Risorse e progetti per il futuro - Moked
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P36 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO<br />
ú– STORIA<br />
ú–– Michael Calimani<br />
Trent’anni di ricerche in polverosi<br />
archivi di mezza Europa<br />
e oltre: da Venezia a<br />
Parigi, da Londra a New York <strong>per</strong><br />
poi tornare a Corfù, porta del mare<br />
e chiave dell’Adriatico (nelle immagini<br />
a destra testimonianze di vita<br />
ebraica corfiota), dove i Vivante cercarono<br />
rifugio dopo la cacciata degli<br />
ebrei dalla Puglia nel 1540. Questo<br />
e molto altro nel libro di Cesare Vivante<br />
La memoria dei Padri, (Giuntina),<br />
in discussione in occasione della<br />
trentaquattresima giornata di Studio<br />
a Venezia, dedicata quest’anno<br />
agli Yudim di Yavan, gli ebrei provenienti<br />
dalla Grecia.<br />
óúúúó<br />
La ricerca iniziò nell’amata Venezia<br />
dove un giorno l’autore, tra le pagine<br />
di un antico registro, trovò notizia<br />
di un certo Leon di Menachem Vivante,<br />
primo della famiglia nato a<br />
Venezia <strong>il</strong> 20 maggio del 1753. Da<br />
lì, a ritroso nel tempo, viene a costituirsi<br />
un mosaico di storie fam<strong>il</strong>iari<br />
legate a f<strong>il</strong>o doppio con le vicende<br />
storiche della Serenissima prima in<br />
lotta contro <strong>il</strong> nemico ottomano alle<br />
porte, poi contro Napoleone e i francesi<br />
fino alla definitiva disfatta.<br />
Si parla poi di Jehudà Leone Vivante,<br />
mercante e fenatore, che a più riprese<br />
si recò nella città lagunare agli inizi<br />
del ‘700 con un “naviglio di ventura”<br />
e che, verificate le prospettive<br />
economiche <strong>per</strong> <strong>il</strong> commercio dell’olio<br />
, si trasferì da Corfù a Venezia<br />
con la moglie, i figli e le rispettive<br />
famiglie <strong>per</strong> avviare una florida impresa<br />
mercant<strong>il</strong>e.<br />
óúúúó<br />
Sfiorano invece <strong>il</strong> romanzo le vicende<br />
di Rachele, bella ed esuberante<br />
giovinetta, che fuggì dalla casa del<br />
padre nel primo giorno di Pesach<br />
<strong>per</strong> ricongiungersi con l’amato Spiridione<br />
Bulgari, giovane rampollo di<br />
un’antica e nob<strong>il</strong>e famiglia corfiota.<br />
Rachele venne in tutta fretta battez-<br />
zata e unita in matrimonio con quest’ultimo,<br />
facendo esplodere un incidente<br />
diplomatico tra la Repubblica<br />
di Venezia e Corfù, tale da coinvolgere<br />
addirittura <strong>il</strong> Consiglio dei<br />
L’AUTORE<br />
CESARE VIVANTE<br />
Cesare Vivante è nato a Venezia nel 1920. Si<br />
è laureato con una tesi di laurea su “Retribuzione<br />
individuale e collettiva nel Pentateuco”<br />
all’Università di Padova. Ha insegnato Lettere<br />
in diversi istituti tecnici. Discendente di una<br />
lunga dinastia di armatori veneziani, Vivante<br />
si è a lungo dedicato al recu<strong>per</strong>o del patrimonio<br />
monumentale artistico e storico degli<br />
ebrei di Venezia. Ha collaborato alla stesura<br />
del volume La comunità ebraica di Venezia e<br />
<strong>il</strong> suo antico cimitero (2000), di cui è stato<br />
uno dei curatori.<br />
Una notte del ‘43. “Notte”<br />
parola comune <strong>per</strong> indicare<br />
<strong>il</strong> lasso di tempo scuro<br />
che separa <strong>il</strong> tramonto dall’alba. Se<br />
a essa si affianca <strong>per</strong>ò una data -<br />
1943 - non si è più nella quotidianità,<br />
si è nella Storia. Dall’8 settembre<br />
in poi fu notte in Italia <strong>per</strong> gli<br />
ebrei (e <strong>per</strong> altri). Forse anche <strong>per</strong><br />
questo <strong>il</strong> titolo del racconto di Giorgio<br />
Bassani che chiude la raccolta<br />
Cinque storie ferraresi (1956) divenne<br />
La lunga notte del ‘43 nella trasposizione<br />
cinematografica di Florestano<br />
Vancini (1960).<br />
Il riferimento è <strong>per</strong>ò a una notte<br />
precisa: <strong>il</strong> 15 novembre, quando a<br />
Ferrara furono trucidate undici <strong>per</strong>sone,<br />
poi esposte ai piedi di un muretto<br />
del fossato del Castello Estense.<br />
Una rappresaglia all’uccisione,<br />
avvenuta <strong>il</strong> giorno prima, del federale<br />
