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Risorse e progetti per il futuro - Moked

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P8 ERETZ<br />

ROTHSCHILD BOULEVARD<br />

Pastori nomadi,<br />

ma computerizzati<br />

Alcuni pastori beduini<br />

israeliani stanno entrando<br />

nell’era della tecnologia.<br />

Questo almeno è l’obiettivo<br />

di un programma governativo<br />

appena lanciato e che sta già dando<br />

qualche frutto.<br />

Insieme, <strong>il</strong> ministero dell’Agricoltura<br />

e un’azienda privata stanno<br />

aiutando alcune comunità di pastori<br />

arabi, beduini e drusi a modernizzare<br />

le loro attività, senza<br />

rinunciare alla tradizione.<br />

Afim<strong>il</strong>k è una compagnia<br />

specializzata<br />

nella gestione computerizzatadell’allevamento<br />

da latte. Recentemente<br />

ha messo a<br />

punto un sistema di<br />

mungitura in grado di<br />

aumentare la produzione<br />

del 50 <strong>per</strong> cento, 40 minuti<br />

riducendo i tempi di<br />

mungitura: gli animali indossano<br />

una cavigliera che contiene un<br />

microchip che può essere collegato<br />

alla mungitrice <strong>per</strong> raccogliere<br />

e misurare alcuni dati-chiave,<br />

come la produzione di latte,<br />

la flora batterica e la tem<strong>per</strong>atura,<br />

<strong>per</strong> poi trasmetterli a un computer<br />

centralizzato. In questo modo<br />

l’allevatore può fare decisioni<br />

strategiche su come gestire la<br />

mandria, senza stravolgerne l’assetto<br />

tradizionale: “Si possono<br />

ottimizzare decisioni su quando<br />

ú–– Daniel Reichel<br />

fare riprodurre un animale, quando<br />

lasciarlo riposare, quando pianificare<br />

una visita del veterinario,<br />

e via dicendo”, dice Ran Malamud,<br />

un manager della compagnia.<br />

Che aggiunge: “Stiamo pensando<br />

a un sistema analogo <strong>per</strong><br />

la gestione delle risorse idriche”.<br />

Ora <strong>il</strong> ministero sta fornendo incentivi<br />

<strong>per</strong> l’acquisto di questo tipo<br />

di sistemi nelle zone rurali popolate<br />

soprattutto da pastori arabi,<br />

che fanno capo<br />

a diversi gruppi.<br />

Tuttavia un’attenzione<br />

particolare è<br />

dedicata ai beduini,<br />

che sono considerati<br />

uno dei<br />

settori più poveri<br />

della società: circa<br />

170 m<strong>il</strong>a beduini<br />

vivono in Israele<br />

secondo le ultime<br />

stime. Di questi, la maggior parte<br />

vive nelle zone desertiche del<br />

Sud, cioè nel Negev, una piccola<br />

minoranza nel centro del Paese,<br />

e circa 50 m<strong>il</strong>a nel Nord. Il programma<br />

di diffusione tecnologica<br />

è destinato soprattutto a questi<br />

ultimi. Un allevatore dell’area di<br />

Nazareth ha raccontato alla<br />

stampa israeliana che prima gli<br />

servivano tre ore <strong>per</strong> mungere le<br />

80 capre e pecore che possiede,<br />

ma con <strong>il</strong> nuovo sistema ora bastano<br />

40 minuti.<br />

“<br />

Un allevatore arabo<br />

“<br />

dell’area di Nazareth ha<br />

raccontato che prima<br />

gli servivano tre ore <strong>per</strong><br />

mungere le 80 capre e<br />

pecore che possiede.<br />

Adesso gli bastano<br />

Eretz Acheret, un’Israele diversa. Tirate<br />

pure un sospiro di sollievo, non<br />

è l’ennesimo partito israeliano, né<br />

lo slogan del politico di turno. Ma è <strong>il</strong> nome<br />

di un progetto, di un’avventura nata circa<br />

dieci anni fa dall’impegno inesaurib<strong>il</strong>e di una<br />

donna, la giornalista Bambi Sheleg. Eretz<br />

Acheret è <strong>il</strong> suo giornale, <strong>il</strong> risultato di una<br />

