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Badante, una professione di congiunzione - Caritas Diocesana ...

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Un progetto del Comitato Locale UniCre<strong>di</strong>t <strong>di</strong> Vicenza


La presente indagine è stata affidata dal Comitato Locale UniCre<strong>di</strong>t <strong>di</strong> Vicenza a<br />

Diakonia – <strong>Caritas</strong> <strong>Diocesana</strong> Vicentina ed è stata condotta da Maria Cristina Ghiotto.<br />

Si ringraziano per la collaborazione: l’INPS sede <strong>di</strong> Vicenza, la Direzione dell’Azienda<br />

ULSS n. 4 Alto Vicentino per aver concesso l’utilizzo <strong>di</strong> alcuni dati raccolti dai me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

famiglia, il pool <strong>di</strong> rilevatori che con professionalità ha realizzato le interviste alle<br />

badanti, nonché le persone che, sulla base del proprio ruolo e della propria<br />

competenza, hanno fornito il supporto e la collaborazione per utilizzare al meglio le<br />

informazioni raccolte.<br />

Un particolare ringraziamento viene rivolto alle donne immigrate che hanno<br />

accettato <strong>di</strong> partecipare all’indagine e che, con i loro racconti biografici, hanno<br />

contribuito in maniera determinante alla realizzazione <strong>di</strong> questo rapporto <strong>di</strong> ricerca.<br />

La stesura del presente volume, a cura <strong>di</strong> Maria Cristina Ghiotto, si è conclusa nel<br />

<strong>di</strong>cembre 2006.<br />

Grafica<br />

TYPE DESIGN sas<br />

Milano<br />

Redazione<br />

LUCIANA BOZZOTTI<br />

Milano<br />

Stampa<br />

CENTROSTAMPA 73 snc<br />

Castelseprio (Varese)<br />

Prima e<strong>di</strong>zione 2007<br />

Quest’opera è stata realizzata<br />

con la collaborazione<br />

del Comitato Locale UniCre<strong>di</strong>t<br />

<strong>di</strong> Vicenza<br />

© 2007 UniCre<strong>di</strong>t S.p.A.<br />

Via Dante, 1<br />

16121 Genova


<strong>Badante</strong>,<br />

<strong>una</strong> <strong>professione</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Comitato Locale <strong>di</strong> Vicenza<br />

Soggetto economico per la<br />

famiglia <strong>di</strong> origine<br />

e soggetto sociale per la<br />

famiglia ospite


4<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

In<strong>di</strong>ce Prefazione 6<br />

Introduzione 8<br />

Capitolo 1<br />

IL PROFILO DELLA RICERCA 10<br />

Gli obiettivi 10<br />

La metodologia utilizzata 14<br />

Capitolo 2<br />

LA COSTRUZIONE DI UNA MAPPA QUANTITATIVA 17<br />

Alcune puntualizzazioni linguistiche e statistiche 17<br />

La crescita della componente immigrata nel lavoro domestico 18<br />

L’incidenza dei lavoratori domestici immigrati<br />

sulla popolazione anziana 19<br />

La presenza determinante della componente femminile 20<br />

Una provenienza prevalente dall’Est Europa 22<br />

Il contratto-tipo <strong>di</strong> 21-30 ore settimanali 24<br />

La stima del numero <strong>di</strong> badanti nel Vicentino 27


Capitolo 3<br />

IL PROFILO IDENTITARIO DELLE BADANTI 33<br />

L’approccio alle interviste in profon<strong>di</strong>tà 33<br />

La tipologia delle donne coinvolte 39<br />

I vissuti non semplici del percorso migratorio 43<br />

Un frequente scollamento tra <strong>professione</strong> nel Paese<br />

<strong>di</strong> origine e <strong>professione</strong> attuale 50<br />

Un mestiere imparato per necessità 52<br />

Un bilancio dell’esperienza lavorativa attuale 60<br />

Un volano “a <strong>di</strong>stanza” per la propria economia familiare 75<br />

La presenza lontana dei figli da gestire 82<br />

Un prevalente orientamento al ritorno nel proprio Paese 86<br />

Il non facile confronto tra il “noi” e il “voi” 91<br />

Capitolo 4<br />

L’IMPATTO DELLA PRESENZA DELLE BADANTI 94<br />

Le cause <strong>di</strong> <strong>una</strong> domanda crescente <strong>di</strong> assistenza familiare 94<br />

L’impatto economico sul sistema <strong>di</strong> welfare 97<br />

L’impatto economico sui Paesi <strong>di</strong> origine attraverso le rimesse 98<br />

L’impatto sull’opinione delle famiglie 99<br />

Qualche strumento <strong>di</strong> potenziale intervento 102<br />

APPENDICE 106<br />

1. Alcune note sul contratto per le assistenti familiari 106<br />

2. Riferimenti bibliografici 108<br />

5


6<br />

Prefazione<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

La presenza straniera nelle città italiane ha ormai raggiunto <strong>una</strong> incidenza quantitativa<br />

<strong>di</strong> livello europeo. È <strong>una</strong> presenza estremamente variegata, per le caratteristiche<br />

che possiede e i bisogni che esprime. Una compiuta integrazione dei lavoratori<br />

stranieri è compito inaggirabile <strong>di</strong> <strong>una</strong> società che sappia guardare con<br />

lungimiranza ai problemi del proprio sviluppo sociale ed economico.<br />

Negli anni, i Comitati Locali UniCre<strong>di</strong>t hanno assunto via via nuove funzioni. Il monitoraggio<br />

della domanda e dell’offerta della manodopera immigrata è <strong>una</strong> <strong>di</strong> queste<br />

funzioni, che consente oggi <strong>di</strong> promuovere tutte le iniziative necessarie per dare<br />

un carattere equilibrato allo sviluppo dei processi produttivi locali e al consolidamento<br />

dei processi <strong>di</strong> integrazione degli stranieri.<br />

Il Comitato Locale <strong>di</strong> Vicenza de<strong>di</strong>ca da tempo le sue riflessioni a questi problemi.<br />

Nasce in questo ambito l’indagine su quella particolare ma rilevantissima fascia <strong>di</strong><br />

lavoratrici straniere rappresentata dalle cosiddette “badanti”.<br />

Nella nostra società, segnata da <strong>una</strong> forte tendenza all’invecchiamento della popolazione,<br />

la domanda <strong>di</strong> cura e assistenza è destinata a crescere notevolmente in futuro.<br />

Approfon<strong>di</strong>re la conoscenza della realtà delle assistenti familiari è in<strong>di</strong>spensabile,<br />

se vogliamo che il loro ruolo sia integrato nel sistema socio-economico con<br />

beneficio per l’intera collettività.<br />

L’indagine sulle badanti, realizzata dall’Associazione Diakonia Onlus, non si è limitata<br />

a <strong>una</strong> piatta descrizione statistica del “fenomeno sociale” rappresentato dalle<br />

badanti, ha cercato invece <strong>di</strong> analizzare strategicamente con<strong>di</strong>zioni, problemi e opportunità<br />

del loro inserimento.<br />

La presenza delle badanti sul territorio vicentino ha infatti svariati significati. È <strong>una</strong><br />

realtà sociale numericamente rilevante; rappresenta <strong>una</strong> opportunità <strong>di</strong> lavoro e<br />

perciò <strong>di</strong> integrazione per le donne straniere; si configura come <strong>una</strong> risorsa aggiuntiva<br />

nel sistema delle politiche <strong>di</strong> assistenza, talora sostitutiva rispetto al sistema<br />

pubblico; rappresenta, in conclusione, <strong>una</strong> risorsa preziosa per l’economia familiare<br />

e per il sistema economico del territorio in genere. È, infine, <strong>una</strong> realtà spesso sottovalutata,<br />

su cui questa indagine riporta l’attenzione che merita.<br />

MASSIMO CALEARO<br />

Presidente Comitato Locale<br />

UniCre<strong>di</strong>t <strong>di</strong> Vicenza


Compito dei Comitati Locali è anche quello <strong>di</strong> far emergere e interpretare spaccati<br />

particolarmente significativi e cruciali del sociale con lo scopo <strong>di</strong> comprendere<br />

dal <strong>di</strong> dentro le <strong>di</strong>namiche reali <strong>di</strong> adattamento, <strong>di</strong> relazione e <strong>di</strong> potenzialità<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> <strong>professione</strong>, nel caso specifico <strong>di</strong> “badante”, spesso scontata o relegata alla<br />

sua primaria funzione <strong>di</strong> spen<strong>di</strong>bilità presso le nostre famiglie, ma che sovente cela<br />

ben più alte competenze e potenzialità per l’indotto economico delle nostre comunità.<br />

Ebbene, il presente stu<strong>di</strong>o, promosso dal Comitato Locale <strong>di</strong> Vicenza, cerca <strong>di</strong> analizzare<br />

la situazione delle assistenti familiari sul territorio vicentino così come oggi<br />

si manifesta, ma anche come potrebbe essere migliorata, facendo incontrare i<br />

meccanismi <strong>di</strong> domanda e offerta del mercato, in <strong>una</strong> logica <strong>di</strong> lento cammino verso<br />

la stabilizzazione e il riscatto <strong>di</strong> <strong>una</strong> forza lavoro in continuo rinnovamento e se<strong>di</strong>mentazione.<br />

Sono molte le iniziative che il Gruppo UniCre<strong>di</strong>t sostiene in ambito <strong>di</strong> coesione sociale,<br />

nella consapevolezza che <strong>una</strong> buona integrazione “fa bene” al citta<strong>di</strong>no immigrato<br />

quanto alla società ospitante rivitalizzando l’intero sistema <strong>di</strong> servizi a esso<br />

collegato.<br />

Del resto, anche le realtà bancarie non possono che registrare e commentare questi<br />

fenomeni <strong>di</strong> trasformazione ed evoluzione del sociale e del mondo produttivo in<br />

genere.<br />

Ancora <strong>una</strong> volta siamo presenti attraverso le attività dei Comitati su un tema rilevante<br />

oggi e probabilmente ancora più significativo nel prossimo periodo. Ci auguriamo<br />

pertanto <strong>di</strong> aver offerto il nostro contributo alla sensibilizzazione sul tema e<br />

sulle problematiche e opportunità a esso collegate, sotto il profilo della costruzione<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> solida coesione sociale, che pure deve accompagnare <strong>di</strong> pari passo lo sviluppo<br />

economico <strong>di</strong> ogni territorio.<br />

RICCARDO DELLA VALLE<br />

Head of Local Community Relations<br />

7


8<br />

Introduzione<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Gli immigrati rappresentano ormai <strong>una</strong> quota pari al 6% della popolazione italiana<br />

totale. Si tratta <strong>di</strong> un segmento dunque non più marginale che peraltro può raggiungere<br />

incidenze più elevate nelle aree a forte domanda <strong>di</strong> manodopera e a crescente<br />

domanda <strong>di</strong> assistenza: è evidente che il caso <strong>di</strong> Vicenza si colloca in questa<br />

categoria sia per il <strong>di</strong>namismo economico che la caratterizza sia per l’invecchiamento<br />

progressivo della sua popolazione residente.<br />

L’indagine condotta permette <strong>di</strong> sottolineare come il caso specifico delle badanti rappresenti<br />

<strong>una</strong> componente particolarmente significativa dei flussi <strong>di</strong> immigrazione della<br />

realtà locale (peraltro confermata anche dalle tendenze a livello nazionale). Basti<br />

considerare che circa il 40% delle domande <strong>di</strong> regolarizzazione, stimabile in più <strong>di</strong><br />

5.000 unità per la specifica realtà vicentina, riguardano proprio il lavoro domestico.<br />

Se poi si esamina quest’ultima categoria, al fine <strong>di</strong> comprenderne meglio il profilo, è<br />

possibile verificare come:<br />

■ più <strong>di</strong> 3/4 dei collaboratori domestici sia costituito da lavoratori stranieri;<br />

■ tra questi ultimi la presenza femminile risulti preponderante (93,4%) e sia formata<br />

per quasi il 50% da persone fino a 40 anni <strong>di</strong> età;<br />

■ per oltre la metà dei casi tale figura è costituita da persone provenienti dall’Est Europa<br />

(con <strong>una</strong> quota nettamente maggioritaria rispetto alle altre), seguita dalle badanti<br />

provenienti dall’America del Sud e dalle Filippine e quin<strong>di</strong> da altri Paesi.<br />

Si è peraltro davanti a un quadro che non è solo consistente (e certamente crescente<br />

nel tempo) dal punto <strong>di</strong> vista quantitativo, ma presenta anche tre caratteristiche <strong>di</strong><br />

“potenza sommersa” con cui fare i conti.<br />

La prima è che la badante è un soggetto spesso professionalmente più dotato <strong>di</strong><br />

quello che appare. L’indagine infatti sottolinea come 2/3 delle persone intervistate (o<br />

poco meno) svolgesse attività <strong>di</strong> concetto prima <strong>di</strong> migrare nel nostro Paese e il 30%<br />

avesse occupato posizioni ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>o-alto (come impren<strong>di</strong>tore, <strong>di</strong>rigente,<br />

me<strong>di</strong>co, insegnante <strong>di</strong> buon livello, o talvolta <strong>di</strong> elevato livello, ingegnere). Tanto da far<br />

<strong>di</strong>re al 40% delle intervistate che l’aspirazione professionale vera sarebbe quella <strong>di</strong> poter<br />

svolgere la stessa attività del Paese <strong>di</strong> origine anche in Italia. Questo non toglie che<br />

<strong>una</strong> proporzione analoga (sempre del 40%) riba<strong>di</strong>sca che la sua opzione resterebbe in<br />

ogni caso quella <strong>di</strong> continuare a svolgere attività <strong>di</strong> assistenza in famiglia.<br />

Tutto ciò fa pensare dunque che esista un potenziale professionale nascosto che va al<br />

<strong>di</strong> là delle apparenze.<br />

La seconda caratteristica è che la badante rappresenta un soggetto economico<br />

sommerso più importante <strong>di</strong> quanto sembri: essa infatti genera risorse significative<br />

per la propria famiglia allargata, ancora presente nella realtà <strong>di</strong> origine. Per essere più<br />

precisi, essa invia in patria in me<strong>di</strong>a il 58% dei suoi guadagni (con punte del 75% per


le badanti moldave), allo scopo <strong>di</strong> sostenere l’economia familiare, <strong>di</strong> far stu<strong>di</strong>are i figli,<br />

<strong>di</strong> sistemare o <strong>di</strong> comperare l’abitazione.<br />

Si è davanti dunque a un vero e proprio protagonismo economico che tende ad allargarsi<br />

spesso a <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> “governo a <strong>di</strong>stanza”, anche sul piano dell’in<strong>di</strong>rizzo, della<br />

propria famiglia lontana.<br />

La terza caratteristica è che la badante costituisce un soggetto sociale e nello stesso<br />

tempo un soggetto economico per la realtà familiare italiana. Non c’è dubbio infatti<br />

che l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della componente non autonoma<br />

(ci sono circa 2 milioni <strong>di</strong> soli anziani in tale con<strong>di</strong>zione) non trova e non potrà trovare<br />

risposta adeguata e piena dall’attuale sistema <strong>di</strong> servizi pubblici. Pertanto l’assistenza<br />

familiare attraverso le badanti rappresenta un pezzo <strong>di</strong> welfare sommerso, autogestito<br />

dalle famiglie, con tutte le conseguenze in termini <strong>di</strong> carico economico, ma<br />

anche <strong>di</strong> carico sociale e culturale che la convivenza con persone provenienti da altri<br />

ambiti impone. La presenza delle badanti finisce col rappresentare infatti un vero e<br />

proprio campo <strong>di</strong> esercizio, spesso faticoso e contrad<strong>di</strong>ttorio, in cui si confrontano bisogni,<br />

speranze, stili <strong>di</strong> vita molto <strong>di</strong>versi tra le due parti: con la conseguenza <strong>di</strong> assistere<br />

a casi <strong>di</strong> tensione e <strong>di</strong> incomprensione come pure a casi <strong>di</strong> positiva integrazione.<br />

Anche in tal caso dunque il soggetto risulta essere un protagonista <strong>di</strong> un sommerso economico<br />

e sociale che si snoda quoti<strong>di</strong>anamente all’interno della vita delle famiglie italiane<br />

e dei <strong>di</strong>fficili equilibri che l’assistenza intergenerazionale pone: non va <strong>di</strong>menticato che<br />

la demografia ormai crea situazioni <strong>di</strong> presenza prolungata <strong>di</strong> più generazioni (anche fino<br />

a 4 contemporaneamente), con tutto ciò che questo comporta sul piano delle prestazioni<br />

<strong>di</strong> assistenza e della relativa complessa organizzazione domestica che ne deriva.<br />

Il risultato delle tre caratteristiche è che la badante rappresenta <strong>una</strong> “figura professionale<br />

<strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong>” tra famiglia <strong>di</strong> origine, da un lato e famiglia ospitante, dall’altro:<br />

essa infatti svolge il duplice ruolo <strong>di</strong> soggetto economico (ma non solo) per quanto riguarda<br />

la prima e <strong>di</strong> soggetto sociale (ma non solo) per quanto concerne la seconda.<br />

Stiamo dunque esplorando strade nuove <strong>di</strong> convivenza, in cui l’Italia gioca ormai il<br />

ruolo <strong>di</strong> Paese <strong>di</strong> accoglienza e non più <strong>di</strong> Paese <strong>di</strong> emigrazione delle proprie risorse<br />

umane. Ci si trova perciò a dover declinare analisi, politiche e servizi necessariamente<br />

più appropriati rispetto a questo cambio ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma.<br />

E l’ambito delle badanti non fa eccezione, con tutti gli “esercizi <strong>di</strong> relazione” connessi<br />

che questo implica, per coloro che arrivano, per coloro che ospitano, per coloro che osservano,<br />

per coloro che sono tenuti a selezionare e formare le risorse umane, ma anche<br />

a valorizzare i potenziali nascosti <strong>di</strong> queste ultime, non sempre adeguatamente<br />

percepiti e trattati.<br />

NADIO DELAI<br />

Presidente Ermeneia<br />

9


10<br />

Capitolo 1<br />

Il profilo della ricerca<br />

1 Per quanto riguarda l’utilizzo dei<br />

termini “assistente familiare” e “badante”<br />

si rinvia alle considerazioni<br />

poste nel § 2.1 – Alcune puntualizzazioni<br />

linguistiche e statistiche.<br />

2 Fonte: Il Sole-24ore del 7/2/2005.<br />

Ulteriori indagini hanno messo in<br />

evidenza come il 4,2% delle famiglie<br />

con un anziano ricorra a servizi privati<br />

a pagamento per la cura della persona;<br />

questa percentuale si accresce<br />

all’aumentare dell’età e raggiunge il<br />

7,4% dei nuclei familiari con <strong>una</strong><br />

persona ultra 74enne (ISTAT 2001).<br />

3 Fonte: indagine realizzata dall’Istituto<br />

per la Ricerca Sociale (IRS) <strong>di</strong> Milano<br />

con la collaborazione della <strong>Caritas</strong><br />

Ambrosiana e del Centro Migranti <strong>di</strong><br />

Brescia (settembre 2006). Nell’ambito<br />

della medesima analisi è stato anche<br />

rilevato come tra le immigrate il<br />

38% sia senza permesso <strong>di</strong> soggiorno,<br />

almeno il 22% abbia il permesso<br />

ma lavori in nero, il restante 40% abbia<br />

sia permesso sia contratto, ma<br />

quest’ultimo “alleggerisce” <strong>di</strong> molto<br />

le ore effettivamente lavorate.<br />

4 Per approfon<strong>di</strong>menti si rinvia a <strong>Caritas</strong>-Migrantes<br />

(2004).<br />

5 Si tratta della regolarizzazione avvenuta<br />

nel settembre 2002 sulla base<br />

della Legge Bossi-Fini n.189 – Art.<br />

33. La <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> emersione<br />

doveva essere presentata, entro due<br />

mesi dall’entrata in vigore della legge<br />

in questione, allo Sportello polivalente<br />

per l’immigrazione competente<br />

per territorio. Per i lavoratori stranieri<br />

irregolari era infatti previsto che<br />

i datori <strong>di</strong> lavoro, che avessero occupato,<br />

nei tre mesi precedenti l’entrata<br />

in vigore della legge, collaboratori<br />

domestici stranieri non in possesso <strong>di</strong><br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno, potessero fare<br />

<strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> “emersione”.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Gli obiettivi<br />

L’obiettivo generale della ricerca si precisa nel comporre un approfon<strong>di</strong>mento su un<br />

segmento <strong>di</strong> presenza immigrata nella provincia <strong>di</strong> Vicenza, ossia quella rappresenta-<br />

ta dalle assistenti familiari 1 , più comunemente denominate “badanti”. Questa pre-<br />

senza assume svariati significati: è numericamente rilevante, rappresenta <strong>una</strong> oppor-<br />

tunità <strong>di</strong> lavoro, costituisce <strong>una</strong> risorsa aggiuntiva al sistema assistenziale e talora so-<br />

stitutiva rispetto agli interventi socio-sanitari istituzionali. Si tratta in sostanza <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

risorsa preziosa per l’economia familiare e al contempo <strong>una</strong> fonte <strong>di</strong> risparmio per il<br />

welfare pubblico che, altrimenti, dovrebbe garantire l’assistenza <strong>di</strong> anziani non auto-<br />

sufficienti presso strutture residenziali.<br />

Vari stu<strong>di</strong> hanno cercato <strong>di</strong> mostrare la <strong>di</strong>mensione del fenomeno: nella Regione del<br />

Veneto si sono stimate 7,5 collaboratrici e assistenti familiari ogni 1.000 abitanti 2 ,<br />

quantificando <strong>una</strong> proporzione <strong>di</strong> quasi 7 badanti ogni 100 anziani ultra 65enni 3 .<br />

Inoltre, si è messo in evidenza 4 come questo particolare segmento <strong>di</strong> forza lavoro sia<br />

caratterizzato da <strong>una</strong> presenza pressoché totalitaria <strong>di</strong> donne immigrate, quasi tutte<br />

provenienti da Paesi dell’Est Europa (81%), tra cui Ucraina (22%), Romania (19%),<br />

Russia europea e Bielorussia (14%).<br />

L’accentuazione del binomio “femminile/straniera” è conseguenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi fat-<br />

tori, quali: le maggiori capacità attribuite alla donna <strong>di</strong> assolvere mansioni assi-<br />

stenziali, i bassi livelli retributivi e lo scarso riconoscimento sociale delle mansioni<br />

svolte, <strong>di</strong>ventate oramai <strong>di</strong>sattese dalla popolazione autoctona, nonché la crisi<br />

economica della fine degli anni Novanta nelle ex Repubbliche sovietiche, finita<br />

con la svalutazione del rublo e che ha indotto il fenomeno migratorio dai Paesi<br />

dell’Est.<br />

In particolare, la regolarizzazione per assistenti familiari e colf straniere avvenuta nel<br />

2002 5 ha focalizzato l’interesse dell’opinione pubblica sull’impatto sociale <strong>di</strong> questo<br />

fenomeno. Se da un lato la <strong>di</strong>sposizione mirava a dare risposta ai bisogni assistenzia-<br />

li locali facendo emergere situazioni <strong>di</strong> irregolarità (lavoro sommerso), dall’altro ha<br />

concorso a evidenziare le <strong>di</strong>mensioni del fenomeno assistenziale, probabilmente più<br />

ampie <strong>di</strong> quanto ipotizzato.<br />

Nel corso della suddetta sanatoria, a livello nazionale, quasi la metà delle domande


<strong>di</strong> regolarizzazione 6 presentate da stranieri irregolari riguardava proprio la figura del-<br />

la badante. Per quanto attiene al Veneto, le domande <strong>di</strong> regolarizzazione assomma-<br />

vano complessivamente a 58.913, <strong>di</strong> cui il 39,7% relativo all’emersione del lavoro<br />

domestico; i dati relativi alla sola provincia <strong>di</strong> Vicenza evidenziavano invece 10.558<br />

domande complessive, <strong>di</strong> cui il 38% relativo al lavoro domestico.<br />

Inoltre, nella provincia <strong>di</strong> Vicenza, risultavano essere stati <strong>di</strong>stribuiti 16.171 kit per<br />

l’emersione <strong>di</strong> colf e badanti (pari al 16,6% del totale regionale) a fronte <strong>di</strong> 4.016<br />

versamenti effettivamente pagati tramite assicurata (pari al 17,2% regionale). A li-<br />

vello provinciale si calcolava pertanto un rapporto <strong>di</strong> quasi 25 assicurate su 100 kit <strong>di</strong>-<br />

stribuiti (Tab. 1).<br />

Questi dati consentono <strong>una</strong> prima approssimativa quantificazione dell’irregolarità<br />

straniera. È vero infatti che, in prima battuta, la “grande regolarizzazione” ha concor-<br />

so a incrementare l’occupazione regolare, <strong>di</strong>minuendo come effetto complementare<br />

quella irregolare.<br />

Tabella 1. Richieste <strong>di</strong> regolarizzazioni dei lavoratori immigrati<br />

Emersione <strong>di</strong> colf e badanti<br />

Province Kit <strong>di</strong>stribuiti Incid. % su tot. Assicurate Incid. % su tot. Assicurate su<br />

regionale regionale kit <strong>di</strong>stribuiti<br />

Belluno 3.472 3,6% 892 3,8% 25,7%<br />

Padova 22.143 22,7% 5.669 24,2% 25,6%<br />

Rovigo 3.342 3,3% 886 3,8% 26,5%<br />

Treviso 16.535 16,9% 3.866 16,5% 23,4%<br />

Venezia 17.773 18,2% 4.206 18,0% 23,7%<br />

Verona 18.253 18,7% 3.870 16,5% 21,2%<br />

Vicenza 16.171 16,6% 4.016 17,2% 24,8%<br />

Totale 97.689 100,0% 23.405 100,0% me<strong>di</strong>a 24,0%<br />

Fonte: elaborazioni su dati dell’Assessorato regionale ai flussi migratori (anno 2002)<br />

Tuttavia il lavoro sommerso rimaneva comunque presente: a livello nazionale si è sti-<br />

mato che le richieste <strong>di</strong> regolarizzazione coinvolgessero appena la metà delle assi-<br />

stenti familiari realmente occupate e questo principalmente a causa dell’eccessivo pe-<br />

so economico della regolarizzazione del rapporto. Oltre alla garanzia dell’alloggio, l’ap-<br />

plicazione del contratto <strong>di</strong> lavoro richiedeva il pagamento dei contributi trimestrali, il<br />

6 A livello nazionale, le domande <strong>di</strong><br />

regolarizzazione complessivamente<br />

assommavano a 700 mila, <strong>di</strong> cui<br />

341 mila riguardavano l’assistenza<br />

familiare.<br />

11


12<br />

7 Per maggiori approfon<strong>di</strong>menti si<br />

rinvia a Gori (2002).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

pagamento delle ferie, la tre<strong>di</strong>cesima, la liquidazione; in sostanza si veniva a configu-<br />

rare per le famiglie un costo superiore del 35-56% rispetto a un rapporto irregolare 7 .<br />

Non si può prescindere infatti dalla convenienza economica del lavoro in “nero”, che<br />

<strong>di</strong>venta convenienza reciproca per il datore <strong>di</strong> lavoro e per il lavoratore, sebbene<br />

comporti risvolti negativi per entrambi i contraenti: uno svantaggio previdenziale per<br />

il lavoratore e <strong>una</strong> potenziale maggiore flessibilità e turnover, nonché esposizione a<br />

controversie sindacali, per la famiglia.<br />

Nonostante la regolarizzazione del 2002, l’irregolarità è andata via via ripresentandosi<br />

anche per effetto dei nuovi arrivi <strong>di</strong> forza lavoro, oltre che per la ricaduta nella irregola-<br />

rità <strong>di</strong> soggetti che non riuscivano a rinnovare il proprio contratto <strong>di</strong> lavoro e quin<strong>di</strong> il ti-<br />

tolo <strong>di</strong> soggiorno. Al riguardo si pensi alle situazioni <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta del lavoro dovuta a licen-<br />

ziamento o a decesso della persona assistita: la normativa vigente prevede un permes-<br />

so <strong>di</strong> durata semestrale per l’attesa <strong>di</strong> nuova occupazione, scaduto il quale l’immigrato<br />

deve trovare <strong>una</strong> occupazione regolare, pena l’ingresso o il ritorno nella irregolarità.<br />

Vanno poi segnalate situazioni <strong>di</strong> mancata collimazione tra la domanda <strong>di</strong> assistenza<br />

e l’offerta prevista. Un esempio è dato dal meccanismo dei flussi, ossia dalla <strong>di</strong>men-<br />

sione delle quote previste rispetto alle richieste formulate dalle famiglie: la non co-<br />

pertura delle richieste attraverso il meccanismo delle quote induce naturalmente le<br />

famiglie stesse a rivolgersi al mercato irregolare.<br />

A questo proposito, per rendere <strong>una</strong> <strong>di</strong>mensione quantitativa, si consideri l’entità dei<br />

flussi 2006, relativamente alla provincia <strong>di</strong> Vicenza: le domande pervenute per lavo-<br />

ro domestico e assistenza alla persona (Tab. 2a) risultano pari a 1.858. A questa<br />

componente andrebbe però sommata <strong>una</strong> parte delle domande relative a “quote ri-<br />

servate” per Moldavia, Sri Lanka e Filippine, che verosimilmente (almeno in parte)<br />

possono ascriversi al lavoro <strong>di</strong> assistenza (Tab. 2b); e andrebbe scorporata la parte <strong>di</strong><br />

Tabella 2a. Flussi <strong>di</strong> ingresso 2006 (D.P.C.M 15.02.2006):<br />

domande pervenute relativamente alla provincia <strong>di</strong> Vicenza<br />

Sub. non stagionali “altre nazionalità” Totale domande pervenute = 4.599<br />

Lavoro domestico e assistenza alla persona 1.858<br />

Settore e<strong>di</strong>le 1.238<br />

Altri settori produttivi 1.503<br />

Fonte: dati elaborazioni Poste Italiane – www.utgvi.it (aggiornato al 15/09/2006)


Tabella 2b. Flussi <strong>di</strong> ingresso 2006 (D.P.C.M 15.02.2006):<br />

domande pervenute relativamente alla provincia <strong>di</strong> Vicenza<br />

Sub. non stagionali “quote riservate” Totale domande pervenute = 4.546<br />

Albanesi 272 Srilankesi 69<br />

Tunisini 122 Bengalesi 923<br />

Marocchini 1.038 Filippini 66<br />

Egiziani 17 Pakistani 118<br />

Nigeriani 114 Somali 4<br />

Moldavi 1.307 Ghanesi 496<br />

Fonte: dati elaborazioni Poste Italiane – www.utgvi.it (aggiornato al 15/09/2006)<br />

lavoratori domestici in senso stretto (colf). Si potrebbe pertanto stimare 8 un volume<br />

<strong>di</strong> domande espressamente per badanti attorno alle 2.500 unità.<br />

Le <strong>di</strong>namiche sopra richiamate, per essere meglio comprese, vanno contestualizzate<br />

in un segmento del mercato del lavoro che risulta <strong>di</strong> per sé “atipico”: questa occupa-<br />

zione presuppone un rapporto <strong>di</strong> lavoro tra due contraenti (datore e lavoratore) ca-<br />

ratterizzati entrambi da <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> debolezza e <strong>di</strong> bisogno (l’uno <strong>di</strong> assistenza<br />

e l’altro <strong>di</strong> sopravvivenza). La famiglia, nel ruolo <strong>di</strong> datore <strong>di</strong> lavoro, sconta le <strong>di</strong>fficoltà<br />

tipiche del sistema <strong>di</strong> welfare: i tempi <strong>di</strong> attesa e i costi talora improponibili per le<br />

strutture residenziali, la riduzione delle risorse destinate all’assistenza domiciliare, la<br />

criticità nella conciliazione dei propri tempi (lavorativi, affettivi ecc.) con quelli <strong>di</strong> assi-<br />

stenza al familiare in stato <strong>di</strong> bisogno, non da ultimo il costo eccessivo che comporta<br />

l’usufruire <strong>di</strong> un’assistente familiare in regola. L’assistente familiare, dal canto suo,<br />

svolge un compito pesante sotto il profilo fisico e mentale, vive tra la necessità <strong>di</strong><br />

guadagnare e la volontà <strong>di</strong> tornare nel proprio Paese d’origine, ove spesso ha lascia-<br />

to i suoi affetti più cari. Sono questi degli elementi complessi che fanno presagire un<br />

rapporto <strong>di</strong> lavoro fondato più sulla complementarietà dei bisogni che su regole<br />

contrattualistiche ed economicistiche.<br />

Sebbene <strong>di</strong> notevole rilevanza sociale, questo fenomeno, non programmato quanto<br />

piuttosto subìto, rimane ancora poco conosciuto sia in termini quantitativi (quante<br />

sono le assistenti familiari? qual è il fabbisogno locale espresso dalle famiglie?),<br />

sia in termini qualitativi, intendendo la conoscenza <strong>di</strong> aspetti esperienziali, <strong>di</strong> vissuto<br />

e professionali <strong>di</strong> queste donne.<br />

8 Approssimativamente si è considerato<br />

l’80% delle domande per lavoro<br />

domestico e assistenza alla<br />

persona + il 70% delle domande<br />

per lavoratori subor<strong>di</strong>nati non stagionali<br />

riservati a Moldavia, Sri<br />

Lanka, Filippine.<br />

13


14<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Con la presente ricerca si cerca da un lato <strong>di</strong> quantificare la presenza regolare <strong>di</strong> ba-<br />

danti nel territorio provinciale attraverso l’ausilio della fonte ufficiale dell’INPS e, pa-<br />

rallelamente, <strong>di</strong> produrre <strong>una</strong> stima della presenza complessiva (regolare e irregola-<br />

re). Dall’altro lato si intende delineare dei profili identitari <strong>di</strong> questa compagine lavo-<br />

rativa, attraverso i loro stessi racconti e le loro testimonianze.<br />

Si può facilmente intuire come questi aspetti conoscitivi risultino influenzati da mol-<br />

teplici variabili scarsamente <strong>di</strong>mensionabili con precisione (per esempio i canali <strong>di</strong><br />

regolarizzazione/irregolarità, l’estensione dei fabbisogni <strong>di</strong> assistenza espressi dalle<br />

famiglie, le loro <strong>di</strong>sponibilità economiche ecc.). Si ritiene comunque che, oltre a sup-<br />

plire a <strong>una</strong> nota carenza informativa, un siffatto approfon<strong>di</strong>mento possa concorrere<br />

all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> intervento verso cui orientare la progettualità e le<br />

politiche locali.<br />

La metodologia utilizzata<br />

Il <strong>di</strong>segno complessivo <strong>di</strong> ricerca si compone <strong>di</strong> due sezioni <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento: <strong>una</strong><br />

quantitativa che intende <strong>di</strong>mensionare la presenza regolare <strong>di</strong> assistenti familiari at-<br />

traverso <strong>una</strong> fonte informativa ufficiale (l’INPS), nonché stimare la presenza com-<br />

plessiva <strong>di</strong> questa risorsa; l’altra qualitativa che rileva, attraverso il racconto biografico,<br />

il vissuto <strong>di</strong> alcune badanti.<br />

L’indagine quantitativa: <strong>di</strong>mensione della presenza<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questa sezione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento è <strong>di</strong> fornire un computo della pre-<br />

senza <strong>di</strong> assistenti familiari nell’ambito provinciale a partire dalla fonte ufficiale del-<br />

l’INPS, sulla scorta dei contributi previdenziali versati e dei relativi contratti <strong>di</strong> lavoro.<br />

La rilevazione, effettuata con l’ausilio tecnico degli uffici competenti, ha consentito <strong>di</strong><br />

usufruire <strong>di</strong> statistiche aggregate a livello provinciale e relative a <strong>una</strong> serie storica<br />

considerevole (2000-2005), offrendo la possibilità <strong>di</strong> valutazioni <strong>di</strong> trend.<br />

Oltre alla <strong>di</strong>mensionalità del fenomeno, laddove possibile, si è cercato <strong>di</strong> delineare<br />

alcuni tratti anagrafici (quali il genere e l’età, l’area geografica <strong>di</strong> provenienza, il raf-<br />

fronto con la componente italiana ecc.) e contrattualistici (l’orario settimanale previ-<br />

sto da contratto).


