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sritorno all’antico<br />
sono gli Harrison, proprietari di un banco dei pegni (appunto) a<br />
Las Vegas da tre generazioni. La settima stagione va in onda su<br />
History Channel il giovedì alle 21. Nel negozio - il Gold & Silver<br />
Pawn Shop, aperto 24 ore su 24, diventato tra i più popolari punti<br />
vendita degli Stati Uniti - si comprano (e poi rivendono) oggetti di<br />
cui chiunque può decidere di sbarazzarsi. A stabilire il valore della<br />
merce - dagli amuleti agli strumenti musicali, dagli almanacchi alle<br />
armi fino agli elettrodomestici passando per i gioielli e le palle da<br />
baseball - Corey “lo smilzo”, suo padre Rick “la volpe” e suo nonno<br />
Richard Benjamin “il vecchio”. I tre gestiscono i loro affari e parlano<br />
candidamente delle tecniche più efficaci per fare buoni affari: sono<br />
diventati popolari al punto da essere invitati negli show di Letterman<br />
o Jay Leno. A riprova del successo del programma, le guest star. Su<br />
tutti Bob Dylan, che in una puntata ha firmato una copia di un suo<br />
album. Ma sono apparsi anche Jeremy McKinnon, Meredith Vieira,<br />
gli Oak Ridge Boys e George Stephanopoulos, direttore della<br />
comunicazione durante la presidenza Clinton, che ha comprato una<br />
rara copia della prima edizione di “Per chi suona la campana” di<br />
Hemingway. Il suddetto format conta 6,4 milioni di spettatori con<br />
un incremento superiore al 30% rispetto all’anno precedente. Tra<br />
il pubblico 25-54 anni è il primo programma via cavo più seguito<br />
negli Stati Uniti, registrando oltre 3 milioni. Un caso mediatico. Il<br />
banco dei pegni è la forma più sofisticata - e spietata - di baratto.<br />
Il quale baratto, dal punto di vista sociale torna, appunto, di gran<br />
moda. In Grecia alcune comunità stanno abbandonando l’euro e<br />
riscoprendo il fai da te con prodotti realizzati in casa o grazie alla<br />
propria professionalità in cambio di servizi o altri prodotti. E sta<br />
accadendo anche in Italia con il “baratto agricolo” messo in piedi<br />
dalla Cia di Pisa. Probabilmente tornare al baratto, installare orti<br />
sui balconi, andare il sabato al supermercato per approfittare dei<br />
ribassi dei prezzi di frutta e verdura non rappresenta la soluzione<br />
definitiva, non risolve il problema dell’uso speculativo della moneta<br />
e forse alimenta anche un po’ la consumistica filosofia dell’usa<br />
e getta. Eppure online sono nate diverse iniziative riguardanti il<br />
baratto 2.0 : l’eco-store Reoose per il baratto e il riutilizzo degli<br />
oggetti oppure ZeroRelativo, ScambioCasa scambiarsi gli alloggi,<br />
La Settiamana del Baratto per soggiornare in B&B in cambio di<br />
servizi o prodotti. E poi nascono cose come gli SCEC, dei buoni<br />
che rappresentano un sistema di contabilità da usare insieme<br />
all’Euro all’interno di una comunità affinchè si creino rapporti e<br />
legami di fiducia e crescita sviluppando nelle persone un senso<br />
di libertà, indipendenza e legalità. Un’idea che non è innovativa<br />
ma che pare abbia riscontrato la fiducia di tanti. La domanda che<br />
sorge spontanea è: sarà questo il futuro dell’economia dei Paesi?<br />
Probabilmente non del tutto. Ma il suo ritorno non ha nulla di<br />
barbarico. Anzi. Tecnicamente il baratto è in generale considerato<br />
la prima forma storica dello scambio commerciale di beni, ed è<br />
dunque ben anteriore alle forme di scambio monetario. Una delle<br />
ragioni è che è molto più difficile, in assenza di moneta, risparmiare<br />
una parte del reddito. Il risparmio può avvenire in un sistema basato<br />
sul baratto solo acquistando beni non deperibili, il cui valore non<br />
