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TOSCANA<br />
la<br />
Pola Cecchi<br />
abiti come opere d’arte<br />
Carlo Berti<br />
la potenza del colore<br />
Bruno<br />
Chiarini<br />
l’eclettico sperimentatore<br />
Le donne e i miti di<br />
Monica Giarrè<br />
Fiorenza<br />
Alderighi<br />
la poetessa che bacia le nuvole<br />
Villa Gisella<br />
il “buen retiro” di Enrico Caruso
Sommario<br />
Sommario<br />
dal pennello<br />
al video digitale<br />
9<br />
Rodolfo Fracassi<br />
10<br />
<strong>La</strong> residenza di Enrico Caruso<br />
diventa prestigiosa Rsa<br />
16<br />
18<br />
Marzio Fiaschi<br />
22<br />
il parrucchiere che ha conquistato la <strong>Toscana</strong><br />
24<br />
26<br />
Bruno Chiarini<br />
la pittura diventa protagonista<br />
28<br />
l’ideografismo contemporaneo<br />
alla Fyr Gallery<br />
CSO<br />
4<br />
Fiorenza Alderighi<br />
poetessa amata... e premiata<br />
6<br />
8<br />
12<br />
14<br />
20<br />
Pier Nicola Ricciardelli<br />
e la sua recente, grande mostra personale<br />
31<br />
Pola Cecchi<br />
la creatività al potere<br />
Monica Giarrè<br />
L’arte, le donne e i miti<br />
Longo<br />
&Bartolini<br />
Quando finanza ed etica<br />
si incontrano<br />
Cappellificio Cristianini<br />
una tradizione toscana<br />
Carlo Berti<br />
e le sue icone pop<br />
Villa Gisella<br />
un’azienda 100% italiana<br />
Liberarte<br />
poesia a Sesto Fiorentino<br />
Firenze Art Gallery<br />
punto di riferimento per artisti<br />
Sun Lian Gang<br />
30<br />
Artisti in <strong>Toscana</strong><br />
una nuova collana di libri<br />
In un momento di drammatica<br />
crisi dell’editoria, esce un nuovo<br />
periodico.<br />
Un segnale di speranza, un’incredibile<br />
iniezione di fiducia in un futuro<br />
che ancora appare nebuloso e senza<br />
prospettive. Ma la voglia di andare<br />
controtendenza di tanti giovani e validi<br />
colleghi, forse inguaribili ottimisti,<br />
che credono ancora nel giornalismo,<br />
mi ha indotto ad accettare la<br />
direzione di questa pubblicazione<br />
che si rivolge soprattutto alla nostra<br />
regione, alle sue realtà, ai personaggi<br />
che la caratterizzano, alla sua<br />
secolare tradizione e cultura.<br />
Da sempre ho preferito i fatti ai<br />
proclami e per questo lascio che a<br />
parlare siano le pagine della rivista<br />
che spero possano diventare punto di<br />
riferimento e riflessione per i lettori e<br />
momento di incontro e confronto fra<br />
quanti vorranno contribuire ad arricchirlo<br />
con i loro interventi che accoglieremo<br />
senza alcuna preclusione.<br />
Concludo questo breve saluto ai<br />
lettori ringraziando pubblicamente<br />
quanti, a vario titolo, hanno lavorato<br />
a un progetto ambizioso che oggi<br />
vede la sua realizzazione.<br />
Fabrizio Borghini<br />
la <strong>Toscana</strong><br />
Periodico di attualità, arte e cultura<br />
dell’Associazione <strong>Toscana</strong> Cultura<br />
Numero 0<br />
<strong>Dicembre</strong> <strong>2012</strong><br />
Direzione e Redazione:<br />
Via Val di Chiana, 42<br />
50127 Firenze<br />
Direttore responsabile:<br />
Fabrizio Borghini<br />
Capo Redattore:<br />
Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
Redazione:<br />
Veronica Mura<br />
Daniela Pronestì<br />
Lorenzo Borghini<br />
Duccio Ricciardelli<br />
Samanta Monco<br />
Stampa:<br />
Nova Arti Grafiche srl<br />
50058 Signa (FI)<br />
3
Pola e il mito<br />
dell’Atelier<br />
GiuliaCarla<br />
Cecchi<br />
<strong>La</strong> creatività<br />
al potere.<br />
Abiti come<br />
opere d’arte<br />
Cura dei dettagli,<br />
ricercatezza dei tessuti<br />
e originalità del processo<br />
realizzativo, ispirato<br />
ai criteri di qualità ed<br />
eccellenza propri del Made<br />
in Italy, rendono le creazioni<br />
della nota stilista dei pezzi<br />
unici, fondati sul giusto<br />
compromesso tra<br />
comodità ed eleganza.<br />
di Daniela Pronestì<br />
Entrando nell’atelier GiuliaCarla<br />
Cecchi in via Jacopo da Diacceto<br />
a Firenze si comprende subito che<br />
la storia di Pola Cecchi parte da<br />
lontano e si sviluppa nel tempo unendo alla<br />
passione per la moda, ereditata dalla madre<br />
GiuliaCarla, fondatrice della maison e grande<br />
firma dello stilismo internazionale, quella<br />
per l’arte e la creatività a tutto tondo. È poco<br />
più che adolescente quando inizia a dare<br />
prova del suo innato senso del gusto e dello<br />
stile realizzando preziosi ricami e piccoli<br />
ciondoli gioiello per corredare la presentazione<br />
degli abiti. Dopo aver affiancato per<br />
qualche tempo il fratello Marzio (più grande<br />
di lei di cinque anni) nella gestione dei contatti<br />
della maison con il mercato internazio-<br />
nale, a soli diciannove anni Pola assume un<br />
ruolo centrale nell’amministrazione<br />
dell’azienda di famiglia potendosi avvalere<br />
delle sue spiccate doti organizzative. Non è<br />
facile immaginarla così giovane e già così<br />
capace di muoversi con destrezza in un settore<br />
difficile come quello della moda, in cui<br />
professionalità e competenza sono requisiti<br />
indispensabili per essere conosciuti e apprezzati<br />
negli ambienti che contano. Eppure<br />
c’è riuscita, unendo all’attività creativa gli<br />
incarichi gestionali, rendendosi artefice di<br />
numerosi eventi che se da un lato dovevano<br />
servire a rinsaldare il legame della casa di<br />
moda con il territorio fiorentino, dall’altro<br />
confermavano la credibilità che il marchio<br />
aveva definitivamente conquistato non solo<br />
in Italia ma anche all’estero. Nella prima<br />
metà degli anni Novanta diventa presidente<br />
del Consorzio Moda Donna, associazione<br />
che riuniva diverse realtà produttive legate<br />
al mondo della moda e del lusso con l’intento<br />
di esaltare la grande tradizione manufatturiera<br />
toscana e darle una rinnovata visibi-<br />
4 Pola Cecchi
Pola Cecchi riceve il 58° Premio Caterina de’ Medici nel<br />
Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio<br />
Sotto: Pola Cecchi nel giorno della sua laurea in<br />
Economia il 18 ottobre <strong>2012</strong>. Relatore della tesi la professoressa<br />
Roberta Ferronato, correlatore il professor<br />
Giovanni Pallanti.<br />
lità. È sua l’idea di organizzare, in quegli<br />
anni, una mostra dal titolo È donna Firenze<br />
con lo scopo di proporre un’immagine femminile<br />
ispirata al concetto di total look, in cui<br />
nessun particolare era lasciato al caso ma<br />
tutto rispondeva a criteri di eleganza e ricercatezza<br />
dello stile, criteri che ben si riflettavano<br />
anche nel modo di presentare le sfilate<br />
in forma di tableaux vivants per sottolineare<br />
il valore artistico degli abiti e degli accessori<br />
proposti. <strong>La</strong> tragica morte del fratello Marzio,<br />
architetto di fama internazionale, in un<br />
incidente avvenuto nel 1990 a New York, segna<br />
uno spartiacque nella vita della stilista<br />
fiorentina, che da quel momento inizia a dividersi<br />
tra il ruolo di madre di tre figli (Cesare,<br />
Anita e Tommaso) e quello di imprenditrice a<br />
tempo pieno non solo nella moda ma anche<br />
nel design, assumendo la guida dell’azienda<br />
Studio Most da lei creata nel 1965 per<br />
realizzare i progetti del fratello e operante<br />
ancora oggi nel settore dell’arredamento.<br />
Donna versatile, tenace, dotata di grande<br />
concretezza quanto di un indubbio talento<br />
creativo, Pola ha saputo resistere agli urti<br />
della vita sostenuta dal profondo amore<br />
che la lega al suo lavoro e che le ha permesso<br />
di tenere alto il pregio dell’eredità<br />
artistica ricevuta dalla madre, senza limitarsi<br />
a ripercorrerne le orme ma riuscendo<br />
a farsi conoscere e stimare dal pubblico<br />
dell’alta moda con uno stile che caratterizza<br />
le sue creazioni e le rende uniche. <strong>La</strong><br />
cura dei dettagli, la ricercatezza dei tessuti<br />
e l’originalità del processo realizzativo,<br />
ispirato ai criteri di qualità ed eccellenza<br />
propri del Made in Italy, rendono i suoi abiti<br />
vere e proprie opere d’arte che non sacrificano<br />
la vestibilità in nome dello stile,<br />
come spesso accade nella haute couture,<br />
ma si fondano sul giusto compromesso tra<br />
comodità ed eleganza. “Il vestito non deve<br />
coprire il corpo della donna, ma interpretare<br />
le sue esigenze e farla sentire a proprio<br />
agio” afferma la creativa fiorentina, che è<br />
solita ideare i suoi vestiti non a partire da<br />
uno schizzo ma combinando i tessuti direttamente<br />
sui manichini e affidando poi alle<br />
sue collaboratrici il compito di occuparsi<br />
dell’esecuzione sartoriale. Fantasia ed ironia<br />
convivono nei copricapo e nei gioelli<br />
che già da qualche anno rientrano tra le<br />
proposte della maison e che raccontano<br />
della passione di Pola per l’uso di materiali<br />
poveri come l’acciaio armonico e il plexiglass<br />
nobilitati con l’aggiunta di perle e<br />
pietre preziose. Un altro modo per dare forma<br />
alla sua incontenibile creatività e per<br />
esaltare il valore del “pezzo unico” che<br />
ogni donna vorrebbe poter indossare. E<br />
come se non bastasse, ad arricchire il suo<br />
bagaglio esperienziale e di vita si aggiungono<br />
le cene di gala organizzate per beneficienza<br />
- l’ultima il 10 novembre al Museo<br />
di Orsanmichele per la raccolta fondi<br />
dell’Ant - le onorificenze (Premio Le Muse<br />
2007, Premio Il cenacolo della cultura<br />
2006) ricevute negli anni quali riconoscimenti<br />
al suo lavoro e il traguardo della<br />
laurea in Economia e Commercio ottenuta<br />
lo scorso ottobre all’Università di Firenze.<br />
Un’altra sfida vinta per questa donna straordinaria<br />
e piena di risorse, il cui nome è<br />
legato ad uno degli episodi più importanti<br />
nella storia della moda italiana.<br />
<strong>La</strong> storia<br />
L’atelier è uno dei marchi di moda più longevi<br />
e apprezzati del Made in Italy, una griffe<br />
storica che si è imposta a livello<br />
internazionale partendo da una piccola realtà<br />
artigianale. Fondatrice della maison<br />
GiuliaCarla Cecchi (1913 -2005) figlia di un<br />
fabbricante di cappelli di paglia che aveva<br />
ricevuto dal Comune di Campi Bisenzio la<br />
medaglia d’oro al lavoro per l’esportazione<br />
dei famosi “canotti” (copricapo in paglia da<br />
uomo) in America e di una casalinga.<br />
GiuliaCarla ebbe un’infanzia tranquilla, ma<br />
neanche ventenne, la perdita del padre<br />
cambiò la sua vita: la fabbrica del padre<br />
(Cappelli di Firenze) chiuse e GiuliaCarla<br />
dovette inventarsi un lavoro. Fu la titolare<br />
della sartoria Cappuccini di Firenze ad offrirle<br />
un periodo di apprendistato nel suo atelier.<br />
È così che GiuliaCarla scopre la passione per<br />
la moda che diventerà la sua attività. In breve<br />
tempo mise su una sartoria. Carla si recava a<br />
Parigi a comprare i modelli mettendo in luce<br />
fin da subito una grande capacità<br />
imprenditoriale. Nel 1970 la svolta: la sua<br />
collezione viene presentata a Pitti. Diventa<br />
sua cliente la prestigiosa Sara Fredericks che<br />
la lancia sul mercato americano. Viene<br />
