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f<br />
faccia a faccia<br />
LE FANTASTAZIONI<br />
Da luoghi classici d’attesa a cattedrali<br />
dello shopping e della cultura. Come cambia la vita<br />
del viaggiatore a zonzo nelle nuove Centrali italiane<br />
di Francesco Specchia<br />
Trattasi d’un luogo comune. Ma per ben descriverlo, ci<br />
vorrebbe lo svizzero Robert Walser che sull’arte della<br />
passeggiata, nel 1917 ci scrisse un saggio lieve come<br />
il volo d’una falena, un capolavoro per gentiluomi in<br />
movimento. O servirebbe un Charles Baudelaire, il cui sguardo<br />
da flaneur vagabondo per le vie epiche di Parigi fotografò una<br />
generazione. O - perché no?- un antropologo alla Marc Augè,<br />
che sulla mistica dei “non-luoghi” (autostrade, svincoli, aeroporti,<br />
centri commerciali, appunto) edificò la sua fama, decenni orsono.<br />
Comunque sia, la nuova concezione di Stazione Centrale Ferroviaria<br />
che sta cambiando il panorama urbanistico italiano ha un qualcosa<br />
di letterario. Non è semplicemente la sensazione, entrandoci, di<br />
aver attraversato due secoli, dal diciannovesimo direttamente al<br />
ventunesimo: dalle banchine coi treni ansimanti color grigiofumo<br />
sulla scenografia di un’opera verdiana all’intreccio di plexiglass e di<br />
vetro osservato da una sorta di binari-boutique. È quasi un’odissea<br />
metafisica, la nuova Stazione Centrale. Dire che incute poesia,<br />
forse è troppo: però avverti che quei luoghi antichi possiedono<br />
un’anima nuova. Nelle stazioni di Milano, Torino, Venezia, Verona,<br />
Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Palermo sono stati<br />
investiti, negli ultimi due anni, 900 milioni di euro - con un utile<br />
netto di 40 milioni - e questo vorrà pure dire qualcosa. In effetti le<br />
uniche infrastrutture, le mitiche “grandi opere”, che in Italia si sono<br />
trasformate da promesse a realtà sono, appunto, le riqualificazioni<br />
dei principali scali ferroviari storici realizzati da un’apposita società,<br />
GrandiStazioni - uno strano ibrido, 60% Ferrovie dello Stato e 40%<br />
azionisti privati tra cui Benetton, Caltagirone e Pirelli - . Le Stazioni<br />
dei treni - ormai sempre con la maiuscola - si sono modificate<br />
geneticamente, trasformate da scalo a gallerie commerciali, a<br />
centri culturali (la Feltrinelli di Milano è oramai una delle prime<br />
librerie della città, ed è la più grande d’Europa, l’unica aperta dalle<br />
7.00 alle 23.00), a snodi sociali con rampe fitte di insegne, vetrine,<br />
viaggiatori d’ogni risma. Sono diventate, le Stazioni, quasi delle<br />
cittadelle ammantate da un’aria inconsuetamente multiculturale.<br />
Prendete la Centrale di Milano. Il simbolo della rivoluzione. Ovvio<br />
che rimanga un posto da cui partono e arrivano i treni, come<br />
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