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<strong>L'Azione</strong> 3 OTTOBRE 2009<br />
PANORAMA<br />
IL PUBBLICO DEL PALCO<br />
Le esigenze dei musicisti e le recenti esperienze in ambito locale<br />
Se la realtà fabrianese presenta dei limiti alla musica locale<br />
è anche opportuno comprendere chi sente il peso di tali limiti,<br />
oltre che i musicisti. E’ quindi d’obbligo comprendere<br />
come viene recepita la musica nella nostra <strong>città</strong>, quale è<br />
l’educazione musicale che il fabrianese medio possiede e, in<br />
un’epoca in cui chiunque può estendere oltre limiti inimmaginabili<br />
le proprie conoscenze in fatto di musica tramite<br />
internet, quanto sia effettivamente grande l’interesse a fare<br />
ciò.<br />
E chi meglio degli artisti stessi può dare delle risposte alle<br />
nostre domande? Il pubblico visto dal palco è sicuramente<br />
visualizzato nei minimi dettagli dall’artista che, studiandone<br />
i comportamenti riesce a capire se la sua musica riesce o<br />
meno a trasmettere l’energia che possiede. <strong>La</strong> risposta però,<br />
quasi unanime, degli artisti, sembra essere tutt’altro che positiva.<br />
Quello che emerge è un disinteresse pressoché generale<br />
del pubblico nei confronti dei gruppi emergenti e una<br />
predilezione invece per le solite cover band. Una mentalità<br />
dunque che non accoglie il nuovo, che troppo spesso non và<br />
oltre il singolo di Vasco Rossi appena uscito alla radio e che<br />
sicuramente non aiuta ad incentivare la diffusione della<br />
musica nella nostra realtà. Così parla Mattia dei Ryden: “<strong>La</strong><br />
musica a Fabriano viene recepita a seconda di come la radio<br />
e la tv martella (come nella maggior parte del territorio italiano<br />
del resto). Siamo sempre, per quanto ci riguarda, schiavi<br />
di un sistema che non ci da spazio e che cerca ad ogni<br />
costo di sopprimerci.<br />
Quello del mercato discografico italiano è a mio avviso un<br />
mercato fatto di luoghi comuni e rintuzzato dalle ragazzine<br />
che ormai non comprano più un disco per il prodotto musicale<br />
ma per l’immagine in copertina del “ragazzetto carino”<br />
di turno a cui è stata appioppata l’etichetta di rock star.”Allo<br />
stesso modo Renato dei Just For One Night parla di una<br />
indifferenza da parte del pubblico: “<strong>La</strong> musica a Fabriano<br />
viene recepita più o meno alla stessa maniera tra un giovane<br />
ed un grande: a parte gli addetti ai lavori (i musicisti) e<br />
pochi altri fedelissimi (i fan e gli appassionati in genere),<br />
non notiamo l’entusiasmo che meriterebbe questa forma d’arte,<br />
perché d’arte parliamo. Anzi, per essere leggermente cattivelli,<br />
l’unica cosa che notiamo dalla maggior parte della<br />
gente è una specie di indifferenza al fenomeno musicale,<br />
non si apprezza ciò che si propone con tanto sacrificio e<br />
dedizione, una specie di disgusto ingiustificato e per un<br />
musicista essere snobbato è quanto di peggio possa capita-<br />
Prima di tutto ci vuole passione. In seconda battuta bisogna<br />
essere motivati, terzo si deve sapere dove suonare e quarto,<br />
ma non meno importante, bisogna avere degli strumenti.<br />
Imparare a suonarli per davvero può però richiedere molto<br />
più tempo del previsto. <strong>La</strong> storia del rock insegna che molte<br />
band sono nate da annunci (Il 25 settembre 1976 ad esempio,<br />
<strong>La</strong>rry Mullen, affigge nella bacheca della Mount Temple<br />
School, una scuola di Dublino, un messaggio per trovare<br />
giovani musicisti insieme<br />
ai quali formare<br />
una band. E da lì nacquero<br />
quelli che ora conosciamo<br />
come U2 ), alcune<br />
in tempi più moderni<br />
sono nate spulciando<br />
gli annunci su internet,<br />
altre solamente trovandosi<br />
al posto giusto nel<br />
momento giusto. Ma si<br />
può nascere anche in<br />
maniera alquanto bizzarra.<br />
Magari in un marzo<br />
piovoso, per giunta<br />
in un luna park, a Fabriano.<br />
Questa è la storia<br />
della nascita dei Violavenere,<br />
raccontata dalla<br />
cantante, Erika. I Violavenere<br />
sono cinque ra-<br />