scoperta dalla signora Takada di Tokyo che le<br />
apre il mercato giapponese. Grazie al boom<br />
dei paesi arabi, negli anni Settanta<br />
GiuliaCarla trova consensi anche nelle regge<br />
dei petrolieri. Parigi e Londra si interessano,<br />
dopo averla ignorata per anni, alla moda<br />
italiana e si trovano vestiti di GiuliaCarla<br />
nelle boutiques più esclusive di Knightsbridge<br />
e di Fouburg. <strong>La</strong> maison ha sempre<br />
mantenuto una lavorazione artigianale<br />
avvalendosi di mani espertissime e<br />
consolidandosi negli anni come una delle<br />
firme più apprezzate nel circuito della moda<br />
italiana e internazionale.<br />
Pola Cecchi 5
Monica<br />
Giarrè<br />
L’arte,<br />
le donne<br />
e i miti<br />
Viaggio attraverso le opere dell’artista,<br />
che ci offrono un mondo articolato<br />
dove i richiami ai grandi della storia<br />
dell’arte dell’Ottocento e del Novecento<br />
si uniscono agli echi della sua vita<br />
quotidiana e alla comprensione<br />
dell’universo femminile<br />
di Samanta Monco<br />
Diana<br />
Calici<br />
Ciò che agisce nei processi creativi spesso è<br />
un intricato vortice fatto di ricordi, cultura,<br />
emozioni, stimoli e interessi dal quale emergono<br />
gli elementi che formulano l’essenza di<br />
un’opera e che ne determinano la realizzazione. Probabilmente<br />
il fascino di un’opera nasce da queste connessioni<br />
oltre che dal talento dell’artista. Monica Giarrè di talento<br />
ne ha e la sua attività pittorica intriga e suscita grande<br />
interesse, per questo, per comprendere la sua identità<br />
artistica, ci accostiamo alle sue opere per analizzarle e<br />
individuare ciò che più le caratterizza. Le tele ci offrono<br />
un mondo articolato dove i richiami ai grandi della storia<br />
dell’arte dell’Ottocento e del Novecento si uniscono agli<br />
echi della sua vita quotidiana fatta di affetti, ideali e riflessioni<br />
che riguardano soprattutto il mondo femminile<br />
e i suoi complessi stati emotivi.<br />
L’artista nel corso della sua attività ha dato prova di una<br />
grande vivacità espressiva che le ha permesso di innovarsi<br />
nei temi e di progredire in una continua ricerca stilistica.<br />
Pittrice da sempre, ha inizialmente rivolto il suo interesse<br />
a soggetti di paesaggio e di nature morte, mentre<br />
l’introduzione della figura umana risale a tempi piuttosto<br />
recenti e testimonia un nuovo amore per il corpo delle<br />
donne che viene ad assumere particolare rilievo come<br />
emblema di una di femminilità viva e libera.<br />
Dal punto di vista stilistico, ripercorrendone l’evoluzione,<br />
si nota un persistente interesse per uno dei momenti più<br />
significativi della storia dell’arte, cioè quello che va dalle<br />
riflessioni di Paul Cèzanne sulle forme fino alle scomposizione<br />
dei piani dei cubisti, soprattutto quelle di Georges<br />
6 Monica Giarrè
Braque. Già dai suoi primi dipinti a olio<br />
la Giarrè dichiara l’ammirazione per le<br />
opere di Cèzanne, il quale per anni rimarrà<br />
come un riferimento fondante.<br />
Non a caso, nei toni e nei contorni nodosi<br />
delle suoi primi lavori si ritrovano<br />
i riflessi del grande maestro francese<br />
e, qualche anno più tardi, come in una<br />
lezione imparata ma applicata con<br />
grado, Monica Giarrè propone nella<br />
frutta e nelle sue nature morte la stessa<br />
meditazione sulle forme che portò<br />
Cézanne a riflettere sui ribaltamenti<br />
dei piani e sui solidi geometrici creando<br />
una base per la rivoluzione cubista.<br />
Questo debito culturale continua<br />
a permanere nelle opere dell’artista<br />
anche dopo l’elaborazione di un linguaggio<br />
più personale basato su temi<br />
Insieme<br />
sospeso intorno al 2008, si nota un<br />
ritorno alla morbidezza delle forme<br />
mentre i colori, che mantengono una<br />
gamma cromatica scarna e raffinata,<br />
qui si fondono in impasti burrosi come<br />
le carni dei corpi. Si comprende come<br />
quest’ultimo percorso figurativo coinvolga<br />
pienamente l’artista ed è anche<br />
per questo che risulta essere molto<br />
promettente. Con grande interesse ne<br />
attenderemo i risultati che certamente<br />
non mancheranno di svelarci qualcosa<br />
di profondamente vero sull’ universo<br />
intricato della vita delle donne.<br />
Beatrice<br />
intimi, ed è visibile un chiaro tributo<br />
a Braque nella razionalizzazione dei<br />
piani spezzati e riordinati.<br />
L’immaginario figurativo di Monica non<br />
si esaurisce nei riferimenti storico-artistici,<br />
c’è molto di personale in quello<br />
che racconta con i suoi dipinti. Ad<br />
esempio, i forti legami affettivi con i<br />
suoi animali domestici, compagni fidati<br />
delle lunghe e silenziose giornate di<br />
fronte al cavalletto, che sono testimo-<br />
niati insieme ai molteplici richiami alla<br />
vita quotidiana dati dai calici, dalla frutta<br />
e dai fiori (presenze immancabili sui<br />
tavoli della casa fiorentina dell’artista).<br />
Sulla riscoperta della figura femminile<br />
si è incentrata l’ultima attività di Monica<br />
Giarrè. Di grande interesse è la<br />
produzione degli ultimi due anni ispirata<br />
alle figure mitologiche ha portato<br />
all’elaborazione di uno studio dedicato<br />
alla donna conclusosi con una esposizione<br />
temporanea di grande successo<br />
al Museo Archeologico di Fiesole nel<br />
febbraio <strong>2012</strong>. L’artista, attraverso<br />
un’interpretazione in chiave psicologica<br />
di Dafne, Aracne, Diana, fino a giungere<br />
alla dantesca Beatrice, ha offerto una<br />
lettura del mondo emotivo femminile<br />
mostrando in questi soggetti di volta in<br />
volta la forza, il carattere, la sensualità<br />
ma anche la complessità di queste donne.<br />
Proprio in queste opere si definisce<br />
una tavolozza brillante, ricercatissima<br />
nei colori, che si sposa con un stile<br />
asciutto in cui si privilegiano i contorni<br />
marcati e le campiture che ricordano vagamente<br />
la Pop Art americana.<br />
Da una visita al suo studio, osservando<br />
gli ultimi lavori, si apprende che<br />
l’interesse per il corpo delle donne è<br />
ancora vivo ma ha trovato una nuova<br />
frontiera espressiva. Recuperando lo<br />
studio sul nudo che aveva lasciato in<br />
MonicaGiarrè<br />
È nata nel 1961 a Tosi, luogo con il<br />
quale mantiene un profondo legame<br />
affettivo. Dagli anni Ottanta vive ed<br />
opera a Firenze.<br />
<strong>La</strong> sua carriera è stata segnata da molte<br />
occasioni espositive personali e collettive<br />
e da importanti riconoscimenti.<br />
Tra questi ricordiamo la mostra del<br />
2001 al Palagio di Parte Guelfa a Firenze<br />
come la prima personale dell’artista,<br />
e quella al Museo Archeologico<br />
di Fiesole nel febbraio <strong>2012</strong> che ha decretato<br />
un importante traguardo anche<br />
dal punto di vista artistico, grazie alla<br />
serie dei miti.<br />
Monica Giarrè<br />
7
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
L’esiliata<br />
in città a cui<br />
piace baciare<br />
le nuvole<br />
Fiorenza Alderighi<br />
empolese di nascita e fiorentina<br />
d’adozione, è una delle poetesse<br />
più apprezzate del panorama nazionale.<br />
Ci racconta la sua vita,<br />
contrassegnata dalla innata<br />
voglia di volare con la fantasia<br />
<strong>La</strong> passione, l’amore per tutto quello che fa, le si legge<br />
negli occhi. Insieme ad un briciolo di sofferenza che<br />
solca il suo bel volto fortemente espressivo e segnato<br />
dalla vita. Una vita carica di esperienze, molte positive<br />
e ricche di soddisfazioni, altre negative, ma che le sono servite per<br />
arrivare fino ad oggi in forma ed apprezzata nell’ambiente letterario<br />
toscano e non solo. Fiorenza Alderighi, nata a Monterappoli, in<br />
piena Valdelsa, cresciuta ad Empoli e trasferita da tempo a Firenze,<br />
è una delle più apprezzate poetesse del panorama nazionale,<br />
come testimoniano i 110 riconoscimenti conseguiti qua e là per<br />
l’Italia. “Ogni tanto mi arrivano premi – racconta – e non ricordo<br />
nemmeno come e quando vi avessi partecipato”. Cresciuta in una<br />
famiglia modesta, umile, anche se di origini aristocratiche, fin da<br />
piccola è stata considerata una “diversa”, e per questo emarginata,<br />
rimproverata, derisa. “Ero una bambina cui piaceva baciare le<br />
nuvole e le foglie, mentre i miei erano persone con i piedi ben<br />
piantati per terra, che avevano dalla loro una forte dose di saggezza<br />
che si scontrava talvolta con i miei voli di fantasia”. Fiorenza ha<br />
visto con i propri occhi le ferite impartite dalla guerra, e per una<br />
come lei, nata libera, con un cervello artistico seppur razionale,<br />
tutto ciò rappresentò un trauma. Di formazione classica (“alle elementari<br />
le suore mi facevano leggere i temi in pubblico e non credevano<br />
che li avessi scritti io”) ha lasciato da parte, forse anche<br />
per mancanza di tempo e spazio, i numeri e la matematica. Ha<br />
cresciuto praticamente da sola i suoi due figli, svolgendo anche<br />
lavori umili (“tranne la prostituzione, io non mi vendo, semmai mi<br />
regalo”). Ma questo non le ha impedito di scrivere una decina di<br />
libri, cantare da 20 anni in un coro fiorentino, organizzare eventi e<br />
feste, mettere in piedi spettacoli di successo, con il suo gruppo di<br />
lavoro, basati sulle sue poesie e sulle sue canzoni. Pur non cono-<br />
scendo la musica infatti, adora scrivere canzoni e musicare poesie. Fiorenza<br />
è stata la prima donna a tradurre dal latino “Il Cantico dei Cantici”,<br />
ed alcune sue poesie sono state scelte per rappresentare l’8 marzo<br />
a Firenze, altre sono state lette al convegno mondiale delle donne svoltosi<br />
a Pechino nel 1994. Nel 1997 ha ottenuto il premio speciale per la<br />
Pace promosso dall’Assessorato alla cultura del Comune di Roma. Nel<br />
gennaio 2003 è stata nominata in Campidoglio “Operatrice di Pace” e<br />
socia honoris causa dell’Ateneo Europeo di Poetiche. “L’ultima grande<br />
soddisfazione in ordine di tempo – racconta ancora un’emozionata Fiorenza<br />
Alderighi – è stata nel settembre scorso aver avuto la possibilità<br />
di presentare il mio ultimo libro in Palazzo Vecchio alla presenza dei<br />
presidenti dei consigli comunali di Firenze e Scandicci Eugenio Giani e<br />
Fausto Merlotti”. Ma nella sua carriera di scrittrice e poetessa ha ricevuto<br />
anche recensioni speciali, come quella di Mario Luzi che l’ha definita<br />
“poetessa di mente e di cuore”. Confida poi che il suo libro più<br />
bello sarà il prossimo, tutto incentrato sui sentimenti, e che uscirà nella<br />
primavera 2013. “Non sto mai ferma un minuto – si descrive – mi sveglio<br />
presto e inizio a scrivere. Scrivo molto, perché adoro farlo. Poi vado<br />
a lavorare, faccio la spesa, tengo in ordine la casa, sistemo e curo i miei<br />
splendidi fiori, insomma mi dedico alla vita a tutto tondo. Mi considero<br />
un’esiliata in città, ma sono un tipo da campi e da boschi. Ho sempre<br />
grandi desideri e mi accontento di poco, ho ricevuto grandi legnate dalla<br />
vita e forse per questo cerco sempre il lato positivo delle persone e<br />
soprattutto di non far del male a nessuno. Ho imparato che la gratitudine<br />
