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Paolo Cesaretti - Antichità e Tradizione Classica

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144<br />

PAOLO CESARETTI<br />

effettivamente pervenuta, già aveva chiesto all’autore di scrivere inni in<br />

onore della santa. E invece la stesura non procede, a causa del blocco<br />

espressivo dell’autore, causato – lo sappiamo – dalla δυσπιστία. A fronte di<br />

tanta ritrosia, Martino non discute di prove pro o contro la santità della<br />

sua illustre parente. Fa molto di più, e di meglio: ispira l’autore, in modo<br />

decisivo. Gli intima infatti di prendere άρτην κα κάλαµν (VTh 22,6) e di<br />

scrivere ciò che egli detterà. Il suo interlocutore obbedisce, con un sorriso<br />

che sembra di scherno (VTh 22,7 γελιάων), adatto dunque alla situazione<br />

psicologica che sta vivendo: lo stallo della sua scrittura dipende in<br />

effetti dal diabolico scacco della δυσπιστία. Se si fosse voluto indicare un<br />

altro tipo di sorriso, ci sarebbe stato a disposizione µειδιάω con il suo<br />

paradigma, testimoniati nell’opera e attribuiti coerentemente alla santa 118 .<br />

Martino dà l’ispirazione suggerendo il primo verso e subito l’autore si<br />

desta serbando in mente le parole che gli sono state dette in sogno, sicché<br />

prende in ordine inchiostro, τµυ τινς ερηστν µέρς (VTh 22,11-12) e<br />

calamo – ora non più onirici ma reali – e scrive in base al dettato della<br />

visione onirica. Forse con allusione ai salmi di Davide 119 anche in VTh la<br />

mente tanto incalza la mano, νς µυ κατήπειγε τν ερα 120 , che neppure<br />

lascia il tempo di asciugare la scrittura. Ne risultano non uno ma addirittura<br />

due canoni in lode di Teofano, e una più convinta adesione dell’autore<br />

alla santa e ai suoi prodigi. Ma non è ancora la soluzione definitiva.<br />

Nell’episodio finale dell’opera egli dovrà non solo dubitare nella mente ma<br />

soffrire nel corpo ed essere curato – ancora – dalla santa per risolvere in<br />

pienezza di salute la colpa mentale della δυσπιστία. Sarà, quella, l’ultima<br />

taumaturgia del testo. Resta, intanto, l’incontro onirico tra l’autore e Martino,<br />

risolto in una narrazione distesa (VTh 21,22-22,17) e pregevole sia<br />

per quanto riguarda la verisimiglianza dell’episodio onirico sia in quanto<br />

riferisce di una «crisi d’ispirazione» d’autore medievale. È rara anche in<br />

quanto rappresentazione del processo di scrittura, con attenzione ai suoi<br />

strumenti fisici, in età bizantina. Potrebbe infine essere una sorpresa per chi,<br />

avvezzo a una antitesi formale e di genere tipica più delle letterature<br />

moderne e contemporanee che del Medio Evo, non si aspetterebbe opere<br />

in versi da parte di uno scrittore di prosa narrativa. Per esempio da parte<br />

dell’autore di una Vita agiografica 121 .<br />

118 VTh 16,19 (πµειδίαµα); 16,22 (µειδίασις).<br />

119 Ps. 44 (45),2 γλσσά µυ κάλαµς γραµµατέως υγράυ.<br />

120 VTh 22,13.<br />

121 La carriera letteraria di Alessandro Manzoni, caratterizzatasi classicamente nel<br />

segno dell’invenzione anziché sotto l’egida moderna della creazione, mi sembra pre-

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