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Risorse e progetti per il futuro - Moked

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P34 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO<br />

ú– CINEMA<br />

Quella Hollywood sullo Yarkon<br />

da Londra a Roma ha stregato tutti<br />

In pochi anni la produzione di f<strong>il</strong>m in Israele è quadruplicata<br />

E crescono i festival, come <strong>il</strong> Pitigliani Kolno’a e quello di M<strong>il</strong>ano<br />

ú–– Rocco Giansante<br />

Fino a qualche anno fa, si sentiva<br />

parlare poco del cinema<br />

israeliano: Amos Gitai era<br />

apprezzato e amato dai cinéph<strong>il</strong>es<br />

europei mentre i produttori Yoram<br />

Globus e Menachem Golan avevano<br />

trovato fortuna negli Stati Uniti.<br />

Poi, nel giro di dieci anni, la situazione<br />

si è capovolta: nel 1998 in<br />

Israele erano stati prodotti solo 5<br />

lungometraggi; ma dal 2004 sono<br />

una ventina i f<strong>il</strong>m realizzati ogni anno.<br />

Oggi <strong>il</strong> cinema israeliano, sinonimo<br />

di qualità e innovazione, è di<br />

moda: sparsi <strong>per</strong> l’Europa, si sono<br />

svolti proprio in queste settimane<br />

eventi dedicati esclusivamente al cinema<br />

ebraico o made in Israel, come<br />

<strong>il</strong> Pitigliani Kolno’a Festival (a Roma<br />

dal 14 al 18 novembre), oppure <strong>il</strong><br />

Cinema in Collina organizzato dal<br />

Arabi, etiopi<br />

e religiosi<br />

Le minoranze<br />

si raccontano<br />

Katriel Schory, <strong>il</strong> direttore dell’Israeli<br />

F<strong>il</strong>m Fund, ha voluto far produrre<br />

f<strong>il</strong>m che mettono in scena quei settori<br />

della società israeliana fino ad<br />

ora rimasti invisib<strong>il</strong>i. È un trend importante<br />

del cinema israeliano di<br />

questi anni. Numerosi sono i f<strong>il</strong>m realizzati<br />

da autori religiosi come David<br />

Volach (My Father o Hadar Friedlich<br />

e Nava Heifetz-Nussan, formatisi nella<br />

scuola di cinema religiosa di Ma-<br />

’aleh a Gerusalemme. Questi registi,<br />

ispirati dalla tradizione nella quale<br />

sono cresciuti, realizzano o<strong>per</strong>e che<br />

da una parte creano un ponte tra <strong>il</strong><br />

mondo religioso a quello laico, e<br />

dall’altra avvicinano i religiosi al cinema.<br />

Gli arabo-israeliani Elia Suleiman, Ibtisam<br />

Mara’ana e Tawfik Abu Wael<br />

trascendono i confini della loro comunità<br />

etnica <strong>per</strong> girare f<strong>il</strong>m che<br />

possono interessare al pubblico Israeliano<br />

in generale. Shmuel Beru ha<br />

realizzato <strong>il</strong> primo f<strong>il</strong>m con cast e<br />

troupe etiope. Zrubave narra la storia<br />

e i sacrifici di una famiglia di immigrati<br />

e testimonia la grande vitalità<br />

della comunità etiope d’Israele.<br />

Attraverso <strong>il</strong> cinema, le minoranze<br />

d’Israele si rappresentano e Israele<br />

si apre al mondo con tutta la sua<br />

complessità e varietà.<br />

Comune e dalla Comunità ebraica<br />

di M<strong>il</strong>ano <strong>per</strong> <strong>il</strong> centenario di Tel<br />