non esiste, e che le persone cercano sempre il proprio rendiconto. Io<br />
cerco invece, se posso, di ragionare ed agire con l’intelligenza del cuore.<br />
E di lasciare le persone con cui parlo più felici di quando le ho incontrate”.<br />
Parole che descrivono perfettamente Fiorenza Alderighi per<br />
quello che è, ovvero un’adorabile, ed instancabile, lavoratrice e sognatrice.<br />
O, come dice lei, una perfetta compagna di vita.<br />
8<br />
8 Fiorenza Alderighi
Cinema d’artista a Firenze<br />
Longo e Bartolini<br />
dal pennello al video digitale<br />
di Duccio Ricciardelli<br />
Anche Firenze, come Berlino<br />
e Londra, ha la sua<br />
scena sperimentale legata<br />
ai nuovi linguaggi<br />
della video arte. Artisti digitali e<br />
nuovi guru del cinema d’artista contemporaneo<br />
sono spesso nascosti e<br />
non si espongono volentieri a stampa<br />
e televisioni. Dunque sono venuto<br />
a scovare Marco Bartolini e Luca<br />
Longo proprio nella loro fucina creativa,<br />
una piccola villetta a due piani<br />
alla Nave a Rovezzano, uno studio a pochi passi dall’Arno, poco lontano dall’acqua e<br />
dagli argini del fiume, soggetti principali del loro percorso attraverso il video underground.<br />
Sembra di entrare nella factory di Andy Warhol, nel laboratorio ci sono computer,<br />
sintetizzatori, proiettori in Super 8 e bobine di ogni tipo. Bartolini e Longo formano<br />
da qualche anno un duo creativo di artisti visuali e musicisti sempre alla ricerca di nuovi<br />
stimoli di stile e di<br />
contenuto. Bartolini,<br />
classe 1978, è<br />
un pittore ed artista<br />
video che ha<br />
deciso di abbandonare<br />
la tela tradizionale<br />
per dipingere<br />
con la video<br />
camera e il montaggio<br />
di immagini<br />
digitali, è un maestro<br />
della color correction<br />
e della video pittura. Anche Longo, nato nel 1977, ha una formazione di pittore<br />
all’Accademia delle Belle Arti di Firenze ma lascia ben presto i pennelli per gettarsi in<br />
una ricerca appassionata sulla musica ambientale ed elettronica. I suoi riferimenti musicali<br />
principali sono Brian Eno e la musica minimalista americana e, campionando su un<br />
hard disk dei suoni di acqua registrati proprio in riva all’Arno, mi dice: “<strong>La</strong> mia ispirazione<br />
maggiore, parlando di musica in quanto termine impiegato a rappresentare un sistema<br />
di suoni organizzati, deriva maggiormente<br />
dal caso o dalla necessita’<br />
di interpretare il meno possibile un<br />
soggetto, qualunque esso sia”. Siamo<br />
nel campo della musica concreta<br />
e dell’informale sonoro, ma la musica<br />
di Luca andrebbe più ascoltata in<br />
5.1 che descritta su carta. Insieme a<br />
Bartolini costituiscono un sodalizio<br />
audio - video che produce piccoli capolavori<br />
di video arte come “Maelstrom”,<br />
ispirato al racconto di Edgar<br />
Allan Poe, un lavoro costruito sulla liquefazione<br />
del colore in bacinelle di acqua in<br />
un contenitore di granito o come “Pierrot<br />
Lunaire” un esperimento di video teatro,<br />
tra la danza e la performance. I due artisti<br />
lavorano sulla contaminazione dei generi,<br />
non utilizzano la sceneggiatura e lasciano<br />
il soggetto del film in secondo piano per<br />
valorizzare gli aspetti coloristici, musicali<br />
e plastici dello schermo. Altra piccola perla<br />
da segnalare “L’Io” sulle ossessioni della<br />
psicoanalisi junghiana e le dipendenze<br />
affettive. Il Quartiere 3 di Firenze sta appoggiando<br />
il loro lavoro, infatti nel corso<br />
del 2013 avremo la possibilità di vedere di<br />
nuovo in azione i due in laboratori e performance<br />
legati all’ambiente e al suono della<br />
nostra città. Per contatti 3493699751.<br />
I nuovi<br />
linguaggi della<br />
video arte<br />
interpretati da<br />
due giovani<br />
sperimentatori,<br />
che conservano<br />
la propria<br />
fucina creativa<br />
alla Nave a<br />
Rovezzano<br />
Cinema d’artista a Firenze 9
di Fabrizio Borghini<br />
la finanza<br />
come strumento di<br />
solidarietà<br />
Rodolfo Fracassi<br />
dall’economia di carta a quella sociale<br />
Venerdi 23 novembre nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio si è<br />
tenuto l’interessante convegno “Strategie per la sostenibilità e<br />
l’innovazione” promosso dalla sezione Firenze Centro della Fidapabpw-Italy<br />
in collaborazione con Banca Fideuram.<br />
<strong>La</strong> manifestazione ha rappresentato un’imperdibile occasione per effettuare<br />
considerazioni su un tema che è sempre più fondamentale nell’attuale<br />
assetto delle relazioni economiche: la finanza come strumento di solidarietà<br />
ed eticità.<br />
Uno degli interventi più significativi è stato quello di Rodolfo Fracassi, Director<br />
e co-fondatore di MainStreet Partners, laureato all’Università Bocconi<br />
di Milano, Chartered Analyst, membro dell’Italian CFA Society, della<br />
UK CFA Society, del Microfinance UK Club e membro del board della Pettinatura<br />
di <strong>La</strong>ne in Vercelli Spa.<br />
Al termine dei lavori ci ha gentilmente concesso un’intervista esclusiva<br />
per i nostri lettori.<br />
D - Quando è nata la MainStreet Partners e con quali finalità<br />
R - È stata fondata nel 2008 da me e da un mio ex collega di una banca<br />
d’investimento, la Goldman Sachs, dove lavoravo come Executive Director.<br />
D - In pratica che mansioni svolgeva<br />
R - Ero incaricato di sviluppare nuove opportunità di business con investi-<br />
Un momento del convegno nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio<br />
10 Rodolfo Fracassi
tori istituzionali e distributori in diversi paesi<br />
europei, con focus specifico sui prodotti di risparmio<br />
gestito.<br />
D - Com’era arrivato a quell’importante incarico<br />
R - In precedenza ne avevo uno simile presso la<br />
Franklin Templeton Investments dove ero co-responsabile<br />
del dipartimento istituzionale. Ma ho<br />
lavorato anche presso Salomon Smith Barney in<br />
qualità di Derivates Sales e presso l’Italian Trade<br />
Commission di Hong Kong come Market Analyst.<br />
D - Perché avete deciso di lasciare quel tipo di<br />
finanza all’apice del vostro successo professionale<br />
R - Abbiamo scelto di cambiare vita e lasciare<br />
quell’ambiente, quello della finanza di carta seguendo<br />
un’idea nuova e alternativa e così ci<br />
siamo associati e abbiamo creato MainStreet<br />
che letteralmente significa la strada principale,<br />
in gergo la via maestra dell’economia reale.<br />
D - Cosa intende per economia reale<br />
R - Ci piaceva portare la finanza a fare le cose<br />
vere, che si occupasse di finanza vera, di finanza<br />
sociale.<br />
D - Cosa non vi piaceva della finanza di carta<br />
R - Che andasse per conto suo a fare i suoi interessi<br />
staccata dalle sorti del mondo e non preoccupandosene<br />
minimamente.<br />
D - Cos’è per lei la finanza<br />
R - Per me è il motore del mondo. <strong>La</strong> finanza è<br />
indispensabile perché le fabbriche producano<br />
beni, perché i beni vengano mossi cioè comprati<br />
e venduti.<br />
D - I media hanno dato ampio risalto alla vostra<br />
scelta esistenziale e professionale. Pensate che<br />
altri colleghi seguiranno il vostro esempio<br />
R - <strong>La</strong> nostra è stata una scelta innanzitutto culturale<br />
che è nata da un rifiuto della finanza cinica<br />
Il tavolo della presidenza durante i lavori<br />
che può cambiare solo per volontà di chi vi opera.<br />
Nessuno, se non noi stessi, può mettere dei<br />
paletti alla finanza. Anche se ci provassero le<br />
leggi e i governi, qualcuno troverebbe immancabilmente<br />
la via per aggirarli. Quindi questa rivoluzione<br />
deve essere promossa dall’interno; noi<br />
operatori del settore dobbiamo sensibilizzare gli<br />
investitori convincendoli che bisogna andare<br />
oltre e creare una finanza vera, reale, sociale<br />
che deve avere un ruolo chiave utile al sistema.<br />
D - Che ruolo può avere in tutto questo la politica<br />
R - <strong>La</strong> politica ha il dovere di tutelare e utilizzare<br />
la finanza nel modo giusto, farla tornare a dare<br />
una chance a chi ne ha bisogno, a finanziare le<br />
imprese e a dare nuovo impulso all’economia.<br />
Rodolfo Fracassi insieme alla presidente della sezione Firenze Centro della Fidapabpw-Italy Agata Petrone ed altri convegnisti<br />
D - Come vengono individuati i vostri<br />
interventi che coniugano finanza<br />
ed etica<br />
R - Questo è essenzialmente il nostro<br />
lavoro. Abbiamo un network,<br />
una rete di partners a livello mondiale<br />
che possono essere piccole<br />
banche locali o fondi d’investimento<br />
che ci permettono di avere<br />
un’operatività a raggera e di investire<br />
nel microcredito, nel commercio<br />
equo e solidale, nelle energie<br />
rinnovabili portando, in questo<br />
modo, sviluppo sociale e tutela<br />
ambientale pur mantenendo un<br />
rendimento finanziario.<br />
D - Durante il convegno di oggi, con<br />
Banca Fideuram avete presentato<br />
un nuovo prodotto d’investimento<br />
nel segno della diversificazione e<br />
della sicurezza che verrà proposto<br />
ai risparmiatori. In cosa consiste<br />
R - Avevamo da tempo un contatto<br />
con la Banca Fideuram e negli ultimi<br />
due anni abbiamo lavorato al<br />
lancio di un prodotto, il Fonditalia<br />
Ethical Investment, che permette ai<br />
loro clienti di investire nella finanza<br />
sostenibile che riesce a produrre un<br />
benessere diffuso nei paesi in via di<br />
sviluppo e nelle economie meritevoli<br />
perché impegnate su progetti a<br />
valenza etica. È un prodotto veramente<br />
etico, utile, in linea con la finanza<br />
buona e migliore che coniuga<br />
la ricerca di stabilità del portafoglio<br />
e di ottimizzazione del rapporto rischio-rendimento<br />
con considerazioni<br />
di carattere sociale e ambientale.<br />
Rodolfo Fracassi 11
<strong>La</strong> sfida lanciata<br />
dal Cappellificio<br />
Cristianini,<br />
dal 1919<br />
un’istituzione<br />
a Signa<br />
Qualità<br />
artigianalità<br />
tradizione<br />
Chi rischia,<br />
vince<br />
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
In un’epoca di crisi della piccola-media industria, di delocalizzazioni,<br />
di ricerca del massimo profitto possibile, a volte a<br />
discapito della qualità, il cappellificio Cristianini di Signa rappresenta<br />
una piacevole eccezione. <strong>La</strong> crisi, per carità, si sente,<br />
eccome. Ma la famiglia che da sempre è al timone della quasi<br />
centenaria azienda ha sempre fatto scelte diverse, per certi versi<br />
più difficili, ma che possano garantire un’immutata qualità dei prodotti<br />
offerti. I prodromi di quella che oggi è la Cristianini srl possono<br />
essere fatti risalire addirittura al 1919, quando il nonno degli attuali<br />
proprietari, insieme ad altri due soci, dette vita ad una piccola<br />
ditta che produceva i tradizionali cappelli di paglia fiorentini, specializzandosi<br />
fin da subito in copricapo eleganti da pomeriggio per<br />
signore. All’epoca infatti le donne borghesi ed aristocratiche fiorentine<br />
vedevano nel cappello un accessorio assolutamente indispensabile,<br />