gazzi che in tre anni sono riusciti ad imporsi importanti senza<br />
pretendere di conquistare questo o quel genere di pubblico,<br />
incidere un disco, vincere concorsi fino ad arrivare ad<br />
esibirsi al Granitt Rock Festival di Oslo, in Norvegia. Altre<br />
storie vengono da Mattia, voce dei R.Y.D.E.N., che racconta<br />
che “I r.y.d.e.n. sono nati dal nulla, a causa di un “fortunato”<br />
infortunio sportivo occorso a Valentino Teodori che in con-<br />
re: possiamo dire con certezza che il pubblico fabrianese è il<br />
più freddo che abbiamo mai incontrato e condividiamo questa<br />
idea con una marea di altre band come noi!”.<br />
C’è anche chi, come i Violavenere (nella foto), dopo la recente<br />
esperienza a Oslo riesce ad avere una visuale più ampia<br />
e quindi anche a fare un confronto tra il pubblico locale<br />
e quello estero, oltre che a confermare la generale tendenza<br />
del pubblico nostrano ad apprezzare le cover band piuttosto<br />
che i gruppi emergenti. Queste le parole di Erika: “Se non<br />
porti una cover band non riesci a colpire la gente. Io nel mio<br />
piccolo ho provato a portare jazz e swing, musiche<br />
differenti, ottenendo risposte<br />
pessime.<br />
Suonando anche<br />
in una cover<br />
band anni 60 me<br />
ne rendo conto,<br />
perché in un<br />
gruppo inedito<br />
ogni ascoltatore<br />
deve mettere più<br />
impegno, e non<br />
sempre il pubblico<br />
è così disposto. Evidenziando<br />
anche<br />
una certa ignoranza<br />
di fondo, perché ti<br />
aspetti una risposta<br />
civile, ed invece ti ritrovi<br />
davanti ad una<br />
platea composta anche<br />
da maleducati. Cosa<br />
che non è successa suonando<br />
fuori, partendo addirittura da<br />
Oslo, nonostante un tempo inclemente. Purtroppo quello<br />
che ci manca è l’educazione musicale”. C’è comunque<br />
una generale fiducia nei confronti della continua nascita di<br />
gruppi emergenti. A dirci questo Gabriele dei Mortorfuckers:<br />
“<strong>La</strong> cultura musicale che presenta il territorio a mio<br />
avviso è molto ristretta.<br />
Comunque c’è una piccola nicchia di giovani musicisti che<br />
a volte prendono spunto dai più grandi, e stanno nascendo<br />
associazioni impegnate per mantenere vivo l’ambiente musicale”<br />
e Marco dei Death Riders:“Nonostante la massifica-<br />
valescenza ha deciso di imparare a suonare la chitarra. Successivamente<br />
sono arrivati gli altri componenti ed ecco<br />
che abbiamo preso vita. Dapprima solo nella nostra piccola<br />
sala prove di Pianello di Genga e solo per i pochi fortunati<br />
che avevano la fortuna di conoscere l’esatta ubicazione della<br />
nostra saletta. Poi visto che tutto sommato male non sembravamo,<br />
abbiamo deciso di mettere la testa fuori dal “nido”<br />
ed eccoci qua”. Altre storie sono caratterizzate dal legame<br />
familiare, come nell’esempio<br />
dei Deathriders.<br />
Marco, chitarrista<br />
della band, racconta che<br />
sono nati nel 2001 sui<br />
banchi di scuola, coinvolgendo<br />
amici comuni<br />
ed anche parenti. Inoltre<br />
aggiunge che “l’intento<br />
iniziale era quello di poter<br />
dire la nostra e non rimanere<br />
semplici ascoltatori.<br />
Poi, una volta presa<br />
confidenza con gli strumenti<br />
abbiamo cominciato<br />
a dare una nostra<br />
personale visione dell’Heavy<br />
Metal”. Storia<br />
molto semplice invece è<br />
quella dei Motorfuckers,<br />
raccontata da Gabriele<br />
Romei : “Il nostro gruppo è nato dall’idea del batterista e<br />
del bassista, in modo da fare qualcosa il fine settimana invece<br />
di perdere tempo in giro per Fabriano”. I 4U come racconta<br />
Carlo Andrea Ceccoli, cover band degli irlandesi U2, sono<br />
nati da una serata karaoke quando “il cantate della mia ultima<br />
band si è ritrovato a cantare One e da lì sono nati i 4U.<br />
Per quanto mi riguarda è stato il batterista a coinvolgermi<br />
3<br />
zione e la scarsa cultura musicale della maggioranza dei<br />
giovani, continuano a nascere, anche se pochi, nuovi gruppi<br />
musicali composti da ragazzi anche molto giovani e preparati<br />
sia tecnicamente che nello spirito di intraprendenza e<br />
