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STUDIO LEGALE FOLICALDI Sergio Lionello Folicaldi - Franzosi

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potrebbero rimanere “impigliati” nelle maglie del decreto legislativo in<br />

commento. La soluzione di questo problema si rileva facilmente dalla lettera c)<br />

del citato articolo 2 che intende: “per “operatore pubblicitario” il committente<br />

del messaggio pubblicitario ed il suo autore, nonché, nel caso in non consenta<br />

all’identificazione di costoro, il proprietario del mezzo con cui il messaggio<br />

pubblicitario è diffuso”.<br />

Evidentemente questi soggetti potranno coincidere con a) l’operatore<br />

commerciale, b) l’agenzia pubblicitaria in rete (coincidente o meno con il<br />

provider), nonché infine c) con il provider stesso.<br />

Ma la pubblicità in rete ricade – né più né meno come le altre forme di<br />

pubblicità – anche nell’ambito autodisciplinare. Ciò principalmente perché: 1) la<br />

lettera e) delle norme preliminari e generali del codice di autodisciplina<br />

pubblicitaria prevede espressamente che: “agli effetti del Codice il termine<br />

“pubblicità” comprende ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a<br />

promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano i mezzi utilizzati.”; e perché<br />

2) il medesimo articolo prevede che: “il termine “messaggio” comprende qualsiasi<br />

forma di presentazione al pubblico del prodotto e si intende perciò esteso anche<br />

all’imballaggio, alla confezione e simili.”<br />

Anche in questo caso non si può far a meno di notare che il tenore<br />

letterale delle citate norme non pare lasciare spazio ad alcun dubbio circa<br />

l’assoggettabilità della pubblicità in rete alle norme del codice di autodisciplina.<br />

E se a tutta prima poteva apparir vero che la lettera b), sempre delle<br />

norme preliminari e generali del codice (che prevede che: “il codice di<br />

autodisciplina pubblicitaria è vincolante per utenti, agenzie, consulenti di<br />

pubblicità, gestori di regole pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano<br />

accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la<br />

sottoscrizione un contratto di pubblicità di cui al punto d).”), era tale da far<br />

ritenere ad alcuni (secondo un’interpretazione tuttora non condivisibile) il<br />

mondo pubblicitario in rete autonomo e distinto dal contesto più storico dei<br />

“Media” tradizionali, è peraltro vero che le associazioni di categoria hanno<br />

attualmente concordato che anche ai provider vadano senz’altro estese le<br />

norme del CAP.<br />

Risulta, pertanto, superata ogni possibile riluttanza all’applicazione alla<br />

pubblicità in rete tanto delle norme statali di cui al citato D.Lvo 25 gennaio<br />

1992, n. 74 87 , tanto delle altre norme individuate nel CAP.<br />

3.1.3.1 Contenuto minimale del D.Lvo 25/1/1992 n. 74 in ambito transnazionale.<br />

Il D.Lvo 25/1/1992 n. 74 in materia di pubblicità ingannevole costituisce<br />

l'attuazione della direttiva 84/450/CEE.<br />

Da tale considerazione discende che le regole previste per il mercato<br />

italiano, possano - sotto il profilo delle prescrizioni minimalmente previste dal<br />

D.Lvo 25/1/1992 n. 74 - risultare facilmente applicabili - de minimis - anche a<br />

tutti gli altri paesi della UE.<br />

3.1.3.2. Forme di pubblicità vietate in Italia reperibili in rete.<br />

Si possono trovare in rete due forme di pubblicità che, in base alle<br />

norme interne, risultano attualmente vietate.<br />

La prima di queste forme pubblicitarie è relativa alla cosiddetta<br />

“pubblicità comparativa”; la seconda è invece relativa ad una forma di pubblicità<br />

che chiamerei “imposta”.<br />

La pubblicità comparativa, che è, allo stato, oggetto di diverse proposte<br />

di direttive comunitarie 88 , risulta tuttora vietata nel nostro paese, che conosce<br />

87 In questo senso anche Zeno Zencovich (“La pubblicità nei servizi di telecomunicazione” AIDA (Annali<br />

italiani del diritto d'autore, della cultura e dello spettacolo, vol. V- 1996. Giuffrè Editore.) che evidenzia, fra<br />

l’altro come non dovrebbe ritenersi applicabile alla pubblicità in rete l’articolo 7, comma 5, del decreto<br />

legislativo in commento, in quanto i servizi di telecomunicazione non appaiono equiparabili alla stampa o<br />

alla radiotelevisione. (“Quando il pubblicitario è stato o deve essere diffuso attraverso la stampa periodica o<br />

quotidiana ovvero per via radiofonica o televisiva, l’Autorità garante, prima di provvedere, richiede il parere<br />

del Garante per la radiodiffusione e l’editoria.”)<br />

88 citiamo fra quelle più note la: 91/C180/15 PROPOSTA DI MODIFICA DI DIRETTIVA DEL<br />

CONSIGLIO RIGUARDANTE LA PUBBLICITA' COMPARATIVA, E RECANTE MODIFICA DELLA<br />

DIRETTIVA 84/450/CEE e la 94/C136/04 PROPOSTA DI MODIFICA DI DIRETTIVA DEL

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