da indossare durante le passeggiate in città o i giri in carrozza.<br />
Il centro di produzione, dopo essere stato inizialmente in centro<br />
a Signa, venne spostato nell’attuale sede di via Cavalcanti. Una<br />
sede che oggi è considerata a tutti gli effetti storica, anche se ovviamente<br />
nel corso degli anni si è ingrandita inglobando nuovi fondi<br />
attigui. “L’edificio è senza dubbio molto antico - racconta Roberto<br />
Cristianini - basti pensare che due dei locali che utilizziamo erano<br />
nell’800 delle rimesse per le barche utilizzate dai barcaioli dell’Arno”.<br />
L’azienda nella sua concezione più moderna nasce di fatto<br />
nel 1958, quando il testimone passò nelle mani di Livio Cristianini,<br />
che insieme alla moglie dette una svolta epocale al cappellificio,<br />
rendendolo un’impresa moderna ed all’avanguardia. Fu proprio<br />
la signora Cristianini ad avere l’intuizione decisiva: capì<br />
infatti la necessità di collaborare e di creare così una joint-venture<br />
con i negozi che vendevano abiti da sposa. Ecco così la specializzazione<br />
in cappelli, veli, ornamenti floreali, guanti, acconciature,<br />
spilloni e tutti i vari accessori da abbinare ai vestiti da sposa.<br />
In questo modo l’azienda Cristianini diventò un punto di riferimento<br />
per tutto l’indotto. Ovviamente, in parallelo, continuava<br />
12 Cappellificio Cristianini
soddisfazione. Un modo di lavorare che non prevede ad esempio la consulenza<br />
di stilisti. “<strong>La</strong> creatività – commenta soddisfatto Cristianini - ce la mettiamo<br />
noi, non rinunciando certo a creazioni dalle linee ricercate. Tra ottobre e<br />
novembre allestiamo la nuova collezione di base, in modo che i nostri clienti,<br />
anche stranieri, possano valutarla con calma”. Una produzione che profuma<br />
di antico, di un passato che è bello sapere che resiste in alcune nicchie della<br />
nostra piccola-media industria. Basti pensare che le uniche macchine che<br />
vengono utilizzate dai Cristianini sono una pressa per i cappelli e le imprescindibili<br />
macchine per cucire. Tutto il resto, è fatto a mano, con sapienza<br />
antica che si tramanda da quasi cento anni. Ma per cosa si caratterizza un<br />
oggetto uscito dall’azienda di via Cavalcanti “Semplice - illustra Roberto - la<br />
nostra riconoscibilità si basa su esclusività e personalità spiccata del prodotto.<br />
<strong>La</strong> <strong>Toscana</strong> è la culla della creatività da sempre, ed è un peccato vedere<br />
che proprio da noi questa connotazione artigianale sia andata persa o quasi.<br />
Noi, come alcuni altri piccoli imprenditori, ci sentiamo Davide contro Golia,<br />
dovendoci scontrare quotidianamente con dei colossi che puntano sulla<br />
quantità e meno sulla qualità. E sono persino avvantaggiati dalle scelte politiche<br />
ed economiche che sono state fatte negli ultimi decenni”. <strong>La</strong> crisi, che<br />
incessantemente la produzione dei tradizionali cappelli<br />
da donna da passeggio. Un prodotto che, passando attraverso<br />
molteplici varianti e mode, non è mai tramontato<br />
definitivamente. Il vero e proprio boom di vendita di accessori<br />
da sposa continuò sino alla fine degli anni ‘80, a<br />
cui seguì una logica ma inesorabile flessione. Attualmente<br />
il prodotto che va per la maggiore è un cappello<br />
decisamente più sportivo, sempre da passeggio, buono<br />
per la stagione invernale. Già da qualche anno a capo<br />
dell’azienda c’è la terza generazione dei Cristianini, che<br />
ha contribuito in maniera decisiva all’esportazione verso<br />
l’estero dei propri prodotti. Le manifatture “Made in Signa”<br />
si sono fatte conoscere in quasi tutta Europa, ma<br />
anche in Giappone e negli Stati Uniti. Nonostante queste<br />
escursioni fuori Italia, l’azienda Cristianini ha sempre<br />
mantenuto un’impostazione 100% familiare e totalmente<br />
artigianale. E questo è un motivo di grande vanto e<br />
si è fatta pungente dal 2008 in poi, ha costretto i Cristianini ad adeguarsi,<br />
percorrendo la strada delle collaborazioni con aziende affini<br />
in modo da poter continuare ad avere un posizionamento importante<br />
sul mercato. Una scelta strategica che ha pagato, insieme a quella,<br />
rischiosa, di percorrere la strada dell’assoluta artigianalità. Infatti<br />
la mole di lavoro non si è troppo affievolita, nonostante tutto. E<br />
di questi tempi non è poco. Lo sa bene chi tenta di galleggiare con<br />
le proprie aziende facendo i salti mortali tra il calo del volume d’affari<br />
dovuto alla congiuntura economica ed un’eccessiva fiscalità<br />
che strozza l’imprenditoria locale. Alla fine però, chi punta deciso e<br />
senza indugi sulla qualità, mantenendo anima e cuore nel paese<br />
originario, quando invece la logica suggerirebbe di spostare il business<br />
altrove, viene premiato. Il cappellificio Cristianini può contare<br />
su una decina di dipendenti, che con lo stesso spirito di buon gusto<br />
e di eccellenza delle origini creano collezioni da sposa e cappelli,<br />
utilizzando tessuti di qualità come raso, crêpe, sete e merletti. Montati<br />
pazientemente con ago e filo dalle cucitrici e dalle modiste specializzate.<br />
Le più recenti collezioni includono i veli con i bordi ed il<br />
ricamo ricchi di merletto, così come i fiori ricamati a mano ed altri<br />
ornamenti, oltre che i cappelli da sposa ed altri articoli da nozze.<br />
Ogni stagione inoltre include gli stili per le occasioni eleganti, facendo<br />
attenzione in particolar modo ai materiali ed ai colori utilizzati,<br />
in base sempre alle tendenze che suggerisce la moda<br />
Cappellificio Cristianini<br />
13
Carlo Berti<br />
la potenza<br />
del colore esaltata<br />
dalle icone pop<br />
di Daniela Pronestì<br />
Ha negli occhi una luce particolare mentre, seduti ad<br />
un tavolo delle Giubbe Rosse, spiega le ragioni che<br />
hanno ispirato i suoi ultimi lavori dedicati alle icone<br />
del cinema, della musica e dello spettacolo che<br />
l’hanno accompagnato nella prima fase della giovinezza.<br />
Di strada Carlo Berti ne ha fatta tanta, e oggi che ha quarant’anni<br />
raccoglie le fila di un percorso che nel tempo l’ha visto<br />
crescere artisticamente e maturare un lessico pittorico sempre più<br />
incentrato sulla potenza costruttiva del colore. A guidarlo fin dagli<br />
esordi nell’ambito della figurazione e del paesaggismo di tradizione<br />
toscana, è sempre stato un amore per l’arte intesa come ricerca di un<br />
sistema di valori formali che pur nutrendosi delle suggestioni derivate<br />
dalle esperienze delle avanguardie nel secolo scorso, si caratterizza<br />
per l’originalità con cui riconsidera il rapporto tra colore e disegno,<br />
sfondo e figura, componendoli<br />
in una rinnovata<br />
sintesi visiva.<br />
Una pittura, la sua,<br />
che nasce e si sviluppa<br />
nel segno della<br />
sperimentazione e<br />
della necessità di<br />
spingersi oltre gli<br />
steccati del “già visto”<br />
e del “già fatto”<br />
- cosa non facile in<br />
quest’ambito - per<br />
approdare invece ad<br />
un linguaggio che<br />
identifica l’artista e<br />
lo rende riconoscibile.<br />
Con questa sfida<br />
nel cuore, Carlo è andato<br />
avanti negli<br />
Claudia Schiffer<br />
anni senza temere ma affrontando la fatica del fare pittura tentando<br />
strade nuove, tortuose, perché attraversate da ripensamenti e deviazioni<br />
improvvise, difficili, perché richiedono spesso il coraggio di<br />
mettere in discussione, totalmente e senza sconti, le proprie certezze,<br />
verificandole, evidenziandone i limiti e ristabilendole su presupposti<br />
più radicati e profondi. È da un’operazione di questo tipo che ha<br />
origine la galleria di ritratti dei grandi divi degli anni Ottanta che<br />
Gianna Nannini<br />
Il quarantenne artista<br />
cresciuto in Mugello<br />
si conferma tra i pittori<br />
più originali ed<br />
interessanti dell’arte<br />
contemporanea toscana.<br />
Ecco i suoi ultimi lavori,<br />
dedicati ai divi<br />
del cinema, della musica<br />
e dello spettacolo che<br />
l’hanno accompagnato<br />
in gioventù<br />
14 Carlo Berti
Moana Pozzi<br />
Patty Smith<br />
George Michael<br />
Francesco Nuti<br />
l’artista fiorentino ha realizzato per ricordare i “miti”<br />
fondativi della sua gioventù ma anche, e forse soprattutto,<br />
per fermare sulla tela gli esiti più recenti<br />
della sua ricerca che punta su di una complessa<br />
strutturazione cromatica del racconto pittorico per<br />
sostenere e consolidare la costruzione dell’immagine<br />
e la dinamica spaziale. Circoscritto in un reticolato<br />
geometrico o entro forme circolari da esso stesso<br />
generate, esaltato nel vortice di andamenti curvilinei,<br />
ellittici e parabolici oppure steso in una configurazione<br />
ordinata di linee oblique o ondulate che<br />
suggeriscono l’effetto di un movimento regolare,<br />
fluido e scorrevole, il colore vive di vita propria, affrancato<br />
com’è da ogni funzione iconica e vincolo<br />
rappresentativo. Non si sovrappone alla figura, ma<br />
la fa vibrare scomponendola in un mosaico di armonie<br />
e di contrappunti che esplorano la superficie senza<br />
negare la profondità dell’immagine. Leggerezza e<br />
solidità di concezione convivono all’interno del quadro<br />
fissando i termini di una vera e propria tenzone<br />
tra segno grafico e colore, il primo tracciando i profili<br />
e i contorni figurali, il secondo intervenendo a<br />
smorzare la staticità e la frontalità del soggetto frantumandola<br />
in un ritmo di contrasti tonali e luministici<br />
da cui dipende il dinamismo della composizione. Dinamismo<br />
espresso non come fatto reale, ma condizione<br />
che allontana le figure in una dimensione protratta<br />
al di là del tempo e dello spazio, che le rende<br />
“immortali”, sottolineando così il loro status di icone<br />
intramontabili della nostra epoca. C’è una logica che<br />
guida la disposizione dei colori e che alterna ai toni<br />
chiari dell’immagine la griglia dei toni scuri di superficie,<br />
come se lo scopo fosse invitare lo sguardo<br />
dell’osservatore a spingersi oltre la bidimensionalità<br />
del supporto e perdersi nella profondità illimitata<br />
dello spazio dipinto. A volte la figura sembra voler<br />
schizzare fuori dalla realtà in cui l’artista l’ha collocata<br />
emergendo dal fondo per acquistare un nuovo<br />
risalto, altre volte i profili ci appaiono simili ad isole<br />
dalle coste frastagliate o a veri e propri arcipelaghi<br />
tracciati su improbabili cartine geografiche. In certi<br />
casi la materia cromatica si ispessisce per mitigare<br />
la trasparenza del tessuto pittorico e renderla cangiante<br />
attraverso una sottile patina di colore - spesso<br />
il bianco - che accentua i punti di luce, in altri<br />
l’uso di sabbie e di resine consente all’artista di<br />
sfruttare la granulosità e il rilievo dato alla figura per<br />
creare un’illusione percettiva che induca l’osservatore<br />
a riconoscere il profilo della persona ritratta - il<br />
grande attore hollywoodiano Marlon Brando, ad<br />
esempio - nel contrasto con lo sfondo scuro. Tra reminescenze<br />
dell’Orfismo di Robert Delaunay, da cui<br />
trae il senso del colore ma non i significati cosmici e<br />