A corredo dell’analisi sulla presenza regolare censita dall’INPS, viene proposto un ap-<br />

proccio <strong>di</strong> stima della presenza complessiva <strong>di</strong> badanti nel territorio vicentino, esten-<br />

dendo le risultanze <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o condotto con l’ausilio <strong>di</strong> 35 me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> famiglia pres-<br />

so l’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino.<br />

L’indagine biografica sulle badanti<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questa sezione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento è <strong>di</strong> ricostruire un profilo del vis-<br />

suto delle assistenti familiari a partire dai loro racconti. Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> indagine<br />

qualitativa finalizzata alla conoscenza della <strong>di</strong>mensione identitaria <strong>di</strong> queste lavo-<br />

ratrici, assumendo <strong>una</strong> ottica non indagatrice quanto piuttosto <strong>di</strong> ricostruzione <strong>di</strong><br />

un “volto”.<br />

La popolazione target è pertanto rappresentata da alcune immigrate che lavorano<br />

come assistenti familiari nel Vicentino; per la raccolta informativa ci si è avvalsi <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> traccia <strong>di</strong> intervista semistrutturata, somministrata attraverso interviste in<br />

profon<strong>di</strong>tà (face to face). La traccia, composita e articolata, approfon<strong>di</strong>sce otto<br />

aree tematiche.<br />

■ La prima area riguarda le caratteristiche socio-anagrafiche e familiari delle donne:<br />

l’età, il Paese <strong>di</strong> provenienza, lo stato civile, la presenza <strong>di</strong> figli, la propria posizio-<br />

ne <strong>di</strong> regolarità o irregolarità.<br />

■ La seconda ripercorre il percorso scolastico.<br />

■ La terza ricostruisce l’iter <strong>di</strong> ingresso in Italia, con specifica enucleazione dei moti-<br />

vi che sottendono la scelta <strong>di</strong> emigrare e le <strong>di</strong>fficoltà incontrate nel farlo.<br />

■ La quarta area tematica entra nello specifico dell’esperienza lavorativa nel Paese<br />

d’origine.<br />

■ La quinta esamina la “<strong>professione</strong> della badante”: sono oggetto <strong>di</strong> particolare ap-<br />

profon<strong>di</strong>mento le <strong>di</strong>fficoltà che detto lavoro comporta e le motivazioni del turno-<br />

ver lavorativo.<br />

■ La sesta analizza in maniera dettagliata l’attuale lavoro <strong>di</strong> badante, con specifico<br />

riferimento al rapporto <strong>di</strong> lavoro, alla retribuzione, alle con<strong>di</strong>zioni del lavoro (per<br />

esempio lo stato <strong>di</strong> salute dell’anziano assistito, le ore lavorate, le incombenze<br />

richieste).<br />

15


16<br />

9 Si tratta <strong>di</strong> un campione non probabilistico,<br />

utile e giustificato in ricerche<br />

<strong>di</strong> questo tipo che assumono<br />

connotato esplorativo e in cui la finalità<br />

non è quella <strong>di</strong> rappresentare<br />

statisticamente la popolazione in<br />

oggetto, ma la considerazione degli<br />

aspetti che possono esprimersi.<br />

Operativamente ciascun intervistatore,<br />

sulla base <strong>di</strong> rapporti personali<br />

o informazioni personali, ha provveduto<br />

a contattare delle badanti. Gli<br />

intervistatori peraltro afferivano a<br />

zone <strong>di</strong>verse della provincia in modo<br />

da garantire <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione<br />

territoriale.<br />

10 Per maggiori dettagli si rinvia al §<br />

3.1 – L’approccio alle interviste in<br />

profon<strong>di</strong>tà.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

■ La settima ricostruisce le modalità <strong>di</strong> reclutamento della badante, ossia i percorsi<br />

da intraprendere per entrare nel circuito assistenziale, nonché l’eventuale ruolo<br />

giocato dalle reti etniche.<br />

■ L’ottava area, infine, cerca <strong>di</strong> tracciare le prospettive <strong>di</strong> vita, facendo anche emer-<br />

gere <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> bilancio tra il prima (la vita prima dell’emigrazione) e il dopo (il<br />

futuro).<br />

L’utilizzo dell’intervista in profon<strong>di</strong>tà, benché oneroso e impegnativo, ha consentito<br />

all’interlocutore <strong>una</strong> certa libertà <strong>di</strong> espressione, potendo trarre ampi elementi cono-<br />

scitivi <strong>di</strong> tipo qualitativo.<br />

L’approccio, e conseguentemente la costruzione del campione, è avvenuto in manie-<br />

ra “opportunistica” ed è stato oltremodo basato sulla volontà delle interessate <strong>di</strong> far-<br />

si intervistare. Si sottolinea anche che si è cercato <strong>di</strong> rappresentare <strong>di</strong>verse aree della<br />

provincia, al fine <strong>di</strong> ampliare il quadro informativo conseguibile. Dal punto <strong>di</strong> vista<br />

metodologico, tuttavia, è opportuno <strong>di</strong>chiarare che il campione interpellato non può<br />

definirsi rappresentativo della popolazione target 9 : il campione risulta infatti autode-<br />

finito, nel senso che criteri selettivi <strong>di</strong>vengono la <strong>di</strong>sponibilità delle donne e il loro in-<br />

teresse verso l’indagine. Si evidenzia però che lo scopo dell’indagine era quello <strong>di</strong> ri-<br />

levare, attraverso un approccio in<strong>di</strong>viduale, le biografie e valorizzare l’eterogeneità<br />

dei vissuti.<br />

La rilevazione (complessivamente 58 interviste) è stata condotta nel periodo agosto-<br />

settembre 2006. Le interviste sono state effettuate in luoghi e situazioni <strong>di</strong>verse, as-<br />

secondando la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> tempo e luogo offerte dalle stesse intervistate 10 .


Capitolo 2<br />

La costruzione <strong>di</strong> <strong>una</strong> mappa quantitativa<br />

Alcune puntualizzazioni linguistiche e statistiche<br />

In questa sezione della ricerca si intende fornire <strong>una</strong> quantificazione della presenza <strong>di</strong><br />

assistenti familiari regolari attraverso l’analisi della fonte ufficiale più esaustiva: l’IN-<br />

PS. Ma prima <strong>di</strong> procedere alla illustrazione dei dati si rendono necessarie due pun-<br />

tualizzazioni, l’<strong>una</strong> <strong>di</strong> carattere linguistico, l’altra <strong>di</strong> carattere statistico.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista linguistico è noto come nel linguaggio comune il termine “badan-<br />

ti” comprenda <strong>una</strong> categoria <strong>di</strong> collaboratori domestici la cui prestazione è prevalen-<br />

temente finalizzata all’assistenza <strong>di</strong> persone non autosufficienti; detta assistenza è<br />

svolta prevalentemente entro le mura domestiche, sebbene possano verificarsi con<br />

<strong>una</strong> qualche frequenza situazioni <strong>di</strong> accu<strong>di</strong>mento presso strutture residenziali. Questa<br />

caratterizzazione non esclude tuttavia che la badante svolga, accanto all’assistenza,<br />

anche funzioni domestiche quali il preparare da mangiare, il lavare, lo stirare ecc. Sa-<br />

rebbe quin<strong>di</strong> più corretto parlare <strong>di</strong> “assistenti familiari” in considerazione del fatto<br />

che la famiglia risulta essere l’ambito privilegiato in cui viene svolta la prestazione 11 .<br />

Le suddette puntualizzazioni non sono volte a sollevare problematiche terminologi-<br />

che, quanto piuttosto a portare la riflessione sull’opportunità <strong>di</strong> utilizzare il termine<br />

“badante” riconoscendo in modo appropriato la funzione/ruolo svolti.<br />

La seconda precisazione è <strong>di</strong> carattere statistico o, per meglio <strong>di</strong>re, relativa alle pro-<br />

cedure <strong>di</strong> rilevazione adottate dall’INPS: va precisato che lo stesso Istituto <strong>di</strong>spone <strong>di</strong><br />

un “Osservatorio sui lavoratori domestici” su cui non è possibile, a fini statistici, <strong>di</strong>stin-<br />

guere tra colf e badanti. Pertanto, i dati che si vanno a esporre e a commentare rap-<br />

presentano l’intera compagine dei lavoratori domestici, siano essi formalmente de<strong>di</strong>-<br />

ti a un supporto domestico (nella fattispecie: colf), siano essi de<strong>di</strong>ti a un supporto as-<br />

sistenzialistico (nella fattispecie: badanti). A ben pensare la <strong>di</strong>stinzione che sussiste<br />

contrattualisticamente può non comportare <strong>una</strong> sud<strong>di</strong>visione univoca tra le due man-<br />

sioni laddove i confini delle stesse <strong>di</strong>ventino nella pratica più “sfumati”: oltre al fatto<br />

che alcune badanti svolgono al contempo attività assistenzialistica e domestica, vi è<br />

anche l’evidenza che alcune colf, inquadrate come tali, svolgono in realtà attività as-<br />

sistenziale. Una <strong>di</strong>stinzione “potenziale” potrebbe essere effettuata a partire dal nu-<br />

mero <strong>di</strong> ore previste da contratto, prefigurando che un rapporto <strong>di</strong> lavoro inferiore a<br />

25 ore settimanali possa ascriversi a <strong>una</strong> colf, mentre un rapporto <strong>di</strong> lavoro superiore<br />

11 Per un approfon<strong>di</strong>mento al riguardo<br />

si rinvia a: “I lavoratori immigrati<br />

nelle famiglie italiane” in CARITAS-<br />

MIGRANTES (2004). Dossier statistico<br />

2004, XIV Rapporto sull’immigrazione.<br />

17


18<br />

12 Per maggiori approfon<strong>di</strong>menti, si<br />

rinvia a Righetti (2005).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

alle 25 ore sia ascrivibile con quasi certezza alla mansione <strong>di</strong> badante. Tuttavia, per le<br />

considerazioni testé fatte, anche questa <strong>di</strong>stinzione assume carattere <strong>di</strong> ipotesi.<br />

Infine si riba<strong>di</strong>sce che la fonte ufficiale presa in considerazione consente <strong>di</strong> conteg-<br />

giare la presenza regolare <strong>di</strong> questo segmento <strong>di</strong> mercato del lavoro, ovvero quella<br />

quota parte che versa regolarmente i contributi previdenziali. Pertanto la presente<br />

analisi si limita a quantificare <strong>una</strong> parte del fenomeno assistenziale poiché sfugge<br />

dal computo la presenza irregolare. A tale proposito si richiama come <strong>una</strong> recente<br />

stima dell’ISTAT 12 avrebbe quantificato il lavoro irregolare in <strong>una</strong> quota parte pari al<br />

41% del totale delle assistenti familiari.<br />

La crescita della componente immigrata<br />

nel lavoro domestico<br />

Assumendo un approccio <strong>di</strong> tipo concentrico, che prende in considerazione tre livelli <strong>di</strong><br />

aggregazione territoriale (nazionale, regionale, provinciale) si intende quantificare il<br />

rapporto numerico, che si è andato stabilendo nel corso degli anni, tra lavoratori do-<br />

mestici stranieri e lavoratori domestici italiani. Innanzitutto, considerando la serie stori-<br />

ca 2000-2004 (Tab. 3), si osserva come l’anno <strong>di</strong> “svolta”, ossia <strong>di</strong> incremento sostan-<br />

ziale dei lavoratori domestici sia rappresentato dal 2002, anno della regolarizzazione:<br />

in particolare la crescita, probabilmente effetto dell’emersione del lavoro in nero, ha ri-<br />

guardato quasi esclusivamente i lavoratori stranieri. A livello nazionale la loro presen-<br />

za si è più che duplicata, a livello regionale e provinciale si è quadruplicata. Per con-<br />

verso negli anni seguenti non appaiono incrementi significativi anzi, nel 2004, la ten-<br />

denza sembra piuttosto invertirsi, decrementandosi la presenza straniera almeno <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>eci punti percentuali (la variazione nell’ultimo biennio è a livello nazionale pari al<br />

–10,4%, a livello regionale è pari al –14,2%, a livello provinciale è pari al –13,7%).<br />

Di conseguenza, l’effetto della regolarizzazione ha comportato un notevole cambia-<br />

mento nel rapporto numerico tra lavoratori italiani e stranieri, tant’è che proprio nel<br />

2002 si registrava il superamento della compagine immigrata sull’autoctona. Con ri-<br />

ferimento ai dati provinciali nel 2000 e 2001 gli immigrati rappresentavano meno<br />

della metà dei lavoratori domestici complessivi, nel 2002 la percentuale passa al<br />

79,2%, attestandosi al 76,8% nel 2004.


La comparazione con i dati nazionali e regionali evidenzia <strong>una</strong> proporzione legger-<br />

mente superiore <strong>di</strong> stranieri entro la forza lavoro provinciale. Ne consegue che nel<br />

2004 i lavoratori domestici immigrati della provincia <strong>di</strong> Vicenza vengono a rappresen-<br />

tare il 16,4% dei lavoratori domestici stranieri del Veneto e l’1,1% dei lavoratori do-<br />

mestici stranieri dell’intero contesto nazionale.<br />

Tabella 3. Lavoratori domestici: rapporto tra italiani e stranieri<br />

A livello nazionale 2000 2001 2002 2003 2004<br />

Lavoratori stranieri 133.837 138.860 380.125 408.503 366.075<br />

Lavoratori italiani 126.134 128.574 130.909 130.014 126.937<br />

Totale 259.971 267.434 511.034 538.517 493.012<br />

Incid. % stranieri 51,5% 51,9% 74,4% 75,9% 74,3%<br />

Regione del Veneto 2000 2001 2002 2003 2004<br />

Lavoratori stranieri 5.779 6.083 26.045 27.831 23.870<br />

Lavoratori italiani 8.334 8.461 8.539 8.559 8.729<br />

Totale 14.113 14.544 34.584 36.390 32.599<br />

Incid. % stranieri 40,9% 41,8% 75,3% 76,5% 73,2%<br />

Prov. <strong>di</strong> Vicenza 2000 2001 2002 2003 2004<br />

Lavoratori stranieri 1.057 1.055 4.209 4.529 3.909<br />

Lavoratori italiani 1.107 1.107 1.103 1.154 1.181<br />

Totale 2.164 2.162 5.312 5.683 5.090<br />

Incid. % stranieri 48,8% 48,8% 79,2% 79,7% 76,8%<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici<br />

L’incidenza dei lavoratori domestici immigrati<br />

sulla popolazione anziana<br />

Nel 2004 a livello provinciale i lavoratori domestici stranieri che regolarmente versa-<br />

vano contributi previdenziali erano 3.909, evidenziando <strong>una</strong> tendenziale contrazione<br />

rispetto al biennio precedente (Tab. 4). Altresì la presenza <strong>di</strong> questa forza lavoro può<br />

essere misurata come incidenza sulla popolazione residente 13 : ne consegue un rap-<br />

porto <strong>di</strong> circa 5 lavoratori domestici immigrati regolari ogni 1.000 abitanti.<br />

13 La densità sul totale della popolazione<br />

residente è invece superiore a<br />

livello regionale (5,1‰) e ancora<br />

più elevata a livello nazionale<br />

(6,3‰).<br />

19


20<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Tabella 4. Lavoratori domestici stranieri: incidenza su popolazione residente<br />

Prov. <strong>di</strong> Vicenza 2000 2001 2002 2003 2004<br />

Lavoratori stranieri 1.057 1.055 4.209 4.529 3.909<br />

Variazione % annuale –0,2% +299,0% +7,6% –13,7% –0,2%<br />

Incidenza su 1.000 abitanti 1,3‰ 1,3‰ 5,2‰ 5,5‰ 4,7‰<br />

Incidenza su 1.000<br />

abitanti ultra 64enni 14,5‰ 7,9‰ 30,7‰ 32,2‰ 27,1‰<br />

Incidenza su 1.000<br />

abitanti ultra 74enni 19,7‰ 17,5‰ 67,3‰ 70,3‰ 59,0‰<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici<br />

Focalizzando l’attenzione sulla compagine degli anziani, l’incidenza raggiunge circa i 30<br />

lavoratori domestici ogni 1.000 anziani ultra 64enni, <strong>una</strong> densità che <strong>di</strong>venta ancor più<br />

significativa per gli ultra 74enni, che presumibilmente rappresentano i sostanziali fruitori<br />

<strong>di</strong> questa assistenza (60‰). In altre parole, si conta nella provincia <strong>di</strong> Vicenza un lavo-<br />

ratore domestico straniero con regolare contratto ogni 17 anziani ultra 74enni. Il raf-<br />

fronto con l’in<strong>di</strong>catore a livello regionale e nazionale mostra nel primo caso <strong>una</strong> presso-<br />

ché analogia <strong>di</strong> valore (57,5‰), mentre nel secondo caso il rapporto è più elevato, con-<br />

tando un lavoratore domestico immigrato ogni 14 anziani ultra 74enni (69,5‰).<br />

La presenza determinante della componente femminile<br />

La ripartizione per genere dei lavoratori domestici stranieri rappresenta in modo ine-<br />

quivocabile come il lavoro domestico e <strong>di</strong> cura sia appannaggio della componente<br />

femminile. In termini quantitativi si evince che il 93,4% è rappresentato da donne,<br />

mentre il restante 6,6% da uomini (Graf. 1); detta sovrarappresentazione femminile<br />

appare come <strong>una</strong> connotazione costante nel tempo e in progressiva crescita (nel<br />

2000 era pari al 86,3%, nel 2002 risultava pari al 88,7%).<br />

Per quanto concerne la <strong>di</strong>stribuzione per classi d’età (Graf. 2), nel 2004 <strong>una</strong> maggiore<br />

concentrazione <strong>di</strong> lavoratori domestici stranieri è ascrivibile alla classe 41-50 anni,<br />

che copre il 34,6% del totale, seguita a breve <strong>di</strong>stanza dalla classe 31-40 anni che<br />

ne comprende il 28,5%. Queste percentuali non risultano <strong>di</strong>ssimili se si focalizza l’at-


tenzione sulla sola componente femminile: la classe 41-50 anni comprende il 35,2%<br />

delle lavoratrici straniere e la classe 31-40 anni il 27,7%.<br />

Per quanto riguarda l’andamento complessivo del trend, ovvero le mo<strong>di</strong>ficazioni av-<br />

venute nel corso degli anni, si constata un innalzamento dell’età (Graf. 2): cresce pro-<br />

gressivamente la rappresentatività delle ultra 40enni e, per converso, si contrae gra-<br />

dualmente quella delle under 40enni.<br />

Grafico 1. Lavoratori domestici stranieri: composizione <strong>di</strong> genere<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici<br />

Grafico 2. Ripartizione percentuale per classi d’età: il trend 2000-2004<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici<br />

21


22<br />

14 Il riferimento è in Righetti (2005).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Infine, è doveroso sottolineare come dalla fonte esaminata non sia possibile conse-<br />

guire informazioni sullo stato civile <strong>di</strong> queste lavoratrici: recenti indagini a livello na-<br />

zionale hanno però evidenziato come si tratti molto spesso <strong>di</strong> persone che non han-<br />

no un progetto <strong>di</strong> vita in Italia, tre su quattro sono coniugate ma solo il 15% vive nel<br />

nostro Paese con la propria famiglia 14 .<br />

Una provenienza prevalente dall’Est Europa<br />

Relativamente ai Paesi <strong>di</strong> provenienza, la fonte INPS non consente <strong>una</strong> estrapolazio-<br />

ne <strong>di</strong>saggregata su base provinciale, ma si può <strong>di</strong>sporre soltanto del dato complessi-<br />

vo a livello nazionale. Pertanto, come si evince dalla tabella seguente (Tab. 5), più<br />

della metà dei lavoratori domestici proviene dall’Europa dell’Est (54,3%); seguono le<br />

provenienze dall’America del Sud (15,2%) e dalle Filippine (13,4%).<br />

Pur mantenendo la connotazione femminile, la ripartizione <strong>di</strong> genere all’interno <strong>di</strong><br />

questo segmento del mercato del lavoro permette <strong>di</strong> evidenziare alcune caratterizza-<br />

Tabella 5. Lavoratori per macro-aree <strong>di</strong> provenienza nel contesto nazionale<br />

Macro-aree geografiche 2000 2002 2004 Ripartiz. % Stima numero<br />

nel 2004 lavoratori per<br />

la provincia<br />

<strong>di</strong> Vicenza<br />

Europa Ovest 1.615 1.613 1.586 0,4% 17<br />

Europa dell’Est 25.103 202.739 198.847 54,3% 2.123<br />

America del Nord 43 126 97 0,0% 1<br />

Centro America 5.070 7.302 7.095 1,9% 76<br />

America del Sud 21.654 57.757 55.564 15,2% 593<br />

Asia: Me<strong>di</strong>o Oriente 271 1.287 1.257 0,3% 13<br />

Asia: Filippine 40.939 48.922 48.946 13,4% 523<br />

Asia Orientale 16.362 26.332 24.411 6,7% 261<br />

Africa del Nord 9.713 17.676 14.179 3,9% 151<br />

Africa Centro-sud 13.045 16.171 13.880 3,8% 148<br />

Oceania 22 200 213 0,1% 2<br />

Totale 133.837 380.125 366.075 100,0% 3.908<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici


zioni. Considerando le macro-aree che presentano <strong>una</strong> consistenza significativa 15 , si<br />

riscontra <strong>una</strong> dominante superiorità numerica delle donne con riferimento ai Paesi<br />

dell’Est (Graf. 3), che ne rappresentano ben il 94,1%. All’interno invece della compa-<br />

gine dei lavoratori domestici filippini si rileva come più <strong>di</strong> un quarto <strong>di</strong> questa forza<br />

lavoro sia rappresentata da uomini (25,7%), percentuale che si raddoppia relativa-<br />

mente alle provenienze dall’Asia Orientale (52%).<br />

Se si guarda ai cambiamenti avvenuti nel corso degli anni, l’effetto della regolarizza-<br />

zione sembra aver sortito l’impatto maggiore per le provenienze dai Paesi dell’Est: se<br />

infatti nel biennio 2000-2001 la presenza maggioritaria era <strong>di</strong> origine filippina, nel<br />

2002 lo scenario cambia ra<strong>di</strong>calmente. La rappresentatività dai Paesi dell’Est subisce<br />

l’incremento più considerevole (nel panorama nazionale si passa da 29.314 lavorato-<br />

ri domestici a 202.739); incrementi significativi ma più contenuti hanno poi riguarda-<br />

to le provenienze dall’America del Sud (+161,5%), mentre la presenza filippina cre-<br />

sce ma con un tasso incrementale quasi fisiologico (+18,3%).<br />

L’anno 2003 registra ulteriori incrementi, sebbene molto più contenuti: la compagine<br />

dai Paesi dell’Est cresce del 10,4%, quella dell’America del Sud del 8,1%, quella filip-<br />

pina appena del 1,4%. In controtendenza, invece, i dati riferiti al 2004 che vedono<br />

Grafico 3. Macro-aree <strong>di</strong> provenienza: la ripartizione <strong>di</strong> genere<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici (2004)<br />

15 La valutazione è stata fatta per le<br />

macro-aree che nell’anno 2004 annoveravano<br />

un numero <strong>di</strong> lavoratori<br />

domestici stranieri superiore alle<br />

10.000 unità.<br />

23


24<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

<strong>una</strong> contrazione contenuta, ma significativa, <strong>di</strong> questa forza lavoro complessiva. I la-<br />

voratori domestici provenienti dall’Europa dell’Est si riducono del 11,2%, quelli prove-<br />

nienti dall’America del Sud del 11%, quelli <strong>di</strong> origine filippina del 1,3%.<br />

Infine, non <strong>di</strong>sponendo del dato geografico relativo alla provincia <strong>di</strong> Vicenza, si è<br />

proceduto riparametrizzando sul contesto provinciale la ripartizione geografica rile-<br />

vata a livello nazionale (Tab. 5). Così facendo, in provincia si potrebbero prefigurare<br />

2.123 lavoratori domestici provenienti dai Paesi dell’Est, 593 dall’America del Sud e<br />

523 <strong>di</strong> origine filippina. Questa stima comporta necessariamente <strong>una</strong> <strong>di</strong>storsione<br />

poiché è noto come a incidere notevolmente sui percorsi <strong>di</strong> localizzazione degli im-<br />

migrati siano le reti etniche sviluppate localmente: deve dunque essere assunta sol-<br />

tanto come proxy.<br />

Il contratto-tipo <strong>di</strong> 21-30 ore settimanali<br />

Dalle statistiche aggregate fornite dall’INPS, è possibile condurre un approfon<strong>di</strong>men-<br />

to relativamente al numero <strong>di</strong> ore lavorate così come previste dal contratto.<br />

La <strong>di</strong>stribuzione per classi orarie nel 2004 presenta <strong>una</strong> maggiore concentrazione <strong>di</strong><br />

lavoratori domestici stranieri con riferimento alla categoria <strong>di</strong> contratti <strong>di</strong> 21-30 ore<br />

settimanali, che rappresentano il 46,4% del totale (Tab. 6); al <strong>di</strong> sotto delle 20 ore<br />

settimanali si colloca invece il 32,5% e risulta molto contenuto il peso dei contratti<br />

oltre le 40 ore settimanali (7,9%).<br />

Tabella 6. Lavoratori per classi <strong>di</strong> ore settimanali <strong>di</strong> contratto<br />

Ore settimanali 2001 2002 Variaz. % 2003 Variaz. % 2004 Variaz. %<br />

2001-02 2002-03 2003-04<br />

Fino a 10 232 466 100,9% 526 12,9% 481 –8,6%<br />

Da 11 a 20 216 2.383 1003,2% 969 –59,3% 791 –18,4%<br />

Da 21 a 30 331 1.019 207,9% 2.022 98,4% 1.815 –10,2%<br />

Da 31 a 40 172 208 20,9% 647 211,1% 515 –20,4%<br />

Da 41 a 50 65 87 33,8% 236 171,3% 188 –20,3%<br />

Oltre 50 39 46 17,9% 129 180,4% 119 –7,8%<br />

Totale 1.055 4.209 299,0% 4.529 7,6% 3.909 –13,7%<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici


Il dato, che non muta se si <strong>di</strong>stingue la compagine femminile dalla maschile, sem-<br />

brerebbe fotografare un impegno nell’assistenza e nel supporto domestico “relativa-<br />

mente contenuto”: a fronte <strong>di</strong> un bisogno <strong>di</strong> assistenza che è noto essere “quasi” <strong>di</strong><br />

24 ore al giorno, almeno per l’attività <strong>di</strong> assistenza ai non autosufficienti; questo dato<br />

indurrebbe a pensare che parte dell’attività svolta dalle assistenti familiari possa es-<br />

sere coperta con “retribuzioni orarie extra contratto”.<br />

Guardando alla <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> trend, si può anche affermare che nel 2002 l’incremento<br />

più cospicuo abbia riguardato i contratti <strong>di</strong> 11-20 ore settimanali, categoria che nel<br />

biennio successivo ha registrato <strong>una</strong> flessione. Nel 2003, in particolare, sembra es-<br />

sersi delineato un incremento delle ore lavorate settimanalmente, a favore dei con-<br />

tratti <strong>di</strong> 21-30 ore settimanali.<br />

Grafico 4. Ripartizione percentuale per classi <strong>di</strong> ore da contratto: il trend 2000-2004<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici<br />

La ripartizione percentuale per categoria rende ancor più palese questa mo<strong>di</strong>ficazio-<br />

ne contrattualistica (Graf. 4): se nel 2002 più della metà dei contratti veniva stipulata<br />

per un numero <strong>di</strong> ore settimanali da 11 a 20 (56,6%), nel 2003 e nel 2004 questa<br />

categoria perde rilevanza a favore dei contratti <strong>di</strong> 21-30 ore (che nel 2003 vengono a<br />

25


26<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

rappresentare il 44,6% del totale e nel 2004 il 46,4% del totale), crescendo al con-<br />

tempo anche la rilevanza dei contratti <strong>di</strong> 31-40 ore (che nel 2003 coprono il 14,3% e<br />

nel 2004 il 13,2%).<br />

Infine si sottolinea come, fatta salva l’esiguità numerica della componente <strong>di</strong> lavora-<br />

tori domestici italiani, il raffronto per categorie orarie <strong>di</strong> contratto settimanali si rilevi<br />

alquanto <strong>di</strong>fferenziato. Come si può osservare dal grafico (Graf. 5), tra i lavoratori do-<br />

mestici autoctoni si presentano più <strong>di</strong>ffusi i contratti con un numero ridotto <strong>di</strong> ore che<br />

non implicano convivenza: più <strong>di</strong> un quarto (26,7%) ha un contratto inferiore a 10<br />

ore, più della metà (56,1%) ha un contratto inferiore a 20 ore settimanali. Una delle<br />

ipotesi interpretative porterebbe ad affermare che il ruolo <strong>di</strong> badante sia più verosi-<br />

milmente svolto dalla componente immigrata, mentre la compagine dei lavoratori<br />

italiani possa configurarsi impegnata in attività <strong>di</strong> natura prettamente domestica, nel-<br />

la fattispecie giar<strong>di</strong>nieri, baby-sitter, addetti alle pulizie ecc.<br />

Va anche osservato che, per avere il permesso <strong>di</strong> soggiorno, la lavoratrice immigrata è<br />

tenuta a <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> percepire un red<strong>di</strong>to “adeguato”, il cui importo sia almeno pari<br />

all’assegno sociale, e questo probabilmente influenza il numero <strong>di</strong> ore contrattuali.<br />

Grafico 5. Ore settimanali da contratto: confronto lavoratori italiani e stranieri<br />

Fonte: elaborazione su dati INPS – Osservatorio sui lavoratori domestici (2004)


La stima del numero <strong>di</strong> badanti nel Vicentino<br />

Per poter definire il fabbisogno <strong>di</strong> assistenti familiari è necessario circoscrivere la<br />

domanda <strong>di</strong> salute e, conseguentemente, <strong>di</strong> assistenza alla popolazione anziana,<br />

tema-chiave in un Paese ove si invecchia sempre <strong>di</strong> più e si destina più della metà<br />

delle risorse per la salute agli anziani. Ciò non <strong>di</strong> meno, l’argomento risulta molto<br />

complesso per la carenza <strong>di</strong> fonti informative puntuali e ufficiali: dati concernenti<br />

l’assistenza erogata agli anziani e, più in dettaglio, l’assistenza domiciliare vengo-<br />

no censiti dalle Aziende ULSS sotto il profilo prettamente sanitario (per esempio<br />

come flussi sulle prestazioni erogate dall’apparato me<strong>di</strong>co, infermieristico, riabili-<br />

tativo) e dai Comuni sotto il profilo prettamente sociale (per esempio fornitura dei<br />

pasti a domicilio, erogazioni <strong>di</strong> contributi ecc.). Non esiste invece alcun flusso rela-<br />

tivo all’assistenza genericamente data agli anziani da parte dei familiari e/o da<br />

personale a pagamento e/o da volontari: pertanto informazioni utili al riguardo<br />

non possono che essere tratte da indagini campionarie ad hoc e si prestano ad<br />

approcci <strong>di</strong> tipo proxy.<br />

In questa sezione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento viene proposto un approccio <strong>di</strong> stima che<br />

prende a riferimento le risultanze <strong>di</strong> un’analisi socio-epidemiologica condotta su un<br />

campione <strong>di</strong> assistiti da un gruppo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> famiglia (o <strong>di</strong> base). A fronte della<br />

considerazione che il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> famiglia rappresenta <strong>una</strong> potenza informativa rile-<br />

vante nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> comunità e nel consentire <strong>una</strong> panoramica dettagliata delle<br />

caratteristiche socio-epidemiologiche della popolazione assistita, è stata realizzata,<br />

presso l’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino, <strong>una</strong> rilevazione campionaria da parte <strong>di</strong><br />

35 me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> famiglia.<br />

Le variabili censite sono state molteplici, da aspetti sociali (per esempio la com-<br />

posizione e la con<strong>di</strong>zione dei nuclei familiari, i bisogni assistenziali, la rete <strong>di</strong> sup-<br />

porto) ad aspetti epidemiologici (per esempio la presenza <strong>di</strong> patologie e la loro<br />

classificazione).<br />

Il modello <strong>di</strong> stima della presenza <strong>di</strong> assistenti familiari qui proposto viene elaborato<br />

attraverso un proce<strong>di</strong>mento inferenziale, riportando le risultanze prodotte attraverso<br />

questa indagine campionaria sulla struttura <strong>di</strong> popolazione anziana caratterizzante<br />

l’intero territorio provinciale.<br />

27


28<br />

16 Il sub-campione preso a riferimento<br />

assomma complessivamente<br />

16.605 unità e risulta in<strong>di</strong>cativamente<br />

composto da persone ultra 50enni.<br />

17 I dati, così come rilevati, non consentono<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>re nulla relativamente<br />

alla nazionalità delle stesse, né alla<br />

loro con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> regolarità o irregolarità.<br />

Inoltre, per ulteriori 22 soggetti classificati<br />

in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non autosufficienza,<br />

o <strong>di</strong> parziale limitazione<br />

(per esempio con mobilità ridotta<br />

e/o con funzione cognitiva gravemente<br />

deteriorata) non si identifica<br />

con esattezza il soggetto che fornisce<br />

il supporto assistenziale.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

La popolazione assistita da badanti<br />

Come si è detto, lo stu<strong>di</strong>o preso a riferimento è stato condotto da 35 me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

famiglia che, nel corso dei primi mesi del 2003, hanno censito un campione com-<br />

plessivo <strong>di</strong> 37.743 assistiti, rilevandone variabili sia <strong>di</strong> tipo sociale sia <strong>di</strong> tipo epi-<br />

demiologico.<br />

In questa sede interessa, però, focalizzare l’attenzione sulla quota parte <strong>di</strong> popolazio-<br />

ne che, a fronte o meno <strong>di</strong> <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non-autosufficienza, usufruisce del sup-<br />

porto <strong>di</strong> un’assistente familiare 16 .<br />

Tabella 7. Non autosufficienza e caratteristiche per età e genere<br />

Classi Popolazione censita Popolazione non Incidenza con<strong>di</strong>zione<br />

d’età autosufficiente non autosufficienza<br />

Donne Uomini Totale Donne Uomini Totale Totale<br />

< 65 4.407 3.934 8.341 59 57 116 1,4%<br />

65-74 2.559 1.992 4.551 96 84 180 4,0%<br />

75-84 1.871 1.025 2.896 235 114 349 12,1%<br />

> 84 587 230 817 244 85 329 40,3%<br />

Totale 9.424 7.181 16.605 634 340 974 5,9%<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

La valutazione complessiva sullo stato <strong>di</strong> salute degli assistiti rileva <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

non autosufficienza per il 5,9% del sub-campione esaminato (si tratta <strong>di</strong> 974 sog-<br />

getti), configurandosi naturalmente più <strong>di</strong>ffusa tra i gran<strong>di</strong> anziani (Graf. 6): riguarda<br />

quasi un quinto degli ultra 74enni (18,3%) e ad<strong>di</strong>rittura il 40,3% degli ultra 84enni.<br />

Inoltre questa con<strong>di</strong>zione caratterizza maggiormente la componente femminile (il<br />

6,7%) e la sua incidenza cresce notevolmente al progre<strong>di</strong>re dell’età: riguarda il 19,5%<br />

delle donne ultra 74enni rispetto al 15,9% degli uomini ultra 74enni.<br />

Stando alle informazioni fornite dai me<strong>di</strong>ci, 190 persone non autosufficienti risultano<br />

assistiti da <strong>una</strong> badante (19,5%) 17 , presenza che si configura notevolmente più <strong>di</strong>ffu-<br />

sa tra la componente anziana femminile (22,9%) rispetto alla maschile (13,2%) e<br />

appare crescente all’aumentare dell’età (Tab. 8). Fruisce infatti <strong>di</strong> questo supporto a<br />

pagamento il 12,5% delle persone non autosufficienti con meno <strong>di</strong> 74 anni, mentre<br />

tra gli ultra 74enni la percentuale cresce al 22,6%.


Grafico 6. Ripartizione della non autosufficienza per classi d’età e genere<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

È comunque comprensibile come l’apporto dato dal personale a pagamento sia con-<br />

<strong>di</strong>zionato da aspetti economici (presenza <strong>di</strong> livelli red<strong>di</strong>ttuali adeguati per sostenere<br />

l’onere <strong>di</strong> un supporto esterno), da aspetti occupazionali (facilità a reperire personale<br />

in grado <strong>di</strong> erogare questo tipo <strong>di</strong> assistenza), da aspetti culturali (presenza o meno<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> rete familiare <strong>di</strong> supporto per l’anziano).<br />

Tabella 8. Persone non autosufficienti assistite da badante<br />

Classi d’età Popolazione non autosufficiente Incidenza degli assistiti da badanti<br />

assistita da badante sul totale non autosufficienti<br />

Donne Uomini Totale Donne Uomini Totale<br />

< 65 4 1 5 6,8% 1,8% 4,3%<br />

65-74 17 15 32 17,7% 17,9% 17,8%<br />

75-84 64 21 85 27,2% 18,4% 24,4%<br />

> 84 60 8 68 24,6% 9,4% 20,7%<br />

Totale 145 45 190 22,9% 13,2% 19,5%<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

Senza dubbio la famiglia resta a oggi la principale fonte <strong>di</strong> supporto per le persone<br />

anziane non autosufficienti che risiedono a casa (Graf. 7): nello specifico è la famiglia<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa generazione, rappresentata da figlia/o e nuora/genero, a farsi prioritaria-<br />

29


30<br />

18 Si può constatare come le proporzioni<br />

qui rilevate <strong>di</strong>fferiscano da<br />

quanto stimato nell’indagine condotta<br />

dall’IRS <strong>di</strong> Milano (2006) che<br />

a livello nazionale quantifica un rapporto<br />

<strong>di</strong> sette badanti ogni 100 ultra<br />

65enni. Cfr. quanto riportato nel §<br />

1.1 Gli obiettivi.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Grafico 7. Anziani non autosufficienti: soggetti fornitori <strong>di</strong> assistenza<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

mente carico dell’assistenza all’anziano, ma risulta significativo anche il contributo ap-<br />

portato dal coniuge/partner.<br />

A completamento, è opportuno sottolineare come 88 soggetti godano <strong>di</strong> un supporto<br />

da parte <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante pur non essendo stati classificati dai me<strong>di</strong>ci come “non au-<br />

tosufficienti”: un approfon<strong>di</strong>mento in merito alla loro situazione consente <strong>di</strong> eviden-<br />

ziare come per questi assistiti sia segnalata <strong>una</strong> riduzione lieve della mobilità e/o<br />

<strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> moderato deficit cognitivo.<br />

Complessivamente, quin<strong>di</strong>, nel sub-campione analizzato si contano 278 soggetti che<br />

usufruiscono del supporto <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante (Tab. 9). In proporzione 18 si può contare<br />

quasi <strong>una</strong> badante ogni 32 anziani ultra 64enni, <strong>una</strong> ogni 17 anziani ultra 74enni, in-<br />

cidenza che si accresce notevolmente tra gli ultra 84enni, conseguendo un rapporto<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> ogni 8 anziani.<br />

Infine l’analisi dettagliata sulla tipologia <strong>di</strong> nucleo familiare rileva come la figura<br />

della badante sia inserita per il 44,6% in nuclei uni<strong>di</strong>mensionali (ossia relativa-<br />

mente a persone che vivono da sole); per il 23,6% in nuclei composti da <strong>una</strong> cop-<br />

pia <strong>di</strong> coniugi; per il 17,7% in nuclei composti dalla convivenza tra genitori e figli<br />

(Graf. 8).


