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PROFILI<br />

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26<br />

Ciro PALUMBO<br />

la porta del sogno<br />

di Giovanna Gabriella Pagano<br />

Ciro Palumbo, nato a Zurigo nel 1965 ma di origine campana,<br />

pittore e scultore, vive e lavora a Torino; dopo aver<br />

intrapreso inizialmente la professione di disegnatore pubblicitario,<br />

sin dai primi anni Novanta si dedica esclusivamente<br />

all’attività pittorica. Costante punto di riferimento,<br />

essa sarà per lui un faro nella notte che lo guiderà tra i<br />

meandri sconosciuti della sua mente per poi riportalo lì<br />

dove tutti l’attendono, sulla tela, ovvero il luogo in cui<br />

svela e rivela, a noi semplici fruitori del suo fare, ciò che<br />

di più nascosto cela il suo estro artistico e ciò che lo tiene<br />

saldamente ancorato tra i voli pindarici della sua fantasia.<br />

La tela bianca è, come l’artista stesso ci racconta,<br />

“la porta del mio sogno, le mie colonne d’Ercole oltrepassate<br />

le quali mi tuffo nel mondo immenso ed immaginifico<br />

del sogno, il mondo che con la sua unicità e la sua<br />

inafferrabilità è la ragione vivente del mio essere artista<br />

Isolata 2010<br />

olio su tela, cm 60x70<br />

La Dea creatrice 2010<br />

olio su tela, cm 50x70<br />

a sinistra<br />

Mi è apparso un sogno 2010<br />

olio su tela, cm 50x40<br />

sotto<br />

La stanza del circo 2010<br />

olio su tela, cm 30x30<br />

sopra<br />

La stanza della magia 2010<br />

olio su tela, cm 40x50<br />

a destra<br />

Il luogo dell’oracolo 2010<br />

olio su tela, cm 50x50<br />

poiché mi permette di esplorare e di comunicare i meravigliosi<br />

voli della fantasia”. Sarà questa fantasia quindi, i<br />

suoi pensieri, le sue angosce, le sue speranze e, ancora,<br />

i suoi giochi, la sua allegria mista alla nostalgia, la precisa<br />

pennellata unita alla cura maniacale del dettaglio, la<br />

chiarezza delle linee e i precisi tagli prospettici, l’assenza<br />

di umane presenze e gli immensi spazi vuoti che ci presenteranno<br />

i temi a lui più cari. Palumbo si impone nel<br />

panorama artistico italiano riuscendo a trovare un punto<br />

di incontro, un sottile equilibrio tra un linguaggio di dechirichiana<br />

derivazione e la variegata e vasta moltitudine<br />

di pittura figurativa. Reinterpretando, infatti, gli insegnamenti<br />

di De Chirico e Savinio (ma anche di Fabrizio Clerici),<br />

con i quali intesse dei legami artisticamente evidenti<br />

e manifesti, colloca le sue pitture in un contesto a lui più<br />

noto, più familiare, attraverso i rimandi alla sua terra tanto<br />

amata e alle sue capacità immaginative. Così le opere<br />

di Ciro Palumbo, da spazio fisicamente circoscritto,<br />

divengono proiezione di una dimensione che oscilla tra<br />

vero e onirico per espandersi verso una surrealtà illimitata.<br />

In esse si alternano variegati e simbolici soggetti che costantemente<br />

in dialogo fra loro alternano e scandiscono<br />

l’arte di Palumbo, definito a ragione un “affabulatore di<br />

momenti astorici e atemporali” (Vittorio Sgarbi). Così, da<br />

stanze magiche (La stanza della magia) a stanze da un<br />

soffitto assente o infinito (Mi è apparso un sogno), ammiriamo<br />

statue classiche o templi dimenticati ricolmi di giochi<br />

(La Dea creatrice) che da luogo inviolabile e sacro<br />

per eccellenza si trasformano in un non-luogo dove tutto<br />

può accadere: come quando sopraggiunge un cavallo<br />

(Il Gioco della guerra) ricolmo di oggetti e colori che<br />

da archetipo motivo di sventura si trasforma in veicolo di<br />

messaggio positivo e di allegria. Elemento quasi sempre<br />

presente, che fa da sfondo o da cornice, è il mare, infinito<br />

mare che altro non è, per Palumbo, l’orizzonte dove<br />

proiettare le nostre speranze e, anche, le nostre paure<br />

(Il luogo dell’oracolo). Chi non si è mai perso nei propri<br />

pensieri osservando il fascino delle onde, che vanno e<br />

vengono, indipendentemente da ciò che accade dentro<br />

e fuori di noi? È forse anche questo ciò che vuole<br />

comunicarci? Certo vuole darci uno spunto, un motivo<br />

in più per riflettere o per suggerirci, in silenzio, che quel<br />

mare o quelle isole non saldamente ancorate (Isolata),<br />

vagano insieme a noi, ai nostri pensieri più reconditi, ci<br />

accompagnano nella nostra ricerca intima e profonda<br />

che dura tutta una vita, attraverso un viaggio per cui si<br />

parte sapendo già che la meta non è se non il viaggio<br />

stesso. Così, come i protagonisti delle opere di Palumbo,<br />

anche noi vaghiamo, attirati e catturati da posti magici,<br />

atmosfere incantate e luoghi surreali. Affascinati e sedotti<br />

da oggetti improbabili, ma dipinti come credibili, essi divengono<br />

il punto focale che attira il nostro sguardo, conducendolo<br />

silenziosamente dietro una tenda (La stanza<br />

del circo) che si discosta appena, lasciando intravedere<br />

quel poco che basta per riportarci indietro, al punto di<br />

partenza. Si spalanca un senso di inquietudine e malinconico<br />

richiamo ad un lontano passato che si intreccia<br />

con un gioco di presenza-assenza, lasciando spazio ad<br />

una pittura che si nutre dei contrasti di luce-ombra, una<br />

pittura fiabesca, che rimanda ad un ulteriore significato,<br />

ad un grado di esistenza che Adriano Olivieri ha definito<br />

atemporale, astorico e indefinibile, appunto Metafisica.<br />

Ma nello stesso tempo è anche una pittura che scava<br />

dentro noi stessi perchè a noi, sempre, si rivolge. Questo<br />

il messaggio dell’arte di Ciro Palumbo. Un “messaggio”<br />

che è alla base della sua “progettualità immaginativa<br />

nella visione del mondo” (Enrico Crispolti); l’artista, infatti,<br />

ancora una volta ci suggerisce tacitamente ciò che<br />

Francesca Bogliolo sintetizza in poche parole: “la pittura<br />

è un vascello che conduce ad un’isola sconosciuta, che<br />

in realtà si trova dentro noi stessi”.<br />

Ciro Palumbo<br />

vive ed opera a Torino<br />

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