la declinazione spirituale, e accenti che l’avvicinano<br />
all’arte americana degli anni Sessanta, tra Pop e Minimal<br />
Art, la teoria cromatica messa a punto da Carlo<br />
Berti si avvia ad essere un sistema versatile adatto<br />
a più supporti e soluzioni espressive, un sistema<br />
che ad oggi lo rende tra i pittori più originali ed interessanti<br />
nell’arte contemporanea in <strong>Toscana</strong>.<br />
Carlo<br />
BERTI<br />
Nasce a Firenze nel 1972 ma cresce fra<br />
le colline del Mugello dove l’ambiente<br />
rurale e bucolico forgia da subito il suo<br />
gusto artistico. Tale vena trova espressione<br />
nelle prime opere giovanili che<br />
raccontano episodi della sua adolescenza<br />
e la sua passione per i cavalli.<br />
Frequenta i pittori mugellani da cui<br />
apprende la pittura classica di maniera.<br />
Le esperienze personali lo portano a<br />
vivere a Firenze dove frequenta la scuola<br />
di pittura francese “Martenot”. Qui<br />
l’artista compie il salto di qualità ed<br />
inizia a presentare le sue opere al<br />
pubblico collaborando con le piu’<br />
importanti gallerie fiorentine. L’anno<br />
della maturità artistica è il 2010 che lo<br />
vede protagonista di numerosi eventi<br />
espositivi tra cui una mostra personale<br />
alla “Capponcina” di Settignano. Nel<br />
<strong>2012</strong> quattro importanti mostre, di cui tre<br />
personali - Galleria “Il Salotto Atelier” a<br />
Fiesole, Palazzo Bastogi sede del<br />
Consiglo Regionale della <strong>Toscana</strong>, Caffè<br />
Storico Lettarario Giubbe Rosse dove<br />
presenta “I divi dei miei prima 40 anni +<br />
te” - e una collettiva a Parigi, presso il<br />
Carouselle du Louvre, a cui partecipa con<br />
quattro opere inedite.<br />
Carlo Berti<br />
15
Villa Gisella<br />
Nel cuore verde<br />
di Firenze<br />
la villa amata<br />
da Enrico Caruso<br />
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
<strong>La</strong> lunga e suggestiva<br />
storia di Villa Gisella,<br />
da 50 anni prestigiosa<br />
residenza per anziani<br />
non autosufficienti ed<br />
appartenuta per decenni<br />
al celeberrimo tenore<br />
Se la sanità toscana, con tutte le riserve del caso,<br />
può essere considerata una delle migliori e più efficienti<br />
a livello nazionale, la residenza sanitaria assistenziale<br />
Villa Gisella, presente a Firenze sin dagli<br />
anni ‘50, dovrebbe essere di fatto etichettata come uno degli<br />
esempi più floridi di come si possa creare una struttura privata<br />
d’eccellenza conciliando la qualità del servizio offerto a dei<br />
costi tutto sommato contenuti per il paziente. <strong>La</strong> storia di questa<br />
struttura, situata alle pendici del Monte Morello, parte da<br />
lontano, ed è per certi versi affascinante. <strong>La</strong> villa esiste almeno<br />
dal 1427, quando apparteneva a Guido di Tommaso Deti,<br />
fiorentino del popolo di Santa Felicita. Nel 1567 fu acquistata<br />
da Bartolomeo Filippi e nel 1587 Maria Filippi la passò in dote<br />
a suo marito Bartolomeo Del Turco. A seguito di una causa tra<br />
Maria e il cardinale Giovan Battista Deti, la villa tornò ai Deti<br />
nel 1614 e nel 1620 venne venduta alla famiglia Falconetti,<br />
fiorentina, residente nel quartiere di Santo Spirito. In seguito<br />
passò ai Cavalcanti (1660), ai Cattani (1751), ai Teri per poi<br />
pervenire, dopo altri passaggi, al tenore di fama mondiale Enrico<br />
Caruso, che la acquistò nel 1904. Caruso, grazie allo straordinario<br />
successo della sua tournée del Rigoletto alla Metropolitan<br />
Opera House di New York del 1903 (si parla di un<br />
compenso di 25.000 dollari), poté tornare in Italia con parecchi<br />
soldi da investire, e decise di acquistare la Villa “I Pini”<br />
alle Panche, in una zona verde e tranquilla di Firenze. <strong>La</strong> fece<br />
ristrutturare completamente ampliandola e dotandola di un ampio giardino<br />
all’italiana, prima di stabilirvisi con la cantante lirica Ada Giachetti,<br />
dalla quale ebbe due figli. Alla morte di Caruso, la villa venne ereditata<br />
dal figlio Enrico junior, che vi visse con la moglie Elena Canessa.<br />
Quando però si accorse che dagli Stati Uniti stentavano ad arrivare le<br />
royalties dei diritti sulle prestazioni canore del padre, Enrico Junior cedette<br />
la villa per 400.000 lire, arredi compresi, alla casa d’aste Materassi<br />
di Firenze. Venne così messa all’asta ed acquistata nel 1954 dal<br />
pediatra Giuseppe Mecca, che dal 1956 la destinò a casa di cura di<br />
medicina generale, cambiandole il nome in quello attuale, Villa Gisella.<br />
Dal punto di vista architettonico, la villa rappresenta un interessante<br />
16 Villa Gisella
Villa Gisella<br />
esempio di stile eclettico a Firenze, improntato su preesistenze<br />
più antiche. L’elemento più vecchio è la torretta, forse duecentesca,<br />
sormontata da merlatura e da un orologio più tardo. Anche<br />
il lato sulla strada presenta un aspetto tipico delle abitazioni<br />
“da signore” rustiche dei dintorni di Firenze, con elementi in<br />
pietra (come i davanzali, le cimase e le mensole delle finestre)<br />
che spiccano sull’intonaco chiaro. Le bifore e il portalino moresco<br />
su via delle Panche sono invece novecenteschi. All’interno<br />
restano alcuni ambienti storici, come la cappella, la sala del<br />
trono, la stanza del biliardo e una pregevole scalinata lignea.<br />
Numerosi portali interni hanno gli archi rialzati in stile moresco,<br />
come quello sull’esterno. Il giardino ha un impianto all’italiana,<br />
con aiuole geometriche cinte da siepi in bosso e punteggiate da<br />
cipressi e essenze fiorite. Nei circa 7000 metri quadri si trovano<br />
anche una serra e un vialetto fiancheggiato da colonne. Il legame<br />
tra Villa Gisella ed Enrico Caruso è testimoniato anche dalla<br />
lapide posta sul lato lungo di via delle Panche che ricorda come<br />
l’ex Villa I Pini fosse appartenuta al celeberrimo tenore.<br />
come residenza sanitaria assistenziale offre, sin dal 1956, ospitalità<br />
completa alle persone della terza età non autosufficienti. Un’assistenza<br />
medica ed infermieristica per tutto l’arco delle 24 ore convenzionata<br />
con il Comune di Firenze e la Asl. Sono ben 113 i dipendenti<br />
ed i liberi professionisti che vi lavorano e che la fanno essere la più<br />
grande struttura del genere a Firenze ed in generale nella Asl 10. In<br />
tutto sono 153 i posti letto a disposizione dei pazienti, inseriti in camere<br />
luminose, singole e da due o quattro letti, con bagno. Tutte<br />
dotate di aria condizionata, telefono e televisione. Il ristorante panoramico<br />
offre un menù vario e diete personalizzate, a seconda delle<br />
esigenze del singolo ospite o delle prescrizioni sanitarie del medico<br />
curante, mentre le sale soggiorno, dove si svolgono le attività di animazione<br />
e le feste organizzate dalla struttura o dalle organizzazioni<br />
di volontariato, hanno accesso diretto al parco, per vivere all’aria<br />
aperta. <strong>La</strong> rsa Villa Gisella insomma, anche grazie a questi ampi spazi<br />
erbosi ed alberati, offre un’ ospitalità completa alle persone della<br />
terza età. Il parco si snoda su circa 7000 metri quadri completamente<br />
utilizzabili dagli ospiti e dai loro familiari senza nessuna barriera architettonica,<br />
dotato di piante secolari che con la loro ombra aiutano,<br />
nei mesi estivi, a sopportare il caldo. Dotato oltretutto di vialetti che<br />
permettono agli ospiti in carrozzina di muoversi con facilità. Di particolare<br />
importanza poi la palestra, gestita da personale specializzato<br />
che consente di far seguire agli ospiti programmi di rieducazione e<br />
mantenimento. I fisioterapisti infatti hanno ormai acquisito una notevole<br />
esperienza in campo geriatrico. <strong>La</strong> palestra è corredata dalle più<br />
moderne attrezzature (letto da statica elettrico, letto elettrico Bobath,<br />
letto elettrico con testiera inclinabile, cyclette orizzontale, parallele,<br />
scale, pesi, Theraband di vari colori, ecc.).<br />
Villa Gisella si trova in <strong>La</strong>rgo Enrico Caruso, 1 a Firenze<br />
Tel. 055-4250028 - mail: villa.gisella@villagisella.it<br />
Villa Gisella<br />
17
®<br />
Una solida realtà 100% italiana<br />
di Veronica Mura<br />
<strong>La</strong> CSO srl è nata nel 1967, quando<br />
ancora nel nostro paese i giovani<br />
potevano avere qualche<br />
chance di veder realizzati i propri<br />
sogni e le proprie passioni. Certo, si dovevano<br />
mettere in conto molti sacrifici, ma la<br />
gioventù era sempre un eroe invitto che non<br />
si spaventava. Fu così che Sergio Mura e<br />
Giuseppe Matteuzzi decisero di intraprendere<br />
la strada dell’imprenditoria nel ramo<br />
della costruzione di strumenti oftalmici.<br />
Da allora l’azienda ne ha fatta di strada,<br />
diventando oggi una delle ultime aziende<br />
italiane dedicata alla costruzione di strumenti<br />
per l’oftalmologia. Volendo ritrarla in<br />
numeri possiamo affermare che mensilmente<br />
la produzione realizza oltre 1000 apparecchiature<br />
ed impiega circa 150 dipendenti<br />
nello stabilimento di oltre 7000 mq.<br />
situato alle porte di Firenze, nella zona industriale<br />
di Scandicci. Le apparecchiature<br />
totalmente meccaniche di 45 anni fa oggi si<br />
Resiste nella<br />
zona industriale<br />
di Scandicci<br />
un’azienda<br />
leader a livello<br />
mondiale nel<br />
settore<br />
oftalmico.<br />
Portata avanti,<br />
interamente<br />
in Italia, da oltre<br />
45 anni<br />
sono evolute integrando sistemi elettronici<br />
e computerizzati grazie alla ricerca costante<br />
e altamente specializzata, effettuata talvolta<br />
con le Università e col CNR, sempre<br />
nel rispetto totale delle norme di sicurezza<br />
e di tutti i requisiti richiesti sia dal mercato<br />
italiano che estero, poiché il 70% della produzione<br />
viene esportata.<br />
Le difficoltà burocratiche da affrontare<br />
sono molte, la pressione fiscale è spesso<br />
soffocante, basti pensare all’Irap, calcolata<br />
praticamente sui costi anziché sui ricavi. A<br />
tutto questo va aggiunta l’agguerrita concorrenza<br />
che viene dai paesi orientali nei<br />
confronti dei quali le ditte italiane sono<br />
scarsamente tutelate.<br />
Spesso l’azienda italiana, che dovrebbe dar<br />
lustro al paese, ha l’impressione di essere<br />
oltremodo penalizzata. Per questo molte<br />
realtà produttive del nostro paese decidono<br />
di trasferire all’estero il centro gravitazionale<br />
dei loro interessi se non addirittura di<br />
cessare l’attività. Nonostante ciò, la CSO è<br />
rimasta un’azienda italiana al 100%. Non<br />
solo infatti l’intera produzione è manufatta<br />
in Italia, ma anche quasi la totalità del materiale<br />
impiegato è di provenienza nazionale.<br />
In definitiva, una vera e propria mosca<br />
bianca in un contesto nel quale spesso e<br />
volentieri gli imprenditori preferiscono optare<br />
per soluzioni di comodo, ma forse<br />
meno lungimiranti. In che modo Semplice,<br />
18<br />
CSO
portando il lavoro all’estero, e più in particolare<br />
nei paesi in via di sviluppo, dove i<br />
costi sono senz’altro inferiori, ma in questo<br />
modo il patrimonio culturale, imprenditoriale<br />