Tabella 9. Persone complessivamente assistite da badante<br />

Classi d’età Popolazione assistita Incidenza degli assistiti<br />

da badante da badante sul totale<br />

Donne Uomini Totale Donne Uomini Totale<br />

< 65 12 7 19 0,3% 0,2% 0,2%<br />

65-74 25 16 41 1,0% 0,8% 0,9%<br />

75-84 82 38 120 4,4% 3,7% 4,1%<br />

> 84 74 24 98 12,6% 10,4% 12,0%<br />

Totale 193 85 278 2,0% 1,2% 1,7%<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

Grafico 8. Caratterizzazione dei nuclei in cui vi è la presenza <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante<br />

Fonte: elaborazioni su dati “Osservatorio socio-epidemiologico – Me<strong>di</strong>ci sperimentatori” dell’Azienda ULSS n. 4 Alto Vicentino (2002)<br />

La proiezione delle assistenti familiari su base provinciale<br />

Con l’intento <strong>di</strong> costruire <strong>una</strong> stima della presenza complessiva (regolare e irregolare)<br />

<strong>di</strong> assistenti familiari nel contesto provinciale, attraverso un processo inferenziale so-<br />

no stati estesi i risultati precedentemente illustrati.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista operativo, si sono assunti come parametri definitori i risultati relati-<br />

vi all’incidenza della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non autosufficienza e all’assistenza complessiva-<br />

mente erogata da badanti; mentre la base per il computo è rappresentata dalla <strong>di</strong>-<br />

stribuzione della popolazione residente in provincia, <strong>di</strong>saggregata per età e per ge-<br />

nere, così come definita dall’ISTAT.<br />

31


32<br />

19 Per maggiori approfon<strong>di</strong>menti si<br />

rinvia a Righetti (2005).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Un siffatto approccio porterebbe a ipotizzare <strong>una</strong> presenza nella provincia <strong>di</strong> Vicenza<br />

<strong>di</strong> circa 5.255 assistenti familiari (Tab. 10), valore che confrontato con il dato fornito<br />

dall’INPS risulta superiore almeno del 25,6%. Pure con le dovute cautele interpreta-<br />

tive, trattandosi <strong>di</strong> un’approssimazione, si potrebbe supporre che la <strong>di</strong>fferenza tra il<br />

valore stimato (5.255) e il dato registrato dall’INPS (3.909) possa configurarsi come<br />

presenza irregolare nel mercato del lavoro (1.346).<br />

Tabella 10. Presenza complessiva <strong>di</strong> assistenti familiari: <strong>una</strong> stima a livello provinciale<br />

Classi d’età Inferenza su provincia <strong>di</strong> Vicenza Ripartizione percentuale<br />

Donne Uomini Totale Donne Uomini Totale<br />

< 65 205 133 338 5,6% 8,4% 6,4%<br />

65-69 185 120 305 5,1% 7,5% 5,8%<br />

70-74 239 179 418 6,5% 11,2% 7,9%<br />

75-79 574 327 901 15,7% 20,5% 17,1%<br />

80-84 900 406 1.306 24,6% 25,5% 24,8%<br />

85-89 833 195 1.028 22,7% 12,2% 19,6%<br />

90-94 589 179 768 16,1% 11,2% 14,6%<br />

> 94 137 55 192 3,7% 3,5% 3,7%<br />

Totale 3.662 1.594 5.256 100,0% 100,0% 100,0%<br />

Fonte: elaborazioni su dati <strong>di</strong> popolazione ISTAT (2005)<br />

Il valore, però, appare sottostimato rispetto a quanto proposto in <strong>una</strong> recente indagi-<br />

ne dell’ISTAT 19 , secondo cui il lavoro irregolare corrisponderebbe al 41% del totale<br />

delle assistenti familiari occupate. Questa <strong>di</strong>fferenziazione potrebbe comunque trova-<br />

re varie cause, legate allo stesso processo <strong>di</strong> approssimazione proposto: ci si può in-<br />

fatti chiedere se i dati raccolti dai me<strong>di</strong>ci nei primi mesi del 2003 possano ancora es-<br />

sere rappresentativi della situazione attuale e quanto possa essere verosimile esten-<br />

dere in maniera uniforme i dati campionari relativi all’Alto Vicentino su tutto il territo-<br />

rio provinciale. In carenza però <strong>di</strong> ulteriori fonti informative, si ritiene che questa pos-<br />

sa essere considerata <strong>una</strong> stima <strong>di</strong> minima della presenza complessiva <strong>di</strong> badanti nel<br />

territorio vicentino.


Capitolo 3<br />

Il profilo identitario delle badanti<br />

L’approccio alle interviste in profon<strong>di</strong>tà<br />

Come si è già avuto modo <strong>di</strong> evidenziare 20 , la presente sezione <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento<br />

mira a ricostruire i profili identitari delle badanti a partire dai loro vissuti e dalle loro<br />

testimonianze. Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> indagine <strong>di</strong> tipo qualitativo attraverso la quale sono<br />

state raccolte 58 biografie <strong>di</strong> donne, un numero <strong>di</strong> interviste in profon<strong>di</strong>tà che proprio<br />

per il tipo <strong>di</strong> indagine risulta essere davvero considerevole.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista territoriale si è cercato <strong>di</strong> “reperire le intervistate” in <strong>di</strong>verse aree<br />

della provincia e non limitatamente al capoluogo, cercando cioè <strong>di</strong> trarre un’ampia vi-<br />

sione del fenomeno e <strong>una</strong> varietà <strong>di</strong> risultati che consentissero <strong>una</strong> descrizione il più<br />

esaustiva possibile.<br />

Ciò non <strong>di</strong> meno non è corretto estendere tout court i risultati conseguiti alla totalità<br />

della presenza <strong>di</strong> assistenti familiari nella provincia, né tanto meno è corretto trarre<br />

considerazioni genericamente rappresentative. Questa indagine non è a carattere<br />

statistico-quantitativo, quanto piuttosto qualitativo e pertanto mira a descrivere con-<br />

<strong>di</strong>zioni, storie, vissuti, prospettive, emozioni, in<strong>di</strong>viduando la molteplicità dei signifi-<br />

cati insiti nel concetto <strong>di</strong> immigrazione.<br />

Prima <strong>di</strong> passare all’analisi delle evidenze raccolte si vogliono richiamare alcuni aspet-<br />

ti interessanti riguardanti il metodo e l’approccio adottato per le interviste.<br />

■ L’in<strong>di</strong>viduazione delle donne da intervistare è avvenuta sulla base dei contatti<br />

personali o delle informazioni che ciascun intervistatore possedeva. I sei inter-<br />

vistatori si sono avvalsi <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> vicinato per identificare famiglie in cui<br />

fosse presente <strong>una</strong> badante, oppure enti o associazioni quali la <strong>Caritas</strong> o servizi<br />

<strong>di</strong> segretariato sociale in contatto con questo segmento <strong>di</strong> forza lavoro, le Case<br />

<strong>di</strong> riposo, ove talvolta prestano assistenza a ore, o ancora attraverso un avvici-<br />

namento spontaneo avvenuto nei parchi o nei luoghi <strong>di</strong> ritrovo domenicale <strong>di</strong><br />

gruppi <strong>di</strong> immigrati.<br />

Soltanto in 4 casi su 58 l’intervista è stata condotta in gruppo, sebbene le risposte<br />

siano state co<strong>di</strong>ficate singolarmente per ciasc<strong>una</strong> lavoratrice: a questo proposito<br />

giova richiamare che i parchi rappresentano in effetti un luogo <strong>di</strong> forte socializza-<br />

zione e snodo fondamentale per la <strong>di</strong>ffusione e lo scambio informativo tra perso-<br />

20 Per gli aspetti metodologici <strong>di</strong> costruzione<br />

del campione si rinvia al §<br />

1.2.2 L’indagine biografica sulle badanti.<br />

33


34<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

ne che vivono la medesima con<strong>di</strong>zione. Ciò non <strong>di</strong> meno la particolarità dell’inter-<br />

vista, che scendeva nel dettaglio <strong>di</strong> aspetti personali (per esempio: Quanto è il tuo<br />

stipen<strong>di</strong>o?, Quanto denaro invii a casa?, Esiste un percorso “tipo” per entrare a fa-<br />

re questo lavoro? ecc.), ha comportato talora <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> reticenza da parte <strong>di</strong> al-<br />

cune donne a esprimersi liberamente in presenza delle proprie connazionali.<br />

Si legge per esempio tra le annotazioni <strong>di</strong> <strong>una</strong> intervistatrice: “...Le risposte relative<br />

allo stipen<strong>di</strong>o percepito, al quanto viene inviato alla famiglia rimasta nel Paese<br />

d’origine, a come viene inviato e con quali scopi non mi hanno affatto convinta:<br />

suppongo che la signora non volesse far sapere alle altre due intervistate pre-<br />

senti esattamente quanto percepisce e quanti sol<strong>di</strong> invia a casa” (3DM).<br />

Tabella 11. Luoghi <strong>di</strong> somministrazione dell’intervista<br />

Caratterizzazione luogo Dettaglio Num. interviste Ripartizione<br />

Percentuale Cumulativa<br />

Luogo <strong>di</strong> lavoro Casa del datore <strong>di</strong> lavoro 22 37,9%<br />

Casa <strong>di</strong> riposo 2 3,4%<br />

41,4%<br />

Luogo pubblico Giar<strong>di</strong>ni pubblici o luogo<br />

d’incontro domenicale 13 22,4% 29,3%<br />

Bar 4 6,9%<br />

Altri luoghi Casa <strong>di</strong> un’amica 2 3,4%<br />

Casa dell’intervistatore 5 8,6%<br />

Sede <strong>Caritas</strong> 7 12,1%<br />

Comune 3 5,2%<br />

29,3%<br />

■ Un dato significativo riguarda anche il luogo in cui è stata svolta l’intervista<br />

(Tab.11): nel 58,6% dei casi le donne sono state intervistate in contesti ester-<br />

ni all’ambito lavorativo proprio per evitare “<strong>di</strong>storsioni” nelle risposte indotte<br />

dalla presenza dei datori <strong>di</strong> lavoro e garantire così <strong>una</strong> maggiore libertà <strong>di</strong><br />

espressione.<br />

Qualora l’intervista si sia svolta entro le mura domestiche, comunque si è preferi-<br />

to evitare la presenza del datore <strong>di</strong> lavoro, l’anziano accu<strong>di</strong>to o i suoi familiari. Per-<br />

tanto, nei 6 casi in cui non è stato possibile evitare questa “presenza”, vanno se-<br />

gnalate alcune possibili <strong>di</strong>storsioni nella formulazione delle risposte.


■ Pur seguendo <strong>una</strong> traccia <strong>di</strong> intervista, molto composita e articolata, si è preferito<br />

strutturare la comunicazione come <strong>una</strong> “conversazione libera”, lasciando emerge-<br />

re il cosiddetto racconto <strong>di</strong> sé: si è peraltro riscontrato in generale un grande desi-<br />

derio e bisogno <strong>di</strong> “raccontarsi”, tant’è che alcune interviste hanno finito per dura-<br />

re qualche ora (il tempo me<strong>di</strong>o si attesta sui 50 minuti per intervista, fino a un<br />

massimo <strong>di</strong> 2 ore).<br />

Il clima <strong>di</strong> confidenza creatosi tra intervistato e intervistatore e il desiderio <strong>di</strong> espri-<br />

mersi hanno permesso il superamento <strong>di</strong> alcune domande un po’ “critiche” (per<br />

esempio sulla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> regolarità/irregolarità o sul contratto <strong>di</strong> lavoro) e il<br />

conseguimento <strong>di</strong> risposte puntuali. Rassicurazioni sull’anonimato delle intervista-<br />

te e sulla <strong>Caritas</strong>, quale promotrice dell’indagine stessa, hanno concorso a inne-<br />

scare un certo grado <strong>di</strong> fiducia.<br />

Si legge per esempio tra le annotazioni degli intervistatori:<br />

“La signora ha risposto senza resistenza alc<strong>una</strong> a tutte le domande in quanto<br />

conosceva già la <strong>Caritas</strong> e ha affermato più volte <strong>di</strong> apprezzare l’operato <strong>di</strong><br />

questa associazione. Mi ha raccontato che sua sorella è stata aiutata dalla Ca-<br />

ritas nei primi mesi appena arrivata in Italia con pasti cal<strong>di</strong> ecc. e <strong>una</strong> sua ami-<br />

ca si è appoggiata alla <strong>Caritas</strong> per i documenti <strong>di</strong> soggiorno” (1RS).<br />

“Durante l’intervista era presente anche la signora che mi ha fatto avere il con-<br />

tatto con la badante e che è <strong>una</strong> volontaria della <strong>Caritas</strong>. In alcuni casi le si-<br />

gnore intervistate la vogliono presente, come ulteriore garanzia” (5FR).<br />

“All’inizio è stato <strong>di</strong>fficile... poi la signora si è tranquillizzata molto e ha rispo-<br />

sto velocemente e sinceramente dopo avermi fatto delle domande rispetto<br />

all’anonimato dell’intervista. Non parla benissimo in italiano e ho ripetuto<br />

qualche domanda più <strong>di</strong> <strong>una</strong> volta, dopo <strong>di</strong> che ha cominciato a parlare co-<br />

me un fiume in piena” (4RS).<br />

“L’intervistata era <strong>di</strong>sponibile ma nel rispondere ad alcune domande mi è sem-<br />

brata titubante ed insicura, soprattutto quelle relative al permesso <strong>di</strong> soggiorno<br />

e al contratto <strong>di</strong> lavoro, penso avesse paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi la verità” (2AC).<br />

“Ho contattato la signora attraverso <strong>una</strong> mia conoscente che l’ha rassicurata mol-<br />

to circa la mia <strong>di</strong>screzione durante l’intervista. Ho dovuto più volte ripeterle che<br />

nessuno sarebbe potuto risalire a lei... La signora comunque non ha voluto <strong>di</strong>rmi<br />

35


36<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

quanti sol<strong>di</strong> invia a casa e quando abbiamo parlato <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>azioni era molto<br />

preoccupata e mi ha chiesto <strong>di</strong> non specificare; verso la fine del questionario era<br />

un po’ insofferente e mi ha detto che le domande erano troppe!” (10DM).<br />

“Quando ho fatto la domanda sull’invio <strong>di</strong> denaro e sui me<strong>di</strong>atori alla signora,<br />

mi ha guardato e ha fatto <strong>una</strong> espressione come per <strong>di</strong>rmi che ci sono questi<br />

‘personaggi’, ma allo stesso tempo si è arrampicata sugli specchi facendomi<br />

capire che lei intendeva amici e conoscenti fidati” (6RS).<br />

Prima <strong>di</strong> passare a illustrare i risultati dell’indagine, sembra comunque opportuno<br />

esplicitare alcune limitazioni riscontrate durante la stessa rilevazione, e questo al fine<br />

<strong>di</strong> garantire <strong>una</strong> lettura più corretta <strong>di</strong> quanto si andrà a esporre.<br />

■ Come precedentemente accennato, la vicinanza del datore <strong>di</strong> lavoro durante l’intervi-<br />

sta ha influenzato alcune risposte, rendendo gli stessi racconti molto più succinti e li-<br />

mitati, nonché <strong>di</strong> gran lunga meno confidenziali. D’altra parte in alcuni casi non è sta-<br />

to proprio possibile svolgere l’intervista in un luogo esterno all’abitazione, talora per la<br />

mancanza o limitazione del tempo a <strong>di</strong>sposizione della stessa badante. A questo pro-<br />

posito risultano esemplificative alcune osservazioni riportate dagli intervistatori.<br />

“All’intervista era presente la signora che l’ha assunta. Spesso la signora accu<strong>di</strong>ta<br />

rispondeva con l’intervistata, soprattutto nelle domande riguardanti i rapporti con<br />

l’anziana e i suoi familiari o sulla sod<strong>di</strong>sfazione per il lavoro. Si vedeva chiaramen-<br />

te come l’intervistata fosse influenzata dalla signora, probabilmente in un altro luo-<br />

go le risposte sarebbero state <strong>di</strong>verse. Fort<strong>una</strong>tamente a metà intervista (ma per<br />

poco) la signora si è allontanata. Il clima era decisamente migliorato” (6FR).<br />

“L’intervistata era molto contenta <strong>di</strong> farsi intervistare: mi ha detto che è stata la<br />

sua prima intervista in assoluto! E ha risposto con entusiasmo e sincerità a tutto.<br />

Il problema grosso è stato la signora che l’ha assunta. Controllava tutto quello<br />

che scrivevo, continuava a definirmi ‘troppo curiosa’ e aveva paura che fossi lì<br />

per farle pagare più tasse sul lavoro della sua badante. Era molto aggressiva e<br />

non ascoltava le mie ragioni. Per fort<strong>una</strong> l’intervista e il mio contatto <strong>Caritas</strong> (sem-<br />

pre presente durante il corso dell’intervista) l’hanno tranquillizzata” (7FR).<br />

“È stata un’intervista davvero <strong>di</strong>fficile. Lei parlava male in italiano; era poi pre-


sente e sospettoso l’anziano che assiste. Alle domande sul contratto e sulle ore<br />

lavorate ha dato delle risposte che <strong>di</strong>rei inaffidabili: il signore che l’ha assunta<br />

le ha letteralmente messo le parole in bocca, senza darle possibilità alc<strong>una</strong> <strong>di</strong><br />

esprimersi. Poi è stato <strong>di</strong>fficile porre le domande sulla con<strong>di</strong>zione dell’anziano<br />

assistito perché il signore era presente e si è pure offeso!” (12FR).<br />

■ La lingua in generale non ha rappresentato un grosso ostacolo perché molte delle<br />

intervistate parlano e comprendono molto bene la lingua italiana. Soltanto in po-<br />

chi casi si è riscontrata <strong>una</strong> effettiva <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo (10 casi) e talvolta si è fat-<br />

to ricorso a <strong>una</strong> lingua straniera, nella fattispecie l’inglese, che appare essere ab-<br />

bastanza ben padroneggiato; talaltra ci si è avvalsi della presenza <strong>di</strong> <strong>una</strong> figura<br />

terza “me<strong>di</strong>atrice” che fungeva da traduttrice.<br />

Si legge per esempio nelle annotazioni degli intervistatori:<br />

“È stata scarsa la possibilità <strong>di</strong> avere <strong>una</strong> conversazione più approfon<strong>di</strong>ta per-<br />

ché la signora era riservata e aveva poca <strong>di</strong>mestichezza con l’italiano” (1DM).<br />

“Ci sono stati dei problemi <strong>di</strong> comprensione delle domande a causa della sua<br />

scarsa conoscenza della lingua italiana” (2AC).<br />

“È stato <strong>di</strong>fficile condurre l’intervista: la comprensione della lingua non era<br />

buona e la signora era un po’ spaesata” (6FR).<br />

“L’intervista è stata svolta in casa dell’anziano in un clima molto <strong>di</strong>steso. Con<br />

me c’era la persona che mi ha aiutato a contattare la signora, mi ha fatto da<br />

interprete per alcune domande” (3FR).<br />

■ Il racconto <strong>di</strong> sé ha comportato spesso momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà nella conduzione del-<br />

l’intervista, poiché l’esplicitazione <strong>di</strong> alcuni vissuti suscitava <strong>una</strong> forte emozionalità<br />

e un reciproco <strong>di</strong>sagio tra intervistata e intervistatore, fino a provocare reazioni <strong>di</strong><br />

“sdegno” rispetto alla formulazione <strong>di</strong> alcune domande. A questo proposito risul-<br />

tano esemplificative alcune osservazioni riportate dagli intervistatori.<br />

“L’intervista si è svolta in un clima abbastanza rilassato. C’era un po’ <strong>di</strong> tensione<br />

iniziale ma è andato tutto bene dopo le prime domande. Ha reagito un po’ ma-<br />

le (‘Ma che domande sono?!’) quando le ho chiesto se sa leggere e scrivere nel-<br />

la sua lingua originaria. Nelle successive domande ho dovuto recuperare un po’<br />

37


38<br />

21 Per ogni risposta si chiedeva all’intervistatore<br />

<strong>di</strong> attribuire un punteggio<br />

<strong>di</strong> “affidabilità percepita” sulla<br />

risposta, posto su <strong>una</strong> scala da 1<br />

= inaffidabile a 5 = molto affidabile.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

<strong>di</strong> fiducia. Poi è stato <strong>di</strong>fficile parlare della famiglia perché si vedeva che provava<br />

<strong>una</strong> forte nostalgia. Un altro punto critico è stato la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> sé: si vedeva<br />

che era commossa e a <strong>di</strong>sagio, ma in ogni domanda è sempre stata sincera. Ha<br />

avuto qualche perplessità anche per parlare del suo contratto <strong>di</strong> lavoro (‘Non vo-<br />

glio problemi!’) allora le ho spiegato <strong>di</strong> nuovo che non doveva preoccuparsi. Sa-<br />

peva <strong>di</strong> guadagnare poco, non lo <strong>di</strong>ceva in modo rassegnato, ma quasi con co-<br />

raggio perché come lei in giro non ce ne sono! Alla fine era ottimista soprattutto<br />

perché spera <strong>di</strong> vedere presto il marito. Forse perché domenica 13 agosto parte<br />

per l’Ucraina, quin<strong>di</strong> era abbastanza contenta” (1FR).<br />

“La signora è molto triste, ma sincera, non ha avuto nessun problema a raccon-<br />

tare la sua storia. Non ha mai <strong>di</strong>scusso su ness<strong>una</strong> domanda, anche se ha fat-<br />

to fatica a <strong>di</strong>rmi il titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o che possiede. È molto giù <strong>di</strong> corda, rassegnata<br />

sul suo lavoro e sulle sue con<strong>di</strong>zioni. Le hanno offerto un altro lavoro pagato<br />

meglio ma non lo vuole perché non vuole abituarsi ad un’altra famiglia” (2FR).<br />

“L’intervistata, laureata nel Paese d’origine, parla perfettamente in italiano ed è<br />

sincera nella conversazione. La sua tristezza maggiore è legata alla sua delu-<br />

sione professionale, vorrebbe fare un lavoro più qualificato: è stata <strong>una</strong> ispet-<br />

trice doganale nel suo Paese. Mi fa vedere <strong>una</strong> foto della sua famiglia e del<br />

suo attuale fidanzato italiano e ci invita a uscire <strong>una</strong> sera insieme” (9RS).<br />

■ Va poi sottolineato che nel corso dell’intervista non è stato richiesto alcun docu-<br />

mento attestante l’identità e la veri<strong>di</strong>cità delle <strong>di</strong>chiarazioni rese (per esempio sul<br />

titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, sullo stato civile, sull’età ecc.), sebbene qualche intervistata abbia<br />

spontaneamente voluto esibire i propri documenti, più in segno <strong>di</strong> affermazione<br />

<strong>di</strong> sé che <strong>di</strong> verifica dell’identità personale.<br />

Ciò non <strong>di</strong> meno, all’intervistatore era richiesto <strong>di</strong> formulare per ogni risposta con-<br />

seguita <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio personale <strong>di</strong> affidabilità 21 , basato sulla modalità con<br />

cui veniva resa la risposta stessa. È vero che trattasi <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio soggettivo e<br />

percettivo, ma si ritiene possa comunque rappresentare uno spunto per leggere<br />

più correttamente le testimonianze raccolte.<br />

Si legge per esempio nelle annotazioni degli intervistatori:<br />

“L’intervistata è stata <strong>di</strong>sponibile... alla domanda ‘In che anno sei nata?’ ho avu-


to l’impressione che non mi abbia detto la verità perché ci ha pensato un po’<br />

prima <strong>di</strong> rispondere; inoltre mi sembrava più giovane, penso sui 30 anni non<br />

<strong>di</strong> più... poi si è tranquillizzata molto e ha risposto velocemente e serenamente<br />

dopo aver fatto delle domande rispetto all’anonimato dell’intervista” (4RS).<br />

“L’intervista si è svolta in un clima allegro e <strong>di</strong>steso. La signora era molto conten-<br />

ta forse perché tra pochi giorni tornerà a casa per un periodo <strong>di</strong> ferie. L’intervista<br />

è durata molto, la signora anziana accu<strong>di</strong>ta ci interrompeva spesso per parlare<br />

della sua gioventù e così ho dovuto più volte ricondurre l’attenzione al questiona-<br />

rio. La <strong>di</strong>sponibilità a parlare era massima: le ho chiesto se aveva il permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno, voleva farmi vedere tutti i documenti che aveva, anche la tessera sa-<br />

nitaria!” (4FR).<br />

La tipologia delle donne coinvolte<br />

Il campione intervistato è rappresentato esclusivamente da donne, caratterizzazione<br />

<strong>di</strong> genere che riguarda la quasi totalità <strong>di</strong> questo particolare segmento del mercato<br />

del lavoro. Sono donne però che presentano talora similarità, talaltra <strong>di</strong>versificazioni<br />

anagrafiche che meritano <strong>di</strong> essere esplorate.<br />

La provenienza geografica<br />

La geografia <strong>di</strong> provenienza non si configura molto variegata: maggioritaria si pre-<br />

senta l’origine ucraina (22 su 58), seguita dalla moldava (16 su 58) e dalla rumena<br />

(12 su 58); altri Paesi sono annoverati soltanto con <strong>una</strong> unica presenza.<br />

Tabella 12. La ripartizione per Paese <strong>di</strong> provenienza<br />

Nazione <strong>di</strong> Num. interviste Ripartizione % Nazione <strong>di</strong> Num. interviste Ripartizione %<br />

provenienza provenienza<br />

Albania 2 3,4% Mauritius 1 1,7%<br />

Bielorussia 1 1,7% Moldavia 16 27,6%<br />

Bulgaria 1 1,7% Romania 12 20,7%<br />

Burkina Faso 1 1,7% Russia 1 1,7%<br />

Croazia 1 1,7% Ucraina 22 37,9%<br />

39


40<br />

22 L’aspetto dei legami familiari viene<br />

approfon<strong>di</strong>to nel § 3.8 La presenza<br />

lontana dei figli da gestire.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

L’età, lo stato civile e il titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

L’età me<strong>di</strong>a delle intervistate si attesta all’incirca sui 41 anni, con <strong>una</strong> <strong>di</strong>stribuzione<br />

simmetrica attorno a questo valore e un range <strong>di</strong> variazione che si estende tra un mi-<br />

nimo <strong>di</strong> 22 anni e un massimo <strong>di</strong> 58 anni.<br />

L’età me<strong>di</strong>a si presenta dunque piuttosto elevata: solo un’intervistata su 10 ha meno<br />

<strong>di</strong> 30 anni (Graf. 9). Limitando l’attenzione ai tre gruppi <strong>di</strong> provenienza maggiormen-<br />

te numerosi (Ucraina, Moldavia, Romania), il più giovane risulta quello delle rumene<br />

caratterizzato da <strong>una</strong> età me<strong>di</strong>a pari a 34 anni, mentre le più mature anagraficamen-<br />

te sono le ucraine con un’età me<strong>di</strong>a pari a 46 anni.<br />

Grafico 9. Distribuzione del campione per classi d’età<br />

Se si classificano le intervistate in relazione allo stato civile, emerge che il gruppo più<br />

numeroso è rappresentato da donne coniugate (34 su 58); in generale però si tratta<br />

<strong>di</strong> persone che non hanno un progetto <strong>di</strong> vita in Italia (Graf. 10): infatti quattro assi-<br />

stenti familiari su cinque, pur essendo coniugate, non vivono nel nostro Paese con la<br />

propria famiglia. Ciò <strong>di</strong>mostra come la scelta <strong>di</strong> emigrare possa rappresentare per<br />

queste donne <strong>una</strong> esperienza molto complessa, su cui gravano i legami familiari la-<br />

sciati “temporaneamente” nella terra d’origine 22 .<br />

Per quanto concerne la scolarità, i livelli <strong>di</strong> istruzione appaiono elevati (Graf. 11), regi-<br />

strando in me<strong>di</strong>a <strong>una</strong> permanenza nel sistema scolastico <strong>di</strong> 15 anni; più in dettaglio


21 su 58 intervistate hanno affermato <strong>di</strong> avere conseguito <strong>una</strong> laurea, mentre 22 <strong>di</strong>-<br />

chiarano il possesso <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ploma <strong>di</strong> scuola me<strong>di</strong>a superiore.<br />

Disaggregando opport<strong>una</strong>mente i dati, presenta <strong>una</strong> permanenza me<strong>di</strong>a più lunga en-<br />

tro il sistema scolastico la lavoratrice proveniente dall’Ucraina (me<strong>di</strong>amente 17 anni) e<br />

questa maggiore scolarizzazione è ulteriormente comprovata dalla <strong>di</strong>saggregazione per<br />

titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o; all’opposto la lavoratrice che annovera un minore livello <strong>di</strong> scolarità è<br />

quella moldava (me<strong>di</strong>amente 14 anni <strong>di</strong> permanenza nel sistema scolastico).<br />

Queste caratterizzazioni portano a constatare la presenza <strong>di</strong> un “capitale umano” inu-<br />

tilizzato nel Paese <strong>di</strong> destinazione e, parallelamente, <strong>di</strong> un impoverimento per i Pae-<br />

si <strong>di</strong> provenienza.<br />

Grafico 10. La ripartizione per stato civile<br />

Grafico 11. Titoli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: <strong>di</strong>fferenziale etnico<br />

41


42<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

La tipologia del “soggiorno”<br />

Le lavoratrici che <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> possedere un regolare permesso <strong>di</strong> soggiorno sono 25<br />

e per la maggior parte si tratta <strong>di</strong> un permesso rilasciato per lavoro subor<strong>di</strong>nato (19).<br />

Ne risulta dunque che l’irregolarità coinvolge ben più della metà delle intervistate<br />

(33 su 58) e <strong>una</strong> parte <strong>di</strong> queste (7) ha <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> essere stata in Italia già prima<br />

dell’ultima sanatoria. È vero che questo genere <strong>di</strong> domanda può ingenerare timore e<br />

quin<strong>di</strong> può comportare <strong>una</strong> risposta non del tutto veritiera, d’altra parte però gli inter-<br />

vistatori hanno attribuito un buon livello <strong>di</strong> affidabilità alle risposte conseguite.<br />

Analizzando con maggiore dettaglio l’anno <strong>di</strong> arrivo in Italia (Graf. 12), si può asserire<br />

che le intervistate complessivamente si trovano nel nostro Paese da circa 4 anni,<br />

quin<strong>di</strong> da un tempo me<strong>di</strong>o non <strong>di</strong> molto superiore a quello <strong>di</strong> permanenza a Vicenza<br />

(circa 3 anni e mezzo), <strong>di</strong>mostrando che per questo particolare segmento <strong>di</strong> immi-<br />

grazione Vicenza può costituire il luogo <strong>di</strong> “prima venuta”.<br />

Emblematica risulta anche la sud<strong>di</strong>visione per anno <strong>di</strong> ingresso in Italia con <strong>di</strong>stinzio-<br />

ne sul possesso del permesso <strong>di</strong> soggiorno: si evince infatti <strong>una</strong> <strong>di</strong>stribuzione specu-<br />

lare secondo cui gli ingressi in anni più recenti (dal 2002 in poi) appaiono caratteriz-<br />

zati quasi esclusivamente da donne prive <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno.<br />

Come abbiamo visto, la maggior parte <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> abitare nella provincia <strong>di</strong> Vicenza<br />

almeno da tre anni (36 su 58), descrivendo quin<strong>di</strong> un periodo relativamente “breve”<br />

<strong>di</strong> percorso migratorio. Se si guarda alla <strong>di</strong>slocazione per Comune (Tab. 13), si può<br />

Grafico 12. Anno <strong>di</strong> ingresso in Italia e possesso <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno


constatare <strong>una</strong> maggiore concentrazione <strong>di</strong> intervistate nell’area ovest della provin-<br />

cia, ma questa caratteristica è fondamentalmente legata alle modalità con cui sono<br />

state reclutate le intervistate stesse.<br />

Tabella 13. La ripartizione per comune <strong>di</strong> locazione<br />

Comune Num. interviste Comune Num. interviste<br />

Arzignano 8 Montecchio Magg. 4<br />

Bassano 3 Monteviale 1<br />

Castelgomberto 1 Recoaro 1<br />

Cornedo 1 Sarego 1<br />

Isola Vicentina 2 Schio 2<br />

Malo 5 Sovizzo 1<br />

Marano Vicentino 1 Thiene 2<br />

Marostica 1 Valdagno 13<br />

Montebello 1 Vicenza 10<br />

Infine, la sistemazione abitativa più <strong>di</strong>ffusa è quella <strong>di</strong> essere ospite presso la fami-<br />

glia in cui l’assistente familiare presta attività lavorativa (48 su 58), mentre risultano<br />

davvero contenute le sistemazioni in affitto con altri connazionali (5 su 58), con la<br />

propria famiglia (2 su 58) o in casa <strong>di</strong> proprietà (2 su 58).<br />

I vissuti non semplici del percorso migratorio<br />

È parso interessante approfon<strong>di</strong>re l’iter migratorio, facendo riferimento al momento,<br />

al luogo, alle motivazioni <strong>di</strong> ingresso in Italia, oltre che alle criticità incontrante.<br />

Da quanto tempo in Italia<br />

Come più sopra esplicitato, la permanenza in Italia è risultata me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> 4 anni<br />

e Vicenza si configura proprio come la provincia <strong>di</strong> primo approdo per la metà delle<br />

intervistate. Entrando nel dettaglio, i luoghi <strong>di</strong> primo arrivo risultano essere prevalen-<br />

temente concentrati al Nord (41 su 58), sebbene Napoli sia la città numericamente<br />

più rappresentata dopo Vicenza (Tab. 14). Inoltre il periodo in cui si registra il maggior<br />

numero <strong>di</strong> ingressi è rappresentato dal triennio 2002-2004 (30 intervistate su 58).<br />

43


44<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Aggregazione Luogo Num.<br />

Tabella 14. La ripartizione per luogo <strong>di</strong> “primo arrivo”<br />

Arzignano 2<br />

Malo 1<br />

Provincia Montecchio Magg. 4<br />

<strong>di</strong> Vicenza Valdagno 7<br />

Vicenza 15<br />

Totale 29<br />

Feltre 1<br />

Padova 6<br />

Altri luoghi Treviso 1<br />

del Veneto Mestre 1<br />

Venezia 1<br />

Verona 1<br />

Totale 11<br />

Altri luoghi Brescia 1<br />

del nord Totale 1<br />

Totale Nord d’Italia 41<br />

Infine la <strong>di</strong>saggregazione per provenienze geografiche evidenzia come il sottogruppo<br />

delle ucraine sia connotato da un periodo più lungo <strong>di</strong> permanenza in Italia: me<strong>di</strong>a-<br />

mente queste lavoratrici si trovano qui da 5 anni, mentre la me<strong>di</strong>a per rumene e<br />

moldave è <strong>di</strong> poco meno <strong>di</strong> 3 anni.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà dell’ingresso<br />

Aggregazione Luogo Num.<br />

Bari 1<br />

Caserta 1<br />

Cosenza 1<br />

Luoghi del Napoli 10<br />

Centro sud Pompei 1<br />

Reggio Calabria 1<br />

Roma 1<br />

Salerno 1<br />

Totale 17<br />

Totale Centro-sud d’Italia 17<br />

L’ingresso in Italia si è configurato particolarmente <strong>di</strong>fficile per 43 donne su 58 e la<br />

lettura dei risultati permette <strong>di</strong> identificare <strong>una</strong> gerarchia delle criticità (Graf. 13).<br />

■ La <strong>di</strong>fficoltà più frequentemente segnalata è legata alla ricerca <strong>di</strong> un lavoro (22 su 58),<br />

che caratterizza prevalentemente chi non ha un permesso <strong>di</strong> soggiorno (14 su 33).<br />

■ I problemi ascrivibili genericamente all’ingresso, ossia alle questioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

burocratico e amministrativo sottostanti al conseguimento del permesso <strong>di</strong> sog-


giorno (lecite) o alle prassi/iter <strong>di</strong> ingresso (illecite) sono riferiti da 21 donne su<br />

58, quasi equamente <strong>di</strong>stribuite entro i sottogruppi delle regolari e delle irrego-<br />

lari. Nello specifico molte testimonianze rivelano l’esistenza <strong>di</strong> percorsi migrato-<br />

ri a volte <strong>di</strong>fficili dove permangono illegalità, pericolo e clandestinità e dove<br />

l’accesso avviene su richiesta <strong>di</strong> un compenso che assume il connotato <strong>di</strong> sfrut-<br />

tamento <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong> debolezza. Va evidenziato però che queste problemati-<br />

che sono specificatamente correlate al Paese d’origine e riguardano le prove-<br />

nienze da Moldavia e Ucraina; <strong>di</strong>versa è invece la situazione per le donne rume-<br />

ne: l’ingresso dalla Romania infatti non richiede il visto e quin<strong>di</strong> le frontiere ri-<br />

sultano più permeabili.<br />

Grafico 13. Gerarchia delle <strong>di</strong>fficoltà incontrate nell’ingresso in Italia<br />

■ La <strong>di</strong>fficoltà linguistica, segnalata complessivamente da 15 lavoratrici, ha riguarda-<br />

to prevalentemente la componente regolare.<br />

■ Le criticità correlate a fabbisogni relazionali, concernenti il proprio vissuto <strong>di</strong> solitu-<br />

<strong>di</strong>ne (14 su 58), tradotti nella mancanza <strong>di</strong> contatti con la propria famiglia (9 su<br />

58), o ad<strong>di</strong>rittura alla paura per la sicurezza personale (5 su 58), riguardano com-<br />

plessivamente un quarto delle donne contattate.<br />

45


46<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Alcuni racconti descrivono puntualmente queste criticità.<br />

“Anche se sono arrivata e avevo conoscenti del mio Paese non riuscivo a trovare<br />

lavoro subito perché non parlavo italiano e non sapevo che fine avrei fatto...” (6RS).<br />

“Anche se avevo conoscenti connazionali ho avuto <strong>di</strong>fficoltà perché bisogna con-<br />

tare solo su sé stessi!” (5CG).<br />

“...Tanti i problemi: sopravvivere, alloggio, lavoro, solitu<strong>di</strong>ne. Io e mio marito<br />

siamo partiti assieme, ma sono entrata prima io: 3.500 euro per entrare in<br />

Italia, ora sono 11.000, devo ancora finire <strong>di</strong> pagare... Nel viaggio ci hanno<br />

bloccati in Ungheria: io ci sono rimasta un mese, mio marito è arrivato in Ita-<br />

lia due settimane dopo <strong>di</strong> me. Io in tre settimane la lingua la sapevo già, lui<br />

in nove mesi niente!” (2FR).<br />

“Il viaggio dall’Ucraina è pericoloso, si pagano 3.000 euro per arrivare in Italia e<br />

con un viaggio che si rischia la vita, <strong>di</strong> contrabbando, per bosco e poi mi hanno<br />

fatto carte false come il visto turistico. Sono in Italia dal 2001 e senza permesso.<br />

Non sono mai tornata a casa” (9RS).<br />

“Per venire in Italia dalla Moldavia ho dovuto pagare 2.700 euro e questi sol<strong>di</strong> li<br />

ho chiesti in prestito con un 10% <strong>di</strong> interessi” (3RS).<br />

“Dalla Moldavia ho pagato per entrare in Italia 3.000 euro però mi hanno fatto<br />

il visto: ho pagato per quello! Tutti pagano per entrare, le cose non succedono<br />

facilmente. Le giovani pagano in altri mo<strong>di</strong>, a me non è successo invece per<br />

trovare lavoro” (9FR).<br />

“Per venire in Italia dalla Moldavia ho dovuto pagare, tanto, 3.000 euro e me<br />

li hanno prestati... È costato caro arrivare in Italia, ho dovuto pagare connazio-<br />

nali” (1DM).<br />

“Da dormire ho trovato subito, il lavoro dopo <strong>una</strong> settimana e mezza, sentivo la<br />

solitu<strong>di</strong>ne e mi mancava la mia famiglia. Poi non capivo la lingua” (12 FR).<br />

“Quando sono arrivata a Malo per la prima volta avevo già dove vivere, avevo<br />

mia sorella qua, ma mi mancava lo stesso la famiglia. La lingua era un altro pro-<br />

blema... ma ho imparato da sola, dopo un mese e mezzo già parlavo abbastan-<br />

za bene” (11FR).<br />

“...Ho avuto problemi <strong>di</strong> sicurezza personale, molte moldave rischiano <strong>di</strong> finire in<br />

giri strani” (2RS).