necessità: dare respiro alle opinioni, alle idee,<br />

alle convinzioni latenti nella società israeliana;<br />

creare uno spazio di confronto intellettuale<br />

in cui crescere. “Eretz Acheretseguirà<br />

quegli israeliani che desidereranno ampliare<br />

la propria identità, i propri orizzonti; coloro<br />

che saranno disponib<strong>il</strong>i ad ascoltare voci diverse<br />

dalla loro,” scrive la Sheleg nell’editoriale<br />

del primo numero del giornale, nove<br />

anni fa.<br />

Raggiunta al telefono, la giornalista racconta<br />

la sua storia: “L’assassinio di Rabin è stato<br />

un evento traumatico che mi ha portato a<br />

riflettere sulla realtà che mi circondava”. La<br />

Sheleg notava che in questa tragica occasione<br />

“i giornali erano appiattiti sulle proprie posizione,<br />

non davano spazio a una discussione<br />

e cercavano di manipolare l’opinione pubblica”.<br />

óúúúó<br />

ú–– Anna Momigliano<br />

ú– ERETZ ACHERET, UN “ALTRO” SGUARDO OLTRE AI MURI<br />

Settorialismo e poco interesse <strong>per</strong> <strong>il</strong> pubblico<br />

sono i problemi principali: attraverso uno<br />

sguardo più ampio sulla società israeliana,<br />

la Sheleg sottolinea come vi sia una diffusa<br />

mancanza di comunicazione. Manca una lingua<br />

comune <strong>per</strong> discutere le questioni più<br />

intime, <strong>per</strong> confrontarsi sia sui problemi quotidiani<br />

quanto su quelli più profondi, come<br />

la questione identitaria. La direttrice di Eretz<br />

Acheret vede <strong>il</strong> proprio Paese diviso, muri<br />

di s<strong>il</strong>enzio si frappongono fra i vari ambienti<br />

Isaac Asimov diceva che la fantascienza<br />

è l’arte di prevedere<br />

l’inevitab<strong>il</strong>e. Sarà anche <strong>per</strong> questo,<br />

forse, che questo genere letterario,<br />

apparentemente di evasione,<br />

quando si parla di Israele assume un<br />

valore politico. Chi può dire cosa sarà<br />

dello Stato ebraico tra venti o trent’anni?<br />

Tra guerre, minacce nucleari<br />

e problemi interni, molti preferiscono<br />

non porsi la domanda.<br />

Infatti Etgar Keret, <strong>il</strong> giovane scrittore<br />

diventato celebre <strong>per</strong> le sue brevi<br />

storie surreali, sosteneva che <strong>per</strong> gli<br />

israeliani la fantascienza è un genere<br />

incomprensib<strong>il</strong>e: “Domandarsi che<br />

aspetto avrà Israele tra vent’anni è<br />

un tabù”. Infatti: “se una bomba atomica<br />

deve cadere da qualche parte,<br />

molto probab<strong>il</strong>mente cadrà in Israele”.<br />

Secondo Keret “esistono m<strong>il</strong>le<br />

modi in cui Israele potrebbe scomparire<br />

o essere completamente rovinato.<br />

Un Paese arabo potrebbe invaderci,<br />

oppure un gruppo di fanatici<br />

trasformarci in una teocrazia”. Risultato?<br />

“Non esiste neppure una letteratura<br />

ebraica di fantascienza <strong>per</strong>ché<br />

tutti sanno che c’è un limbo che ci<br />

attende nel <strong>futuro</strong>”.<br />

A dire <strong>il</strong> vero la fantascienza ambientata<br />

in Israele esiste eccome. Ma su<br />

www.moked.it<br />

una cosa Keret ha ragione: quando<br />

si tratta di pensare al <strong>futuro</strong>, gli scrittori<br />

che ambientano le loro storie in<br />

Israele tracciano scenari molto pessimisti:<br />

un Paese ridotto ai minimi<br />

termini, se non scomparso del tutto.<br />

Per alcuni autori si tratta semplicemente<br />

di essere realisti. Per altri invece<br />

è un modo <strong>per</strong> esorcizzare le<br />

minacce, o riderci sopra.<br />