e professionale spesso va a farsi benedire,<br />
o comunque viene disperso fuori dal<br />
contesto nazionale. E questo rappresenta<br />
sempre e comunque una ferita poi difficilmente<br />
rimarginabile.<br />
Mura e Matteuzzi invece hanno fatto una<br />
scelta diversa, esportando così il “Made in<br />
Italy” in tutto il mondo. Recentemente CSO<br />
asiatico ed americano. Oggi CSO vanta<br />
alcuni strumenti del tutto innovativi<br />
come il nuovo COBRA, una fundus camera<br />
dalle specifiche eccezionali, caratterizzata<br />
da una semplicità d’uso sorprendente;<br />
il SIRIUS, una combinazione di una<br />
Scheimpflug camera con un topografo<br />
corneale che rappresenta l’avanguardia<br />
per la tomografia corneale; le lampade a<br />
fessura ed il microscopio endoteliale<br />
SP02, che sono stati completamente rinnovati<br />
con sorgenti a LED. Nuove unità di<br />
Novità<br />
Ecco Cobra,<br />
la nuova<br />
generazione<br />
delle fundus<br />
camera<br />
non-midriatiche<br />
ha ampliato il suo stabilimento impiantando<br />
nuove linee di produzione e potenziando<br />
il settore R&S con nuovi ingegneri e programmatori.<br />
Grazie ad un capillare ed efficiente<br />
staff di collaboratori ed addetti al<br />
settore commerciale, CSO ha saputo affermarsi<br />
sia nel mercato europeo sia in quello<br />
refrazione, realizzate con nuovi materiali,<br />
arricchiscono il catalogo di CSO insieme<br />
ad una vasta gamma di poltrone e cassettiere.<br />
Il sistema qualità di CSO è certificato<br />
in accordo alle norme internazionali<br />
ISO9001 ed ISO13485; la qualità dei processi<br />
produttivi è certificata da CSQ.<br />
CSO ha recentemente presentato l’innovativa<br />
fundus camera digitale nonmidriatica<br />
che integra tutte le funzioni<br />
necessarie per un rapido screening<br />
delle condizioni della retina. Utilizzando<br />
un innovativo sistema ottico, Cobra<br />
è in grado di fornire immagini di alta<br />
qualità del fondo oculare. Progettata<br />
con un design ergonomico, Cobra fornisce<br />
una visione chiara e dettagliata<br />
dell’intera immagine del fondo oculare<br />
con un reale campo di visione di 45°. Il<br />
sistema offre immagini retiniche con<br />
una esposizione minima del flash permettendo<br />
una acquisizione rapida e<br />
dettagliata del fondo ed al contempo<br />
rendendo minimo il disagio del paziente.<br />
Cobra condivide l’uso del sensore<br />
CCD ad alta risoluzione (1.5 MegaPixel)<br />
per l’allineamento del paziente<br />
(con illuminazione IR) e per la cattura<br />
dell’immagine retinica (con un flash di<br />
luce bianca).<br />
CSO<br />
Costruzione Strumenti Oftalmici S.r.l.<br />
via degli Stagnacci 12/e<br />
50018 Badia a Settimo - Scandicci (FI)<br />
Ufficio commerciale 055 7221913<br />
Ufficio contabilità 055 7221912<br />
Ufficio acquisti 055 7221911<br />
fax 055 721557<br />
email: cso@csoitalia.it<br />
CSO 19
Grazie a LiberArte,<br />
Sesto diventa la casa<br />
della poesia<br />
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
C’è un “Luogo della Poesia” a Sesto Fiorentino,<br />
uno spazio libero, fisico e allo stesso tempo<br />
intangibile, nel quale i poeti ma anche tutti<br />
coloro che hanno fatto della riflessione una<br />
compagna di vita, amano incontrarsi e ritrovarsi. Questo<br />
che è soprattutto un luogo dell’anima, ha anche un<br />
nome: “San Lorenzo in poesia”. È il secondo concorso in<br />
versi a tema libero che torna quest’anno dopo lo straordinario<br />
successo di adesioni registrato nella passata<br />
edizione. A promuoverlo e a curarne interamente l’organizzazione<br />
anche per l’anno <strong>2012</strong>-2013, è l’associazione<br />
culturale “LiberArte” che ha sede a Sesto Fiorentino, a<br />
Villa San Lorenzo. Luoghi fisici e non fisici, appunto, che<br />
Torna, dopo il successo<br />
della prima edizione,<br />
il concorso in versi<br />
a tema libero<br />
San Lorenzo in poesia,<br />
promosso dall’associazione<br />
presieduta da Luigi Bicchi<br />
20<br />
<strong>La</strong> giuria dell’edizione <strong>2012</strong> del premio “San Lorenzo in poesia”: da sinistra, Fabrizio<br />
Finetti, Piero Andrea Carraresi, Grazia Giovannoni, Lenio Vallati e Gianni Calamassi<br />
nascono dall’anima e che diventano arte, poesia in questo caso.<br />
Poesia che significa vita e quindi anche fisicità e materia, se a dimostrarlo<br />
non fossero bastate le trecento persone che erano presenti<br />
l’anno scorso al cinema Grotta per la premiazione. Il patrocinio<br />
all’iniziativa lo hanno rinnovato anche per questa edizione la Provincia<br />
di Firenze, il Comune di Sesto Fiorentino, SestoIdee e il Comune<br />
di Calenzano. Come puntuali sono tornati a dare il loro sostegno<br />
i venti, fra aziende e negozi di Sesto e Calenzano, che figurano<br />
come sponsor. “Avevamo cominciato quasi per gioco - racconta Luigi<br />
Bicchi, presidente di LiberArte - poi la forza delle cose e la passione<br />
di quanti vi ci sono dedicati, ci ha dato la forza per proseguire”.<br />
Il 22 novembre scorso a coronamento della prima edizione di<br />
LiberArte<br />
“San Lorenzo in poesia” , si è svolta presso la Biblioteca comunale<br />
E. Ragionieri di Sesto la consegna dell’Antologia LiberArte <strong>2012</strong>,<br />
con oltre cinquanta poesie pubblicate fra quelle inviate per la prima<br />
edizione del concorso. E che per l’occasione, sono state lette tutte.<br />
“San Lorenzo in poesia” è al suo secondo anno ma la pubblicazione<br />
dell’antologia da parte di LiberArte, è un appuntamento costante<br />
oramai da quattro anni. <strong>La</strong> sala della Biblioteca era al completo,<br />
c’erano poeti ma anche artisti che ruotano intorno all’associazione<br />
“LiberArte”. Insieme al presidente Luigi Bicchi, c’era anche il consigliere<br />
di SestoIdee con delega alla cultura, Massimo Rollino. “Una<br />
serata come questa - ha commentato Rollino - va ad aggiungere un<br />
Un’immagine della premiazione dell’edizione <strong>2012</strong> al multisala Grotta di Sesto.
Da sinistra il presidente Luigi Bicchi con Massimo Rollino alla presentazione dell’Antologia<br />
LiberArte <strong>2012</strong>, alla biblioteca comunale “Ernesto Ragionieri” di Sesto Fiorentino.<br />
tassello importante a questo mosaico variegato che è la cultura<br />
sestese. Dall’ultimo censimento Istat - ha ricordato - risulta che il<br />
62% dei cittadini italiani non leggono nemmeno un libro all’anno. Il<br />
62% è un dato preoccupante. Credo che un paese senza cultura sia<br />
un paese senza futuro, destinato alla consunzione. Iniziative come<br />
quelle di “San Lorenzo in poesia” possono arricchire il territorio,<br />
ben oltre la dimensione locale”. “Vogliamo costruire a Sesto - ha<br />
detto il presidente Luigi Bicchi, in apertura della serata del 22 novembre<br />
- un “Luogo della Poesia” che non sarà un luogo fisico fisso<br />
ma di volta in volta uno spazio diverso nel quale coinvolgere non<br />
solo poeti ma anche tutti quelli che amano la riflessione e i valori di<br />
sentimenti veri”. Il luogo ideale per realizzare tutto questo, potrebbe<br />
essere proprio Sesto Fiorentino , città già scelta da LiberArte per<br />
ospitare la sua sede e ora possibile icona di città della poesia. Non<br />
ci gira intorno a quest’idea Bicchi. “Il concorso San Lorenzo in Poesia<br />
- ammette il presidente di LiberArte - e l’antologia che ne discende,<br />
vogliono essere il mezzo con il quale questa idea può iniziare<br />
a rappresentarsi”.<br />
LiberArte 21
L’incredibile storia di<br />
Marzio<br />
Fiaschi<br />
partito da un piccolo borgo<br />
in provincia di Pisa<br />
(dove abita tuttora) e oggi<br />
proprietario di 35 saloni<br />
di parrucchiere<br />
in svariate province<br />
e persino in Umbria<br />
il“Pendolare”<br />
che fa i capelli<br />
a mezza<br />
<strong>Toscana</strong><br />
di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
Dalla piccola, quasi minuscola, Corazzano, alla conquista della persone, Marzio si iscrisse alla scuola, con la consapevolezza<br />
che prima o poi avrebbe ereditato la bottega dello zio, cui<br />
<strong>Toscana</strong>. E non solo. <strong>La</strong> storia di Marzio Fiaschi è quella tipica<br />
di un self-made man, un uomo capace di farsi da solo, senza un era tanto affezionato. Ma cosa ti ha spinto a diventare parrucchiere<br />
<strong>La</strong> domanda è d’obbligo....”Diciamo che studiare<br />
pedigree scolastico di eccellenza ma che ha potuto contare sin<br />
22 Marzio Fiaschi<br />
dalla gioventù su tanta voglia di fare e determinazione quasi feroce. Marzio<br />
è sempre stato molto più di un parrucchiere, o di un hair stylist come va di<br />
moda ora definire gli artisti del capello. Sin da ragazzino ha mostrato di<br />
avere le idee ben chiare: come quando si accordò con lo zio che lo aveva<br />
accolto nella bottega della natia Corazzano, un borgo di 600 anime in provincia<br />
di Pisa a pochi chilometri da Empoli e dalla Valdelsa, su due punti: si<br />
fece promettere dal parente barbiere che non avrebbe mai chiuso la bottega,<br />
e che nel frattempo avrebbe iniziato a frequentare la scuola di parrucchieri<br />
di Firenze. Detto, fatto. Dopo due anni di gavetta nel piccolo negozio<br />
dello zio, dove ha imparato i rudimenti del mestiere e a rapportarsi con le<br />
non mi ha mai appassionato - racconta Fiaschi - ma anche<br />
lavorare con il mio babbo, che svolgeva il mestiere di elettricista,<br />
non faceva per me. Dopo essere andato con lui a montare<br />
200 plafoniere in una giornata, con le ginocchia che mi<br />
facevano un male incredibile, decisi che la scelta giusta era<br />
quella di andare a lavorare con mio zio, che aveva ben altri<br />
ritmi e non durava certo molta fatica”. Una volta terminata<br />
la scuola, Marzio rimase a lavorare a Firenze, dove cambiò 4<br />
o 5 negozi in qualità di apprendista. Il motivo Semplice,<br />
spesso e volentieri la personalità di Fiaschi si scontrava con<br />
22
vità. “Il difficile è stato gestirmi fino all’apertura<br />
del terzo, in quanto la clientela era impostata<br />
su di me e quindi ero costretto<br />
spesso e volentieri a fare il pendolare tra un<br />
negozio e l’altro per fare i tagli. Dopo il terzo<br />
invece non ero più indispensabile ed è stato<br />
un cammino in discesa”. Adesso Marzio è al<br />
vertice di tre marchi: Marzio Group, attraverso<br />
il quale ha aperto i primi 11 negozi,<br />
Elegantia e Hair Klub, che porta avanti insieme<br />
ad altri soci. I marchi, che danno lavoro a<br />
ben 111 persone tra dipendenti, collaboratori<br />
ed apprendisti, sono disseminati a Firenze<br />
(dieci saloni), Scandicci, Sesto, Poggibonsi,<br />
Siena, Bibbiena, Spoleto, Umbertide,<br />
Pelago, Fucecchio, Empoli, Sovigliana, Santa<br />
Croce, San Miniato, Ponte a Egola, San<br />
Romano, Cascina, Pistoia, Terranuova Bracciolini,<br />
Figline, San Giovanni Valdarno e,<br />
ovviamente, Corazzano. Cinque anni fa inla<br />
poca voglia di innovare dei vari proprietari.<br />
“Vedevo cose che non mi andavano bene<br />
- spiega - e non riuscivo a stare zitto. Così<br />
prendevo e me ne andavo”. Il periodo più<br />
lungo lo ha passato in una bottega di via<br />
<strong>La</strong>nza, prima di mettersi in proprio. Correva<br />