I “perché” della scelta <strong>di</strong> emigrare<br />

La motivazione che soggiace alla scelta o alla necessità <strong>di</strong> emigrare in Italia è legata<br />

quasi esclusivamente alla ricerca <strong>di</strong> un lavoro e al miglioramento della con<strong>di</strong>zione<br />

economica (52 su 58) e, in taluni casi, è correlata espressamente a questioni <strong>di</strong> vera<br />

e propria sopravvivenza (4 su 58); restano invece del tutto marginali gli ingressi per<br />

ricongiungimento familiare (2 su 58).<br />

Viene riferito come nel Paese d’origine non manchi <strong>di</strong> per sé la possibilità <strong>di</strong> lavorare,<br />

ma i livelli retributivi risultano <strong>di</strong> molto inferiori rispetto a uno standard decoroso <strong>di</strong><br />

vita. Molte donne raccontano che la svalutazione della moneta sembra essere stata<br />

la causa scatenante <strong>di</strong> questa crisi economica, che ha <strong>di</strong> fatto riguardato tutti i ceti<br />

sociali. A ben guardare la maggior parte <strong>di</strong> queste donne non appartiene infatti a<br />

classi sociali basse e conferma <strong>di</strong> aver goduto <strong>di</strong> un tenore <strong>di</strong> vita molto buono in<br />

passato. A questo proposito è significativo riportare alcuni racconti.<br />

■ Dalla Moldavia:<br />

“Quando la Moldavia si è scissa dalla Russia sono iniziati i problemi economici per<br />

la mia famiglia: il cambio della moneta ci ha resi poveri. Dovevamo vivere con<br />

200 euro al mese che bastavano appena per le spese della casa. Io ero <strong>una</strong> pe-<br />

<strong>di</strong>atra in un ospedale... Non avevamo terra da coltivare, in banca avevamo 70 mi-<br />

lioni e ci siamo ritrovati con 60 centesimi e le fabbriche hanno iniziato a chiudere.<br />

La responsabilità <strong>di</strong> tutto questo per me è dei russi, sono ladri e ci hanno portato<br />

via tutto!... In Moldavia tutto è mafia, promettono ma non mantengono e rischi che<br />

ti costringano a fare la prostituta. Se si decide <strong>di</strong> venire in Italia è importante pre-<br />

pararsi (stu<strong>di</strong>are l’italiano) e avere parenti che ti aiutano i primi mesi a cercare un<br />

lavoro onesto” (1RS).<br />

“Per cinque anni ho lavorato in <strong>una</strong> banca, fino al 1992-1993, anno in cui la Rus-<br />

sia si è <strong>di</strong>visa dalla Moldavia. Questa scissione ha portato alla chiusura <strong>di</strong> tutte le<br />

banche e le fabbriche, la moneta ha cominciato a non valere più nulla... ed è ini-<br />

ziata la povertà. Dopo la chiusura delle banche ho iniziato a lavorare la poca terra<br />

che avevamo, ma il ricavato era troppo basso per mantenere la famiglia. Prima<br />

della <strong>di</strong>visione la terra e i mezzi agricoli erano in comune, la sanità e la scuola non<br />

si pagavano, poi hanno dato un pezzo <strong>di</strong> terra a ciascuno, ma hanno portato via i<br />

47


48<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

mezzi agricoli per lavorarla; la scuola e la sanità sono <strong>di</strong>ventate a pagamento e i<br />

prezzi sono lievitati!” (3RS).<br />

“In Moldavia lavoravo come ragioniera in <strong>una</strong> <strong>di</strong>tta che esportava anche all’estero,<br />

era grossa e si occupava <strong>di</strong> imballaggio, ma dalla sera alla mattina ha chiuso... Gli<br />

stipen<strong>di</strong> erano bassi e non potevano garantire un normale tenore <strong>di</strong> vita” (6RS).<br />

“Ho dovuto lasciare il mio Paese (la Moldavia) per sopravvivere: vivevamo a casa<br />

dei genitori <strong>di</strong> mio marito, ma ci hanno cacciati. In più, per problemi economici,<br />

lavoravamo la terra ma non riuscivamo a mangiare!” (2FR).<br />

■ Dall’Ucraina:<br />

“Sono venuta qua per far stu<strong>di</strong>are i miei figli, la con<strong>di</strong>zione economica nel mio<br />

Paese (l’Ucraina) era troppo <strong>di</strong>fficile!” (6DM).<br />

“...l’Ucraina è in crisi economica, con lavoro che c’è anche, ma stipen<strong>di</strong> troppo<br />

bassi che non ce la fai a mantenerti. Tutta colpa della rottura con l’Unione Sovie-<br />

tica perché ci hanno rubato tutto, molti sono <strong>di</strong>ventati dei barboni!” (9RS).<br />

“Sono venuta in Italia perché là (in Ucraina) c’era crisi totale: sette mesi senza sti-<br />

pen<strong>di</strong>o e no sol<strong>di</strong> per mangiare!” (1FR).<br />

■ Dalla Romania:<br />

“Sono venuta in Italia perché devo comperarmi <strong>una</strong> casa in Romania e anche<br />

per pagare le cure sanitarie per mio padre... Sono emigrata con il mio fidanzato<br />

nel 2002, poi sono ritornata là per sposarmi e poi sono ritornata qua con mio<br />

marito. Non ho permesso <strong>di</strong> soggiorno; è da 4 anni che sono qua ma torno a ca-<br />

sa ogni 6 mesi e resto là 3 mesi” (1AC).<br />

“Nel mio Paese non avevo più un lavoro: ho lavorato per 16 anni in <strong>una</strong> fabbrica<br />

tessile ma poi ha fallito e sono rimasta senza lavoro” (5AC).<br />

Alcune <strong>di</strong> loro affermano poi <strong>di</strong> essere giunte in Italia con un permesso turistico ma<br />

con l’intento già <strong>di</strong> soffermarsi certamente per un periodo più lungo <strong>di</strong> quanto previ-<br />

sto dal permesso stesso. Racconta <strong>una</strong> donna moldava:<br />

“Sono arrivata in Italia con un permesso <strong>di</strong> 3 mesi, poi non lo ho rinnovato perché non<br />

ero a conoscenza che scadeva... Ora ho fatto domanda e sono in attesa <strong>di</strong> un nuovo<br />

permesso. Sono arrivata il 21/4/2004. Sono <strong>una</strong> pe<strong>di</strong>atra laureata in me<strong>di</strong>cina, cono-


scevo già l’italiano e avevo <strong>una</strong> sorella già in Italia. Ho avuto all’inizio dei problemi con<br />

il lavoro, ma poco dopo ho trovato l’attuale famiglia presso cui lavoro” (1RS).<br />

Perché Vicenza come meta<br />

Come detto precedentemente, la metà delle intervistate (29 su 58) annovera come<br />

prima meta in Italia proprio la provincia <strong>di</strong> Vicenza, ma se si guarda alla motivazione<br />

che ha portato comunque le intervistate a raggiungere questa provincia, si constata la<br />

forte influenza delle reti etniche: la quasi totalità (53 su 58) afferma <strong>di</strong> essere venuta<br />

a Vicenza proprio perché aveva parenti e/o amici connazionali già stabiliti qui oppure<br />

perché in<strong>di</strong>rizzata qui da amici e/o parenti connazionali (5 su 58). È inoltre vero che,<br />

accanto alla presenza in loco <strong>di</strong> conoscenti che hanno favorito il loro contatto e il loro<br />

inserimento in ambienti lavorativi, gioca un ruolo importante la facilità <strong>di</strong> trovare un<br />

lavoro in questa provincia e con migliori con<strong>di</strong>zioni rispetto alle province del Sud.<br />

In questo senso la rete etnica assume la sua valenza positiva <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong> scambio<br />

informativo e <strong>di</strong> reciprocità allargata, <strong>di</strong>venendo talora il mezzo per intraprendere per-<br />

corsi <strong>di</strong> mobilità non solo geografica ma anche lavorativi migliori ed economicamente<br />

più remunerativi. I seguenti racconti sono in grado <strong>di</strong> dare conto a queste osservazioni.<br />

■ Reti etniche e maggiori possibilità <strong>di</strong> lavoro:<br />

“Sono venuta qui per i miei amici, mi hanno detto vieni che c’è un lavoro ad Arzi-<br />

gnano” (9FR).<br />

“Io sono arrivata a Brescia, sono venuta a Vicenza dopo poco perché mi ha chia-<br />

mata <strong>una</strong> mia amica perché c’era lavoro” (4CG).<br />

“Ero a Napoli, le mie amiche ucraine <strong>di</strong> Vicenza mi hanno detto che qui è più facile tro-<br />

vare lavoro e famiglie più <strong>di</strong>sponibili che a Napoli... sfruttano là e avevo paura” (4RS).<br />

“Avevo chiesto in giro, avevo sentito che qui a Vicenza c’erano buone possibilità <strong>di</strong><br />

lavoro. Sono arrivata qua...” (8DM).<br />

“Sono arrivata a Cosenza dove ho trovato lavoro per un anno circa. Poi la signora<br />

anziana è morta e <strong>una</strong> mia amica immigrata anche lei mi ha consigliato Vicenza<br />

perché qua c’è più lavoro” (10DM).<br />

“Prima sono arrivata a Valdagno poi sono andata a Napoli però era caro: lavora-<br />

vo in un ristorante per fare le pulizie e dormivo lì. Un mese ho lavorato lì, poi mi<br />

49


50<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

hanno aiutata a venire a Vicenza <strong>di</strong> nuovo. Per un mese ho lavorato 4 ore al gior-<br />

no da <strong>una</strong> signora, ma mio marito niente, non trova nessun lavoro” (2FR).<br />

■ Reti etniche e stipen<strong>di</strong> più elevati:<br />

“Alcuni amici connazionali mi hanno trovato un lavoro a Vicenza, nel Sud pagano<br />

meno e mi trattavano come un animale” (4FR).<br />

“Lo stipen<strong>di</strong>o è più alto qui che al Sud e poi ho avuto contatti qua con qualcuno<br />

del mio Paese...” (1FR).<br />

■ Migrazioni <strong>di</strong> gruppo o familiari:<br />

È visibile, infine, come in alcuni casi (6 su 58) il percorso migratorio stesso sia iniziato<br />

assieme ad altre donne connazionali o familiari e sia cioè <strong>di</strong> tipo “gruppale”, quasi a<br />

con<strong>di</strong>videre un “destino comune”. L’attivazione <strong>di</strong> circuiti migratori viene pertanto<br />

supportata da legami <strong>di</strong> amicizia, <strong>di</strong> parentela, o ancora <strong>di</strong> conoscenza tra connazio-<br />

nali, che appunto legano coloro che scelgono <strong>di</strong> migrare, quelli che sono già arrivati,<br />

ma anche coloro che rimangono nel Paese d’origine.<br />

“Avevo qua mia sorella che mi ha trovato dove vivere. Siamo qua in 4 sorelle: io<br />

sono arrivata per seconda assieme ad un’altra sorella” (11FR).<br />

“Sono venuta con <strong>una</strong> mia amica, mi aspettavano qui. Dieci giorni per il lavoro,<br />

subito dove dormire. Poi dovevamo andare a Roma, ma la mia amica è andata<br />

via. Io avevo un’altra amica qua e sono rimasta” (6FR).<br />

“Sono arrivata subito qui a Vicenza nel 2000 perché qui avevo amici, poi mi ha rag-<br />

giunta anche mia figlia con la sua famiglia” (5CG).<br />

Un frequente scollamento tra <strong>professione</strong> nel Paese<br />

d’origine e <strong>professione</strong> attuale<br />

Per quanto concerne l’esperienza lavorativa nel Paese d’origine, la quasi totalità delle<br />

interpellate (56 su 58) riferisce <strong>di</strong> aver avuto <strong>una</strong> occupazione nel proprio Paese. Seb-<br />

bene la varietà delle categorie professionali si configuri abbastanza ampia (Tab. 15), si<br />

riscontra come nella maggior parte dei casi (35 su 56) si tratti <strong>di</strong> occupazioni <strong>di</strong> concet-<br />

to e l’impiegata sia la <strong>professione</strong> prevalente. Una precedente esperienza in ambito as-<br />

sistenziale viene invece riferita da 7 donne, <strong>di</strong> cui 4 infermiere professionali e 3 me<strong>di</strong>ci.


Vengono, peraltro, annoverate professioni <strong>di</strong> prestigio e/o posizioni apicali: nel grup-<br />

po delle intervistate sono infatti presenti insegnanti che <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> aver raggiun-<br />

to i massimi livelli della carriera scolastica (anche universitaria), me<strong>di</strong>ci e pe<strong>di</strong>atri<br />

ospedalieri, chimici e biologhe <strong>di</strong>rigenti, commercialisti e funzionari <strong>di</strong> banca.<br />

Anche la classificazione dei settori <strong>di</strong> occupazione si configura composita, risultando<br />

prevalente il commercio, seguito dai servizi bancari e dalla sanità.<br />

Professione Num. interviste<br />

Impiegato 14<br />

Operaio 8<br />

Impren<strong>di</strong>t./<strong>di</strong>rigente/lib.profess. 8<br />

Commerciante 7<br />

Insegnante 6<br />

Infermiere/assistente sociale 4<br />

Me<strong>di</strong>co 3<br />

Cameriere/domestico/colf 3<br />

Coltivatore <strong>di</strong>retto/agricoltore 2<br />

Cuoco/panettiere 1<br />

Ness<strong>una</strong> esperienza 2<br />

Totale 58<br />

Tabella 15. Occupazioni e settori <strong>di</strong> attività<br />

Settore <strong>di</strong> attività Num. interviste<br />

Commercio 13<br />

Servizi bancari e finanziari 10<br />

Sanità 7<br />

Scuola 5<br />

Chimica/gomma/plastica 4<br />

Metalmeccanico 4<br />

Tessile/abbigliamento 2<br />

Alimentare 2<br />

Agricoltura/allevamento 2<br />

Concia/pelli/calzature 1<br />

Ristorazione 2<br />

Pubblica amministrazione 3<br />

Servizi domestici/<strong>di</strong> pulizia 1<br />

Ness<strong>una</strong> esperienza 2<br />

Totale 58<br />

In definitiva, si constata un significativo scollamento tra la <strong>professione</strong> agita nel Pae-<br />

se <strong>di</strong> provenienza e quella attuale <strong>di</strong> badante ma, come si avrà modo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>-<br />

re nel prosieguo, fare l’assistente familiare in Italia risulta <strong>di</strong> gran lunga più remunera-<br />

tivo <strong>di</strong> qualsiasi altra <strong>professione</strong> nel Paese d’origine. Nel corso della trattazione, inol-<br />

tre, si avrà modo <strong>di</strong> verificare che per la maggioranza delle lavoratrici il lavoro “desi-<br />

derato potendo scegliere” è rappresentato proprio dalla <strong>professione</strong> agita preceden-<br />

temente nel Paese <strong>di</strong> provenienza.<br />

51


52<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Un mestiere imparato per necessità<br />

In questa sezione si è inteso approfon<strong>di</strong>re il lavoro della badante nei suoi aspetti ge-<br />

nerali, ossia con riferimento al perché della scelta <strong>di</strong> questo lavoro, alle <strong>di</strong>fficoltà che<br />

si incontrano nel suo svolgimento, al turnover e alle sue motivazioni, rinviando al pa-<br />

ragrafo seguente l’analisi delle specificità dell’esperienza nel vissuto quoti<strong>di</strong>ano.<br />

Il perché <strong>di</strong> <strong>una</strong> scelta<br />

La maggior parte delle intervistate annovera me<strong>di</strong>amente <strong>una</strong> esperienza come badan-<br />

te <strong>di</strong> almeno tre anni e mezzo, risultando pressoché nulli i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione dal-<br />

l’ingresso in Italia. È un lavoro quin<strong>di</strong> che si trova abbastanza velocemente, in<strong>di</strong>penden-<br />

temente dal possesso o meno del permesso <strong>di</strong> soggiorno, anzi probabilmente proprio la<br />

tipologia <strong>di</strong> questa <strong>professione</strong> meglio risponde alle necessità <strong>di</strong> <strong>una</strong> persona irregolare.<br />

È vero infatti che le famiglie richiedono generalmente un “rapporto” a tempo pieno e<br />

offrono l’alloggio nella medesima abitazione dell’assistito, così da garantire <strong>una</strong> pre-<br />

senza costante e continuativa. Al contempo la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trovare un alloggio, specie<br />

per quante sono prive <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno, risulta un’ardua incognita che trova<br />

con questo lavoro <strong>una</strong> facile risposta. Ciò non <strong>di</strong> meno, la coincidenza del luogo <strong>di</strong> la-<br />

voro con l’alloggio impone non poche implicazioni, quali la mancanza <strong>di</strong> spazi propri<br />

e il vincolo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione degli spazi con l’assistito; a ciò si aggiunge che la per<strong>di</strong>ta<br />

del lavoro comporta in questo caso anche la per<strong>di</strong>ta dell’alloggio.<br />

La quasi totalità delle intervistate (56 su 58) vede questa occupazione non come <strong>una</strong><br />

scelta, quanto come l’unica possibilità che consente <strong>di</strong> guadagnare. Che si tratti, dun-<br />

que, <strong>di</strong> <strong>una</strong> “scelta obbligata” è ben visibile da queste testimonianze:<br />

“Ho imparato da sola questo lavoro, con pazienza. Mi piace, è lavoro sempre in<br />

casa, ho un letto per dormire e ho tutto. Sono tranquilla perché non ho permesso<br />

<strong>di</strong> soggiorno e non so cos’altro fare e poi lo faccio per i sol<strong>di</strong>” (5FR).<br />

“Ho imparato da sola, d’istinto! Questo lavoro è l’unica possibilità perché non ho i do-<br />

cumenti in regola, e ti dà possibilità <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> e alloggio: è un lavoro <strong>di</strong>gnitoso” (1DM).<br />

“Ho imparato da sola per sopravvivere... ho pregato il Signore che mi dava la for-<br />

za per andare avanti. Non avevo altre scelte come lavoro, senza carte almeno vi-<br />

vo protetta e al sicuro” (9RS).


“Non ho deciso <strong>di</strong> essere badante ma sono stata costretta perché fanno fatica le<br />

aziende ad assumere per contabilità <strong>una</strong> straniera che ha stu<strong>di</strong>ato fuori, le regole<br />

qui sono <strong>di</strong>verse, o facevo la prostituta o la badante e faccio la badante!” (4RS).<br />

“Ho imparato da sola. Fin da piccola sono stata abituata ad arrangiarmi e a fare<br />

<strong>di</strong> tutto. Ho fatto esperienza da sola. Non ho deciso per questo lavoro. Ho dovuto!<br />

Sono venuta in Italia per guadagnare per me ma soprattutto per i miei figli. Que-<br />

sto è stato il primo lavoro che ho trovato!” (5CG).<br />

A detta delle intervistate, è questo un lavoro che si impara abbastanza velocemente<br />

e che non richiede particolari conoscenze o competenze, forse anche un po’ <strong>di</strong> buona<br />

volontà per adattarsi e un buon carattere per adeguarsi. La maggior parte delle don-<br />

ne contattate (38 su 58) afferma <strong>di</strong> aver imparato da sola questo mestiere ed è pro-<br />

prio la pratica che le ha portate a “capire” come svolgere questa <strong>professione</strong>; alcune<br />

sono state aiutate da loro amiche connazionali (5 su 58), poche altre sono state istrui-<br />

te dagli assistiti stessi o dai loro familiari (3 su 58). Esplicative al riguardo risultano le<br />

seguenti testimonianze:<br />

“Non mi ha insegnato nessuno questo lavoro, non devo fare cose impegnative. Il<br />

più delle volte si tratta <strong>di</strong> fare compagnia all’anziano assistito e curarlo nella per-<br />

sona. Comunque le mie amiche, che hanno il mio stesso lavoro, mi hanno dato<br />

spesso utili consigli. Faccio questo lavoro perché è richiesto il lavoro <strong>di</strong> badante ed<br />

è quello che è più semplice da trovare!” (7AC).<br />

“La prima signora dove lavoravo, suo figlio mi ha insegnato come fare per pasti-<br />

glie, punture ecc. Faccio questo lavoro perché ho sentito che ce n’era un gran bi-<br />

sogno, non avevo i documenti e perché la mia laurea qua non vale. Lavoravo in<br />

banca e ho <strong>una</strong> laurea in economia” (7FR).<br />

“Non mi ha insegnato nessuno. Sono stata fort<strong>una</strong>ta perché sono stata aiutata<br />

dalla famiglia degli anziani che assistevo. La prima signora era autosufficiente e<br />

aveva solo bisogno <strong>di</strong> compagnia. Ero molto legata alla prima signora anziana,<br />

poi è morta” (6AC).<br />

È interessante sottolineare come <strong>una</strong> quota significativa <strong>di</strong> donne (12 su 58) annoveri il<br />

possesso <strong>di</strong> specifiche conoscenze <strong>di</strong> tipo infermieristico/assistenziale (attinenza del<br />

percorso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> o frequenza <strong>di</strong> corsi specifici o esperienze <strong>di</strong> lavoro in ambito sanitario).<br />

Viene peraltro riferito che nel normale ciclo scolastico del Paese d’origine (nello spe-<br />

53


54<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

cifico Ucraina e Moldavia) sono contemplati corsi <strong>di</strong> Pronto Soccorso, spesso collegati<br />

a simulazioni in caso <strong>di</strong> <strong>una</strong> guerra. Alcune <strong>di</strong> loro raccontano:<br />

“Questo lavoro è la vita che te lo insegna, lo ho imparato per forza, non serve<br />

<strong>una</strong> scuola, se non per cose da infermiera. In Moldavia nei corsi è obbligatoria la<br />

infermeria <strong>di</strong> base, così in caso <strong>di</strong> guerra siamo preparati!” (9FR).<br />

“Durante l’estate a scuola (in Moldavia) ci hanno preparato ad affrontare un pri-<br />

mo soccorso (fasciature, me<strong>di</strong>cazioni, iniezioni) e anche a sparare per <strong>una</strong> even-<br />

tuale guerra. Questo è stato l’unico lavoro che ho trovato in Italia” (7CG).<br />

“D’estate a scuola in Moldavia ci hanno preparato per <strong>una</strong> guerra eventuale: ab-<br />

biamo imparato a sparare ma anche a me<strong>di</strong>care, fare iniezioni ecc. E anche l’e-<br />

sperienza come mamma mi è stata molto utile” (6CG).<br />

Una considerazione complessiva, spesso richiamata dalle intervistate, è la correlazio-<br />

ne <strong>di</strong> questo lavoro (assistenza a persone anziane) con l’assistenza svolta per la cura<br />

dei familiari nel Paese <strong>di</strong> provenienza, ossia per i propri figli, genitori o nonni, assimi-<br />

lando a questa <strong>professione</strong> un’attività <strong>di</strong> normale vissuto familiare. I seguenti raccon-<br />

ti esemplificano queste affermazioni:<br />

“Ho imparato da sola, ero abituata a fare queste cose. Siamo abituati a vivere<br />

con i genitori e a occuparci <strong>di</strong> loro. Faccio questo lavoro perché è più semplice<br />

per chi non ha documenti, si impara la lingua piano piano” (6FR).<br />

“A casa curavo i bambini, ho imparato da sola anche con le me<strong>di</strong>cine. Non c’è al-<br />

tro lavoro. E poi se fai un altro lavoro devi trovarti <strong>una</strong> casa, pagare l’affitto, così<br />

invece hai tutto!” (12FR).<br />

“Ho imparato con la pratica: mia suocera a casa (in Romania) aveva male al<br />

piede. Avevo anche iniziato a seguire un corso per infermiera ma con il lavoro e<br />

i bambini piccoli ho lasciato perdere. Avevo imparato a fare punture e le fascia-<br />

ture. Qui in Italia ho deciso <strong>di</strong> fare questo lavoro per aiutare mia figlia e per sta-<br />

re con il mio nipotino. E comunque questo è il lavoro che mi hanno offerto per-<br />

ché non ho i documenti. Faccio questo lavoro perché non ho altra possibilità,<br />

non perché piace!” (3FR).<br />

“Mia sorella è infermiera e fa la badante anche lei qua. Mi aveva spiegato un po’<br />

lei come fare, ma anche mia madre mi aveva spiegato perché là (in Romania) ha<br />

curato molti anziani. Non è facile fare un altro lavoro appena arrivata. Scegli que-


sto perché non ci sono altre possibilità. Bisogna avere il carattere per fare questo<br />

lavoro, se non ci si trova bene anche con se stessi è inutile fare questo lavoro. È<br />

uno scambio, oltre che <strong>di</strong> lavoro, si aiutano gli anziani e si viene aiutati” (11FR).<br />

A questo proposito si potrebbe essere indotti a pensare che sussista, entro la compo-<br />

nente immigrata, <strong>una</strong> innata propensione verso la cura degli anziani, ma questa vi-<br />

sione appare troppo semplicistica e fondata piuttosto su uno stereotipo <strong>di</strong>ffuso tra la<br />

comunità ricevente (autoctona). Ciò non esclude, tuttavia, che un qualche riflesso<br />

venga dai modelli culturali sul lavoro <strong>di</strong> cura familiare e, più in generale, dai modelli<br />

<strong>di</strong> accu<strong>di</strong>mento degli anziani nei Paesi d’origine. In Ucraina, per esempio, il modello<br />

dominante <strong>di</strong> assistenza agli anziani vede al centro la famiglia poiché l’anziano viene<br />

in essa accu<strong>di</strong>to. In Romania, la famiglia è vincolata dall’aspetto economico a tenere<br />

l’anziano a casa, altrimenti minore sarebbe la remora culturale nel delegarne la cura<br />

a istituti pubblici o privati.<br />

Si può dunque asserire che la presenza <strong>di</strong> queste lavoratrici sia strumentale, ossia fi-<br />

nalizzata ad assicurare <strong>una</strong> esistenza più <strong>di</strong>gnitosa per sé e per i propri familiari, seb-<br />

bene il background culturale possa rappresentare un elemento a supporto del loro in-<br />

serimento in questo settore del mercato del lavoro.<br />

Le criticità del lavoro <strong>di</strong> cura<br />

Lo schema delle <strong>di</strong>fficoltà incontrate nello svolgimento <strong>di</strong> questa <strong>professione</strong> si<br />

presenta abbastanza correlato ai singoli vissuti e con<strong>di</strong>zioni delle persone e perciò<br />

è <strong>di</strong>fficilmente riconducibile a sintesi. Ciò non <strong>di</strong> meno, volendo tentare <strong>una</strong> gra-<br />

duatoria delle criticità, si potrebbe posizionare all’apice la mancanza <strong>di</strong> tempo per<br />

se stesse: è questo un lavoro che occupa quasi sempre tutto l’arco della giornata e<br />

che non lascia spazi <strong>di</strong> autonomia personale. Al riguardo sono esemplificative le<br />

seguenti testimonianze:<br />

“All’inizio ho avuto problemi <strong>di</strong> capirsi, anche con la signora che assistevo, poi<br />

però si è scoperto che aveva l’Alzehimer... E poi il tempo mi manca, per me è po-<br />

co: se sei badante lo senti!” (8FR).<br />

“Tante volte mi sento in carcere, secondo l’anziano dovrei stare sempre con lui e<br />

se esco devo tornare presto. Tante volte mi sento sola, non ho nessuno o amici<br />

con cui parlare la mia lingua!” (4CG).<br />

55


56<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“Mi sento sola, sono isolata e non ho contatti con nessuno! Faccio fatica a capire,<br />

perché sono sempre con l’assistito che è sordo e parla pochissimo, non esco qua-<br />

si mai e parlo solo la mia lingua!” (9CG).<br />

Al secondo posto si collocherebbero le <strong>di</strong>fficoltà relazionali, in parte legate alla lingua,<br />

in parte correlate con le abitu<strong>di</strong>ni, gli usi, le tra<strong>di</strong>zioni, i contesti in cui le due realtà<br />

(quella immigrata e quella autoctona) vengono a incontrarsi o scontrarsi. L’assistente e<br />

l’assistito non parlano la stessa lingua e provengono da ambienti <strong>di</strong>versi; si trovano<br />

però a con<strong>di</strong>videre gesti e spazi della vita quoti<strong>di</strong>ana partendo da esperienze, tra<strong>di</strong>zio-<br />

ni, concetti ed emozioni molto <strong>di</strong>verse. L’impegno richiesto per poter agire in armonia<br />

è quin<strong>di</strong> molto elevato, ma è necessario per evitare frainten<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong>sagi reciproci.<br />

Inoltre la <strong>di</strong>fficoltà comunicativa <strong>di</strong>viene anche <strong>di</strong>fficoltà relazionale, nel senso che la<br />

lavoratrice si trova nella necessità <strong>di</strong> costruire un rapporto fiduciario sia con l’anziano,<br />

con il quale deve entrare in stretta relazione, adattarsi alle sue regole e necessità e ri-<br />

durre il senso <strong>di</strong> estraneità; sia con i familiari che spesso richiedono risposte adeguate<br />

alle loro aspettative. I racconti seguenti sono in tal senso esemplificativi:<br />

“I problemi sono a capirsi: parlano tutti <strong>di</strong>aletto o correggono! E poi c’è <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

rapporto con gli assistiti: soprattutto all’inizio, ma anche dopo perché <strong>di</strong>pende<br />

dall’anziano che hai: finché il marito dell’anziana che assistevo era in ospedale,<br />

lei era tremenda. Mi picchiava e a volte lo fa ancora. Ma mi ha accettata come<br />

<strong>una</strong> <strong>di</strong> casa. Questo è un lavoro <strong>di</strong> testa!” (2FR).<br />

“Avevo problemi <strong>di</strong> lingua all’inizio ma anche dopo con il <strong>di</strong>aletto: adesso invece<br />

lo capisco. All’inizio poi stavo male a vedere certe reazioni <strong>di</strong> rifiuto da parte del-<br />

l’anziano, poi ho capito che era la malattia a fare questo” (11FR).<br />

“Con gli anziani ci vuole tanta pazienza! Certi sono proprio <strong>di</strong>fficili ed è fatica sta-<br />

re con loro sempre vicino. E poi non posso tornare a casa perché non ho il per-<br />

messo e se esco sarebbe poi <strong>di</strong>fficile rientrare” (10DM).<br />

“Le maggiori <strong>di</strong>fficoltà le ho avute con i familiari. Loro non si interessano <strong>di</strong> nulla.<br />

Io vado dal me<strong>di</strong>co, parlo con lui per l’anziano, faccio tutto. I familiari litigano tra<br />

<strong>di</strong> loro e questo peggiora i rapporti con me, perché non so cosa fare, chi ascolta-<br />

re, tante volte faccio io...” (5CG).<br />

“I familiari si credono migliori, ma io spiego le cose con <strong>di</strong>plomazia. È un lavoro<br />

faticoso: assisto un signore in carrozzina. Per le ferie mi metto d’accordo” (10FR).


