luglio - Fraternità San Carlo
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Quest’imbattersi della persona in una diversità umana è qualcosa di semplicissimo, di assolutamente<br />
elementare, che viene prima di tutto, di ogni catechesi, riflessione e sviluppo: è qualcosa che suscita uno<br />
stupore, muove a seguire, in forza della sua corrispondenza all’attesa strutturale del cuore. Luigi Giussani<br />
6 fraternitàemissione<br />
LUGLIO<br />
Notizie in breve<br />
a cura di Fabrizio Cavaliere<br />
ORDINAZIONI<br />
Marco Basile, Paolo Di Gennaro e<br />
Lorenzo Di Pietro sono stati ordinati<br />
sacerdoti a Roma nella basilica<br />
di <strong>San</strong>ta Maria Maggiore il 26 giugno<br />
2010. Marco sarà in missione<br />
a Praga, Paolo ad Alverca (Portogallo),<br />
Lorenzo a Colonia, in Germania.<br />
Nuovi diaconi: Patricio Hacin, destinato<br />
a Città del Messico, e Christoph<br />
Matyssek, che raggiungerà<br />
Vincent Nagle in Terra <strong>San</strong>ta.<br />
MONTRÉAL<br />
Dopo quindici anni, la Fraternità<br />
san <strong>Carlo</strong> lascia la parrocchia<br />
di Notre Dame de la Defénse<br />
nella capitale del Canada.<br />
Jacques Le Blond Du Plouy raggiungerà<br />
la casa di Roma Magliana.<br />
Giuseppe Manzini sarà in<br />
missione a Grottammare (AP).<br />
Bologna: Andrea Marinzi (al centro)<br />
durante un momento di gioco<br />
dopo una seduta del Gruppo SV.<br />
Diario Educare nella fede<br />
Da Taipei a Denver, passando per Bologna e Madrid, l’esperienza di educare i bambini e i ragazzi<br />
coinvolgendoli in una proposta di vita cristiana<br />
BOLOGNA LO «STUDIO VIOLENTO»<br />
di Andrea Marinzi<br />
Bologna, 18 aprile 2010<br />
Caro don Massimo,<br />
diverse volte mi capita di ascoltare i ragazzi delle<br />
medie che si lamentano della scuola e della fatica dello<br />
studio. Ne provo sempre dispiacere, anche perché la<br />
nostra è un’ottima scuola, con professori appassionati e<br />
capaci di introdurre i ragazzi al fascino della conoscenza.<br />
Per questa ragione, invece di fare discorsi sull’importanza<br />
dello studio, ho proposto ad alcuni ragazzi<br />
di trovarci a studiare insieme un pomeriggio alla settimana.<br />
Hanno accettato volentieri, forse spinti più dalla<br />
simpatia che provano per me che dalla voglia di mettersi<br />
davvero sui libri. Ma io ho posto le mie condizioni<br />
con molta chiarezza: chi vuole venire me lo deve chiedere<br />
almeno il giorno prima tramite sms; occorre arrivare<br />
alle 14.30 puntuali, chi arriva tardi resta fuori; si inizia<br />
insieme, con una preghiera, poi si studia senza pause<br />
fino alle 16.30; chi finisce i compiti in anticipo non può<br />
rimanere nelle sale comuni; chi disturba non può venire<br />
la settimana successiva. Così si capisce perché<br />
abbiamo deciso di chiamarci Gruppo SV, che sta per<br />
Studio Violento.<br />
Quelli che hanno iniziato con me hanno continuato a<br />
venire, poi si sono aggiunte altre persone. Adesso siamo<br />
più o meno venticinque ogni mercoledì, senza aver<br />
stampato nemmeno un volantino. Mi aiutano alcuni studenti<br />
universitari che vengono a fare caritativa. E mi<br />
aiuta anche Silvia, prof di inglese giovane e brava, che<br />
garantisce la conduzione del gesto anche quando io<br />
non ci sono. Si studia seriamente, a piccoli gruppi –non<br />
più di tre per tavolo–, con l’aiuto dei grandi. Due ore<br />
filate, senza interruzioni. E non ce n’è uno che si lamenti.<br />
Anzi, se mi mandano l’sms tardi, temono che i posti siano<br />
esauriti e mi supplicano di accettarli lo stesso.<br />
Io li sfido sempre ad essere amici, cioè a richiamarsi<br />
gli uni gli altri allo scopo per cui ci troviamo, a riprendere<br />
chi si distrae, ad aiutare chi è più lento, a rimettere<br />
al lavoro chi si stanca. E poi, tutte le volte che finiamo,<br />
domando loro se non è vero che a studiare così si fatica<br />
di meno, si impara di più e ci si ritrova più soddisfatti.<br />
Rispondono sempre di sì, e il mercoledì dopo vogliono<br />
tornare. Una volta mi hanno detto che dopo aver studiato<br />
bene è più bello anche giocare, e non mi sembra<br />
una scoperta da poco. Forse è un aiuto per imparare ad<br />
usare il tempo con gusto e responsabilità.<br />
Ciao, don Andrea<br />
U.S.A. UNA SCATOLA ARANCIONE<br />
di Accursio Ciaccio<br />
Sono cappellano di una<br />
scuola elementare e media<br />
che conta circa cinquecento<br />
ragazzi. Ogni venerdì<br />
cerco di pranzare con una<br />
delle diverse classi delle<br />
medie. È un’occasione per<br />
conoscerli e parlare un po’<br />
con loro. Essendo ragazzini<br />
spesso sono distratti o<br />
chiacchierano tra di loro,<br />
ma in un modo o nell’altro<br />
riesco sempre a fare una<br />
battuta o a dire qualcosa<br />
che li colpisce e li richiama<br />
all’attenzione.<br />
Un giorno era più difficile<br />
del solito. Avevo però<br />
notato che alcuni ragazzi<br />
erano incuriositi da una<br />
Accursio Ciaccio, in missione a<br />
Denver (U.S.A.) da un anno.<br />
serie di scatole colorate di cartone, che un paio di giorni<br />
prima erano state messe nella nostra sala per decorarla.<br />
Non riuscendo a proseguire nella discussione, mi sono<br />
detto: «Partiamo da ciò che li colpisce e vediamo se il<br />
buon Dio ci porta a scoprire qualcosa». Così, ho preso in<br />
mano una scatola arancione e ho chiesto loro: «Chi sa<br />
dirmi cosa c’è dentro questa scatola?». Dopo qualche<br />
tentativo, finalmente un ragazzino ha detto: «Certo,<br />
sarebbe più facile se ci permettessi di aprirla», «E chi<br />
dice che non ve lo permetto?».<br />
Subito in tre o quattro mi sono saltati addosso per<br />
poter essere i primi ad aprire la scatola e scoprire che,<br />
ovviamente, era vuota. Da questo piccolo fatto è scaturita<br />
una serie di considerazioni sul metodo che la realtà<br />
ci impone per conoscerla, sulle promesse che ci pone,<br />
su come le soddisfa o meno e sulle esigenze del cuore<br />
di ognuno di noi. Mentre parlavo con loro, dicevo a me<br />
stesso che loro erano la mia scatola arancione con cui<br />
dovevo fare i conti quotidianamente, lasciandomi guidare<br />
nel guidarli, e così essere disponibile ad essere<br />
sorpreso da ciò che accade davanti ai miei occhi.