l’anno 1991 e Marzio aveva appena 23 anni.<br />
Il suo primo negozio in via De Santis, 40 metri<br />
quadri (adesso ne occupa circa 90), con<br />
un dipendente. Complice la zona particolarmente<br />
movimentata, la clientela che affluiva<br />
in quanto Marzio nei primi anni fiorentini<br />
si era fatto un nome, ed il classico passaparola,<br />
il successo fu immediato. Gli affari andavano<br />
bene, insomma. Nel 1995 il secondo<br />
negozio in via Romana, e da lì l’escalation<br />
verso i 35 (sì, avete capito bene..) locali<br />
aperti da Fiaschi nell’arco di 21 anni di atti-<br />
fatti Marzio ha ereditato la bottega dello zio, e<br />
tutti i sabati, cadesse il mondo, Marzio è lì, tra i<br />
suoi compaesani. Contrariamente a quanto si<br />
possa pensare infatti, Fiaschi nonostante i suoi<br />
impegni professionali lo portino a Firenze e in<br />
giro per la <strong>Toscana</strong> e l’Umbria, ha sempre abitato<br />
a Corazzano. “<strong>La</strong> sera torno sempre a casa<br />
mia, e tutti i sabati vado a tagliare i capelli tra i<br />
miei amici, dove vige la massima libertà d’azione<br />
e di parola”. Un uomo attaccato alle radici,<br />
insomma. E alla filosofia Marzio Group: prezzi<br />
giusti, per la fornitura di un servizio di qualità.<br />
Per lui un taglio non può costare 60-70 euro, ma<br />
15-20 al massimo. Il legame con Corazzano è<br />
forte anche per un altro motivo, ovvero la sua<br />
passione calcistica, che lo porta a guidare come<br />
allenatore la squadra del paese, che disputa il<br />
campionato amatoriale. Ed anche in quest’ama<br />
stretto contatto col mondo del calcio<br />
dilettantistico anni ‘80 e ‘90, dove giravano<br />
molti (forse fin troppi..) soldi e i<br />
presidenti-avventurieri rappresentavano<br />
quasi la normalità. Resta la soddisfazione<br />
nell’aver giocato con quelli che<br />
sarebbero diventati o erano stati giocatori<br />
importanti, affacciatisi alla serie A,<br />
come Barbuti, Bisoli, Franco Baldini<br />
(adesso dirigente della Roma), Guerrini,<br />
e quel Max Allegri, adesso distinto allenatore<br />
del Milan e allora spensierato<br />
giocatore che fece parlare di sé per non<br />
essersi presentato il giorno delle nozze<br />
all’altare dove l’attendevano un po’ tutti,<br />
l’aspirante sposa in primis. Marzio<br />
una famiglia ce l’ha, e se la tiene stretta,<br />
bito Marzio non si smentisce: gioca sempre<br />
all’attacco. “A me basta che difendano in<br />
due, gli altri otto devono essere proiettati<br />
alla fase offensiva. Mi voglio divertire, e<br />
cercare sempre il gol è la cosa che chiedo<br />
alle mie squadre. Anche se, purtroppo, raramente<br />
lo troviamo!”. Fiaschi è un’istituzione<br />
anche per i suoi trascorsi calcistici come<br />
giocatore, e più precisamente come portiere,<br />
anche in categorie professionistiche. Ha<br />
fatto 11 anni di Interregionale (adesso serie<br />
D), ed una stagione addirittura in C2 difendendo<br />
la porta del Montevarchi, appendendo<br />
gli scarpini al chiodo, una scelta dovuta<br />
agli impegni professionali sempre più pressanti,<br />
a soli 28 anni. Gli aneddoti in questo<br />
ambito si sprecano. Le esperienze con Cerretese,<br />
Castellina e col celeberrimo Viareggio<br />
di Mendella, con Riccomini allenatore e<br />
Cinquini direttore sportivo, lo hanno messo<br />
anche se barcamenarsi tra i suoi molteplici<br />
impegni lo costringe a fare un po’ i<br />
salti mortali per conciliare il tutto. Ma la<br />
precedenza ce l’ha sempre la micro-comunità<br />
di Corazzano, quella in cui torna<br />
volentieri tutte le sere.<br />
Marzio Fiaschi<br />
23
24 Firenze Art Gallery
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Firenze Art Gallery<br />
25
Bruno Chiarini<br />
di Daniela Pronestì<br />
l’eclettico<br />
sperimentatore<br />
L’artista fiorentino, adottato<br />
ormai da Tavarnuzze, esprime<br />
attraverso le sue opere una<br />
dedizione assoluta alla pittura,<br />
senza per forza ricercare<br />
il consenso a tutti i costi<br />
Bruno Chiarini, artista fiorentino che da anni vive a<br />
Tavarnuzze, è un esempio di dedizione assoluta alla<br />
pittura, dedizione mai risolta in una forma di schiavitù<br />
ad un registro stilistico o formale, ma espressa<br />
sempre nei termini di un’assoluta libertà d’invenzione. Ripercorrendo<br />
le tappe del suo percorso, iniziato fin dai tempi in cui<br />
ancora giovanissimo frequentava l’Istituto Geografico Militare<br />
a Firenze e studiava da privatista per diventare geometra, scopriamo<br />
le tante anime di un artista sensibile e capace. <strong>La</strong> sua<br />
ricchezza ispirativa è il segno evidente di una vivacità interiore<br />
che gli ha impedito di accogliere in maniera acritica e passiva<br />
l’eredità artistica del Novecento per spingerlo, invece, ad interrogarsi<br />
sulle conquiste formali ed espressive delle avanguardie<br />
cercando di capirle dall’interno, quindi non rifacendole<br />
26<br />
Bruno Chiarini
L ’infinito<br />
<strong>La</strong> giostra delle stelle<br />
immane ruota sulla mia testa;<br />
in un silenzio strepitoso,<br />
il rombo di un Dio vulcanico,<br />
mi preme nella fantasia e là,<br />
dove la luce di una stella<br />
non brilla, in quello<br />
spazio nero, avverto tutto<br />
l’infinito sprofondare<br />
in un abisso cieco<br />
e sento una vertigine folle<br />
tremarmi addosso.<br />
Prima di Galileo, le stelle<br />
stavano accese nel loro cielo,<br />
come un palloncino<br />
di carnevale,<br />
nero sforacchiato, e di là<br />
da quello, il “Paradiso”<br />
luminoso e la sua luce<br />
attraverso quei fori dava luce<br />
alla notte a dar sollievo<br />
e guida ai notturni viandanti<br />
in attesa del nuovo sole.<br />
Fu Galileo che salì sul palloncino,<br />
rischiando il rogo, come<br />
era costume per i disobbedienti<br />
e gli impiccioni, curiosi, ficcanaso,<br />
che le cose del cielo<br />
vanno a curiosare.<br />
E scoprì che non c’era il palloncino,<br />
né i fori, e le stelle erano proprio<br />
stelle, luminose, più grandi<br />
e più piccine, più lontane<br />
e più vicine, in uno spazio<br />
che non aveva fine e le stelle<br />
erano tante, tante più di quelle<br />
che gli occhi nostri<br />
possano vedere. E allora<br />
Cosa si mise a fare<br />
allor la gente<br />
Col naso in su si misero<br />
a contarle, per fare a chi<br />
ne contava di più<br />
…e sono ancora<br />
Tutti col naso in su, contando<br />
sulle dita, delle mani e dei piedi<br />
facendosene prestare<br />
dai parenti di casa e dagli amici.<br />
Ricordo di stato d’animo<br />
in un’atmosfera dilatata<br />
Non temere l’ansia che guida le migrazioni<br />
Il remare d’ali fuggitive più non sollecita auspici<br />
ma interpretandole. Passare dalla figurazione<br />
all’astrazione, dal realismo simbolico allo<br />
strutturalismo geometrico avendo cura di non<br />
disperdere in alcun caso la forza ispirativa e il<br />
senso del colore, gli ha permesso di alimentare<br />
la sua vitalità artistica e di sottrarsi al<br />
rigore delle definizioni che spesso ingabbiano<br />
lo spirito e mortificano la creatività. Bruno<br />
Chiarini ha fatto della sperimentazione il criterio<br />
informatore della sua pittura mettendosi<br />
alla prova su fronti espressivi e soggetti<br />
diversi, che vanno dalla figura al paesaggio<br />
alla natura morta fino all’incastro ritmico e<br />
non descrittivo di forme e colori. Un artista<br />
eclettico, uno sperimentatore d’eccezione<br />
che non ha mai barattato la<br />
libertà della ricerca con la sicurezza<br />
troppo facile del consenso. Non<br />
solo pittore, ma anche poeta e critico<br />
d’arte, spirito colto e raffinato<br />
che gli anni e il tempo non hanno<br />
scalfito ma reso più forte. L’ultima<br />
mostra che l’ha visto protagonista<br />
della rassegna di arte contemporanea<br />
che dal mese di settembre ha<br />
luogo nell’elegante Rotonda Barbetti<br />
di via il Prato 4, è stato l’ennesimo<br />
tributo al talento di un uomo<br />
che consegna al nuovo millennio il<br />
valore ineludibile della sua eredità<br />
artistica.<br />
I nuovi Dei nei consigli d’amministrazione<br />
hanno miti che già condizionano il fato<br />
ho voglia solo di non lasciarmi corrompere<br />
da questo invadente compenetrarsi di rumori<br />
ora è convulsa l’aggressione febbricitante<br />
ora velenosa come lenta invasione di lepidotteri<br />
ho voglia solo di gridare al silenzio<br />
impersonale e geometrizzato degli stabilimenti<br />
ai muri al di sopra dell’immaginazione<br />
hanno limiti e le nevrosi del cielo<br />
ai muri con nomi assonometrici<br />
come immensi scolari di cemento<br />
che svelano disumane dimensioni<br />
nel consumarsi delle prospettive<br />
non la ridda dei ripensamenti<br />
sconvolge lo sperpero delle possibilità<br />
ultima redenzione a chi osa<br />
scegliersi nella sclerotica cancrena delle periferie<br />
non più bianche lenzuola distese alla crepuscolare<br />
invasione di strade incontaminate di verde<br />
il turbamento è un ritmo assillante di elementi<br />
che si ripete convulso fulminato nelle strutture<br />
madri senza pietà s’ergono freddamente<br />
determinate nei loro rigidi schemi<br />
sono solo a seminare passi imprevedibili<br />
tentando un recupero trascendentale di presentimenti<br />
sono solo a non sentirmi più il medesimo<br />
nel freddo prodursi di sentimenti leggeri<br />
Bruno Chiarini 27
<strong>La</strong> rivoluzione<br />
della bellezza<br />
viene<br />
dall’Oriente<br />
Il pittore cinese è in<br />
mostra a Firenze<br />
fino al 30 dicembre<br />
presso la Fyr Gallery<br />
di Borgo degli Albizi<br />
Arriva dall’Oriente, precisamente<br />
dalla Cina, la rivoluzione della<br />
bellezza attraverso l’arte e la<br />
sua capacità di porre l’essere<br />
umano al centro della società contemporanea.<br />
Ad un sistema artistico che si rivela<br />
sempre più inadatto a proporre modelli culturali<br />
che siano un’alternativa convincente<br />
ai ritmi feroci e disumani del mondo globalizzato,<br />
Sun Lian Gang, pittore cinese in mostra<br />
a Firenze dall’8 al 30 dicembre presso la Fyr<br />
Gallery di Borgo degli Albizi 23, contrappone<br />
la speranza di una “primavera” dell’arte internazionale<br />
non più sottomessa all’influenza<br />
nefasta del capitalismo ma portatrice di<br />
istanze rivoluzionarie su cui gettare le basi di<br />
un nuovo umanesimo. Una radicale e profon-<br />
Sun<br />
Lian Gang<br />
e l’Ideografismo<br />
contemporaneo<br />
di Daniela Pronestì<br />
da rigenerazione che non a caso ha<br />
inizio dalla Cina, nazione che negli<br />
ultimi decenni ha visto accelerarsi<br />
il processo che l’ha trasformata in<br />
un paese capitalista inducendola a<br />
ridisegnare i rapporti con l’Occidente<br />
e ad accettare i criteri<br />
dell’iperproduttività economica.<br />
Per Sun Lian Gang, esponente di<br />
spicco dell’astrazione cinese e fondatore<br />
dell’Idiografismo orientale, la creatività artistica è l’unico strumento in grado di indirizzare<br />
l’energia dell’uomo verso un percorso di consapevolezza che sia motore di cambiamento<br />
e che segni l’inizio di un nuovo periodo storico capace di riconoscere e rispettare la<br />
dignità inalienabile dell’individuo. Una missione che ha posto al centro della sua attività e<br />