“I familiari sono quelli che creano più problemi: vogliono troppo, mi hanno (qual-<br />

cuno) anche trattata male, offesa senza motivo, non mi hanno pagata come era-<br />

vamo d’accordo” (6CG).<br />

Al terzo posto si posizionerebbe la <strong>di</strong>fficoltà a conseguire perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferie prolunga-<br />

ti per tornare al proprio Paese e quin<strong>di</strong> la forte nostalgia della famiglia fa sì che si<br />

percepisca questa <strong>professione</strong> come un grosso sacrificio. Va detto comunque che<br />

questa <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> ritorno è per lo più manifestata da donne irregolari, che non <strong>di</strong>-<br />

sponendo <strong>di</strong> documenti temono l’impossibilità <strong>di</strong> ritornare in Italia <strong>una</strong> volta uscite<br />

da questo Paese.<br />

A tale proposito, 24 intervistate su 58 <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> non essere mai ritornate a casa<br />

da quando sono arrivate in Italia, situazione con<strong>di</strong>zionata proprio dalla mancanza <strong>di</strong><br />

documenti regolari; focalizzando invece l’attenzione sulla restante parte del campio-<br />

ne, si può stimare me<strong>di</strong>amente un ritorno ogni venti mesi (Graf. 14). La possibilità <strong>di</strong><br />

tornare viene perciò a <strong>di</strong>pendere sia da <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione personale (possesso o meno<br />

del permesso <strong>di</strong> soggiorno), sia dalla <strong>di</strong>sponibilità del datore <strong>di</strong> lavoro, come si evin-<br />

ce da queste testimonianze:<br />

“Per i sacrifici dei figli si fa questo e altro! Per tornare a casa <strong>di</strong>pende dalla fami-<br />

glia che trovi: i primi due lavori tornavo due volte all’anno perché c’erano i figli<br />

che stavano con la signora. Oggi riesco solo <strong>una</strong> volta all’anno e con fatica” (7FR).<br />

“Fino ad ora non sono mai tornata in Moldavia perché sono in attesa dei docu-<br />

menti, ma quando saranno pronti non ci penso a che i familiari dell’anziano mi<br />

faranno problemi!” (1RS).<br />

Grafico 14. I rientri nel Paese d’origine<br />

57


58<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Tabella 16. La gerarchia delle <strong>di</strong>fficoltà incontrate nel lavoro <strong>di</strong> badante<br />

Va sottolineato poi che la fatica fisica e le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> rapporti con gli assistiti o i loro<br />

familiari appaiono meno <strong>di</strong>ffuse e sentite <strong>di</strong> quello che si potrebbe ritenere (Tab. 16).<br />

Ma, come già detto, le valutazioni risultano strettamente correlate alle singole espe-<br />

rienze, alla personalità dell’assistito e/o alla con<strong>di</strong>zione clinica dello stesso: un livello<br />

<strong>di</strong> maggiore insod<strong>di</strong>sfazione è infatti espresso da quelle lavoratrici che si trovano ad<br />

assistere pazienti affetti da patologie gravi, che abbisognano <strong>di</strong> costante assistenza<br />

anche notturna.<br />

Il turnover e le sue motivazioni<br />

Mai Raram. Qualche Spesso Sempre<br />

volta<br />

Difficoltà nell’avere del tempo per se stessi 14 8 8 22 6<br />

Difficoltà a capire ed esprimersi 12 5 22 15 4<br />

Difficoltà a conseguire perio<strong>di</strong> prolungati <strong>di</strong> ferie per i rientri<br />

lunghi nel Paese d’origine 22 6 5 13 12<br />

Difficoltà <strong>di</strong> rapporti con l’anziano assistito 26 9 12 7 4<br />

Troppa fatica fisica nel lavoro svolto 26 5 19 8 0<br />

Difficoltà <strong>di</strong> rapporti con i familiari dell’anziano 34 6 11 5 2<br />

La specificità <strong>di</strong> questo mestiere richiederebbe “stabilità” sia per il lavoratore sia per<br />

l’assistito al fine <strong>di</strong> assicurargli <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> continuità dell’assistenza, non con<strong>di</strong>zionata<br />

da cambiamenti. Al contrario però questo lavoro presenta un elevato livello <strong>di</strong> turnover:<br />

le donne intervistate <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> essere me<strong>di</strong>amente alla loro terza esperienza lavo-<br />

rativa come badante nell’arco <strong>di</strong> poco meno <strong>di</strong> tre anni, in me<strong>di</strong>a si può pertanto conta-<br />

re un rapporto <strong>di</strong> lavoro all’anno. È vero comunque che il dato me<strong>di</strong>o rappresenta <strong>una</strong><br />

sintesi informativa troppo stringente, presentandosi invece situazioni molto <strong>di</strong>fferenzia-<br />

te: si osservi, per esempio, come le donne prive <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno si trovino a<br />

cambiare me<strong>di</strong>amente almeno un lavoro all’anno e quelle con regolare permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno annoverino un cambiamento <strong>di</strong> occupazione almeno ogni due anni.<br />

Risulta interessante valutare quali siano le cause che hanno indotto al cambio <strong>di</strong> la-<br />

voro (Tab. 17): in primo luogo viene annoverata la morte dell’anziano assistito, even-<br />

tualità naturalmente molto probabile, e che è causa <strong>di</strong> quasi la metà dei cambia-


menti lavorativi. Questo dato rivela come la badante si trovi frequentemente nella<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> dover accompagnare alla morte gli anziani assistiti e, sebbene questa<br />

incombenza venga svolta per necessità economica, per talune donne si configura co-<br />

me <strong>una</strong> esperienza vissuta con <strong>una</strong> forte carica emotiva.<br />

Un decimo delle interruzioni è legato all’ingresso dell’anziano in Casa <strong>di</strong> riposo; un<br />

settimo dei cambiamenti è invece ascrivibile alla decisione <strong>di</strong> sostituire la badante da<br />

parte del datore <strong>di</strong> lavoro a seguito <strong>di</strong> un breve ritorno della stessa nel proprio Paese<br />

d’origine. Non potendo infatti rimanere privi <strong>di</strong> assistenza, i familiari reperiscono ve-<br />

locemente <strong>una</strong> nuova lavoratrice, sostituendo la precedente: si genera in questo mo-<br />

do un turnover che finisce per incrementare l’irregolarità.<br />

Le cause legate a <strong>una</strong> propria volontà <strong>di</strong> cambiare lavoro, alla ricerca <strong>di</strong> migliori con-<br />

<strong>di</strong>zioni salariali o <strong>di</strong> contesto, riguardano circa il 30% dei cambi occupazionali.<br />

Tabella 17. Le cause della cessazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro<br />

Num. Percentuale su<br />

interruzioni totale interruzioni<br />

Decesso dell’anziano 45 45,9%<br />

Ingresso in Casa <strong>di</strong> riposo 9 9,2%<br />

Sostituzione dopo ritorno nel Paese d’origine 13 13,3%<br />

Mancato rinnovo del contratto 1 1,0%<br />

Ricerca <strong>di</strong> migliori con<strong>di</strong>zioni lavorative 13 13,3%<br />

Ricerca <strong>di</strong> stipen<strong>di</strong>o più alto 11 11,2%<br />

Disaccordo con i familiari 4 4,1%<br />

Ricerca <strong>di</strong> stabilità/continuità lavorativa 2 2,0%<br />

Dalle testimonianze emerge comunque la complessità delle esperienze personali.<br />

“La prima volta ho cambiato lavoro perché è morto l’anziano, la seconda volta<br />

perché sono tornata a casa e mi hanno sostituita e ho perso il lavoro, la terza vol-<br />

ta perché è morta la signora e la quarta volta perché l’hanno portata in Casa <strong>di</strong><br />

riposo” (7FR).<br />

“La prima volta ho cambiato perché la signora era morta, la seconda volta per-<br />

ché la famiglia ha trovato <strong>una</strong> badante irregolare che pagava meno... anche io<br />

sono irregolare!” (6CG).<br />

59


60<br />

23 Per rendere più comprensibile al<br />

lettore queste tematiche si richiamano<br />

in Appen<strong>di</strong>ce alcune puntualizzazioni<br />

sul contratto previsto per<br />

le assistenti familiari.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“L’anziano che assistevo era in con<strong>di</strong>zioni terribili <strong>di</strong> testa e pesante: non mangia-<br />

vo, non dormivo, non uscivo, mi stavo ammalando, ero <strong>di</strong>magrita moltissimo. Ho<br />

dovuto cambiare lavoro!” (9CG).<br />

“Le prime due volte ho cambiato perché ero in sostituzione <strong>di</strong> un’altra, la terza<br />

volta perché avevo problemi con i familiari: la signora era andata via <strong>di</strong> testa; la<br />

quarta volta perché il signore è morto” (8FR).<br />

“Nel primo lavoro a Napoli non mi trovavo bene e avevo <strong>di</strong>fficoltà con la lingua.<br />

La seconda volta per avere lo stipen<strong>di</strong>o più alto e qua a Vicenza lo stipen<strong>di</strong>o è più<br />

alto. La terza volta ero andata a casa in Ucraina e quando sono tornata non ave-<br />

vo più il mio posto” (1FR).<br />

Un bilancio dell’esperienza lavorativa attuale<br />

L’attenzione viene ora focalizzata sull’attuale esperienza lavorativa svolta come ba-<br />

dante, rispetto cui sono stati approfon<strong>di</strong>ti alcuni aspetti legati alla rilevanza delle reti<br />

etniche nella ricerca dell’occupazione, alla tipologia del rapporto <strong>di</strong> lavoro 23 e al con-<br />

testo lavorativo.<br />

Le modalità <strong>di</strong> “reclutamento”<br />

Un primo aspetto che è stato approfon<strong>di</strong>to concerne le modalità <strong>di</strong> “reclutamento”<br />

delle badanti, intendendo con questo termine l’esistenza e l’eventuale analisi dei per-<br />

corsi-tipo finalizzati a conseguire questo lavoro.<br />

In prima battuta i risultati <strong>di</strong> questa indagine sono confermativi rispetto alla valenza<br />

assunta dalle reti <strong>di</strong> solidarietà tra connazionali ed entro le comunità. Centrale si con-<br />

figura infatti il ruolo giocato dalle reti etniche come canali <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione delle informa-<br />

zioni sulla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> posti <strong>di</strong> lavoro, sulle pratiche da fare, sui contatti da attiva-<br />

re. In misura minore assumono invece connotato <strong>di</strong> “agenti facilitatori” le associazio-<br />

ni <strong>di</strong> volontariato, i servizi degli enti locali, i sindacati (Tab. 18).<br />

Ciò non <strong>di</strong> meno il panel degli agenti facilitatori risulta <strong>di</strong>fferenziato se si <strong>di</strong>stingue il<br />

primo lavoro da quello attuale. Con riferimento al primo lavoro trovato in Italia, per la<br />

quasi totalità delle interpellate (53 su 58) la modalità <strong>di</strong> ottenimento è proprio rap-<br />

presentata dalla rete amicale e parentale, ossia più in generale dalla propria rete co-


Tabella 18. Agenti facilitatori e canali per l’inserimento lavorativo<br />

munitaria, risultando limitati i casi <strong>di</strong> supporto ricevuto da persone autoctone oppure<br />

per autopromozione. Si evince infatti dai racconti:<br />

“Questo lavoro si trova conoscendo amiche che sono arrivate prima <strong>di</strong> te e quan-<br />

do ci incontriamo la domenica si parla <strong>di</strong> lavoro e capita <strong>di</strong> cambiare posti miglio-<br />

ri perché le famiglie cercano” (4RS).<br />

“Aiutiamo a casa i nostri anziani, poi arriviamo in Italia e amici e parenti ci aiuta-<br />

no a trovare lavoro. Io avevo amici qui che mi hanno ospitato per <strong>una</strong> vacanza<br />

dopo che era morto mio marito e poi mi hanno aiutato a Napoli a trovare un la-<br />

voro in nero e poi sono venuta a Vicenza in regola” (7RS).<br />

“Se non ci sono amici non si fa niente oppure trovi ma devi aspettare. Per fort<strong>una</strong><br />

che in Italia ci sono molti anziani!” (9FR).<br />

Se si considera, invece, il lavoro attuale, l’influsso della rete dei connazionali si riduce<br />

(42 su 58), mentre va acquisendo un maggiore significato l’intervento <strong>di</strong> persone ita-<br />

liane e <strong>di</strong> alcuni attori territoriali (per esempio <strong>Caritas</strong>, ULSS, Agenzia per l’Impiego).<br />

Emerge poi <strong>una</strong> <strong>di</strong>mensione speculativa nell’ottenimento dell’occupazione: almeno<br />

<strong>una</strong> lavoratrice su quattro <strong>di</strong>chiara apertamente <strong>di</strong> aver dovuto “pagare” per conse-<br />

guire il lavoro 24 , ma la criticità <strong>di</strong> questa domanda fa si che le risposte conseguite<br />

presentino un elevato grado <strong>di</strong> inaffidabilità. Approfondendo ulteriormente si consta-<br />

ta come il pagamento <strong>di</strong> questa “indennità” sia ascrivibile prevalentemente alle la-<br />

voratrici moldave e ucraine, ma non sempre l’interme<strong>di</strong>ario da pagare sia rappresen-<br />

tato da un connazionale.<br />

Primo lavoro Lavoro attuale<br />

Amici o conoscenti immigrati 40 69,0% 29 50,0%<br />

Parenti immigrati 13 22,4% 13 22,4%<br />

Amici o conoscenti italiani 3 5,2% 11 19,0%<br />

<strong>Caritas</strong> 0 0,0% 2 3,5%<br />

ULSS 0 0,0% 1 1,7%<br />

Agenzia per l’impiego 0 0,0% 1 1,7%<br />

Autonomamente (da sola) 2 3,4% 1 1,7%<br />

Totale 58 100,0% 58 100,0%<br />

24 Una recente indagine, condotta<br />

dall’IRS <strong>di</strong> Milano in collaborazione<br />

con <strong>Caritas</strong> Ambrosiana e CGIL Lombar<strong>di</strong>a,<br />

ha stimato che il 30-40% delle<br />

badanti è stato soggetto al racket<br />

dell’immigrazione ossia al pagamento<br />

<strong>di</strong> <strong>una</strong> quota (pari a circa 4.000<br />

euro) per il passaggio in auto, l’attraversamento<br />

della frontiera e il contatto<br />

con <strong>una</strong> famiglia che cerca <strong>una</strong><br />

badante. Usualmente i documenti<br />

vengono sequestrati in anticipo e restituiti<br />

solo <strong>di</strong>etro il pagamento <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> cifra pari al debito contratto. Il<br />

me<strong>di</strong>atore trattiene a ciasc<strong>una</strong> i primi<br />

quattro o cinque mesi <strong>di</strong> stipen<strong>di</strong>o,<br />

per ripagare le spese <strong>di</strong> viaggio<br />

e il contatto lavorativo. Fonte: La Repubblica<br />

del 16/10/2006.<br />

61


62<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

In merito a questi aspetti alcune <strong>di</strong> loro hanno reso <strong>una</strong> vera e propria testimonianza<br />

del percorso-tipo per ottenere il lavoro; si riportano <strong>di</strong> seguito alcuni passi significativi.<br />

“Per avere il lavoro si paga: si chiama <strong>una</strong> ucraina sposata con italiano, si lascia il<br />

numero <strong>di</strong> cellulare. Ti richiamano appena trovano lavoro e poi devi pagare. Io<br />

però non ho mai pagato finora!” (1CG).<br />

“Il primo lavoro me lo ha trovato <strong>una</strong> ucraina che però mi toglieva tutto lo stipen-<br />

<strong>di</strong>o! Sì, devo darlo ad <strong>una</strong> ucraina “capa” che poi mi trovava lavoro ma mi sfrut-<br />

tava perché dovevo darle i sol<strong>di</strong>” (9RS).<br />

“Per avere il lavoro mi ha aiutato <strong>una</strong> mia amica ucraina. Io ho pagato due<br />

volte: ho lavorato in ospedale e facevo la notte, pagavo per ogni notte che<br />

stavo là, anche le italiane che hanno conoscenza vogliono sol<strong>di</strong>. Esiste un per-<br />

corso: le amiche. Se non conosci non fai niente, anche in <strong>Caritas</strong>, chi conosce<br />

o chi è più vecchia passa avanti. E poi succede spesso che bisogna pagare. E<br />

c’è <strong>di</strong>fficoltà tra moldave e rumene, perché le moldave si aiutano tra <strong>di</strong> loro,<br />

anche le ucraine: bisogna pagare sempre, non ti danno niente per niente! Lo-<br />

ro si lamentano così fanno pena e lavorano <strong>di</strong> più, fanno lavorare le parenti<br />

perché si lamentano che non ce la fanno!” (8FR).<br />

“Il primo lavoro l’ho trovato da sola per sentito <strong>di</strong>re, il secondo per amici italiani.<br />

È vero: ho pagato circa 300 o 400 euro all’inizio, ma su questo c’è il passaparo-<br />

la” (10DM).<br />

“Il primo lavoro e anche gli altri li ho dovuti pagare, non c’è un percorso ma si sa<br />

che se <strong>una</strong> badante ti trova lavoro tu la devi ripagare. Forse c’è qualcuno <strong>di</strong>etro a<br />

queste badanti o no. Io non lo so...” (6CG).<br />

“Io ho pagato un italiano che mi ha trovato il posto <strong>di</strong> lavoro (550 euro) e non<br />

miei connazionali. Ho lavorato in <strong>una</strong> famiglia per un mese <strong>di</strong> prova e poi ho<br />

continuato perché lavoravo bene” (11RS).<br />

“All’inizio sì, ho pagato per avere il lavoro, poi basta, ma non a miei connazionali<br />

ma a persone italiane. Nel mio Paese pagavano poco, mi sono rivolta ad <strong>una</strong><br />

amica <strong>di</strong> mia mamma che lavora qui come badante e mi ha fatto conoscere del-<br />

le persone. Ma il “gancio” è stata l’amica <strong>di</strong> mia mamma” (2RS).<br />

“Non c’è <strong>una</strong> regola, solo che se cerchi lavoro lo <strong>di</strong>ci agli amici connazionali e italia-<br />

ni e si sa che devi pagare qualcosa a chi ti trova lavoro, è come <strong>una</strong> regola!” (4CG).


“Io ho pagato per avere il lavoro. So che c’è il percorso. A Napoli ho pagato per<br />

lavorare, quando sono venuta a Vicenza non ho pagato anche se so che qualcu-<br />

no ha pagato... Di solito ci si presenta al posto <strong>di</strong> ritrovo e ci sono i contatti oppu-<br />

re tra connazionali ci si chiama al telefono” (10CG).<br />

Qualche donna però non se l’è sentita <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo apertamente:<br />

“Non mi è stato chiesto <strong>di</strong> pagare per avere il lavoro, però succede a tanti! Le co-<br />

se sono sempre le stesse: si parla con gli amici, qualche volta ti chiedono <strong>di</strong> pa-<br />

gare..., tutti cercano per tutti!” (4FR).<br />

“So che in passato altri hanno pagato altri connazionali per trovare lavoro, ma<br />

non è proprio il mio caso...” (3CG).<br />

“Ci sono dei miei connazionali che per ‘lavoro’ si occupano <strong>di</strong> cercare persone<br />

anziane che hanno bisogno <strong>di</strong> assistenza”.<br />

Ma l’intervistatrice aggiunge: “Non ha voluto <strong>di</strong>rmi apertamente se vengono paga-<br />

ti, ma dal tono <strong>di</strong> voce posso immaginare <strong>di</strong> sì” (6AC).<br />

“Mi ha trovato lavoro mia sorella, poi avevo lavorato in Casa <strong>di</strong> riposo, conoscevo<br />

tutti e anche la <strong>di</strong>rettrice e così mi sono fermata qua. Io non ho dovuto pagare<br />

per avere il lavoro, ma ho sentito che bisogna pagare anche italiani! Non c’è un<br />

percorso uguale per tutti, ognuno ha il suo...” (11FR).<br />

Caratterizzazioni del rapporto <strong>di</strong> lavoro<br />

Soltanto quattro lavoratrici su <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> avere un contratto <strong>di</strong> lavoro regolare<br />

(23 su 58), ma questo risultato è naturalmente con<strong>di</strong>zionato dal possesso del per-<br />

messo <strong>di</strong> soggiorno. È vero, infatti, che quasi tutte le donne con regolare permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno hanno un contratto <strong>di</strong> lavoro in regola (23 su 25) e l’eccezione è ascrivibile<br />

a un numero esiguo <strong>di</strong> casi (soltanto 2 lavoratrici su 25 pur avendo un regolare per-<br />

messo hanno un lavoro in nero).<br />

Me<strong>di</strong>amente l’attuale rapporto <strong>di</strong> lavoro dura da un anno e mezzo, ma appare note-<br />

vole la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> durata del lavoro regolare e <strong>di</strong> quello in nero: il primo ha <strong>una</strong> du-<br />

rata me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> due anni circa, mentre il secondo <strong>di</strong> quasi un anno, evidenziando come<br />

il turnover e l’instabilità lavorativa sia maggiormente ascrivibile alla componente ir-<br />

regolare.<br />

Abbastanza complicato è stato rilevare quante siano le ore effettivamente lavora-<br />

63


64<br />

25 Si ricorda comunque che l’orario<br />

massimo per lavoratrici conviventi è<br />

fissato in 54 ore settimanali, mentre<br />

per le non conviventi in 44 ore.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

te, poiché la maggioranza delle intervistate ne ha <strong>di</strong>chiarate 24 giornaliere (43 su<br />

58), risultando pertanto molte <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto previste dai contratti, siano essi re-<br />

golari o meno. Dalla stesse <strong>di</strong>chiarazioni emerge che le ore da contratto appaiono<br />

solo come <strong>una</strong> formalità, configurandosi un impegno lavorativo quasi sempre <strong>di</strong><br />

24 ore al giorno.<br />

Più <strong>di</strong> qualc<strong>una</strong> infatti alla domanda “Quante ore lavori al giorno?” ha prontamente<br />

risposto:<br />

“...La paga è mensile e non in base all’orario fatto...” (7CG).<br />

“Non so quante ore, io non sono pagata a ore: abbiamo concordato uno stipen-<br />

<strong>di</strong>o fisso al mese, quello è, niente in più!” (4CG).<br />

“...Non abbiamo accordato un orario, io sono sempre con la signora che non mi<br />

lascia neanche un’ora al giorno, e mi pagano per questo” (8GC).<br />

“Non c’è un orario prestabilito: sono sempre presente. Ma se ho bisogno<br />

posso prendere il tempo necessario: ho comunque due ore libere al giorno<br />

più <strong>una</strong> giornata durante la settimana. Il pagamento è mensile, non a ore, e<br />

tutto in nero” (6CG).<br />

Non è tuttavia stato possibile rilevare con esattezza l’eccedenza <strong>di</strong> ore in più rispetto<br />

al contratto e il numero <strong>di</strong> quelle retribuite in nero, presentandosi spesso come do-<br />

mande volontariamente eluse o con risposte troppo generiche. Si può comunque af-<br />

fermare che la maggioranza dei contratti è stipulata per 20-30 ore settimanali 25 .A<br />

questo proposito va osservato come un rapporto <strong>di</strong> tipo regolare tenda a ridurre l’im-<br />

pegno richie<strong>di</strong>bile alle assistenti familiari da parte delle famiglie.<br />

Ne consegue che, in molti casi, per ottenere <strong>una</strong> più ampia copertura assistenziale<br />

giornaliera e al contempo non aggravare i costi ricorrendo a ulteriore personale a pa-<br />

gamento regolare, le famiglie regolarizzano la posizione della lavoratrice dal punto <strong>di</strong><br />

vista contrattuale, continuando a richiederle un impegno fornito nel sommerso. A<br />

ogni modo, rispetto al contratto, sia esso formale o informale, le ore lavorate in ag-<br />

giunta risultano essere molte e nella quasi totalità non sono retribuite. Alcune testi-<br />

monianze puntualizzano queste situazioni.<br />

“Adesso lavoro 24 ore al giorno esclusa la domenica. Ho un contratto da 30 ore,<br />

ma in realtà ne faccio 24 al giorno. Niente ore in nero: in contratto c’è quello che<br />

guadagno!” (1FR).


“Lavoro per 7 ore al giorno: ho voluto un contratto per 7 ore perché le altre ore<br />

non sono lavoro, è dormire o mangiare assieme all’anziano” (4FR).<br />

“Lavoro 24 ore al giorno con 2 ore <strong>di</strong> riposo se voglio... Il mio contratto è <strong>di</strong> 25<br />

ore alla settimana, il resto delle ore è in più” (7FR).<br />

“Lavoro per 25 ore alla settimana però è <strong>una</strong> convivenza <strong>di</strong> sempre!” (9FR).<br />

“Il contratto è per 25 ore alla settimana, io ne lavoro 24 al giorno: lo sto facendo<br />

perché ho il permesso scaduto. Lavoro tutto in nero!” (10FR).<br />

“Lavoro 24 ore al giorno, il contratto prevede 30 ore alla settimana, la <strong>di</strong>fferenza<br />

sono in nero ma non mi vengono pagate!” (6DM).<br />

“Il rapporto <strong>di</strong> lavoro è abbastanza tranquillo... se ho bisogno <strong>di</strong> uscire un’ora o<br />

due posso farlo ma ho comunque la responsabilità della mia signora... sera e<br />

notte sono lì se c’è <strong>di</strong> bisogno” (5CG).<br />

“Lavoro tutto il giorno e dormo con l’anziana. Per il contratto abbiamo deciso che<br />

lavoro tutto il giorno, faccio in più 4-5 ore (magari <strong>di</strong> notte). Sono tutte in nero<br />

perché non ho permesso <strong>di</strong> soggiorno” (2RS).<br />

Me<strong>di</strong>amente lo stipen<strong>di</strong>o percepito risulta essere <strong>di</strong> 785 euro: è chiaro però che il li-<br />

vello stipen<strong>di</strong>ale <strong>di</strong>pende dalla regolarità o meno del contratto, nonché dal numero<br />

<strong>di</strong> ore lavorate o almeno “richieste” alla lavoratrice.<br />

Infatti, se si opera il primo <strong>di</strong>stinguo, si constata come la lavoratrice assunta in rego-<br />

la percepisca in me<strong>di</strong>a uno stipen<strong>di</strong>o inferiore alla lavoratrice in nero (740 euro nel<br />

primo caso e 810 euro nel secondo). Se si scende ancor più nel dettaglio e si cerca<br />

<strong>di</strong> raffrontare la paga al numero <strong>di</strong> ore “previste” si rileva un <strong>di</strong>fferenziale molto più<br />

accentuato.<br />

Nello schema (Tab. 19) si è cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i livelli retributivi per profili orari<br />

omogenei sulla base <strong>di</strong> quanto desunto dalle interviste: i risultati comprovano come<br />

il guadagno monetario sia inferiore per la lavoratrice in regola e, per converso, come<br />

il lavoro in nero produca un maggiore guadagno <strong>di</strong>retto per effetto del minor costo<br />

complessivo sostenuto dal datore <strong>di</strong> lavoro che non versa contributi. A questo riguar-<br />

do è possibile scorgere nelle intervistate la consapevolezza che il lavoro in nero non<br />

consente <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferie e <strong>di</strong> ottenere un trattamento assistenziale in ca-<br />

so <strong>di</strong> malattia o infortunio, né tanto meno sia “garanzia” <strong>di</strong> stabilità lavorativa; l’a-<br />

spetto invece concernente le trattenute contributive non è usualmente percepito co-<br />

65


66<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Tabella 19. Profili orari “omogenei” e livelli retributivi me<strong>di</strong> “<strong>di</strong>chiarati”<br />

Lavoro con contratto regolare Lavoro in nero<br />

Contratto per 25 <strong>di</strong> fatto 24<br />

ore settimanali ore al giorno € 770 <strong>di</strong> fatto 24<br />

Contratto per 30 <strong>di</strong> fatto 24 ore al giorno € 900<br />

ore settimanali ore al giorno € 850<br />

me costo utile poiché ness<strong>una</strong> delle lavoratrici è in grado <strong>di</strong> conoscere quali possano<br />

essere i benefici spettanti dopo un periodo <strong>di</strong> lavoro in Italia.<br />

La quasi totalità delle donne intervistate (54 su 58) <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> un giorno li-<br />

bero <strong>di</strong> riposo settimanale. Di fatto però non si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> giornata intera, quanto <strong>di</strong><br />

alcune ore a <strong>di</strong>sposizione; inoltre molte riferiscono <strong>di</strong> non usufruirne o, per meglio <strong>di</strong>-<br />

re, <strong>di</strong> farlo o poterlo fare soltanto in caso <strong>di</strong> effettivo bisogno. In qualche altro caso, la<br />

lavoratrice sta invece cercando <strong>di</strong> ottenere la pausa promessa. Le seguenti testimo-<br />

nianze rendono conto <strong>di</strong> queste osservazioni:<br />

“Ho la domenica libera però lavoro, ma solo quando ho bisogno vado via” (4FR).<br />

“Ho tre mezze giornate libere quando voglio io, <strong>di</strong> solito il mercoledì, poi quando<br />

mi metto d’accordo, ma solo quando ne ho bisogno” (9FR).<br />

“Adesso mi sono imposta che un giorno alla settimana lascio da sola la signora<br />

per essere libera. Subito la signora si è arrabbiata ma adesso ha dovuto accettar-<br />

lo... la signora è anche autosufficiente, ha solo bisogno <strong>di</strong> compagnia!” (8CG).<br />

Qualche altra lavoratrice preferisce non usufruire del giorno <strong>di</strong> riposo nell’intento <strong>di</strong><br />

tenersi stretto il posto <strong>di</strong> lavoro:<br />

“La domenica da mezzogiorno fino alle 5 sono libera se ho bisogno, ma spesso<br />

resto in casa. Sono in sostituzione e faccio solo 2 mesi, ma spero tanto che mi<br />

confermino il posto!” (3FR).<br />

Per quanto concerne il mansionario lavorativo, la quasi totalità delle intervistate (56<br />

su 58) <strong>di</strong>chiara che i compiti richiesti non sono tutti legati strettamente all’assistenza<br />

dell’anziano: molto spesso il profilo della badante viene a comprendere anche le fac-<br />

cende domestiche.<br />

“Una badante fa tutto in casa: cucino, pulisco, bucato, spesa, curo il giar<strong>di</strong>no, li<br />

accompagno dal me<strong>di</strong>co” (2CG).


“Faccio tutto: dalla casa al giar<strong>di</strong>no. Per fort<strong>una</strong> ora dormo un po’ ma se l’anzia-<br />

no si sveglia, visto che dormo nella stanza insieme, sveglia anche me!” (4CG).<br />

“Preparo da magiare, faccio pulizie, lavo e stiro, anche per il figlio della signora<br />

che abita con lei” (4RS).<br />

“Faccio tutti i lavori <strong>di</strong> casa, vangare l’orto, pulire, poi coltivo l’orto e non mangio<br />

perché le verdure coltivate se le prendono i figli” (9RS).<br />

Il rapporto <strong>di</strong> lavoro “preferito”<br />

Forse, contrariamente a quanto si sarebbe potuto ipotizzare, la tipologia <strong>di</strong> rapporto<br />

<strong>di</strong> lavoro preferito dalle lavoratrici intervistate assume proprio i connotati della rego-<br />

larità completa (44 su 58) o parziale per 25 ore settimanali (12 su 58).<br />

Emerge peraltro la consapevolezza che un contratto in regola risulta penalizzante per<br />

il datore <strong>di</strong> lavoro, ma la preferenza per questa tipologia è collegata a <strong>una</strong> maggiore<br />

sicurezza <strong>di</strong> “potersi tenere il lavoro”, a <strong>una</strong> maggiore possibilità <strong>di</strong> fruire del “giorno<br />

libero oppure del periodo <strong>di</strong> ferie retribuite”, alla percezione che un lavoro regolare<br />

sia anche segno <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> <strong>una</strong> presenza regolare “se ho un lavoro regolare vuol<br />

<strong>di</strong>re che ho i documenti in regola...”. Proprio con riferimento a quest’ultima affer-<br />

mazione appare interessante <strong>di</strong>fferenziare le opinioni rispetto all’attuale con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> regolarità, constatando come <strong>una</strong> maggiore tendenza ai contratti completamente<br />

regolari sia riferibile alla componente attualmente priva <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno<br />

(26 su 33 rispetto 18 su 25).<br />

Grafico 15. Contratto <strong>di</strong> lavoro “preferito”<br />

67


68<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Il contesto lavorativo<br />

L’analisi del contesto lavorativo è stata sviluppata lungo due <strong>di</strong>rettrici: la prima ine-<br />

rente alla con<strong>di</strong>zione dell’anziano assistito e la seconda alla tipologia <strong>di</strong> struttura fa-<br />

miliare in cui è inserito.<br />

Per quanto concerne la prima <strong>di</strong>mensione è interessante approfon<strong>di</strong>re il livello <strong>di</strong><br />

per<strong>di</strong>ta dell’autosufficienza poiché questa comporta un notevole carico assistenziale,<br />

sia per lo svolgimento delle attività della vita quoti<strong>di</strong>ana sia per l’assistenza me<strong>di</strong>co-<br />

sanitaria. Va detto comunque che i risultati non esplicitano <strong>una</strong> valutazione oggettiva<br />

sulla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute degli anziani, cosa che avrebbe richiesto sicuramente un<br />

contributo <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>co, ma esprime la conoscenza e la percezione operativa <strong>di</strong> chi<br />

assiste nei confronti <strong>di</strong> chi è assistito.<br />

Con questa ottica esplorativa, l’elaborazione delle interviste fa emergere sostanzial-<br />

mente tre categorie <strong>di</strong> assistiti, definite sulla base <strong>di</strong> limitazioni funzionali e sensoria-<br />

li che vincolano lo svolgimento della vita quoti<strong>di</strong>ana:<br />

■ non autosufficienti totalmente <strong>di</strong>pendenti che comprendono quegli anziani con<br />

gravi limitazioni e che abbisognano <strong>di</strong> forme costanti <strong>di</strong> assistenza;<br />

■ parzialmente <strong>di</strong>pendenti, riferiti ad anziani con limitazioni funzionali contenute<br />

(quali la <strong>di</strong>fficoltà a camminare o a prepararsi il pranzo) oppure l’utilizzo frequente<br />

<strong>di</strong> farmaci e perciò la necesità <strong>di</strong> <strong>una</strong> qualche forma <strong>di</strong> supporto;<br />

Grafico 16. La con<strong>di</strong>zione degli anziani vista dalle badanti


■ autosufficienti, rappresentati da persone che abbisognano prevalentemente <strong>di</strong><br />

compagnia più che <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> assistenza vera e propria poiché sono in grado <strong>di</strong><br />

svolgere da soli tutte o quasi le normali attività quoti<strong>di</strong>ane.<br />

Come si evince dal grafico (Graf. 16), <strong>una</strong> quota significativa <strong>di</strong> anziani, pur trovando-<br />

si in <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> autosufficienza, fruisce del supporto <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante; la mag-<br />

gior parte degli assistiti è comunque ascrivibile alla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> completa non auto-<br />

sufficienza 26 . Dai racconti emergono alcune situazioni davvero pesanti e ciò induce a<br />

riflettere sul fatto che questo lavoro richiede un forte coinvolgimento alle lavoratrici<br />

anche sotto l’aspetto emozionale: si sottolinea come molte esigenze degli assistiti<br />

coinvolgano la sfera corporea (l’anziano necessita <strong>di</strong> essere lavato, cambiato, accu<strong>di</strong>to<br />

ecc.). Dalle interviste si rileva, per esempio:<br />

“...Quello che assisto adesso non cammina, deve essere lavato, ha bisogno <strong>di</strong><br />

tanti farmaci e ha la PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea)”. (8FR).<br />

“Adesso il signore che assisto ha bisogno <strong>di</strong> essere lavato, non cammina, non<br />

mangia da solo, ha bisogno <strong>di</strong> tanto. I figli vivono nella porta a fianco. Io sto da<br />

sola con lui ma viviamo tutti insieme. Ma io ho libertà...” (9FR).<br />

“...Lei ha l’ictus, la pressione, il cuore, la debolezza, non è sicura nel camminare<br />

anche per uscire” (6FR).<br />

“L’anziana non c’è con la testa, certe volte è violenta e non capisce... ha anche<br />

l’Alzheimer...” (2FR).<br />

L’esplorazione della seconda <strong>di</strong>mensione, ossia quella legata alla composizione del<br />

nucleo familiare in cui la badante è inserita, rivela come prevalente la famiglia uni<strong>di</strong>-<br />

mensionale ossia composta dal solo anziano assistito (67,2%), seguita dalla combi-<br />

nazione genitore-figli (17,2%) e coppia <strong>di</strong> coniugi anziani (12,1%).<br />

Peraltro la specifica composizione del nucleo familiare implica anche <strong>di</strong>fferenti rela-<br />

zioni con la rete parentale dell’assistito: laddove per esempio vi è la co-abitazione<br />

con figli, quest’ultimi si pongono a supporto dell’attività della badante:<br />

“La signora che assisto ha un figlio grande che non è sposato e abita con lei. Io<br />

lavoro dalle 7.00 alle 21.00 circa, poi va a letto la signora anziana ma se si sve-<br />

glia sono sempre là con lei. Non ho contratto, sono là con la signora e anche <strong>di</strong><br />

notte la aiuto se si sveglia e mi aiuta anche suo figlio però <strong>di</strong> notte” (4RS).<br />

26 L’analisi è stata sviluppata sulla<br />

totalità dei soggetti assistiti e il loro<br />

numero risulta superiore al numero<br />

<strong>di</strong> lavoratrici intervistate poiché alcune<br />

accu<strong>di</strong>scono a ore uno o più<br />

anziani.<br />

69


70<br />

27 La scala si articola in: insod<strong>di</strong>sfatta,<br />

poco sod<strong>di</strong>sfatta, abbastanza<br />

sod<strong>di</strong>sfatta, sod<strong>di</strong>sfatta, molto sod<strong>di</strong>sfatta.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

E non mancano situazioni in cui le intervistate <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> sentirsi veramente parte del-<br />

la famiglia a tal punto <strong>di</strong> ricevere anche dei significativi regali:<br />

“La famiglia dove lavoro per festeggiare il mio primo anno in Italia mi ha dato<br />

400 euro!” (3RS).<br />

Un bilancio dell’attuale lavoro<br />

Il livello complessivo <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione espresso dalle lavoratrici rispetto al lavoro at-<br />

tuale risulta abbastanza positivo: tradotto su <strong>una</strong> scala <strong>di</strong> punteggi da 1 (per nulla<br />

contenta) a 5 (molto contenta), il giu<strong>di</strong>zio delle intervistate si colloca sul 3,5, presen-<br />

tando però un’ampia variabilità (il range valutativo copre l’intera scala da 1 a 5).<br />

