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PROFILI<br />
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Ciro PALUMBO<br />
la porta del sogno<br />
di Giovanna Gabriella Pagano<br />
Ciro Palumbo, nato a Zurigo nel 1965 ma di origine campana,<br />
pittore e scultore, vive e lavora a Torino; dopo aver<br />
intrapreso inizialmente la professione di disegnatore pubblicitario,<br />
sin dai primi anni Novanta si dedica esclusivamente<br />
all’attività pittorica. Costante punto di riferimento,<br />
essa sarà per lui un faro nella notte che lo guiderà tra i<br />
meandri sconosciuti della sua mente per poi riportalo lì<br />
dove tutti l’attendono, sulla tela, ovvero il luogo in cui<br />
svela e rivela, a noi semplici fruitori del suo fare, ciò che<br />
di più nascosto cela il suo estro artistico e ciò che lo tiene<br />
saldamente ancorato tra i voli pindarici della sua fantasia.<br />
La tela bianca è, come l’artista stesso ci racconta,<br />
“la porta del mio sogno, le mie colonne d’Ercole oltrepassate<br />
le quali mi tuffo nel mondo immenso ed immaginifico<br />
del sogno, il mondo che con la sua unicità e la sua<br />
inafferrabilità è la ragione vivente del mio essere artista<br />
Isolata 2010<br />
olio su tela, cm 60x70<br />
La Dea creatrice 2010<br />
olio su tela, cm 50x70<br />
a sinistra<br />
Mi è apparso un sogno 2010<br />
olio su tela, cm 50x40<br />
sotto<br />
La stanza del circo 2010<br />
olio su tela, cm 30x30<br />
sopra<br />
La stanza della magia 2010<br />
olio su tela, cm 40x50<br />
a destra<br />
Il luogo dell’oracolo 2010<br />
olio su tela, cm 50x50<br />
poiché mi permette di esplorare e di comunicare i meravigliosi<br />
voli della fantasia”. Sarà questa fantasia quindi, i<br />
suoi pensieri, le sue angosce, le sue speranze e, ancora,<br />
i suoi giochi, la sua allegria mista alla nostalgia, la precisa<br />
pennellata unita alla cura maniacale del dettaglio, la<br />
chiarezza delle linee e i precisi tagli prospettici, l’assenza<br />
di umane presenze e gli immensi spazi vuoti che ci presenteranno<br />
i temi a lui più cari. Palumbo si impone nel<br />
panorama artistico italiano riuscendo a trovare un punto<br />
di incontro, un sottile equilibrio tra un linguaggio di dechirichiana<br />
derivazione e la variegata e vasta moltitudine<br />
di pittura figurativa. Reinterpretando, infatti, gli insegnamenti<br />
di De Chirico e Savinio (ma anche di Fabrizio Clerici),<br />
con i quali intesse dei legami artisticamente evidenti<br />
e manifesti, colloca le sue pitture in un contesto a lui più<br />
noto, più familiare, attraverso i rimandi alla sua terra tanto<br />
amata e alle sue capacità immaginative. Così le opere<br />
di Ciro Palumbo, da spazio fisicamente circoscritto,<br />
divengono proiezione di una dimensione che oscilla tra<br />
vero e onirico per espandersi verso una surrealtà illimitata.<br />
In esse si alternano variegati e simbolici soggetti che costantemente<br />
in dialogo fra loro alternano e scandiscono<br />
l’arte di Palumbo, definito a ragione un “affabulatore di<br />
momenti astorici e atemporali” (Vittorio Sgarbi). Così, da<br />
stanze magiche (La stanza della magia) a stanze da un<br />
soffitto assente o infinito (Mi è apparso un sogno), ammiriamo<br />
statue classiche o templi dimenticati ricolmi di giochi<br />
(La Dea creatrice) che da luogo inviolabile e sacro<br />
per eccellenza si trasformano in un non-luogo dove tutto<br />
può accadere: come quando sopraggiunge un cavallo<br />
(Il Gioco della guerra) ricolmo di oggetti e colori che<br />
da archetipo motivo di sventura si trasforma in veicolo di<br />
messaggio positivo e di allegria. Elemento quasi sempre<br />
presente, che fa da sfondo o da cornice, è il mare, infinito<br />
mare che altro non è, per Palumbo, l’orizzonte dove<br />
proiettare le nostre speranze e, anche, le nostre paure<br />
(Il luogo dell’oracolo). Chi non si è mai perso nei propri<br />
pensieri osservando il fascino delle onde, che vanno e<br />
vengono, indipendentemente da ciò che accade dentro<br />
e fuori di noi? È forse anche questo ciò che vuole<br />
comunicarci? Certo vuole darci uno spunto, un motivo<br />
in più per riflettere o per suggerirci, in silenzio, che quel<br />
mare o quelle isole non saldamente ancorate (Isolata),<br />
vagano insieme a noi, ai nostri pensieri più reconditi, ci<br />
accompagnano nella nostra ricerca intima e profonda<br />
che dura tutta una vita, attraverso un viaggio per cui si<br />
parte sapendo già che la meta non è se non il viaggio<br />
stesso. Così, come i protagonisti delle opere di Palumbo,<br />
anche noi vaghiamo, attirati e catturati da posti magici,<br />
atmosfere incantate e luoghi surreali. Affascinati e sedotti<br />
da oggetti improbabili, ma dipinti come credibili, essi divengono<br />
il punto focale che attira il nostro sguardo, conducendolo<br />
silenziosamente dietro una tenda (La stanza<br />
del circo) che si discosta appena, lasciando intravedere<br />
quel poco che basta per riportarci indietro, al punto di<br />
partenza. Si spalanca un senso di inquietudine e malinconico<br />
richiamo ad un lontano passato che si intreccia<br />
con un gioco di presenza-assenza, lasciando spazio ad<br />
una pittura che si nutre dei contrasti di luce-ombra, una<br />
pittura fiabesca, che rimanda ad un ulteriore significato,<br />
ad un grado di esistenza che Adriano Olivieri ha definito<br />
atemporale, astorico e indefinibile, appunto Metafisica.<br />
Ma nello stesso tempo è anche una pittura che scava<br />
dentro noi stessi perchè a noi, sempre, si rivolge. Questo<br />
il messaggio dell’arte di Ciro Palumbo. Un “messaggio”<br />
che è alla base della sua “progettualità immaginativa<br />
nella visione del mondo” (Enrico Crispolti); l’artista, infatti,<br />
ancora una volta ci suggerisce tacitamente ciò che<br />
Francesca Bogliolo sintetizza in poche parole: “la pittura<br />
è un vascello che conduce ad un’isola sconosciuta, che<br />
in realtà si trova dentro noi stessi”.<br />
Ciro Palumbo<br />
vive ed opera a Torino<br />
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