene con il papilledema classico legato per esempio ad una<br />
compressione esercitata sulle vie ottiche, quindi sostanzialmente legato ad una ipertensione<br />
endocranica, e in questo caso il pz. non avverte nessuna sintomatologia visiva. Quindi in<br />
questo caso o esistono dei segni clinici che ci fanno capire che c’è qualcosa che non va,<br />
perché il pz. può avere per esempio vertigini o altri segni neurologici, altrimenti dal punto<br />
di vista funzionale il pz. con papilledema classico per diverse settimane non presenta<br />
sintomatologia.<br />
Tendenzialmente poi il papilledema classico è bilaterale, può essere inizialmente più<br />
marcato in un occhio rispetto all’altro, però l’ipertensione si scarica in modo più o meno<br />
equilibrato bilateralmente, quindi è ovvio ipotizzare che la cosa si sviluppi bilateralmente.<br />
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Il quadro di un papilledema più avanzato è invece caratterizzato da : margini decisamente<br />
più sfumati, la rete circostante decisamente più sollevata, i vasi venosi sempre più turgidi e<br />
vi sono essudati a livello della zona papillare e della zona immediatamente peripapillare.<br />
Dal punto di vista funzionale, anche il quadro che abbiamo appena visto potrebbe essere<br />
compatibile con un buon visus. In realtà quello che noi vediamo sempre è un aumento,<br />
nell’ambito del campo visivo, della macchia cieca legato al fatto che c’è tutta quella zona<br />
retinica intorno alla papilla che è sollevata per l’edema presente e quindi il pz. non può<br />
vedere bene.<br />
Nel pz. cronico si evidenzia poi il totale sovvertimento della normale anatomia, il<br />
cosiddetto “effetto vulcano”. All’esame FAG nel pz. cronico si allarga notevolmente la<br />
zona di iperfluorescenza perché tutti i capillari sono iperdilatati e perdono quindi colorante.<br />
L’evoluzione del papilledema è sempre verso una morte delle fibre nervose, quindi verso<br />
una subatrofìa. E quando si arriva ad uno stadio di subatrofia, laddove abbiamo una<br />
perdita, c’è tutto un settore che non è più vascolarizzato perché perdita di fibre nervose<br />
vuol dire anche perdita della rete capillare. Una volta che si ha una subatrofia ottica ecco<br />
che il danno è irreversibile. Ed effettivamente, laddove è localizzata la perdita, si può<br />
anche evidenziare una perdita del visus e sicuramente un’alterazione irreversibile del<br />
campo visivo.<br />
Ipertensione endocranica<br />
La conseguenza di una papillite di questo tipo è quasi sempre una ipertensione<br />
endocranica. Questa può essere primitiva, quindi non legata a nessuna neoformazione<br />
endocranica, quindi per esempio legata ad uno pseudotumor e questo è relativamente<br />
frequente in persone abbastanza giovani, di sesso femminile ed obese; altre volte è invece<br />
legata alla presenza di vere e proprie neoformazioni che, localizzate in diversi settori,<br />
possono dare origine a quadri clinici i più disparati. Tenete presente che non sempre le<br />
neoformazioni endocraniche danno luogo ad una ipertensione endocranica così marcata da<br />
indurre una situazione clinica, molte volte dando luogo a quadri lievemente diversi.<br />
Ricordatevi bene la localizzazione della regione del chiasma ottico perché tutti i tumori<br />
ipofisari danno luogo ad una compressione più o meno diretta, più o meno marcata, a<br />
livello del chiasma e questo naturalmente darà luogo a quadri clinici estremamente<br />
caratteristici dal punto di vista del campo visivo. In poche parole alterazioni a livello del<br />
chiasma ottico danno sempre una tendenza all’alterazione bitemporale. Schiacciando in<br />
mezzo, laddove si decussano le fibre che originano dalla retina nasale, non potremo più<br />
percepire quello che c’è esternamente, a livello temporale. Parlo di tendenza perché in<br />
realtà questo è un quadro molto esemplificativo, in realtà potrebbe iniziare come<br />
quadrantopsia in tutti e due gli occhi per poi allargarsi e diventare vera e propria<br />
emianopsia. Quello che è importante ricordare è che è bitemporale e questo ci permette di<br />
riconoscere automaticamente la localizzazione della lesione.<br />
Una perdurante compressione chiasmatica può dar luogo ad una degenerazione a ritroso<br />
delle fibre e quindi dar luogo con il passare del tempo ad una subatrofia ottica osservabile<br />
proprio a livello della papilla ottica.<br />
A differenza delle lesioni chiasmatiche, le lesioni prechiasmatiche sono invece<br />
caratterizzate da una localizzazione omonima, o sul lato destro o sul lato sinistro. Lesioni<br />
retrochiasmatiche invece si manifestano sul controlaterale.<br />
Per ricapitolare :<br />