Alcune variabili influenzano particolarmente il giu<strong>di</strong>zio (Tab. 20):<br />

■ l’età cosicché le lavoratrici più anziane, probabilmente intravedendo oramai il ter-<br />

mine della propria esperienza migratoria, esprimono <strong>una</strong> valutazione più positiva;<br />

■ la scolarizzazione cosicché al crescere del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>minuisce la sod<strong>di</strong>sfa-<br />

zione per questo lavoro, comprovando come il crescente gap tra il proprio profilo<br />

professionale e l’occupazione attuale influenzi negativamente;<br />

■ la con<strong>di</strong>zione dell’assistito cosicché le situazioni a maggiore carico assistenziale<br />

inducono <strong>una</strong> minore sod<strong>di</strong>sfazione verso il proprio lavoro.<br />

Pur nella limitatezza numerica del campione è opportuno sottolineare come, contra-<br />

riamente a quanto si sarebbe potuto immaginare, il livello retributivo risulta inin-<br />

fluente sulla formulazione del giu<strong>di</strong>zio.<br />

Scendendo nel dettaglio dei singoli aspetti lavorativi, si è chiesto alle intervistate <strong>di</strong><br />

esprimere il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione rispetto a <strong>una</strong> batteria <strong>di</strong> item. La scala <strong>di</strong> valuta-<br />

zione è <strong>di</strong> tipo pseudo-quantitativo: essa risulta articolata su cinque livelli <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfa-<br />

zione 27 , tradotta per semplicità in <strong>una</strong> scala <strong>di</strong> punteggi da 1 (=insod<strong>di</strong>sfatta) a 5<br />

(=molto sod<strong>di</strong>sfatta) (Graf. 17).<br />

In generale si riscontra <strong>una</strong> <strong>di</strong>screta sod<strong>di</strong>sfazione con riferimento a tutti gli aspetti<br />

esaminati, anche se sussiste <strong>una</strong> certa variabilità interna. Per esempio, la minore<br />

sod<strong>di</strong>sfazione si ha relativamente all’adeguatezza del lavoro svolto con il profilo pro-<br />

fessionale della lavoratrice (punteggio me<strong>di</strong>o 2,6 e si <strong>di</strong>chiarano non sod<strong>di</strong>sfatte o


Tabella 20. Variabili che influenzano il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione sul lavoro<br />

Nazione <strong>di</strong> provenienza Punteggio me<strong>di</strong>o Con<strong>di</strong>zione assistito Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Romania 3,2 Autosufficiente 3,9<br />

Moldavia 3,3 Parz. autosufficiente 3,6<br />

Ucraina 3,9 Non autosufficiente 3,3<br />

Classi d’età Punteggio me<strong>di</strong>o Titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Inferiore a 30 anni 2,2 Lic. me<strong>di</strong>a inferiore 4,0<br />

30-39 anni 3,1 Qualifica profess. 3,8<br />

40-49 anni 4,2 Diploma superiore 3,5<br />

Superiore a 49 anni 3,9 Laurea 3,3<br />

Permesso <strong>di</strong> soggiorno Punteggio me<strong>di</strong>o Contratto <strong>di</strong> lavoro Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Sì 3,8 Sì 3,8<br />

No 3,3 No 3,3<br />

Grafico 17. Aspetti del proprio lavoro: il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione<br />

71


72<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

poco sod<strong>di</strong>sfatte 29 donne su 58), configurandosi <strong>di</strong> gran lunga l’aspetto più critico<br />

per le intervistate che annoverano un iter scolastico elevato e che nel Paese d’origine<br />

svolgevano professioni <strong>di</strong> un certo prestigio sociale (per questo sottoinsieme il pun-<br />

teggio me<strong>di</strong>o risulta pari a 2).<br />

Un altro aspetto critico concerne l’adeguatezza dell’orario <strong>di</strong> lavoro (punteggio me<strong>di</strong>o<br />

3 e si <strong>di</strong>chiarano non sod<strong>di</strong>sfatte o poco sod<strong>di</strong>sfatte 22 donne su 58): come c’è stato<br />

modo <strong>di</strong> evidenziare, si tratta <strong>di</strong> un lavoro che lascia poco spazio per se stesse e per<br />

il quale risulta improprio parlare <strong>di</strong> “orario <strong>di</strong> lavoro”, trattandosi il più delle volte <strong>di</strong><br />

un “coinvolgimento” 24 ore al giorno.<br />

Gli elementi che risultano, invece, più positivi sono ascrivibili alla sfera dei rapporti<br />

umani o relazionali con l’assistito e con i suoi familiari. Si configura come l’aspetto più<br />

sod<strong>di</strong>sfacente la valorizzazione delle capacità della badante da parte della famiglia<br />

(punteggio me<strong>di</strong>o 3,7 e si <strong>di</strong>chiarano molto sod<strong>di</strong>sfatte o sod<strong>di</strong>sfatte 35 donne su<br />

58); allo stesso modo i rapporti umani con i familiari e con l’assistito annoverano un<br />

buon livello <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione (punteggio me<strong>di</strong>o rispettivamente pari a 3,6 e 3,4, <strong>di</strong>-<br />

chiarandosi sod<strong>di</strong>sfatte o molto sod<strong>di</strong>sfatte rispettivamente 34 e 38 lavoratrici su 58).<br />

Va detto, comunque, che le singole esperienze e i vissuti presentano un’ampia va-<br />

rietà, ricostruibile soltanto attraverso i singoli racconti.<br />

“Io non sono sod<strong>di</strong>sfatta perché il lavoro non è adeguato alla mia preparazione,<br />

ma nessuno mi ha obbligata a farlo! Faccio questo lavoro per necessità, lo faccio<br />

solo per i sol<strong>di</strong>” (1FR).<br />

“Non è adeguato a me come lavoro, sono laureata in economia. Anche se è meglio<br />

che <strong>una</strong> badante sia laureata, impara prima la lingua! Vorrei anche uscire <strong>di</strong> più ma<br />

non è possibile. Con i familiari va abbastanza bene: ho un rapporto <strong>di</strong>retto” (10FR).<br />

“Mi trovo bene con l’anziano e con i familiari, il lavoro non è adeguato a quello<br />

che sono io, facevo la ragioniera..., ma questo lavoro era anche quello che facevo<br />

a casa tutti i giorni” (12FR).<br />

“Il lavoro comunque è bello, le figlie dell’anziano sono due brave ragazze, <strong>una</strong><br />

stu<strong>di</strong>a e l’altra lavora, mi aiutano certe volte... Sono contenta <strong>di</strong> questo lavoro,<br />

però non vorrei che mia figlia lo facesse!” (5FR).<br />

“Mi <strong>di</strong>cono che sono brava, buona e bella! Mi piace il lavoro che faccio, e i fami-<br />

liari sono bene educati e ci tengo a loro” (3FR).


“Sono molto contenta perché ho trovato <strong>una</strong> famiglia che mi sta veramente dan-<br />

do <strong>una</strong> mano, anche quando si è sposata mia figlia..., spesso mi danno vestiti<br />

che invio ai miei figli. La signora che ho assistito (adesso assisto suo marito) per<br />

me era come <strong>una</strong> madre” (1RS).<br />

“Non conosco i familiari dell’anziano, non li sento mai, solo la sorella che vive in<br />

Canada chiama ogni tanto, ci sono solo io!» (4FR).<br />

Il lavoro desiderato... potendo scegliere<br />

Da ultimo è stato richiesto <strong>di</strong> esplicitare quale sia il lavoro che le intervistate, poten-<br />

do scegliere, farebbero: si possono <strong>di</strong>stinguere tre tipologie <strong>di</strong> risposta, da cui deriva-<br />

no anche tre profili identitari (Graf. 18).<br />

Grafico 18. Il lavoro desiderato... potendo scegliere<br />

“...Potendo scegliere farei la badante”<br />

È questa <strong>una</strong> risposta data da 23 donne su 58 e che viene giustificata da <strong>una</strong> visione<br />

realistica della situazione contingente. C’è la necessità <strong>di</strong> lavorare, c’è la necessità <strong>di</strong><br />

guadagnare, non si intravedono altre possibilità occupazionali, in taluni casi per la<br />

mancanza <strong>di</strong> regolari documenti, in altri per il mancato riconoscimento dei titoli <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o acquisiti nel Paese d’origine, in altri ancora per la non corretta padronanza del-<br />

la lingua italiana. Si riportano al riguardo alcune significative testimonianze.<br />

“Farei la badante perché tanto non si trova altro! Mi piacerebbe farlo a ore e con<br />

<strong>una</strong> camera per me!” (4CG).<br />

73


74<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“Mi piace fare la badante perché è come occuparsi <strong>di</strong> casa mia, e ci tengo a fa-<br />

re le cose con amore, sono abituata così e non voglio cambiare, farei comun-<br />

que questo!” (3FR).<br />

“Sono contenta per il mio lavoro <strong>di</strong> adesso: i figli dell’anziana sono buonissimi.<br />

Per me è o.k. fare la badante perché ho lavoro, casa e da mangiare. Per me sa-<br />

rebbero troppe le spese da sostenere se avessi un altro lavoro” (10DM).<br />

“Sono contenta del lavoro, vorrei fare la badante, lavorare in fabbrica, non so, co-<br />

munque questo mi piace, è tranquillo. La fabbrica forse è per i più giovani” (12FR).<br />

“...Potendo scegliere vorrei un lavoro in fabbrica”<br />

È questa <strong>una</strong> risposta data da 10 donne su 58 e che si colloca come compromesso<br />

tra le possibilità realmente offerte dal mercato del lavoro locale e le aspirazioni verso<br />

un miglioramento dello status della lavoratrice. Si riportano al riguardo alcune signifi-<br />

cative testimonianze.<br />

“Mi piacerebbe un lavoro in fabbrica, così ho più tempo libero, non dovrei lavo-<br />

rare a Natale, se malata mi pagano, il giorno <strong>di</strong> festa la paga è doppia, mi pa-<br />

gano le ferie, c’è la tre<strong>di</strong>cesima... Qua pagano doppio per giorni <strong>di</strong> festa solo in<br />

uno dei due lavori che faccio! E poi mi piacerebbe un posto dove lavorano in<br />

tanti, sono stufa da sola!” (8FR).<br />

“Vorrei avere un lavoro che non mi impegni tutta la giornata, per esempio la ca-<br />

meriera in un bar. Mi accontenterei anche <strong>di</strong> un lavoro come operaia: non esiste<br />

più che lavoro 24 ore su 24! Il lavoro <strong>di</strong> badante non mi permette <strong>di</strong> avere tempo<br />

per me stessa” (2AC).<br />

“Va bene così perché mi fermo per pochi anni, sennò vorrei fare pulizie. Il mio<br />

scopo è mantenere la famiglia. Anche mi piacerebbe tanto fare un lavoro in fab-<br />

brica, ma lì dovrei fermarmi per più anni. Voglio tornare a casa, non voglio la cit-<br />

ta<strong>di</strong>nanza, voglio solo i documenti per tornare a casa” (9FR).<br />

“...Potendo scegliere farei il lavoro che facevo nel mio Paese”<br />

È questa <strong>una</strong> risposta data da 25 donne su 58 e che esprime <strong>una</strong> visione più “ideali-<br />

stica” rispetto alle precedenti ed è dettata dall’insod<strong>di</strong>sfazione per un lavoro che <strong>di</strong><br />

fatto è svolto per necessità, ma che nulla ha a che vedere con la propria preparazione.<br />

Nello specifico è <strong>una</strong> opinione espressa principalmente da quelle donne maggiormente


secolarizzate e che ricoprivano posizioni <strong>di</strong> prestigio: ne emerge pertanto <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> in-<br />

sod<strong>di</strong>sfazione legata allo status sociale delle professioni, ricordando la propria occupazio-<br />

ne originaria come nettamente migliore rispetto a quanto si trovano qui a svolgere. Vie-<br />

ne peraltro espressa la consapevolezza che il tessuto produttivo locale appare poco inte-<br />

ressato alle loro qualifiche. Si riportano al riguardo alcune significative testimonianze.<br />

“Vorrei fare il lavoro che facevo in Ucraina: ero ingegnere chimico!” (5DM), “...ero<br />

insegnante <strong>di</strong> biologia e vorrei fare quello” (6DM), “...facevo la commercialista per<br />

<strong>una</strong> banca e vorrei esserlo ancora” (8DM).<br />

“Sono laureata in Economia e commercio, facevo l’impren<strong>di</strong>trice. Il mio sogno sa-<br />

rebbe <strong>di</strong> tornare in Ucraina e aprire un’azienda import-export” (8DM).<br />

“Ho stu<strong>di</strong>ato per ragioniera, lavoravo in banca, vorrei essere impiegata in banca...<br />

ma qui le regole <strong>di</strong> contabilità sono <strong>di</strong>verse che da noi (in Ucraina) e molte cose<br />

sono fatte in modo <strong>di</strong>verso...” (9DM).<br />

“Quello che facevo prima in Moldavia... Mi piacerebbe lavorare in <strong>una</strong> <strong>di</strong>tta e fare<br />

contabilità così alla sera sono libera e ho un contratto regolare, la notte dormo e<br />

sabato e domenica libere!” (4RS).<br />

“Vorrei lavorare in banca come impiegata, come facevo nel mio Paese (l’Ucrai-<br />

na), sentirsi <strong>una</strong> persona per tornare se stessa, essere gratificata professional-<br />

mente” (9RS).<br />

“Sono laureata in Letteratura e Lingua russa e francese... facevo l’insegnante <strong>di</strong><br />

francese e russo e collaboravo anche per <strong>una</strong> <strong>di</strong>tta per le traduzioni (specificata-<br />

mente nei rapporti con la Francia). Mi piacerebbe fare l’insegnante <strong>di</strong> letteratura<br />

e lingua russa. Ma qui non posso fare altro che questo lavoro, non posso fare ri-<br />

conoscere i miei titoli scolastici, la laurea non è riconosciuta, dovrei rimettermi a<br />

stu<strong>di</strong>are qui ma non posso... Chi mi mantiene? Sono io che mantengo la mia fa-<br />

miglia in Moldavia!” (2RS).<br />

Un volano “a <strong>di</strong>stanza” per la propria<br />

economia familiare<br />

La preoccupazione prioritaria, o per meglio <strong>di</strong>re, l’obiettivo principale <strong>di</strong> questa tipologia<br />

<strong>di</strong> immigrazione, che ha lasciato la propria Terra per lavorare all’estero, è rappresentato<br />

75


76<br />

28 Con eccezione delle due lavoratrici<br />

che non hanno voluto <strong>di</strong>chiarare<br />

l’importo.<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

dal guadagnare e risparmiare al fine <strong>di</strong> inviare denaro alla propria famiglia nel Paese <strong>di</strong><br />

provenienza. È vero inoltre che queste lavoratrici, godendo <strong>di</strong> vitto e alloggio e “spen-<br />

dendo poco o nulla per sé stesse” riescono più <strong>di</strong> altre a risparmiare: si conta infatti che<br />

siano in grado, con qualche anno <strong>di</strong> lavoro in Italia, <strong>di</strong> cambiare la propria qualità <strong>di</strong> vita<br />

nel Paese d’origine, potendo acquistare <strong>una</strong> casa o avviare un’attività o, comunque, offri-<br />

re un futuro migliore a sé stesse e ai propri familiari. In questa visione viene rafforzato il<br />

ruolo della donna all’interno della gestione <strong>di</strong> <strong>una</strong> “economia domestica a <strong>di</strong>stanza” e la<br />

migrazione acquista il significato più ampio <strong>di</strong> progetto <strong>di</strong> strategia familiare.<br />

A fronte <strong>di</strong> queste considerazioni, si è voluto approfon<strong>di</strong>re se e quanto della loro re-<br />

tribuzione venga effettivamente inviata al Paese d’origine, attraverso quali modalità<br />

<strong>di</strong> invio, ma soprattutto a che cosa sono finalizzati questi risparmi.<br />

Grafico 19. Percentuale dello stipen<strong>di</strong>o mensile inviata nel Paese d’origine<br />

Fatta eccezione per due intervistate che manifestano la esplicita volontà <strong>di</strong> non <strong>di</strong>-<br />

chiarare quanto inviano al proprio Paese d’origine, le altre 56 lavoratrici confermano<br />

<strong>di</strong> riuscire a risparmiare gran parte dello stipen<strong>di</strong>o per inviarlo ai propri familiari.<br />

Per cercare <strong>di</strong> quantificare il “quantum” sono stati calcolati l’importo complessivo degli<br />

stipen<strong>di</strong> mensili percepiti dalle 56 intervistate 28 e l’importo complessivo mensile che<br />

le stesse <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> inviare al Paese <strong>di</strong> provenienza. A fronte <strong>di</strong> un totale-stipen<strong>di</strong><br />

pari a circa 44.000 euro, le rimesse ammontano a circa 25.500 euro, ossia al 58%.<br />

Esiste, però, un’ampia varietà <strong>di</strong> comportamenti (Graf. 19): si va da chi <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non


trasferire nulla, a chi invia il 15% della propria paga mensile, fino ad arrivare al 95%;<br />

tuttavia più della metà delle intervistate invia <strong>una</strong> percentuale superiore al 60%.<br />

È significativo quantificare se sussistano <strong>di</strong>fferenziazioni notevoli per Paese <strong>di</strong> prove-<br />

nienza: soffermando l’analisi alle tre nazionalità maggiormente rappresentate, si rile-<br />

va che la quota parte maggioritaria <strong>di</strong> rimesse è ascrivibile alle moldave, seguite a<br />

breve <strong>di</strong>stanza dalle ucraine (Tab. 21). Dalle testimonianze si evince anche che le re-<br />

tribuzioni percepite in Italia risultano <strong>di</strong> gran lunga superiori agli stipen<strong>di</strong> percepiti nei<br />

Paesi d’origine, specie con riferimento ai Paesi più poveri (Moldavia e Ucraina): in<br />

questi Paesi non si può affermare che sia l’assenza <strong>di</strong> lavoro la causa della crisi eco-<br />

nomica delle famiglie, quanto piuttosto i bassi stipen<strong>di</strong> e l’elevato costo della vita.<br />

Tabella 21. Quantificazione delle rimesse per Paese <strong>di</strong> provenienza<br />

Nazione <strong>di</strong> Num. Totale degli Stipen<strong>di</strong>o Totale delle Rimessa % rimesse<br />

provenienza intervistate stipen<strong>di</strong> me<strong>di</strong>o rimesse me<strong>di</strong>a su stipen<strong>di</strong><br />

mensili pro capite <strong>di</strong>chiarate pro capite<br />

Moldavia 16 € 13.530 € 845,63 € 10.200 € 637,50 75,4%<br />

Ucraina 22 € 17.007 € 773,05 € 10.280 € 467,27 60,4%<br />

Romania 12 € 8.800 € 733,33 € 3.110 € 259,17 35,3%<br />

Una ulteriore variabile <strong>di</strong>scriminante è rappresentata dalla regolarità o meno delle lavo-<br />

ratrici (Tab. 22): il sottogruppo delle donne senza permesso <strong>di</strong> soggiorno invia nel Paese<br />

<strong>di</strong> provenienza <strong>una</strong> quota del proprio stipen<strong>di</strong>o superiore alle rimesse delle lavoratrici re-<br />

golari (me<strong>di</strong>amente il 63,8% rispetto al 49,7%). Questo <strong>di</strong>verso atteggiamento potreb-<br />

be trovare <strong>una</strong> spiegazione nel fatto che la lavoratrice priva <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno ha<br />

qui un progetto migratorio “poco spen<strong>di</strong>bile” e legato alla temporalità; quando invece la<br />

sua presenza viene a regolarizzarsi e il progetto migratorio trova un orizzonte <strong>di</strong> senso<br />

qui in Italia, allora può assumere un significato anche il trattenere più sol<strong>di</strong> per sé.<br />

Tabella 22. Quantificazione delle rimesse per con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> regolarità<br />

Possesso del Num.* Totale degli Stipen<strong>di</strong>o Totale delle Rimessa % rimesse<br />

permesso intervistate stipen<strong>di</strong> me<strong>di</strong>o rimesse me<strong>di</strong>a su stipen<strong>di</strong><br />

soggiorno mensili pro capite <strong>di</strong>chiarate pro capite<br />

No 32 € 25.930 € 810,31 € 16.540 € 516,88 63,8%<br />

Sì 24 € 17.987 € 749,46 € 8.940 € 372,50 49,7%<br />

*Con eccezione delle due lavoratrici che non hanno <strong>di</strong>chiarato l’importo.<br />

77


78<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Le cifre inviate <strong>di</strong>ventano <strong>di</strong> fatto un “volano” <strong>di</strong> sostegno familiare e potenziale svi-<br />

luppo del Paese d’origine (Graf. 20): se si approfon<strong>di</strong>scono gli ambiti a cui sono fina-<br />

lizzate, si osserva come il mantenimento della propria famiglia (ossia dei figli e del<br />

marito) o <strong>di</strong> quella originaria (genitori e fratelli) costituiscano i motivi predominanti<br />

(sono citati rispettivamente da 16 e 15 lavoratrici su 56).<br />

Merita poi un approfon<strong>di</strong>mento specifico la motivazione legata al garantire ai propri<br />

figli la possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are (21 su 56): a tale proposito alcuni racconti mettono in lu-<br />

ce come, dopo la separazione dell’Ucraina e della Moldavia dall’Unione Sovietica,<br />

scuola e sanità siano <strong>di</strong>ventate a pagamento e la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> valore del denaro (sti-<br />

pen<strong>di</strong> al ribasso) precludano l’accesso scolastico ai giovani, oltre che quello assisten-<br />

ziale per i familiari malati.<br />

Grafico 20. A che cosa servono le rimesse<br />

L’analisi sulle modalità <strong>di</strong> invio del denaro si è rivelata abbastanza critica e per alcuni<br />

versi è stato <strong>di</strong>fficile ottenere le <strong>di</strong>chiarazioni delle lavoratrici (Graf. 21).<br />

Nel complesso, si può <strong>di</strong>re che prevalga la soluzione dei circuiti informali, cioè l’affi-<br />

dare il denaro ad amici e/o “me<strong>di</strong>atori” che lo recapitano <strong>di</strong>rettamente applicando<br />

<strong>una</strong> “commissione” (<strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> appoggiarsi a me<strong>di</strong>atori ben 30 donne su 56).<br />

Si riscontra poi che l’utilizzo <strong>di</strong> circuiti ufficiali, quali la banca o la posta, talora viene<br />

alternato con l’appoggio a canali informali. Infatti il canale bancario viene utilizzato<br />

soltanto dalle immigrate meglio inserite perché per effettuare un bonifico internazio-<br />

nale è necessario essere titolari <strong>di</strong> un conto corrente bancario. Proprio per questo


motivo alcune donne prive <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong> soggiorno <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> appoggiarsi a loro<br />

connazionali regolari e <strong>di</strong> inviare il denaro dal conto corrente <strong>di</strong> questi ultimi.<br />

Un’altra soluzione consiste nell’usufruire <strong>di</strong> società specializzate nel Money Transfer,<br />

spesso gestite da stranieri: per questi servizi non è necessario essere titolari <strong>di</strong> conti<br />

correnti o carte <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to, è sufficiente recarsi nell’agenzia convenzionata con un do-<br />

cumento <strong>di</strong> identità e il denaro in contanti, versare <strong>una</strong> commissione correlata all’im-<br />

porto da trasferire, in<strong>di</strong>care la località e il destinatario.<br />

Sebbene la figura del “me<strong>di</strong>atore” rimanga per molti versi nebulosa (molte donne<br />

<strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> non volerne parlare per non avere problemi), risulta significativo ripor-<br />

tare alcune testimonianze.<br />

“Prendo 700 euro e ne invio in Moldavia quasi 700! Servono per pagare i debiti e<br />

poi per mangiare; con quei sol<strong>di</strong> aiuto tutta la mia famiglia! Tutte le domeniche li<br />

invio tramite i me<strong>di</strong>atori: pago <strong>una</strong> quota a chilo per i pacchi e poi <strong>una</strong> quota a<br />

seconda <strong>di</strong> quanti sol<strong>di</strong>. Ma a volte nascondo i sol<strong>di</strong> anche nei pacchi” (2FR).<br />

“Lo stipen<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> 600 euro, 500 li mando a casa in Moldavia per mia madre<br />

malata, due figli e un nipote. Sono motivi <strong>di</strong> sopravvivenza! Li invio con i me<strong>di</strong>ato-<br />

ri: non mi fido delle banche e anche se mi costa, uso loro!” (9FR).<br />

“Il mio stipen<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> 800 euro, invio 720 euro al mese, mi tengo solo i sol<strong>di</strong> per<br />

la scheda telefonica e qualche spesa per me... I sol<strong>di</strong> servono per pagare i debiti,<br />

le spese per la casa e per mantenere mio marito e mia figlia. Invio tutto con il<br />

pullman che va in Moldavia” (4CG).<br />

“Guadagno 750 euro al mese, tutto in nero, non in regola, non ho permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno. I sol<strong>di</strong> vengono nascosti dentro ai pacchi che vengono spe<strong>di</strong>ti in Mol-<br />

davia per i familiari, non mi fido dei me<strong>di</strong>atori che ci sono qua, meglio quelli del<br />

pullman. Questi me<strong>di</strong>atori vengono pagati per fare il loro servizio <strong>di</strong> portare le co-<br />

se là (non specifica quanto). I sol<strong>di</strong> li mando solo con il pullman” (11RS).<br />

“Un pullman ogni giorno parte da Vicenza carico <strong>di</strong> pacchi e sol<strong>di</strong> per la Roma-<br />

nia. È come <strong>una</strong> posta. Se c’è urgenza sfrutto la West Union” (6AC).<br />

“Guadagno 1.200 euro e invio 200 al figlio che è in Moldavia e 100 a mia madre: è<br />

per aiutarli economicamente. Invio tramite i me<strong>di</strong>atori che si trattengono il 4%, ma<br />

preferisco loro perché fanno presto! L’altra figlia che è qua con me sta stu<strong>di</strong>ando alla<br />

scuola superiore e sono molto orgogliosa <strong>di</strong> poter fare stu<strong>di</strong>are mia figlia!” (4DM).<br />

79


80<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“Prendo 930 euro, ne invio 650 per mantenere le mie figlie. I sol<strong>di</strong> che mi servo-<br />

no qua sono soprattutto per il telefono. L’invio è tramite la banca” (6CG).<br />

“Io non ho permesso <strong>di</strong> soggiorno, non sono regolare. Non posso fare io il pas-<br />

saggio dei sol<strong>di</strong>. Mi aiuta <strong>una</strong> mia amica che è regolare e ha il conto in banca e<br />

mi spe<strong>di</strong>sce a casa (in Moldavia) i sol<strong>di</strong>” (2RS).<br />

“Guadagno 900 euro al mese e ne mando il 90% là in Ucraina. All’inizio manda-<br />

vo a casa sol<strong>di</strong> per comperare <strong>una</strong> casa, ora invece li tengo qua. Sono laureata in<br />

finanza, ero ispettrice <strong>di</strong> dogana. Qui non ho permesso <strong>di</strong> soggiorno... I sol<strong>di</strong> li ho<br />

spe<strong>di</strong>ti a casa tramite un’agenzia, solo che si tengono il 18%: sono dei ladri seb-<br />

bene la spe<strong>di</strong>zione sia legale!” (9RS).<br />

“Guadagno 850 euro al mese tutto in nero e lavoro 24 ore al giorno, ho il sabato<br />

libero e due ore al giorno. Non mi sento <strong>di</strong> <strong>di</strong>re quanto invio... Lo faccio tramite un<br />

mio amico: è lui che porta là i sol<strong>di</strong> e anche il resto. Tutto serve per mantenere<br />

mia madre e mia figlia che sono in Bielorussia, mio marito è morto...” (10DM).<br />

Grafico 21. I canali per l’invio delle rimesse<br />

La scelta <strong>di</strong> emigrare è legata strettamente al peggioramento economico che ha coinvol-<br />

to il Paese <strong>di</strong> provenienza (lo affermano 56 intervistate su 58) e, grazie al lavoro <strong>di</strong> assi-<br />

stente familiare, la con<strong>di</strong>zione della propria famiglia può in qualche modo migliorarsi.<br />

Ben 36 lavoratrici <strong>di</strong>chiarano che, attraverso il lavoro <strong>di</strong> badante, la propria situazione<br />

economica familiare è <strong>di</strong> molto migliorata (Graf. 22), ma per comprendere meglio<br />

quanto lo sia e perché si riportano alcuni racconti.


“Dopo che il mio Paese si è staccato dalla Russia è stato un <strong>di</strong>sastro perché i prezzi<br />

si sono alzati tantissimo e gli stipen<strong>di</strong> abbassati. Mia mamma lavora in Comune e<br />

guadagna 80 euro al mese. Come facciamo a vivere? Con il mio lavoro qui abbia-<br />

mo potuto fare stu<strong>di</strong>are mio fratello e mantenere <strong>di</strong>gnitosamente i miei genitori.<br />

Ogni mese mando a casa tanti sol<strong>di</strong> (800 euro) quanti mia mamma ne guadagna<br />

in 10 mesi!” (2RS).<br />

“È migliorata tanto la mia situazione economica: mia figlia stu<strong>di</strong>a, la casa è a po-<br />

sto. Io non pagavo per stu<strong>di</strong>are! Per la casa ci abbiamo messo 14 anni... 5 anni<br />

fa i sol<strong>di</strong> valevano <strong>di</strong> più, ora molto meno!” (1FR).<br />

“La situazione è migliorata tanto! Mando molto da vestire e da vivere, è un aiuto<br />

grande per tutti perché mi adatto io. Mando anche per i vicini <strong>di</strong> casa!” (9FR).<br />

“Quando sono rimasta vedova non è come qui in Italia che la vedova prende i<br />

sol<strong>di</strong> e da sola non riuscivo a mantenere la famiglia. Non è che là il lavoro man-<br />

chi, è che pagano poco! Con questo lavoro ho fatto stu<strong>di</strong>are i miei figli. La figlia<br />

più grande è laureata e si è sposata. Il figlio stu<strong>di</strong>a ancora all’università” (7RS).<br />

“Economicamente la situazione della mia famiglia è abbastanza migliorata, vi-<br />

sto che quello che guadagno qui in un anno è quanto avrei guadagnato in Ro-<br />

mania in 5 anni!” (1AC).<br />

“A fare l’infermiera strumentista nel mio Paese guadagnavo solo 50 euro al me-<br />

se. Adesso i miei figli stu<strong>di</strong>ano, ho pagato tutti i debiti che avevo (e sono qua da<br />

4 anni), ora speriamo vada meglio, ma servono molti sol<strong>di</strong> per curare mio mari-<br />

to, per aiutare i parenti, che quando avevo bisogno mi hanno aiutato” (9CG).<br />

Grafico 22. Quanto il lavoro <strong>di</strong> badante induce un miglioramento nella situazione economica familiare<br />

81


82<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“È troppo presto per <strong>di</strong>rlo, perché i sol<strong>di</strong> che mando a casa in Moldavia adesso<br />

servono per sopravvivere. Spero <strong>di</strong> riuscire un po’ alla volta ad acquistare attrez-<br />

zatura per lavorare i campi <strong>di</strong> mia proprietà e tornare a vivere in Moldavia” (3RS).<br />

Le testimonianze fin qui addotte portano a concludere che si sia in presenza <strong>di</strong> <strong>una</strong><br />

immigrazione collocata all’interno <strong>di</strong> precise strategie familiari, che resta legata al<br />

Paese <strong>di</strong> provenienza e che concorre allo sviluppo familiare: è un’opportunità per fare<br />

stu<strong>di</strong>are i figli, apporta un maggiore benessere per l’in<strong>di</strong>viduo e la sua famiglia, per-<br />

mette un livello <strong>di</strong> consumi <strong>di</strong>verso, può talora consentire l’avvio <strong>di</strong> un’attività im-<br />

pren<strong>di</strong>toriale nel Paese d’origine.<br />

La presenza lontana dei figli da gestire<br />

Così come la maggior parte delle intervistate <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> essere coniugata, la maggior<br />

parte <strong>di</strong> esse ha figli (45 su 58), calcolando un numero me<strong>di</strong>o pro capite pari a due:<br />

avendo però lasciato la propria famiglia nel Paese d’origine, si trova a vivere <strong>una</strong> con-<br />

<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> famiglia “<strong>di</strong>sgiunta”.<br />

Nel complesso sono <strong>di</strong>stinguibili cinque profili <strong>di</strong> donne, riflesso <strong>di</strong> cinque <strong>di</strong>fferenti<br />

percorsi migratori (Tab. 23):<br />

■ donne senza figli (13 su 58) <strong>di</strong> giovane età (me<strong>di</strong>amente intorno ai 30 anni), pre-<br />

valentemente <strong>di</strong> origine rumena, emigrate quasi sempre da sole;<br />

■ donne con figli nati in Italia (3 su 58) <strong>di</strong> giovane età (me<strong>di</strong>amente attorno ai 35<br />

anni) <strong>di</strong> origine rumena, che sono state raggiunte qui dal marito o che qui lo han-<br />

no raggiunto;<br />

■ donne con figli in parte nel Paese d’origine e in parte emigrati in Italia (4 su<br />

58), <strong>di</strong> età relativamente più matura (me<strong>di</strong>amente attorno ai 45 anni);<br />

■ donne con figli in parte nel Paese d’origine e in parte emigrati in altri Paesi eu-<br />

ropei (3 su 58), <strong>di</strong> età più matura (me<strong>di</strong>amente attorno ai 50 anni), che in taluni<br />

casi sono state raggiunte qui dai figli ormai adulti oppure hanno deciso successiva-<br />

mente <strong>di</strong> raggiungere qui i loro figli adulti;<br />

■ donne con figli rimasti nel Paese d’origine (35 su 58), <strong>di</strong> età relativamente matura<br />

(me<strong>di</strong>amente attorno ai 44 anni), e che non prevedono un ricongiungimento familia-<br />

re in Italia, ma considerano la loro migrazione soltanto <strong>una</strong> esperienza temporanea.