locale Igino Ghisellini. Non è<br />
chiaro se la morte di Ghisellini fosse<br />
<strong>il</strong> risultato di una faida interna o di<br />
un’azione partigiana. Né sono ricostruib<strong>il</strong>i<br />
con i motivi che hanno indotto<br />
alla scelta degli undici predestinati:<br />
avversari politici - ma nessun<br />
comunista - ex fascisti, ebrei (Ugo<br />
Teglio, Alberto Vita Finzi, Mario e<br />
Vittorio Hanau), un o<strong>per</strong>aio non<br />
Dieci affiancato dagli inquisitori di<br />
Stato.<br />
I Vivante raggiunsero <strong>il</strong> loro apice<br />
alla fine del Settecento partecipando<br />
alla costituzione di alcune grandi<br />
www.moked.it<br />
compagnie di commercio e di assicurazione<br />
marittima e aprendo una<br />
f<strong>il</strong>iale della ditta veneziana a Trieste,<br />
diventata da tempo primo porto<br />
dell’Adriatico. Ma con <strong>il</strong> benessere<br />
n. 2 | dicembre 2009 pagine ebraiche<br />
Dalla Puglia, a Corfù,<br />
alla Serenissima<br />
A Venezia si discute della travagliata e mitica epopea dei Vivante.<br />
La cacciata dal Sud nel 1540, la fuga a Corfù, e gli anni d’oro a fianco dei<br />
dogi nel Settecento. Il declino. Ritratto di una storica famiglia di armatori<br />
sefarditi, tra scandali amorosi e incidenti diplomatici<br />
A FERRARA<br />
La Notte del ‘43<br />
Memoria su china<br />
Una mostra dedicata alla strage del 15 novembre. Gli<br />
schizzi di Mario Capuzzo ritraggono (forse dal vivo) le<br />
undici <strong>per</strong>sone trucidate in rappresaglia <strong>per</strong> l’uccisione di<br />
un fascista. In mancanza di foto, sono l’unico documento<br />
iconografico di queste Fosse Ardeatine padane<br />
ú–– Piero Stefani<br />
impegnato in politica. Il messaggio<br />
di terrore fu comunque efficace.<br />
Queste piccole Fosse Ardeatine padane<br />
si distinguono dalla grande<br />
strage romana <strong>per</strong> due caratteristiche.<br />
Per cominciare, non c’è alcun<br />
diretto coinvolgimento tedesco. Poi,<br />
ci fu la terrorizzante ostensione degli<br />
ammazzati. Di quei morti non<br />
ci sono documentazioni fotografiche.<br />
La scena del f<strong>il</strong>m di Vancini<br />
che mostra riversi <strong>per</strong> terra gli assassinati<br />
non è <strong>per</strong>ò del tutto in-<br />
ventata. Alle sue spalle vi è una precisa<br />
fonte di ispirazione. Si tratta<br />
dei disegni di Mario Capuzzo. Nato<br />
a Badia Polesine nel 1902 e morto<br />
in un paese del Basso ferrarese nel<br />
1978, Capuzzo fu pittore prolifico,<br />
allievo, tra gli altri, di grandi maestri<br />
della scuola ferrarese del ‘900 (Mentessi,<br />
Previati). Negli ultimi decenni<br />
di vita, preso quasi da un antico spirito<br />
bohemienne, visse in un barcone<br />
ormeggiato a Codigoro. Dipinse<br />
affreschi, paesaggi e nature morte.<br />
arrivò anche la volontà di rinnovamento.<br />
Il giovane e ambizioso Iseppo<br />
Vivante, stanco della vita di Ghetto,<br />
scrisse una lettera ai capi famiglia<br />
chiedendo la liquidazione dei beni<br />
Tra le altre o<strong>per</strong>e dell’autore, si ricordano<br />
L’antico cimitero ebraico del Lido, pubblicato<br />
in Guida alle sinagoghe, al museo e al cimitero<br />
(2000), nonché Una testimonianza, pubblicata<br />
in Adolfo Ottolenghi, a cura di U. Fortis (2003).<br />
Il suo ultimo libro, La memoria dei padri, è<br />
edito da Giuntina nel 2009: l’autore offre un<br />
interessante spaccato della società veneziana,<br />
ricostruito su fonti d’archivio attraverso le<br />
vicende della sua stessa famiglia. Il titolo è<br />
un omaggio a un tema caro alla tradizione<br />
ebraica: allude alla genesi della ricerca e all’appartenenza<br />
religiosa della famiglia.<br />
Soggiornò in vari luoghi d’Italia.<br />
Durante la guerra fu a Trieste, dove<br />
fu arrestato dai tedeschi, che lo costrinsero<br />
a mettere a loro disposizione<br />
le sue capacità artistiche (alcune<br />
sue vignette apparvero su<br />
Adria Zeitung).<br />
Sono suoi i disegni a matita fatti su<br />
fogli protocollo uso bollo e in seguito<br />
ripassati a china che raffigurano<br />
le vittime della lunga notte riverse<br />
sul selciato. C’è chi dice che<br />
Capuzzo li abbia tracciati dal vivo