óúúúó<br />

Nel 2008 lo scrittore olandese Leon<br />

de Winter ha pubblicato <strong>il</strong> romanzo<br />

Das Recht auf Rückkehr (Il diritto<br />

al ritorno), ambientato nel 2024.<br />

“Descrivo un Israele ridotto all’area<br />

della grande Tel Aviv più la parte<br />

settentrionale del Negev, fino a Di-<br />

e ceti israeliani anche se ciascuno di essi è<br />

consapevole che senza l’altro non può andare<br />

avanti.<br />

Ecco dunque da dove nasce l’idea di creare<br />

un bimestrale e un sito (www.acheret.co.<strong>il</strong>)<br />

n. 2 | dicembre 2009 pagine ebraiche<br />

Perché la Fantascienza<br />

in Israele è (quasi) un tabù<br />

L’incertezza del <strong>futuro</strong> negli incubi degli autori: un Paese ridotto<br />

ai minimi termini, o addirittura scomparso. Spunta <strong>il</strong> pessimismo,<br />

ma c’è anche tanta voglia di pace e di riscatto<br />

Scrittore, giornalista, cantante e creatore di videogiochi,<br />

Assaf Gavron è nato a Gerusalemme<br />

nel 1968 e oggi vive a Tel Aviv.<br />

In Italia è appena stato tradotto<br />

e pubblicato <strong>il</strong> suo romanzo<br />

La mia storia, la tua<br />

storia, che racconta le vite parallele<br />

di due giovani, durante<br />

<strong>il</strong> culmine della Seconda intifada:<br />

Eitan, israeliano, e Fahmi,<br />

palestinese. Ma in Israele<br />

Gavron è conosciuto anche<br />

<strong>per</strong> <strong>il</strong> romanzo di fantascienza<br />

Hydromania.<br />

mona,” racconta de Winter in una<br />

recente intervista al Christian Science<br />

Monitor. “Il Nord è andato, <strong>il</strong> Sud è<br />

andato, Gerusalemme è andata. Il<br />

Paese è andato in frantumi a causa<br />

della pressiona esterna, cioè i continui<br />

bombardamenti di razzi che hanno<br />

spinto le famiglie a lasciare le loro<br />

case, ma anche a causa di un’erosione<br />

interna”.<br />

Quanto allo sgretolamento interno:<br />

“Gli arabi israeliani e gli ebrei ultraortodossi<br />

si sono allontanati dal cuore<br />

ebraico laico della nazione. Gli<br />

anziani e i criminali sono stati lasciati<br />

indietro, insieme a chi semplicemente<br />

ha voluto difendere <strong>il</strong> Paese fino<br />

all’ultimo”. De Winter, che pure si<br />

definisce un ammiratore del sionismo,<br />

sostiene che <strong>il</strong> suo è uno scenario<br />

realistico: “Non ho fatto altro<br />

Dal web, la finestra su una società diversa<br />

che diano spazio al confronto. “La rivista riguarda<br />

la ricerca di identità della società<br />

israeliana e del popolo ebraico”, sostiene la<br />

direttrice. “Chi siamo? Che cosa stiamo facendo<br />

qui? Noi cerchiamo di aprirci a tutte<br />

le interpretazioni che possiamo ottenere e<br />

che crediamo valga la pena ascoltare. Riteniamo<br />

che la discussione portata avanti dai<br />

media sia troppo stereotipata”.<br />

Ormai <strong>il</strong> giornale si è affermato come una<br />

delle voci culturali più seguite del panorama<br />

israeliano. “Quand’è che ti rendi conto che<br />

una rivista è importante? Quando capisci<br />

che ciò che stai leggendo non l’avresti trovato<br />

da nessun’altra parte”, ha detto recentemente<br />

Kobi Arieli, opinionista di Maariv,<br />

riferendosi proprio alla rivista della Sheleg.<br />

I temi trattati vanno dalla religione alla cultura,<br />

dall’educazione all’economia. Si parla<br />

di Bialik, di Aaron Appelfeld, della crisi internazionale,<br />

del sionismo nella modernità.<br />

Nell’ultimo numero, troviamo un editoriale

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