Alla luce dei dati raccolti, l’approfon<strong>di</strong>mento su quanti figli sono rimasti nel Paese d’o-<br />

rigine, oltre a mettere in luce la netta “separazione” dei figli dalle loro madri e la<br />

conseguente espropriazione delle cure affettive e materne dalla propria famiglia,<br />

evidenzia anche alcune situazioni <strong>di</strong> nuclei familiari “<strong>di</strong>saggregati” o “trasnazionali”,<br />

ove i componenti si trovano a vivere in più Paesi <strong>di</strong>versi. A dar conto <strong>di</strong> questa osser-<br />

vazione si riportano i seguenti racconti:<br />

“Ho due figli: uno in Portogallo e ha 30 anni, uno in Ucraina e ha 23 anni e sta<br />

con mio marito e mio suocero” (12FR).<br />

“Ho due figli: <strong>una</strong> figlia stu<strong>di</strong>a e abita con mio marito in Moldavia, l’altro lavora in<br />

Israele, è spostato e ha un figlio” (4CG).<br />

“Una figlia stu<strong>di</strong>a in Romania (ha 20 anni) e l’altra figlia è <strong>di</strong>soccupata nel mio Pae-<br />

se (Moldavia) e ha 23 anni. Mio marito è <strong>di</strong>sperso, da 8 anni non ho più sue noti-<br />

zie! Vorrei che le mie figlie potessero raggiungermi e trovare un lavoro qui” (6CG).<br />

“Ho tre figli: <strong>una</strong> lavora in Italia come badante anche lei e vive da sola, gli altri<br />

due sono rimasti in Ucraina e uno è me<strong>di</strong>co e l’altro è agricoltore. Sono tutti spo-<br />

sati” (4FR).<br />

Un ulteriore aspetto degno <strong>di</strong> nota è rappresentato dall’analisi della tipologia <strong>di</strong> care-<br />

giver per i figli, siano essi qui al seguito della loro madre oppure siano rimasti nel<br />

Paese d’origine.<br />

Tabella 23. Profili delle donne relativamente alla collocazione della prole<br />

Profilo delle Num. Età me<strong>di</strong>a Permesso <strong>di</strong> Nazione <strong>di</strong> provenienza<br />

donne donne soggiorno<br />

Sì No Moldavia Ucraina Romania Altre<br />

Con figli in parte nel Paese<br />

d’origine e in parte emigrati<br />

in altri Paesi europei 3 49 anni 3 0 1 1 0 1<br />

Con figli in parte nel Paese<br />

d’origine e in parte emigrati<br />

in Italia 4 45 anni 4 0 1 1 0 2<br />

Con figli rimasti nel Paese<br />

d’origine 35 44 anni 12 23 11 19 3 2<br />

Con figli nati in Italia 3 35 anni 2 1 0 0 2 1<br />

Senza figli 13 30 anni 4 9 3 1 7 2<br />

83


84<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Come visto, 7 donne su 58 <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> avere i propri figli, o alcuni <strong>di</strong> loro, qui in Ita-<br />

lia: fatta eccezione per 2 donne i cui i figli sono adulti e anch’essi coniugati, nel resto<br />

dei casi durante l’attività lavorativa della madre i bambini vengono usualmente accu-<br />

<strong>di</strong>ti da familiari o amici (per esempio la sorella della badante oppure da amiche con-<br />

nazionali) come riportato nelle seguenti testimonianze:<br />

“Ora abito in <strong>una</strong> casa in affitto con mio figlio, c’è <strong>una</strong> ragazza rumena che sta<br />

con mio figlio quando io lavoro. Mia mamma mi ha raggiunta qua, anche lei è<br />

badante” (8FR).<br />

“Ho due figli nati qua in Italia: fanno il tempo pieno a scuola e poi c’è <strong>una</strong> vicina<br />

che li guarda finché lavoro” (3DM).<br />

“È emigrato prima mio marito e poi io l’ho raggiunto con mio figlio. Finché io la-<br />

voro, mio figlio frequenta le elementari e nel pomeriggio lo tiene mia sorella o<br />

qualche nostra amica” (4AC).<br />

Per tutte le altre madri, i figli restano lontani, nel Paese d’origine, e generalmente so-<br />

no accu<strong>di</strong>ti dai mariti oppure dai nonni (Graf. 23). A ogni modo, qualunque sia la siste-<br />

mazione che le madri hanno scelto per i loro figli, la maggior parte <strong>di</strong> queste donne si<br />

trova a soffrire profondamente per questa lontananza, acquisendo però forza dal fatto<br />

che si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> esperienza temporanea. Risulta altamente espressiva questa affer-<br />

mazione raccolta: “... con questo lavoro guadagno sol<strong>di</strong> ma perdo i figli!” (7FR).<br />

Peraltro le intervistatrici segnalano spesso la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> racconti rotti dall’emozione<br />

quando si tocca l’argomento degli affetti familiari (“...è molto giù <strong>di</strong> corda, è rassegna-<br />

ta ma non solo per il suo lavoro e la sua vita qui, le manca tanto la famiglia...”; “...ho<br />

fatto fatica a farle domande sulla sua famiglia perché era molto emozionata...”).<br />

È vero dunque che per molte donne immigrate i costi nascosti dell’emigrazione <strong>di</strong>-<br />

ventano palesi al rientro nel Paese d’origine, dove le cose sono cambiate durante la<br />

loro assenza e i figli sono cresciuti privati della loro presenza. La lontananza dai figli<br />

fa sì che la mancanza della moglie/madre <strong>di</strong>venga mancanza <strong>di</strong> un perno fonda-<br />

mentale delle relazioni familiari. Il reingresso della lavoratrice nel proprio nucleo fa-<br />

miliare può presentarsi complesso per varie ragioni: il rapporto “sospeso” con i figli,<br />

come si è detto; <strong>una</strong> crisi nei rapporti <strong>di</strong> coppia a causa della lontananza oppure la<br />

<strong>di</strong>fficoltà a passare da un certo contesto a un altro (vivere in Italia è sicuramente <strong>di</strong>-<br />

verso rispetto al vivere in Moldavia o in Ucraina, non solo a livello economico ma an-


che come stile <strong>di</strong> vita), richiedendo alla donna <strong>di</strong> “ri-abituarsi” al contesto originario.<br />

Ciò detto, come si avrà meglio modo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re nel prosieguo, un’ipotesi <strong>di</strong> ri-<br />

congiungimento familiare qui in Italia non rientra affatto nelle attese della maggio-<br />

ranza delle intervistate.<br />

Grafico 23. Tipologia <strong>di</strong> caregiver per i figli rimasti nel Paese d’origine<br />

I vissuti e le esperienze personali presentano comunque un’ampia varietà che rende<br />

in effetti riduttiva qualsiasi schematizzazione numerica; per rendere quin<strong>di</strong> ragione <strong>di</strong><br />

queste <strong>di</strong>fferenziazioni si riportano alcuni racconti.<br />

“Ho tre figli che stanno in Moldavia con mio marito: da quando sono in Italia<br />

(2004) non sono mai tornata in Moldavia perché non sono regolare e dovrei pa-<br />

gare 5.000 euro e comunque non è un viaggio sicuro” (1RS).<br />

“Ho un figlio e sta con mio marito. Mio marito e i miei suoceri abitano insieme co-<br />

sì mio marito li aiuta perché sono anziani, lui lavora e aiuta i suoi” (4RS).<br />

“Ho due figli che stanno là con la madrina <strong>di</strong> battesimo. Io ritornerò in Russia<br />

quando non avrò più grossi problemi economici! Qui ho fatto la richiesta <strong>di</strong> per-<br />

messo <strong>di</strong> soggiorno e sono in attesa” (8RS).<br />

“I miei figli sono adulti, si arrangiano, vivono con mio marito... Non voglio che<br />

vengano qua! Io rimango qua da sola finché non cambiano le cose e non gua-<br />

dagno abbastanza per poi tornare...” (6FR).<br />

“Sono emigrata con mio marito, lui era qua fino a 10 mesi fa ma adesso no! È<br />

morta la madre e lui è tornato là. Non può più tornare perché costerebbe troppo,<br />

così è a casa con mio figlio <strong>di</strong> 9 anni” (2FR).<br />

85


86<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Un prevalente orientamento al ritorno nel proprio Paese<br />

A conclusione dell’indagine, si è voluto delineare un bilancio complessivo della vita<br />

condotta attualmente e un quadro previsionale sulle prospettive personali che cia-<br />

sc<strong>una</strong> lavoratrice immagina.<br />

Per formulare un bilancio sulla vita attuale, è stato chiesto <strong>di</strong> esprimere il proprio grado<br />

<strong>di</strong> contentezza su <strong>una</strong> scala <strong>di</strong> punteggi da 1 (per nulla contenta) a 5 (molto contenta),<br />

conseguendo in me<strong>di</strong>a un punteggio interme<strong>di</strong>o (3,1). Il risultato però non appare<br />

uniforme all’interno della popolazione intervistata e sono palesi alcuni “profili” <strong>di</strong> criticità<br />

(Tab. 24): <strong>una</strong> maggiore insod<strong>di</strong>sfazione è espressa dal sottogruppo delle moldave (2,8),<br />

dalle donne più giovani con meno <strong>di</strong> 30 anni (2,3), da quante sono prive <strong>di</strong> permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno (2,9), da chi non ha figli (2,5) o li ha lasciati nel Paese d’origine (2,9).<br />

Inoltre esiste <strong>una</strong> correlazione positiva tra il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione espresso per il la-<br />

voro e quello relativo alla vita attuale: 19 donne esprimono parimenti un elevato gra-<br />

do <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione per il lavoro e per la vita attuale (punteggi 4 o 5), mentre 8 donne<br />

esprimono <strong>una</strong> insod<strong>di</strong>sfazione sia per il lavoro sia per la vita attuale (punteggi 1 o 2).<br />

Tabella 24. Variabili che influenzano il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione per la vita attuale<br />

Nazione <strong>di</strong> provenienza Punteggio me<strong>di</strong>o Collocazione dei figli Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Romania 3,6 Senza figli 2,5<br />

Moldavia 2,8 Con figli nel Paese d’origine 2,9<br />

Ucraina 3,1 Con figli anche in Italia 4,3<br />

Titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o Punteggio me<strong>di</strong>o Classi d’età Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Lic. me<strong>di</strong>a inferiore 3,8 Inferiore a 30 anni 2,3<br />

Qualif profess. 2,1 30-39 anni 3,3<br />

Diploma sup. 3,7 40-49 anni 2,9<br />

Laurea 3,0 Superiore a 49 anni 3,7<br />

Anno <strong>di</strong> ingresso in Italia Punteggio me<strong>di</strong>o Permesso <strong>di</strong> soggiorno Punteggio me<strong>di</strong>o<br />

Fino al 1999 3,4 Sì 3,4<br />

2000-2001 3,2 No 2,9<br />

2002-2003 2,9<br />

2004 in poi 3,3


Si precisa, comunque, che il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione manifestato può talora essere<br />

spostato verso i valori positivi della scala anche da effetti <strong>di</strong> “desiderabilità sociale”<br />

più che da <strong>una</strong> valutazione “oggettiva” della propria con<strong>di</strong>zione.<br />

La maggior parte delle assistenti familiari non desidera avviare un progetto <strong>di</strong> vita in<br />

Italia (35 su 58), ma persegue l’unico obiettivo <strong>di</strong> guadagnare il necessario per mi-<br />

gliorare la qualità <strong>di</strong> vita della propria famiglia nel Paese d’origine.<br />

Nello specifico il campione delle intervistate può essere sud<strong>di</strong>viso in due sottogruppi<br />

principali (Graf. 24), ossia quello delle donne che <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> voler restare e quello<br />

delle donne che <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> voler tornare, riscontrando un <strong>di</strong>fferente grado <strong>di</strong> sod-<br />

<strong>di</strong>sfazione per la vita attuale. Chi ha la prospettiva <strong>di</strong> restare formula infatti un giu<strong>di</strong>-<br />

zio significativamente più elevato (3,7) rispetto a chi vede l’esperienza migratoria co-<br />

me <strong>una</strong> “temporanea necessità” (2,8).<br />

L’approfon<strong>di</strong>mento ulteriore consente <strong>di</strong> fare emergere due profili <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> progetti<br />

migratori (Graf. 25).<br />

“La temporaneità” connota principalmente donne che non hanno un permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno, <strong>di</strong> età più matura e che hanno lasciato i figli nel Paese d’origine. Per me-<br />

glio esplicitare queste situazioni si riportano alcuni vissuti.<br />

“Sono abbastanza contenta della mia vita <strong>di</strong> adesso, ma sono senza famiglia e<br />

sento tanto la mancanza! La famiglia resta là, io lavoro altri due anni e poi torno<br />

a casa mia!” (10FR).<br />

Grafico 24. La prospettiva complessiva del percorso migratorio<br />

“Non sono per niente contenta della mia vita perché mi manca molto mia figlia.<br />

87


88<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Non so <strong>di</strong>re sul futuro, spero migliori ma resterà uguale. Io penso <strong>di</strong> tornare in Bie-<br />

lorussia già il prossimo anno (poi sarà fatica tornare qua senza permesso). Ma<br />

penso <strong>di</strong> tornare là almeno per qualche anno: ho <strong>una</strong> figlia adolescente che ha bi-<br />

sogno <strong>di</strong> me!” (10DM).<br />

“Penso che la mia famiglia mi possa raggiungere in Italia anche se non ho ancora il<br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno. E lavorare qui <strong>una</strong> decina d’anni, dopo ritorneremo in Mol-<br />

davia. Sono in Italia dal 2004 e non sono mai tornata a casa. Spero <strong>di</strong> avere presto il<br />

permesso <strong>di</strong> soggiorno per poter tornare a casa almeno un po’ dai miei figli” (11RS).<br />

“Penso <strong>di</strong> restare in Italia per altri due anni al massimo, perché sono stanca <strong>di</strong><br />

questo lavoro che non mi dà sod<strong>di</strong>sfazioni. Mi piacerebbe comunque vivere in<br />

Italia, ma senza permesso è <strong>di</strong>fficile! Sono laureata in Lingue e mi piacerebbe tor-<br />

nare a fare l’insegnante com’ero nel mio Paese” (6AC).<br />

“Vorrei portare mio figlio qua il prima possibile. Vorrei continuare a fare questo la-<br />

voro a ore. Spero sempre che le cose migliorino. Ancora non so cosa farò, mi tro-<br />

vo bene qua ma il mio Paese è il mio Paese!” (11FR).<br />

“Quando avrò risparmiato abbastanza per comperarmi <strong>una</strong> casa vorrei tornare a<br />

casa e lì costruirmi <strong>una</strong> famiglia, avere dei figli” (8AC).<br />

“Vorrei tornare in Romania e sposarmi con il mio fidanzato che è rimasto là. Vor-<br />

remmo avere dei figli. Per il lavoro dovrò adeguarmi a quello che troverò. Mi pia-<br />

cerebbe tornare a fare l’avvocato” (9AC).<br />

“Vorrei rimanere qui per altri 3 anni se c’è lavoro. Poi non saprei perché tutto <strong>di</strong>-<br />

pende dal lavoro, anche costruirmi <strong>una</strong> famiglia. Mi piacerebbe tornare nel mio<br />

Paese ma non so se là ho le possibilità economiche per costruirmi un futuro” (7AC).<br />

“La stanzialità” connota principalmente donne più giovani, con regolare permesso <strong>di</strong><br />

soggiorno, che in alcuni casi stanno cercando <strong>di</strong> costruirsi <strong>una</strong> propria vita familiare<br />

qui. Per meglio esplicitare anche queste situazioni si riportano alcuni vissuti.<br />

“Sono arrivata a Vicenza da sola, avevo amici qua. Ora convivo e ho un bambino<br />

nato qua. Il mio primo lavoro me lo ha trovato la mia attuale suocera. Vorrei fini-<br />

re <strong>di</strong> pagare il mutuo e poi sposarmi e resterò qua in Italia” (2DM).<br />

“La mia prospettiva è <strong>di</strong> non tornare più in Moldavia ma <strong>di</strong> restare qua. Qua ho<br />

mio marito e mia figlia” (4DM).<br />

“I miei fratelli mi hanno raggiunta qui, mi sto costruendo <strong>una</strong> famiglia qui in Italia


con un uomo italiano, ho appena acquistato <strong>una</strong> casa e andrò ad abitarci” (2CG).<br />

“Spero <strong>di</strong> trovare un lavoro migliore, <strong>di</strong> integrarmi in questa società e <strong>di</strong> avere dei<br />

documenti regolari e magari riuscire a fare venire qui anche le mie figlie. Mi pia-<br />

cerebbe un giorno tornare anche nel mio Paese, quando potrò permettermi<br />

un’attività propria!” (6CG).<br />

“Mi piacerebbe avere <strong>una</strong> famiglia qui e avere dei bambini, vivere semplicemen-<br />

te accontentandomi <strong>di</strong> ciò che ho, ma con il mio marito a fianco, ora ho un fidan-<br />

zato italiano. Spero che con le carte in regola la mia con<strong>di</strong>zione migliorerà” (9RS).<br />

“Mi piacerebbe avere un altro figlio e fare un lavoro che mi <strong>di</strong>a più sod<strong>di</strong>sfazione e<br />

valorizzi <strong>di</strong> più le mie conoscenze. Comunque ormai restiamo a vivere qui” (4AC).<br />

Più specificatamente, si è cercato <strong>di</strong> trarre un bilancio <strong>di</strong> previsione rispetto a quattro<br />

<strong>di</strong>mensioni fondamentali della vita: la famiglia, il lavoro, l’alloggio, il benessere per-<br />

sonale (Graf. 26).<br />

Complessivamente, il quadro previsionale formulato prospetta <strong>una</strong> situazione invaria-<br />

ta per lavoro e alloggio, mentre più positiva si prefigura la con<strong>di</strong>zione familiare e del<br />

benessere.<br />

Grafico 25. I profili <strong>di</strong> chi vorrebbe restare e <strong>di</strong> chi vorrebbe tornare<br />

Scendendo nel dettaglio, relativamente alla prospettiva lavorativa, nella formulazio-<br />

ne delle valutazioni incide notevolmente la con<strong>di</strong>zione dell’anziano assistito, che<br />

89


90<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Grafico 26. Lo schema previsionale per il prossimo anno<br />

spesso vive <strong>una</strong> situazione <strong>di</strong> salute in progressivo peggioramento, comportando <strong>di</strong><br />

conseguenza un appesantimento del carico assistenziale. Si legge, per esempio:<br />

“...la signora peggiora sempre, prima faceva delle cose da sola, ora faccio tutto<br />

io! Mi hanno offerto un lavoro pagato meglio ma non lo voglio perché devo abi-<br />

tuarmi ad un’altra famiglia e non è semplice” (2FR).<br />

Non è tuttavia possibile comprendere quanto la formulazione del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>penda da<br />

valutazioni circostanziate, oppure esprima solamente un auspicio o dei desiderata.<br />

Per cercare <strong>di</strong> delineare in maniera più particolareggiata le prospettive attese vengo-<br />

no <strong>di</strong> seguito riportati alcuni racconti.<br />

“Mi mancano mio figlio e mio marito, ma è meglio che io stia qua che là (in Mol-<br />

davia). Per me il lavoro va bene, il peggio è con gli affetti. Vorrei vendere casa e<br />

fare il permesso <strong>di</strong> soggiorno per tutti e tre. Lì non si può più restare per la po-<br />

vertà ma anche venire qua non è semplice. Mi manca tanto la mia famiglia, an-<br />

che mia mamma e i miei 6 fratelli. Penso che pago i debiti e vado via, vorrei <strong>una</strong><br />

casa mia e comunque anche lì c’è lavoro. Spero che le cose migliorino...” (2FR)<br />

“Ho molta nostalgia, però le mie prospettive sono <strong>di</strong> aiutare la mia famiglia con il<br />

lavoro. Non ho altri pensieri. Mi piace l’Italia, ma voglio tornare là!” (4FR).<br />

“Mi piace il mio lavoro ma sento molto la mancanza della mia famiglia. Ho 48<br />

anni, vorrei continuare a fare la badante. Tra sette anni in Ucraina vado in pen-<br />

sione. Per la famiglia non saprei, tutto <strong>di</strong>pende dalla politica ma comunque è <strong>di</strong>f-<br />

ficile che si muovano. Spero più salute per mio marito. I più giovani sono più abi-


tuati a stare qua, io no. E quin<strong>di</strong> vorrei tornare a vivere nel mio Paese. Il problema<br />

grave è il permesso <strong>di</strong> soggiorno, spero che arrivi presto!” (6FR).<br />

“Si vedrà per il lavoro, penso <strong>di</strong> tornare a casa ma si vedrà. Adesso molti prendo-<br />

no due badanti che si danno il turno 3 mesi e 3 mesi e sto pensando a questo<br />

per tornare <strong>di</strong> più dalla mia famiglia: 3 mesi o 6 mesi. Nelle gran<strong>di</strong> città fanno co-<br />

sì. Si vedrà per fare venire qua i figli. Forse resterò a vivere in Italia” (7FR).<br />

“Quello che mi manda Dio, vedo giorno per giorno. La famiglia è un po’ qua e un<br />

po’ in Spagna, un po’ in Romania e io resto. Sto bene qua, là non c’è niente, mio<br />

figlio è qua, là non ho più casa...” (8FR).<br />

“Non sono contenta della mia vita <strong>di</strong> adesso! Non ho <strong>una</strong> vita privata, non posso<br />

pensare a me! Il lavoro fino quando hanno bisogno resto qua, per un altro paio d’an-<br />

ni voglio restare qua, anche con un altro lavoro. La mia famiglia resta là, voglio che<br />

restino là a farsi la loro vita. Qua penso che le cose miglioreranno, almeno per la ca-<br />

sa: vogliono fare un appartamento nuovo per me e l’anziano che assisto. Per la mia<br />

famiglia là spero sempre meglio! Ho rinnovato il permesso in giugno e devo aspetta-<br />

re fino a <strong>di</strong>cembre per tornare a casa, per avere in mano il permesso...” (9FR).<br />

Il non facile confronto tra il “noi” e il “voi”<br />

A conclusione <strong>di</strong> questa parte <strong>di</strong> indagine, è interessante riportare alcune riflessioni<br />

che le stesse lavoratrici hanno chiesto <strong>di</strong> poter fare a margine dell’intervista: si tratta<br />

sostanzialmente <strong>di</strong> comparazioni spontanee tra il “noi” e il “voi”, tra il “nostro siste-<br />

ma” e il “vostro sistema”, che possono assumere, oltre a <strong>una</strong> valenza prettamente<br />

conoscitiva, <strong>una</strong> anche interpretativa delle <strong>di</strong>verse realtà.<br />

Modelli culturali e stili <strong>di</strong> vita<br />

Complessivamente, non si percepisce <strong>una</strong> grande <strong>di</strong>stanza culturale, sebbene le don-<br />

ne moldave e ucraine tendano a identificare l’Italia <strong>di</strong> oggi con i loro Paesi <strong>di</strong> prove-<br />

nienza <strong>di</strong> ieri, ossia prima della crisi politico-economica che li ha colpiti.<br />

Ciò non <strong>di</strong> meno la percezione delle <strong>di</strong>fferenze negli stili <strong>di</strong> vita viene centrata proprio sul<br />

confronto inerente la cura degli anziani o l’educazione dei figli. Alcune donne trovano in-<br />

concepibile affidare a strutture socio-sanitarie o a estranei pagati i propri genitori anziani,<br />

così come gli approcci educativi dei figli vengono interpretati come troppo protettivi o<br />

91


92<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

ad<strong>di</strong>rittura assistenzialistici. In questo senso emergono anche delle percezioni sui ruoli e<br />

le relazioni <strong>di</strong> genere: le donne italiane vengono descritte come “libere”, “autonome”,<br />

“autoritarie” e quin<strong>di</strong> maggiormente rispettate dalla componente maschile.<br />

Le intervistate constatano poi nella società locale il rinvio della nuzialità e della fe-<br />

con<strong>di</strong>tà, che si traducono in un ritardo nelle transizioni <strong>di</strong> ruolo da figlio a coniuge e<br />

da coniuge a genitore. Il conseguente calo della natalità si ripercuote anche nella <strong>di</strong>-<br />

minuzione del numero <strong>di</strong> fratelli che un figlio si trova ad avere, rendendo gli aspetti<br />

relativi alla socializzazione con i pari sempre più critici. Le seguenti testimonianze<br />

esplicitano questi concetti.<br />

“I risparmi <strong>di</strong> tanti anni ce li ha rubati lo Stato... il futuro da noi non si può <strong>di</strong>re, so-<br />

no già passati tanti anni e quale futuro c’è stato? Ormai tutti sono andati via e la-<br />

vorano in altri Paesi... In Moldavia restano solo persone anziane e le nostre fami-<br />

glie che aspettano noi... Non c’è più vita, cultura, scuola, sanità... Prima <strong>di</strong> quella<br />

crisi non era <strong>di</strong>versa la Moldavia da qui: anche noi avevamo le nostre feste, i no-<br />

stri lavori, le nostre vite, le nostre famiglie... le persone qui non conoscono cosa<br />

succede nel nostro Paese, quando mi chiedono e io racconto non mi crede nes-<br />

suno... La mia signora ha due figlie non sposate, qui si sposano dopo... Io ho 40<br />

anni e posso fare confronti, ma poi per avere bambini <strong>di</strong>venta un problema, ne<br />

puoi fare uno, ma poi come cresce bene senza fratelli o sorelle? Ma forse non è<br />

molto interessante questo qui o forse non si capisce e si aspetta...” (1GC).<br />

“Da noi il lavoro c’è, solo che pagano poco. Le cose costano tanto e la gente è pove-<br />

ra. Molte donne sono andate via... Sono le donne che vanno via forse perché hanno<br />

più forza degli uomini, forse perché facciamo lavori che si vedono poco, forse perché<br />

è più facile che <strong>una</strong> donna faccia la badante o lavori dentro in casa... Io ero <strong>una</strong> pe-<br />

<strong>di</strong>atra in Moldavia, apprezzo il vostro sistema sanitario nazionale che non è a paga-<br />

mento e la me<strong>di</strong>cina in Italia è all’avanguar<strong>di</strong>a rispetto alle tecniche me<strong>di</strong>che usate<br />

nel mio Paese. Quando i miei figli si ammalano mando i farmaci dall’Italia perché<br />

quelli acquistati in Moldavia sono poco efficaci... arrivano dalla Russia!” (1RS).<br />

“Assistere queste persone non è facile e non tutti hanno il carattere per stare con<br />

queste persone... Secondo me chi si occupa <strong>di</strong> persone anziane dovrebbe farlo<br />

solo se “portate”, solo con il cuore e non per sol<strong>di</strong> e con rabbia, non solo perché<br />

c’è crisi economica da noi... Il sistema qui trascura un po’ gli anziani, li considera


poco dentro le famiglie, tutti hanno altri pensieri... Le donne qua fanno anche me-<br />

no lavoro in famiglia, sono più libere. Da noi le donne in casa lavorano molto e<br />

poi avevano anche il loro lavoro fuori <strong>di</strong> casa” (3DM).<br />

La “nostra” presenza qui<br />

Considerazioni interessanti riguardano il “ruolo” svolto come badanti, che viene cor-<br />

relato talora alla scarsa “comprensione” da parte delle persone autoctone; talora alle<br />

<strong>di</strong>fficoltà che <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione irregolare porta quoti<strong>di</strong>anamente a vivere; talora agli<br />

aspetti amministrativi-burocratici.<br />

“Abito con la signora che assisto, se voglio avere un’amicizia con un’amica bisogna ri-<br />

spondere a tante domande e mi controlla: noi siamo immigrati e non si sa bene co-<br />

sa facciamo qui ...lavoro sempre, sia notte che giorno... uscire non me lo posso per-<br />

mettere se succede qualche cosa o sto male, non ho il permesso e non posso anda-<br />

re in ospedale, mi chiedono i documenti, chi sono, cosa mi può succedere allora? Bi-<br />

sogna fare qualche cosa per questi stranieri. Bisogna accettare che ci siamo qua e<br />

che lavoriamo qua. Noi aiutiamo voi e voi aiutate noi. Ma la politica non capisce que-<br />

sto...” (6GC).<br />

“È dura essere qua, sanno che siamo esseri umani ma non ci danno uguali <strong>di</strong>ritti, ci<br />

trattano come animali per ignoranza perché pensano che nel mio Paese si muore<br />

<strong>di</strong> fame come in Africa, ma siamo come qua, è solo l’economia che è andata in cri-<br />

si” (9RS).<br />

“Ho avuto qualche <strong>di</strong>fficoltà con la lingua all’inizio, ora parlo bene l’italiano (sono<br />

qui dal 2001). Ho il permesso <strong>di</strong> soggiorno ma le <strong>di</strong>fficoltà sono legate alla lunga<br />

attesa (6 mesi) per ottenere il rinnovo del permesso. Questo qui è un sistema<br />

non giusto, bisognerebbe pensare a cosa facciamo noi qui...” (5RS).“...Ho rinnova-<br />

to il permesso in giugno e devo aspettare fino a <strong>di</strong>cembre per tornare a casa, per<br />

avere in mano il permesso... Per me è un grosso problema perché ho la madre<br />

che sta per morire e non posso tornare. È un bel problema, più che altro per la<br />

Moldavia! Il Governo moldavo fa problemi perché tante donne vogliono andare<br />

via. Non è facile andare via. Io potrei andare in questura per permesso speciale<br />

ma ci vuole troppo tempo. Spero che la situazione migliori, soprattutto dove ci so-<br />

no emergenze. Ce ne sono altre donne con questo problema!” (9FR).<br />

93


94<br />

Capitolo 4<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

L’impatto della presenza delle badanti<br />

Le cause <strong>di</strong> <strong>una</strong> domanda crescente <strong>di</strong><br />

assistenza familiare<br />

I fattori che concorrono a determinare <strong>una</strong> domanda così ampia <strong>di</strong> assistenti familiari<br />

sono ascrivibili ad alcuni fenomeni socio-demografici ed economici che caratterizzano<br />

la società o<strong>di</strong>erna.<br />

I fattori sono molteplici e la complessità delle relazioni tra questi rende la lettura del<br />

fenomeno ancora più complicata: invecchiamento, non autosufficienza, sistema relazionale<br />

dell’anziano, stili <strong>di</strong> vita e relazioni sociali, struttura familiare ed evoluzione<br />

delle <strong>di</strong>namiche familiari, mercato del lavoro, flussi migratori, <strong>di</strong>sponibilità economiche,<br />

sistema dei servizi, modelli culturali propri del contesto <strong>di</strong> riferimento.<br />

L’invecchiamento<br />

Un primo fattore concerne il crescente invecchiamento della popolazione: è noto in-<br />

fatti che l’Italia rappresenta il Paese con l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> invecchiamento più elevato al<br />

mondo, contando 140 ultra 64enni per ogni 100 soggetti <strong>di</strong> età inferiore ai 15 anni.<br />

Più in dettaglio gli ultra 64enni rappresentano il 19,8% della popolazione residente e<br />

gli ultra 74enni ben il 9,3%. In particolare è l’aumento degli ultra 74enni, i cosiddetti<br />

“gran<strong>di</strong> anziani”, a <strong>di</strong>mostrarsi in rapida ascesa: rappresentano invero il gruppo <strong>di</strong><br />

persone ove risulta maggiormente <strong>di</strong>ffusa la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non autosufficienza e<br />

quin<strong>di</strong> ove aumenta il bisogno <strong>di</strong> assistenza.<br />

Se si focalizza l’attenzione sul contesto provinciale (Tab. 25), gli in<strong>di</strong>catori demografici<br />

considerati sembrano confermare nel corso degli anni <strong>una</strong> tendenza crescente all’in-<br />

vecchiamento, sebbene i valori si mantengano al <strong>di</strong> sotto della me<strong>di</strong>a nazionale e re-<br />

gionale. È ipotizzabile che quest’ultimo <strong>di</strong>fferenziale sia indotto dall’accentuata pre-<br />

Tabella 25. In<strong>di</strong>catori demografici<br />

Serie storica Provincia <strong>di</strong> Vicenza Veneto Italia<br />

2001 2002 2003 2004 2005 2005 2005<br />

Incidenza ultra 65enni su pop. totale 16,8% 17,0% 17,2% 17,4% 17,7% 19,2% 19,8%<br />

Incidenza ultra 75enni su pop. totale 7,6% 7,8% 7,9% 8,0% 8,2% 9,1% 9,3%<br />

In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> vecchiaia 112,9% 113,0% 114,2% 115,0% 116,4% 138,5% 140,4%<br />

Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT


senza immigrata che connota il contesto vicentino e che genera un abbassamento<br />

dell’età della popolazione residente rispetto al contesto regionale e nazionale.<br />

L’invecchiamento della popolazione e, conseguentemente, i miglioramenti dei livelli<br />

<strong>di</strong> sopravvivenza e la riduzione del tasso <strong>di</strong> mortalità rappresentano necessariamen-<br />

te dei benefici per la società, ma comportano dei costi: <strong>di</strong>ventano più <strong>di</strong>ffuse le ma-<br />

lattie croniche e le <strong>di</strong>sabilità <strong>di</strong> lungo periodo, inducendo un aumento dei costi socia-<br />

li e sanitari. Esiste infatti <strong>una</strong> correlazione stretta tra la presenza <strong>di</strong> malattie croniche<br />

e la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> autonomia e, dunque, la necessità <strong>di</strong> assistenza.<br />

All’allungamento della vita non sempre, quin<strong>di</strong>, corrisponde un effettivo migliora-<br />

mento della sua qualità: sebbene venga traslato temporalmente in avanti il punto <strong>di</strong><br />

inizio dei processi <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta significativa dell’autonomia nella gestione della vita quo-<br />

ti<strong>di</strong>ana, con l’aumentare dell’età cresce il problema della mancata autosufficienza,<br />

aggravata dalla presenza <strong>di</strong> pluripatologie e dall’isolamento sociale dell’anziano.<br />

La rarefazione della rete parentale<br />

Un secondo fattore che determina la domanda <strong>di</strong> assistenza riguarda i mutamenti che<br />

la famiglia italiana ha subìto nel corso degli ultimi anni: la crescente partecipazione<br />

delle donne al mercato del lavoro, l’instabilità coniugale, la riduzione delle <strong>di</strong>mensioni<br />

me<strong>di</strong>e del nucleo familiare rendono rarefatta la rete tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> sostegno.<br />

Il crescente carico <strong>di</strong> funzioni e compiti e la frammentazione dei nuclei, che riduce<br />

l’ampiezza delle reti parentali su cui fare affidamento, indeboliscono il ruolo della fa-<br />

miglia nella cura e nell’assistenza ai soggetti <strong>di</strong>pendenti. Ne consegue che la riorga-<br />

nizzazione dei ruoli interni alla famiglia comporta <strong>una</strong> domanda estesa <strong>di</strong> manodo-<br />

pera per i compiti <strong>di</strong> cura, un tempo svolti dalle mogli, madri e figlie, esclusive o prin-<br />

cipali prestatrici <strong>di</strong> cura all’interno del cosiddetto welfare familistico 29 .<br />

Al tra<strong>di</strong>zionale ruolo della donna all’interno della famiglia quale casalinga-moglie-<br />

madre si aggiunge quello <strong>di</strong> lavoratrice, comportando un notevole aggravio in termi-<br />

ni <strong>di</strong> impegno: sembra infatti che l’emancipazione delle donne non abbia comporta-<br />

to <strong>una</strong> sufficiente re-<strong>di</strong>stribuzione dei compiti domestici e assistenziali all’interno del<br />

nucleo, bensì semplicemente il trasferimento ad altre donne, le collaboratrici e assi-<br />

stenti familiari, <strong>di</strong> <strong>una</strong> parte degli stessi 30 . In altre parole, per mantenere il lavoro<br />

svolto fuori casa, le donne occidentali hanno sempre più bisogno <strong>di</strong> collaboratrici do-<br />

29 Per un approfon<strong>di</strong>mento si rinvia<br />

a Esping-Andersen (1990).<br />

30 Per un approfon<strong>di</strong>mento si rinvia<br />

a Ehrenreich, Hochschild (2002).<br />

95


96<br />

31 Per approfon<strong>di</strong>menti si rinvia a Di<br />

Vico (2004).<br />

32 A titolo comparativo si pensi che<br />

Germania e Spagna si attestano sul<br />

2% e la Francia raggiunge il 7%. Per<br />

approfon<strong>di</strong>menti si rinvia a Barbagli,<br />

Colombo, Sciortino (2004).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

mestiche, baby-sitter e badanti per occuparsi delle faccende domestiche, dei bambi-<br />

ni e degli anziani.<br />

È vero altresì che la caratterizzazione della famiglia allungata porta alla co-presenza<br />

<strong>di</strong> più generazioni all’interno della rete familiare e quin<strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> sog-<br />

getti a potenziale supporto dell’anziano. Il passaggio da famiglia allargata a famiglia<br />

allungata vedrebbe perciò <strong>una</strong> compensazione assistenziale. Tuttavia si <strong>di</strong>mostra che<br />

negli attuali modelli familiari <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> lavoro, neanche la coabitazione garantisce <strong>di</strong><br />

per sé la possibilità <strong>di</strong> prendersi cura dei soggetti deboli della famiglia, rispondendo<br />

in termini <strong>di</strong> esigenze <strong>di</strong> tempo, de<strong>di</strong>zione e prestazioni. E questo si traduce nella ne-<br />

cessità <strong>di</strong> richiedere un sostegno esterno per le funzioni <strong>di</strong> cura.<br />

La cultura, i costi e l’offerta pubblica<br />

Un terzo fattore è l’esito della combinazione tra <strong>una</strong> <strong>di</strong>ffusa propensione al manteni-<br />

mento dell’anziano nella propria <strong>di</strong>mora e gli eccessivi costi per il ricovero in strutture<br />

residenziali. Si riscontra infatti come soltanto <strong>una</strong> minima parte <strong>di</strong> anziani non auto-<br />

sufficienti si rivolga a suddette strutture: si stima l’8% dei 2,8 milioni <strong>di</strong> anziani non<br />

autosufficienti presenti oggi in Italia 31 .<br />

Sussistono poi elementi intrinseci ai nuclei familiari che favoriscono la permanenza<br />

dell’anziano nel proprio contesto domestico o inducono all’istituzionalizzazione, per<br />

esempio: <strong>una</strong> maggiore propensione alla gestione domiciliare è ascrivibile a livelli <strong>di</strong><br />

scolarizzazione bassi, <strong>una</strong> maggiore propensione all’acquisto <strong>di</strong> servizi <strong>di</strong> supporto<br />

esterni è ascrivibili alle famiglie con scolarizzazioni e red<strong>di</strong>ti più elevati.<br />

Se <strong>una</strong> soluzione alternativa è offerta dall’assistenza domiciliare pubblica, invero si ri-<br />

scontra che l’Italia si colloca all’ultimo posto tra i Paesi industrializzati con appena<br />

l’1% degli anziani assistiti a domicilio 32 . Peraltro il modello <strong>di</strong> assistenza domiciliare<br />

offre un servizio “ausiliario” ma non in grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare appieno i fabbisogni del-<br />

l’anziano, che spesso richiede <strong>una</strong> cura giornaliera 24 ore su 24. Inoltre si sconta mol-<br />

to spesso la mancanza <strong>di</strong> un coor<strong>di</strong>namento tra servizi socio-assistenziali e la rete fa-<br />

miliare, rendendo in questo modo meno efficienti gli interventi stessi e lasciando la<br />

famiglia in un sostanziale stato <strong>di</strong> isolamento.<br />

Si constata comunque come la decisione <strong>di</strong> ricorrere all’istituzionalizzazione rappre-<br />

senti frequentemente l’estrema ratio, ossia la conclusione <strong>di</strong> un percorso che vede la


messa in campo <strong>di</strong> tutte le strategie possibili per mantenere l’in<strong>di</strong>viduo al proprio do-<br />

micilio. Ne consegue un innalzamento dell’età me<strong>di</strong>a della popolazione istituzionaliz-<br />

zata, con peggioramento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> chi è inserito in struttura, cosicché le<br />

strutture stesse si trovano in carico i pazienti più <strong>di</strong>fficilmente gestibili.<br />

