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Tora Kan Dojo Anno 17° n. <strong>48</strong><br />
Attraverso la pratica ripetitiva nel dojo anche con i<br />
Kata si può arrivare a un simile stato di grazia. E’ accaduto<br />
a molti di noi, a chi prima e a chi dopo - questo<br />
essere uno durante le ripetute esecuzioni dei nostri<br />
Kata. Inoltre, il Kata da molti è visto come una<br />
forma di shugyo - che è definito dallo storico di arti<br />
marziali e scrittore Charles C. Goodin come<br />
”l’austera pratica della trascendenza mente-corpo,<br />
dove si entra in uno stato d’illuminazione”. La più<br />
comune forma di shugyo si basa sullo Zazen; già<br />
molti sostengono che il Kata e/o tutti gli elementi del<br />
Karate-Dō possano essere praticati come una forma<br />
di shugyo. Molti ko<strong>ryu</strong> Kata sono spesso chiamati<br />
Zen in Movimento.<br />
Sensei Zenko Heshiki, nel suo libro “Karate”, riflette<br />
sul Kata come forma di shugyo in grado di portare il<br />
praticante verso uno stato di coscienza più elevato:<br />
“attraverso anni di pratica, il corpo allenato, eseguirà<br />
ogni movimento con ininterrotta fluidità. Non si<br />
riconoscerà più la differenza tra mente e corpo. Per<br />
progredire, allo scopo di divenire spirituale è necessaria<br />
la concentrazione di tutte le forze fisiche e psichiche.<br />
Questo è l’atteggiamento generale degli o-<br />
rientali nell’avvicinarsi a qualunque arte... E’ lo scopo<br />
di ogni artista, ottenere un tale stato della mente,<br />
così che egli non debba più fare affidamento sulle<br />
tecniche che ha imparato, ma trascenda nel regno<br />
della Natura e della Vita, completamente in sintonia<br />
con la Natura e la verità del tutto”.<br />
Allo stesso modo, Sensei Chujun Miyagi, il fondatore<br />
del Goju Ryu, cita in un articolo (Bunka <strong>Okinawa</strong><br />
Vol. 3 No. 6, 15 agosto1942) come raggiungere<br />
l’estasi del Sanchin. Sensei Miyagi scrive: “il Tanden<br />
(un punto situato due dita sotto l’ombelico), la parte<br />
posteriore della testa e le natiche sono tre punti fondamentali<br />
sui quali si deve concentrare la propria attenzione<br />
durante l’esercizio del Sanchin. Seguono<br />
delle brevi istruzioni: spingere il mento verso in dietro,<br />
portare la nuca in alto e focalizzarsi sul tandem<br />
per caricare energia. I glutei dovrebbero essere contratti.<br />
Questi tre punti fondamentali, non sono originariamente<br />
separati l’uno dall’altro, ma sono stretti in<br />
una relazione inscindibile. Inoltre, c’è un altro punto<br />
fondamentale: il punto in mezzo alle sopracciglia.<br />
Stai dritto e immobile, con i piedi in una posizione<br />
stabile e le mani opportunamente posizionate, respirando<br />
armoniosamente, allora potrai sentire l’estasi<br />
del Sanchin. Ho sentito dire che i principi dello Zen e<br />
delle altre meditazioni sedute sono gli stessi del Sanchin.”<br />
Kata e Culto Cerimoniale:<br />
un’analisi comparativa.<br />
Comprendendo la fisiologia delle pratiche cerimoniali,<br />
ho anche studiato i mezzi usati per arrivare a questo<br />
stato d’essere e ho trovato molti parallelismi tra pratiche<br />
religiose e teosofie. Queste sembrano essere un<br />
consistente insieme di fondamenti, senza tenere conto<br />
delle pratiche cerimoniali. Tali tratti essenziali possono<br />
essere descritti come:<br />
1) Uso del suono;<br />
2) Manipolazione del corpo e attività fisica specifica;<br />
3) Visualizzazione o concentrazione.<br />
Sto ancora studiando ciò nel contesto della ricerca<br />
delle origini e del mio concetto di Karate-Dō. Questo<br />
è l’argomento di cui mi piacerebbe parlare nelle prossime<br />
righe - il parallelismo tra la nostra pratica del<br />
Kata e la pratica del cerimoniale e la ricerca di uno<br />
stato di grazia o illuminazione. Mi piacerebbe fare ciò<br />
usando l’evoluzione storica del Karate-Dō come parallelismo<br />
con l’evoluzione della pratica religiosa.<br />
Vorrei iniziare dall’India. Prima della figura di Buddha,<br />
la casta dei guerrieri di Ksatreya praticava Vajramukty.<br />
Le scritture di base erano il Veda e, più tardi,<br />
l’ Upainishads. Venivano venerati molti dei, il più<br />
importante dei quali era Shiva, Dio della distruzione e<br />
… della creazione. Si pensa che Shiva, nel suo proposito<br />
di divinità, usasse come pratica religiosa, la danza<br />
o Nata. Erano praticate diverse danze - ognuna era<br />
espressione di una natura divina. Shiva è spesso raffigurato,<br />
attraverso l’ antica arte dei templi Indù, come<br />
il Nata Raja o Signore della Danza. L’Ananda Tandava<br />
(danza della beatitudine) è la danza che egli eseguiva<br />
quando era assalito da maghi malvagi. Questi<br />
maghi gli scatenavano contro prima una tigre e poi un<br />
terribile serpente, che Shiva uccideva (continuando la<br />
sua danza). Infine i maghi lo facevano attaccare da un<br />
nano malvagio o da uno gnomo, sul quale Shiva faceva<br />
il Bristol Stomp (ovviamente continuando sempre<br />
la sua danza). La danza di Shiva comprendeva i mudra<br />
delle mani - predominanti erano gli abhya mudra<br />
o segni di coraggio. Ho trovato molte similarità tra la<br />
danza di Shiva e i Kata.<br />
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