si riduca nel corso del tempo. Di fatto, nel baratto, “il valore dei<br />
beni oggetto dello scambio viene considerato sostanzialmente<br />
equivalente fra le parti, senza ricorrere esplicitamente ad un’unità<br />
di misura, di valore monetario dei beni stessi. Il valore di equivalenza<br />
si raggiunge attraverso la considerazione qualitativa e quantitativa<br />
delle merci scambiate, secondo l’accordo delle parti, che talvolta<br />
può confidare negli usi, ma più spesso si richiama a fattuali ragioni<br />
di mutuo fabbisogno”. Ne consegue, che nei momenti di estrema<br />
urgenza sociale ed economica, anche nel baratto il valore delle<br />
Rick Dale,<br />
protagonista del reality<br />
americano “Missione Restauro”<br />
merci scambiate corrisponde al punto di incontro fra la domanda<br />
e l’offerta. Esistono vari tipi di baratto. C’è il baratto semplice (o<br />
baratto diretto), quando entrambe le parti desiderano procurarsi il<br />
bene o il servizio che ricevono in cambio del bene o del servizio<br />
ceduto. E c’è il baratto multiplo (o baratto indiretto), quando un<br />
soggetto cede un bene o un servizio ricevendone in cambio un<br />
altro bene o servizio che non desidera avere, ma che scambia<br />
per ottenere quanto desiderato (si dice che il bene ottenuto nello<br />
scambio è desiderato per il suo valore di scambio e non per il suo<br />
valore d’uso). Quest’ultimo è anche il caso in cui l’ottenimento del<br />
bene desiderato debba essere differito per ragioni di stagionalità o<br />
deperibilità. Una forma speciale e specifica di baratto, è costituita<br />
dallo scambio di appartamenti nei periodi estivi, e dalle Reti di<br />
ospitalità mondiali; associazioni per lo più recenti nate negli ultimi<br />
anni, che offrono alloggio e pernottamento gratuito ai soci, o<br />
membri delle stesse. Il baratto su internet è detto anche “swapping”,<br />
da swap, letteralmente scambio, ed è una forma sempre più<br />
popolare di baratto, generalmente informale, in cui singoli o gruppi<br />
di persone si spediscono beni e oggetti di valore comparabile, su<br />
base fiduciaria. I beni scambiati possono essere i più svariati, dagli<br />
indumenti, ai DVD, ai CD musicali, ad ogni tipo di oggetto e gadget<br />
e possono essere già in possesso dei partecipanti allo swapping,<br />
acquistati appositamente o creati con svariate tecniche, spesso<br />
seguendo un tema predefinito. Esistono anche e-mail swap, nei<br />
quali in genere sono scambiate informazioni, opinioni o foto a tema.<br />
Anche nel “paese reale”, ad incidere sull’economia dei luoghi,<br />
il baratto continua ad assumere dimensioni ragguardevoli. Per<br />
esempio, sta tornando in Ogliastra nel cuore della Sardegna,<br />
vicino al luogo in cui si svolse quel finto-vero reality a tutela degli<br />
operai di un’azienda sull’orlo del fallimento, L’isola dei cassintegrati.<br />
Tracy Hutson e Tanya<br />
McQueen, le “Pickers<br />
sisters” che viaggiano per<br />
gli Usa alla ricerca di<br />
tesori nascosti da<br />
restaurare e rivendere<br />
La famiglia Harrison, proprietaria del<br />
banco dei pegni Gold & Silver Pawn Shop<br />
e star del docu-reality “Affari di famiglia”<br />
Sul cui seguitissimo blog si invitava, appunto, a rinverdire questa<br />
pratica, nonostante lo strano pudore di chi utilizzava il baratto a<br />
parlarne perché “potrebbe svilire o dare una cattiva immagine di<br />
sé e del proprio territorio”. Eppure, in un accurato servizio del Tg2<br />
pescatori, allevatori, agricoltori, titolari di albergo, perfino edicolanti<br />
confessarono di lavorare per il 40% ricevendo beni materiali, cibo<br />
e altri servizi in cambio delle sue prestazioni professionali. Non<br />
è poco. Secondo una ricerca di Creative Commons, dopo quel<br />