- Lesioni compressive sulle vie ottiche prechiasmatiche danno alterazioni solo su<br />
un occhio, l’occhio su cui avviene la compressione del nervo<br />
- Lesioni compressive sul chiasma ottico danno alterazioni a livello del campo<br />
visivo bitemporali<br />
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- Lesioni compressive retrochiasmatiche danno invece alterazioni omonime del<br />
lato controlaterale rispetto alla zona dove è presente la lesione.<br />
E’ abbastanza semplice, basta ricordarsi bene l’anatomìa per avere immediatamente pronta<br />
la risposta al quesito diagnostico.<br />
Esoftalmo tiroideo<br />
Per ultimo le alterazioni legate alla presenza di iper o ipo funzione della ghiandola<br />
tiroidea, che portano allo sviluppo di quello che noi chiamiamo esoftalmo cioè<br />
protrusione del bulbo oculare o meglio dei bulbi oculari verso l’esterno. Alterazione che in<br />
questo caso è totale conseguenza di una malattia endocrinologica.<br />
Voi riconoscete facilmente l’esoftalmo quando questo è monolaterale perché c’è un occhio<br />
che protrude più dell’altro; quando invece è bilaterale la diagnosi non è sempre così ovvia<br />
perché vi sono delle condizioni che possono per così dire mascherare l’esoftalmo, per<br />
esempio un pz. con una forte miopia può avere la tendenza a protrudere gli occhi.<br />
L’esoftalmo è legato ad una ipertrofia della muscolatura estrinseca, quindi il bulbo oculare<br />
viene spinto verso l’esterno.<br />
Ora questa è una patologìa che interessa l’oculista, ma solo relativamente, perché è una<br />
malattia in realtà legata ad una alterazione della tiroide sulla quale l’oculista non può fare<br />
praticamente nulla. L’oculista si vede coinvolto perché l’esoftalmo è legato ad una<br />
irritazione cronica piuttosto marcata che è causa di dolore e di alterazioni corneali anche<br />
molto importanti. Perché, in poche parole, la base del bulbo oculare rimane costantemente<br />
esposta all’ambiente esterno, perché la palpebra oltre un certo livello di protrusione non è<br />
più capace di proteggere il bulbo oculare. Ci si trova quindi davanti ad un “lagoftalmo<br />
passivo” in cui cioè non è la palpebra che non funziona, ma è semplicemente il bulbo che<br />
tende a protrudere.<br />
E’ chiaro che sono situazioni che possiamo trovare anche in altre situazioni cliniche, come<br />
nel pz. con tumore a livello orbitario.<br />
Dal punto di vista oculistico noi possiamo semplicemente cercare di lenire il disturbo e<br />
quindi proteggere la cornea per quanto possibile, altro non possiamo fare; è sempre<br />
l’endocrinologo che ha il pallino.<br />
Quello che noi possiamo fare, o meglio, in realtà non lo facciamo più noi oculisti ma lo<br />
ormai lo fanno i chirurghi maxillofacciali, è una “decompressione orbitaria” che porta ad<br />
uno sfondamento a livello orbitale, quindi il bulbo oculare ritorna in sede. Chiaramente è<br />
un trattamento chirurgico importante perché determina una lesione a livello orbitario però<br />
perlomeno il bulbo è salvo, bulbo che però non potrà più avere ovviamente la stessa<br />
mobilità.<br />
L’esoftalmo è in realtà una situazione clinica piuttosto particolare perché non è vero, come<br />
qualcuno sostiene, che è presente solo in presenza di ipertiroidismo, è invece presente<br />
anche al contrario, quando si ha un ipotiroidismo.<br />
Ricordate infine che l’esoftalmo si può presentare in diversi modi :<br />
- Innanzitutto differenziare se l’esoftalmo è monolaterale o bilaterale, perché se<br />
monolaterale è 99 volte su 1<strong>00</strong> legato ad un tumore, ad una neoformazione a<br />
livello dell’orbita; se invece ad un certo punto diventa bilaterale è certamente un<br />
esoftalmo di origine endocrina.<br />
- Si deve poi valutare se è assile o non assile, in poche parole se l’occhio è deviato<br />
o no; questo è molto importante perché se è chiaramente deviato può essere un<br />
esoftalmo tiroideo in fase molto avanzata ma generalmente è legato alla presenza<br />
di un tumore.<br />
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- Altro modo per differenziare l’esoftalmo è valutare se è riducibile o irriducibile;<br />
facendo cioè chiudere l’occhio al pz. e determinando, naturalmente a palpebra<br />
chiusa, una compressione sull’apice oculare, se è irriducibile vuol dire che c’è<br />
una massa solida dietro; se invece è riducibile può essere un esoftalmo tiroideo in<br />
una fase iniziale o può essere legato ad altri fattori.<br />
- E’ poi importante misurare in millimetri la protrusione dei bulbi oculari valutando<br />
eventuali differenze nei due occhi.<br />
Legenda :<br />
pz. = paziente<br />
FAG = Esame fluorangiografico<br />
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