Le modalità <strong>di</strong> sostegno<br />

Un quarto fattore è rappresentano dalla tipologia delle misure <strong>di</strong> sostegno caratteriz-<br />

zanti il welfare italiano. Le misure adottate riguardano contributi economici (per<br />

esempio indennità <strong>di</strong> accompagnamento 33 ) a sostegno dei bisogni <strong>di</strong> cura, ma rin-<br />

viano quasi interamente alla famiglia le funzioni <strong>di</strong> cura e assistenza. E, probabilmen-<br />

te, l’incapacità della stessa a sod<strong>di</strong>sfare detti bisogni ha concorso ad alimentare un<br />

acquisto “privato” <strong>di</strong> supporto, per l’appunto offerto dalle badanti.<br />

Resta ancora riconducibile a sperimentazioni e non molto <strong>di</strong>ffusa l’azione delle Am-<br />

ministrazioni Locali per attivare forme <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tamento dei soggetti che erogano<br />

assistenza privata. In questi modelli il soggetto pubblico eroga dei “buoni” o vou-<br />

chers, spen<strong>di</strong>bili dal beneficiario esclusivamente presso uno degli erogatori accre<strong>di</strong>-<br />

tati: in questo modo da un lato viene sostenuta la capacità <strong>di</strong> spesa delle famiglie<br />

meno abbienti, dall’altro viene garantita la qualità dell’assistenza oltre che alimenta-<br />

re un segmento <strong>di</strong> mercato del lavoro regolare.<br />

Si tratta dunque <strong>di</strong> <strong>una</strong> soluzione <strong>di</strong>versa rispetto ai sussi<strong>di</strong> elargiti senza alcun vinco-<br />

lo <strong>di</strong> destinazione, che in molti casi servono a pagare, e quin<strong>di</strong> a incentivare, il lavoro<br />

in nero. Con questo sistema, invece, il lavoro <strong>di</strong> cura potrebbe essere inserito all’in-<br />

terno della rete dei servizi sociali, restituendo alle Amministrazioni Locali <strong>una</strong> funzio-<br />

ne <strong>di</strong> “garante” della qualità del servizio stesso.<br />

L’impatto economico sul sistema <strong>di</strong> welfare<br />

Come si è desunto dall’indagine, lo stipen<strong>di</strong>o me<strong>di</strong>o mensile <strong>di</strong> un’assistente familiare<br />

si colloca attorno agli 800 euro, cifra variabile a seconda che si tratti <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong><br />

lavoro regolare (a cui andranno pertanto aggiunti i contributi trimestrali, le ferie spet-<br />

tanti, la tre<strong>di</strong>cesima mensilità e il Tfr), sia che si tratti <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> lavoro in nero.<br />

A ogni modo il sistema familiare risulta avvantaggiato dall’impiego <strong>di</strong> questa risorsa<br />

33 Si tratta <strong>di</strong> <strong>una</strong> prestazione monetaria<br />

fornita a persone <strong>di</strong> qualsiasi<br />

età totalmente non autosufficienti<br />

al fine <strong>di</strong> contribuire ai costi supplementari<br />

dovuti ai bisogni assistenziali<br />

insorti. Viene assegnata sulla<br />

base del bisogno del richiedente<br />

senza considerare la sua con<strong>di</strong>zione<br />

economica o quella dei suoi familiari.<br />

Per approfon<strong>di</strong>menti si rinvia a<br />

Gori (2002).<br />

97


98<br />

34 Per approfon<strong>di</strong>menti si rinvia a Righetti<br />

(2005).<br />

35 Secondo la <strong>Caritas</strong> Veneziana, il risparmio<br />

della Regione per mancati<br />

ricoveri in Residenze per anziani, sarebbe<br />

stato <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>rittura 900 miliar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> lire (Papiers, 2004).<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

assistenziale: oltre a consentire all’anziano <strong>di</strong> continuare a vivere nella propria abita-<br />

zione, si conviene che l’assunzione <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante sia per la famiglia nettamente in-<br />

feriore rispetto alla retta <strong>di</strong> <strong>una</strong> struttura residenziale 34 .<br />

Posto dunque che si tratta <strong>di</strong> due risposte assistenziali qualitativamente <strong>di</strong>verse, in<br />

termini <strong>di</strong> costi si calcola che <strong>una</strong> retta mensile in Casa <strong>di</strong> riposo me<strong>di</strong>amente equi-<br />

vale a 1.500 euro, a fronte <strong>di</strong> uno stipen<strong>di</strong>o mensile per la badante più o meno <strong>di</strong><br />

800 euro. E l’impatto economico risulta tanto più elevato quanto più lunga <strong>di</strong>viene la<br />

permanenza nella struttura residenziale: il <strong>di</strong>fferenziale per tre mesi assommerebbe<br />

a 2.100 euro, per tre anni assommerebbe a 25.200 euro.<br />

Pertanto la presenza <strong>di</strong> assistenti familiari induce consistenti risparmi al sistema assi-<br />

stenziale pubblico, che, altrimenti, dovrebbe garantire l’assistenza presso strutture re-<br />

sidenziali per poco più della metà dei costi 35 .<br />

Va anche osservato che la retribuzione in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante in regola ha subìto<br />

nell’ultimo triennio un decisivo incremento (si calcola sia passata da 600 euro a 800<br />

euro mensili) e questo porta a due considerazioni legate alle <strong>di</strong>namiche della do-<br />

manda e dell’offerta. Da un lato l’aumento potrebbe essere causato dalla maggiore la<br />

domanda espressa dalle famiglie, spinta dalle inefficienze del sistema pubblico op-<br />

pure dalla <strong>di</strong>ffusione tra la gente <strong>di</strong> <strong>una</strong> pratica ritenuta come <strong>una</strong> valida soluzione;<br />

dall’altro potrebbe essersi ridotta l’offerta.<br />

L’elevato turnover e la non misurabilità delle uscite potrebbero far pensare che molte<br />

donne arrivino in Italia, permangano per alcuni anni e poi ritornino nel proprio Paese<br />

o cambino segmento del mercato del lavoro (per esempio accettando <strong>una</strong> occupa-<br />

zione in fabbrica). Le due <strong>di</strong>namiche farebbero in qualche modo aumentare la con-<br />

correnzialità nel mercato dell’assistenza, con il conseguente innalzamento retributivo.<br />

L’impatto economico sui Paesi <strong>di</strong> origine<br />

attraverso le rimesse<br />

Come rilevato dall’indagine, se per le 58 lavoratrici interpellate il volume mensile de-<br />

gli stipen<strong>di</strong> percepito è complessivamente pari a circa 44.000 euro, il volume mensi-<br />

le delle rimesse ammonta complessivamente a circa 25.500 euro, ossia al 58% del<br />

percepito. Adottando un proce<strong>di</strong>mento proxy e proiettando questi parametri sul tota-


le delle presenze stimate per la provincia <strong>di</strong> Vicenza (5.255) si avrebbe un volume<br />

complessivo <strong>di</strong> rimesse mensili pari circa a 2,3 milioni <strong>di</strong> euro, considerabile come<br />

“flusso <strong>di</strong> entrate <strong>di</strong> natura vicentina”.<br />

Per rendere conto delle <strong>di</strong>mensioni, si richiama come recenti indagini abbiano <strong>di</strong>mo-<br />

strato che metà del PIL della Moldavia consiste proprio in rimesse da migranti, per la<br />

maggior parte costituite da donne. Non v’è dubbio, quin<strong>di</strong>, che il sistema delle ri-<br />

messe costituisca uno strumento <strong>di</strong> entrata economica e <strong>di</strong> sviluppo familiare: sono<br />

<strong>una</strong> opportunità per far stu<strong>di</strong>are i figli, apportano un maggiore benessere per l’in<strong>di</strong>vi-<br />

duo e la sua famiglia, permettono un livello <strong>di</strong> consumo <strong>di</strong>verso, possono talora con-<br />

sentire l’avvio <strong>di</strong> un’attività impren<strong>di</strong>toriale in Terra d’origine. Ma non è detto che tut-<br />

to questo concorra allo sviluppo economico effettivo del Paese d’origine: in questo<br />

senso il caso albanese 36 è emblematico poiché le rimesse hanno accresciuto i consu-<br />

mi <strong>di</strong> prodotti esteri, affossando l’attività produttiva interna.<br />

L’impatto sull’opinione delle famiglie<br />

Il tema badanti può essere inteso come fenomenologia sociale poiché ampia è la<br />

complessità che caratterizza questo argomento.<br />

Sotto l’aspetto sistemico, la natura sommersa dell’assistenza privata fa sì che essa si svi-<br />

luppi al <strong>di</strong> fuori della rete <strong>di</strong> sostegno a favore degli anziani non autosufficienti, in modo<br />

frammentato e in un vuoto <strong>di</strong> relazioni e <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento con lo sviluppo dei servizi<br />

pubblici territoriali. Si evince cioè la mancanza <strong>di</strong> <strong>una</strong> regia sulla programmazione com-<br />

plessiva in riferimento ai contenuti del lavoro <strong>di</strong> cura, alla qualità delle prestazioni e alla<br />

professionalità degli addetti. Al contempo si riscontra la mancata sintonia tra le politiche<br />

socio-sanitarie, le politiche dell’immigrazione, le politiche occupazionali: ciasc<strong>una</strong> <strong>di</strong> esse<br />

è infatti fissata su obiettivi funzionali propri e poco orientata alla visione <strong>di</strong> sistema.<br />

Sotto l’aspetto privatistico le famiglie mettono in evidenza i seguenti aspetti 37 .<br />

■ Sulla formulazione <strong>di</strong> valutazioni incidono prevalentemente le <strong>di</strong>fficoltà insorte<br />

con precedenti assistenti familiari e queste vengono a influenzare <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong><br />

pregiu<strong>di</strong>zio generale sulle badanti e sul beneficio che il loro lavoro apporta effetti-<br />

vamente al sistema locale. Permane in questi casi l’atteggiamento dell’aver dato<br />

36 Per un approfon<strong>di</strong>mento si rinvia<br />

a Piperno (2003).<br />

37 Per cercare <strong>di</strong> trarre ulteriori elementi<br />

<strong>di</strong> analisi e per completare il<br />

quadro, sono stati contattati in qualità<br />

<strong>di</strong> “testimonial” alcuni datori <strong>di</strong><br />

lavoro, o per meglio <strong>di</strong>re alcune famiglie<br />

che hanno usufruito per un<br />

proprio familiare dell’assistenza <strong>di</strong><br />

<strong>una</strong> badante o che ne stanno attualmente<br />

fruendo. Come metodo <strong>di</strong> rilevazione<br />

si è preferito non utilizzare<br />

questionari o interviste strutturate,<br />

quanto piuttosto è stata svolta<br />

<strong>una</strong> conversazione aperta, cercando<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare punti <strong>di</strong> forza e punti<br />

<strong>di</strong> debolezza. Il numero <strong>di</strong> contatti<br />

avuti (6) non assume alcun significato<br />

statistico, ma è volto a raccogliere<br />

<strong>una</strong> serie <strong>di</strong> riflessioni.<br />

99


100<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

“tutto” e dell’essere stati “tra<strong>di</strong>ti”, perché il rapporto <strong>di</strong> lavoro si è interrotto im-<br />

provvisamente oppure per qualche azione impropria compiuta dalle stesse ba-<br />

danti, con <strong>di</strong>minuzione repentina della fiducia riposta in esse dalle famiglie (“...ho<br />

trovato mia madre <strong>una</strong> volta sul letto senza lenzuola perché lei le aveva lava-<br />

te... non si tratta così un anziano! Mia madre per giunta!... Vengono qui solo<br />

per fare sol<strong>di</strong> e fanno tutte la bella vita!... Basta andare fuori da <strong>una</strong> Casa <strong>di</strong> ri-<br />

poso, le trova là che stanno fuori con l’anziano in carrozzina e fumano e chiac-<br />

chierano: non sarà mica lavoro e sacrificio questo. Sarà perché io ho lavorato<br />

molto nella mia vita e certe cose davvero non le concepisco!”).<br />

■ Il bisogno <strong>di</strong> un supporto nell’attività <strong>di</strong> cura a un familiare non risulta formulato in<br />

modo generico: le famiglie richiedono cioè un rapporto fiduciario tra assistito e as-<br />

sistente, quasi <strong>una</strong> forma <strong>di</strong> legame affettivo a garanzia <strong>di</strong> <strong>una</strong> attenta cura della<br />

persona anziana. Tuttavia la vicinanza che la badante è chiamata a vivere con l’an-<br />

ziano assistito innesca meccanismi <strong>di</strong> relazioni triangolari (anziano, familiare, assi-<br />

stente) che richiedono <strong>una</strong> chiarezza <strong>di</strong> ruoli teoricamente predeterminabile ma<br />

praticamente “spontanea”.<br />

Le famiglie, inoltre, esprimono comprensibili atteggiamenti <strong>di</strong> “controllo” perché<br />

vogliono “sapere chi entra nelle loro case”, a chi affidano i loro cari. E per alcuni<br />

è anche un po’ come mettere a <strong>di</strong>sposizione parte del proprio “privato”, aprirlo al-<br />

la presenza <strong>di</strong> un’altra persona che resta in casa per tutto il tempo e che può libe-<br />

ramente in essa circolare (“Può entrare in tutte le stanze, guardare che cosa c’è,<br />

vedere le mie cose...”).<br />

■ L’esosità economica per la retribuzione <strong>di</strong> <strong>una</strong> badante induce spesso <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong><br />

“malcontento”: sono sol<strong>di</strong> che la famiglia potrebbe impiegare alternativamente<br />

(magari per i propri figli o per sé stessa) se il sistema <strong>di</strong> protezione sociale funzio-<br />

nasse meglio.<br />

Ad accrescere sentimenti <strong>di</strong> preoccupazione vi sono poi gli oneri contributivi che la<br />

famiglia cerca, all’insegna <strong>di</strong> <strong>una</strong> giustificazione <strong>di</strong> “tenuta del bilancio familiare”,<br />

<strong>di</strong> evitare, preferendo contratti “grigi” (ossia <strong>di</strong>chiarando soltanto <strong>una</strong> parte delle<br />

ore lavorate) o ad<strong>di</strong>rittura “in nero” (quest’ultimi giustificati da uno stato <strong>di</strong> biso-<br />

gno e dall’impossibilità <strong>di</strong> far fronte in altra maniera).<br />

Il vincolo economico è dunque <strong>una</strong> costante: frequenti e legittime sono le doman-


de “Quanto devo pagare?”, “Come posso risparmiare?”, nonché sentimenti <strong>di</strong><br />

“ricatto morale” (“...Quando ci penso mi viene freddo, sono tanti sol<strong>di</strong> che po-<br />

trei spendere per me, per il mio futuro, ho 47 anni... però è sempre mia mam-<br />

ma e non posso non pensare a lei...”).<br />

Inoltre, per alcuni familiari, il presentare la domanda per entrare nel decreto flussi<br />

viene descritta “più <strong>una</strong> gara che <strong>una</strong> reale opportunità <strong>di</strong> miglioramento... In-<br />

tanto non sai neanche a chi rivolgerti per capire cosa devi fare <strong>di</strong> preciso e<br />

poi... le lunghe file... ma dove siamo? Stiamo tornando in<strong>di</strong>etro...”.<br />

■ La caratteristica logorante del lavoro <strong>di</strong> cura prestato a propri familiari non auto-<br />

sufficienti (anche gravi) viene spesso misconosciuta o minimizzata. Permane in-<br />

vece l’idea che le risorse economiche spese possano sempre giustificare un lavo-<br />

ro <strong>di</strong> cura partecipato “Pago per avere qualche cosa...”. Tuttavia molta rilevanza<br />

assume il legame affettivo ed emotivo con il quale la famiglia affronta l’argo-<br />

mento, nonché il significato attribuito al lavoro <strong>di</strong> cura agito in prima persona e<br />

“delegato” a un soggetto “estraneo” alla cerchia parentale (“...È naturale che se<br />

fossi io ad assistere mia mamma sarebbe molto meglio, sono sua figlia! È lo-<br />

gico che lei invece è <strong>una</strong> estranea..., ma non vedo alternative, anzi questo è<br />

già tanto ed è quanto riesco a permettermi... se fosse per i miei fratelli non so<br />

dove saremmo adesso...”).<br />

■ Vi sono delle esperienze in cui questo lavoro ha costituito anche un avvicinamen-<br />

to tra le due culture, configurandosi come <strong>una</strong> risorsa relazionale, descrivendo<br />

momenti <strong>di</strong> incontro e conoscenza reciproca (non <strong>di</strong> rado si verifica la curiosità <strong>di</strong><br />

far tradurre vocaboli italiani nella lingua originaria) oppure <strong>di</strong> conoscenza del Pae-<br />

se (per esempio con la lettura <strong>di</strong> libri, il racconto storico o geografico). Laddove si<br />

sono innescati meccanismi <strong>di</strong> “reciprocità” il rapporto ha funzionato bene e la<br />

sod<strong>di</strong>sfazione è stata reciproca (per il datore e per il lavoratore).<br />

■ Va <strong>di</strong>ffondendosi la consapevolezza che esistano delle “categorie” o delle “prove-<br />

nienze” più de<strong>di</strong>te a questa <strong>professione</strong> rispetto ad altre, interpretate dalle famiglie<br />

come “caratteristiche innate”, ma che forse riflettono modelli familiari e culturali<br />

simili relativamente alla cura degli anziani. Ne consegue <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> gerarchia del-<br />

le preferenze etniche nel processo <strong>di</strong> selezione dell’assistente familiare (“...Le ucrai-<br />

ne sono migliori delle rumene, si vede che sono più portate per questo lavoro, ci<br />

101


102<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

mettono impegno e anche de<strong>di</strong>zione, hanno cura per i nostri anziani... forse<br />

perché sono abituate così anche da loro oppure perché hanno bambini piccoli<br />

a casa e cercano qui <strong>di</strong> compensare <strong>una</strong> mancanza <strong>di</strong> affetto...”).<br />

Qualche strumento <strong>di</strong> potenziale intervento<br />

A fronte delle evidenze fin qui prodotte, si può asserire che questo segmento <strong>di</strong> mer-<br />

cato del lavoro costituisca <strong>di</strong> fatto <strong>una</strong> sorta <strong>di</strong> welfare privato, la cui rilevanza fa<br />

emergere l’esigenza <strong>di</strong> alcune azioni.<br />

■ Potenziare i flussi informativi e il loro utilizzo per migliorare la programmazione<br />

degli interventi.<br />

Una prima criticità che è emersa durante la realizzazione della presente ricerca,<br />

ma che in generale viene riscontrata qualora si voglia <strong>di</strong>mensionare il fenomeno<br />

dell’assistenza familiare, concerne gli archivi delle fonti ufficiali: <strong>una</strong> miniera <strong>di</strong><br />

informazioni poco accessibili, poco organizzate e certamente non fruibili in manie-<br />

ra “sufficientemente tempestiva”. Ciò comporta <strong>una</strong> duplice ricaduta: da un lato<br />

permane <strong>una</strong> carenza informativa sull’argomento che impone il ricorso a meto<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> stima; dall’altro si constata l’assenza <strong>di</strong> un’ottica programmatoria <strong>di</strong> sistema ba-<br />

sata su evidenze.<br />

Si ritiene pertanto che potenziare i flussi informativi possa consentire <strong>una</strong> pro-<br />

grammazione migliore che non sia anacronistica, ma possa <strong>di</strong> fatto supportare in-<br />

terventi armonici tra politiche dell’immigrazione, politiche sociali, politiche sanita-<br />

rie, politiche occupazionali.<br />

Da qui nasce l’esigenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un “Osservatorio esperto” i cui compiti po-<br />

trebbero così declinarsi:<br />

a) quantificare la presenza regolare attraverso un puntuale utilizzo delle fonti uf-<br />

ficiali, integrate anche da fonti locali (per esempio: sportelli <strong>Caritas</strong> ecc.);<br />

b) provvedere alla formazione delle badanti intesa non in senso strettamente<br />

“professionalizzante”, quanto piuttosto <strong>di</strong> sostegno ad aspetti <strong>di</strong> socializzazio-<br />

ne e <strong>di</strong> approccio ai problemi (gestione delle relazioni, problematiche che si<br />

possono presentare assistendo un certo tipo <strong>di</strong> anziano ecc.);


c) quantificare le rimesse e monitorare il loro effettivo impatto sull’economia dei<br />

Paesi <strong>di</strong> provenienza;<br />

d) quantificare e qualificare i bisogni delle famiglie attraverso la messa in rete <strong>di</strong><br />

informazioni circa la richiesta <strong>di</strong> contributi o altre forme <strong>di</strong> supporto;<br />

e) in<strong>di</strong>viduare vali<strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> supporto alle famiglie, spesso <strong>di</strong>sorientate e la-<br />

sciate sole a gestire l’anziano e a trovare le soluzioni assistenziali;<br />

f) in<strong>di</strong>viduare modalità <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong> gestione dei flussi, per esempio prevedendo<br />

<strong>una</strong> certificazione del bisogno fondato sullo stato <strong>di</strong> salute dell’anziano e stabilen-<br />

do, rispetto alla gravità del caso, <strong>una</strong> priorità nella presentazione delle domande.<br />

■ Adottare misure economiche a sostegno dei costi sostenuti dalle famiglie.<br />

Proprio a fronte dell’importanza e dell’impatto che questo tipo <strong>di</strong> assistenza pro-<br />

duce sul welfare, <strong>di</strong>viene più importante definire esattamente, su <strong>una</strong> scala dei bi-<br />

sogni e del quadro clinico dell’anziano, il “giusto” contributo da erogare alla fami-<br />

glia che decide <strong>di</strong> mantenere l’anziano al domicilio.<br />

Nell’ottica poi <strong>di</strong> garantire <strong>una</strong> equa opportunità a tutte le famiglie <strong>di</strong> potersi avva-<br />

lere <strong>di</strong> personale a supporto, dovrebbe essere promossa la riduzione dei costi so-<br />

stenibili per l’assistenza privata a pagamento, purché svolta nel mercato regolare,<br />

rendendone competitivo il costo complessivo. Come visto, molte famiglie non pos-<br />

sono permettersi <strong>una</strong> badante in regola e sono, perciò, attratte dal mercato clan-<br />

destino, risparmiando così i contributi e gli altri obblighi. Questo aspetto viene al-<br />

tresì alimentato dal fatto che l’offerta (ossia le potenziali lavoratrici “irregolari”) es-<br />

sendo già presente in Italia può entrare facilmente in relazione con la domanda<br />

(le famiglie).<br />

Sembra peraltro ventilata la possibilità <strong>di</strong> istituire un fondo per la non autosuffi-<br />

cienza, che dovrebbe aiutare a sostenere le spese più gravose, e finanziare <strong>una</strong><br />

rete <strong>di</strong> servizi domiciliari.<br />

A ogni modo andrebbe raffinato l’attuale sistema degli incentivi alle famiglie, te-<br />

nendo effettivamente in considerazione lo stato <strong>di</strong> salute e il conseguente carico<br />

assistenziale dell’anziano.<br />

■ Attivare la rete degli “attori” territoriali.<br />

Proprio per la complessità delle <strong>di</strong>namiche che <strong>di</strong>scendono da questo tipo <strong>di</strong> occu-<br />

pazione e dai bisogni che generano la domanda e l’offerta, si rende decisivo pre-<br />

103


104<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

vedere l’attivazione sinergica degli “attori” locali. Questi soggetti potrebbero agire<br />

per facilitare la <strong>di</strong>ffusione informativa tra gli immigrati in cerca <strong>di</strong> occupazione e gli<br />

stessi datori <strong>di</strong> lavoro, per intercettare i bisogni delle famiglie e farli emergere (si<br />

pensi al riguardo al ruolo fondamentale giocato dal me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> famiglia), per coniu-<br />

gare le risorse pubbliche (assistenza domiciliare socio-sanitaria pubblica) con quel-<br />

le private, per garantire <strong>una</strong> formazione adeguata alle badanti e dunque miglio-<br />

rarne l’approccio assistenziale.<br />

Inoltre la famiglia, che vive già <strong>una</strong> con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio al suo interno, necessita<br />

<strong>di</strong> essere supportata e facilitata nei percorsi non solo <strong>di</strong> gestione dei contratti con<br />

le assistenti familiari, ma più in generale nei percorsi socio-assistenziali e nell’ap-<br />

proccio ai servizi.<br />

■ Attivare la formazione quale leva <strong>di</strong> accrescimento professionale.<br />

Si potrebbero strutturare percorsi formativi non a carattere puramente strumenta-<br />

le e occasionale, ma costruiti su più livelli e atti ad accrescere la professionalità <strong>di</strong><br />

queste lavoratrici. In prima battuta il bisogno è quello <strong>di</strong> far conoscere le strutture<br />

e i servizi presenti sul territorio, gli usi e i costumi locali, la lingua italiana e <strong>di</strong>alet-<br />

tale e <strong>di</strong> acquisire informazioni <strong>di</strong> base sull’organizzazione del mercato del lavoro<br />

e la prevenzione degli incidenti domestici. Successivamente potrebbe prefigurarsi<br />

interessante garantire conoscenze e qualificazioni più approfon<strong>di</strong>te in tema <strong>di</strong> as-<br />

sistenza e cura, somministrazione dei farmaci, me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> primo intervento e <strong>di</strong><br />

prevenzione.<br />

Va detto, però, che la realizzazione <strong>di</strong> percorsi <strong>di</strong> formazione rivolti a questo seg-<br />

mento <strong>di</strong> forza lavoro potrebbe scontrarsi con la temporaneità del progetto migra-<br />

torio che queste donne intraprendono (<strong>di</strong> breve periodo e funzionale a proprie ne-<br />

cessità economiche), con la conseguenza che l’interesse per <strong>una</strong> qualificazione in<br />

tal senso si potrebbe configurare davvero limitato.<br />

Sussiste poi <strong>una</strong> carenza <strong>di</strong> figure in ambito assistenziale e quin<strong>di</strong> è lecito atten-<br />

dersi che la richiesta sempre maggiore <strong>di</strong> personale straniero non riguarderà solo<br />

il mercato privato, ma anche quello dei servizi pubblici e/o convenzionati. Già no-<br />

te sono le carenze <strong>di</strong> personale presso molte strutture residenziali le quali, per<br />

fronteggiarle, guardano con crescente interesse all’impiego <strong>di</strong> personale prove-<br />

niente dall’estero.


■ Promuovere sistemi <strong>di</strong> analisi della domanda e dell’offerta.<br />

Potrebbe risultare strategico, e già vi sono timide sperimentazioni 38 , provvedere<br />

alla costituzione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> gestione del mercato del lavoro focalizzato sull’a-<br />

nalisi personalizzata dei fabbisogni delle famiglie e delle competenze/<strong>di</strong>sponibi-<br />

lità della lavoratrice, prevedendo anche un servizio <strong>di</strong> assistenza durante tutta la<br />

fase d’inserimento.<br />

Proprio questo settore <strong>di</strong> attività si fonda su un rapporto fiduciario tra datore <strong>di</strong> la-<br />

voro e lavoratore, ma perché questo rapporto possa costituirsi è in<strong>di</strong>spensabile un<br />

incontro <strong>di</strong>retto tra i due “contraenti” supportato, come precedentemente detto,<br />

dalla me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> un soggetto organizzato che governi domanda e offerta <strong>di</strong> la-<br />

voro. Più in dettaglio l’azione me<strong>di</strong>atrice potrebbe sostanziarsi nella selezione e<br />

nella formazione del personale, nel monitoraggio delle prestazioni, nella sostitu-<br />

zione del personale in caso <strong>di</strong> ferie, malattia, giorni <strong>di</strong> riposo, nella gestione <strong>di</strong><br />

eventuali controversie.<br />

Proprio perché la conoscenza <strong>di</strong>retta rappresenta un prezioso requisito in questo<br />

particolare lavoro, fondato essenzialmente su un rapporto <strong>di</strong> fiducia tra persone,<br />

meccanismi legati alla “sponsorizzazione” <strong>di</strong> matrice anglosassone sono oggi al<br />

vaglio dell’attuale Governo 39 .<br />

Infine, <strong>una</strong> ulteriore opportunità potrebbe derivare dall’incentivazione <strong>di</strong> “permes-<br />

si vincolati” finalizzati cioè al lavoro <strong>di</strong> badante, similmente a quanto accade at-<br />

tualmente per gli ingressi <strong>di</strong> personale infermieristico 40 . Ciò potrebbe favorire un<br />

minore turnover per la lavoratrice, <strong>una</strong> maggiore continuità assistenziale per la fa-<br />

miglia, <strong>una</strong> migliore finalizzazione dell’ingresso per questo segmento specifico del<br />

welfare privato e <strong>una</strong> maggiore trasparenza all’intero processo.<br />

38 Un esempio è dato dal progetto<br />

denominato “Occupazione e servizi<br />

alla persona”, <strong>di</strong> cui è titolare Italia<br />

Lavoro, che, attraverso sportelli decentrati<br />

presso i quali operano anche<br />

dei me<strong>di</strong>atori culturali, cura le<br />

relazioni con le famiglie e in<strong>di</strong>vidua<br />

il loro bisogno scegliendo le assistenti<br />

familiari più idonee anche in<br />

base alle rispettive <strong>di</strong>sponibilità. Si<br />

tratta <strong>di</strong> 28 sportelli territoriali: 12<br />

sono in Veneto, 8 in Friuli Venezia<br />

Giulia e 8 in Lombar<strong>di</strong>a.<br />

39 In <strong>una</strong> recente proposta <strong>di</strong> riforma<br />

del Testo Unico dell’Immigrazione si<br />

legge: “...i datori <strong>di</strong> lavoro potranno<br />

rivolgersi agli sponsor, soggetti<br />

che possono far entrare lavoratori<br />

stranieri offrendo garanzie per<br />

l’assicurazione al SSN, i mezzi <strong>di</strong><br />

sussistenza ecc. In questi casi al lavoratore<br />

verrà concesso un “permesso<br />

per inserimento” della durata<br />

<strong>di</strong> un anno. Lo Sponsor affiderà<br />

il lavoratore a un impren<strong>di</strong>tore<br />

e se dopo un periodo <strong>di</strong> prova<br />

questi deciderà <strong>di</strong> assumerlo, il<br />

permesso per inserimento verrà<br />

convertito in un permesso per lavoro<br />

subor<strong>di</strong>nato. Se non ci sarà<br />

l’assunzione, il lavoratore tornerà<br />

sotto la garanzia dello sponsor,<br />

che potrà aiutarlo a trovare un altro<br />

lavoro” (del 4/10/2006).<br />

40 Con le mo<strong>di</strong>fiche introdotte dalla<br />

legge Bossi-Fini (L. 30 luglio 2002,<br />

n. 189) al Testo Unico sull’Immigrazione<br />

(si veda l’art. 27, comma 1,<br />

lett. r bis), tale categoria <strong>di</strong> lavoratori<br />

è stata collocata al <strong>di</strong> fuori delle<br />

quote, rendendo possibile assumere<br />

infermieri dall’estero in qualsiasi<br />

momento dell’anno senza dover attendere<br />

il decreto flussi. Quin<strong>di</strong>, previa<br />

verifica <strong>di</strong> idoneità del titolo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o posseduto (che peraltro deve<br />

essere riconosciuto dal Ministero<br />

della Sanità in Italia) viene rilasciato<br />

il visto d’ingresso e conseguentemente<br />

il permesso <strong>di</strong> soggiorno, il<br />

cui utilizzo è limitato all’esclusivo<br />

svolgimento della attività <strong>di</strong> infermiere<br />

professionale, ossia sempre<br />

rimanendo nel medesimo ambito<br />

lavorativo (sanità) e professionale<br />

(infermiere).<br />

105


106<br />

Appen<strong>di</strong>ce<br />

Alcune note sul contratto<br />

per le assistenti familiari<br />

<strong>Badante</strong>, <strong>una</strong> <strong>professione</strong> <strong>di</strong> <strong>congiunzione</strong><br />

Retribuzioni minime.<br />

Da gennaio 2006 sono state aumentate le retribuzioni minime (Tab. A.1) per i lavo-<br />

ratori domestici il cui contratto nazionale viene applicato anche alle assistenti familia-<br />

ri, non essendoci ancora <strong>una</strong> loro categoria contrattuale.<br />

Tabella A.1 Minimi retributivi previsti dal Contratto Collettivo <strong>di</strong> Lavoro –<br />

Decorrenza 1° gennaio 2006<br />

Colf conviventi a tempo pieno<br />

(Retribuzione mensile in euro)<br />

Prima categoria super* 777,726<br />

Prima categoria 693,473<br />

Seconda categoria 563,843<br />

Terza categoria 434,265<br />

Colf non conviventi<br />

(Paga oraria in euro)<br />

Prima categoria super 5,869<br />

Prima categoria 5,345<br />

Seconda categoria 4,454<br />

Terza categoria 3,249<br />

*Prima categoria super: vi appartengono coloro che attestino professionalità specifica sul piano pratico operativo e<br />

che, svolgendone le mansioni, siano in possesso <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ploma specifico o attestato professionale riconosciuto dallo<br />

stato o enti pubblici.<br />

Prima categoria: vi appartengono coloro che con piena autonomia e responsabilità presiedano all’andamento della<br />

casa per esplicito incarico delegato dal datore <strong>di</strong> lavoro, o comunque svolgano mansioni per le quali occorra <strong>una</strong> specifica<br />

elevata competenza professionale (per esempio: addetto alla compagnia, governante, maggiordomo, assistente<br />

geriatrico, infermiere <strong>di</strong>plomato, capo cuoco).<br />

Seconda categoria: vi appartengono coloro che svolgono mansioni relative alla vita familiare con la necessaria specifica<br />

capacità professionale (per esempio: baby-sitter, autista, cameriere, aiuto cucina, addetto alle pulizie).<br />

Orario <strong>di</strong> lavoro.<br />

Da gennaio 2004 è stato stabilito l’orario <strong>di</strong> lavoro per le lavoratrici non conviventi in<br />

44 ore settimanali, mentre è stato fissato in 54 ore per le lavoratrici conviventi. Le<br />

ore <strong>di</strong> lavoro straor<strong>di</strong>nario devono, pertanto, essere retribuite con la maggiorazione<br />

stabilita nelle singole situazioni (notturno, festivo).<br />

Per quanto riguarda i riposi e le ferie, alla lavoratrice domestica spettano 36 ore <strong>di</strong> ri-<br />

poso settimanale, <strong>di</strong> cui 24 ore da godere la domenica e le restanti 12 in qualsiasi al-<br />

tro giorno della settimana. Spettano altresì permessi retribuiti in misura variabile a<br />

seconda delle motivazioni che possono essere la frequenza <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> formazione, vi-<br />

site me<strong>di</strong>che, lutto familiare o nascita <strong>di</strong> un figlio per il lavoratore uomo.<br />

Le ferie sono stabilite in 26 giorni lavorativi, in<strong>di</strong>pendentemente dalle ore svolte, da as-<br />

segnare (compatibilmente con le esigenze del datore <strong>di</strong> lavoro) possibilmente nei me-<br />

si da giugno a settembre. Nella retribuzione feriale gioca anche l’eventuale compenso<br />

sostitutivo del vitto e dell’alloggio, quando il lavoratore ne usufruisca abitualmente.


Trattamento <strong>di</strong> fine rapporto.<br />

Un ulteriore elemento retributivo riconosciuto ai collaboratori domestici è il tratta-<br />

mento <strong>di</strong> fine rapporto che, attualmente, matura come per gli altri lavoratori subor<strong>di</strong>-<br />

nati, in misura pari all’ammontare della retribuzione annua complessiva. Come per gli<br />

altri <strong>di</strong>pendenti, il Tfr accantonato è soggetto a rivalutazione annuale.<br />

Retribuzione non soggetta a ritenute fiscali.<br />

Differentemente dagli altri lavoratori la retribuzione non è soggetta a ritenute fiscali,<br />

poiché il datore <strong>di</strong> lavoro privato non riveste il ruolo <strong>di</strong> sostituto d’imposta.<br />

L’importo erogato al lavoratore è, pertanto, al netto della sola trattenuta previdenzia-<br />

le ed è il lavoratore stesso che deve provvedere a <strong>di</strong>chiarare al fisco quanto percepi-<br />

to, salvo che operino i presupposti per l’esonero dall’obbligo <strong>di</strong>chiarativo. Il lavoratore<br />

domestico non può avvalersi del modello 730 proprio in quanto manca il sostituto<br />

d’imposta che provvede alla gestione dell’assistenza fiscale.<br />

Contributi previdenziali.<br />

Relativamente ai contributi da versare, va detto che all’aumentare delle ore lavorate<br />

settimanalmente crescono i costi relativi alla retribuzione complessiva e agli oneri in-<br />

<strong>di</strong>retti (ferie, tre<strong>di</strong>cesima, liquidazione). Questo criterio vale anche per la contribuzio-<br />

ne ma soltanto fino alle 24 ore settimanali. Infatti, per i rapporti <strong>di</strong> lavoro che si pro-<br />

traggono per 25 o più ore alla settimana con la stessa lavoratrice, in proporzione, i<br />

versamenti previdenziali <strong>di</strong>ventano più leggeri. Per queste collaborazioni “a tempo<br />

pieno” scatta l’applicazione della quarta fascia che prevede <strong>una</strong> tariffa agevolata.<br />

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