Aviv (17-22 novembre). Per non parlare<br />

dello UK Jewish F<strong>il</strong>m Festival<br />

di Londra (7-19 novembre).<br />

Nei maggiori festival di cinema i f<strong>il</strong>m<br />

israeliani ricevono riconoscimenti e<br />

attenzione: Lebanon di Samuel Maoz<br />

ha conquistato la passata edizione<br />

del Festival di Venezia, Ari Folman<br />

ha portato <strong>il</strong> suo Valzer con Bashir<br />

a Cannes e agli Oscar e Joseph Cedar<br />

ha vinto l’Orso d’Argento a Berlino<br />

con Beaufort. Anche gli attori<br />

israeliani sono popolari: Ayelet Zurer<br />

ha girato con Steven Spielberg<br />

(Munich), Lior Ashkenazi e Ronit<br />

Elkabetz lavorano molto in Francia,<br />

Comix<br />

ú–– Andrea Gr<strong>il</strong>li<br />

Esistono argomenti così delicati che non<br />

è fac<strong>il</strong>e neanche iniziare a scrivere un<br />

articolo. Dopo cinque anni di lavoro Robert<br />

Crumb ha dato alle stampe della casa editrice<br />

Norton Il libro della Genesi. Il fatto è sicuramente<br />

sorprendente se pensiamo che Crumb<br />

è famoso <strong>per</strong> essere uno dei massimi rappresentanti<br />

del fumetto underground statunitense, affermatosi<br />

con <strong>per</strong>sonaggi come Fritz the Cat e<br />

Mr. Natural. Si potrebbe pensare, senza dubbio<br />

di sorta, che un lavoro di questo genere non sia<br />

altro che un lavoro dissacratorio e volgare. Eppure<br />

non è così. Anzi.<br />

Robert Crumb è un signore nato nel 1943 a F<strong>il</strong>adelfia,<br />

che ora vive nel sud della Francia insieme<br />

alla seconda moglie, Aline Goldsmith Kominsky,<br />

esponente di spicco del movimento fumettista<br />

statunitense degli anni Settanta. E’ possib<strong>il</strong>e che<br />

l’interessamento di Crumb <strong>per</strong> la natura ebraica<br />

di alcune sue eroine abbia trovato terreno fert<strong>il</strong>e<br />

nella relazione con la seconda moglie, prove-<br />

Moni Moshanov si divide tra Israele<br />

e gli Stati Uniti. Una costante del cinema<br />

israeliano fin dalla sua nascita<br />

è stata la sua funzione di specchio<br />

della società. I f<strong>il</strong>m antecedenti alla<br />

fondazione dello Stato ebraico raccontano<br />

storie di pionieri e agricoltori:<br />

Nathan Axelrod ne Il Pioniere<br />

e Oded l’Errante e Baruch Agadati<br />

in Questa è la terra traducono in immagini<br />

<strong>il</strong> discorso sionista del legame<br />

degli ebrei con la Terra d’Israele.<br />

Con la nascita dello Stato, <strong>il</strong> pioniere<br />

esce di scena, lasciando lo schermo<br />

al soldato. L’immigrazione di massa<br />

e la crescente tensione tra mizrachim<br />

e ashkenazim è <strong>il</strong> tema dei f<strong>il</strong>m bourekas<br />

degli anni Sessanta e Settanta.<br />

In principio era...<br />

Robert Crumb<br />

Dopo Fritz the Cat e Mr Natural,<br />

<strong>il</strong> guru del fumetto underground statunitense<br />

affronta <strong>il</strong> primo libro della Bibbia.<br />

Tavole i<strong>per</strong>realistiche <strong>per</strong> una rappresentazione<br />

profondamente umana<br />

www.moked.it<br />

Ephraim Kishon firma <strong>il</strong> celebre Sallah<br />

Shabati con Topol, una commedia<br />

sui maldestri tentativi d’integrazione<br />

di un ebreo mizrachi nella società<br />

dominata dall’élite ashkenazi<br />

del Mapai.<br />

Gli anni Ottanta vedono la produzione<br />

di f<strong>il</strong>m che iniziano a criticare<br />

l’ideologia sionista e ad affrontare<br />

argomenti scomodi come <strong>il</strong> rapporto<br />

tra israeliani e palestinesi e l’invasione<br />

del Libano del 1982. Avanti Popolo<br />

di Raffi Bukkai mette in scena<br />

l’incontro surreale tra un gruppo di<br />

soldati egiziani e alcuni m<strong>il</strong>itari di<br />

Tsahal nel Sinai subito dopo la<br />

Guerra dei sei giorni; mentre Uri<br />

Barbash in Beyond the Walls rico-<br />

niente da una famiglia ebraica newyorchese.<br />

Dopo essersi confrontato con un autore europeo<br />

decisamente ostico e complesso come Frank Kafka,<br />

in Italia pubblicato dalla Bollati Boringhieri,<br />

Robert Crumb si è messo al lavoro su Il Libro.<br />

Nell’introduzione l’autore spiega la sua posizione.<br />

Prima di tutto l’obbiettivo di proporre una tra-<br />

n. 2 | dicembre 2009 pagine ebraiche<br />

nosce la legittimità della causa palestinese.<br />

Negli ultimi anni, autori<br />

come Amos Gitai (Kippur, Kedma,<br />

Terra Promessa) e Avi Mograbi hanno<br />

continuato a decostruire i miti<br />

dello Stato d’Israele e a raccontare<br />

storie di uomini e donne colti in<br />

eventi storici più grandi di loro. I cineasti<br />

di oggi, con grande efficacia,<br />

stanno cogliendo le potenzialità narrative<br />

del presente momento storico.<br />

I traumi e i cambiamenti che Israele<br />

s<strong>per</strong>imenta sono molteplici. Al problema<br />

palestinese bisogna aggiungere<br />

gli effetti della globalizzazione<br />

(la rivoluzione tecnologica, l’immigrazione,<br />

<strong>il</strong> multiculturalismo, <strong>il</strong> localismo…),<br />

che mettono in crisi lo<br />

duzione in immagini frenando la tentazione di<br />

interpretare, ma dove necessario aiutare la migliore<br />

comprensione del testo. E’ importante <strong>il</strong><br />

passaggio quando Crumb spiega “I believe it is<br />

the words of men”, <strong>per</strong>ché Crumb spoglia se<br />

stesso da ogni rischio di prendere posizione rispetto<br />

a tutte le religioni monoteiste, così come<br />

evitare di far associare a questo lavoro le sue posizioni<br />

underground di quando era giovane e ribelle.<br />

Troppo spesso infatti guidati da un pensiero<br />

troppo semplicistico si banalizza <strong>il</strong> <strong>per</strong>corso di<br />

un artista.<br />

E soprattutto Crumb, spostando la sua attenzione<br />

sugli uomini, sul loro agire dettato, in fondo, dal<br />

libero arbitrio, evita di offendere l’idea o l’immagine<br />

che abbiamo del Santo Benedetto. Tant’è<br />

che premette anche delle scuse anticipate. Non<br />

è fac<strong>il</strong>e disegnare una serie così complessa di<br />

eventi storici e religiosi che ci mettono a confronto<br />

con temi eterni. Per evitare di offendere<br />

la sensib<strong>il</strong>ità di chi rispetta i precetti di non rappresentazione<br />

del Divino, Crumb opta <strong>per</strong> una<br />

soluzione che nel fumetto spesso può essere la

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