servizio, tal Giangiacomo Pisu, tra l’altro autore di vari libri sulla<br />
Sardegna, decise di creare un gruppo su Facebook chiamato<br />
“Baratto Ogliastra” che conta oggi con più di 2200 iscritti. In questo<br />
gruppo la gente offre libri, olio, soggiorni turistici, moto, lezioni di<br />
lingue e le cose più disparate. Dopo pochi giorni hanno cominciato<br />
a nascere altri gruppi anche in altre parti della sardegna. Pian<br />
piano la piattaforma di Facebook è servita a un fine nobilissimo,<br />
un esempio di integrazione, tra saggezza e pragmaticità popolare<br />
e tecnologia. Altro che vergogna e pudore. Il baratto, poi, diventa<br />
l’epicentro di altri fenomeni, tutti attivati per reggere l’urto della crisi.<br />
Per tornare alla tivù, naturalmente il succitato “Affari di famiglia”,<br />
come scrive il Corriere della Sera in una recente analisi del<br />
fenomeno, come ogni produzione di successo, vanta anche uno<br />
spin off. Si chiama “Missione Restauro”. Anche questo programma<br />
va in onda su History ogni martedì alle 21 e segue le avventure<br />
di Rick Dale e della sua ditta che trova e restaura oggetti di ogni<br />
tipo: dalle Cadillac alle casseforti antiche, dalle stufe dell’800 fino<br />
ai caschi della Nasa. Sono sempre più numerose - negli States ma<br />
anche da noi - le attività che si propongono di svuotare cantine<br />
e sgomberare case gratuitamente: l’obiettivo è acquistare dai<br />
proprietari alcuni degli oggetti che altrimenti verrebbero gettati<br />
via per poi rivenderli. Così, dall’America arriva un altro docureality<br />
di successo: “A caccia di Tesori” (sempre su History, ogni<br />
lunedì alle 23). La serie segue le avventure di Mike e Frank, i più<br />
famosi “cacciatori di tesori” degli Stati Uniti. La tesi è che ovunque<br />
possano esserci tesori che aspettano di essere scoperti, reliquie<br />
nascoste tra le peggiori cianfrusaglie, seppellite nei granai o<br />
accatastate nei garage. Finché qualcuno li trova e li trasforma in<br />
denaro. Le telecamere seguono Mike e Frank mentre scovano tra<br />
la polvere oggetti dal valore storico o culturale, dimenticati dai loro<br />
proprietari. “A caccia di tesori” è la terza serie non- fiction più vista<br />
sulla tv via cavo americana. Esiste anche una versione “rosa” del<br />
programma, che ha debuttato il 15 maggio su FoxLife: “Pickers<br />
sisters”. Qui le protagoniste sono Tracy Hutson e Tanya McQueen,<br />
proprietarie di un negozio di design a Los Angeles che viaggiano<br />
per gli USA alla ricerca di tesori nascosti da restaurare e rivendere.<br />
Altro fenomeno: il couponing. Sempre in televisione, su Real Time,<br />
“Pazzi per la spesa” racconta una pratica oramai diffusa anche<br />
in Italia: la raccolta - maniacale - di buoni o tagliando con l’unico<br />
scopo del risparmio. In ogni episodio si entra nella vita quotidiana<br />
di alcune risparmiatrici “di professione”, vere e proprie ultrà dell’<br />
arte del raccogliere buoni sconto, che riescono a mettere da parte<br />
cifre inimmaginabili. Le tecniche utilizzate dalle parsimoniose<br />
protagoniste sono tra le più disparate. Nei casi più borderline, le<br />
si può vedere impegnate nell’ispezione della spazzatura pubblica<br />
in cerca di coupon gettati via oppure concentrate nell’elaborazione<br />
di complicate formule matematiche. Grazie a tali stratagemmi si<br />
scopre che è possibile tornare a casa dal supermercato con 1.600<br />
euro in prodotti alimentari avendone in realtà sborsati per la spesa<br />
solo 80. Il che poteva sembrare triste, anni fa. Ma oggi, incastonato<br />
nel contesto di un futuro alla ricerca di economie alternative,<br />
diventa addirittura una produttiva forma di divertimento.<br />
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