questo non può che essere un bene.<br />
Tuttavia la mancanza di un live pub o di eventi musicali<br />
dedicati esclusivamente ai gruppi fabrianesi non è un bell’incentivo<br />
e chi di dovere dovrebbe intervenire, ma non<br />
credo ci sia interesse da parte del Comune, per questo infatti<br />
molto spesso siamo costretti<br />
a organizzarci da soli o insieme<br />
alle altre band”. E della mancanza<br />
di un live club nella nostra<br />
<strong>città</strong> ci parla anche Carlo Andrea<br />
dei 4U: “Esiste sicuramente<br />
una cultura musicale anche<br />
tra i giovani, penso proprio di<br />
sì, hanno i mezzi per farsela,<br />
chiunque oggi può spegnere<br />
radio e televisioni e andarsi a<br />
leggere siti, recensioni, ascoltare<br />
online gruppi più o meno<br />
underground, sperimentali,<br />
storici o attuali; anche a Fabriano!<br />
Ironicamente non mi<br />
aspetto che siano i sempre<br />
più rari concerti delle band<br />
locali a far capire alle persone<br />
almeno la differenza<br />
tra un basso e una chitarra,<br />
la promozione della musica,<br />
è una bella parola, ma agli eventi spot<br />
andrebbe affiancato un buon live club per tutte le stagioni,<br />
che riesca ad attirare gruppi da tutta Italia e non”. C’è infine<br />
chi, come Ilario dei Soundsick, parla della realtà fabrianese<br />
come di una realtà divisa in due: “Credo di aver capito che a<br />
Fabriano i giovani si dividono in quelli che pensano che<br />
nella nostra <strong>città</strong> si faccia ben poco per creare eventi musicali<br />
ma poi quando ci sono concerti non partecipano e preferiscono<br />
andare a ballare.<br />
E poi ci sono quei ragazzi che si danno da fare per organizzare<br />
qualcosa ma spesso le loro iniziative non vengono prese<br />
in considerazione da quelle persone”.<br />
Gaia Germoni<br />
Ogni storia ha il suo “c’era una volta” di PASSIONE<br />
Just for One Night<br />
(con cui già suonavo in un altro gruppo). Principalmente<br />
penso che i gruppi nascano dall’idea di uno o due persone, il<br />
più delle volte per caso. Per completare la band poi ci pensano<br />
le amicizie e soprattutto il passaparola”. Per quanto riguarda<br />
un’altra realtà fabrianese, i SoundSick, la loro storia<br />
viene raccontata da Ilario così: “nasciamo da una idea mia e<br />
di mio fratello Alex, ma soprattutto dalla voglia di creare<br />
della buona musica che un giorno, speriamo ci faccia fare il<br />
giro del mondo insieme al nostro caro bassista Valentino<br />
Teodori”. <strong>La</strong> storia dei Just for One Night, invece è stata<br />
caratterizzata da situazioni favorevoli ed anche un po’ di<br />
faccia tosta infatti, la storia raccontata da Renato, parte così<br />
“Semplicemente per suonare una sola serata, non a caso il<br />
nome è emblematico. Tutto ebbe inizio nel dicembre 2002:<br />
una band fabrianese rinunciò all’ultimo minuto ad una data<br />
pattuita in un noto locale della regione, ci facemmo avanti<br />
desiderosi di suonare e creammo dal nulla una rock band di<br />
cinque musicisti provenienti da situazioni musicali parallele<br />
tra loro, amici ed amanti al tempo stesso del movimento<br />
“grunge” e del rock anni novanta in genere. <strong>La</strong> serata andò<br />
benissimo, praticamente fu un successo di pubblico e di consensi,<br />
considerato che riuscimmo a vincere la scommessa<br />
con noi stessi presentando in una sola settimana venticinque<br />
brani da zero e durante lo smontaggio del palco decidemmo<br />
insieme e di comune accordo che avremmo proseguito<br />
questo progetto nella più completa tranquillità ed armonia<br />
senza false illusioni, quasi per gioco, con il solo scopo<br />
di continuare a suonare.”. Altre storia provengono dal<br />
C.A.G. , dove band di giovanissimi nascono e si evolvono<br />
con velocità sorprendente, con in testa il chiodo fisso di<br />
emulare i propri miti. Storie al tempo stesso simili e diverse,<br />
guidate da una sconfinata passione per la musica. Passione<br />
che questa <strong>città</strong> a volte sembra aver perso chissà dove.<br />
Saverio Spadavecchia<br />
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