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28 ❖ ❖ ❖ Come eravamo ❖ ❖ ❖ Le due foto di questa pagina risalgono ai primi anni settanta. L’azienda portuale aveva allora un consistente numero di dipendenti, ben oltre il migliaio; una forza lavoro notevole, indispensabile per attuare le molteplici funzioni derivanti dall’applicazione della legge 9 luglio 1967, n. 589, istitutiva dell’Ente Autonomo del Porto di Trieste. La forza lavoro era tale da consentire ad alcuni reparti di formare una loro squadra di calcio e di dar vita ad un campionato interno. Le partite, organizzate dal compianto Renato Gerin e da Giuseppe Fatur, si svolgevano in un’atmosfera vivace, canzonatoria e di sana competizione che nascevano già sul posto di lavoro, quando, bonariamente, si rivaleggiava tra reparto e reparto ed ogni singolo sentiva l’orgoglio di esibire le migliori qualità per essere il più bravo. 1972-1973. La squadra di calcio formata dagli autisti. Da sinistra: in piedi, Presiren, Bibalo, Gerin, Dapas, Pilena, Verginela, Gon, Gregori; accosciati, Milcovich, Santeli, Liusi, Satti, Battista, Lauro. 1975. La squadra di calcio della manovra ferroviaria. Da sinistra: in piedi, Ciuck, Rebula, Zancotti, Rude, Ceglia, Lombardo, De Gennaro, Parovel; accosciati, Cianchetta, Crevatin, Flego, Delle Zotti, Deferri. Si invitano i soci, qualora fossero in possesso di foto significative di vita portuale, a collaborare con la redazione di tuttoCRAL inviando le foto per la pubblicazione alla Segreteria del CRAL alla Stazione Marittima, nei giorni e nell’orario indicati a pag. 2. Si chiede cortesemente di fornire la data, il nome delle persone e, se possibile, il luogo e l’evento oggetto della foto. ANIMO, PORTUALINI BELLI! di Nònimo Portual Cinema Teatro ARISTON Interpreti: Fabio Parisi (recitazione) Daniela Fon (canzoni triestine) Regia di Pino Roveredo ingresso libero - durata 1 ora La data sarà resa nota attraverso il quotidiano “Il Piccolo” e con comunicato nella bacheca della nostra Sede
Muggia, il castello e un artista di Grazia Bravar 29 Dei castelli che contornano il nostro golfo, quello di Muggia lo conclude nella parte meridionale, là dove inizia (e per noi anche finisce) l’Istria. Non è una presenza dominante, bisogna individuarlo nell’intrico di strade e case che si appoggiano al declivio del colle di Monte Albano, come si chiamava un tempo. Alla fine si scorge un’ampia torre merlata che emerge dalle sottostanti murature, ben visibile in particolare dalla “porta del Porto” così denominata già negli Statuti trecenteschi del Comune. Appena nel secondo dopoguerra con l’edificazione di interi nuovi quartieri, la cittadina si espande fuori del circuito delle mura antiche medioevali e rappresenta l’unico esempio di abitato istroveneto immutato dal Medioevo rimasto in Italia, come più volte si è fatto notare. L’insediamento più antico è il borgo fortificato noto come “Muggia vecchia” attorno alla chiesa romanica ricca di affreschi, che domina l’altura e in cui di recente è stato creato un percorso di visita didattico che ne spiega le strutture superstiti e illustra il modo di vivere dell’alto medioevo, prima del Mille. Un documento del 931 lo cita come il “castellum” ( luogo fortificato) chiamato “Mugla” e che venne dato in feudo dal re d’Italia Lotario al Patriarca di Aquileia, a difesa del confine del patriarcato in una posizione minacciata dalle invasioni e scorrerie barbariche. La nostra Muggia nasce più tardi, perché c’è bisogno di attrezzare lo sbocco al mare, sistemando una zona paludosa ai piedi delle colline di Candia e Montalbano alla foce di un torrente, il Fugnano, zona che viene definita come “mugla” (poi Muggia), nome che in origine non è un nome proprio ma una definizione usata anche altrove nella zona istroveneta.. La parte nuova si chiamerà Borgo Lauro, ma poi s’imporrà per tutto l’abitato il nome di Muggia che si costituirà in Comune nel 1256, sempre però sotto la giurisdizione patriarcale, governato da un podestà e con degli statuti che ci sono noti dalla prima metà del 1300 e danno notizie interessanti e talvolta anche gustose. L’abitato è cinto da mura e torri che difendono anche l’accesso al porto. La zona è strategica: interessa Venezia e anche i pirati che taglieggiano la costa Adriatica. Sono tempi inquieti, anche il Comune di Trieste entra nelle ostilità in quanto il confine passa nella zona di Zaule importante economicamente per le saline e il commercio del sale. Nel 1353 durante un conflitto tra il Patriarca di Aquileia e il Conte di Gorizia allora alleato con Trieste, Muggia Vecchia venne presa e distrutta dai triestini. Non fu più ricostruita, rimase in piedi, testimonianza di fede antica, la sola chiesa che ancora svetta solitaria. Anche la vita interna del comune muggesano non era affatto tranquilla. Si fronteggiavano le fazioni, chi era favorevole a Venezia e chi era dalla parte del Patriarca. Per una migliore difesa esterna e un controllo della situazione interna sui turbolenti cittadini, il patriarca Marquardo di Randeck, diede inizio alla costruzione di un castello sul luogo dove sorgeva una torre (1375) per rinforzare il sistema difensivo e allogarvi una guarnigione, che all’inizio era piuttosto numerosa e comandata da un “castellano” al soldo del patriarca e che nel 1399 giura fedeltà, segno che il lavoro è compiuto. Non conosciamo molto della sua forma originaria, se non che – come tutto il resto – era in blocchi di arenaria, il “masegno” delle vicine cave. Lo stemma di Muggia porta un castello, ma è un’immagine ideale, simbolica per indicare una città turrita, e non la riproduzione di quello storico. Sappiamo che il capitano riceveva come compenso per la custodia 400 lire all’anno, che pur essendo quelle di una volta, non rappresentavano una gran cifra e – a integrazione – una regalia di cento orne di vino! Nel 1420 con la soppressione del patriarcato, Muggia sottoscrive l’atto di dedizione alla Repubblica di Venezia che s’impegnò a mantenerne gli Statuti, fino alla sua caduta nel 1797, quando passò all’Austria. Mentre il “castellano” continuava ad esser pagato da Venezia, i soldati erano a carico della comunità di Muggia. Il loro numero variava secondo necessità e in periodo di pace era assai esiguo, anche di 4-5 uomini. Muggia luogo di confine, si è detto, e questo favoriva passaggio di merci di contrabbando e di fuoriusciti triestini, il compimento di ruberie varie, evidentemente per arrotondare lo stipendio e animare la vita castellana. Ma non sempre si era in pace: continue le vertenze con Trieste per le saline, frequenti i conflitti tra Venezia e gli Imperiali ai confini. Famoso l’assedio del 1511, quando fu bombardata dai triestini per tre giorni, ma il castello e le mura resistettero e gli assedianti dovettero desistere. Nel 1600 si ebbero anche attacchi dai pirati Uscocchi. Tuttavia in questo secolo l’amministrazione veneziana è poco efficiente, manca una manutenzione continua e il castello va progressivamente in rovina, le mura si sgretolano malgrado le relazioni e le proposte di restauro che rimangono senza seguito. Muggia nel 1681, da Prospero Petronio.
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