che lo vede impegnato a ridefinire la struttura concettuale e formale dell’astrattismo cinese<br />
contemporaneo sia affrancandolo dai vincoli espressivi della tradizione pittorica nazionale,<br />
legata al manierismo calligrafico e alla ricercatezze della scrittura, sia dotandolo di un’identità<br />
che gli permetta di distinguersi in maniera netta dall’espressionismo occidentale. Critico<br />
nei confronti degli artisti suoi connazionali che non riescono a spingersi oltre gli schemi delle<br />
28 Sun Lian Gang
Lo Spirito<br />
e la Forza<br />
dell’arte<br />
contemporanea<br />
di Sun Lian Gang, traduzione di Federica Pariani<br />
composizioni grafico-pittoriche tradizionali e fiducioso nel fatto che il<br />
rinnovamento dell’arte cinese possa avvenire attraverso l’astrazione,<br />
Sun Lian Gang teorizza il concetto di ideografismo come dimensione<br />
che unisce alla “mitezza e raffinatezza” tipiche della cultura cinese un<br />
uso del colore e del segno quali strumenti per superare la dicotomia<br />
tra materia e spirito e consentire all’artista di esprimere pienamente<br />
le sue qualità percettive e sensoriali. Suo obiettivo è dare forma alle<br />
idee senza ricorrere all’estetica calligrafica ma servendosi di ritmi lineari<br />
e macchie cromatiche tracciate o schizzate sulla superficie pittorica<br />
con una gestualità attenta a non disperdere lo slancio vitale<br />
dell’espressione. E’ così che la sua interiorità si riversa sul supporto<br />
creando in certi casi un vortice di segni dalle intensità contrastanti<br />
(grumi, colature, stesure piatte, graffi), in altri una fioritura di linee<br />
flessuose e ondulate che s’intrecciano o si sfiorano appena in un’alternanza<br />
ritmica di pieni e di vuoti. L’impressione è che in certi suoi lavori<br />
vi sia l’intento di circoscrivere un nucleo energetico a partire dal<br />
quale il colore si espande nello spazio che non è, come nell’arte occidentale,<br />
un vuoto da riempire, una dimensione data e misurabile ma<br />
una forza generativa e dinamica. Una pittura che non si può comprendere<br />
appieno se si dimentica che nella cultura artistica cinese l’atto<br />
pittorico è una proiezione sottoposta ai criteri del “fare” più che<br />
dell’imitare e che anche quando la stesura cromatica può sembrare<br />
impulsiva, casuale e non calcolata in realtà non lo è mai del tutto ma<br />
risponde sempre ad una precisa intenzione iniziale. Nella spontaneità<br />
del gesto con cui Sun Lian Gang schizza il colore sulla tela si legge<br />
certamente la ricerca di una maggiore naturalezza, di un’immediatezza<br />
espressiva non sottoposta al controllo del pensiero, ma sarebbe<br />
errato attribuire a questa gestualità la tensione drammatica e il pathos<br />
esistenziale che attraversa gran parte dell’espressionismo<br />
astratto in Occidente. Non c’è nulla di caotico, irrazionale o violento<br />
ad ispirare il suo impeto gestuale, ma è un fluire elegante, leggero e<br />
meditato del suo mondo interiore. E’ anche in questo che trova conferma<br />
il desiderio di dare vita ad un linguaggio visivo di assoluta attualità<br />
senza mai rinnegare la disciplina, il rigore e la serenità gioiosa su cui<br />
si fonda la sua appartenenza alla millenaria cultura cinese.<br />
Lo stato patologico del mondo, della società e<br />
dell’arte ha origine dallo stato di “malattia” in cui<br />
si trovano le persone. L’accumulo di conoscenza e il<br />
pensiero logico e razionale conducono il genere umano in<br />
uno stato patologico e di noia, dal quale l’uomo non riesce<br />
a liberare completamente mente e corpo. L’arte contemporanea<br />
in questo mondo malato è entrata in una via senza<br />
ritorno, che parte dal periodo dell’innocenza e va verso<br />
quello della colpa. Con il passare della storia, l’arte contemporanea<br />
è quella che per prima acquista una consapevolezza,<br />
vedendo per prima, ascoltando per prima, sentendo<br />
per prima le risposte della storia e il frastuono dell’arte<br />
dei nostri tempi. Io non sono d’accordo con chi dichiara che<br />
“l’arte contemporanea non ha questa funzione e questa<br />
forza”. L’arte che si è evoluta fino ad oggi in Europa ha portato<br />
ad una profonda introspezione degli Europei (..) in Asia<br />
si sta verificando un “rinascimento” orientale. (..) Una grande<br />
rivoluzione radicale e autoconsapevole verso se stessi<br />
che parte dall’interiorità dell’uomo. Una forza senza precedenti<br />
che si leva dallo spirito artistico dell’arte odierna.<br />
L’arte ha più forza della conoscenza perché l’arte ha sete di<br />
vita, mentre la conoscenza pensa soltanto al suo obiettivo<br />
ultimo. L’arte malata continuerà ad essere al servizio del<br />
potere politico e del capitalismo. L’energia e lo spirito interiore<br />
dell’arte cambiano la società con una rivoluzione radicale<br />
rivolta ad un “se stesso” interiore e l’arte dei nostri<br />
tempi diventa un “superman” che distrugge il mondo malato<br />
e forma un mondo dotato di una nuova identità.<br />
Sun Lian Gang<br />
29
Pier Nicola<br />
Ricciardelli<br />
<strong>La</strong> poesia<br />
autobiografica<br />
di un pittore<br />
fiorentino<br />
di Lorenzo Borghini<br />
“Momenti di<br />
vita, frammenti<br />
di pensiero”<br />
è<br />
il titolo dell’ultima grande mostra<br />
personale (80 pezzi) che Pier Nicola<br />
Ricciardelli ha tenuto alla Casa<br />
di Giotto di Vicchio nel Mugello.<br />
Pier Nicola comincia la sua seconda vivace<br />
vita di pittore a sessant’anni, iniziando a<br />
questa età a dipingere e a dedicarsi all’acquaforte.<br />
È socio del Gadarte di Firenze,<br />
cofondatore della Galleria Cimabue diretta<br />
da Miranda Mei, pittore di Arte Sacra per la<br />
società culturale Anla per la quale ha esposto<br />
Giubileo<br />
nella Basilica della S.S. Annunziata a<br />
30<br />
Firenze per più di undici anni.<br />
È possibile ammirare le opere di quest’artista<br />
fiorentino anche sulle facciate di edifici<br />
e case coloniche del Mugello, alla frazione<br />
Gracchia vicino alla Casa di Giotto e sotto le<br />
logge medioevali di piazza della Vittoria a<br />
Vicchio dove si può ammirare il suo “Arrotino”,<br />
una rivisitazione dell’infanzia e di un<br />
mestiere oggi destinato a scomparire. Grazie<br />
all’associazione Dalle Terre di Giotto e<br />
dell’Angelico e il Comune di Vicchio infatti<br />
sono visitabili su tutte le facciate del territorio<br />
opere di vari artisti che si sposano alla<br />
perfezione con gli stupendi paesaggi della<br />
campagna mugellana.<br />
Specializzatosi in calcografia presso l’Acca-<br />
Pier Nicola Ricciardelli<br />
demia di Belle Arti, l’Istituto d’Arte di Porta<br />
Romana e la Scuola Internazionale di incisione<br />
Il Bisonte di Firenze, Ricciardelli si<br />
dedica con passione alla sue visioni personalissime<br />
con varie tecniche per far emergere<br />
il suo mondo poetico e di simboli personali<br />
legati alla memoria e alle tradizioni<br />
della sua terra. Interessante è l’approccio<br />
lirico autobiografico di questo artista che<br />
recentemente ha iniziato ad esporre, accanto<br />
alle sue incisioni, prose molto personali<br />
legate alle sue memorie di viaggi, emozioni<br />
e luoghi visitati.<br />
Un esempio interessantissimo è Le Civette<br />
(opera segnalata alla Biennale del Burlamacco<br />
del Carnevale di Viareggio <strong>2012</strong> ).<br />
30<br />
Le civette,<br />
un ricordo inciso<br />
nel metallo<br />
Nel febbraio dell’anno scorso, sciando in<br />
Alta Badia, trovai un rifugio a 2000 metri<br />
che aveva una specie di bassorilievo in<br />
legno con delle civette. Il freddo ed il<br />
sole avevano mangiato e colorato il legno<br />
in maniera particolarmente strana e<br />
misteriosa. Ho tentato dunque di fare un’<br />
incisione ad acquaforte cercando di ricreare<br />
quei colori e quell’atmosfera che<br />
mi colpirono particolarmente in quel<br />
giorno pieno di sole, di gioia e di libertà.<br />
Per contatti: cell 340 2428363<br />
pnricciardelli@alice.it<br />
Pier Nicola Ricciardelli
Via Valdichiana, 42 - 50127 Firenze<br />
Collana “Artisti in <strong>Toscana</strong>”<br />
Diretta Da Fabrizio Borghini<br />
Volumi in preparazione:<br />
Artisti in Valdelsa<br />
a cura di Leonardo <strong>La</strong>ndi<br />
Artisti Fiesolani<br />
a cura di Daniela Pronestì<br />
Artisti di Volterra<br />
a cura di Filippo Lotti e Elena Capone<br />
Artisti del Mugello<br />
a cura di Paolo Marini e Daniela Pronestì<br />
Artisti di Scandicci<br />
a cura di Paola Baroni<br />
Artisti della Valdinievole<br />
a cura di Ambra Grieco e Filippo Lotti<br />
Artisti di Sesto Fiorentino<br />
a cura di Federico Napoli e Lucia Bruni<br />
Artisti di Pistoia<br />
a cura di Marta Beneforti e Daniela Pronestì<br />
Artisti del Levante Fiorentino<br />
a cura di Roberta Fiorini, Elena Francalanci e Duccio Ricciardelli<br />
Artisti di Campi Bisenzio<br />
a cura di Adele Brandaglia e Jacopo Nesti<br />
Artisti di Prato e Calenzano<br />
a cura di Giulia Ballerini e Daniela Pronestì<br />
Artisti dell’Empolese<br />
a cura di Filippo Lotti e Claudio Caioli<br />
Artisti di Signa<br />
a cura di Samanta Monco e Giampiero Fossi<br />
Artisti della Maremma<br />
a cura di Alice Pistolesi<br />
Artisti della Costa Livornese<br />
a cura di Veronica Mura e Filippo Lotti<br />
Gli artisti interessati all’inserimento nei volumi, possono contattare i curatori<br />
oppure inviare una mail a: incontriconartetv@gmail.com
Sede sociale e direzione<br />
Signa<br />
piazza Michelacci 1-2 - 50058 Signa<br />
Tel. 055 879101 - fax 055 8732067<br />
Filiali<br />
Signa<br />
piazza Michelacci 1-2 - 50058 Signa<br />
Tel. 055 879101 - fax 055 8732067<br />
<strong>La</strong>stra a Signa<br />
via Turati 10-12<br />
50055 <strong>La</strong>stra a Signa<br />
Tel. 055 8720251 - fax 055 8720204<br />
Ponte a Signa<br />
(Comune di <strong>La</strong>stra a Signa)<br />
via S. <strong>La</strong>vagnini 11 - 50055 <strong>La</strong>stra a Signa<br />
Tel. 055 8725268 - fax 055 8725270<br />
San Mauro a Signa<br />
(Comune di Signa)<br />
via della Chiesa 19 - 50050 S. Mauro a Signa<br />
Tel. 055 8739764/5 - fax 055 8739693<br />
Viottolone<br />
(Comune di Scandicci)<br />
via di Castelpulci 3 - 50018 Scandicci<br />
Tel. 055 7310678 - fax 055 720145<br />
Montelupo Fiorentino<br />
via Centofiori 14 - 50056 Montelupo Fiorentino<br />
Tel. 0571 913188 - fax 0571 913216<br />
Malmantile<br />
(Comune di <strong>La</strong>stra a Signa)<br />
via Vecchia Pisana 235<br />
50050 Malmantile (<strong>La</strong>stra a Signa)<br />
Tel. 055 8729244 - fax 055 8784412<br />
Firenze<br />
Piazza della Libertà 32R - 50129 Firenze<br />
Tel. 055 5088114 - fax 055 578832<br />
Sede distaccata<br />
Castelfranco di Sotto<br />
via Provinciale Francesca Nord 78<br />
56022 Castelfranco di Sotto (Pisa)<br />
Tel. 0571 488730 - fax 0571 488740<br />
Sportelli ATM<br />
Signa<br />
Parco dei Renai<br />
Badia a Settimo<br />
(Comune di Scandicci)<br />
via la Comune di Parigi 34<br />
Capannori<br />
Via del Popolo 5<br />
55012 Capannori (Lucca)<br />
Firenze<br />
Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio<br />
via Torregalli 3 - 50143 Firenze<br />
Fucecchio<br />
Piazza dei Seccatoi<br />
San Miniato<br />
Viale Marconi 20