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Tora Kan Dojo Anno 17° n. <strong>48</strong><br />
Porsi dunque di fronte all’esperienza disponendosi a<br />
continui cambiamenti di prospettiva permette di plasmare<br />
una visione ampia ed intuitiva della realtà che<br />
permette di percepire anche quello che non appare<br />
evidente ai sensi, di cogliere il lato oscuro della luna.<br />
“Colui che è capace di una percezione totale può vedere<br />
tutti i dharma, dunque, può vedere un solo dharma<br />
come per esempio un granello di polvere, e conoscere<br />
il mondo intero.”<br />
(Shōbōgenzō cap. 31 Shoakumakusa)<br />
In giappone si dice anche ‘percepire il kūki 空 気 di<br />
una situazione’.<br />
Avrete riconosciuto nel termine Kūki i caratteri di<br />
vuoto, kara 空 e ki 気 energia.<br />
Per percepire il Kūki di una situazione, percezione<br />
che permette di cogliere l’opportunità presente in<br />
ogni situazione e agire in modo efficace ed armonioso<br />
con il contesto, non ci si può basare solo sui<br />
sensi né tantomeno sul pensiero razionale (che in oriente<br />
è considerato nè più e nè meno come uno dei 6<br />
sensi, fallibile e limitato quanto e forse più degli altri)<br />
ma l’unità di corpo-mente deve rispondere come un<br />
diapason alla vibrazione del momento.<br />
Questa capacità intuitiva (tanto importante nell’arte<br />
marziale e nella cosiddetta difesa personale quanto in<br />
ogni ambito della vita umana) si acquisisce ed affina<br />
attraverso la pratica ed in particolare proprio attraverso<br />
quelle esperienze di ‘mutamento di prospettiva’<br />
che la pratica deve offrire.<br />
Un insegnante dovrà sempre condurre l’allievo ad<br />
‘abbandonare la sua posizione’ a volte con metodi<br />
apparentemente brutali.<br />
Un insegnante ben sa quanto integralista possa diventare<br />
chi non ha raggiunto le profondità dell’arte.<br />
Ben sa quanto comodo ma pericoloso sia ‘sedersi’<br />
sulle proprie acquisizioni, e, altrettanto bene, sa<br />
quanto lontano dalla Via porti l’incapacità di mutare<br />
la prospettiva.<br />
Qualche giorno fa durante uno Zazen dell’alba ho<br />
chiesto a L. di suonare, per la prima volta, la campana<br />
durante il breve rito del mattino.<br />
Lo smarrimento iniziale di L. si è trasformato immediatamente,<br />
sulla spinta della necessità di agire, in<br />
determinazione.<br />
Disporsi nel ruolo di chi ‘invita al suono’ la campana<br />
costringe a vivere il rito da tutt’altra angolazione,<br />
costringe i sensi a risvegliarsi a nuovi stimoli, a<br />
prestare attenzione a particolari che non possiamo<br />
cogliere se non da quella visuale.<br />
Questo vale per il suonare la campana, il moppan,<br />
così come per il portare il Kyosaku durante lo Zazen.<br />
Assumere ognuno di questi ruoli costringe ad un mutamento<br />
di prospettiva, come ben sa chi dal suo comodo<br />
zafu si è ritrovato con un Kyosaku in mano a<br />
vegliare dietro alle posture erette di chi siede nel<br />
Dōjō o a suonare il legno per invitare allo Zazen.<br />
Altrettanto fondamentale è la necessità di un continuo<br />
mutamento di prospettiva nella pratica del Karate-Dō.<br />
Non perdere occasione per vivere inedite e impegnative<br />
esperienze di pratica, assumere delle responsabilità<br />
nel Dōjō passando dal ruolo di fruitore a quello<br />
di chi si dispone al servizio, porsi nella posizione di<br />
trasmettere quel che si è appreso con tutte le problematiche<br />
che sorgono di conseguenza, sono tutti comportamenti<br />
che comportano un radicale cambiamento<br />
di prospettiva e prevengono il ristagnare e regredire<br />
della pratica.<br />
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